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sentenza 24 marzo 1986; Giud. Carabba; D'Ottavio (Avv. Sciorra) c. I.n.p.s. (Avv. Grappone, Teti)

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sentenza 24 marzo 1986; Giud. Carabba; D'Ottavio (Avv. Sciorra) c. I.n.p.s. (Avv. Grappone, Teti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2329/2330-2331/2332 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180678 . Accessed: 28/06/2014 10:33 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.31.195.53 on Sat, 28 Jun 2014 10:33:34 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 24 marzo 1986; Giud. Carabba; D'Ottavio (Avv. Sciorra) c. I.n.p.s. (Avv. Grappone, Teti)

sentenza 24 marzo 1986; Giud. Carabba; D'Ottavio (Avv. Sciorra) c. I.n.p.s. (Avv. Grappone, Teti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2329/2330-2331/2332Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180678 .

Accessed: 28/06/2014 10:33

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

PRETURA DI LANCIANO; sentenza 24 marzo 1986; Giud.

Carabba; D'Ottavio (Avv. Sciorra) c. I.n.p.s. (Avv. Grappone,

Teti).

PRETURA DI LANCIANO;

Previdenza sociale — Malattia — Obbligo di reperibilità del

lavoratore nelle fasce orarie — Inosservanza — Successiva

sottoposizione al controllo con esito positivo — Diritto all'in

dennità di malattia — Sussistenza (D.l. 12 settembre 1983 n.

463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il

contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori

della p.a. e proroga di taluni termini, art. 5; 1. 11 novembre

1983 n. 638, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 12

settembre 1983 n. 463, art. unico).

Ha diritto all'indennità di malattia il lavoratore che, assente alla

visita di controllo nelle fasce orarie, si sottoponga, con esito

positivo circa la sussistenza dell'infermità inabilitante, a succes

sivo controllo ambulatoriale. (1)

(1) Conf., Trib. Milano 9 novembre 1985, Orient, giur. lav., 1985, 1102, che ritiene in tal caso applicabile la sanzione disciplinare, se contrattualmente prevista; Pret. Milano 16 luglio 1985, Lavoro 80, 1985, 11152; Pret. Milano 22 giugno 1985, ibid., 1150, anche in Orient, giur. lav., 1985, 1086, Informazione prev., 1337, Notiziario giur. lav., 1986, 40, che esclude anche l'applicazione della misura di

sciplinare, pur se fissata dal contratto collettivo; Trib. Milano 4

giugno 1985, Lavoro 80, 1985, 853 e Notiziario giur. lav., 1986, 39; Pret. Milano 17 giugno 1985, Lavoro 80, 1985, 1149 e Orient, giur. lav., 1985, 1100; Pret. Milano 7 giugno 1985, Informazione prev., 1985, 1341 e Notiziario giur. lav., 1986, 40, cui è anche pre cisato che qualora l'indennità di malattia sia a carico dell'I.n.p.s. è l'ente che dovrà pronunciare la decadenza, e l'integrazione a carico del datore ne seguirà le sorti. Se, invece, si tratta di somma che deve pagare il datore stesso, essa è soggetta alle sole fasce stabilite dagli organi pubblici, non a quelle, diverse, fissate dalla contrattazione collettiva; Pret. Milano 7 giugno 1985, Notiziario giur. lav., 1986, 40; Pret. Milano 3 luglio 1985, ibid.; Pret. Milano 4 marzo 1985, Foro it., 1985, I, 2102, con nota di richiami, cui adde, quelli richiamati nella nota a Pret. Firenze 2 novembre 1985, 30 ottobre 1985, 21 ottobre 1085, id., 1986, I, 575. Ancora cfr., sempre in senso conforme, Pret. Napoli 10 dicembre 1984, Riv. it. dir. lav., 1986, II, 141, con nota adesiva di E. Balletti, Sanzionabilità della visita di controllo del lavoratore in malattia, in cui si precisa, anche, l'inapplicabilità della sanzione dell'art. 5 prima degli adempimenti ivi previsti, e che costituisce giustificato motivo di assenza al controllo l'essersi l'ammalato allontanato dal domicilio per recarsi a ritirare la retribuzione.

Contra, Pret. Milano 30 ottobre 1985, Orient, giur. lav., 1985, 1083, con la puntualizzazione che, in tal caso, è legittima anche l'inflizione della prevista (dal contratto collettivo) sanzione disciplinare, purché l'assenza sia avvenuta nelle fasce orarie fissate dagli organi previsti dalla legge; Pret. Milano 5 luglio 1985, Notiziario giur. lav., 1986, 39 e Orient, giur. lav., 1985, 1091, in cui è precisato che in mancanza di determinazione delle fasce orarie non può verificarsi la perdita dell'in dennità di malattia, ma può essere inflitta la sanzione disciplinare; Pret. Milano 3 luglio 1985, ibid., 1078 e Giur. lombarda del

lavoro, 1985, 234, ove è pure affermata la possibilità di inflizio ne della sanzione disciplinare, se prevista contrattualmente; Pret. Taranto 21 maggio 1985, Informazione prev., 1985, 1362; Pret. Taranto 6 febbraio 1984, Riv. giur. lav., 1985, III, 676, con nota di E. Conte, in cui è anche statuita la legittimità della sanzione disciplinare in flitta per il mancato avviso all'azienda da parte del lavoratore della sua necessità di uscire di casa nelle fasce, con l'indicazione di altre fasce di reperibilità. Pret. Milano 29 giugno 1985, Informazione prev., 1985, 1228 (s.m.), ha sostenuto che la determinazione del le fasce spetta solo agli organi pubblici, e non può essere mu tata contrattualmente (v. antea)\ Pret. Milano 23 luglio 1985, Orient,

giur. lav., 1985, 1104, ha dichiarato illegittima la unilaterale fis sazione delle fasce da parte, del datore, ed ha affermato che l'essersi recato in farmacia integra giustificato motivo di assenza al controllo, con conseguenziale annullamento del provvedimento di

sciplinare inflitto e la restituzione dell'indennità di malattia tratte nuta.

Pret. Milano 19 giugno 1985, Giur. lombarda del lavoro, 1985, 238, ha ritenuto non comminabile la sanzione disciplinare se la malattia di lavoratore non reperito in casa nelle fasce sia stata accertata successi

vamente. Pret. Milano 28 giugno 1985, Informazione prev., 1985, 1228 (s.m.),

ha sostenuto che la perdita del trattamento di malattia può essere

disposta solo dall'I.n.p.s., e non su iniziativa del datore di lavoro. Per Pret. Milano 16 luglio 1985, cit., non è applicabile la sanzione

dell'art. 5 prima dell'emanazione del previsto decreto del ministro del

lavoro, essendo illegittimo quello del ministro della sanità. Cass. 18 aprile 1985, n. 2572, id., 1985, 1163, ha ritenuto che, in

caso di controllo negativo, l'onere di provare la malattia spetta al lavoratore. In dottrina, sulla materia dei controlli di malattia, cfr., oltre agli autori cit. nelle note di cui antea, G. Arrigo, Osservatorio sulle leggi in materia di lavoro: luglio 1983-giugno 1985, in Riv. giur. lav., 1985, I, 237-240.

Motivi della decisione. — (Omissis). La domanda è fondata.

L'art. 5 1. n. 638/83 dispone tra l'altro: ai fini dei controlli

sullo stato di salute dei lavoratori, il ministro di sanità (di concerto con il ministro del lavoro e della previdenza sociale) formula gli schemi-tipo di convenzione di cui all'art. 8 bis d.l. 30

aprile 1981 n. 168, convertito con modificazioni in 1. 27 giugno 1981 n. 331, nei casi in cui gli schemi suddetti non siano stati

elaborati d'intesa tra l'I.n.p.s. e le regioni entro 30 giorni dall'en

trata in vigore del decreto convertito dalla 1. n. 638/83, ossia

entro il 12 ottobre 1983 (9° comma); entro 30 giorni dalla

pubblicazione degli schemi-tipo, le U.s.l. adottano le con

venzioni e predispongono un servizio idoneo ad assicurare

entro lo stesso giorno della richiesta, anche se domenicale o

festivo, in fasce orarie di reperibilità, il controllo dello stato di

malattia dei lavoratori dipendenti per tale causa assentatisi dal

lavoro, ed accertamenti preliminari al controllo stesso anche

mediante personale non medico, nonché un servizio per visite

collegiali presso poliambulatori pubblici per accertamenti spe cifici (10° comma); qualora il lavoratore, pubblico o privato risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l'intero

periodo sino a 10 giorni e nella misura della metà, per l'ulteriore

periodo esclusi quelli di ricovero ospedaliero già accertati da

precedente visita di controllo (14° comma). Con d.m. 25 febbraio

1984 (pubblicato nella G.U. 12 luglio 1984, n. 191), il ministero

della sanità ha formulato lo schema-tipo di cui all'art. 5, 9°

comma, 1. n. 638/83 (composto di sette articoli), pochissime

regioni avendo provveduto all'adempimento prescritto entro il 12

ottobre 1983: in particolare, l'art. 4 stabilisce tra l'altro che le

visite domiciliari di controllo vanno effettuate, a cura delle U.s.l., entro lo stesso giorno della richiesta ed in fasce orarie di

reperibilità del lavoratore, fissate dalle ore 9 alle ore 12 e dalle

ore 16 alle ore 19 di tutti i giorni, compresi i domenicali o festivi

(1' e 2" comma), laddove nel caso in cui il lavoratore non venga

reperito presso il suo domicilio, il sanitario lascia l'invito per visita di controllo ambulatoriale per il giorno successivo non

festivo (5° comma). Con successivo d.m. 8 gennaio 1985 (pubblicato nella G. U. 7

febbraio 1985, n. 33), il ministro della sanità ha apportato alcune

modifiche, richieste dalle organizzazioni sindacali, all'art. 4 d.m.

25 febbraio 1984, tra l'altro riducendo le fasce orarie di reperibi lità del lavoratore, fissate dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17

alle 19 (3° comma del nuovo art. 4), e ribadendo la previsione dell'invito al lavoratore, non reperito presso il suo domicilio, per visita di controllo ambulatoriale per il giorno successivo non

festivo (6° comma del nuovo art. 4). Le norme che precedono non consentono l'interpretazione per cui il lavoratore, non trovato

in casa durante le fasce orarie prescritte, decada per ciò solo dal

diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia, quasi che le

norme medesime configurino in capo al lavoratore malato un

obbligo di permanènza in casa sic et simpliciter in corrisponden za delle fasce orarie di reperibilità, pena l'automatica perdita di

quel trattamento in difetto di giustificato motivo.

In conformità all'orientamento espresso dalla dottrina e dalla

giurisprudenza più attente, rivelatrici di un significato letterale

dell'art. 5, 14° comma, 1. n. 638/53 ben diverso da quello

apparentemente e prima facie reso palese dalle parole costitutive

della norma, deve dirsi che tale disposizione, da leggersi non

previa sua estrapolazione dal contesto normativo cui inerisce, è

parte integrante di una disciplina nuova con la quale il legislato re ha inteso istituire un più efficiente controllo sullo stato di

salute dei lavoratori, onde ovviare ad abusi che determinano

gravi oneri per gli imprenditori e per gli enti previdenziali.

In questa ottica, deve ritenersi che con le fasce orarie di

reperibilità non si sia inteso gravare la posizione del lavoratore

malato con l'obbligo di non allontanarsi dal suo domicilio in

attesa del sanitario, essendosi solo disciplinate le modalità attra

verso le quali I.n.p.s. e datore di lavoro possono procedere a

controllo fiscale della malattia denunciata: in altri termini, l'isti

tuzione delle fasce orarie, ben lungi da costituire un limite alla

libertà personale del lavoratore, realizza una indiretta tutela del

suo ambito di riservatezza, in quanto sono delineati i termini

temporali entro i quali la visita di controllo può essere effettuata,

e viene altresì chiarito il contenuto massimo dei suoi obblighi

Da ultimo cfr. il d.m. 15 luglio 1986 (G. U. n. 170 del 24 luglio 1986 e in Le leggi, 1986, 1842) che disciplina le visite mediche di con trollo dei lavoratori da parte dell'I.n.p.s. ai sensi dell'art. 5, 12° comma, ss., d.l. 12 settembre 1983 n. 463 convertito, con modificazioni, in 1. 11 novembre-1983 n. 638.

Il Foro Italiano — 1986.

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2331 PARTE PRIMA 2332

anche nella ipotesi in cui non sia stato espressamente autorizzato dal sanitario di fiducia ad uscire di casa. Quindi, la perdita del trattamento di malattia non consegue alla semplice assenza dal domicilio durante le fasce orarie, ma si attua solo nell'ipotesi in cui il lavoratore non abbia comunque assolto all'onere di consen tire alla struttura sanitaria pubblica la visita di controllo richie

stale, anche eventualmente sottoponendosi alla visita ambulatoria le fissata dal medico fiscale in caso di assenza alla visita domiciliare.

Una interpretazione siffatta si imporrebbe comunque giacché, a fronte di significazioni diverse suscettibili di essere date ad una

norma, deve essere adottata quella più conforme al dettato costituzionale: e non vi è dubbio che quella interpretazione appare rispettosa dei diritti di libertà del lavoratore, e dello stesso diritto alla salute che, in specifiche ipotesi di malattia,

potrebbe essere leso dalla forzata permanenza in casa. Ma il dato testuale normativo ne costituisce il fondamento più

certo.

L'art. 5, 14° comma, 1. n. 638/83, al di là dell'effetto dirimente dovuto alla configurabilità di un « giustificato motivo » di assenza

(non risultante nella dizione dell'originario d.l. n. 463/83), parla di lavoratore che risulti assente « alla visita di controllo »: quin di, non più « visite di controllo » (di cui alla formulazione del decreto legge) ma « visita di controllo », e « visita di controllo »

puramente e semplicemente, senza specificazioni di sorta, quale quella di « domiciliare ».

Di tal ché il mutamento di dizione avutosi nella conversione del decreto in legge (da « visite » a « visita » di controllo) e la circostanza di una dizione definitiva in cui non figura cenno alcuno per il « domicilio » o termini similari autorizza l'interprete a ritenere che per la perdita del trattamento di malattia non è sufficiente l'assenza del lavoratore alla visita docimiliare, essendo invece necessaria una assenza tale da impedire qualsivoglia visita di controllo, domiciliare e presso la struttura pubblica.

E di ciò può aversi agevole conferma nel disposto dell'art. 4 d.m. 25 febbraio 1984 il quale tanto nella formulazione originaria quanto in quella assunta in forza del d.m. 8 gennaio 1983, sancisce chiaramente che il medico « che provvede al controllo dello stato di malattia del lavoratore » presso il suo domicilio, non quindi destinato ad accertamenti preliminari « diretti esclusi vamente a verificare la presenza in casa durante le fasce di

reperibilità del lavoratore » (art. 5, 10° comma, 1. n. 638/83 e art.

4, 8° comma, d.m.), quando non rinvenga il lavoratore presso il suo domicilio deve rilasciare invito per una visita di controllo ambulatoriale (presso la struttura sanitaria pubblica), per il gior no successivo non festivo.

Appare evidente che, se scopo della visita domiciliare del sanitario pubblico fosse quello di un mero reperimento del lavoratore (non già quello di controllare in concreto lo stato di malattia denunciato), con conseguente perdita del trattamento di malattia per il solo fatto della sua assenza, non avrebbe senso e non sarebbe in alcun modo spiegabile la necessità di una convo cazione del lavoratore medesimo per una visita ambulatoriale.

(Omissis)

PRETURA DI BOLOGNA; ordinanza 10 marzo 1986; Giud. Monaci; Roncarati (Avv. Trombetti) c. I.n.p.s. (Aw. De Lorenzi).

PRETURA DI BOLOGNA;

Previdenza sociale — Malattia — Obbligo di reperibilità del lavoratore nelle fasce orarie — Inosservanza — Perdita di metà del trattamento economico dopo i primi dieci giorni — Que stione non manifestamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 27, 32, 38; d.l. 12 settembre 1983 n. 463, misure urgenti in materia previdenziale e sanitaria e per il contenimento della spesa pubblica, disposizioni per vari settori della p.a. e proroga di taluni termini, art. 5; 1. 11 novembre 1983 n. 638, conver sione in legge, con modificazioni, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463, art. unico).

Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costi tuzionale dell'art. 5, 14° comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modificazioni, nella l. 11 novembre 1983 n. 638, nella parte in cui prevede, per il lavoratore ammalato che non sia stato presente nel suo domicilio al controllo medico durante le fasce orarie, la perdita della metà del trattamento economico di malattia dopo i primi dieci giorni, in riferimento agli art. 3,

1" comma, 27, 3° comma, 32, 1" comma, e 38, 2" comma, Cost. (1)

(Omissis). Tanto premesso in fatto, si osserva in diritto come sus

sistano motivi di dubbio in ordine alla piena legittimità costituzio nale della norma applicata dall'istituto assicuratore e, peraltro, deci

siva per la risoluzione della controversia, ragion per cui appare ne

cessario rimettere gli atti alla corte di legittimità per l'esame di sua

competenza. La norma stessa, e precisamente l'ultimo comma dell'art. 5 d.l.

12 settembre 1983 n. 463 convertito, con modificazioni, in 1. 11

novembre 1983 n. 638 dispone che: «qualora il lavoratore,

pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza

giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento

economico per l'intero periodo sino a dieci giorni e nella misura

della metà per l'ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero

ospedaliero o già accertati da precedenti visite di controllo ».

La norma, come risulta da tutto il suo contesto, e specificamen te dalla menzione del « ricovero ospedaliero » va applicata a

quegli assicurati che, pur essendo effettivamente ammalati, risul

tano assenti alla visita medica di controllo disposta dall'istituto

assicuratore. Non si applica, invece, agli assicurati che non siano

effettivamente malati o la cui indisposizione non raggiunga un'enti

tà tale da comportare inabilità temporanea, da impedire loro lo

svolgimento della normale attività lavorativa.

In queste ultime ipotesi non si verifica il rischio assicurato e

l'istituto assicuratore non è tenuto ad alcuna prestazione econo

mica, ragion per cui non avrebbe neppur senso disporre la

decadenza dal diritto a tali prestazioni. In realtà la norma intende colpire non l'inesistenza della

malattia, ma il fatto di non essersi tenuti a disposizione al

proprio domicilio per le visite di controllo disposte dall'istituto

assicuratore, non permettendo cosi a quest'ultimo di verificare

l'esistenza della malattia denunziata ed il suo carattere effettiva

mente invalidante.

A questo fine dispone, sotto un profilo strettamente formale, una decadenza parziale dai diritti, che, però, da un punto di

vista sostanziale, assume il carattere di vera e propria sanzione,

operata tramite il meccanismo della ritenuta, per un comporta mento (quello appunto di chi non permette il regolare espleta mento delle visite mediche di controllo) che il legislatore ha

ritenuto di dover colpire. Va sottolineato in proposito come la sanzione prevista dalla

norma, la perdita a carico dell'assicurato (costituita da una

decurtazione del trattamento economico complessivo di malattia,

e, perciò, non soltanto dell'indennità economica di malattia,

oggetto di questa causa, a carico dell'istituto assicuratore, ma

altresì di quella quota parte eventuale della retribuzione che, in

base alla contrattazione collettiva, rimanga a carico del datore di

lavoro anche durante il periodo di malattia) sia proporzionata al

reddito di lavoro di ciascun assicurato, e, sotto questo profilo, sia

destinata a cagionare a ciascuno lo stesso danno marginale, a

differenza delle sanzioni penali o amministrative in cifra fissa (o,

comunque, proporzionata a parametri diversi dal reddito), il cui

danno marginale, e di conseguenza, la cui efficacia diminuiscono

col crescere dal reddito di ciascuno.

La ritenuta operata dall'istituto assicuratore, invece, è propor zionata all'indennità economica di malattia, a sua volta propor zionata al reddito di lavoro.

Se la norma si limitasse a disporre una sanzione rapportata al

reddito di lavoro (una certa percentuale del reddito di lavoro, o

l'intero reddito di lavoro, moltiplicato per un certo numero di

giorni) non comporterebbe problemi giuridici connessi con la

natura della sanzione, ma solo probemi di opportunità relativi

alla sua entità, cosi come se ne possono porre per le sanzioni

(1) L'ordinanza si caratterizza rispetto ad altre che già hanno denunciato alla Corte costituzionale l'art. 5, 14° comma, d.l. 463 del

1983, convertito con modificazioni nella 1. 638 del 1983 (Pret. Firenze, ord. 25 novembre 1985, giud. Drago, Maiorelli c. I.n.p.s., ine dita a quel che consta; Pret. Firenze, ord. 3 luglio 1984, Foro it., 1984.

I, 2885, con nota di richiami e scritto di L. De Angelis, Il diritto alla salute nella crisi: i controlli di malattia nel lavoro subordinato), non solo in quanto evidenzia l'eventuale contrasto, oltre che con l'art.

38, anche con gli art. 3, 1° comma, 27, 3° comma, Cost., ma pure in

quanto limita la denuncia stessa alla normativa che prevede la perdita della metà del trattamento di malattia dopo i primi dieci giorni.

Per una diversa lettura dell'art. 5, 14° comma, d.l. cit., che esclude la

perdita del trattamento economico ove un successivo controllo abbia

comunque accertato l'esistenza dell'infermità inabilitante, cfr., da ultimo Pret. Lanciano 24 marzo 1986, che precede, con nota di richiami.

Il Foro Italiano — 1986.

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