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sentenza 24 luglio 1986, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° agosto 1986, n. 38);...

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sentenza 24 luglio 1986, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° agosto 1986, n. 38); Pres. La Pergola, Rel. Ferrari; Lastella c. Provveditorato agli studi Reggio Calabria; Palazzi c. Provveditorato agli studi Reggio Calabria; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Braguglia). Ord. T.A.R. Calabria, 17 gennaio 1979 (G. U. n. 124 del 1980) e 16 gennaio 1980 (G. U. n. 208 del 1980) Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 687/688-689/690 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179383 . Accessed: 25/06/2014 03:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.17 on Wed, 25 Jun 2014 03:14:55 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 24 luglio 1986, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 1° agosto 1986, n. 38); Pres. La Pergola, Rel. Ferrari; Lastella c. Provveditorato agli studi Reggio Calabria;

sentenza 24 luglio 1986, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° agosto 1986, n. 38);Pres. La Pergola, Rel. Ferrari; Lastella c. Provveditorato agli studi Reggio Calabria; Palazzi c.Provveditorato agli studi Reggio Calabria; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoBraguglia). Ord. T.A.R. Calabria, 17 gennaio 1979 (G. U. n. 124 del 1980) e 16 gennaio 1980 (G.U. n. 208 del 1980)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 3 (MARZO 1987), pp. 687/688-689/690Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179383 .

Accessed: 25/06/2014 03:14

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PARTE PRIMA

c'è dubbio alcuno che dei due profili sollevati quello relativo al

presunto eccesso di delega del capo III del d.p.r. 1199/71 rispetto all'art. 6 1. n. 775/70 dia corpo a una questione distinta da quella

attinente al conflitto di attribuzione e astrattamente pregiudiziale

rispetto allo stesso, al contrario il profilo relativo alla pretesa

violazione dell'art. 118 Cost, costituisce l'oggetto stesso ed esclu

sivo del conflitto medesimo. Si tratta, dunque, in quest'ultimo

caso, di una questione di interpretazione risolvibile nell'ambito

del processo logico di definizione delle competenze oggetto del

conflitto. Come tale, la questione di costituzionalità del capo III

del d.p.r. n. 1199/71 in relazione all'art. 118 Cost., è inammissibile.

5.2 - Quanto alla questione di costituzionalità sollevata, sem

pre con riguardo al capo III del d.p.r. n. 1199/71, in relazione

all'art. 76 Cost., va disattesa l'eccezione formulata dall'avvoca

tura dello Stato relativa a una pretesa irrilevanza della stessa.

Il fatto che l'estensione del ricorso straordinario agli atti ammini

strativi regionali non è una innovazione introdotta dalle norme

contestate, ma, come sostiene l'avvocatura dello Stato, era già

«pacificamente ammessa sulla base della normativa e, secondo

alcuni, della cosuetudine costituzionale precedente» non rende

rebbe inutile un'eventuale dichiarazione di incostituzionalità.

L'eccezione non tiene conto, infatti, che, qualunque fosse stata

la preesistente base normativa, questa è stata novata nella fonte

dalle norme ora contestate e, in particolare, dall'art. 8 d.p.r.

1199/71, il quale contiene le disposizioni vigenti che stabiliscono

quali sono gli atti assoggettabili al ricorso straordinario.

Nondimeno la prospettata questione di costituzionalità deve ri

tenersi manifestamente infondata. È ben vero che la legge di de

lega fa chiaramente riferimento, a cominciare dal titolo, a

procedimenti amministrativi di spettanza dello Stato, e non già delle regioni. Ma quest'elemento, come ammettono espressamen te le stesse regioni ricorrenti nella loro memoria, non è minima

mente in contestazione nelle cause: è, anzi, il solo presupposto comune delle due posizioni in conflitto. Ciò che è in contestazio

ne è invece l'estensione del potere di decisione dei ricorsi straor

dinari e, in particolare, l'applicazione di tale potere decisorio agli atti amministrativi regionali.

A dire il vero, nell'art. 4 1. n. 249/68, come modificato dal

l'art. 6 1. n. 775/70 o, più in generale nella complessiva legge

di delega non si rinviene alcun elemento — né le regioni ricorren

ti ne indicano qualcuno — che possa far sorgere il minimo dub

bio circa l'esistenza di una volontà del legislatore delegante diretta

a escludere gli atti amministrativi regionali dai possibili oggetti del ricorso straordinario al presidente della repubblica.

Per questi motivi, la Corte costituzionale nei riuniti giudizi per conflitto di attribuzione, di cui in epigrafe, dichiara che spetta allo Stato la decisione del ricorso straordinario al presidente della

repubblica avverso atti amministrativi regionali; dichiara altresì:

a) l'inammissibilità della questione di costituzionalità, sollevata

nel corso dei presenti giudizi dalle regioni ricorrenti, concernente

gli art. 8-15 d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199 in relazione all'art.

118 Cost.; b) la manifesta infondatezza della questione di costitu

zionalità, sollevata nel corso dei presenti giudizi dalle regioni ri

correnti, concernente gli art. 8-15 d.p.r. 24 novembre 1971 n.

1199 in relazione all'art. 76 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 luglio 1986, n. 207

(<Gazzetta ufficiale, V serie speciale, 1° agosto 1986, n. 38); Pres. La Pergola, Rei. Ferrari; Lastella c. Provveditorato

agli studi Reggio Calabria; Palazzi c. Provveditorato agli studi

Reggio Calabria; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Braguglia). Ord. T.A.R. Calabria, 17 gennaio 1979 (G. U.

n. 124 del 1980) e 16 gennaio 1980 (G. U. n. 208 del 1980).

Istruzione pubblica — Personale docente — Collocamento a ri

poso — Trattenimento in servizio fino a settanta anni — Con

dizioni — Incostituzionalità (Cost., art. 3; 1. 30 luglio 1973

n. 477, delega al governo per l'emanazione di norme sullo stato

giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non do

cente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica

dello Stato, art. 15).

Il Foro Italiano — 1987.

È illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 15, 3° com

ma, l. 30 luglio 1973 n. 477, limitatamente alle parole «fino al conseguimento dell'anzianità minima per la quiescenza», in

quanto la possibilità di permanenza in servizio fino al settante

simo anno di età deve essere riconosciuta in via transitoria al

personale direttivo e docente delle scuole primarie e secondarie

anche ove, nelle more del trattenimento, l'interessato maturi

l'anzianità minima utile a pensione, al fine di conseguire un

sia pur limitato miglioramento del suddetto trattamento pen

sionistico. (1)

Diritto. — 1. - La 1. 30 luglio 1973 n. 477, recante «delega al governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del

personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola

materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato», dopo avere

stabilito in linea generale (art. 15, 1° comma) che «a decorrere

dal 1° ottobre 1974» il personale appartenente alle suindicate ca

tegorie è collocato a riposo per raggiunti limiti di età a datare

dal «1° ottobre successivo alla data del compimento del 65° anno

di età», prevede due ipotesi a favore del personale in servizio

al 1° ottobre 1974, e precisamente: se esso «non abbia raggiunto il numero di anni . . .per il massimo della pensione», gli è «con

sentito di rimanere in servizio . . . fino al raggiungimento del

limite massimo e comunque non oltre il 70° anno di età» (art.

15, 2° comma); se, invece, «non abbia raggiunto il numero di

anni . . . per il minimo della pensione», allora la disposizione

derogatoria «si applica fino al conseguimento dell'anzianità mini

ma per la quiescenza» (art. 15, 3° comma). 2. - Con istanze presentate entrambe il 20 maggio 1975, due

insegnanti in scuole secondarie calabresi — Lastella Elena e Pa

lazzi Ferrante Teresa —, dichiarando di non raggiungere «al 1°

ottobre 1977 il massimo della pensione (40 anni)» e, quindi, di

volersi avvalere «del 2° comma del citato art. 15 1. n. 477 del

1973», chiedevano al provveditore agli studi di Reggio Calabria

di essere trattenute in servizio oltre il 65° anno di età e, comun

que, sino al 70°. Ma questi ne disponeva, viceversa, il colloca

mento a riposo a decorrere dal 1° ottobre 1976, adducendo di

avere concesso la proroga di un anno proprio allo scopo di assi

curare alle istanti il numero di anni di servizio occorrente per

conseguire il minimo della pensione — e perciò non il massimo

richiesto dalle istanti —, e sostenendo che, una volta raggiunta l'anzianità prevista al suddetto fine, non è più consentito di rima

nere in servizio. Le interessate impugnavano i relativi provvedi

ci) L'ordinanza di rimessione T.A.R. Calabria 17 gennaio 1979 è mas

simata in Foro it., Rep. 1980, voce Istruzione pubblica, n. 227; l'ord.

16 gennaio 1980 è in Foro it., 1980, III, 528, con nota di richiami, cui

adde, circa l'ambito soggettivo di applicazione del beneficio e la sua ra

tio, Cons. Stato, sez. II, 14 marzo 1984, n. 451, Cons. Stato, 1986, I,

604; T.A.R. Lazio, sez. Ili, 10 marzo 1986, n. 874, Trib. amm. reg., 1986, I, 1274 (per l'esclusione del servizio precario dall'ambito di appli cazione del beneficio); T.A.R. Sicilia, sez. Catania, 5 dicembre 1985, n.

1518, ibid., 822 (che evidenzia la ratio della norma nell'esigenza di non

pregiudicare, nei soggetti entrati in servizio sotto un ordinamento che

prevedeva più elevati limiti di età per il collocamento a riposo, l'aspettati va a conseguire un trattamento pensionistico nella misura massima possi

bile); Cons. Stato, sez. VI, 13 aprile 1983, n. 253, Foro it., Rep. 1983, voce cit., n. 305; sez. V 26 giugno 1981, n. 288, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 230 (che, anticipando in parte, in via di interpretazione della nor

ma, il giudizio della Corte costituzionale, ha dichiarato illegittimo il di

niego del trattenimento in servizio fino al 70° anno di età di un insegnante, che, al compimento del 65° anno, aveva maturato l'anzianità per la pen sione minima ma non avrebbe potuto raggiungere il massimo al 70° anno

di età); circa i criteri di computo dei servizi utili ai fini della proroga del collocamento a riposo ex art. 15 1. 477, v. Corte conti, sez. contr., 24 ottobre 1985, n. 1589, Cons. Stato, 1986, II, 705 (che esclude la com

putabilità dei servizi o periodi non attinenti al rapporto di proroga); T.A.R.

Lombardia 4 giugno 1980, n. 577, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 258

(che ritiene la computabilità dei periodi di studio universitario per i quali sia stata già presentata domanda di riscatto).

Per altri riferimenti sulla possibilità di rimanere in servizio oltre il limi

te ordinario del 65° anno di età, concessa ad altre categorie di pubblici

impiegati, v. Corte cost. 9 giugno 1986, n. 134, id., 1986,1, 2364 e T.A.R.

Lazio, sez. Ili, ord. 11 gennaio 1982, id., 1984, III, 278, con nota di

richiami e per analoga opzione concessa ai dipendenti privati, v. Cass.

16 dicembre 1986, n. 7574 e Trib. Taranto 26 settembre 1986, id., 1987,

I, 391.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

menti dinanzi al T.A.R. della Calabria — sezione staccata di Reg

gio Calabria —, il quale, con le ordinanze emesse, rispettivamen

te, il 17 gennaio 1979 sul ricorso della Lastella Elena (r.o. 125/80) ed il 16 gennaio 1980 sul ricorso della Palazzi Ferrante Teresa

(r.o. 397/80), sollevava questione di legittimità costituzionale, re

putando che l'art. 15, 2° e 3° comma, 1. Ali del 1973 contrasti

con gli art. 3, 1° comma, 35 e 38, 2° comma, Cost. Secondo

il giudice a quo, la disciplina di cui agli impugnati commi sareb

be costituzionalmente illegittima, perché consentirebbe solo agli

insegnanti che abbiano già raggiunto il massimo del trattamento

di quiescenza — e precluderebbe, invece, a coloro che avessero

raggiunto soltanto il minimo — di rimanere ulteriormente in ser

vizio sino a 70 anni per incrementare la pensione. Ne deriverebbe

«una irrazionale discriminazione proprio a danno di chi, trovan

dosi al limite minimo della sussistenza, stante l'esiguità della quota di pensione raggiunta, avrebbe bisogno di maggiore protezione

(art. 35 Cost.) da parte del legislatore al fine di ottenere quegli

adeguati mezzi di previdenza previsti dall'art. 38, 2° comma, Cost.».

3. - Le disposizioni di cui al 2° e 3° comma dell'art. 15 1.

n. 477 del 1973 costituiscono un regime transitorio: poiché, infat

ti, anteriormente alla legge de qua i professori delle scuole secon

darie venivano collocati a riposo a 70 anni, il legislatore, nel

momento in cui abbassava il limite di età a 65 anni, ha ritenuto,

dettando i due surriportati commi, di disciplinare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina. Ora, al riguardo, va prelimi narmente ricordato che, secondo un parere espresso dal Consi

glio di Stato, le due disposizioni impugnate dovrebbero intendersi

nel senso che i loro destinatari, una volta maturata l'anzianità

necessaria e sufficiente per conseguire, a seconda dei casi, il ma

ximum o il minimum della pensione, cessano dal servizio. Senon

ché il T.A.R. della Calabria, disattendendo l'avviso del supremo

organo consultivo ed assumendo il 2° comma come tertium com

parationis, ha ritenuto che il prolungamento del servizio sino al

compimento del 70° anno di età si applicherebbe solo ad avvenu

ta maturazione dell'anzianità prevista per conseguire il massimo

della pensione, non anche di quella prevista per conseguire il

minimo.

4. - Cosi intesa la disciplina in esame, la questione è fondata.

Le situazioni dei professori contemplati nei due impugnati commi

sono oggettivamente identiche in quanto la legislazione anteriore

disponeva per tutti gli insegnanti delle scuole secondarie il collo

camento a riposo alla medesima età. Di conseguenza, il ricono

scimento in via transitoria del beneficio di rimanere in servizio

sino a 70 anni non più a tutti, bensì soltanto ad alcuni — come

appunto opina il giudice a quo — crea nell'ambito del personale

insegnante una discriminazione. E non può certo dirsi che questa

si giustifichi con l'affermazione — la quale, anzi, ne è una con

ferma — dell'avvocatura dello Stato, secondo cui il legislatore,

«trovandosi a disciplinare situazioni obiettivamente diverse», avreb

be «perseguito obiettivi diversi», quali sarebbero, per un verso,

il «raggiungimento del minimo» e, per altro verso, il «raggiungi

mento del massimo». Derivando pertanto l'asserita disparità di

trattamento dalla precisazione, contenuta nel 3° comma, che la

disposizione di cui al 2° comma si applica «fino al conseguimen

to dell'anzianità minima per la quiescenza», ritiene questa corte

che la situazione di eguaglianza si ripristini eliminando la suddet

ta precisazione e cosi equiparando le due ipotesi normative.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegittimità

costituzionale dell'art. 15, 3° comma, 1. 30 luglio 1973 n. 477

(delega al governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridi

co del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della

scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato),

limitatamente alle parole «fino al conseguimento dell'anzianità

minima per la quiescenza».

Il Foro Italiano — 1987.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 14 luglio 1986, n. 188

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 luglio 1986, n. 35); Pres. Paladin, Rei. Ferrari; Neri c. Azienda trasporti consor

ziali di Modena e altri. Ord. Pret. Modena 13 giugno 1984

(G.U. n. 42 bis del 1985).

Ferrovie tramvie e filovie — Assunzione mediante concorso —

Titoli preferenziali — Appartenenza alla categoria dei «figli di

agenti» — Incostituzionalità (Cost., art. 3; r.d. 8 gennaio 1931

n. 148, contenente disposizioni sullo stato giuridico del perso nale delle ferrovie, tramvie e linee di navigazione interna in

regime di concessione, ali. A, art. 9).

È illegittimo, per violazione dell'art. 3, 1° comma, Cost., l'art.

9, 3° comma, lett. e), del regolamento allegato A al r.d. 8

gennaio 1931 n. 148, nella parte in cui, nel rapporto di lavoro

degli autoferrotramvieri, prevede che costituisce titolo prefe

renziale per l'assunzione in servizio l'appartenenza alla catego ria dei «figli di agenti». (1)

Diritto. — 1. - Il r.d. 8 gennaio 1931 n. 148 (contenente dispo sizioni sullo stato giuridico del personale delle ferrovie, tramvie

e linee di navigazione interna in regime di concessione) stabilisce

all'art. 9, 3° comma, lett. e), dell'allegato A, in tema di «ammis

sioni in servizio», che «costituisce progressivamente titolo prefe renziale per la assunzione ad agenti di ruolo l'appartenenza», fra

le tante altre categorie previste nel detto articolo, anche a quella di «figli di agenti» (oltre che di «orfani di ex agenti»).

2. - In particolare della disposizione di cui sopra, l'Azienda

trasporti consorziali di Modena, dovendo provvedere alla coper tura del posto di «capo tecnico», deliberò di assumere in servizio

tale Ferrari Lorena, la quale nell'apposito concorso era stata clas

sificata al primo posto, ma a pari merito con tale Neri Claudio,

il quale, deducendo che «egli avrebbe dovuto essere il preferito in considerazione della sua maggiore età», propose ricorso con

tro il suddetto provvedimento dinanzi al Pretore di Modena in

qualità di giudice del lavoro. E questi, premesso che la disciplina

stabilita con il r.d. n. 148 del 1931 «ha forza di legge ai sensi

dell'art. 134 Cost.» — tanto che è stata «ammessa implicitamen te dalla stessa Corte costituzionale, la quale più volte si è pro

nunciata sulla legittimità costituzionale di alcune sue disposizioni

(sentenze nn. 140 del 1971, Foro it., 1971, I, 1759; 168 del 1973,

id., 1974, I, 619; 124 del 1975, id., 1975, I, 1907, ed ordinanze

nn. 243 del 1975, id., Rep. 1976 voce cit., n. 69; 23 del 1976,

ibid., n. 7; 66 del 1976, ibid., n. 68)» ), rileva che la preferenza accordata ai «figli di agenti» (oltre che agli «orfani di ex agen

ti»), traendo «origine unicamente dal rapporto di filiazione» e

risolvendosi perciò in «un'assunzione iure sanguinis», «non ap

pare razionalmente giustificata» ed è, anzi, «difficilmente conce

pibile alla luce del vigente principio costituzionale di eguaglianza»,

per cui impugna dinanzi a questa corte, in riferimento all'art.

3 Cost., la surriportata disposizione di cui all'art. 9, 3° comma,

lett. e), dell'allegato A al r.d. n. 148 del 1931.

3. - La questione, sorta in ordine alla categoria dei «figli di

agenti», e che perciò assume rilevanza solo limitatamente a que

sta, è fondata.

Allorquando in un pubblico concorso si verifichi, come nella

specie, la collocazione di due o più concorrenti al medesimo po

(1) L'ordinanza Pret. Modena, 13 giugno 1984 è riassunta in Foro it.,

Rep. 1985, voce Ferrovie e tramvie, n. 25. Muovendo dal medesimo presupposto da cui muove la Corte costitu

zionale nella sentenza che si riporta il Pretore di Napoli (con sentenza

9 febbraio 1977, id., 1977, I, 1819) ritenne nullo l'accordo aziendale,

stipulato proprio ai sensi dell'art. 9 ali. A al r.d. n. 148 del 1931, con

cui una società concessionaria di servizi di trasporto si era impegnata ad assumere come agenti di ruolo i figli di dipendenti o ex dipendenti, ritenendo sussistere un contrasto con la norma imperativa dell'art. 33

dello statuto dei lavoratori. Più di recente nello stesso ordine di idee (ma rispetto ad una ipotesi

soggetta alla discipina privatistica) v. Cass. 22 maggio 1982, n. 3150,

id., Rep. 1982, voce Lavoro (rapporto), n. 1596, che ha considerato nullo

il patto stipulato dai lavoratori con l'imprenditore affinché quest'ultimo accettasse le loro dimissioni a condizione che in vece loro fossero assunti

i familiari. Nel senso della nullità del bando di concorso indetto da una cassa di

risparmio, al quelle erano stati ammessi a partecipare esclusivamente i

figli di dipendenti o ex dipendenti v., infine, Pret. Cosenza 18 dicembre

1980, id., 1982, I, 112.

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