+ All Categories
Home > Documents > sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini

sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: vuongdang
View: 216 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
4
sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 375/376-379/380 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177041 . Accessed: 28/06/2014 18:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.175 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini

sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. MeniniSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 9 (SETTEMBRE 1983), pp. 375/376-379/380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177041 .

Accessed: 28/06/2014 18:27

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 46.243.173.175 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:44 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini

PARTE SECONDA

I

TRIBUNALE DI RIMINI; sentenza 24 maggio 1983; Pres. Ri

ghi, Est. Cetro; imp. Menini.

TRIBUNALE DI RIMINI;

Armi e materie esplodenti — Arma-giocattolo priva di tappo rosso

incorporato — Detenzione e porto — Reato — Insussistenza

(L. 18 aprile 1975 n. 110, norme integrative della disciplina

vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli

esplosivi, art. 5).

Non costituisce reato la detenzione od il porto in luogo pubblico di un'arma-giocattolo priva del prescritto tappo rosso incorpora

to, essendo entrambi i precetti contenuti nel 4° comma dell'art. 5

l. 18 aprile 1975 n. 110 destinati unicamente ai fabbricanti di

armi-giocattolo e dovendosi la loro violazione conseguentemente ascrivere alla categoria dei reati cosiddetti « propri ». (1)

II

PRETURA DI MORBEGNO; sentenza 13 novembre 1982; Giud.

A. Martinelli; imp. Bertera.

Armi e materie esplodenti — Arma-giocattolo priva di tappo rosso

incorporato — Porto in luogo pubblico — Reato — Insussi

stenza (L. 18 aprile 1975 n. 110, art. 5).

Non costituisce reato il porto in luogo pubblico di un'arma-giocat tolo con canna priva del prescritto tappo rosso incorporato, essendo il precetto di cui al 4" comma dell'art. 5 l. 18 aprile 1975 n. 110 destinato unicamente ai fabbricanti di armi-giocatto lo e dovendosi la sua violazione conseguentemente ascrivere alla

categoria dei reati cosiddetti « propri ». (2)

III

PRETURA DI DESIO; ordinanza 10 maggio 1982; Giud. Dosi;

imp. Frigerio ed altra.

Armi e materie esplodenti — Armi-giocattolo — Necessità di

tappo rosso « incorporato » — Mancata precisazione del re

quisito della « non esigibilità » — Questione non manife

stamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3; 1. 18

aprile 1975 n. 110, art. 5).

Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame al

la Corte costituzionale) la questione di legittimità costituzionale

dell'art. 5, 4° comma, l. 18 aprile 1975 n. 110 nella parte in cui, nello stabilire che le armi-giocattolo devono avere l'estremità

della canna occlusa da un tappo rosso incorporato, non specifica che il termine « incorporato » deve intendersi nel senso di « comunque non estraibile », in riferimento all'art. 3 Cost. (3)

(1-2) In senso difforme cfr. le ordinanze di Pret. Rimini 29 maggio 1982, Trib. Ravenna 10 febbraio 1982 e Pret. Poggibonsi 17 luglio 1980, citate nella nota (3).

In dottrina opinione conforme a quella delle decisioni in epigrafe è espressa da Mori, La nuova disciplina delle armi, in Giusi, pen., 1977, I, 259. In senso contrario v. Vigna-Bellagamba, Armi, munizioni, esplosivi, Milano, 1981, 247, secondo i quali soltanto la prima parte dell'art. 5, 4° comma, 1. n. 110/75 integrerebbe un reato «proprio» del fabbricante, mentre la violazione del secondo inciso dovrebbe ritenersi reato comune, attesa la ratio della disposizione, intesa ad assicurare in ogni circostanza l'immediata riconoscibilità delle armi giocatolo e ad eliminare qualsiasi rischio di confusione tra queste e le armi vere e proprie.

Quanto aWobiter dictum di Pret. Morbegno secondo cui il porto fuori della propria abitazione di armi giocattolo sprovviste di tappo rosso potrebbe, in particolari circostanze, integrare la fattispecie di cui all'art. 4, 2° comma, 1. n. 110/75, dovendosi l'arma giocattolo sussumere nel concetto di « qualsiasi altro strumento ... chiaramente utilizzabile ... per l'offesa della persona » in forza della ritenuta equiparazione dell'offesa psichica a quella fìsica, si rammenta che, con deliberazione 7 ottobre 1976, la locuzione « offesa alla persona » è stata dalla commissione consultiva centrale per il controllo delle armi, di cui all'art. 6 1. cit., sia pure in relazione alla classificazione delle armi ad aria compressa, intesa come riferita esclusivamente all'integrità fìsica del corpo umano.

(3) (Per altre questioni di legittimità costituzionale sollevate In ordine all'art. 5, 4° e 6° comma, 1. n. 110/75, v. le ordinanze di Pret. Rimini 29 maggio 1982 (Gazz. uff. 30 marzo 1983, n. 88) e Trib. Ravenna 10 febbraio 1982 {id 28 luglio 1982, n. 206 e in Giur. costit., 1982, II, 941), in punto di pretesa irrazionalità del trattamento sanzionatorio riservato all'ipotesi di detenzione di arma giocattolo sprovvista di tappo rosso rispetto a quello meno grave previsto, previa applicazione dell'attenuante di cui all'art. 5 1. n. 895/67 per l'ipotesi di detenzione di arma comune da sparo; nonché 'Pret. Poggibonsi, ord. 17 luglio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce Armi, n. 38, circa la previsione di identica pena per chi detiene nella propria abitazione un'arma giocattolo priva

I

Motivi di fatto e di diritto. — L'imputato, a sostegno dell'inter

posto appello, ha dedotto che le norme incriminatrici di cui all'art.

5, 4° comma, ult. parte, 1. n. 110/75 si rivolge esclusivamente ai

fabbricanti dell'arma giocattolo e non già al comune privato. Il

reato previsto da tale norma deve, quindi, essere qualificato come

reato « proprio » in forza sia dell'interpretazione letterale sia

dell'interpretazione sistematica della norma.

Pertanto l'appellante ha domandato, in riforma della impugnata

sentenza, l'assoluzione perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

All'odierno pubblico dibattimento, celebrato in contumacia del

l'imputato, le parti concludevano come in atti.

La sentenza appellante va riformata.

Le armi giocattolo, o, rectius, i giocattoli riproducenti armi,

poiché hanno come caratteristica intrinseca la inettitudine a recare

offesa e come destinazione naturale lo svago dei piccoli, restano

sottratte alla disciplina che le varie leggi dettano in materia di

armi vere e proprie. Al fine di evitare, tuttavia, che tali pseudo armi possano comunque costituire pericolo per la integrità fisica

dei piccoli destinatari di esse e, soprattutto, al fine di evitare che

mediante opportune modifiche le stesse possano essere trasformate

in vere e proprie armi, dotate cioè di capacità offensiva, il

legislatore, all'art. 5 1. 110/75, 4° comma, 1* parte, ha prescritto che i giocattoli riproducenti armi non possono essere fabbricati

con l'impiego di tecniche e di materiali che ne consentano la

trasformazione in armi da guerra o comuni da sparo o che

consentano l'utilizzazione del relativo munizionamento o il lancio

di oggetti idonei all'offesa della persona. La parte seconda dello stesso comma dell'art. 5 cit. prescrive

che (tali giocattoli) devono inoltre avere la estremità della canna

parzialmente o totalmente occlusa da un visibile tappo rosso

incorporato. In ordine alla identificazione del soggetto attivo dei reati puniti

dall'ultimo comma dell'art. 5 cit., mentre i soggetti diversi dal

fabbricante non possono essere soggetti attivi delle ipotesi crimi

nose previste dalla norma con riferimento alla fabbricazione (parte

prima del 4° comma), si pone la questione se il precetto di cui alla

parte seconda dello stesso comma possa avere come destinatari

anche persone diverse dal fabbricante.

Il pretore, confortato da autorevole dottrina e da conforme

interpretazione da parte di giudici di merito (cfr. Pret. Poggibonsi 17 luglio 1980, Foro it., Rep. 1981, voce Armi, n. 38) ha ritenuto

che la norma contestata non operi distinzione alcuna in ordine al

trattamento penale, tra le figure del fabbricante, e del detentore e

del portatore della c.d. arma-giocattolo. Tale interpretazione si fonda sul presunto argomento letterale

fornito dall'ultimo comma dell'art. 5 cit., là dove indica in « chiunque » non osservi la disposizione il reo, e che, per quanto attiene al tappo rosso di occlusione, non fa riferimento alla

fabbricazione, ma al semplice fatto che la pistola giocattolo « deve » avere la canna occlusa.

Il pretore osserva ancora che diversa interpretazione renderebbe

inutile il precetto normativo in quanto l'obbligo imposto al fabbricante risulterebbe completamente vanificato dalla possibilità

per chiunque di togliere il tappo rosso che ne consente, ictu oculi, l'identificazione come giocattolo, vanificando lo scopo della norma.

L'interpretazione data dal pretore alla norma incriminatrice è erronea.

In primo luogo, per stabilire se una norma configuri un reato comune o un reato proprio, non è sufficiente arrestarsi alla mera

espressione del destinatario della sanzione, considerando della

prima specie tutti quei reati l'enunciazione dei quali si inizia con

la parola « chiunque ». È necessario, invece, una analisi di tutta la

norma incriminatrice per accertare se il reato possa o meno essere commesso da qualsiasi persona, oppure soltanto da chi rivesta una data qualità o si trovi in una certa situazione: cosi, ad es., deve

ritenersi proprio il reato previsto dall'art. 251 c.p., di inadempi mento di contratti di forniture in tempo di guerra, per quanto la

legge usi l'espressione « chiunque ». Dal contesto della disposizio ne, infatti, si desume che autore di tale reato può essere soltanto un contraente.

Peraltro, l'argomento desunto dal pretore dalla espressione

di tappo rosso incorporato e per chi, invece, la produce o la porta in luogo pubblico.

La delimitazione dell'ambito di operatività dell'attenuante di cui all'art. 5 1. 2 ottobre 1967 n. 895 ai fatti di lieve entità relativi alle sole armi da guerra o comuni da sparo è stata ritenuta costituzionalmente legittima da Corte cost. 22 ottobre 1982, n. 167, id., 1983, I, 586, con nota di richiami di Gironi.

This content downloaded from 46.243.173.175 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:44 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini

GIURISPRUDENZA PENALE

« chiunque » di cui all'art. 5 cit. non giova, in quanto l'espressio ne è riferita non solo all'ipotesi della parte seconda, ma altresì

alle ipotesi criminose della parte prima del 4° comma, ipotesi

queste ultime per tabulas riferibili soltanto al fabbricante.

Invero dalla esegesi letterale della norma emerge un nesso

logico tra le due disposizioni, ricomprese peraltro nell'ambito dello stesso 4° comma, fatto palese dall'avverbio « inoltre » che altro

non può significare se non l'ampliamento delle prescrizioni impo ste ai fabbricanti al fine del rispetto del divieto di trasformabilità

di giocattoli in armi, enunciato nella rubrica della norma.

Inoltre le parole usate « occlusione della canna » e « incorpora zione » operano un riferimento ad operazioni tecniche di produ zione volte a rendere il tappo rosso non già semplicemente

appoggiato o infilato nella canna sebbene costruito in modo tale

da risultare un corpo unico con la canna, donde la non facile

estraibilità del tappo.

L'espressione « chiunque », acquista, quindi, un significato on

nicomprensivo nell'ambito particolare dei fabbricanti rivolgendosi la norma sia al produttore industriale che a quello artigianale, sia

all'imprenditore che al fabbricante occasionale, ecc.

Pertanto il soggetto attivo delle ipotesi criminose previste dal 4°

comma, parte 1* e 2», dell'art. 5 cit. va individuato soltanto in

colui che fabbrica i giocattoli riproducenti armi senza osservare le

prescrizioni ivi contenute; i reati prevedutisi dalla norma devono

quindi qualificarsi come reati propri. Tale interpretazione è confermata altresì dall'art. 38 della stessa

legge relativa alla applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 5

concernenti i giocattoli, con il decorso di un anno dal giorno di

entrata in vigore della legge. Tale norma, che non distingue tra le

varie disposizioni di cui all'art. 5, e, che quindi, concerne anche le

prescrizioni relative al tappo rosso, si giustifica soltanto se ha

come unici destinatari i fabbricanti i quali hanno bisogno di un

intervallo di tempo per adeguare i materiali, le tecniche di

fabbricazione ed i macchinari ai fini del rispetto delle prescrizioni normative riguardanti i giocattoli.

Parimenti può essere addotto, l'argomento logico sistematico che

si desume dal 5° comma dell'art. 5, secondo cui nessuna limitazio

ne è posta all'aspetto dei giocattoli riproducenti armi destinate alla

esportazione; norma che parimenti non distingue in materia di

prescrizioni di cui al precedente comma ed ha come destinatari i

fabbricanti.

Per mera completezza esegetica si osserva infine come le norme

incriminatrici speciali di cui al 4° comma dell'art. 5 si riferiscano

unicamente alla foggia, alle caratteristiche e quindi all'aspetto dei

giocattoli riproducenti armi senza operare alcuna correlazione tra

il giocattolo ed il suo proprietario, detentore, portatore o traspor

tatore, mentre tale correlazione è tipica di tutte le norme incrimi

natrici in materia di armi vere e proprie. In tali ultime fattispecie

viene punito chiunque « detenga », « porti » ovvero « trasporti »

ovvero « alteri » un'arma vera e da tale nesso sorge un precetto che pone in relazione il, soggetto e l'arma. Nella ipotesi, invece,

del 4° comma, T parte, dell'art. 5 tale condizione manca onde, a

voler accedere alla interpretazione del reato « comune » e non già « proprio », sarebbe in tal caso soggetta a pena qualsiasi condotta

di relazione con il giocattolo sia essa di proprietà, di detenzione,

di porto: inoltre sorgerebbe per il possessore l'obbligo giuridico di

reincorporare il tappo che per avventura si sia staccato dalla

canna, ecc., mentre se effettivamente il legislatore avesse voluto

punire la detenzione, il porto, o l'alterazione della arma-giocattolo

priva dei requisiti prescritti, avrebbe dovuto fare ricorso alla

formulazione espressa dalle singole condotte criminose con le

relative graduazioni di pena.

L'imputato deve essere assolto perché il fatto non costituisce

reato.

II

Fatto e diritto. — Con rapporto in data 18 marzo 1982 i

carabinieri di Traona denunciavano a questo pretore Bertera

Massimo, tra gli altri, per il reato di porto abusivo di armi da

fuoco.

In data 11 ottobre 1982 in seguito all'esame degli atti e agli

accertamenti di rito questo giudice emetteva decreto ex art. 74

c.p.p. in quanto l'arma, portata dall'imputato in luogo pubblico, non

era altro, come si evinceva dallo stesso rapporto, che un giocattolo

cui il predetto, incensurato, aveva tolto il tappo rosso e che stava

mostrando tranquillamente a un gruppo di amici.

In data 19 ottobre 1982 il procuratore della repubblica di

Sondrio, ai sensi art. 74, ult. comma, c.p.p., disponeva procedersi

in ordine alla condotta posta in essere dal Bertera in quanto

sanzionata dall'art. 5, 6° comma, 1. 110/75.

Il Bertera venne perciò tratto a giudizio, in seguito alla

suesposta richiesta, per rispondere del reato ascrittogli in rubrica. Osserva questo giudicante che la condotta posta in essere dal

prevenuto non è prevista dall'ordinamento giuridico penale come reato. Recita infatti l'art. 5.. 6° comma, 1. 110/75 «chiunque non osserva le disposizioni del precedente 4° comma è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da lire centomila a lire un milione », disponendo il 4° comma « i giocattoli riprodu centi armi non possono essere fabbricati con l'impiego di tecniche e di materiali che ne consentano la trasformazione in armi da

guerra o comuni da sparo o che consentano l'utilizzo del relativo munizionamento o il lancio di oggetti idonei all'offesa della

persona. Devono inoltre avere la estremità della canna parzialmen te o totalmente occlusa da un visibile tappo rosso incorporato ».

Orbene non pare revocabile in dubbio che il reato in esame

appartenga alla categoria dei e d. reati « propri ».

Infatti il reato de quo, per la sua intrinseca natura, desumibile dal combinato disposto del 4° e 6° comma dell'art. 5 1. 110/75, esige, per la sua sussistenza, una determinata posizione di fatto

dell'agente. Precisamente la pena inflitta dal 6° comma citato per chi viola le disposizioni del 4° comma non può, palesemente, che riferirsi al fabbricante, unico soggetto menzionato nel richiamato 4° comma. Non è dubbio che l'intero disposto del 4° comma

dell'art. 5 si riferisca esclusivamente a chi fabbrica armi giocattolo e perciò non può che essere violato (6° comma) da chi tali

giocattoli fabbrica.

Nulla rileva che il 4° comma sia stato spezzato in due periodi dal legislatore in quanto, anche se il secondo di questi ultimi non

ripete le parole « non possono essere fabbricati » ma recita « devono inoltre avere le estremità della canna parzialmente o

totalmente otturata...» appare chiaro che, sia per il contesto

normativo, che soprattutto per quello logico-letterale (il collega mento soggettivo concernente gli agenti delle attività previste dai due periodi citati è infatti fornito dall'avverbio inoltre) la canna dei giocattoli in esame deve essere totalmente o parzialmente occlusa solo esclusivamente dal fabbricante.

Non vale, a parere dello scrivente, a contestare la tesi suesposta, arrestarsi all'espressione letterale della legge, considerando reato

comune il fatto esaminato, poiché l'enunciazione dello stesso inizia con la parola « chiunque ». Occorre al proposito, secondo giuris prudenza e dottrina, esaminare la norma incriminatoria al fine di

stabilire se il reato può essere realizzato da un quivis de populo ovvero soltanto da un soggetto qualificato da specifiche caratteri stiche giuridiche o di fatto.

Nel nostro ordinamento infatti si possono rinvenire altre ipotesi

analoghe a quella esaminata: l'art. 252 c.p. (frode in forniture in

tempo di guerra) ad es. recita « chiunque, in tempo di guerra, commette frode nei contratti di forniture ... è punito ... », laddo

ve è palese che, per quanto la legge usi l'espressione chiunque, si

desume che l'autore del reato in oggetto può essere solo un

contaente. Il fatto criminoso in parola, perciò, deve, secondo

pacifica interpretazione, essere sussunto nell'ambito dei reati pro

pri. D'altro canto una lettura dell'art. 5 1. 110/75 orientata a definire

il reato de quo « comune » adombra forti sospetti sulla costituzio

nalità della norma medesima. Invero, nel minimo, la pena edittale

sancita per la detenzione di armi comuni da sparo, ai sensi degli art. 2 e 7 1. 2 ottobre 1967 n. 895, modificata dalla 1. 14 gennaio 1974 n. 87, sarebbe inferiore (8 mesi), a quella stabilita per la detenzione di un'arma giocattolo priva del prescritto tappo rosso.

Addirittura, in presenza dell'attenuante di speciale tenuità di cui

all'art. 5 1. 895/67 (ad es.: detenzione di una sola rivoltella di

piccolo calibro) anche il massimo della pena da infliggere sarebbe

inferiore (art. 2, 5, 7 1. cit.) a quello stabilito per la detenzione di

una qualsiasi arma giocattolo priva del prescritto tappo rosso (tre

anni). Occorre poi aggiungere che l'attenuante di cui all'art. 5, 1.

cit. non sarebbe applicabile, come è già stato notato (ord. Trib.

Ravenna del 10 febbraio 1982 su G. U. 206/82) all'ipotesi criminosa per cui si procede. Se è vero quanto sopra esposto non

sfugge la patente violazione del disposto dell'art. 3 Cost., in

quanto sarebbe decisamente irragionevole una tale disparità di

trattamento in pregiudizio di chi detiene un'arma giocattolo nei

confronti di chi invece detiene un'arma vera.

Queste ulteriori considerazioni orientano vieppiù lo scrivente a

optare per la definizione di « proprio » del reato per cui si sta

procedendo non sembrando contestabile che il giudice debba

privilegiare, tra due possibili interpretazioni, quella che, oltre a

rispettare il senso letterale e logico della norma, si armonizzi coi

principi costituzionali.

Posta, dunque, la liceità del mero porto e della semplice detenzione delle armi giocattolo sprovviste del prescritto tappo

This content downloaded from 46.243.173.175 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:44 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 24 maggio 1983; Pres. Righi, Est. Cetro; imp. Menini

PARTE SECONDA

rosso non si può obliterare l'ipotesi in cui, sussistendo determina

te condizioni, anche l'uso dell'arma giocattolo priva del tappo rosso possa dar luogo a condotte penalmente apprezzabili.

Si faccia, ad es., l'ipotesi di chi, pregiudicato, per reati vari

contro il patrimonio venga colto, in tempo di notte, con addosso

un'arma-modello priva del prescritto tappo rosso. È noto che

l'arma-modello per le sue caratteristiche strutturali sembra una

vera e propria arma comune, idonea, in forza di ciò, ad esercitare

quella coazione psichica propria delle armi vere. Quid iuris? Posta

la insussistenza dell'ipotesi criminosa di cui all'art. 5 1. 110/75, in

quanto norma applicabile solo al fabbricante, si potrebbe far

rientrare il caso di specie nell'ambito dell'art. 4 1. cit. Bene è

infatti stato ritenuto (Pret. Torino 5346/82 del 4 giugno 1982) che

il porto fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, di

tale arma giocattolo sia sussumibile nel concetto di porto di altro

strumento non considerando espressamente come arma da punto o

da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di

luogo per l'offesa della persona. Appare indubbio che per « offesa

alla persona » possa intendersi tanto l'offesa fisica che quella

psichica. La questione comunque esula da quella affrontata nel presente

giudizio e non merita perciò approfondimento in questa sede.

Il Bertera, che è persona incensurata, infatti, come risultava dal

rapporto ed è emerso a dibattimento, mostrava l'arma giocattolo,

priva del tappo rosso, del tutto tranquillamente agli amici e in un

luogo illuminato.

In considerazione di quanto sopra esposto l'imputato va manda

to assolto.

Ili

Visti gli atti del procedimento penale a carico di Frigerio Vittorio e Frigerio Giovanna, imputati del 'reato di cui agli art.

110 c.p. e 5, 4° e 6° comma, 1. n. 110/75 per aver prodotto e posto in commercio in qualità di contitolari della ditta Bruni di

Palazzolo Milanese pistole giocattolo denominate Olimpie con

tappi rossi non incorporati all'estremità delle canne, commesso in

Palazzolo Milanese fino al 20 gennaio 1982; acquisite le risultanze

processuali, ritiene d'ufficio di dover sollevare la questione di

costituzionalità, non manifestamente infondata e rilevante per il

giudizio in corso, con riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 5, 4°

comma, 1. 18 aprile 1975 n. 110, nella parte in cui non specifica che la parola « incorporato » debba intendersi nel senso di « comunque non estraibile ».

In data 21 febbraio 1981 agenti della questura di Torino

fermavano un giovane in atteggiamento sospetto in possesso di

una pistola Olimpie che « non aveva il tappo rosso incorpora to... ma facilmente estraibile». Il Pretore di Torino procedeva nei confronti del giovane fermato e trasmetteva per competenza al

Pretore di Desio gli atti relativi alla fabbricazione di detta pistola da parte della ditta Bruni corrente in Palazzolo Milanese.

Tratti a giudizio con rito ordinario, i contitolari della ditta

costruttrice della pistola si difendevano dal reato loro contestato

in epigrafe sostenendo un'interpretazione della norma penale: affermano che l'art. 5, 4° comma, della legge sulle armi con la

parola « incorporato » non intenda riferirsi alla « non estraibilità »

del tappo rosso da collocare all'estremità della canna e con ciò

reclamano la loro innocenza.

L'arma sequestrata è catalogata « oggetto di segnalazione acusti ca », è costruita in zinco ed alluminio, ma viene venduta alle armerie come arma giocattolo. Essa è predisposta per sparare cartucce a salve per segnalazioni acustiche ma poiché il munizio

namento non può essere venduto a corredo dell'arma nella

versione « giocattolo », viene ceduta alle armerie e non ai nego zianti di giocattoli. Tuttavia ha il tappo rosso all'estremità che, come è stato provato, è facilmente estraibile.

A parte le questioni legate alla inquadrabilità dell'arma in

sequestro tra le « armi-giocattolo », questione che lo scrivente

ritiene pacifica, ritiene il giudicante che per motivi facilmente

intuibili legati alla propria attività commerciale gli imputati si

siano trincerati dietro una interpretazione di comodo della norma

tiva sulle armi.

Il 4° comma dell'art. 5 1. n. 110/75 non specifica niente più oltre

l'espressione « incorporato » ma è evidente che con tale parola abbia inteso riferirsi al concetto di « non estraibilità » altrimenti la

precisazione non sarebbe idonea a caratterizzare la specificità dell'arma come destinata unicamente al divertimento. La particola re insidiosità commerciale del comportamento tenuto dagli imputa ti consente di ritenere che essi si trincerino coscientemente dietro una lacuna della normativa, lacuna che sarebbe colmata se alla

parola « incorporato » il legislatore avesse aggiunto « comunque non facilmente estraibile ».

Poiché nell'interpretazione della dottrina e della giurisprudenza la questione ha oscillazioni applicative tali da ritenere che l'inter

prete possa aderire all'una o all'altra interpretazione con identiche

probabilità di successo, lo scrivente ritiene di dover segnalare la

questione come contrastante con i principi di certezza del diritto e

di uguaglianza ricavabili dall'art. 3 Cost, nel senso che il legislato re non ha fornito un testo della norma idoneo alla ratio che ispira la disciplina delle armi giocattolo.

TRIBUNALE DI ORISTANO; sentenza 27 aprile 1983; Pres.

Segneri, Est. Barbalinardo; imp. Serra.

TRIBUNALE DI ORISTANO;

Segreti (reati contro la inviolabilità dei) — Soppressione di cor

rispondenza commessa da persona addetta al servizio delle

poste — Omissione di atti di ufficio — Concorso apparente di norme — Sussistenza (Cod. pen., art. 15, 328, 619).

L'addetto al servizio postale che omette di recapitare e poi getta via la corrispondenza affidatagli per la consegna, risponde del

reato di soppressione di corrispondenza commessa da persona addetta al servizio delle poste (cosi qualificato il fatto come

inizialmente contestato di appropriazione indebita aggravata) e

non anche di omissione di atti di ufficio (nella specie, si è

ravvisato un concorso apparente di norme risolubile sia in base

al principio di specialità che in base al principio di « con sunzione »). (1)

Fatto e diritto. — 11 procuratore della repubblica presso questo tribunale, all'esito dell'istruzione sommaria, chiese che nei confron ti di Carmelo Serra venisse emesso decreto di citazione a giudizio perché, dinanzi a questo collegio, rispondesse dei delitti in

epigrafe descritti.

All'odierno dibattimento, l'imputato è stato interrogato e i

testimoni sono stati escussi; fatte le letture consentite, p.m. e

difensore hanno concluso come dal verbale. Il collegio ritiene che l'imputato si è reso responsabile del solo

delitto previsto e punito dall'art. 619 c.p. Dal dibattimento, in punto di fatto, è emerso quanto segue. 11 20 aprile 1982, di pomeriggio, Bachisio Campus, nel rovistare

tra i rifiuti della « Casa dello studente » di Macomer alla ricerca, come tutti i giorni, di resti di cibo da somministrare ai propri cani

(1) Non risultano precedenti in termini editi. La sentenza si segnala perché contribuisce ad incrementare il numero

delle pronunce giurisprudenziali — fino ad ora invero tutt'altro che frequenti — inclini a risolvere il concorso apparente di norme in base ad un esplicito richiamo al « principio di consunzione » {la giurispru denza, per risolvere il concorso apparente, quasi sempre fa espresso rinvio al principio di « specialità », il che si spiega anche tenendo conto che si tratta del solo principio sancito in modo espresso dal codice penale): per un'altra recente ipotesi cfr. Cass. 9 marzo 1981, Fontana, (Foro it., Rep. 1982, voce Legge penale, n. 15), dove si afferma che « la consunzione si ha quando per identità, se non del preciso bene giuridico tutelato, degli scopi prevalenti perseguiti dalle norme concor renti, lo scopo della norma che prevede un reato minore sia chiaramen te assorbito da quello relativo ad un reato più grave, il quale esaurisca il significato antigiuridico del fatto, sicché appaia con evidenza inam missibile la duplicità di tutela e di sanzione in relazione al principo di proporzione tra fatto illecito e pena che ispira il nostro ordinamento ».

La sentenza in epigrafe sembra, invero, recepire il principio di consunzione nella stessa accezione e con gli stessi svolgimenti argomen tativi rinvenibili in quella parte della più recente dottrina che con maggiore sforzo di approfondimento ha difeso l'autonomia del suddetto principio: cfr. Pagliaro, Principi di diritto penale, parte generale, Milano, 1980, 197; Id., Relazioni logiche ed apprezzamenti di valore nel concorso di norme penali, in Indice pen., 1976, 217. Contra, da ultimo, De Francesco, « Lex specialis », specialità ed interferenza nel concorso di norme penali, Milano, 1980, passim.

In dottrina, nel senso che nel reato di soppressione di corrispon denza è sempre implicita la violazione di un dovere funzionale, v. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano, 1981, I, 200.

In argomento va peraltro ricordato che la giurisprudenza ammette, invece, la possibilità del concorso di reati fra la soppressione di corrispondenza e la malversazione a danno di privati, nell'ipotesi in cui l'addetto si impadronisca di valori racchiusi nella corrispondenza stessa (Cass. 5 giugno 1963, Polidori, Foro it., Rep. 1964, voce Segreti (delitti contro la inviolabilità dei), n. 6.)

Sulla differenza fra « soppressione » e « distruzione » di corrisponden za, v. Cass. 20 giugno 1969, Maffei, id., Rep. 1970, voce cit., n. 7; circa la natura di reato autonomo della più grave ipotesi prevista all'art. 619 c.p., v. Cass. 3 dicembre 1973, Polsinelli, id., Rep. 1974, voce cit., n. 3, entrambe citate nella sentenza in epigrafe.

This content downloaded from 46.243.173.175 on Sat, 28 Jun 2014 18:27:44 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended