sentenza 24 luglio 1981, n. 151 (Gazzetta ufficiale 29 luglio 1981, n. 207); Pres. Gionfrida, Rel.O. Reale; Guerrisi (Avv. Gaffuri, Frataccia) ed altri c. Min. finanze; interv. Pres. cons.ministri (Avv. dello Stato Albisinni). Ord. Commiss. trib. I grado di Monza 3 novembre 1979(Gazz. uff. 6 settembre 1978, n. 250) ed altre undiciSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 10 (OTTOBRE 1981), pp. 2343/2344-2345/2346Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172913 .
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2343 PARTE PRIMA 2344
« nuovo » (e tanto meno univoco) « orientamento di politica le
gislativa » in materia penale. Basta, in proposito, ricordare l'e
strema scarsità di innovazioni incidenti sul libro II del vigente codice penale (eccezione fatta per talune misure, qualificate però di emergenza, introdotte per potenziare la repressione di alcune
specifiche figure criminose). Nel codice stesso, pertanto — per
quanto più specificatamente qui interessa — permane una plu ralità di fattispecie in cui la morte del soggetto passivo, non vo
luta dall'agente, costituisce elemento costitutivo o circostanza ag
gravante del reato da cui essa deriva e comporta pene edittali
differenziate. Nel capo I, titolo XII del libro II, ad esempio, accanto alla fattispecie di cui all'art. 584 {omicidio preterinten zionale) vi sono quelle di cui: all'art. 586 (morte — o lesione —
come conseguenza di altro delitto); all'art. 587, 3° comma, ultima
parte (omicidio preterintenzionale a causa di onore); all'art. 591, 3° comma, ultima parte (morte come conseguenza dell'abbando
no di persone minori o incapaci); all'art. 592, T comma, ultima
parte (morte come conseguenza dell'abbandono di un neonato
per causa di onore); all'art. 593, 3° comma, ultima parte (morte come conseguenza di omissione di soccorso). Inoltre, si possono ricordare le fattispecie di cui all'art. 571, 2° comma, ultima parte
(morte come conseguenza dell'abuso di mezzi di correzione o
di disciplina) ed all'art. 572, 2° comma, ultima parte (morte co
me conseguenza di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli). È evidente che ciascuna delle fattispecie qui ricordate (al pari di quelle di cui al denunziato art. 18, 4° e 2° comma, della legge n. 194 del 1978 e, prima di esso, all'abrogato art. 549, 1° comma,
prima parte, cod. pen.) esprime strutturalmente e sul piano san
zionatorio una opzione legislativa che a sua volta implica una
scelta di valore, rientranti l'una e l'altra nella discrezionalità del
legislatore; discrezionalità il cui esercizio è sindacabile da que sta corte — in riferimento al principio costituzionale di egua
glianza — nella sola ipotesi della palese irragionevolezza che
non ricorre certo nel caso di specie (cfr. sentenze 45 del 1967, 109 del 1968, 114 del 1970, 22 del 1971, 142 del 1973, 119 del
1975, 5 del 1977, 71 del 1959, 51 del 1980 e 72 del 1980, Foro it.,
1967, I, 1125; 1968, I, 2360; 1970, I, 2303; 1971, I, 527; 1973,
I, 2650; 1975, I, 1914; 1977, I, 557; 1979, I, 2823; 1980, I, 1531,
1828).
Perciò, l'aspirazione, sottesa alle ordinanze di rimessione, ad
una più generale iniziativa di riforma, nel campo penale, per
meglio conformare la normativa vigente ai valori ed ai fini co
stituzionalmente affermati, può trovare ascolto ed accoglimento soltanto nella sede parlamentare.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 584 cod. pen., nella parte in cui
prevede una pena edittale superiore nel minimo e nel massimo
rispetto a quelle stabilite dall'art. 18, 2° e 4° comma, legge 22
maggio 1978 n. 194, sollevata, con riferimento all'art. 3 Cost., dalla Corte d'assise di Cagliari, dalla Corte d'assise d'appello di Cagliari e dalla Corte d'assise di Sassari con le ordinanze in
epigrafe indicate.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 luglio 1981, n. 151
(Gazzetta ufficiale 29 luglio 1981, in. 207); Pres. Gionfrida,
Rei. O. Reale; Guerrisi (Aw. Gaffuri, Frataccia) ed altri
c. Min. finanze; interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato
Albisinni). Ord. Commiss. trib. I grado di Monza 3 novem
bre 1979 (Gazz. uff. 6 settembre 1978, n. 250) ed altre un
dici. Tributi in genere — Pensioni privilegiate civili e militari — Age
volazioni tributarie previste per le pensioni di guerra — Inap
plicabilità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; d. pres. 29 settembre 1973 n. 601, disciplina delle age volazioni tributarie, art. 34).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 34 d. pres. 29 settembre 1973 n. 601, nella parte in cui non accorda an
che ai titolari di pensioni privilegiate civili e militari le age volazioni tributarie previste per i titolari di pensioni di guer ra, in riferimento all'art. 3 Cost. (1)
(1) Le sei ordinanze in data 3 novembre 1979 della Commissione tri butaria di I grado di S. Maria Capua Vetere sono massimate in Foro it., 1980, III, 431, con nota di richiami.
La questione è stata pure sollevata da Comm. trib. II grado Ales sandria 3 luglio 1979, id., Rep. 1980, voce Tributi in genere, n.
642; Comm. trib. I grado Brindisi 5 maggio 1980, ibid., n. 644; Comm. trib. I grado Bassano del Grappa 9 ottobre 1978, ibid., n. 645.
Sulla natura delle pensioni di guerra v. in particolare Corte cost. 19
luglio 1968, n. 113, id., 1968, I, 2353; 30 giugno 1971, n. 147, id., 1971, I, 2138; 25 giugno 1980, n. 97, id., 1980, I, 2098.
La Corte, ecc. — 1. - Le dodici ordinanze di cui in narra
tiva sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale, e i relativi giudizi possono essere perciò decisi con unica sen tenza.
Ancorché alcune delle ordinanze facciano riferimento, nel
le loro motivazioni, a norme certamente non più vigenti per
quanto attiene al trattamento fiscale delle pensioni, quali l'art.
1 legge 15 luglio 1950 n. 53 e l'art. 5 legge 3 aprile 1958 n.
474, tutte le ordinanze denunciano la sospetta incostituziona
lità di un'unica norma, e cioè l'art. 34 d. pres. 29 settembre
1973 n. 601 « disciplina delle agevolazioni tributarie », in quan to non estende (si sostiene: con violazione dell'art. 3 Cost.) alle pensioni privilegiate ordinarie militari l'agevolazione tri
butaria prevista per le pensioni di guerra, e cioè l'esenzione
dall'imposta sul reddito delle persone fisiche.
2. - Viene in primo luogo all'esame della corte la eccezione di
inammissibilità sollevata dall'avvocatura dello Stato. Questa ri
leva che la norma denunziata di incostituzionalità è norma
delegata che nasce dall'art. 9, punto 1, della legge delega per la riforma tributaria 3 ottobre 1971 n. 825; e afferma che la
questione di legittimità costituzionale avrebbe dovuto quindi investire non l'art. 34 d. pres. n. 601, ma il detto art. 9,
punto 1, della legge delega, il quale avrebbe escluso che il
legislatore delegato potesse estendere alle pensioni privilegiate ordinarie l'esenzione tributaria disposta per le pensioni di guerra.
L'eccezione non merita accoglimento. L'art. 9 della legge delega per la riforma tributaria stabi
lisce che « la materia delle eccezioni, delle agevolazioni... sarà regolata in base al criterio generale di limitare nella mag
giore possibile misura le deroghe ai principi di generalità e di
progressività dell'imposizione e osservando, inoltre, in partico lare, i seguenti criteri direttivi: 1) i redditi che a norma del
vigente testo unico delle leggi sulle imposte dirette sono esenti
da tali imposte potranno essere in tutto o in parte esclusi dal
computo del reddito complessivo ai fini delle imposte sul red
dito delle persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche o esentati dall'imposta locale sui redditi... ».
Appare evidente che, nell'applicazione del criterio generale
enunciato, veniva specificato che il legislatore delegato avrebbe
potuto disporre le esenzioni previste dal precedente testo unico delle leggi sulle imposte dirette, non già escluso che egli po tesse disporre altre e diverse agevolazioni sempre, si intende, nell'ambito del criterio generale fissato.
Pertanto non impropriamente la questione di costituzionalità
relativa alla mancata esenzione fiscale delle pensioni privilegia te ordinarie militari è stata sollevata nei confronti dell'art. 34
d. pres. 29 settembre 1973 n. 601.
3. - Ma la questione non è fondata.
Comune alle ordinanze — con lievi differenze formali —
è la motivazione della sollevata unica questione di legittimità costituzionale. Tanto la pensione di guerra — esse argomen tano — quanto le pensioni privilegiate ordinarie militari (ma
più compiutamente dovrebbe dirsi: tutte le pensioni privile
giate ordinarie militari e civili) presuppongono una menoma
zione della capacità lavorativa per effetto di una lesione o in
fermità, con la sola differenza che il fatto generatore di tale
evento è rappresentato in un caso da un fatto di guerra, nel l'altro da un fatto di servizio. Ciò posto, e tenuto conto che il bene della salute non è suscettibile di diversa considera zione a seconda che l'evento lesivo si sia verificato in tempo di guerra o in tempo di pace, non è giustificabile il diverso trattamento fiscale. Si aggiunge la considerazione che « l'atti vità di servizio espone oggi il militare a disagi e rischi sempre maggiori ».
4. - La corte ritiene che, cosi ponendo la questione, d giu dici a quibus non abbiano colto la differenza esistente tra pen sioni di guerra e pensioni privilegiate ordinarie.
Questa differenza risiede innanzi tutto nel fatto che men tre la pensione di guerra è collegata per tutti, militari e civili, unicamente alla lesione o infermità derivante da evento bellico
(« la mancanza di ogni collegamento con l'esistenza di un rap porto di servizio » è affermata da ultimo nella sentenza n. 55 del 1980 della corte, Foro it., 1980, I, 1530), la pensione privi legiata ordinaria militare e civile ha per necessario presupposto un rapporto di impiego o di servizio.
La pensione di guerra costituisce « atto risarcitorio di dove roso riconoscimento e di solidarietà da parte dello Stato, nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrità fisica o la perdita di un congiunto »
(art. 1 d. pres. 23 dicembre 1978 n. 915). La pensione di guerra, inoltre, quanto all'ammontare, è de
terminata normalmente solo in funzione dell'entità del danno
subito, secondo le ipotesi indicate specificamente nelle tabelle
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
annesse al cit. d. pres. n. 915. Il titolo IV del medesimo testo
legislativo regola « cumulo ed opzione tra il trattamento di
guerra ed altro trattamento ». Dal complesso di tali norme ri
sulta che mentre è sempre possibile il cumulo della pensione di guerra con la pensione normale di quiescenza (art. 29), è altresì consentita, ove ne ricorrano i requisiti, l'opzione fra il
trattamento di pensione di guerra e quello di pensione privi
legiata. Ciò significa che la pensione di guerra prescinde da
un rapporto di dipendenza e che, ove questo esista, la legge
dispone ulteriori integrazioni economiche applicabili, a secon
da dei casi, al trattamento pensionistico di guerra o a quello
privilegiato ordinario, /liquidato «in funzione di guello di
guerra ».
Da questo sistema emerge la piena autonomia sia concettuale
che normativa della pensione di guerra.
La pensione privilegiata ordinaria spetta, invece, ai dipen denti civili e militari dello Stato per le infermità o lesioni
ascrivibili a causa di servizio: il suo presupposto necessario, come si è già rilevato, sta nel rapporto di dipendenza. Per i
dipendenti civili il suo ammontare è determinato in relazione
alla base pensionabile, costituita dall'ultimo trattamento eco
nomico complessivo, in ragione di otto decimi nel caso di in
fermità o lesioni invalidanti più gravi e di un quarantesimo della stessa base per ogni anno di servizio utile nei casi di
infermità o lesione di minore entità. Per i dipendenti militari
la pensione va da un massimo pari alla intera base pensionabile a un minimo del trenta per cento, secondo la categoria della
infermità o lesione, con aumenti, per le categorie più lievi, in
ragione di ogni anno di servizio, nei confronti dei militari che hanno compiuto almeno cinque anni di servizio effettivo, ma non- abbiano maturato l'anzianità necessaria per il consegui mento della pensione normale. Quando, invece, tale anzianità sia stata raggiunta, la pensione privilegiata è pari a quella normale aumentata di un decimo (art. 65 e 67 t. u. sul tratta mento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato
approvato con d. pres. 23 dicembre 1973 n. 1092). Da questa normativa si evince che il trattamento di pensio
ne privilegiata è integrativo, quando non sostitutivo, di quello di pensione normale.
Si aggiunga che i dipendenti civili quando subiscano a causa
di servizio una menomazione dell'integrità fisica ascrivibile a
determinate categorie, hanno diritto (art. 69 d. pres. 10 gen naio 1957 n. 3 e 48-50 d. pres. 3 maggio 1957 n. 686) a un
equo indennizzo il quale è cumulabile, ridotto della metà, con
la pensione privilegiata; che la legge 23 dicembre 1970 n. 1094
ha esteso al personale militare l'equo indennizzo, stabilendo
(art. 3) che per la concessione dello stesso « si applicano le
norme previste per gli impiegati civili dello Stato dagli art. da 50
a 60 d. pres. 3 maggio 1957 n. 686...»; e che infine la legge 3
giugno 1981 m. 308 (art. 4) ha esteso le norme sull'equo inden
nizzo ai militari non di carriera.
Il che costituisce un elemento ulteriore che elimina o quanto meno scolorisce il carattere risarcitorio che si vorrebbe attri
buire alla pensione privilegiata, cioè lo riduce, secondo l'espres sione contenuta nella sentenza 23 gennaio 1962, n. 1 della corte,
(id., 1962, I, 175), a «una mera apparenza di indennizzo».
5. - In talune delle ordinanze e negli scritti difensivi delle
parti costituite, come si è ricordato in narrativa, vengono ri
chiamate le sentenze n. 41 del 1973 {id., 1973, I, 1701) e n. 103
del 1976 della corte (id., 1976, I, 2564), per desumere un affermato
carattere unitario del servizio militare in pace e in guerra e un
principio di equiparazione, anche fiscale, dei rispettivi tratta
menti pensionistici. Ma il richiamo non è conferente.
La prima delle due sentenze si limita a dichiarare illegittima una norma del regolamento di procedura innanzi alla Corte
dei conti che per i ricorsi dell'infermo di mente in materia di pensioni privilegiate ordinarie imponeva la sottoscrizione
della parte o di un procuratore speciale, mentre per i ricorsi
dell'infermo di mente in materia di pensione di guerra era suf
ficiente, quando non ancora nominato il rappresentante legale o il tutore provvisorio, la sottoscrizione di uno dei genitori.
La seconda sentenza (n. 103 del 1976) dichiara illegittimo l'art. 5 legge 21 marzo 1953 n. 161, in quanto non estende a
tutti i giudizi in genere in materia di pensioni civili e militari
l'esenzione dal pagamento della tassa fissa per il ricorso alla
Corte dei conti, disposta per i giudizi in materia di pensioni di guerra.
6. - In realtà, anche quando ha dichiarato illegittime certe
diversità di trattamento relative a varie categorie di pensioni o
di beneficiari di pensioni (come a proposito della perdita della
pensione a seguito di condanna penale), la corte ha rilevato il
peculiare presupposto delle pensioni di guerra che, « non es
sendo collegate a vincoli discendenti da un preesistente rap
porto di servizio, consentono una più ampia discrezionalità del
legislatore, cui rimane affidata, insieme alla decisione di in
dennizzare, facendone gravare l'onere sull'intera collettività na zionale in applicazione di un principio solidaristico, i colpiti nell'integrità fisica a causa di eventi bellici, quella di determi nare i limiti quantitativi dell'indennizzo, nonché le condizioni e le modalità per la sua attribuzione» (sent. n. 113 del 1968, id., 1968, I, 2353); ed ha ribadito anche recentemente, nel di chiarare illegittimo il diverso trattamento delle pensioni di guer ra in materia di decorrenza del termine per ricorrere, lo « spe ciale fondamento giuridico costituito dalla causa di guerra »
(sent. n. 97 del 1980, id., 1980, I, 2098). Non esiste, dunque, fra pensioni di guerra e pensioni privi
legiate ordinarie civili e militari quella identità od omogeneità di situazioni che costituisce il presupposto del richiamo al
principio di eguaglianza. Il legislatore ha ritenuto che la spe ciale natura e la speciale motivazione solidaristica e sociale della pensione di guerra consentissero di accordare ad essa le « agevolazioni tributarie » della esenzione dall'imposta sul red dito delle persone fisiche, derogando alla disposizione generale che « costituiscono reddito di lavoro dipendente (e quindi so no soggette all'i.r.p.e.f.) anche le pensioni e gli assegni ad esse
equiparati » (art. 46 d. pres. n. 597 del 1973, « istituzione e di
sciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche »). È certo, comunque, che non si potrebbero invocare gli scarsi
elementi di comparazione fra la pensione di guerra e quella privilegiata per tacciare di irragionevolezza il diverso tratta mento fiscale che il legislatore, nel suo discrezionale apprezza mento, ha ritenuto di dover determinare, disponendo a favore della prima, e non della seconda, questa eccezione al principio generale fissato all'art. 53 Cost., secondo il quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva. 7. - Va detto, infine, che la corte non sottovaluta il richiamo,
contenuto nelle ordinanze e nelle difese di parte, al particolare rischio e sacrificio al quale, specialmente nell'attuale situazione dell'ordine pubblico, sono esposti i tutori dell'ordine, militari e non militari; ma al concreto riconoscimento della particolare solidarietà nazionale spettante ad essi, e per la verità anche ad altre categorie di dipendenti statali egualmente esposti, specie quando sono colpiti nell'adempimento del loro dovere, il le
gislatore può provvedere, e di fatto provvede, con altre misure anche di carattere economico, senza dover ricorrere a continue erosioni del principio contenuto nel richiamato art. 53 Cost.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 34 d. pres. 29 settembre 1973 n. 601 « disciplina delle agevolazioni tributarie », sollevata in relazione all'art. 3 Cost., con le ordinanze elencate in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 luglio 1981, n. 141
(Gazzetta ufficiale 29 luglio 1981, n. 207); Pres. Amadei, Rei.
Volterra; Cavalieri. Ord. Corte conti, Sez. Ili, 25 marzo 1977 (Gazz. uff. 20 settembre 1978, n. 264).
Pensione — Pensione privilegiata — Precedenti accertamenti circa la dipendenza dell'infermità da causa di servizio — Preteso vin colo per la Corte dei conti — Questione infondata di costitu zionalità (Cost., art. 3, 24, 76; legge 28 ottobre 1970 n. 775, modifiche ed integrazioni alla legge 18 marzo 1968 n. 249, art. 6; d. pres. 29 dicembre 1973 n. 1092, t. u. delle norme sul trat tamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari, art. 163).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di co stituzionalità dell'art. 163, 2° comma, d. pres. 29 dicembre 1973 n. 1092, secondo cui, nel caso in cui l'amministrazione centrale abbia già adottato un provvedimento definitivo sulla
dipendenza di infermità o lesioni, ai sensi delle norme concer nenti lo stato giuridico del personale, le questioni risolute con detto provvedimento non possono essere riesaminate ai fini del trattamento di quiescenza privilegiato, in riferimento agli art. 3, 24 e 76 Cost ed in relazione all'art. 6 della legge di de
legazione 28 ottobre 1970 n. 775 (nella motivazione si precisa che la preclusione prevista dalla disposizione impugnata non
riguarda il giudizio pensionistico di competenza della Corte dei conti). (1)
(1) L'ordinanza 25 marzo 1977 della Corte dei conti, Sez. Ili, è massimata in Foro it., 1978, III, 687, con nota di richiami.
L'insindacabilità in sede giurisdizionale per definitività del prov vedimento amministrativo (non contestato) di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di una infermità, è affermata da
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