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sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est. Castiello; Banca popolare cooperativa di...

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sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est. Castiello; Banca popolare cooperativa di Pescopagano (Avv. Petrone) e Banco di Napoli (Avv. Foglia, Spirito) c. Commissione prov. di Potenza (Avv. Pretullo) e Regione Basilicata (Avv. Cibarelli) Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1985), pp. 301/302-307/308 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177846 . Accessed: 25/06/2014 04:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.96 on Wed, 25 Jun 2014 04:54:09 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est. Castiello; Banca popolare cooperativa di Pescopagano (Avv. Petrone) e Banco di Napoli (Avv. Foglia, Spirito) c. Commissione prov.

sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est. Castiello; Banca popolare cooperativa diPescopagano (Avv. Petrone) e Banco di Napoli (Avv. Foglia, Spirito) c. Commissione prov. diPotenza (Avv. Pretullo) e Regione Basilicata (Avv. Cibarelli)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1985), pp. 301/302-307/308Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177846 .

Accessed: 25/06/2014 04:54

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GIURISPRUDENZA 'AMMINISTRATIVA

2 maggio 1980, n. 2882, Foro it., Rep. 1980, voce Impiegato dello

Stato, n. 793); dal quale non c'è ragione per discostarsi.

N©1 merito la sezione osserva che la situazione dedotta dal

ricorrente non integra la fattispecie dell'arricchimento senza cau

sa, regolata dall'art. 2041 c.c., perché la causa dell'asserito arric

chimento della p.a. e dell'asserito impoverimento del ricorrente (a

prescindere da ogni giudizio su tali asserzioni) non manca, consistendo nella nomina del dott. Toni, da parte del ministero di

grazia e giustizio, a direttore del oarcere giudiziario di Aosta.

Benché l'atto di nomina non sia stato prodotto in causa, non si

può dubitare della sua esistenza, esplicitamente affermata dal

ricorrente nel ricorso al T.A.R. (« il dott. Toni ... quale procura tore della repubblica di Aosta, ai sensi dell'art. 80 r.d. 30 luglio 1940 n. 2041, venne nominato direttore della casa circondariale di

Aosta il 21 aprile 1976 »; affermazione reiterata nei successivi atti

della causa) e altrettanto esplicitamente dal difensore nel corso

della discussione orale dell'appello. Tutte le argomentazioni con cui l'appellante sostiene che l'art.

80, 3° comma, r.d. 30 luglio 1940 n. 2041 è stato abrogato da

successive norme, che se fosse da ritenersi ancora in vigore sarebbe tuttavia costituzionalmente illegittimo, e che comunque, siccome regola i oasi di temporanea reggenza degli istituti carce

rari, non prevede l'ipotesi di un incarico di direzione che duri

alcuni anni, sarebbero rilevanti se fosse in questione la legittimità del provvedimento di nomina fondato su quella norma, provve dimento che ha carattere autoritativo.

Poiché tale atto della p.a. non è stato impugnato, come si

evince dalla mancanza di alcun cenno al riguardo negli atti di

causa, i rilievi sulla vigenza e sulla legittimità costituzionale della

norma attributiva del potere esercitato col provvedimento stesso

sono irrilevanti, dato che non possono indurre la sezione a

disapplicarlo, come è noto.

Col provvedimento di nomina, siccome fondato sull'art. 80, 3°

comma, r.d. 30 luglio 1940 n. 2041, è nato in capo al dott. Toni

l'obbligo di esercitare, senza specifica remunerazione, le funzioni

di direttore del carcere di Aosta, e in capo alla p.a. il diritto di

giovarsene. Va perciò ribadito che la fattispecie dedotta in lite non è riconducibile a quella regolata dall'art. 2041 c.c. perché, ammesso che ci sia un arricchimento della p.a., esso non è privo di causa, la quale, come accennato, sta nel rapporto giuridico costituito e disciplinato dall'atto amministrativo.

Correlativamente, non può dirsi che l'interessato fosse privo di

qualsiasi altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito

(art. 2042 c.c.), poiché egli avrebbe potuto impugnare l'atto di

nomina, adducendo la pretesa alla remunerazione di un servizio

aggiuntivo, estraneo, ai suoi compiti istituzionali. La domanda, pertanto, non merita di essere accolta, e conse

guentemente l'appello va respinto; ma la motivazione della sen tenza appellata deve essere sostituita dalle suesposte considerazioni.

(Omissis)

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA BA

SILICATA; sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est.

Castiello; Banca popolare cooperativa di Pescopagano (Avv.

Petrone) e Banco di Napoli (Avv. Foglia, Spirito) c. Com

missione prov. di Potenza (Avv. Pretullo) e Regione Basilica ta (Aw. ClBARELLl).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA BA

SILICATA; sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est.

Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Terremoto del 23 novembre 1980 — Provvidenze — Destinatari — Aziende di credito — Esclusione — Illegittimità (Cod. civ., art. 2195; 1. 14

maggio 1981 n. 219, conversione in legge, con modificazioni, del

d.l. 19 marzo 1981 n. 71, recante ulteriori interventi in favore

delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980

e del febbraio 1981. Provvedimenti organici per la ricostruzione

e lo sviluppo dei tenitori colpiti, art. 22).

È illegittimo il provvedimento che non riconosce alle aziende di

credito il diritto a fruire dei contributi per la ricostruzione e la

ripartizione dei danni causati dal terremoto del 1980 nelle

regioni Basilicata e Campania previsti dall'art. 22 l. 219/81 a

favore delle imprese commerciali, atteso che la funzione di

pubblico interesse riconosciuta per legge all'attività bancaria e

l'assoggettamento ad una normativa speciale non determinano la

distinzione della stessa dalla comune attività d'impresa. (1)

(1) Sulla dibattuta questione concernente la natura della attività bancaria e la qualifica degli operatori, anche il giudice amministrativo ha modo di far conoscere il proprio orientamento (sia pure — per il

Il Foro Italiano — 19S5 — Parte III- 23.

Diritto., — 1. - I ricorsi vanno preliminarmente riuniti stante la

evidente connessione.

Questione centrale sollevata con entrambi i gravami è se fra le

imprese in favore delle quali l'art. 22 1. 14 maggio 1981 n. 219

prevede la concessione di contributi per la ricostruzione e per la

riparazione dei danni causati dal terremoto del 1980 nelle regioni Basilicata e Campania, siano o meno comprese anche le aziende

momento — a livello di T.A.R.), che è nel senso di ritenere che

l'assoggettamento del sistema bancario al controllo dei pubblici poteri non determina la trasformazione dell'attività creditizia da attività di impresa in pubblico servizio.

Sono noti i termini della vicenda: da un lato la decisione con cui le sezioni unite penali della Cassazione (10 ottobre 1981, Carfi, Foro

it., 1981, II, 553 con nota di richiami; in margine alla quale cfr. anche V. Caianiello, Attività bancarie e nozione di pubblico servizio, id., 1985, V, 130) hanno dichiarato l'attività bancaria pubblico servizio in senso oggettivo, dall'altro il contrario avviso espresso dalle sezioni unite civili (2 marzo 1982, n. 1282, id., 1982, I, 1596) che, viceversa, propendono per la tesi privatistica, sottolineando che anche le banche di diritto pubblico — quali enti pubblici economici — « svolgono la loro attività nelle forme del diritto privato e in tale svolgimento sono

soggette alla disciplina dell'imprenditore privato». In mezzo la dottrina, con una crescente serie di interventi, per lo

più critici nei confronti delle sezioni unite penali. Si sono espressi nel senso che l'attività creditizia resti attività di

diritto privato pure quando essa sia svolta da enti di diritto pubblico e che, pertanto, va esclusa la qualifica pubblicistica dei dipendenti di tali enti, Ferri, Imprenditorialità degli enti creditizi: un discorso

interrotto?, in Banca, borsa, ecc., 1982, I, 157; Molle, La banca

impresa pubblica?, id., 1981, l'I, 385; M.S. Giannini, Problemi della banca come impresa, id., 1982, I, 392; Battini, La riapertura di un

problema-, l'attività bancaria è pubblico servizio?, in Bancaria, 1982, 148; Capriglione, Qualificazione dell'attività bancaria ed imprendito rialità degli enti creditizi, in Foro it., 1981, II, 554; Crespi, Il diritto

penale giurisprudenziale: l'attività bancaria come pubblico servizio, in Banche e banchieri, 1982, 125; Montanara, La qualificazione giuridica dell'attività bancaria e i suoi riflessi nel diritto penale, in Banca, borsa, ecc., 1983, I, 367; Palombi, La tutela penale del credito negli orientamenti della Corte di cassazione, id., 1982, I, 92; Mazzacuva, Dipendenti di banca privata e responsabilità penale, in Politica del

diritto, 1982, 153; Riolo, La banca-impresa, le sezioni unite penali e la prima direttiva CEE, in Riv. società, 1983, 1434; Piga, Pubblico e

privato nell'attività bancaria, in Banche e banchieri, 1982, 445; M.

Romano, La parificazione tra operatori bancari pubblici e privati secondo le sezioni unite della Cassazione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, 765; ma, soprattutto, Flick, Le prospettive di riforma della

disciplina penale del credito nel progetto di legge n. 3350 all'esame della camera dei deputati, in Banche e banchieri, 1983, 231; Id., Istituti di credito pubblico e aziende di credito private di fronte al diritto penale, in Riv. società, 1983, 438; Id., Il diritto penale giurisprudenziale: rischio di impresa e rischio penale nell'attività bancaria, in Banche e banchieri, 1982, 277; Id., Attività bancaria e

pubblico servizio: i termini attuali del dibattito, in Riv. società, 1982, 738; Id., La disciplina penale del credito: presupposti e prospettive, in Banche e banchieri, 1983, 438.

Contra, ma già prima della decisione delle sezioni unite penali, Vignocchi, Il servizio del credito nell'ordinamento pubblicistico italia

no, Milano, 1968, 387 e M. Nigro, Profili pubblicistici del credito, Milano, 1968, 33.

Un raffronto critico delle differenti posizioni assunte dalle sezioni unite civile e penali della Cassazione, teso soprattutto a ricostruire le motivazioni alla base delle differenti opzioni aventi ad oggetto la diversità del bene protetto è compiuto da Goldoni-Pisani, La « querel le » sui dipendenti delle banche: contrastanti pronunce delle sezioni unite civili e penali della Corte di cassazione, in Banca, borsa, ecc., 1983, I, 231.

Non senza prima aver rammentato che la discussa decisione del 1981 sul pubblico servizio in senso oggettivo trova, in realtà, ampi riscontri tanto nella precedente quanto nella successiva giurisprudenza della Cassazione penale (v., rispettivamente, per tutte sent. 9 ottobre

1974, Santucci, Foro it., Rep. 1975, voce Pubblico ufficiale, n. 17 e

sent. 4 marzo 1982, Dembech, id., Rep. 1983, voce cit., n. 30), nonché nelle stesse sentenze penali di merito (Trib. Crema 18 giugno 1982, id., it., Rep. 1983, voci Concorso di persone nel reato, n. 55; Malversazione, n. 4; Pubblico ufficiale, n. 31 e in Giur. merito, 1983, II, 990, con

nota critica di Manna), mette conto considerare che la stessa Corte

costituzionale, chiamata al giudizio di legittimità della disparità

penale di trattamento fra i dipendenti di banche pubbliche e private da varie ordinanze di rimessione, non ha potuto esprimere una parola definitiva in argomento.

Ciò principalmente in quanto la corte ha rilevato, nella decisione resa il 1° luglio 1983, n. 205 (Foro it., 1984, I, 30, con note di

Covelli e Marziale), che, al di là dei singoli articoli del codice

penale e della legge bancaria, le ordinanze di rimessione ponevano in

discussione l'intero complesso delle norme penali applicabili agli istituti di credito. Ha pertanto dichiarato inammissibili le questioni di legitti mità costituzionale, precisando che « le scelte da adottare non possono che essere rimesse alla discrezionalità del legislatore, verificandosi

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PARTE TERZA

di credito, sebbene di queste né la suddetta disposizione né l'art.

2, 1° comma, 1. reg. 32/83 facciano menzione espressa.

Gli impugnati provvedimenti motivano il rigetto dell'istanza di

contributo sui seguenti tre rilievi: « che gli istituti di credito in

genere, per la natura della loro attività, la loro organizzazione e

il sistema dei controlli cui sono sottoposti, sono configuratoli come complesse aziende di servizio non assimilabili alle attività

commerciali o ausiliarie delle stesse »; che la dizione contenuta

nell'art. 22 L n. 219/83 e nella 1. reg. attuattiva n. 32/83 di « commercio all'ingrosso e al dettaglio » va interpretata, con un

criterio tassativo ed esaustivo, come riferibile alle sole ipotesi di

esercizi commerciali che realizzano uno scambio di beni contro

moneta; che infine l'art. 2195 c.c. disciplina separatamente l'attivi

tà intermediaria nella circolazione dei beni (1° comma, n. 1) e

quella bancaria (1° comma, n. 4), cosi intendendo qualificare

quest'ultima « come attività autonoma e separata per la particola re funzione più complessiva di servizio rispetto allo stesso

maneggio del denaro ». (Quest'ultimo rilievo è recepito espressa mente dal parere, del pari impugnato, del presidente della giunta

regionale).

Queste motivazioni non possono essere condivise.

Innanzitutto la elencazione di cui all'art. 2195 c.c. è sicuramen

te pleonastica nei riferimenti, contenuti nei nn. 3), 4) e 5) del

suo 1° comma, rispettivamente all'attività di trasporto, alle attività

bancaria e assicurativa, alle attività ausiliarie; riferimenti che

costituiscono infatti delle mere specificazioni delle fondamentali

attività identificate nei n. 1) («l'attività industriale diretta alla

produzione di beni o di servizi ») e 2) (« attività intermediaria

nella circolazione dei beni »).

L'articolazione certamente ridondante dell'attività imprenditoria le nei cinque settori elencati nell'art. 2195 può presumibilmente ricondursi all'intento, perseguito in occasione del momento storico

nel quale ebbe luogo la redazione del codice civile, di realizzare

la corrispondenza dell'elencazione cosi costruita, segnatamente con riguardo alle attività indicate nei nn. 3) e 4), alle confedera

zioni dei datori di lavoro dell'allora vigente ordinamento corpora tivo.

Pretendere, come inteso nel menzionato parere del presidente della giunta regionale, di assegnare all'elencazione di cui si tratta

un rilievo classificatorio e definitorio tale da giustapporre se non ad

dirittura da contrapporre l'impresa bancaria alla impresa commer

ciale è quindi opinione che non può trovare alcun fondamento in

applicazione dei criteri d'interpretazione logica e sistematica del

diritto positivo. 2. - Né può attribuirsi pregio all'affermazione secondo cui la

« funzione di pubblico interesse » riconosciuta per legge all'attività

bancaria e l'assoggettamento a una normativa speciale ne fanno

una particolare categoria di attività economica, affatto distinta

dalla comune attività d'impresa. L'affermazione riferita sottintende la definizione dell'attività

bancaria come di pubblico servizio in senso oggettivo, secondo la

qualificazione formulata dalla Corte di cassazione a sezioni unite

altrimenti il pericolo di non lasciare margini per soluzioni che si

adeguino ai principi affermati particolarmente negli art. 41 e 43 Cost. ».

Sicché, a fronte della delineata incertezza giurisprudenziale, T.A.R. Basilicata propende decisamente per la natura imprenditoriale dell'atti vità bancaria, ribadita senza dubbio alcuno tanto dal legislatore comunitario (cfr. direttiva 12 dicembre 1977, n. 780), quanto da quello interno con la 1. 5 marzo 1985 n. 74 (Le leggi, 1985, 589) di delega al governo (il decreto delegato è il n. 350 del 27 giugno in G.U. n. 165 del 15 luglio e Le leggi, 1985, 1431; per un primo commento cfr. S.

Cassese, Banche parlamento, ne II Messaggero del 2 luglio 1985, pag. 1) per l'attuazione della cennata direttiva (che pone, tra i principi, quello del carattere di impresa dell'attività degli enti creditizi, a oiò sollecitato anche dalle conclusioni del dibattito economico in materia cfr., per tutti, Pin, Logica di impresa per la banca pubblica: riflessioni originate da un

recente «libro bianco» della Banca d'Italia, in Risparmio, 1981

1098), quanto, infine, dalla stessa Corte di giustizia delle Comunità

europee con la sentenza 1° marzo 1983, causa 300/81, Foro it., 1983,

IV, 206, con nota di Giacalone. Resta da dire, con riferimento alla classificazione dell'attività banca

ria nelle fattispecie di cui all'art. 2195 c.c., che la decisione in epigrafe trova espresso precedente in termini in Cass. 8 aprile 1965, n. 611, id., 1965, I, 1034 (sul «caso Giuffrè »), che già allora affermava che « le attività indicate nei nn. 1 e 2 (della predetta norma) comprendono e sussumono le attività specifiche dei successivi nn. 3, 4 e 5, che si trovano menzionati a parte unicamente per ragioni pratiche (categorie di imprese economiche suscettibili di avere uno statuto speciale) ». In senso conforme, in dottrina, Auletta-Salanitro, Diritto commerciale, Milano, 1984, 21, nonché Galgano, L'imprenditore, Bo logna, 1980, 57.

Il Foro Italiano — 1985.

penali con sent. 10 ottobre 1981 (Foro it., 1981, II, 553), e alla qua le — almeno per taluni riflessi di cui l'impugnato parere costituisce l'indubbio portato — il collegio non può aderire.

Gli elementi di giudizio in base ai quali la Suprema corte ha così qualificato l'attività bancaria, deprimendone l'essenza d'im

presa commerciale, andrebbero identificati: 1) nella circostanza

che tutto il sistema creditizio gravita funzionalmente nell'orbita

pubblica attraverso la preposizione ad esso di organi della p.a. (cominato interministeriale per il credito ed il risparmio, ministro

per il tesoro, Banca d'Italia); 2) nella presenza nel sistema degli operatori bancari di vari istituti di credito di diritto pubblico; 3) nel condizionamento dell'accesso all'attività bancaria ad un atto

permissivo degli organi di vigilanza che, in relazione alla sua lata

discrezionalità, più che un'autorizzazione costituirebbe una auten tica ammissione all'esercizio di un'attività controllata dallo Stato in ragione dell'interesse pubblico ad essa connaturato e a un

ordinamento settoriale; 4) nella esperibilità da parte degli organi di vigilanza di una vasta gamma di controlli funzionali, riguar danti il dimensionamento dell'attività bancaria mercé l'autorizza

zione all'apertura di dipendenze e l'ordine di chiusura delle

stesse; 5) nell'assoggettamento delle aziende ed istituti di credito

a una complessa funzione di normazione secondaria attraverso le

istruzioni impartite dalla Banca d'Italia; 6) nella possibilità di

disporre da parte di questa iniziative di vigilanza ispettiva e di

esercitare le numerose potestà ordinatorie attribuitele dalla legge bancaria; 7) nell'assoggettamento degli istituti di credito speciale a forme di controllo ancora più penetranti mediante l'approva zione degli statuti (e relative modifiche) e alla partecipazione di

rappresentanti dello Stato nei consigli di amministrazione e negli organi di sorveglianza.

Conclusivamente — secondo la Suprema corte — l'attività bancaria è contrassegnata da un interesse pubblico immanente, in

virtù del quale viene a risultare inserita in un'organizzazione unitaria del relativo settore economico, costituita, regolata, diret tamente e controllata da pubblici poteri anche per la realizzazio

ne di pubbliche finalità; sicché non può non acquistare la qualità di servizio pubblico in senso oggettivo.

3. - Il collegio non condivide siffatte argomentazioni e nemme no i relativi riflessi applicativi.

In primo luogo la prospettiva di fondo dei controlli sul credito è quella della gestione dell'impresa bancaria globalmente conside

rata e non già quella dei singoli atti nei quali essa prende corpo e si estrinseca. Ed invero, condizionando l'autorizzazione alla

costituzione di nuovi enti bancari al riscontro di un capitale minimo di fondazione, ed in virtù dell'imposizione di riserve

rapportate ai depositi complessivi raccolti nonché del rispetto di determinati criteri di frazionamento del rischio si mira essenzial mente a salvaguardare gli interessi dei depositanti.

Né le possibilità di un'effettiva realizzazione del regime d'im

presa appaiono compromesse dalla particolare incisività di talune forme di controllo che comunque non pregiudicano l'autonomia del banchiere. L'uso discrezionale da parte delle autorità crediti zie dello strumento del controllo per fini d'interesse generale non si risolve necessariamente in una condotta sostitutiva di quella degli organi dì gestione dell'azienda di credito. Infatti i lavori

preparatori della legge bancaria evidenziano in modo univoco che

l'azione delle autorità creditizie si sostanzia in un'attività d'indi rizzo che non può intendersi quale funzione sostitutiva di quella degli organi gestionali della banca (nella relazione al disegno di legge per la conversione del r.d.l. 17 luglio 1937 u. 1400 della commissione di finanza, atti parlamentari, senato del regno, legis. XXIX, doc. n. 1236/A, per l'appunto si puntualizza che la funzione di controllo non vuole e non deve assumere il carattere di una « perturbatrice e dannosa supergestione aziendale »).

In realtà la previsione normativa di un'ampia gamma di

controlli di tipo preventivo, concomitante e successivo, se trae

origine dalla inerenza all'attività bancaria di rilevanti interessi

pubblici, non esclude affatto la riferibilità al principio di auto

nomia nella definizione della responsabilità degli esponenti banca

ri per l'attività gestionale di competenza. L'assunzione del rischio

d'impresa è immanente alle decisioni di erogazione del credito ed

è il portato di complesse valutazioni che investono la consistenza

patrimoniale dell'aspirante beneficiario del credito ai fini dell'ac certamento della convenienza dell'operazione, dell'entità e delle modalità di rientro dall'impiego da effettuarsi, della prestazione di garanzie, ecc.

Il descritto complesso procedimento valutativo resta immune da interventi eteronomi incidenti sul merito delle scelte decise e

contrassegna l'attività bancaria nella sua connotazione eminente mente autonoma.

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

La banca centrale è neutrale nel momento dell'allocazione delle

risorse nel senso che la scelta dei fruitori del credito resta

oggetto di determinazione esclusiva e di autonoma valutazione dei

singoli enti creditizi che sono soliti (e devono) basarsi su puri criteri finanziari, con Finconfigurabàlità — a fronte dell'attività

espletata — di un diritto al credito dei primi indiscriminatamente

considerati.

Del resto la canonizzazione dello schema imprenditoriale nell'e

sercizio dell'attività bancaria trova riscontro nella corrispondenza ad esso di un modulo di normazione duttile ed elastico diretto a

favorire la flessibilità funzionale del sistema, incentrato sulla

preferenza accordata anzidhé a norme regolamentari, per loro

natura di carattere duraturo e quindi non suscettibili di facile

modificazione, a provvedimenti invece di carattere generale o

particolare di competenza delle autorità creditizie.

La duttilità ed elasticità della normazione settoriale — corri

spondenti, com'è d'uopo ribadire, alla canonizzazione dello sche

ma imprenditoriale nell'esercizio del credito — vennero origi nariamente evidenziate con la riforma bancaria del '36. La prima

legge bancaria del '26 (r.d.1. 7 settembre 1926 n. 1511) era

corredata da un regolamento d'attuazione (r.d.l. 6 novembre 1926

n. 1830). Del pari il testo provvisorio della legge bancaria del '36

prevedeva un regolamento d'attuazione. Nel testo definitivo tale

previsione scomparve, cosi evidenziandosi la tendenza a conferire

alle autorità amministrative il potere di adeguare la concreta

disciplina del settore alle diverse contingenti situazioni offerte

dall'evoluzione della realtà economica. E sempre in questa pro

spettiva non è senza significato che successivamente la riforma

del credito fondiario, edilizio e alle opere pubbliche (d.p.r. 21

gennaio 1976 n. 7) abbia determinato l'abrogazione del regola mento d'attuazione (rd. 5 maggio 1910 n. 472) del t.u. 16 luglio 1905 n. 606, ed elasticizzato in questo modo i controlli su questo

importante comparto dei crediti speciali, attribuendo alle autorità

creditizie la facoltà di emanare provvedimenti di carattere genera le o particolare concernenti l'attività dei soggetti operatori (art.

17 d.p.r. n. 7/76). Parallelamente, nel comparto del credito agrario, è stata dispo

sta con decreto del ministro del tesoro 3 aprile 1978 (G.U. n. 127

del 10 maggio 1978) la modifica alle « Norme regolamentari per l'esecuzione del r.d.l. 29 luglio 1927 n. 1509 sull'ordinamento del

credito agrario », prevedendosi la facoltà della Banca d'Italia di

disciplinare l'attività degli istituti con disposizioni generali o

particolari; si è cioè introdotto anche nel credito agrario un

modulo di normazione d'impronta più duttile, strumentale alla

attenuazione della rigidità normativa di questo speciale comparto

creditizio e all'accentuazione del carattere imprenditoriale degli

operatori. La sottoposizione dell'attività degli enti bancari a un complesso

di interventi di tipo genetico e funzionale nonché repressivo

sanzionatorio, cui la citata sentenza della Suprema corte attri

buisce un significato di rilievo per evidenziare le connotazioni

pubblicistiche del sistema, è considerazione che semmai riconduce

alla nozione di ordinamento settoriale del credito, alla quale, del

resto, la stessa decisione apertamente si riporta; nozione che in

realtà si limita a sintetizzare una particolare forma d'intervento

pubblico nell'economia, estrinsecantesi attraverso la sottoposizione dei soggetti operatori, ai quali è però garantita la conservazione

dello schema imprenditoriale, ad un'unica direzione e ad un

unico controllo amministrativo al fine di assicurare il coordina

mento della loro attività, che è e rimane attività d'impresa, al

pubblico interesse.

Né assume rilievo negativo sul piano del riconoscimento del

l'essenza imprenditoriale degli operatori bancari la circostanza —

particolarmente sottolineata dalla Suprema corte — che siano

presenti nel sistema bancario varie aziende ed istituti di credito

di diritto pubblico, attraverso i quali, tra l'altro, — sempre ad

avviso della Suprema corte — si concretizzerebbe l'oggettiva

pubblicizzazione del servizio del credito.

La ragione d'essere d'intermediari finanziari, al capitale dei

quali lo Stato partecipa in varie forme, al di là dell'origine

contingente, può essere individuata nella fondamentale, comune

esigenza di favorire l'articolazione pluralistica del sistema banca

rio, di garantire l'autonomia dei singoli operatori, di evitare

l'acquisizione da parte dell'industria di posizioni dominanti nel

settore del credito e del risparmio. Ma nulla più di questo,

perché, in definitiva, il sistema bancario resta sempre caratterizza

to dall'unitarietà dei controlli sull'attività dei vari operatori quali

garanzia di coerenza offerta dal vigente ordinamento istituzionale,

corrispondente all'omogeneità funzionale, come indifferenziazione

delle forme imprenditoriali che, pur nella diversità strutturale, rende interassimilabili i soggetti operatori.

Il Foro Italiano — 1985.

Sotto tal profilo va tenuto presente che con la 1. 10 febbraio 1981 n. 23, art. 14, si è disposta la estensione alla generalità degli istituti di credito speciale delle disposizioni dei titoli V, VI, VII e Vili della legge bancaria; si è cioè attuata più compiutamente l'unitarietà di disciplina del sistema bancario, predisponendosi, con l'abrogazione del d.Lc.p.s. n. 37046 (art. 1) e con

un'ampia ricezione delle norme della legge bancaria, la disciplina dei crediti speciali, integrabile con le disposizioni da adottarsi da

parte delle autorità creditizie secondo un modulo normativo duttile ed elastico: il più consentaneo alla disciplina del credito.

Il riordino della disciplina degli istituti di credito speciale testimonia, specificatamente, il favore legislativo per una soluzio ne idonea a consentire, attraverso una loro più ampia sottopo sizione alla normativa bancaria, il recupero dei profili di funzio nalità ed economicità propri del carattere imprenditoriale e con correnziale dell'attività svolta. Imprenditorialità che viene segna tamente sottolineata con l'assoggettabilità degli enti pubblici cre ditizi contemplati dall'art. 41 legge bancaria al procedimento di

liquidazione coatta amministrativa, nel che è dimostrato il venir meno della certezza di un intervento statale sovventore di qual siasi loro incapienza patrimoniale e l'accettazione in proprio del rischio d'insolvenza.

La 1. n. 23/81 può quindi considerarsi il suggello di una linea di tendenza che contrassegna il laborioso processo attraverso il

quale si è venuto definendo l'ordinamento creditizio: quella di

unitarietà di disciplina dei soggetti operatori quali che siano le

differenze e peculiarità struttural-istituzionali; di affermazione del

modulo imprenditoriale, nonostante il complesso sistema di con

trolli pubblici settoriali; infine di amministrativizzazione della

produzione normativa corrispondente alla canonizzazione del mo

dulo imprenditoriale. In definitiva è priva di rilievo, per escludere la riconducibilità

dell'impresa bancaria alla categoria dell'impresa commerciale, la circostanza — sulla quale la Cassazione a sezioni unite penali ha

polarizzato, come s'è detto, la propria attenzione — della coesi stenza nel sistema bancario, insieme a banche con personalità giuridica privata, di numerosi enti con personalità di diritto

pubblico. Questi ultimi, infatti, sono sottoposti alla medesima normativa

e disciplina settoriale delle prime; operano in regime di concor renza con esse, stipulando i contratti bancari contemplati dal titolo XVII del libro IV del codice civile; spesso agiscono unitamente alle medesime partecipando alle operazioni di finan ziamento in pool, che appunto vedono banche pubbliche e

private finanziare insieme lo stesso cliente. La stessa Corte di cassazione a sezioni unite civili (26 novem

bre 1981, id., 1982, I, 1596) del resto, andando sostanzialmente in contrario avviso all'orientamento manifestato dalle sezioni unite

penali, ha poi puntualizzato che le banche aventi natura di enti

pubblici economici « normalmente svòlgono la loro attività nelle forme del diritto privato e in tale svolgimento sono soggette alla

disciplina dell'imprenditore privato », ribadendo, in definitiva, che, pur senza potersi disconoscere il rilievo pubblicistico dell'attività

espletata dalle banche, acquisiscono rilievo eminente, a livello della qualificazione dello status giuridico degli operatori bancari, il carattere imprenditoriale dell'attività, il principio di economici

tà, comune ad aziende ed istituti di credito private e pubblici, il

principio di efficienza gestionale. 5. - All'attrazione dell'attività bancaria nella categoria del

pubblico servizio ha contribuito non poco, nella decisione della

Cassazione, sez. un. penali, la definizione contenuta nell'art. 1

legge bancaria secondo cui « la raccolta dei risparmio tra il

pubblico sotto ogni forma e l'esercizio del credito sono funzioni d'interesse pubblico »; disposizione che dev'essere, per intenderne l'esatta portata, ricondotta al principio dell'economia corporativa dell'epoca in cui fu formulata, secondo cui « l'impresa conserva il suo carattere privato, svolge comunque una funzione pubblica rispetto ai fini nazionali della produzione »; e che non può essere

correttamente interpretata con la sostituzione di « servizio » a

« funzione » o con la lettura di quest'ultimo termine come se si

fosse trattato di « pubblica funzione ».

Né una lettura cosiffatta dell'art. 1 legge bancaria può trovare

supporto nell'art. 47 Cost., cui la Suprema corte pure fa riferi

mento, a norma del quale « la repubblica ... disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito », innanzitutto perché detta

disposizione, contemplando specificatamente l'attività creditizia,

porta ad escludere che essa rientri nella generale previsione dei

servizi pubblici essenziali preveduti nell'art. 43 Cost.; poi, in

quanto le funzioni di « disciplina » e di « coordinamento » quanto meno, se non quella di « controllo », non si attagliano a strutture

organizzative interne e proprie della p.a. e del servizio pubblico,

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Page 5: sentenza 24 maggio 1985, n. 92; Pres. Delfino, Est. Castiello; Banca popolare cooperativa di Pescopagano (Avv. Petrone) e Banco di Napoli (Avv. Foglia, Spirito) c. Commissione prov.

PARTE TERZA

ma presuppongono strutture esterne a quelle pubbliche, anche sotto il profilo oggettivo e non solamente soggettivo.

6. - L'indirizzo seguito dalle sezioni unite di Cassazione nella

menzionata sentenza 10 ottobre 1981 contraddice, inoltre, gli orientamenti che si desumono dalle direttive CEE in materia

creditizia, nelle quali la priorità riconosciuta al momento impren ditoriale bancario, rispetto al carattere discrezionale del controllo, si traduce indubbiamente nell'esaltazione del ruolo dell'autonomia

delle banche. In tal senso è esplicito l'orientamento manifestato

dalla Corte di giustizia della CEE (sent. n. 172 del 14 luglio 1981, id., 1982, IV, 473).

Cosi nel procedimento previsto nella direttiva 12 dicembre 1977 n. 780 sul « coordinamento delle legislazioni bancarie » per l'accesso all'esercizio dell'attività bancaria, l'intervento pubblico viene ridotto al puro e semplice riscontro del possesso di deter

minati requisiti da parte di chi intende entrare a far parte del settore del credito. E proprio in attuazione del riferito indirizzo la recente 1. 5 marzo 1985 n. 74, « delega al governo per l'attuazione della direttiva comunitaria n. 77/780 in materia creditizia » (Le leggi, 1985, 589), ha stabilito che la normativa dele

gata dovrà essere emanata nel rispetto di principi e criteri diretti

vi, tra i quali, anzitutto, si pone quello del « carattere d'impresa del l'attività degli enti creditizi ed assoggettamento di essa al regime dell'autorizzazione concessa dalla Banca d'Italia ai sensi del r.d.l. 12 marzo 1936 n. 357, e successive modifiche e integrazioni, sulla

base di requisiti oggettivi indipendenti dalla natura pubblica o

privata degli enti stessi ».

Nello stesso ordine di idee, al criterio dell'autorizzazione alla

costituzione di nuove aziende di credito ampiamente discrezionale e collegata alle esigenze del mercato, quale sinora prevista dall'art. 28 legge bancaria, viene sostituito il criterio dell'autoriz

zazione vincolata al riscontro della sussistenza dei requisiti sog

gettivi e oggettivi normalmente previsti: in pratica il provvedi mento autorizzativo di competenza dell'organo di vigilanza viene

trasformato in un mero atto di accertamento costitutivo, caratte

rizzato dall'assenza di discrezionalità, imponendosi inoltre l'obbli

go di motivazione dell'eventuale diniego e la formazione del

silenzio-rifiuto ove non si sia provveduto nel termine di legge sulla relativa domanda.

Può, quindi, concludersi sul punto sottolineando i profili siste

matici emergenti dalla direttiva comunitaria e dalla legge d'attua

zione i quali appunto consistono nell'evidenziamento del modulo

imprenditoriale nell'organizzazione e gestione dell'attività bancaria

cui è da ritenere, in definitiva, connaturata la qualifica di attività

privata socialmente rilevante, ma pur sempre privata. 7. - Le considerazioni che precedono inducono a ritenere

fondata la censura di violazione di legge per mancata applicazio ne dell'art. 22 1. n. 219/81 e dell'art. 2 1. reg. n. 32/83, nonché

dell'art. 2195 c.c. erroneamente interpretati, avanzata col primo ricorso.

È del pari fondata la censura, pure prospettata nello stesso

gravame, con la quale si lamenta che la decisione negativa della

commissione ex art. 22 1. n. 219 anzidetta ed il parere del

presidente della giunta regionale che ne costituisce il presupposto si pongono in contrasto con l'art. 22 medesimo, interpretato nel

senso di prevedere sovvenzioni solo ed esclusivamente in favore

di operatori economici piccoli e medi.

La 1. n. 219/81 tende all'obiettivo di favorire non solo la

ricostruzione, ma soprattutto lo sviluppo dei territori colpiti dal

sisma; obiettivo assunto e professato con carattere di priorità. La

ripetuta 1. 219 ha infatti per titolo « provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti ». Lo scopo con

essa perseguito è quello dell'« intervento della p.a. alla ricostru

zione ed alla rinascita dei territori colpiti ». Non si può pertanto, in mancanza di un'esplicita eccezione, escludere dal novero dei

destinatari dei benefici da essa recati un'azienda di credito in

applicazione della categoria quantitativo-dimensionale assunta a

criterio di negazione dell'identità di soggetto legittimato all'otte

nimento del contributo in questione. 8. - La considerazione della finalità di fondo della 1. 219/81,

consistente, come si è rilevato, nell'assecondamento dello sviluppo dei territori colpiti dal sisma, prioritariamente assunto rispetto alla finalità reintegratrice dei danni subiti, porta del pari all'ac

coglimento della censura proposta col secondo ricorso, secondo la

quale l'amministrazione intimata ha indebitamente discriminato

nell'ambito del settore terziario cui unitariamente si riferiva l'art.

22 escludendo illegittimamente le aziende di credito dalle provvi denze previste.

L'art. 22 1 n. 219 e l'art. 2 1. reg. n. 32/83 fanno riferimento

alle attività del commercio all'ingrosso e al minuto adottando una

formula che è vano voler definire di « portata ridotta », come

Il Foro Italiano — 1985.

erroneamente supposto nell'imputato parere del presidente della

giunta regionale, dal momento che la riferita formula, d'i per sé

tutt'altro che univoca nel senso preteso nel ripetuto parere, viene a completarsi con riferimento, di cui sempre al menzionato art.

22, alle attività ausiliarie del commercio. Di qui la necessaria

confìgurabilità dell'applicazione dell'anzidetta disposizione incenti

vante all'intero settore terziario complessivamente considerato e,

conseguentemente, l'arbitrarietà della discriminazione eseguita ai

danni della banca ricorrente.

Né la tesi riduttiva seguita dall'amministrazione presenta alcun

fondamento sotto il profilo logico, perché non trova giustificazio ne di sorta un'interpretazione della normativa in questione che

escluda la legittimazione degli operatori bancari al riconoscimento

delle provvidenze di cui si tratta, quasi che lo scemare della

produttività delle aziende di credito non abbia incidenza agli effetti della rinascita del territorio cui si riferisce la legge di

ricostruzione.

Di qui il vizio della decisione negativa della commissione e il

fondamento della censura di eccesso di potere e falsa applicazio ne di legge in cui è da ritenere sia incorsa l'amministrazione.

9. - Per le considerazioni che precedono entrambi i gravami meritano accoglimento e, previo assorbimento delle restanti cen

sure, deve pronunziarsi l'annullamento degli impugnati provvedi menti. (Omissis)

I

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SAR

DEGNA; sentenza 13 ottobre 1984, n. 679; Pres. Pala, Est.

Carella; Piredda (Avv. Abate) e. Comitato regionale di con

trollo di Oristano (Avv. dello Stato Caocci) e altro.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SAR

DEGNA; sentenza L3 ottobre 1984, n. 679; Pres. Pala, Est.

Sanitario — Psicologo — Trattamento economico — Parificazione

a quello dei medici psichiatrici — Legittimità (L. 18 marzo

1968 n. 431, provvidenze per l'assistenza psichiatrica, art. 2; d.m.

6 dicembre 1968, trattamento economico del personale medico

di ruolo in servizio presso le istituzioni psichiatriche dipendenti da enti pubblici, art. 3; 1. 21 giugno 1971 n. 515, modifica

dell'art. 5 1. 18 marzo 1968 n. 431, e nuove norme per l'utilizzo delle somme ivi previste, art. 3; 1. 23 dicembre 1978

n. 833, istituzione del servizio sanitario nazionale, art. 47, 68;

d.p.r. 1° giugno 1979 n. 191, disciplina del rapporto di lavoro

del personale degli enti locali, art. 25; d.p.r. 25 giugno 1983 n.

348, norme risultanti dalla disciplina prevista dagli accordi per il trattamento economico del personale delle unità sanitarie

locali).

È legittima l'attribuzione allo psicologo dei servizi psichiatrici del

trattamento economico pari a quello del medico psichiatra. (1)

II

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A

BRUZZO; sentenza 28 maggio 1984, n. 273; Pres. Schinaia, Est. D'Agostino; Palombi (Avv. Chiappetti, Scarpantoni) c. Provincia di Teramo.

Impiegato degli enti locali — Psicologo — Inquadramento —

Livello inferiore a medico psichiatra — Legittimità (L. 18 marzo 1968 n. 431, art. 5; d.m. 6 dicembre 1968; 1. 21 giugno 1971

n. 515, art. 2, 3; d.l. 29 dicembre 1977 n. 946, provvedimenti

urgenti per la finanza locale, art. 6; 1. 27 febbraio 1978 n. 43, conversione in legge, con modificazioni, del di. 29 dicembre

1977 n. 946, art. 1; 1. 13 maggio 1978 n. 180, accertamenti e

trattamenti sanitari volontari e obbligatori, art. 7; l. 23 dicem

bre 1978 n. 833, art. 47, 68; d.p.r. 1° giugno 1979 n. 191, art.

25; d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, all. 1, tab. A).

È legittimo l'inquadramento da parte della provincia dello psico

logo ad un livello inferiore a quello del medico psichiatra. (2)

(1-3) Queste tre pronunce, pur in riferimento ad una norma ormai

superata come l'art. 25 d.p.r. n. 191/79, nella diversità delle loro argomentazioni e conclusioni, illustrano efficacemente le incertezze e le tensioni relative alla definizione del ruolo degli psicologi non medici, specie nei confronti di quello dei medici psichiatri.

La sentenza del T.A.R. Sardegna si riferisce agli psicologi dei servizi psichiatrici, e ha deciso la questione della parificazione del solo trattamento economico, e non anche dello status di tali psicologi a quelli dei medici psichiatri, in un caso nel quale l'amministrazione si era orientata a favore di tale parificazione economica, con determina

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