sentenza 24 luglio 1986, n. 213 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 1° agosto 1986, n. 38);Pres. La Pergola, Rel. Corasaniti; Bussei e altro (Avv. Agostini, Mammone) c. I.n.p.s. (Avv.Lironcurti); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amico). Ord. Pret. Reggio Emilia 28febbraio 1979 (due) (G. U. n. 203 del 1979)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 17/18-19/20Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179535 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
medesima vecchia carriera, e mansioni in questa indicate, sono di
stribuite fra diverse qualifiche funzionali. Né giova il richiamo alla
tabella contenuta nell'art. 51 della legge veneta, giacché quest'ulti ma tabella si limita ad operare una equiparazione fittizia fra vec
chie carriere e nuove qualifiche regionali ai soli fini dell'attribuzione
delle classi di stipendio, degli aumenti periodici e dell'anzianità, e
non già ai fini dell'inquadramento. Non ricorre neppure la supposta equivalenza fra vecchie carriere
e mansioni. La verità è che tali carriere si riferivano in modo mera
mente astratto e generico alle mansioni, ma né esse, né tanto meno
le qualifiche «formali» in esse inscritte, individuavano le mansioni
stesse quale contenuto tecnico-materiale delle prestazioni lavorati
ve (contenuto «oggettivo», secondo la dizione dell'art. 17 della suc
cessiva 1. n. 93 del 1983). L'aderenza della posizione giuridica
dell'impiegato al detto contenuto oggettivo è fine perseguito dalla
legge regionale in esame, mediante l'adozione delle qualifiche fun
zionali nell'organizzazione a regime (art. 41 ss.), proprio in supe ramento della sostanziale indifferenza per esso delle vecchie carriere.
Sicché già in linea generale lo stretto riferimento a queste ultime
in sede di inquadramento appare metodo, se non impraticabile, certo
non necessario nè doveroso (tanto meno per il personale mai ap
partenuto a carriere).
Ma, indipendentemente dalla rilevata erroneità dei presupposti, va considerato che, per quanto concerne l'inquadramento del per sonale provvisorio, la legge impone di aver riguardo al «servizio pre stato nella regione ed eventualmente negli enti di provenienza»
(criterio, questo, che riproduce nel tema il principio, proprio delle
qualifiche funzionali, di aderenza alle mansioni intese come conte
nuto tecnico-materiale delle prestazioni lavorative: cfr., ora, il ci
tato art. 171. n. 93 del 1983), nonché «ai titoli di studio, professionali o scientifici posseduti» (criterio, anche questo, adombrato nel det
to art. 17). Ciò posto, non si vede come la giunta rimanga libera di inqua
drare a suo arbitrio il personale provvisorio già svolgente mansioni
astrattamente riconducibili alla carriera di concetto. Dall'osservanza
del precetto ora indicato deriva che la qualifica più appropriata tra
quella di funzionario e quella di coadiutore può bene essere indivi
duata secondo criteri oggettivi, quali sono indubbiamente quelli cor
relati al contenuto tecnico-materiale delle prestazioni lavorative e
ai titoli di studio, scientifici o professionali, integrandosi i medesi
mi, ove occorra, con il criterio, parimenti oggettivo, correlato alla
esperienza professionale (criterio desumibile dalla descrizione delle
nuove qualifiche: cfr. ancora art. 41 ss. della legge in esame). 6. - La questione infine non è fondata neppure per quel che con
cerne la dedotta violazione dell'art. 51 dello statuto della regione Veneto.
Anzitutto la cennata disposizione contiene un principio direttivo
sull'organizzazione a regime dell'impiego regionale. Sicché da essa
non potrebbe senz'altro trarsi una prescrizione vincolante tanto me
no in tema di primo inquadramento. In ogni caso, il principio in essa racchiuso è teso appunto al su
peramento della scissione, tipica del sistema precedente delle «car
riere», tra qualifiche formali, come quelle inscritte nelle «carriere», e mansioni, intese queste nel più volte richiamato senso di contenu
to oggettivo delle prestazioni lavorative, principio cui la regione si
è uniformata introducendo il sistema delle «qualifiche funzionali»
con la 1. reg. 25/73. Sicché vale anche qui l'argomentazione sopra svolta circa la non necessarietà, né doverosità di un inquadramen to inspirato a stretta corrispondenza tra le nuove qualifiche e le vec
chie carriere (o le mansioni quali risultano dalla generica indicazione
contenuta nelle vecchie carriere stesse). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fondata
la questione di legittimità costituzionale dell'art. 50, 11° comma, 1. reg. Veneto 26 novembre 1973 n. 25, sollevata, per contrasto con
gli art. 3,1° comma, e 97,1° comma, Cost., nonché con l'art. 123
Cost., in relazione all'art. 51 dello statuto della regione Veneto, dal
T.A.R. per il Veneto con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1987 — Parte 1-2.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 luglio 1986, n. 213 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 1° agosto 1986, n. 38); Pres. La
Pergola, Rei. Corasaniti; Bussei e altro (Aw. Agostini, Mam
mone) c. I.n.p.s. (Aw. Lironcurti); interv. Pres. cons, ministri
(Aw. dello Stato D'Amico). Ord. Pret. Reggio Emilia 28 febbraio 1979 (due) (G. U. n. 203 del 1979).
Previdenza sociale — Prosecuzione volontaria — Braccianti agri coli — Limite — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1432, riordinamento della pro secuzione volontaria dell'assicurazione obbligatoria per invalidi
tà, vecchiaia, superstiti e tubercolosi, art. 1, 4, 7).
È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 4 e
7 d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1432, nella parte in cui limitano fi no al raggiungimento del contributo minimo annuale, previsto
per la validità dell'iscrizione negli elenchi nominativi, la possibi lità per i braccianti agricoli di integrare la contribuzione obbliga toria con la prosecuzione volontaria, in riferimento all'art. 3, 1°
comma, Cost. (1)
Diritto. — 1. - Con le due ordinanze in epigrafe è sollevata que stione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3, 1° com
ma, Cost., degli art. 4 e 7 d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1432
(riordinamento della prosecuzione volontaria dell'assicurazione ob
bligatoria per invalidità, vecchiaia, superstiti e tubercolosi). Pertanto
i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - Delle norme impugnate, l'art. 7 disciplina le modalità di eser
cizio della «prosecuzione volontaria» della contribuzione nelle as
sicurazioni suindicate, prosecuzione alla quale sono autorizzati, a
loro istanza, ai sensi del precedente art. 1, tutti gli assicurati il cui
rapporto di lavoro sia interrotto o cessato, sempre che ricorrano
dati presupposti, al fine di «conservare i diritti derivanti dalle assi
curazioni» stesse o di «raggiungere i requisiti per il diritto alla
pensione». In particolare, la norma censurata considera l'eventualità che, do
po l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, il lavoratore in
stauri un nuovo rapporto di lavoro, prevedendo che, in tal caso, la contribuzione volontaria deve essere sospesa, per poter ripren dere dal sabato della settimana successiva alla cessazione del rap
porto, con potenziale successione di contribuzione volontaria ed
obbligatoria per periodi anche assai brevi nell'arco dello stesso anno.
A sua volta, l'art. 4 disciplina il diverso istituto della «integra zione contributiva», previsto per i soli lavoratori agricoli — gior nalieri o braccianti — i quali non raggiungano nell'anno il minimo
di giornate lavorative e quindi di contributi giornalieri utili per la
valutazione dell'anno ai fini pensionistici (104 per gli uomini e 70
per le donne, sufficienti, rispettivamente, a conseguire il minimo
contributivo di 1.560 e 1.040 contributi giornalieri in 15 anni, ri
chiesto per la maturazione del diritto a pensione dall'art. 21. 4 aprile 1952 n. 218, nella parte in cui sostituisce l'art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939
n. 636). Orbene, il giudice a quo muove dal presupposto interpretativo
che per i lavoratori agricoli di cui si tratta la prosecuzione volonta
ria non può essere esercitata, secondo le modalità di cui all'art. 7,
per periodi entro l'anno in cui il lavoratore sia inscritto negli elen
chi nominativi, aventi per tale categoria di lavoratori effetto costi
tutivo del rapporto assicurativo. Nel corso dell'anno di iscrizione
nei predetti elenchi, infatti, i braccianti, stante l'esistenza di un rap
porto assicurativo in atto nell'assicurazione generale obbligatoria, sarebbero ammessi esclusivamente alla integrazione della contribu
zione al minimo. Alla prosecuzione volontaria i detti braccianti sa
rebbero invece ammessi soltanto dal momento in cui fosse venuta
meno l'iscrizione negli elenchi.
L'interpretazione coordinata delle norme, in quanto ostativa della
«prosecuzione volontaria» in relazione alle frazioni di anno di non
effettiva occupazione, darebbe luogo, secondo le ordinanze di ri
messione, ad una ingiustificata discriminazione in danno dei brac
cianti di cui si tratta rispetto agli altri lavoratori.
(1) Le due ordinanze Pret. Reggio Emilia 28 febbraio 1979 sono riassun
te in Foro it., 1979, I, 2190, con nota di richiami. Per riferimenti sulla previdenza dei lavoratori agricoli, cfr. Cass. 18 feb
braio 1985, n. 1408, id., 1985, I, 1339, con nota di richiami. In tema di prosecuzione volontaria, da ultimo, v. Cass. 15 febbraio 1986,
n. 929, id., 1986, I, 2824, con nota di richiami.
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PARTE PRIMA
3. - La limitazione ravvisata dal giudice a quo nei confronti dei
detti braccianti indubbiamente sussiste e si ricollega al principio ge nerale della esclusione della prosecuzione volontaria della contri
buzione in costanza di assicurazione obbligatoria: principio risultante
dall'art. 1 d.p.r. n. 1432 del 1971, del quale l'art. 7 sopra citato
costituisce applicazione specifica (cfr., del resto, già l'art. 51.4 aprile 1952 n. 218).
Occorre infatti considerare che il sistema assicurativo proprio dei
braccianti agricoli, secondo la normativa applicabile, è fondato su
gli elenchi nominativi, nei quali deve necessariamente essere iscrit
to colui che svolga attività lavorativa in agricoltura. Tali elenchi,
già implicanti una valutazione del rapporto riferita all'anno agra rio (art. 17 d.p.r. 26 aprile 1957 n. 818), sono, in relazione all'art.
7 d.l. 3 febbraio 1970 n. 7, convertito, con modificazioni, in 1. 11
marzo 1970 n. 83, essi stessi redatti con cadenza annuale. Ed oc
corre, soprattutto, considerare che l'iscrizione in detti elenchi ga rantisce ai braccianti, con occupazione anche per poche giornate di lavoro, la copertura assicurativa per un intero anno ai fini pen
sionistici, salva la necessità della integrazione al minimo.
Si è, ovviamente, in presenza di un regime assicurativo peculiare a una categoria di dipendenti, il cui rapporto di lavoro, obiettiva
mente caratterizzato da periodi, anche ampi, di non occupazione
effettiva, è valutato ex lege come presupposto idoneo a dar vita a
un rapporto assicurativo continuativo per ogni anno di iscrizione
negli elenchi, ove ricorra un minimo contributivo per l'anno stes
so, ed a far conseguire il diritto alla pensione mediante il raggiun
gimento di un tetto contributivo globale inferiore rispetto a quello
prescritto per gli altri lavoratori.
Nell'ambito del sistema, mentre è richiesto un numero minimo
ridotto di contributi annui, è consentita l'integrazione della contri
buzione qualora le giornate lavorative effettivamente accertate (il meccanismo dell'accertamento presuntivo è stato infatti dichiarato
illegittimo con la sentenza di questa corte n. 65 del 1962, Foro it.,
1962, I, 1234) siano inferiori al detto minimo. Sicché, in virtù di tale specifico strumento (art. 4 d.p.r. n. 1432
del 1971), il bracciante può ottenere la valutazione dell'intero anno
ai fini pensionistici versando volontariamente i contributi necessari
a raggiungere il minimo fissato dalla legge (104 contributi giorna lieri per gli uomini e 70 per le donne).
4. - Non vi è dubbio che sia la particolare struttura del rapporto assicurativo dei braccianti agricoli — in quanto riferito ad un inte
ro anno di copertura assicurativa — e non già, come adombrato
in alcuni scritti defensionali, un residuo effetto del caducato accer
tamento presuntivo delle giornate di lavoro, ad escludere il ricorso
all'istituto della prosecuzione volontaria in relazione ai periodi di
non effettiva occupazione nel corso dell'anno di iscrizione negli elen
chi (qui non si tratta di versamenti ulteriori relativi ad effettivo ul
teriore lavoro prestato). La finalità propria dell'istituto della prosecuzione volontaria —
e cioè quella di elidere le conseguenze negative, per l'assicurato, della
mancata prestazione di un'attività lavorativa soggetta all'obbligo assicurativo — qui è raggiunta ex lege, mediante l'equiparazione dell'iscrizione negli elenchi annuali a prestazione di effettiva attivi
tà lavorativa, mentre con l'integrazione è soddisfatta l'esigenza del
raggiungimento di un minimo contributivo ai fini della continuità
della copertura assicurativa per l'intero anno.
Non si scorge, dunque, la ragione di una deroga al limite di ordi
ne generale fissato dall'art. 1 d.p.r. n.1432 del 1971, diretto a vie
tare la sovrapposizione al periodo (annuale) coperto da assicurazione
obbligatoria (anche grazie all'integrazione) di periodi (entro l'an
no) di prosecuzione volontaria.
Tutto ciò considerato, non può ritenersi ingiustificatamente di
scriminatoria in danno dei braccianti agricoli la preclusione della
prosecuzione volontaria ex art. 7 d.p.r. n. 1432 del 1971 per perio di entro l'anno di iscrizione negli elenchi.
Posto che non può ritenersi discriminatorio in danno dei brac
cianti agricoli un sistema in cui è consentito che un ridotto numero
di giornate lavorative (raggiungibile per di più mediante integrazione
volontaria) sia considerato ex lege sufficiente a garantire la coper tura assicurativa per un intero anno, e che sia conseguito il diritto
alla pensione mediante il raggiungimento di un tetto contributivo
globale inferiore rispetto a quello prescritto per gli altri lavoratori, non si vede anzitutto a quale necessità perequativa risponda l'im
piego — auspicato ad integrazione del sistema stesso tramite una
sentenza additiva in questa corte — della prosecuzione volontaria
relativamente ai periodi suindicati.
Il Foro Italiano — 1987.
In ogni caso tale impiego verrebbe ad alterare, integrandolo, un
sistema che, come quello anzidetto, appare giustificato, nelle de
scritte peculiarità, dalla particolare natura (caratterizzata, come già
rilevato, da ampi periodi di non occupazione effettiva) del rappor to di lavoro cui è collegata la previdenza in argomento.
La questione va pertanto dichiarata non fondata.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 4
e 7 d.p.r. 31 dicembre 1971 n. 1432 (riordinamento della prosecu zione volontaria dell'assicurazione obbligatoria per invalidità, vec
chiaia, superstiti e tubercolosi), sollevata, in riferimento all'art. 3, 1° comma, Cost., dal Pretore di Reggio Emilia con le ordinanze
indicate in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 7 luglio 1986, n. 179 (Gaz zetta ufficiale, la serie speciale, 16 luglio 1986, n. 34); Pres. e
rei. Paladin; Commissario dello Stato per la regione siciliana
(Aw. dello Stato Azzariti) c. Regione siciliana (Avv. Cala
bre tt a).
Sicilia — Edilizia e urbanistica — Legge regionale di sanatoria de
gli abusi edilizi — Contrasto con legge statale — Incostituziona
lità (Cost., art. 3, 5; statuto della regione siciliana, art. 14; 1. 28
febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie).
È illegittimo, perché disciplina la sanatoria degli abusi edilizi in ma
niera contrastante con la legge nazionale, cosi ledendo le attribu
zioni spettanti allo Stato in materia penale, la legge dell'assemblea
regionale siciliana 2 aprile 1986, intitolata «modifiche ed integra zioni alla l. reg. 10 agosto 1985 n. 37». (1)
(1) Che la Consulta avrebbe bocciato la discutibile leggina approvata (ma non promulgata) dalla regione siciliana per disciplinare in modo autonomo il condono edilizio, era in realtà da attenderselo. A prescindere dal merito delle ragioni che hanno indotto i parlamentari regionali a ritenere troppo gravosa, e perciò inadeguata per la Sicilia la normativa di cui alla recente
legge nazionale n. 47/85, un dato infatti era e rimane certo: il procedimen to di sanatoria delle opere abusive interferisce con una materia — quella penale — che è di esclusivo monopolio dello Stato (cfr. Corte cost. n. 6/56, Foro it., 1956,1, 1508; n. 21/57, id., 1957,1, 191; n. 39/57, id., Rep. 1957, voce Trentino-Alto Adige, n. 24; n. 51/57, ibid., voce Sicilia, n. 161; n. 58/57, id., 1957, I, 1590; n. 58/59, id., 1960, I, 10; n. 23/61, id., 1961, I, 892; n. 90/62, id., 1962,1, 2164; n. 26/66, id., 1966,1, 609; n. 210/72, id., 1973, I, 638; n. 79/77, id., 1977,1, 1341 e in Riv. it. dir. eproc.pen., 1979, 1132 con nota di Fuscm; n. 13/80, Foro it., 1980,1, 569 e in Giur. costit., 1980, I, 102 con osservazioni di Mangiameli).
Come hanno del resto posto in evidenza i primi commentatori della l.n. 47/85 (cfr. Grassi, in Legislazione pen., 1985, 548 s.), proprio l'inerenza della sanatoria alla disciplina penale costituisce la principale ragione di fondo che ha suggerito al legislatore nazionale di escludere la «sanatoria delle opere abusive» dalla competenza normativa delle regioni, sia di diritto comune che a statuto speciale: tale esclusione discende esplicitamente dall'art. 1 1. n. 47/85 che, mentre, da un lato, autorizza le regioni ad emanare norme in materia di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia e di sanzioni am
ministrative, mantiene, dall'altro, invece ferme le disposizioni di cui al ca
po IV della stessa legge, relative appunto al procedimento di sanatoria e cosi riservandolo alla competenza esclusiva della legislazione statale.
Il tipo o modello di interferenza venuto nel caso di specie al vaglio della
Consulta, è riassumibile nel modo seguente. La recente legge nazionale sul condono subordina il rilascio della concessione in sanatoria al pagamento di una oblazione, e la intera corresponsione di quest'ultima produce nello stesso tempo l'effetto di estinguere il reato contravvenzionale urbanistico
precedentemente commesso (per un commento a questa nuova disciplina cfr.
Severino,ibid., 639; si veda altresì, con riferimento alla fase preparatoria della nuova legge, Grosso, in Foro it., 1984, V, 299). La legge regionale siciliana oggetto di censura, proponendosi invece di svincolare la conces sione in sanatoria dal pagamento dell'oblazione («il mancato pagamento dell'oblazione non è ostativo al rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria»), avrebbe finito col configurare un meccanismo di condono
sprovvisto di quella efficacia estintiva preveduta dal legislatore statale: ora, stante lo strettissimo nesso di interdipendenza nell'ambito della 1. n. 47/85 tra regolamentazione amministrativa e regime penale, è evidente che una
disciplina come quella prefigurata nella leggina impugnata si sarebbe tra
dotta, non solo in una diversa articolazione della tutela amministrativa, ma
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