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sentenza 24 marzo 1983, n. 76 (Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rel. De...

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sentenza 24 marzo 1983, n. 76 (Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rel. De Stefano; Tosca, Zammuto (Avv. Moscarini); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Albisinni). Ord. Comm. trib. I grado Roma 26 aprile 1980 (Gazz. uff. 11 febbraio 1981, n. 41); Ord. Comm. trib. II grado Roma 29 settembre 1980 (due) (id. 9 settembre 1981, n. 248) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1199/1200-1205/1206 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175491 . Accessed: 28/06/2014 17:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 17:37:03 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 24 marzo 1983, n. 76 (Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rel. DeStefano; Tosca, Zammuto (Avv. Moscarini); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoAlbisinni). Ord. Comm. trib. I grado Roma 26 aprile 1980 (Gazz. uff. 11 febbraio 1981, n. 41);Ord. Comm. trib. II grado Roma 29 settembre 1980 (due) (id. 9 settembre 1981, n. 248)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1199/1200-1205/1206Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175491 .

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PARTE PRIMA 1200

« concessione » prevista dalla 1. n. 10 del 1977. Tale conclusione,

del resto, collima con quella cui questa corte è già pervenuta:

pronunciandosi, infatti, specificamente sulla legittimità costituzio

nale degli art. 14 e 19 1. n. 10 del 1977 — oltre che degli art.

16 e 20 1. 22 ottobre 1971 n. 865 e dell'art, unico 1. 27 giugno 1974 n. 247 — denunciati in riferimento agli art. 3, 42, 3° comma,

e 53 Cost., questa corte ha avuto modo, con la sentenza n. 5 del

1980 (Foro it., 1980, I, 273), di respingere l'assunto, secondo cui,

in seguito all'assoggettamento dell'edificabilità dei suoli al rila

scio di una concessione, dovrebbe « ritenersi che lo ius aedificandi non inerisca più al diritto di proprietà », statuendo conseguente mente che, poiché « il proprietario dell'area ..., concorrendo ogni altra condizione, ha diritto ad ottenere la concessione edilizia » e

questa è «trasferibile con la proprietà», nonché «irrevocabile»,

«il diritto di edificare continua ad inerire alla proprietà». Ed

ha poi chiarito che « la concessione a edificare non è attributiva

di diritti nuovi, ma presuppone facoltà preesistenti, sicché sotto

questo profilo non adempie a funzione sostanzialmente diversa da

quella dell'antica licenza, avendo lo scopo di accertare la ricor

renza delle condizioni previste dall'ordinamento per l'esercizio

del diritto, nei limiti in cui il sistema normativo ne riconosce e

tutela la sussistenza».

7. - Le ordinanze in esame poggiano sul duplice presupposto che « la concessione conferisce al privato nuovi poteri o diritti

ampliando la sua sfera giuridica » e che, pertanto, « attraverso

la (apparentemente) innocua sostituzione della figura giuridica della concessione a quella della licenza », si sarebbe verificata « la riserva originaria ai comuni dello ius aedificandi », cioè l'in

troduzione, nel nostro ordinamento, del « principio rivoluzionario

che lo ius aedificandi si appartiene ai comuni e non ai privati». La prospettazione, oltre che meramente assertoria, è palesemente unilaterale ed angusta, come unilaterale ed angusto è il quadro di riferimento, nel senso che tutte le ordinanze conoscono solo la prima parte della proposizione di cui all'art. 42, 2° comma,

Cost., ignorando completamente la seconda parte. Come si è più sopra già rilevato la concessione dell'autorità è dovuta, oltre che trasferibile ed irrevocabile, escludendosi, quindi, ogni valutazione discrezionale: se l'opera edilizia per la quale si chiede la conces sione corrisponde alle previsioni degli strumenti urbanistici, l'au torità è tenuta a rilasciare la concessione. A fronte di questa di

sciplina è argomento manualistico lamentare che essa non corri

sponda alla tradizionale concezione dell'istituto in parola. Che, poi, sia stato riservato originariamente o trasferito al co

mune lo ius aedificandi, sicché il proprietario « potrà acquistare » da questo « la facoltà di edificare », ma pagando « una tassa per ciò che prima era suo e che gli è stato tolto », risulta perentoria mente asserito, ma privo di qualsiasi motivazione diversa dal ri chiamo alla costruzione concettuale dell'istituto della concessio ne. E questo insistito richiamo si risolve nel rifiuto globale di

ogni limite allo ius aedificandi, che appare in contraddizione col contestuale richiamo alla perenta licenza, la quale limitava an ch'essa l'esercizio del diritto di edificare. In sostanza, il giudice a quo, denunciando la norma che punisce chiunque esegua o pro segua lavori edilizi in difformità o in mancanza della concessione, chiede una pronuncia che comporti la caducazione, non tanto della legge impugnata, quanto di ogni disciplina in materia edi lizia. Ma per le considerazioni sopra esposte la questione va di chiarata destituita di ogni fondamento.

Per questi motivi, a) dichiara inammissibili per carenza di mo tivazione sulla rilevanza le ordinanze (528, 529, 530, 531, 532, 533, 534, 535, 536, 537, 538, 539, 540, 541, 542, 543 e 544 R.O.

1980) emesse dal Pretore di Trecastagni nei giorni 1°, 11, 15, 22, 29 febbraio 1980 e 14 marzo stesso anno (R.O. 528, 529 ecc.), con le quali veniva sollevata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, lett. b), 1. 28 gennaio 1977 n. 10, in riferimento agli art. 42 e 43 Cost.; b) dichiara non fondata la questione di legitti mità costituzionale degli art. 17, lett. b), e 1 1. 28 gennaio 1977 n. 10 e 36 1. reg. sic. 27 dicembre 1978 n. 71, sollevata in riferi mento agli art. 42 e 43 Cost, dal Pretore di Trecastagni con le ordinanze emesse I'll febbraio 1980 (R.O. 415/1980 e 488, 489, 490 e 491/1981).

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 marzo 1983, n. 76

(Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rei. De

Stefano; Tosca, Zammuto (Avv. Moscarini); interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato Albisinni). Ord. Comm. trib.

I grado Roma 26 aprile 1980 (Gazz. uff. 11 febbraio 1981, n.

41); Ord. Comm. trib. II grado Roma 29 settembre 1980 (due)

(id. 9 settembre 1981, n. 248).

Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Reddito imponibile — Detrazioni delle spese per carichi familiari — Limiti — Que

stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 29, 30,

31, 53; d. p.r. 29 settembre 1973 n. 597, istituzione e disci

plina dell'imposta sul reddito delle persone fìsiche, art. 10, 15;

1. 13 aprile 1977 n. 114, modificazioni alla disciplina dell'impo sta sul reddito delle persone fisiche, art. 4, 5, 17).

Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Redditi imponibili dei coniugi — Accertamento separato — Questione infondata

di costituzionalità (Cost., art. 3, 29, 31, 53; 1. 12 novembre

1976 n. 751, norme per la determinazione e la riscossione delle

imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria, art. 3, 6).

Reddito delle persone fisiche (imposta sul) — Reddito imponibile — Interessi passivi per l'acquisto di casa di famiglia — Detra

zione da parte del coniuge del proprietario — Limiti — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 29, 30, 31,

53; 1. 12 novembre 1976 n. 751, art. 1).

È inammissibile, perché irrilevante ai fini della decisione del giu dizio di merito, la questione di legittimità costituzionale degli art. 10, 15 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597, 4, 5, 1° comma, 17 l. 13 aprile 1977 n. 114, nella parte in cui: a) stabiliscono

che, ai fini dell'i.r.p.e.f. il reddito sia imputato al soggetto che lo produce, escludendo dalla categoria dei soggetti d'imposta i familiari sprovvisti di redditi propri; b) vietano per il sogget to produttore di reddito la deduzione degli oneri effettivamen te sopportati nell'interesse degli altri membri della famiglia, prevedendo detrazioni d'imposta fisse per le persone a carico; c) prescrivono che gli interessi passivi pagati per l'acquisto della casa di abitazione non possono essere dedotti dal coniuge unico produttore di reddito nel caso l'immobile sia intestato all'altro coniuge, in riferimento agli art. 3, 29, 30, 31, 53 Cost. (1)

£ infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 3, 6 I. 12 novembre 1976 n. 751, nella parte in cui prevedono l'accertamento separato dei redditi dei coniugi, in riferimento agli art. 3, 29, 31, 53 Cost. (2)

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1

l. 12 novembre 1976 n. 751 e degli art. 19, 20 l. 13 aprile 1977

n. 114, nella parte in cui non consentono la detrazione da

parte del coniuge dell'intestatario, degli interessi passivi pagati

per l'acquisto dell'abitazione familiare ed eccedenti il reddito

catastale della stessa nell'ipotesi in cui l'intestatario non pos

segga altri redditi, in riferimento agli art. 3, 29, 30, 31, 53 Cost. (3)

(1-3) L'ordinanza di rinvio Comm. trib. 1 grado Roma 26 aprile 1980 è riassunta in Foro it., 1981, III, 664, con nota di richiami

(v., inoltre, il commento favorevole di Lambert, in Fisco, 1980, 2544, e la nota redazionale adesiva in Bollettino trib., 1980, II, 1039), men tre le due rimessioni, di identico contenuto, della Comm. trib. II grado Roma 29 settembre 1980 sono riportate in Giur. costit., 1981, II, 889.

I problemi affrontati dalla sentenza qui riportata si riconnettono

all'esigenza, già segnalata dalla pronuncia che dichiarò illegittimo il cumulo dei redditi (Corte cost. 14 luglio 1976, n. 179, Foro it., 1976, I, 2035), ed ora ulteriormente ribadita, di prevedere un sistema tri butario più flessibile, tale da evitare discriminazioni tra famiglie il cui reddito è percepito da un solo soggetto e quello in cui, all'op posto, è da imputare ad entrambi i coniugi. In tal senso v. le rimes sioni effettuate da Comm. trib. II grado Roma 26 marzo 1981, id., Rep. 1981, voce Reddito delle persone fisiche (imposta sul), n. 152; nonché Comm. trib. I grado Roma 27 marzo 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 168, a cui dire la 1. 751/76, prevedendo detrazioni fisse

per i familiari a carico, non tiene conto del loro effettivo peso sul reddito del contribuente ed è, quindi, fondata sul principio della produzione del reddito e non su quello del possesso.

In dottrina il problema è stato particolarmente dibattuto dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale della normativa sul cu mulo dei redditi (ma non solo allora). A chi difende il sistema delle detrazioni d'imposta, criticando però la loro esiguità (Botticelli, Cumulo dei redditi familiari: torna attuale il problema della tassa zione equa, in Tributi, 1980, fase. 6, 5; v., inoltre, Perrone, Il cumulo dei redditi familiari: costituzionalmente illegittimo o soltanto iniquo?, in Giur. costit., 1976, I, 2189 ss., che, peraltro, ritiene legittimo il cumulo cosi come era previsto dalla 1. 576/75 (c. d. miniriforma Visentini). Aderiva a tale opinione anche Fedele, « Possesso » dei redditi, capacità contributiva ed incostituzionalità del « cumulo », ibid., 2159), si contrappongono coloro che propendono per una revisione del sistema impositivo italiano alla luce delle esperienze di altri paesi (splitting, quoziente familiare) peraltro richiamate dalla sen tenza 179/76 (Ciani, Ancora sull'unità impositiva dell'i.r.p.e.f., in Riv. dir. fin., 1980, I, 136 ss.; S. Gallo, Regime fiscale della famiglia e principio di capacità contributiva, id., 1977, I, 92 ss. Per una ras segna delle soluzioni adottate nelle varie legislazioni v. Olivo, Breve analisi comparata del sistema attuale di tassazione dei redditi dei coniugi, in Nuova riv. trib., 1980, 511 ss.; nonché Organisation de

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - Le tre ordinanze, di cui in narrativa, sottopon gono alla corte questioni di legittimità costituzionale, in parte identiche in parte connesse; pertanto i relativi giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - La Commissione tributaria di primo grado di Roma de

nuncia, per contrasto con gli art. 3, 29, 30, 31 e 53 Cost., gli art.

1, 3° comma, 1. 12 novembre 1976 n. 751, 4, 5, 1° comma, 17 e

20 1. 13 aprile 1977 n. 114, 10 e 15 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 597,

coopération et développement économiques, La situation des urtités

familiales au regard de l'impót et des transferts sociaux dans les pays membres de l'Ocde. Un rapport du Comité des affaires fiscales, Paris, 1977, 71 ss. Nutrita, poi la schiera di quanti hanno posto in luce i problemi suscitati da una imposizione strettamente individuale, senza riferimenti alla capacità contributiva della famiglia. V. in tal senso, tra gli altri, Salvetti Grippa, Cumulo dei redditi e Costituzione, in

Foro it., 1976, I, 2530; Stefani, Imposta personale, cumulo dei redditi e capacità contributiva, in Bollettino trib., 1976, 1637 ss.; Granelli, in nota alla sentenza 179/76 della Corte cost., ibid., 1160; Santella, Il cumulo dei redditi alla luce della recente sentenza della Corte

costituzionale, in Rass. imp. dir., 1976, 753 ss. V., inoltre, Provini, Il cumulo e la diversificazione dei redditi, in Bollettino trib., 1976, 1, 1401 ss., che propone di utilizzare il cumulo come uno strumento

per la diversificazione dei redditi, consentendo al cumulo quando « uno o entrambi i redditi (dei coniugi) sono di lavoro subordinato o

autonomo »). Il legislatore non ha mai dato seguito alle raccomandazioni della

Corte costituzionale in merito alla previsione di un sistema imposi tivo che tenga conto dell'unione familiare, motivando con le difficoltà che si sarebbero venute a creare per l'amministrazione finanziaria e

per i cittadini in caso di adozione di un sistema molto differenziato e complesso (v. la relazione al disegno di legge n. 335, presentato durante la VII legislatura al Senato dal ministro delle finanze Pan dolfi e quella presentata sul medesimo disegno di legge dalla VI com missione permanente). Per la estensione, a fini perequativi, della di

sciplina dell'impresa familiare, ad ogni altra attività lavorativa svolta

nella famiglia v. la proposta di legge n. 1229 presentata alla Camera il 4 gennaio 1980.

Per quanto attiene all'indeducibilità degli oneri sostenuti (formal mente) dal coniuge privo di redditi cfr. Comm. trib. centrale 22 gen naio 1980, n. 650, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 147, e Comm. trib. II grado Cuneo 15 febbraio 1979, ibid., 169, che, oltrettutto, ritenne manifestamente infondata la questione di costituzionalità di tale pre visione. V. inoltre Comm. trib. I grado Verbania 18 dicembre 1979, ibid., 148, che, esaminando una dichiarazione presentata congiunta mente, nonostante uno dei due coniugi fosse esentato da tale obbligo, ha negato la possibilità di conteggiare le detrazioni astrattamente ri

conosciutegli. In dottrina, ma in riferimento al testo originario dell'art. 10 d.p.r.

597/73, v. Berliri, L'imposta sul reddito delle persone fisiche, Mi

lano, 1977, 44, e Napolitano, L'imposta sul reddito delle persone fisiche, Roma, 1974, 107, che rilevano come le detrazioni previste da

tale norma attengano anche alle spese effettuate dal dichiarante nel

l'interesse delle persone i cui redditi gli sono imputati ovvero verso le quali è tenuto per legge al mantenimento.

I dubbi di legittimità costituzionale inerenti ai profili fiscali del

regime patrimoniale della famiglia non sono però limitati al problema

degli oneri deducibili, estendendosi alle norme sull'imputazione dei

redditi del minore. Secondo Comm. trib. I grado Pistoia 13 marzo

1979, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 110; Comm. trib. I grado Milano 7 giugno 1978, id., Rep. 1980, voce cit., n. 131; Comm. trib.

I grado Monza 7 giugno 1978, id., Rep. 1981, voce cit., n. 109, ila 1. 751/76 non consentirebbe di ripartire il reddito del minore tra

ambedue i coniugi nel caso non fossero entrambi possessori di redditi

propri, concretandosi in tal modo una violazione dei precetti costitu zionali e, segnatamente, degli art. 3 e 29 Cost, per il collegio toscano, e degli art. 3 e 53 per le altre due autorità remittenti. Sul punto v.

però il diverso parere della copiosa giurisprudenza che ha ammesso

la possibilità di effettuare la ripartizione del reddito tra i genitori anche se uno di essi era privo di cespiti propri: Comm. trib. centrale 24 marzo 1981, n. 3546, ibid., n. 113; 12 febbraio 1981, n. 1618, ibid., n. 114; 12 febbraio 1981, n. 1610, ibid., n. 115; 12 febbraio

1981, n. 1604, ibid., n. 116; 2 dicembre 1980, n. 12558, ibid., n. 117; 25 novembre 1980, n. 12274, ibid., n. 118; 20 novembre 1980, n. 11996,

ibid., n. 119; 13 ottobre 1980, n. 9684, ibid., n. 120; 10 giugno 1980, n. 6708, ibid., n. 121; 17 aprile 1980, n. 4448, id., Rep. 1980, voce

cit., n. 198.

Nell'ipotesi in cui si tratti di redditi sottratti all'usufrutto legale viene censurata di illegittimità la previsione del cumulo fatta dagli art. 2, n. 3, 1. 825/71, 4, lett. b), d.p.r. 597/73 <v. ora la modifica

effettuata dall'art. 4 1. 114/77 che prevede il cumulo per i soli red

diti soggetti ad usufrutto legale), 3, 46, 56, 57 d.p.r. 600/73, 1, 2° com

ma, 1. 751/76 (Comm. trib. I grado Livorno 7 marzo 1978, ibid., n. 193), ma v. Comm. trib. centrale 7 aprile 1981, n. 3998, id.. Rep.

1981, voce cit., n. 122, che esclude il cumulo per i redditi da lavoro

del minore. Infine, per quanto riguarda il problema della deduzione degli inte

ressi passivi, v. Corte cost. 27 settembre 1982, n. 143, id., 1982, I,

2712, con ampia nota di richiami, che ha riconosciuto la legittimità sia dell'indicazione di un tetto massimo alla detrazione, sia la sua

limitazione ai mutui garantiti da ipoteca su immobili.

nella parte in cui tali articoli: a) prescrivono che ai fini dell'im

posta sul reddito delle persone fisiche (i.r.p.e.f.) il reddito sia im

putato al soggetto che lo produce, ed escludono dalla categoria dei soggetti d'imposta i familiari sprovvisti di redditi propri; b) vietano al soggetto che produce il reddito, di dichiarare la quota (del reddito prodotto) destinata ad altri membri della famiglia, e di dedurre oneri sopportati nell'interesse di questi; c) prescri vono che gli oneri per gli interessi passivi per l'acquisto della casa di abitazione della famiglia, non possono essere detratti dal reddito complessivo del nucleo familiare, e quindi anche dal red dito del coniuge che li ha effettivamente sostenuti, ma soltanto dal reddito del coniuge intestatario del bene; d) prevedono detra zioni fisse di imposta per le persone a carico.

Analoghe censure la Commissione tributaria di secondo grado di Roma, in due ordinanze di contenuto pressoché identico, ri

volge, in riferimento agli art. 3, 29, 31 e 53 Cost., agli art. 3 e 6 1. 12 novembre 1976 n. 751, « in quanto prescrivono d'obbligo l'accertamento dei redditi dei coniugi separatamente », ed agli art. 19 e 20 1. 13 aprile 1977 n. 114, «in quanto prescrivono che

gli oneri per gli interessi pagati per l'acquisto della casa di abi tazione della famiglia non possono essere detratti dal reddito

complessivo del nucleo familiare, e quindi anche dal reddito del

coniuge che li ha effettivamente sostenuti, e prevedono detrazioni fisse per le persone a carico ».

3. - Va preliminarmente osservato che la Commissione tributa ria di primo grado di Roma è chiamata a pronunciarsi, come si rileva dalla stessa ordinanza, su un ricorso proposto contro la cartella esattoriale relativa all'applicazione dell'i.r.p.e.f. sul red dito posseduto dal contribuente nel 1974 e dichiarato nel 1975. Ma le disposizioni dei denunciati art. 4 e 5, 1° comma, 1. n. 114 del 1977 hanno effetto — come stabilisce l'art. 23, 1° comma, del la stessa legge — dal 1" gennaio 1976 relativamente ai redditi

posseduti da tale data ed alle conseguenti dichiarazioni da pre sentare nell'anno 1977. Inoltre, il denunciato art. 17 della cen nata legge è entrato in vigore, a norma del successivo art. 28, il

giorno seguente a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta

ufficiale (16 aprile 1977), e quindi riguarda le dichiarazioni da

presentare dopo tale data, concernenti perciò i redditi posseduti nel 1976. Infine, il denunciato art. 20 della legge in parola — se condo quanto prescrive il citato art. 23, al comma 3° — ha ef fetto dal 1° gennaio 1975 relativamente ai redditi posseduti da

tale data.

Anche i nuovi testi degli art. 10 e 15 d.p.r. n. 597 del 1973,

quali sostituiti dagli art. 5 e 6 1. n. 114 del 1977, egualmente de nunciati con l'ordinanza in parola, hanno effetto — come statui sce il ricordato 1" comma dell'art. 23 della stessa legge — dal 1°

gennaio 1976 relativamente ai redditi posseduti da tale data ed

alle dichiarazioni da presentare nell'anno 1977; neppur essi, per tanto, sono applicabili alla dichiarazione presentata dal ricor rente nel 1975 per il reddito da lui posseduto nel 1974.

Nell'ordinanza di rimessione si afferma che la sollevata que stione di legittimità costituzionale «non concerne soltanto la

disciplina della tassazione dei redditi familiari del 1974, ma la

stessa disciplina attuale»; va però osservato in proposito che la

sopravvenuta disciplina non è certo applicabile, per le ragioni

esposte, nel giudizio a quo. La censura di illegittimità costituzio

nale che la investe, appare perciò prospettata su di un piano astratto, non sussistendo quella concreta pregiudizialità imposta dall'art. 23 1. 11 marzo 1953 n. 87, a norma del quale la questione

può essere sollevata soltanto « qualora il giudizio non possa es

sere definito indipendentemente dalla risoluzione » di essa. De

vesi, pertanto, dichiarare — come richiesto dall'avvocatura dello

Stato — la inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questio ne sollevata dalla prefata commissione in ordine agli indicati

art. 4, 5, 1° comma, 17 e 20 1. n. 114 del 1977, e 10 e 15 d.p.r. n.

597 del 1973, nel testo sostituito con gli art. 5 e 6 1. n. 114 del

1977.

4. - Per quanto concerne le due ordinanze della Commissione

tributaria di secondo grado di Roma, esse, come esposto in nar

rativa, provengono da due procedimenti vertenti sulla deduzione, dal reddito dello stesso contribuente, degli interessi passivi del

mutuo ipotecario gravante sull'appartamento adibito ad abitazio

ne della famiglia ed intestato alla moglie: il primo procedimento ha riferimento alla dichiarazione per l'i.r.p.e.f. presentata dal

contribuente nel 1975 per il reddito posseduto nel 1974; il secon

do alla dichiarazione presentata nel 1976 per il reddito del 1975.

Il giudice a quo denuncia in entrambe le ordinanze gli art. 3 e

6 1. n. 751 del 1976 e gli art. 19 e 20 1. n. 114 del 1977. Ma gli art. 3 e 6 1. n. 751 del 1976, applicabili alla determinazione del

l'i.r.p.e.f. per il 1974, non spiegano effetto per gli anni successi

vi; mentre, dal loro canto, gli art. 19 e 20 1. n. 114 del 1977 han

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1203 PARTE PRIMA 1204

no effetto dal 1° gennaio 1975 relativamente ai redditi posseduti da tale data (art. 23, ult. comma, della stessa legge), ma non sono

applicabili alla determinazione dell'i.r.p.e.f. per il 1974. Va, per

tanto, dichiarata la inammissibilità, per difetto di rilevanza, della

questione sollevata con la prima ordinanza (R.O. n. 229 del 1981) in ordine agli art. 19 e 20 1. n. 114 del 1977, e della questione sollevata con la seconda ordinanza (R.O. n. 230 del 1981) in

ordine agli art. 3 e 6 1. n. 751 del 1976.

5. - Ai fini dell'esame del merito residuano, pertanto, le que stioni che possono cosi puntualizzarsi:

A) se contrastino con gli art. 3, 29, 31 e 53 Cost, gli art. 3 e 6

1. n. 751 del 1976, in quanto prescrivono d'obbligo l'accertamento

separato dei redditi dei coniugi; B) se contrastino con gli art. 3, 29, 30, 31 e 53 Cost, gli art. 1,

3° comma, 1. n. 751 del 1976 e 19 e 20 il. n. 114 del 1977, in rela

zione al testo originario dell'art. 10 d.p.r. n. 597 del 1973, nella

parte in cui escludono la deducibilità dal reddito complessivo del coniuge che lo ha effettivamente sostenuto, dell'onere per gli interessi passivi pagati per mutuo ipotecario gravante sulla casa

di abitazione della famiglia, intestata all'altro coniuge, sfornito di redditi propri all'infuori del reddito catastale derivante dalla

proprietà della casa suddetta e di ammontare inferiore a quello

degli interessi medesimi.

Nei termini sopra esposti, infatti, la corte, in armonia con

la propria giurisprudenza (da ultimo sentenze nn. 137 e 151 del

1980, Foro it., 1980, I, 2960 e 1981, I, 2; n. 42 del 1981, id., 1981,

I, 1228), precisa l'oggetto delle questioni sulle quali è chiamata

a pronunciarsi.

6. - La questione puntualizzata sub A non è fondata.

Giova ricordare che questa corte, con sentenza n. 179 del 1976

(id., 1976, I, 2035), ebbe a dichiarare la illegittimità costituzio

nale, per contrasto con gli art. 3, 29 e 53 Cost, (gli stessi parame tri ora invocati dal giudice a quo, oltre all'art. 31, al quale, pe raltro, la corte non mancò di fare riferimento nella motivazione

della cennata sentenza), della normativa allora denunciata, pro

prio nella parte in cui essa prevedeva l'imputazione al marito

dei redditi della moglie ed il cumulo dei redditi di entrambi i

coniugi ai fini dell'applicazione dell'imposta complementare e del

l'imposta sul reddito delle persone fisiche. La pronuncia della cor

te spiegava i suoi effetti immediati e diretti unicamente nei con

fronti di norme legislative che ormai non potevano trovare applica zione oltre l'ambito dei rapporti giuridici già sorti e non ancora

interamente esauriti, mentre non venivano colpite le norme della

successiva 1. 2 dicembre 1975 n. 576, che avevano disciplinato, con effetto dal 1° gennaio 1975, l'imposizione sui redditi dei co

niugi secondo criteri parzialmente diversi.

La 1. n. 751 del 1976, i cui art. 3 e 6 sono ora sottoposti, sotto

l'indicato profilo, a verifica della loro legittimità costituzionale, è

stata appunto emanata — come risulta non soltanto dal suo ar

gomento, ma esplicitamente dai relativi atti parlamentari — per far fronte ad una situazione di emergenza, e cioè per soddisfare « l'esigenza di un sollecito intervento legislativo diretto a regolare

gli effetti di tale pronuncia su quei rapporti giuridici, riguardanti i predetti tributi, che ne risultano immediatamente influenzati; ciò allo scopo di consentire la definizione di tali rapporti tribu

tari e la riscossione delle imposte dovute dai coniugi, alla stre

gua delle statuizioni della corte ». Nel disporre il separato accer tamento dei redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti, in luogo del cumulo previsto dalle preesistenti norme delle quali era stata dichiarata la illegittimità costituzionale, le norme ades

so impugnate si sono adeguate alla richiamata pronuncia della

corte, dalla cui motivazione, pertanto, discende per converso la infondatezza della proposta questione.

7. - Ben vero che nella stessa sentenza n. 179 del 1976, la cor

te, conclusa la sua argomentazione, ha espresso « l'auspicio che sulla base delle dichiarazioni dei propri redditi fatte dai coniugi, ed in un sistema ordinato sulla tassazione separata dei rispettivi redditi complessivi, possa essere data ai coniugi la facoltà di op tare per un differente sistema di tassazione (espresso in un solo senso o articolato in più modi) che agevoli la formazione e lo

sviluppo della famiglia e consideri la posizione della donna ca

salinga e lavoratrice». Ma non può certo sostenersi che il legisla tore abbia violato gli invocati parametri costituzionali sol perché in una normativa, come quella denunciata, emanata a pochi mesi dalla sentenza con l'espresso intento di adeguarsi alle sue statui zioni e in un ambito circoscritto alla determinazione e riscossione delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e prece denti, non ha trovato eco la raccomandazione rivoltagli dalla corte.

Raccomandazione che, peraltro, non ha avuto seguito nem meno nella successiva 1. n. 114 del 1977, con la quale è stata

operata la revisione della nuova normativa dettata dalla citata

1. n. 576 del 1975 e non direttamente investita dalla decisione

della corte, adeguando ai principi da questa affermati la strut

tura dell'imposta personale, con totale abbandono del sistema

di cumulo dei redditi dei coniugi. Dai relativi atti parlamentari si evince, infatti, che non si è ritenuto possibile ed opportuno realizzare in quell'occasione l'auspicio espresso dalla corte, con

l'offrire ai coniugi sistemi alternativi di tassazione personale,

quali quello del quoziente familiare, dello splitting, del cumulo

facoltativo, accolti in alcune legislazioni straniere. Pur non di

sconoscendo a tali sistemi il pregio di apprestare, in determinate

situazioni, strumenti più adeguati alla tassazione dei redditi fa

miliari, si è allora osservato che la intrinseca complessità di tali

sistemi postula valutazioni e scelte non sempre facili, nonché

una modulistica assai differenziata. « L'introduzione di essi — si

legge nella relazione che accompagna il disegno di legge di ini

ziativa governativa — nell'attuale delicato momento di ancora

iniziale avvio della riforma tributaria, caratterizzato da una non

completa informazione tributaria dei cittadini e da condizioni

di operatività dell'amministrazione finanziaria non del tutto ade

guate, finirebbe con il creare una intollerabile situazione di in

certezza e di ingovernabilità del tributo, con gravi e negative

ripercussioni nell'ormai consolidato sistema di ritenuta alla fonte

sui redditi di lavoro subordinato, che esonera larga parte dei

contribuenti da adempimenti ed oneri connessi con l'obbligo della dichiarazione dei redditi ».

Il legislatore, dunque, nell'approvare la 1. n. 114 del 1977, ha, in buona sostanza, sulla base delle considerazioni testé ricordate, che fanno soprattutto leva su circostanze di carattere temporale, connesse all'attuazione della riforma tributaria, rinviato ad una

fase successiva l'introduzione, nel sistema della tassazione sepa rata dei redditi dei coniugi, di opportuni temperamenti. Ne fa

fede l'ordine del giorno allora accolto, con il quale il governo assumeva appunto l'impegno di riconsiderare il problema, e di

proporre al parlamento « una nuova e definitiva disciplina »,

pienamente aderente al criterio della tassazione separata, ma con la facoltà per i coniugi « di optare per un differente sistema di

tassazione che agevoli la formazione della famiglia in conformità

all'art. 31 Cost.; elimini totalmente ogni possibile disparità di trattamento rispetto ad altri istituti tributari riguardanti la fa

miglia; tenga concretamente conto della posizione dei coniugi, e della donna casalinga in particolare, nell'ambito del nuovo diritto di famiglia».

In proposito la corte deve ribadire che il sistema del cumulo, imposto senza possibilità di alternative, risulta lesivo dei prin cipi costituzionali che sono a base della sua precedente pronun cia; principi ai quali appare, invece, aderente il sistema della

separata tassazione, dal quale il legislatore non può prescindere, dovendo riconoscere ai coniugi, in ogni caso, il diritto di chie derne l'applicazione. Spetta, peraltro, allo stesso legislatore di

apprestare rimedio alle sperequazioni, che da tale sistema, rigida mente applicato, potrebbero derivare in danno della famiglia nella quale uno solo dei coniugi possegga reddito tassabile, ri

spetto a quella in cui ambedue i coniugi posseggano reddito, pari nel complessivo ammontare a quello della famiglia mono

reddito, ma soggetto a tassazione separata, con aliquote più lievi, per le due componenti. La innegabile esigenza di correggere tali effetti distorsivi, nella prospettiva di quel favor familiae cui s'informa l'art. 31 Cost., può, invero, venire appagata sia con oculata scelta di un sistema alternativo, suscettibile di essere affiancato in via opzionale al sistema della tassazione separata, sia anche all'interno di quest'ultimo, ristrutturando gli oneri deducibili e le detrazioni soggettive dall'imposta per meglio ade

guarli all'esigenza medesima. Ampi, infatti, sotto ambedue gli aspetti, sono gli spazi entro i quali, nel rispetto dei principi richiamati dalla corte, può esercitarsi la discrezionalità del le

gislatore, cui incombe di assolvere l'impegno a tal riguardo as sunto or sono sei anni.

8. - Alla luce delle suesposte considerazioni, anche l'altra

questione, puntualizzata sub B, va dichiarata non fondata. Occorre in proposito ricordare che, anteriormente alla richia

mata pronuncia di questa corte (n. 179 del 1976), entro l'ambito del sistema del c.d. cumulo dei redditi dei coniugi, l'art. 10

d.p.r. n. 597 del 1973, nel suo testo originario, prevedeva, alla lett. c) del comma 1°, che gli interessi passivi fossero dedotti dal reddito complessivo del contribuente, anche se il relativo onere non fosse stato sostenuto dal medesimo, ma dalla moglie, il cui reddito, peraltro, per il disposto dell'art. 4, lett. a), dello stesso decreto, veniva a lui imputato, ai fini della determinazione del reddito complessivo soggetto a tassazione.

Tale sistema, in vigore per i redditi posseduti sino a tutto il

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

1974, era stato temperato dalla citata 1. n. 576 del 1975, la quale, con effetto dal 1° gennaio 1975 e relativamente ai redditi pos seduti da tale data, aveva disposto, all'art. 2, che se il reddito

complessivo lordo dei coniugi non superasse i sette milioni di

lire annui, l'imposta venisse commisurata separatamente sul red

dito proprio di ciascuno dei coniugi, al netto degli oneri di cui al citato art. 10 d. n. 597 del 1973, « riferibili ad ognuno di essi »; mentre aveva mantenuto, all'art. 1, il cumulo ove il reddito com

plessivo lordo dei coniugi fosse d'importo superiore ai sette

milioni. Dichiarata da questa corte, con la sentenza n. 179 del 1976,

la illegittimità costituzionale del sistema del cumulo, nei limiti

innanzi richiamati, il legislatore, in aderenza ai principi ivi af

fermati, ha disposto, con la citata 1. n. 751 del 1976, relativa

mente ai redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti, che

l'imposta venga commisurata separatamente sul reddito comples sivo proprio del marito e su quello della moglie. Circa gli oneri

previsti dall'art. 10 d. n. 597 del 1973 — venuta meno, per ef

fetto della pronuncia di questa corte, la imputazione al marito

dei redditi della moglie — il denunciato comma 3° dell'art. 1

della stessa legge ha statuito che essi « sono deducibili dal red

dito complessivo del coniuge che li ha sostenuti » ; ed il succes

sivo art. 3 ha ribadito che i redditi complessivi propri del marito

e della moglie vengono determinati « al netto degli oneri riferibili

a ciascuno di essi».

Analogamente, per i redditi posseduti dai coniugi nell'anno

1975 (e dichiarati nel 1976), la successiva 1. n. 114 del 1977, abro

gando le norme dettate dalla 1. n. 576 del 1975, ha disposto, con

i denunciati art. 19 e 20, che l'imposta si applica separatamente sul reddito complessivo netto di ciascun coniuge; e che gli oneri

previsti dall'art. 10 d. n. 597 del 1973, « sono deducibili dal red

dito complessivo del coniuge che li ha sostenuti».

Pur con questa modifica, che consegue all'adozione del siste

ma di tassazione separata del reddito dei coniugi, le denunciate

norme fanno ancora riferimento, per quanto riguarda i tipi di one

ri riconosciuti deducibili, al testo originario del citato art. 10 (le innovazioni apportate in proposito dall'art. 5 1. n. 114 del 1977, hanno invero effetto, ai sensi degli art. 20, ult. comma, e 23 della

legge medesima, dal 1" gennaio 1976, relativamente ai redditi

posseduti da tale data: e si è già rilevato che le controversie al

l'esame dei giudici a quibus concernono, invece, redditi posse duti dai coniugi nel 1974 e nel 1975). Per il combinato disposto di tali norme, qualora si tratti di interessi passivi relativi ad un

mutuo, trova puntuale e razionale applicazione il principio che

l'onere viene dedotto dal reddito del contribuente che lo sostiene;

e cioè, nel caso, dal reddito del mutuatario, giuridicamente te

nuto (art. 1815 e 1820 c.c.) al pagamento dei relativi interessi.

Una volta che il reddito della moglie non viene più imputato al

marito, ma è sottoposto ad autonoma tassazione, e che gli oneri

sostenuti dalla prima vengono dedotti dal reddito medesimo, e

non più dal coacervo dei redditi dei coniugi, il principio non può

non valere anche per gli interessi passivi di un mutuo, del quale

mutuataria sia la moglie, tenuta perciò, essa sola, al pagamento

degli interessi medesimi.

Nei giudizi a quibus si controverte sulla deducibilità di inte

ressi passivi pagati per mutuo ipotecario gravante sulla casa di

abitazione della famiglia: casa, peraltro, intestata unicamente

alla moglie, sola mutuataria, sfornita di redditi propri all'infuori

del reddito catastale derivante dalla proprietà della casa medesi

ma. Le ordinanze di rimessione lamentano che in tale fattispecie

le denunciate norme non consentano la deduzione dal reddito

del marito di quella parte dell'onere per interessi passivi, che

eccede l'ammontare del reddito catastale imputato alla moglie e

non può pertanto essere dedotto da quest'ultimo: e in ciò ravvi

sano violazione degli art. 3, 29, 30, 31 e 53 Cost.

La corte ritiene che nessuno degli invocati parametri possa

avvalorare la mossa censura di illegittimità costituzionale. Le

denunciate norme, infatti, operano nell'ambito di un sistema

che, escludendo ai fini della tassazione il cumulo dei redditi dei

coniugi e la conseguente indifferenziata deduzione dal cumulo

medesimo degli oneri sostenuti dal marito o dalla moglie, trae

ispirazione proprio dagli stessi precetti costituzionali, che ora

vengono invece posti a base della sollevata questione.

Non si nega che dall'applicazione delle contestate norme alla

descritta fattispecie possa derivare uno di quegli eventuali ef

fetti distorsivi del sistema di tassazione separata del reddito dei

coniugi, ai quali si è già fatto riferimento. Soprattutto se si con

sideri che la « proprietà dell'abitazione » è un obiettivo il cui

perseguimento va incoraggiato, non soltanto favorendo — come

prevede il 2° comma dell'art. 47 Cost. — l'accesso ad essa del ri

sparmio popolare, ma improntando anche ad eguale favore il

regime fiscale che la concerne, tanto al momento dell'acquisizione dell'immobile, quanto in costanza della sua destinazione ad al

loggio del nucleo familiare del contribuente che lo possiede. Ma, come si è affermato nella sentenza n. 179 del 1976, e si ribadisce in questa, è il legislatore che deve apprestare adeguati rimedi ai

possibili effetti distorsivi del sistema, operando le più convincenti scelte normative nell'ambito di quel potere discrezionale, il cui

esercizio si sottrae al sindacato di questa corte tutte le volte che

non sconfini nella irrazionalità e nell'arbitrio.

Per questi motivi, riuniti i procedimenti iscritti ai nn. 898 R.O.

1980, 229 e 230 R.O. 1981, 1) dichiara inammissibile la questio ne di legittimità costituzionale degli art. 4, 5, 1° comma, 17 e 20

1. 13 aprile 1977 n. 114 (modificazioni alla disciplina dell'impo sta sul reddito delle persone fisiche), 10 e 15 d.p.r. 29 settembre

1973 n. 597 (istituzione e disciplina dell'imposta sul reddito delle

persone fisiche), nel testo sostituito con gli art. 5 e 6 predetta 1.

n. 114 del 1977, sollevata, in riferimento agli art. 3, 29, 30, 31 e

53 Cost., con l'ordinanza emessa il 26 aprile 1980 (R.O. n. 898

del 1980) dalla Commissione tributaria di primo grado di Roma;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituziona

le degli art. 19 e 20 1. 13 aprile 1977 n. 114 (modificazioni alla

disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche), solle

vata, in riferimento agli art. 3, 29, 31 e 53 Cost., con l'ordinanza

emessa il 29 settembre 1980 (R.O. n. 229 del 1981) dalla Commis

sione tributaria di secondo grado di Roma; 3) dichiara inammis

sibile la questione di legittimità costituzionale degli art. 3 e 6 1.

12 novembre 1976 n. 751 (norme per la determinazione e riscos

sione delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e

precedenti e altre disposizioni in materia tributaria), sollevata, in

riferimento agli art. 3, 29, 31 e 53 Cost., con l'ordinanza emessa

il 29 settembre 1980 (R.O. n. 230 del 1981) dalla Commissione

tributaria di secondo grado di Roma; 4) dichiara non fondata la

questione di legittimità costituzionale degli art. 3 e 6 1. 12 no

vembre 1976 n. 751 (norme per la determinazione e riscossione

delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e precedenti e altre disposizioni in materia tributaria), sollevata, in riferimen

to agli art. 3, 29, 31 e 53 Cost., con l'ordinanza emessa il 29 set

tembre 1980 (R.O. n. 229 del 1981) dalla Commissione tributa

ria di secondo grado di Roma; 5) dichiara non fondata la que stione di legittimità costituzionale degli art. 1, 3° comma, 1. 12 no

vembre 1976 n. 751 (norme per la determinazione e riscossione

delle imposte sui redditi dei coniugi per gli anni 1974 e prece denti e altre disposizioni in materia tributaria), 19 e 20 1. 13 apri le 1977 n. 114 (modificazioni alla disciplina dell'imposta sul red

dito delle persone fisiche), sollevata, in riferimento agli art. 3,

29, 30, 31 e 53 Cost., con le ordinanze emesse il 26 aprile 1980

(R.O. n. 898 del 1980) dalla Commissione tributaria di primo

grado di Roma, e il 29 settembre 1980 (R.O. n. 230 del 1981)

dalla Commissione tributaria di secondo grado di Roma.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 23 marzo 1983, n. 69

(Gazzetta ufficiale 30 marzo 1983, n. 88); Pres. Elia, Rei.

Saja; Picchi (Avv. Zammit) e altri c. Soc. Stefer e Soc.

Acotral (Avv. Cavasola) e Regione Lazio (Avv. M. Nigro).

Ord. Pret. Roma 30 novembre 1977 (Gazz. uff. 12 aprile 1978, n. 101) + 11.

Regione — Lazio — Trasporti — Affidamento precario ad

aziende di trasporto pubbliche — Norme regionali sul tratta

mento giuridico ed economico e sull'inquadramento dei dipen

denti dei precedenti concessionari — Questioni inammissibili

ed infondate di costituzionalità (Cost., art. 39, 76, 117; 1. reg.

Lazio 2 dicembre 1975 n. 79, trattamento giuridico ed econo

mico e inquadramento del personale già dipendente dalle im

prese di trasporto private in atto utilizzato ai sensi della 1.

reg. 22 aprile 1975 n. 33, art. 1).

Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale solle

vate con ordinanze motivate per relationem, che si limitino ad

un mero rinvio a precedenti ordinanze di rimessione, senza con

tenere alcuna motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta

infondatezza delle questioni dedotte. (1)

(1-2) Le questioni di costituzionalità sono state sollevate da Cass.

14 marzo 1979, n. 292, massimata in Foro it., 1980, I, 1235, e da

dieci ordinanze del Pretore di Roma, di contenuto pressoché unifor

me, tra le quali v. Pret. Roma 30 novembre 1977, id., 1978, I, 1864; 6 maggio 1978, id., Rep. 1979, voce Regione, n. 178; 7 giugno 1979,

id., Rep. 1980, voce cit., n. 358. Sulla inammissibilità delle questioni motivate per relationem cfr., da

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