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sentenza 24 giugno 2002, n. 270 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 3 luglio 2002, n. 26); Pres....

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sentenza 24 giugno 2002, n. 270 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 luglio 2002, n. 26); Pres. Ruperto, Est. Onida; Consiglio superiore della magistratura, sez. disciplinare (Avv. Pace) c. Senato della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribuzione Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2567/2568-2569/2570 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196820 . Accessed: 28/06/2014 08:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.125 on Sat, 28 Jun 2014 08:24:37 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 24 giugno 2002, n. 270 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 3 luglio 2002, n. 26); Pres. Ruperto, Est. Onida; Consiglio superiore della magistratura, sez. disciplinare (Avv.

sentenza 24 giugno 2002, n. 270 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 3 luglio 2002, n. 26);Pres. Ruperto, Est. Onida; Consiglio superiore della magistratura, sez. disciplinare (Avv. Pace)c. Senato della repubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribuzioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 (OTTOBRE 2002), pp. 2567/2568-2569/2570Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196820 .

Accessed: 28/06/2014 08:24

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2567 PARTE PRIMA 2568

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la manife

sta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale

degli art. 727, comma 5 bis, e 729 [recte: art. 729, comma 1 e 1

bis] c.p.p., come modificati dagli art. 12 e 13 1. 5 ottobre 2001

n. 367 (ratifica ed esecuzione dell'accordo tra Italia e Svizzera

che completa la convenzione europea di assistenza giudiziaria in

materia penale del 20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998, nonché conseguenti modifi

che al codice penale ed al codice di procedura penale), ed altresì

dell'art. 18 stessa 1. 5 ottobre 2001 n. 367, sollevata dal Tribu

nale di Roma, in riferimento agli art. 3, 10 e 111 Cost., con

l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 giugno 2002, n.

270 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 3 luglio 2002, n.

26); Pres. Ruperto, Est. Onida; Consiglio superiore della

magistratura, sez. disciplinare (Avv. Pace) c. Senato della re

pubblica (Avv. Grassi). Conflitto di attribuzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato —

Sezione disciplinare del Csm — Legittimazione (Cost.,

art. 104, 105, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costi

tuzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, art.

37). Parlamento — Parlamentare magistrato fuori ruolo — Giu

dizio disciplinare — Immunità per voti dati e opinioni

espresse — Conflitto tra poteri

— Spettanza al senato

della repubblica — Esclusione —

Fattispecie (Cost., art.

68).

La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistra tura è organo abilitato a dichiarare in maniera definitiva la

volontà del potere cui appartiene ed è pertanto legittimata a

proporre conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. (1) Non spetta al senato della repubblica dichiarare che i fatti, og

getto di addebito disciplinare nel procedimento pendente da

vanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura nei confronti del dott. Giorgianni, magistrato fuori ruolo in aspettativa in quanto senatore, concernono

opinioni espresse da un membro del parlamento nell'eserci zio delle sue funzioni, ai sensi dell 'art. 68, 1 ° comma, Cost, e,

conseguentemente, deve essere annullata la deliberazione in tal senso adottata in data 29 luglio 1999 (nella specie, la corte ha escluso l'applicabilità dell'immunità parlamentare sia per il carattere materiale della condotta addebitata. sia

(1) Nel dichiarare il presente conflitto ammissibile (Corte cost., ord. 22 novembre 2000, n. 530, Foro it., 2001, I, 371, con nota di richiami), la corte aveva espressamente sottolineato di riservarsi, in contradditto rio con le parti, la decisione definitiva circa la legittimazione della se zione disciplinare del Csm ad essere parte di un conflitto tra poteri (v., in merito, le osservazioni di Malfatti, Il conflitto di attribuzioni tra

poteri dello Stato, in Romboli (a cura di), Aggiornamenti in tema di

processo costituzionale (1999-2001), Torino, 2002, 187 ss.). La decisione in epigrafe risolve il problema in senso positivo, rite

nendo a tal fine decisiva la constatazione per cui la sezione disciplinare è da ritenersi competente a dichiarare definitivamente la volontà del

potere cui appartiene (cioè del Csm), «in quanto le sue determinazioni in materia disciplinare sono insuscettibili di qualsiasi revisione o avo cazione da parte del plenum e costituiscono piena e definitiva espres sione della potestà disciplinare attribuita dalla Costituzione».

Per la legittimazione della sezione disciplinare del Csm a sollevare

questioni di legittimità costituzionale in via incidentale, v. Corte cost. 2 febbraio 1971, n. 12, Foro it., 1971,1, 536, con nota di richiami.

Sulla natura giurisdizionale della sezione disciplinare del Csm e del relativo procedimento, v. Corte cost. 16 novembre 2000, n. 497, id., 2001, 1, 383, con nota di richiami e osservazioni di Panizza.

Il Foro Italiano — 2002.

per il fatto che la stessa era inerente ad un periodo anteriore

all'assunzione dello status di parlamentare). (2)

Diritto. — 1. - La sezione disciplinare del Csm, investita di

un procedimento disciplinare nei confronti di un magistrato della procura della repubblica di Messina, all'epoca in aspetta tiva perché candidato e poi eletto al parlamento, ha sollevato

conflitto di attribuzioni nei confronti del senato della repubblica chiedendo l'annullamento della deliberazione del 29 luglio 1999

con la quale l'assemblea ha dichiarato che i fatti, oggetto di al

cuni dei capi di incolpazione a carico di detto magistrato, con

cernono opinioni espresse da un membro del parlamento nel

l'esercizio delle sue funzioni, e ricadono pertanto nell'ambito

dell'insindacabilità di cui all'art. 68, 1° comma. Cost.

La deliberazione del senato si riferisce a tre dei capi di incol

pazione a carico del magistrato, concernenti, rispettivamente, l'addebito di avere omesso di informare i colleghi che lo avreb

bero sostituito nella conduzione di un processo sullo stato del

procedimento medesimo e di avere disposto la cancellazione dai

computer di dati relativi a detto processo; l'addebito di avere

frequentato con carattere di continuità una persona da ritenersi

di dubbia fama in considerazione dei suoi precedenti penali e

giudiziari; e quello di avere reso alla commissione parlamentare antimafia, in sede di inchiesta relativa ai predetti rapporti, di

chiarazioni non corrispondenti all'effettiva realtà.

La sezione ritiene che il nesso funzionale fra l'attività oggetto del giudizio disciplinare e l'esercizio del mandato parlamentare sussista solo per il terzo dei ricordati addebiti (dichiarazioni alla

commissione antimafia) e non sussista invece riguardo ai fatti

oggetto degli altri due addebiti, affermando che spetta all'orga no disciplinare stabilire se il magistrato incolpato non avesse al

cun obbligo di collaborazione con i colleghi dell'ufficio prima della sua elezione a senatore, e se egli abbia ostacolato di fatto il

normale svolgimento delle indagini, come pure accertare se sia

censurabile l'ipotizzata frequentazione, risalente ad epoca ante

riore all'elezione in parlamento, di un personaggio definito «di

dubbia fama». Essa dunque solleva conflitto di attribuzioni im

pugnando la deliberazione del senato limitatamente ai due capi concernenti tali addebiti.

2. - Deve essere in primo luogo esaminata l'eccezione di

inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa del senato per carenza di legittimazione attiva della sezione ricorrente; ecce

zione basata sull'assunto che, spettando il potere disciplinare sui magistrati al Csm, il ricorso per conflitto avrebbe dovuto es

sere deliberato non dalla sezione disciplinare, ma dal plenum del

consiglio, e avrebbe dovuto essere sottoscritto dal presidente, o

per sua delega dal vicepresidente di questo, anziché dal presi dente della sezione.

L'eccezione non merita accoglimento. L'art. 105 Cost, attribuisce i provvedimenti disciplinari nei

riguardi dei magistrati alla competenza del Csm, ed è quindi ef

fettivamente in capo a questo organo che si colloca l'attribuzio ne in contestazione.

(2) La corte rileva come la condotta addebitata al parlamentare (aver omesso di informare i colleghi, chiamati a sostituire il magistrato in

colpato nella conduzione di un procedimento, sullo stato del procedi mento stesso, aver disposto la cancellazione di dati da computer utiliz zati dal magistrato e dai suoi collaboratori, frequentazione non occasio nale di persona di dubbia fama) non può, per i caratteri materiali della

stessa, essere ricondotta ad «opinioni» e tanto meno a «voti» espressi nell'esercizio della funzione di parlamentare^ Ciò a maggior ragione per i comportamenti tenuti dal senatore in un periodo anteriore all'as sunzione dello status di parlamentare.

Per l'affermazione secondo cui l'art. 68, 1° comma, Cost, si riferisce unicamente alle «opinioni espresse» ed ai «voti dati» dai parlamentari nell'esercizio delle loro funzioni, per cui non può riguardare compor tamenti materiali (nella specie, qualificati come oltraggio e resistenza a

pubblico ufficiale), v. Corte cost. 17 maggio 2001, n. 137, Foro it., 2001,1, 2145 e 2002, I, 339, con nota di richiami e nota di Marone.

In tema di conflitto tra autorità giudiziaria e camere in ordine all'ap plicazione dell'immunità parlamentare di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., v. Corte cost. 21 marzo 2002, n. 79, e 15 marzo 2002, nn. 52, 51 e 50, ibid., 1277, con nota di richiami, che hanno risolto nel merito i conflitti, e Corte cost. 10 maggio 2002, n. 172, ord. 7 maggio 2002, n.

159, e 5 aprile 2002, n. 87, ibid., 1914, con nota di richiami e osserva zioni di Romboli, le quali invece hanno deciso i relativi conflitti con decisioni di tipo processuale.

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2569 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2570

Questa corte ha però da tempo affermato che la Costituzione,

regolando solo parzialmente la composizione del Csm (di cui

indica i tre membri di diritto, mentre per i membri elettivi si li

mita a stabilire la proporzione fra componenti «togati» e «laici»:

art. 104, 2°, 3° e 4° comma) ed il suo funzionamento (a cui ri

guardo prevede solo l'elezione di un vicepresidente fra i com

ponenti eletti dal parlamento: art. 104, 5° comma), lascia al le

gislatore ordinario ampi spazi di discrezionalità nella disciplina

dell'organizzazione interna del consiglio, e non esclude che es

so possa operare, nell'esercizio delle attribuzioni disciplinari, anziché in assemblea plenaria, in una composizione più ristretta,

pur sempre rispettosa dei criteri e degli equilibri sanciti dall'art.

104 (sentenza n. 12 del 1971, Foro it., 1971, I, 536; e cfr. anche

sentenza n. 52 del 1998, id., 1998,1, 1761). La legge dunque, nel prevedere la sezione disciplinare e nel

regolarne la composizione ed il funzionamento (art. 4, 5 e 6 1.

24 marzo 1958 n. 195, e successive modificazioni), non ha dato

vita ad un organo autonomo dal Csm, né ha frazionato il «pote re» di cui il consiglio è titolare ed espressione, ma si è limitata a

disciplinarne l'organizzazione interna, ferma restando l'unicità

del potere medesimo.

L'esercizio della potestà disciplinare attribuita al consiglio

superiore è stato poi configurato —

per le ragioni più volte mes

se in luce da questa stessa corte (cfr. sentenze n. 145 del 1976,

id., 1976, I, 1773; n. 289 del 1992, id., 1994, I, 3276; n. 71 del 1995, id., 1995, 1, 1738, e n. 497 del 2000, id., 2001, I, 383) —

con caratteri formalmente giurisdizionali, il che si riflette, fra

l'altro, sulle modalità di funzionamento della sezione disciplina re (composizione fissa, con sostituzione dei componenti assenti

o impediti ad opera dei supplenti: art. 6, 1°, 2°, 3° e 43 comma,

1. n. 195 del 1958 e successive modifiche), e sui caratteri ed il

regime delle relative decisioni (qualificate come sentenze, im

pugnabili davanti alle sezioni unite della Corte di cassazione:

art. 37 r.d.leg. n. 511 del 1946 e art. 17, 3° comma, 1. n. 195 del

1958). Per ritenere sussistente la legittimazione a proporre conflitto

di attribuzione, è dunque sufficiente constatare, da un lato, che

l'attribuzione che si suppone lesa dalla delibera del senato è una

di quelle spettanti al Csm in base all'art. 105 Cost.; e, dall'altro

lato, che la sezione disciplinare è competente a «dichiarare defi

nitivamente la volontà» del potere cui appartiene — vale a dire

del consiglio superiore — in quanto le sue determinazioni in

materia disciplinare sono insuscettibili di qualsiasi revisione o

avocazione da parte del plenum, e costituiscono piena e definiti

va espressione della potestà disciplinare attribuita dalla Costitu

zione.

Né può porsi un problema di legittimazione a sottoscrivere il

ricorso, posto che, nella specie, questo è sottoscritto da chi,

nello stesso tempo, era vicepresidente del Csm e presidente del

collegio giudicante che ha deliberato di sollevare il conflitto.

3. - Nel merito, il ricorso è fondato.

I comportamenti addebitati al magistrato incolpato, e oggetto del conflitto, non sono qualificabili come «opinioni» (né tanto

meno come «voti») espresse nell'esercizio delle funzioni parla

mentari, e non possono dunque essere ricondotti in alcun modo

alla sfera dell'insindacabilità garantita dall'art. 68, 1° comma,

Cost.

Ciò vale, anzitutto, per le condotte omissive e commissive

descritte nel capo 2, lett. a) e b), dell'incolpazione, consistenti

rispettivamente nell'avere omesso di informare i colleghi, chiamati a sostituire il magistrato incolpato nella conduzione di

un procedimento, sullo stato del procedimento medesimo, e nel

l'avere disposto la cancellazione di dati da computer utilizzati

dal magistrato e dai suoi collaboratori, creando così un oggetti vo danno alla futura conduzione di detto procedimento.

Stabilire se e in che limiti la cessazione dell'attività, conse

guente al collocamento del magistrato in aspettativa, prima in

vista della presentazione della candidatura al parlamento, poi a

seguito dell'elezione, e il conseguente dovere di astensione da

ogni interferenza del candidato e dell'eletto nelle attività giudi

ziarie dell'ufficio di provenienza, possano condurre ad esclude

re in concreto la violazione di un dovere di diligenza e di colla

borazione, è questione di merito da risolversi nell'ambito del

procedimento disciplinare.

Quale che fosse l'eventuale convinzione del magistrato eletto

in parlamento circa la sussistenza o i limiti di tale dovere di

collaborazione, e quindi quali che fossero le ragioni che hanno

Il Foro Italiano — 2002.

determinato le condotte a lui addebitate in sede disciplinare,

queste ultime sono, in ipotesi, contrarie ad un dovere di collabo

razione collegato esclusivamente allo status di magistrato, sia

pure in aspettativa, e non potrebbero certo qualificarsi come

esercizio, in forma di espressione di opinione, della funzione

parlamentare. Tanto meno ciò potrebbe dirsi per condotte tenute

dal magistrato — come, almeno in parte, si ipotizza nella specie

— prima dell'elezione, sia pure nel periodo in cui egli era col

locato in aspettativa per la candidatura all'elezione parlamenta

re, e quindi quando non rivestiva ancora lo status di parlamenta re.

4. - Alla medesima conclusione deve giungersi anche con ri

guardo all'altro addebito in contestazione, relativo alla fre

quentazione non occasionale — risalente, secondo la sezione ri

corrente e secondo il capo di incolpazione, ad epoca anteriore

all'elezione del magistrato al senato della repubblica — di per

sona da ritenersi di dubbia fama in considerazione dei suoi pre cedenti penali e giudiziari. Si tratta, ancora una volta, di con

dotta — già di per sé non agevolmente qualificabile come

espressione di un'opinione — addebitata e addebitabile esclusi

vamente in relazione allo status di magistrato e ai connessi do

veri, e in nessun modo riconducibile, invece, alle funzioni di

membro del parlamento successivamente assunte dal magistrato medesimo.

Non viene nemmeno qui in considerazione il quesito, se in

capo al magistrato eletto in parlamento possa ipotizzarsi la per manenza di qualcuno dei doveri collegati allo status di magi strato tuttora rivestito: nella specie, infatti, ciò di cui si discute è

l'ipotesi di una violazione di tali doveri nel periodo in cui l'in

teressato non aveva ancora assunto la qualità di membro del

parlamento. In ogni caso, dunque, sia per i caratteri materiali della con

dotta addebitata, sia — decisivamente — per la sua inerenza ad

un periodo anteriore all'assunzione dello status di parlamentare, essa non può ricondursi all'ambito dell'insindacabilità garantita dall'art. 68, 1° comma, Cost.

Per questi motivi, la Corte costituzionale:

a) dichiara che non spetta al senato della repubblica dichiara

re che i fatti, oggetto di addebito disciplinare, di cui ai capi di

incolpazione n. 2, lett. a) e b), e n. 4, nel procedimento discipli nare pendente nei confronti del magistrato dott. Angelo Gior

gianni davanti alla sezione disciplinare del Csm, concernono

opinioni espresse da un membro del parlamento nell'esercizio

delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68, 1° comma, Cost.; e con

seguentemente

b) annulla la deliberazione del senato della repubblica, in data

29 luglio 1999, con cui si dichiara che i fatti addebitati al sena

tore Giorgianni concernono opinioni espresse da un membro del

parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, limitatamente alla

parte in cui si riferisce ai fatti di cui al precedente capo a).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 20 giugno 2002, n.

254 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 26 giugno 2002, n.

25); Pres. Ruperto, Est. Marini; Gioffrè c. Soc. Poste italia

ne; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato D'Amato).

Ord. Trib. Reggio Calabria 12 ottobre 1999 (G.U., la s.s., n.

15 del 2000).

Posta — Telegramma — Mancato recapito

— Responsabili

tà dell'amministrazione — Esclusione — Incostituzionali

tà (Cost., art. 3; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, approvazione

del t.u. delle disposizioni legislative in materia postale, di

bancoposta e di telecomunicazioni, art. 6).

Telefono e comunicazioni — Danni a persone o cose — Re

sponsabilità dell'amministrazione — Esclusione — Que

stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r.

29 marzo 1973 n. 156, art. 249).

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