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sentenza 24 maggio 1985; Giud. Brusco; Banca popolare di Novara (Avv. Murtula, Scolari) c....

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sentenza 24 maggio 1985; Giud. Brusco; Banca popolare di Novara (Avv. Murtula, Scolari) c. U.i.b.-U.i.l., F.i.s.a.c.-C.g.i.l., F.i.b.-C.i.s.l., F.a.b.i. (Avv. Paolillo) Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2441/2442-2445/2446 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23178024 . Accessed: 24/06/2014 21:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.96 on Tue, 24 Jun 2014 21:42:39 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 24 maggio 1985; Giud. Brusco; Banca popolare di Novara (Avv. Murtula, Scolari) c.U.i.b.-U.i.l., F.i.s.a.c.-C.g.i.l., F.i.b.-C.i.s.l., F.a.b.i. (Avv. Paolillo)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 2441/2442-2445/2446Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178024 .

Accessed: 24/06/2014 21:42

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

realizzare il principio costituzionale di eguaglianza; ha, inoltre,

rilevato che la disciplina normativa vigente, con l'attribuire rile

vanza esclusiva alla posizione paterna, lede da più punti di vista

la posizione giuridica della madre, nei suoi rapporti con lo Stato

e con la famiglia, non potendosi, da un lato, contestare l'interesse

giuridicamente rilevante di costei a che anche i suoi figli siano

tnemhri della sua stessa comunità statale e possano godere della

tutela collegata a tale appartenenza, dall'altro la posizione di

totale eguaglianza, nei diritti e nei doveri, della donna nell'ambito

familiare. Pertanto, una volta escluso che l'esigenza di realizzare

l'unità familiare, mediante l'assoggettamento della moglie e del

marito alla medesima disciplina normativa in ordine ai rispettivi

status ed ai rapporti che ne derivano, possa prevalere sui

fondamentali principi di eguaglianza — e per quanto attiene alla

parità dei sessi e per quel che riguarda la posizione giuridica e

morale dei coniugi — e, nel contempo, che il rispetto delle regole del diritto internazionale privato possa giungere al punto di

ledere la posizione giuridica del soggetto nei suoi fondamentali

rapporti con lo Stato, è indubbio che la norma in esame si pone

in manifesto contrasto con l'art. 3, 1° comma, e con l'art. 29, 2°

comma, Cost.

Infatti1, sotto il primo profilo, si determina una palese di

scriminazione tra il coniuge italiano di sesso maschile, che

può contare sull'applicazione della legge italiana nei rapporti

nascenti dal matrimonio con uno straniero, e quello di sesso

femminile che deve sottostare alla legge nazionale dello sposo, con la inammissibile conseguenza che ove quest'ultima non pre Vede l'istituto del divorzio, costei, per il solo fatto di aver

contratto matrimonio con uno straniero, viene ad essere privata di una delle più significative forme di tutela collegate all'appar tenenza alla nostra comunità statuale, quale la possibilità di

riottenere il proprio stato libero quando il matrimonio è irrime

diabilmente distrutto, il che, invece, non si verifica nei confronti

del cittadino italiano di sesso maschile che venga a trovarsi nella

medesima situazione.

Sotto il secondo profilo, la norma di collegamento che

privilegia il marito, attribuendo alla sua legge la disciplina del

le relazioni interconiugali, crea una ingiustificata e non ra

gionevole disparità di trattamento fra i due coniugi, che -non

può essere risolta con ài semplice riferimento alla riserva

prevista nel dettato costituzionale a garanzia della unità familiare, sia perché il processo interpretativo avviato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, e recepito nella riforma del diritto di

famiglia, ha tolto ogni fondamento storico e logico al privilegio accordato alla posizione di capofamiglia del marito, sia perché la

norma non giova certo all'unità familiare quando è ormai defini

tivamente venuta meno la comunione materiale e spirituale che,

al di là di ogni fictio legis, costituisce l'essenza del vincolo

coniugale.

La costituzionalità o meno dell'art. 18 preleggi ha, poi, una

rilevanza immediata e necessaria sulla questione di cui oggi

questo tribunale è chiamato a decidere, giacché, dovendo in forza

dell'attuale formulazione di detta norma di collegamento, applicar si la legge del marito, cioè quella cilena, che non prevede l'istituto del divorzio, il giudizio dovrebbe concludersi con una

pronuncia di inammissibilità della domanda.

PRETURA DI GENOVA; PRETURA DI GENOVA; sentenza 24 maggio 1985; Gtiud.

Brusco; Banca popolare di Novara (Avv. Murtula, Scolari)

c. U.i.b.-U.i.l., F.i.s.a.c.-C.g.i.l., F.i.b.-C.i.s.l., F.a.b.i. (Avv. Pao lillo).

Sindacati — Condotta antisindacale — Trasferimento intracomuna

le di rappresentante sindacale aziendale dalla sede ad un'agen zia di banca — Sussistenza (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme

sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà

sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme

sul collocamento, art. 22, 28). Sindacati — Condotta antisindacale — Impedimento dell'accesso

ai locali aziendali di rappresentante sindacale — Sussistenza

(L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 14, 28).

Costituisce condotta antisindacale il trasferimento dalla sede ad

un'agenzia di banca, situata nello stesso comune, dell'unico

rappresentante di sezione aziendale sindacale che usufruisca

Il Foro Italiano — 1985.

di permessi retribuiti, senza il nulla-osta dell'associazione sin

dacale di appartenenza. (1) Costituisce condotta antisindacale l'impedire l'accesso nei locali del

l'azienda ad almeno un componente della rappresentanza sinda

cale aziendale durante lo svolgimento del lavoro straordina

rio. (2)

Motivi della decisione. — Due sono le situazioni di contrasto

tra le parti contrapposte che hanno dato luogo in un primo

tempo al ricorso ex art. 28 1. 300/70 da parte delle organizza zioni sindacali dei lavoratori e, dopo la pronuncia del decreto

pretorile, all'opposizione proposta dalla Banca popolare di Nova

ra-B.p.n.: 1) il trasferimento del dirigente sindacale Massimo Zon

za dalla sede di Genova della B.p.n. alla agenzia di Sampierdarena;

2) il diniego, opposto dalla B.p.n., all'accesso nei locali dell'azien

da da parte di componenti della r.s.a. del personale fuori dell'o

rario di lavoro, quando all'interno sono presenti altri lavoratori

che svolgono lavoro straordinario.

Le due situazioni meritano un separato esame. Circa il trasfe

rimento del dirigente s.a.s. F.i.s.a.c. - C.g.i.l. Zonza dalla sede

all'agenzia di Sampierdarena, le associazioni sindacali, sia in sede

di ricorso ex art. 28 1. 300/70, sia nell'attuale giudizio di

opposizione, hanno sostenuto l'illegittimità dello stesso ai sensi

dell'art. 22 1. 300/70, in quanto lesivo del diritto all'esercizio

dell'attività sindacale resa senza ragione alcuna se non impossibi

le, certamente notevolmente più difficoltosa. Invero con l'operato trasferimento il rappresentante sindacale viene allontanato dal

luogo ove svolge prevalentemente la sua attività sindacale e

inserito in una realtà periferica spesso avulsa dalle tematiche

oggetto dell'attività sindacale e messo in gravi difficoltà a svolgere il suo mandato, tenuto conto della limitatezza dei permessi (10 ore mensili) e del tempo ogni volta occorrente per raggiungere dal posto di lavoro la sede.

La B.p.n. ritiene, invece, perfettamente legittimo il trasferimen

to dello Zonza operato senza il nulla-osta dell'associazione sin

dacale di appartenenza, in quanto, ai sensi dell'art. 9 della

convenzione 18 giugno 1970 per i diritti e le relazioni sindacali,

stipulata tra l'Assicredito e i sindacati dei lavoratori, il complesso delle dipendenze comunque denominate (sedi, filiali, succursali,

agenzie, uffici, ecc.) operanti nell'ambito dello stesso comune

(1) La sentenza, la cui motivazione è stata redatta dall'uditore giudiziario Giuseppe Dagnino, si colloca in quel filone giurisprudenziale per il quale è legittima la identificazione da parte della contrattazione collettiva della nozione di unità produttiva di cui all'art. 22 1. 300/70 nel complesso di dipendenze operanti nel medesimo ambito comunale (v. Cass. 19 novembre 1984, n. 5920, 13 novembre 1984, n. 5735, Foro it., 1985, I, 758, con nota di richiami, cui adde, nello stesso senso, Trib. Pisa 19 ottobre 1983, id., Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n.

1080; contra, per la necessità di nulla-osta ogni qualvolta il rappresentan te sindacale si trovi privato della base di cui è espressione, a prescindere dalla dimensione geografica, Pret. Milano, decr. 10 maggio 1983, Riv. giur. lav., 1984, li, 601, con nota di L. Fiori. In dottrina, M. Papaleoni, Sulla nozione di unità produttiva, nota a Cass. 13 novembre 1984, n. 5735, cit., in Giust. civ., 1985, I, 729). Si segnala, sul punto, il passo del la motivazione per il quale l'intervento giudiziale di declaratoria di nullità di clausola contrattuale collettiva deve essere limitato, specie ove non si tratti di lesione di diritti del singolo, alla ipotesi di evidente violazione di norme imperative di legge. Nonostante ciò, Pret. Genova perviene alla conclusione dell'antisindacalità del trasferimento di rappresentante sindacale aziendale dalla sede ad un'agenzia di una banca, sul rilievo del carattere non solamente processuale o sanziona torio dell'art. 28 1. 300 e del fatto che si trattava dello spostamento dal centro alla periferia dell'unico rappresentante di una s.a.s. che beneficiasse dei permessi retribuiti, con conseguenziale frapposizione di ostacolo all'attività sindacale.

È pure da evidenziare l'adesione a Cass. 6 giugno 1984, n. 3409 (Foro it., 1984, I, 2779, con nota di O. Mazzotta) sulla non necessarietà, ai fini dell'integrazione della condotta repressa dall'art. 28, dell'elemento psicologico, la cui esistenza, ad abundantiam (come è detto in sentenza), si ricava dalla assoluta mancanza di indicazione delle ragioni del trasferimento.

(2) Principio affermato sulla base di clausola contrattuale collettiva che prevedeva il diritto delle organizzazioni sindacali di ottenere comunicazione mensile relativa al numero di ore di lavoro straordina rio effettuate, e di prendere visione, tramite un componente della r.s.a., delle relative registrazioni, e della conseguenziale, assunta massima libertà nell'esercizio del diritto stesso (ove esso non intralci o pregiudi chi il normale svolgimento dell'attività aziendale).

Per la statuizione del diritto all'accesso incondizionato in azienda del delegato sindacale, anche se in c.i.g., Pret. Milano 23 novembre 1982, Foro it., 1983, I, 478, con nota di G. Silvestri; Pret. Cassano d'Adda 27 maggio 1983, id., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 2014.

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2443 PARTE PRIMA 2444

costituisce, ai fini della convenzione stessa, un'unica unità pro duttiva. Nel caso di specie, quindi, non vi sarebbe stato alcun trasferimento oggetto dell'art. 22 1. 300/70, bensì un semplice passaggio nell'ambito della stessa unità produttiva che non rien

tra, in quanto tale, nella sfera di efficacia del citato art. 22.

Sostengono a tal proposito le organizzazioni sindacali che se la norma dell'art. 9 della convenzione pretenda di considerare unica unità produttiva le varie unità produttive esistenti nello stesso

comune, la stessa viene a porsi in contrasto con le norme

previste dagli art. 13 e 35 (oltreché 22) dello statuto dei lavorato

ri, connotandosi in tal modo di nullità per contrasto con norme

imperative.

La legittimità del citato art. 9 della convenzione 18 giugno 1970 è stato oggetto di varie pronunce da parte sia di giudici di

merito, sia della Cassazione, la quale da ultimo con una recente sentenza (Cass. 11 novembre 1984, n. 5920, Foro it., 1985, I, 758) ha ritenuto la non contrarietà a norme imperative del suddetto articolo considerando la regolamentazione convenzionale una con

seguenziale applicazione della nozione di unità produttiva deri vante dalla legge. Tale soluzione si colloca sulla stessa linea già adottata dalla Cassazione con una sentenza di poco precedente a

quella surriportata (Cass. 13 novembre 1984, n. 5735, ibid., 760) che ha riconosciuto la legittimità dell'art. 2 conv. 24 giugno 1970

(convenzione per i diritti e le relazioni sindacali relativa alle casse

di risparmio e alle banche del monte) laddove prevede che negli istituti con meno di 200 dipendènti nell'ambito comunale l'unità

produttiva s'intende unica. La Suprema corte ha ritenuto la

legittimità di detta clausola pattizia, rilevando come essa concerna

direttamente gli interessi collettivi del sindacato e come spetti a

quest'ultimo « rilasciare il nullaosta per il trasferimento dei

dirigenti delle proprie rappresentanze aziendali, onde ad esso

deve coerentemente ritenersi attribuito il potere di determinare

convenzionalmente la nozione di unità produttiva, ai fini di cui si

tratta, non essendo configurabile nell'art. 22 1. 300/70, inequivo

camente dettato a tutela dell'autonomia organizzativa del sindaca

to medesimo, una norma inderogabile e limitativa del potere correlato a tale autonomia, la quale sia estrinsecabile tanto

mediante atti unilaterali di rilevanza interna quanto mediante

pattuizione collettiva ».

Questo giudicante, pur rilevando l'esistenza di diversi orienta

menti giurisprudenziali fondati su argomenti altrettanto plausibili, osserva ulteriormente che l'intervento dell'autorità giurisdizionale che dichiara la nullità di clausole pattizie, risolvendosi in un'in

terferenza e una modifica dell'equilibrio degli interessi raggiunto in sede collettiva, deve essere limitato, specie quando non si

tratti, come nel presente ca_so, di lesioni dei diritti del singolo

lavoratore, alle ipotesi d'i evidente violazione delle norme impera tive poste dal legislatore.

La affermata legittimità dell'art. 9 della convenzione non

importa, tuttavia, quale automatica conseguenza, il riconoscimento

del carattere non antisindacale della condotta tenuto dalla B.p.n. in occasione del trasferimento dello Zonza. Invero, come è stato

autorevolmente sostenuto (v. per es. Cass. 15 luglio 1983, n. 4850,

id., Rep. 1983, voce Sindacati, n. 150, e Cass. 16 febbraio 1984, n. 1176, id., Rep. 1984, voce cat., n. 176) l'art. 28 1. 300/70 non

rappresenta una mera norma processuale e sanzionatrice delle

violazioni di specifiche norme di legge, ben potendo ravvisarsi

l'antisindacalità nel comportamento del datore di lavoro che, pur non rientrando tra le ipotesi di « antisindacalità oggettiva » di' cui

ai titoli secondo e terzo della 1. 300/70, sia comunque diretto ad

impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindaca

le. E un attento esame della fattispecie porta alla conclusione che

il trasferimento del sindacalista Zonza operato dalla B.p.n. nel

formale rispetto della convenzione 18 giugno 70, presenta i

caratteri dell'antisindacalità. Invero lo Zonza era, al momento

dell'intimato trasferimento dalla sede all'agenzia di Sampierdare

na, l'unico rappresentante sindacale della s.a.s. F.i.s.a.c. - C.g.i.l. che beneficiasse dei permessi retribuiti.

I dirigenti sindacali delle altre s.a.s. aziendali erano addetti alla

sede di Genova. È fatto notorio che la sede, per essere ivi

concentrata la maggior parte dei lavoratori e, soprattutto, per la

presenza in loco della controparte delle organizzazioni sindacali1

di lavoratori, rappresenta il naturale centro e il fulcro dell'attività

sindacale. In tale situazione l'allontanamento dell'unico dirigente beneficiario dei permessi sindacali dalla sede e il suo trasferimen

to in una realtà periferica, quale è indubbiamente l'agenzia di

Sampierdarena, rappresentano un serio ostacolo frapposto dall'a

zienda all'esercizio dell'attività sindacale, che viene ad essere, se

non limitata, certamente resa più difficoltosa nelle sue esplicazio

II Foro Italiano — 1985.

ni. Basti pensare soltanto al tempo necessario per gli spostamenti

dall'agenzia alla sede e viceversa in occasione di incontri con la

direzione aziendale o con le altre s.a.s.; e ancora alle ridotte

possibilità per il dirigente sindacale di esercitare le facoltà

connesse al suo status (proselitismo, raccolta dei contributi, con

tatti con la base dei cui interessi è portatore) in una realtà

indubbiamente minore quale è l'agenzia di Sampierdarena rispetto

alla sede di Genova della B.p.n. Vi è ancora da osservare che la B.p.n., nell'operare il trasferi

mento, non ha indicato alcuna ragione tecnica, organizzativa o

produttiva giustificativa del provvedimento. E se è vero, come è

vero, che ai sensi dell'art. 2103 c.c., trattandosi, in virtù della

summenzionata convenzione, di unica unità produttiva, la B.p.n.

non era tenuta a giustificare lo spostamento dello Zonza con

comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive, è altret

tanto vero che l'assenza di qualsivoglia motivazione suscita,

quantomeno, perplessità circa gli obiettivi che la B.p.n. si

prefiggeva con il provvedimento, ingenerando la fondata impres sione che con tale atto l'attuale opponente abbia voluto dare una

« dimostrazione di forza » al sindacato dei lavoratori.

E in tal modo, il comportamento della B.p.n., antisindacale

sotto il profilo oggettivo per i motivi suesposti, risulterebbe tale

anche sotto l'aspetto soggettivo.

Ma l'accenno all'elemento psicologico, non a caso svolto in

forma dubitativa, è stato fatto ad abundantiam. In realtà « ai fini

della repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro

è sufficiente che la medesima risulti, sotto l'aspetto oggettivo,

lesiva, anche solo potenzialmente, dei diritti sindacali alla cui

tutela è preordinata la norma dell'art. 28 1. 300/70, senza necessi

tà che la condotta stessa sia, sotto l'aspetto soggettivo, caratteriz

zata dall'intenzione di conseguire un tale risultato». Tale concet

to è stato espresso con singolare chiarezza da una recente

sentenza della Cassazione (sez. lav. 6 giugno 1984, n. 3409, id.,

1984, I, 2779) che ha ribaltato, sottoponendolo a meditata e

radicale critica, l'orientamento sino allora prevalente che attribui

va preminente importanza non solo al requisito oggettivo della

idoneità della condotta, ma anche a quello soggettivo del colle

gamento teleologico fra comportamento ed effetto.

Tale conclusione appare al giudicante più rispettosa della ratio

dell'art. 28, evitando laboriose indagini circa la sussistenza dell'e

lemento psicologico, rese ancor più difficili dalla circostanza di

essere in presenza sovente di persone giuridiche che agiscono attraverso organi. Senza considerare che, accertato l'oggettivo carattere antisindacale di una condotta, il dolo, per esprimersi in

termini penalistici, è in re ipsa, almeno tutte le volte che il

datore di lavoro non giustifichi il suo comportamento con ragioni attinenti la disciplina del rapporto di lavoro.

Pertanto, alla luce delle considerazioni sopra svolte, il trasferi

mento del sindacalista Zonza dalla sede di Genova della B.p.n. alla agenzia di Sampierdarena va considerato quale espressione di

un comportamento del datore di lavoro diretto a impedire o

limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale, e sotto

questo aspetto, l'opposizione della B.p.n. al decreto pretorile deve

essere rigettata. Controllo dello straordinario. Quanto al secondo aspetto della

controversia, non si può fare a meno di rilevare come esso

sottenda implicazioni di portata ben più vasta della semplice verifica da parte dei sindacalisti delle prestazioni di lavoro

straordinario. In effetti, come emerge dagli atti difensivi delle

parti contrapposte, la materia del contendere non è tanto (o

soltanto) circoscritta alla sussistenza o meno del diritto da parte dei rappresentanti sindacali dei lavoratori di accedere all'interno

dei locali dell'azienda per verificare l'entità delle prestazioni di

lavoro straordinario nel momento stesso in cui le medesime

vengono svolte, ma assume connotazioni di ben più ampio

respiro, coinvolgendo i poteri stessi del datore di lavoro nell'or

ganizzare il lavoro e i contenuti e i limiti dell'attività sindacale

all'interno dei luoghi di lavoro. In effetti il vero contrasto tra le

parti verte intorno all'esistenza o meno del diritto in capo ai

rappresentanti sindacali di rimanere o accedere all'interno dei

locali dell'azienda per svolgere attività sindacale anche quando gli stessi hanno terminato il loro orario di lavoro.

E il conflitto che oggi si pone in merito al controllo dello

straordinario si potrebbe benissimo determinare circa l'ammissibi

lità o meno della raccolta di contributi o di effettuazione di

opera di proselitismo, o, più in generale, di qualsiasi manifesta

zione di attività sindacale all'interno dei luoghi di lavoro da

parte di rappresentanti sindacali fuori dell'orario di lavoro, ma

con i locali dell'azienda aperti perché vi sono altri lavoratori che

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

— per effettuare straordinario o turni di lavoro diversi — stanno

prestando attività lavorativa.

Ciò rilevato, per rimanere ancorati all'oggetto del presente conflitto si deve osservare che, non sussistendo norme di legge che assegnino ai sindacati una funzione -di controllo sull'effettua

zione di prestazioni di lavoro straordinario, l'unica fonte che

attribuisca una qualche competenza alle organizzazioni sindacali

di lavoro straordinario è l'art. 69 del c.c.n.l. 17 febbraio 1983,

pacificamente in vigore tra le parti. Tale norma, dopo aver

stabilito un limite massimo di ore per ciascun dipendente, rico

nosce la facoltà a ciascun lavoratore di verificare periodicamente il numero delle ore straordinarie segnate. In aggiunta a tale

facoltà in capo al singolo lavoratore, il citato articolo riconosce

alle organizzazioni sindacali dei lavoratori il diritto di ottenere

dall'azienda la comunicazione mensile relativa al numero com

plessivo delle ore di lavoro straordinario effettuate nell'ambito di

ogni singolo ufficio, servizio o dipendenza, specificando il numero

dei lavoratori che hanno effettuato dette prestazioni. È altresì

attribuita a un componente la rappresentanza sindacale del per sonale la facoltà di prendere visione delle registrazioni relative al

lavoro straordinario.

È inutile sottolineare l'importanza per il sindacato di tale

previsione contrattuale, meglio potendo articolare sulla base di

dati certi e incontrovertibili la propria strategia, in tema di

richiesta di nuove assunzioni e di diversa distribuzione del

personale tra i vari uffici e dipendenze. Ed è pure evidente la

necessità che i dati corrispondano alla reale situazione.

La norma prevede, quale forma di garanzia per il sindacato

circa la « genuinità » dei dati comunicati dal datore di lavoro, la

facoltà di prendere visione delle registrazioni relative al lavoro

straordinario, senza tuttavia disciplinare le modalità di concreto

esercizio della presa visione dei registri. Essendo la ratio di tale

previsione quella di consentire al sindacato il riscontro circa la

corrispondenza dei dati comunicati a quelli effettivi, nel silenzio

della norma, si deve riconoscere alle organizzazioni! sindacali, e in

particolare al delegato della s.a.s., la più ampia libertà circa le

modalità con le quali la presa visione delle registrazioni può essere effettuata, fermo restando, naturalmente, che l'esercizio di

tale diritto non deve comportare intralcio né tantomeno pregiudi zio al normale svolgimento dell'attività aziendale.

E non pare a questo giudicante, né d'altronde la B.p.n. vi ha

fatto cenno, che il controllo della regolarità delle registrazioni da

parte di sindacalisti fuori dal proprio orario di lavoro abbia

provocato ostacoli o turbative in misura intollerabile alla normale

attività di lavoro. In effetti il diniego opposto dalla B.p.n.

all'ingresso dei sindacalisti si fonda sulla previsione dell'art. 25, lett. e), c.cjii. 17 febbraio 1983 che vieta al personale di entrare

o trattenersi nei locali dell'azienda fuori dell'orario di lavoro

normale, salvo che ciò avvenga per ragioni di servizio e con

autorizzazione della direzione. Ma tale previsione di carattere

generale cede dinanzi a ipotesi specifiche come quella prevista dall'art. 69 del citato c.c.n.l.

E — lo si accenna soltanto in via incidentale — un'interpreta zione dell'art. 25, lett. e), che subordinasse all'autorizzazione della

direzione l'accesso o la permanenza nei locali dell'azienda da

parte dei sindacalisti fuori del proprio orario di lavoro, allor

quando detti locali fossero aperti per la presenza di altri lavora

tori con turni di lavoro differenti o in straordinario, porrebbe seri

dubbi circa la sua legittimità, alla luce dell'art. 14 1. 300/70 che

garantisce a tutti i lavoratori lo svolgimento di attività sindacale

all'interno dei luoghi di lavoro.

Pertanto anche sotto tale profilo si rigetta l'opposizione della

B.p.n. (Omissis)

PRETURA DI PARMA; PRETURA DI PARMA; sentenza 13 aprile 1985; Giud. Ferraù; Canali (Avv. Petronio) c. Soc. Grossi (Avv. Artoni).

Lavoro (rapporto) — Trattamento di fine rapporto — Computabi lità del servizio militare (Cost., art. 52; cod. civ., art. 2110,

2111, 2120; 1. 29 maggio 1982 n. 297, disciplina del trattamen

to di fine rapporto e norme in materia pensionistica, art. 1).

Il servizio militare di leva va considerato utile ai fini della

determinazione del trattamento di fine rapporto. (1)

(1) Non si rivengono precedenti giurisprudenziali editi (v., però, Pret. Verona 24 maggio 1984, richiamata in motivazione).

Il problema è invece stato ampiamente trattato in dottrina. Cfr., in

senso conforme G. Santoro Passarelli, Dall'indennità di anzianità al

Il Foro Italiano — 1985.

Motivi della decisione. — 1. - Ritiene il pretore che fondata sia

la domanda attrice diretta ad ottenere il riconoscimento del diritto

del Canali a vedersi computato, agli effetti della determinazione

del trattamento di fine rapporto, il periodo di servizio militare

dallo stesso prestato dall'I 1 marzo 1983 al 28 febbraio 1984 e

pronunce conseguenziali. A tal fine, occorre prender le mosse dalla norma costituzionale

di cui all'art. 52 Cost., che al 2° comma, nello stabilire che il

servizio militare è obbligatorio nei limiti e nei modi di legge,

aggiunge, poi, che « il suo adempimento non pregiudica la posi zione di lavoro del cittadino ... ».

Il significato e la portata della norma costituzionale sono stati

chiariti dalla Corte costituzionale, che con la fondamentale sen

tenza n. 8 del 16 febbraio 1963 (Foro it., 1963, I, 616) cui è

sostanzialmente conforme Corte cost. 16 maggio 1984, n. 144 (id.,

1984, I, 2425) ha dichiarato la illegittimità costituzionale del 2"

comma dell'art. 1 d.l.c.p.s. n. 303/46, in riferimento alto citata

disposizione dell'art. 52 Cost.

La Corte costituzionale ha, infatti, stabilito che questa disposi zione si riferisce, senza possibilità di dubbio, tanto al servizio

militare di leva, quanto agli eventuali richiami alle armi e ha

osservato che « il concetto di ' posizione di lavoro

' non deve

essere considerato equivalente a quello di ' posto di lavoro ',

cosi da attribuire alla norma costituzionale il solo significato di

garanzia di conservazione dell'occupazione. Viceversa, è un con

cetto molto più ampio che comprende senza dubbio anche il

diritto all'indennità di anzianità, quale ne sia la natura e la

funzione e la sua misura, per cui una qualsiasi disposizione di

legge ordinaria implicante la limitazione del diritto del prestatore di lavoro in conseguenza alto prestazione del servizio militare per

gli obblighi di leva deve essere dichiarata costituzionalmente

illegittima ».

Da tale chiarissima interpretazione consegue che il lavoratore ha diritto di percepire tutti gli aumenti la cui attribuzione sia connessa all'anzianità e alla « posizione di lavoro » intesa in

senso ampio, atteso che su ogni emolumento da corrispondere

trattamento di fine rapporto, Milano, 1984, 129; A. Garilli, L'appli cazione della legge 297, in Contrattazione, n. 5, 45, entrambi con argomentazione analoga a Pret. Parma qui riportata circa il collega mento tra sentenza n. 8 del 1963 della Corte costituzionale (Foro it., 1963, I, 616; v., inoltre, Corte cost. 16 maggio 1984, n. 144, id., 1984, I, 2425), art. 1 1. 297 e art. 2110 e 2111 c.c., e circa l'illegittimità costituzionale, ex art. 52 Cost., dell'esclusione del servizio di leva dal trattamento di fine rapporto che altrimenti ne deriverebbe. Secondo M.

Napoli, Il trattamento di fine rapporto: configurazione dell'istituto e

problemi applicativi, in Contrattazione, cit., 26; Id., Il trattamento di fi ne rapporto nella nuova legge di riforma, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1983, 92, la 1. 297 è neutra sul punto, prevedendo solo quale sia la retribuzione da prendere in considerazione. La disciplina sull'an e sul quantum va invece cercata in altre leggi o nella contrattazione, anche collettiva e, in mancanza, per quel che riguarda quest'ultimo, attraver so l'analogia (per l'utilizzazione della contrattazione collettiva, ma per argomentare ulteriormente il decisum, v. Pret. Parma in epigrafe).

Contra, M. Francescehelli, I principali punti controversi della

legge 297, in Contrattazione, cit., 9, che precisa che la tassatività dell'elencazione può portare a ritenere che si sia voluto escludere dal

computo del trattamento di fine rapporto il periodo di leva, con ciò

prospettando dubbi di costituzionalità in proposito. Dubbi risolti negativamente da E. D'Avossa, Il trattamento di fine

rapporto, in Lavoro SO, 1983, 24, sul rilievo che ormai il trattamento di fine rapporto è agganciato alla retribuzione percepita e non più all'anzianità di servizio e che esso attiene più alla normale retribuzione che alla posizione di lavoro del dipendente. Analogamente, A. Valle

bona, Il trattamento di fine rapporto, Milano, 1984, 77. Per G.

Giugni, R. De Luca Tamajo, G. Ferraro, Il trattamento di fine rapporto, Padova, 1984, 83, 85 e in Nuove leggi civ., 1983, 268, è inclu

so il solo periodo di richiamo alle armi (contra, Vallebona, cit., 77). R. De Luca Tamajo, dubbioso sulla questione (cfr. Le nuove liquidazioni: inquadramento sistematico e difficoltà attuative, in Contrattazione, cit., 15) si è in altra sede (Indennità di anzianità. Nuova disciplina della l. 29 maggio 1982 n. 297. Problemi interpretativi e riflessi sul costo del lavoro, in Mass. giur. lav., 1982, 898) pronunciato per la tesi nega tiva. Pure contrari sono C. Filadoro, Il trattamento di fine rapporto, in Lavoro e prev. oggi, 1982, 1588; A. Vallebona, Il trattamento di fine rapporto per i lavoratori, in Giust. civ., 1982, IV, 379; Id., op. cit., 77. Per uno spunto in tal senso, P. G. Alleva, Legislazione e con trattazione collettiva nel 1981-1982, in Giornale dir. lav. relazioni

ind., 1982, 535. Per problemi vari sul nuovo trattamento di line rapporto di lavoro,

V. la nota di richiami a Trib. Bologna 1° febbraio 1984, Trib. Milano 22 luglio 1983, Trib. Pavia 14 giugno 1983, Pret. Lodi 19 gennaio 1984, Foro it., 1984, I, 2307.

Con riguardo alla previgente disciplina dell'indennità di anzianità, v.

Cass. 1° agosto 1984, n. 4574, in questo fascicolo, I, 2370, con nota

di richiami.

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