+ All Categories
Home > Documents > sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri

sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: dotu
View: 217 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
4
sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1986), pp. 431/432-435/436 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23180778 . Accessed: 25/06/2014 01:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 01:00:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri

sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1986), pp. 431/432-435/436Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180778 .

Accessed: 25/06/2014 01:00

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 01:00:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri

PARTE SECONDA

Ma la definizione dell'attività creditizia come privata e la

conseguente esclusione, in chi la esercita, della qualità di incaricato di pubblico servizio è certa dopo l'entrata in vigore del d.p.r. 350/85; in precedenza, secondo l'interpretazione delle sezioni

unite, la qualità di incaricato di pubblico servizio poteva ricavarsi dall'art. 1 legge bancaria. Sono chiari, a questo punto, i termini del problema giuridico: si tratta di stabilire se la nuova normati

va del d.p.r. 350/85 è meramente interpretativa della peesistente (nel qual caso non vi sarebbe dubbio che fatti — come quello di

specie — anche se connessi anteriormente all'entrata in vigore del

d.p.r. 350/85 non costituirebbero reato) ovvero se si tratta di un

problema di successione di leggi (nel qual caso dovrà accertarsi se la nuova disciplina possa applicarsi a fatti precedentemente connessi).

È nostra convinzione che la disposizione dell'art. 1 d.p.r. 350/85 sia interpretativa della normativa esistente. A questa convinzione conducono alcune considerazioni. Anzitutto non si

può affermare che la preesistente normativa attribuisse la qualità di incaricati di pubblico servizio: a tale definizione si è giunti dopo un lungo periodo di tempo, nel quale non sono mancate decisioni di segno opposto e numerose ordinanze che avevano —

sulla premessa della inesistenza di tale qualità — dubitato della

legittimità costituzionale dell'art. 3f4 c.p.; ed è noto come la

sentenza delle sezioni unite abbia sostanzialmente — con l'ado

zione di un criterio interpretativo valido per tutti gli amministra

tori, dirigenti, dipendenti degli istituti bancari — consentito di

non rilevare quella disparità di trattamento che taluni giudici del

merito avevano dedotto. L'art. 1 legge bancaria si limita ad

affermare che l'attività di raccolta del risparmio e l'esercizio del

credito costituiscono funzioni di interesse pubblico; e lo spazio che separa questa definizione da quella di servizio pubblico è

stato coperto dalle sezioni unite con una argomentazione interpre tativa che ha suscitato in dottrina un vivo dissenso.

D'altronde la legge bancaria è intervenuta assai dopo l'entrata

in vigore dell'art. 358 c.p.; e riesce difficile ritenere che il

legislatore del 1936, se avesse voluto individuare nell'attività bancaria un « servizio pubblico », non abbia fatto ricorso a

formule normative già esistenti e collaudate o, comunque, a

espressioni che non avrebbero consentito margini interpretativi. Nessuno, crediamo, può affermare che « funzione o servizio di

interesse pubblico » sia sinonimo di servizio pubblico; basterebbe, a segnalare l'impossibilità di attribuire alle due espressioni un

identico significato, ricordare che anche il codice penale distingue nettamente il servizio pubblico dal servizio di pubblica necessità

(o — e questa volta si tratta proprio di sinonimo — di pubblico interesse): si veda l'art. 359 c.p. Infine l'art. 1 d.p.r. 350/85 non

modifica il preesistente art. 1 legge bancaria, ma lo interpreta: e che questa fosse la linea suggerita dalla direttiva comunitaria

appare chiaro nei precedenti progetti e, in particolare, da quello approvato dal senato, nel quale si fa esplicito riferimento alla

opportunità di eliminare « distorsioni ed incertezze interpretati ve ». Inoltre va osservato che il legislatore non avrebbe mancato di attuare quella modifica — se essa fosse stata necessaria —

considerando che la sua precedente inattività aveva già comporta to il deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia; e che altra

inadempienza bene potrebbe ravvisarsi se si fosse lasciata integra una normativa che è contrastante con la caratteristica di impresa che la direttiva comunitaria aveva indicato come tipica dell'attivi tà creditizia. (Omissis)

TRIBUNALE DI AREZZO; sentenza 24 marzo 1986; Pres.

Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri. TRIBUNALE DI AREZZO;

Valore aggiunto (imposta sul) — Bolla di accompagnamento —

Alterazione — Reato — Fattispecie (D.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, norme integrative e correttive del d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, concernente istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiun to, in attuazione della delega prevista dall'art. 7 1. 10 maggio 1976 n. 249, riguardante l'introduzione dell'obbligo di emissione

del documento di accompagnamento dei beni viaggianti, art. 7). Valore aggiunto (imposta sul) — Bolla di accompagnamento —

Alterazione — Reato — Sussistenza — Illecito amministrativo —

Esclusione (D.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, art. 7). Valore aggiunto (imposta sul) — Bolla di accompagnamento —

Alterazione — Falsità in scrittura privata — Rapporto di

specialità — Sussistenza (Cod. pen., art. 485; d.p.r. 6 ottobre

1978 n. 627, art. 7).

Ai fini dell'applicazione della fattispecie prevista dall'art. 7, 6°

comma, d.p.r. n. 627/78, la condotta di «alterazione di docu menti » deve essere considerata in relazione alla fase di compi lazione della c.d. bolla di accompagnamento e non a quella di

stampa del modulo, condotta alla quale si riferisce la diversa locuzione «formazione di stampati ». (1)

La alterazione dei dati originariamente indicati nel documento di accompagnamento di beni viaggianti integra il reato di cui al 6" comma dell'art. 7 d.p.r. n. 627/78 e non la semplice vio lazione amministrativa di cui al 1" comma della medesima

disposizione. (2) Sussiste un rapporto da specie a genere fra la fattispecie di al

terazione di bolla di accompagnamento ex art. 7, 6° comma, d.p.r. n. 627/78 e la falsità in scrittura privata di cui all'art. 485 c.p. (3)

Fatto e diritto. — Nel corso di una ispezione effettuata dalla

guardia di finanza nei confronti della s.a.s. Massarotti, di Maria e Matteo Massarrotti, e della s.n.c. Massarrotti, dei predetti soci, con sede entrambe in Castelfranco Veneto, venivano rinvenute diverse bolle di accompagnamento emesse dalle ditte fornitrici alle due società, palesemente alterate.

L'indagine si estendeva quindi a tutte le ditte fornitrici delle due società e si procedeva al sequestro di alcune bolle di

accompagnamento emesse dalla s.d.f. Calzaturificio Rita con sede in Loro Ciuffenna, che risultavano, anche queste, palesemente alterate; ai soci Mealli Lorenzo, Goretti Sergio e Bidini Valeriano veniva quindi contestato il reato di cui al capo di imputazione.

Interrogati questi ultimi dal magistrato in istruttoria, tutti ammettevano che le bolle in contestazione erano alquanto « pa sticciate » relativamente al quantitativo di merce indicato come

trasportato e che tutti indistintamente avevano provveduto alla

compilazione delle bolle.

Venivano, quindi, tutti rinviati a giudizio; all'odierno dibatti mento gli stessi ribadivano quanto già dichiarato, il verbalizzante confermava gli atti assunti, il pubblico ministero ed il difensore dei prevenuti concludevano come da verbale.

Osserva innanzitutto questo collegio, che le bolle in atti evi denziano senza ombra di dubbio una palese alterazione, talora resa ancor più evidente da una grafia diversa da quella usata per la compilazione, e per tutte, relativamente soltanto al quantitativo della merce trasportata.

L'espediente usato per la frode fiscale è ormai noto e col laudato: il mittente compila una bolla indicando, ad esem

pio, « 101 scarpe da donna », quantitativo che realmente con

segna al destinatario, il quale provvede, di regola, con mez zi propri (conducenti sono risultati infatti i soci accoman datari, cfr. rapporto del comando brigata volante di Castel franco Veneto del 27 dicembre 1984) ad effettuare il trasporto.

(1-3) Si tratta di pronuncia che si oppone ad un orientamento interpretativo prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza. La diversa qualificazione giuridica dell'alterazione dei dati annotati nella c.d. bolla di accompagnamento era stata affermata originariamente da Trib. Firenze 23 febbraio 1984 (la motivazione è riportata in Giust. pen., 1985, II, 691, n. 2) e Trib. Genova 20 luglio 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 192 (più di recente cfr. App. Firenze 17 ottobre 1985, Fisco, 1986, 44). L'esclusione del l'applicazione della fattispecie di cui all'art. 7, 6° comma, d.p.r. n. 627/78 in relazione al comportamento in oggetto fu ribadita, in seguito, dalla stessa Cassazione, che, con ord. 22 dicembre 1985, ibid., 1027, ha però anche dichiarato la punibilità del fatto in base alle norme del codice penale sulla falsità in scrittura privata (art. 485).

In senso contrario a quanto deciso in questo caso dai Tribunale di Arezzo si sono altresì pronunciati Bertozzi, Un nuovo reato: la falsità in bolle di accompagnamento, in Riv. pen., 1979, 210; Furia, Iva: i reati di falsità in materia di documenti di accompagnamento dei beni viaggianti, in Bollettino trib., 1979, 280; Lo Giudice, Alterazione dei documenti di accompagnamento e registratori di cassa, in Fisco, 1986, 322; Traversi, Alterazione di bolla di accompagnamento « in itine re»: reato o illecito amministrativo?, in Giust. pen., 1985, II, 691. Per una opinione conforme v. però Ferro, Bolle di accompagnamento. Concorso di reati e competenza per territorio, in Fisco, 1985, 3071.

Con specifico riferimento ad un caso identico a quello verificatosi nella specie v. D'Avirro-Nannucci, I reati nella legislazione tributa ria, Padova, 1984, 507.

Per un'analisi più generale della nuova fattispecie di alterazione delle bolle di accompagnamento, introdotta con la 1. n. 516/82, cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale, Leggi complementari, Milano, 1985, 674; L. Mazza, I reati in materia di stampa abusiva e di omessa annotazione di bolla di accompagnamento e ricevute fiscali, in Società, 1984, 691; Tagliarini, I delitti in materia tributaria, in Indice pen., 1984, 13; Traversi, I nuovi reati tributari, Milano, 1982, 102.

Il Foro Italiano — 1986.

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 01:00:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri

GIURISPRUDENZA PENALE

Se nel corso del viaggio non vi è stato alcun controllo, il

destinatario, d'accordo col mittente, rispedisce a questi l'esemplare della bolla in suo possesso perché provveda a correggerla — e

sovrapponendole è possibile ottenere un risultato apprezzabile per mascherare la successiva alterazione — modificando l'ultima cifra — e cioè l'uno — che ben si presta ad essere trasformata nella

lettera « P » e con l'aggiunta della successive lettere « aia » si

avrà il risultato che dall'originaria indicazione di « 101 » si avrà

quella di « 10 paia ». È evidente che la falsificazione perpetrata consentiva di emettere la fattura per 10 paia anziché per 101 e di

evadere sia l'imposta sul valore aggiunto che quella sul reddito, relativamente al maggior quantitativo di merce che era oggetto dell'operazione in questione.

A conforto della contestata alterazione, va altresì aggiunta —

oltre quanto già evidenziato — la circostanza, anch'essa significa tiva, che la parola « paia » in tutte le bolle in sequestro compare

per metà sotto la colonna indicante il quantitativo e per l'altra

sotto quella relativa alla descrizione della merce anziché intera mente sotto quest'ultima, come sarebbe più naturale.

Sulla pretesa buona fede non è il caso di spendere parole dal

momento che appare evidente l'interesse di tutti i soci, dei quali, peraltro, nessuno si è dichiarato estraneo a questi presunti « pasticci » e tutti relativi solo al quantitativo della merce tra

sportata.

Inoltre, le fatture emesse sul presupposto di quanto risultava a

seguito dell'alterazione delle bolle toglie ogni residuo eventuale dubbio in proposito.

Se la situazione di fatto è stata acclarata senza particolare difficoltà, più delicata è la questione che si pone — ed è stata sollevata dalla difesa degli imputati — in punto di diritto ed in

particolare se nel caso riscontrato sussista il delitto di cui al capo di imputazione.

Taluni, sia in dottrina che in giurisprudenza (vedasi a questo ultimo proposito, sia la sentenza del Tribunale di Genova del 20

luglio 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Valore aggiunto (imposta), n. 192, sia, da ultimo, anche l'ordinanza 22 dicembre 1985 n. 2873 della Suprema corte di cassazione che, incidentalmente, ha lambito la questione) ritengono che la fattispecie delittuosa di cui all'ultimo comma dell'art. 7 d.p.r. n. 627/78 si riferisca alla falsificazione non delle bolle di accompagnamento già compilate bensì dello stampato predisposto a tale scopo. La norma in

parola prevede: « chiunque forma in tutto o in parte o altera

stampati, documenti o registri previsti dal presente decreto ... o consente che altri ne faccia uso al fine di eludere le disposizioni del presente decreto, è punito ... alla stessa pena soggiace chi, senza essere concorso nella falsificazione, fa uso, agli stessi fini, dei documenti di cui al presente comma ».

Ritiene questo tribunale che il dato letterale non dovrebbe lasciare dubbi. Il termine « documento » è sempre stato usato dal

legislatore penale nel significato non già del materiale, normal mente cartaceo, bensì del contenuto, di regola scritto, ivi riporta to. La normativa del codice penale sul falso, ideologico e

materiale, ha un senso con riguardo a questo secondo significato. In materia fiscale ed in particolare con riferimento al d.p.r. 627/78 si presuppone una base materiale cartacea già predisposta con talune indicazioni scritte, da integrare dal compilatore (mit tente, vettore o destinatario). Secondo la tesi difensiva la fal

sificazione attinente allo stampato, soltanto, sarebbe prevista dal l'art. 7, ult. comma, d.p.r. citato.

Si obietta, innanzitutto, che il legislatore, letteralmente, ha inteso sanzionare la condotta falsificatoria relativa sia agli « stam

pati » che ai « documenti » e siccome sia in altre parti dello stesso decreto che in altre norme successive (v. 1. 7 agosto 1982 n. 516) ha sempre correttamente individuato e distinto le due

espressioni, non si ha motivo per dubitare che in questa previsio ne sia ricompresa anche quella relativa al documento vero e

proprio, cioè quello compilato secondo le indicazioni di cui all'art. 1 d.p.r. menzionato.

La normativa in parola concerne « l'introduzione dell'obbligo di

emissione del documento di accompagnamento dei beni viaggian ti »; tra questi, l'art. 1 comprende anche le bolle di accom

pagnamento. Si legge nel 2° comma dell'art. 1 : « il documento

deve essere datato e numerato progressivamente e deve contenere

in ogni caso le seguenti indicazioni... »; al 3° comma: « il

documento deve essere emesso in tre esemplari, firmati per ricevuta... uno degli esemplari è conservato dal mittente, gli altri due sono ritirati dal vettore che, previa sottoscrizione del destina

tario, ne conserva uno e consegna l'altro al destinatario medesimo

contemporaneamente ai beni trasportati; la sottoscrizione del

vettore spiega effetto come attestazione delle indicazioni... ».

L'art. 2 cosi dichiara: «per i beni in entrata nel territorio

doganale, il documento previsto dall'art. 1 è sostituito dalle

bollette di importazione definitiva ovvero da altro documento

doganale... ».

Identiche espressioni sono usate negli articoli seguenti. Ancor più illuminante sul diverso significato da attribuire alla

parola « stampato » ed a quella « documento » che compaiono entrambe nell'art. 7, ult. comma, stesso d.p.r., è poi l'art. 5 che

prevede espressamente al 1° comma: « con decreto del ministero delle finanze sono stabilite le caratteristiche degli stampati per la

compilazione dei documenti di cui agli art. 1 e 3 ... »; e al 2° comma: « il ministro per le finanze può prescrivere che i documenti di cui al 1° comma siano redatti su stampati forniti dall'amministrazione finanziaria... ».

Ritenere che le espressioni usate dal legislatore siano equivoche ci pare proprio insostenibile.

Non v'è dubbio che l'interesse dell'amministrazione finanziaria sia quello di scoraggiare sia la falsificazione dello stampato predisposto sia del documento risultante dalla compilazione del

primo; entrambi sono rivolti a favorire un più rigoroso controllo — e la dettagliata normativa ne è la riprova — sulle operazioni fiscalmente rilevanti.

Tutta la legislazione in materia pare confermare tale fin troppo apparente interpretazione letterale.

Il d.p.r. 29 novembre 1978, contenente « norme di attuazione delle disposizioni di cui al d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, concer nente l'introduzione dell'obbligo di emissione del documento di

accompagnamento dei beni viaggianti », all'art. 1 stabilisce te stualmente: « il documento di cui all'art. 1 d.p.r. 6 ottobre 1978 n. 627, se costituito da bolla di accompagnamento, deve essere emesso in triplice esemplare utilizzando stampati sostanzialmente conformi agli allegati A e B del presente decreto ». Cosi pure la successiva normativa di cui al d.l. 10 luglio 1982 n. 429, convertito, con modificazioni, nella 1. 7 agosto 1982 n. 516, ampliando le fattispecie penali, all'art. 3, dichiara: « è punito .. a) chiunque, in mancanza delle prescritte autorizzazioni, stam

pa o fornisce stampati per la compilazione dei documenti di

accompagnamento; b) chiunque acquista... gli stampati di cui alla lett. a). È punito... chi stampa... stampati per la compila zione dei documenti di accompagnamento ... »; al successivo art. 4, 1° comma, stabilisce: «è punito ... chiunque ... 1) allega... o, comunque, rilascia o utilizza documenti contraffatti o alterati ». Anche in questa legge appare fin troppo chiara la tradizionale distinzione concettuale espressa dai termini « stampato » e « do cumento ».

Il primo criterio ermeneutico (art. 12, 1° comma, 1° parte, disp. sulla legge in generale) non lascia dubbi sul senso da attribuire alle predette espressioni che è quello « fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse ».

Con assoluta uniformità (oltreché proprietà) di linguaggio il

legislatore in subiecta materia ha quindi dato al termine « docu mento » il significato di contenuto risultante dalla compilazione del supporto cartaceo, mentre quest'ultimo, opportunamente predisposto con apposito modulo, è sempre stato individuato con

l'espressione « stampato ».

Per far caducare tale interpretazione solidamente ancorata al dato letterale, univoco e reiterato, occorrerebbe che, nella « so la » ipotesi criminosa di cui all'anzidetto art. 7, ult. comma, d.p.r. 627/78, il legislatore avesse inteso invece riferirsi ad un significa to nuovo e diverso delle due predette espressioni. Dovremmo ritenere poi che il legislatore, oltre che esprimersi in senso

improprio e in modo difforme dal solito, si sia inspiegabilmente ripetuto: infatti, come sopra richiamato, si punisce « chiunque for ma ... o altera stampati, documenti o registri », laddove i primi due, dei tre ipotizzati, oggetti delle falsificazioni, non si capirebbe bene in cosa si distinguerebbero tra loro.

Di fronte a tale inequivoco dato letterale non si rinviene alcuna « intenzione del legislatore » (v. art. 12 disp. sulla legge in

generale), intesa in senso oggettivo, che dovrebbe giustificare una diversa interpretazione.

Ritiene questo collegio che l'esigenza alla quale si è inteso

provvedere per consentire un più rigoroso controllo in un settore ove l'evasione è oltremodo diffusa è di sanzionare penalmente non solo la falsificazione del modulo in bianco, cioè lo « stampa to », ma altresì quella — certamente più diffusa e più pericolosa — concernente il modulo già compilato, divenuto cioè il « docu mento ».

Tale esigenza è stata poi avvertita anche nella successiva 1.

516/82 ove le anzidette ipotesi sono state disciplinate in modo autonomo e più articolato, ampliandone peraltro l'ambito di

Il Foro Italiano — 1986.

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 01:00:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: sentenza 24 marzo 1986; Pres. Avanzati, Est. Bilancetti; imp. Mealli e altri

PARTE SECONDA

operatività, rispettivamente all'art. 3 ed all'art. 4, n. 1, sopra richiamati.

Seguendo la tesi qui criticata il fatto contestato nella rubrica

sarebbe riconducibile nella previsione del 1° comma, e quindi sanzionato come illecito amministrativo, anziché in quello di cui

all'ult. comma, sempre dell'art. 7 d.p.r. 627/78, che lo configura invece come delitto.

L'art. 7, 1° comma, non può ricomprendere il fatto per cui si

procede perché questa norma, oltre alla totale omissione della

compilazione, prevede l'originaria compilazione inesatta del docu

mento e, più in particolare, l'indicazione della merce trasportata in quantità diversa; il caso in esame, invece, presuppone una

indicazione esatta -fin dall'origine del quantitativo di merce tra

sportata che viene alterata solo successivamente al trasporto, allorché cioè il documento ha esaurito la sua naturale funzione

(che è di « accompagnamento dei beni viaggianti »).

In altri termini, l'ipotesi delittuosa presuppone il falso materia

le (« forma in tutto o in parte od altera ») mentre, rientra

nell'illecito amministrativo il falso ideologico (« ... inesatta compi lazione dei documenti... o indica su di essi beni diversi... o li

indica in quantità diversa ») inteso, il primo, nel senso di non

genuino e, il secondo, come non veridico.

Potrebbe obiettarsi all'interpretazione preferita che la falsifica

zione materiale del documento verrebbe ad essere punita più

gravemente della totale omessa compilazione dello stesso: cioè

chi viaggia senza documenti di sorta (intesa l'espressione nel

senso sopra precisato di stampato compilato) verrebbe punito meno gravemente di chi altera, in parte, il documento od usa il

documento alterato. Ad un più attento esame questa apparente

illogicità trae la sua giustificazione nella maggior pericolosità della seconda condotta rispetto alla prima. Chi trasporta merce

senza documento di accompagnamento è più facilmente persegui bile dagli organi di controllo; chi usa un tal documento regolare e poi, superato il controllo, lo altera, oltre a dimostrare una

maggior capacità a delinquere è certamente meno esposto al ri

schio di essere scoperto ed ha inoltre più probabilità di eludere

la norma fiscale, con conseguente maggior possibilità di ledere gli interessi protetti da questa normativa.

Non può, in ultimo, condividersi neppure l'opinione — espressa nell'anzidetta ordinanza della Suprema corte di cassazione —

secondo la quale il patto contestato in rubrica integrerebbe il

reato di cui all'art. 485 c.p., peraltro punibile, a seguito dell'introduzione dell'art. 493 bis c.p. da parte della 1. 24 novem

bre 1981 n. 689, solo a querela di parte. Le espressioni usate in detto articolo per indicare la falsifica

zione coincidono con quelle della norma contestata: « chiun

que ... forma in tutto o in parte una scrittura privata falsa o

altera una scrittura privata vera, è punito...» (art. 485 c.p.). « Chiunque, forma in tutto o in parte o altera, stampati, docu

menti o registri previsti dal presente decreto...» (art. 7, ult.

comma, d.p.r. 627/78), cosi come l'ultima parte di questo articolo

coincide sostanzialmente con la fattispecie di cui all'art. 489 c.p.

(uso di atto falso). Una prima diversità è data dall'oggetto della

falsificazione nel senso che la previsione del codice penale è più ampia ed assorbente di quella della normativa fiscale; gli stampa

ti, documenti e registri sono senz'altro una species limitata del

vasto genus della scrittura privata. Tale assunto, fondamentale

per l'esatta configurazione del fatto in esame, presuppone che le

bolle di accompagnamento sono da considerare a tutti gli effetti

scritture private in quanto formate da privati in adempimento di

un mero obbligo documentario di natura fiscale, cosi come lo

sono inequivocabilmente le fatture e le scritture contabili. Il

problema si era posto, in effetti, a seguito della decisione delle

sezioni unite (sentenza del 29 ottobre 1983, Mario, id., Rep. 1984, voce Idrocarburi, nn. 21, 22). Secondo la quale: « il modello H ter

16 del modulario generale delle dogane e delle imposte dirette, necessario per legittimare il trasporto degli olii minerali, è un atto

pubblico e il soggetto che lo rilascia è un pubblico ufficiale anche

qualora sia un privato esercente di deposito libero di olio

minerale per uso commerciale, legalmente autorizzato al rilascio

dai competenti uffici dell'amministrazione finanziaria ». L'equipa razione non ha, però, alcun pregio dal momento che la bolla di

accompagnamento ha ben altra finalità rispetto all'H ter 16 e

soprattutto non vi è quella espressa quanto eccezionale autorizza

zione fatta dall'amministrazione pubblica al privato, di sostituirla

nell'emanazione di atti fidefacienti. L'altro elemento discriminato

re tra le due fattispecie normative in esame è la finalità della

falsificazione: al generico scopo « di procurare a sé o ad altri un

vantaggio », di cui all'art. 485 c.p., l'art. 7 d.p.r. 627/78 sostitui

sce quello più specifico e pertinente alla speciale normativa

tributaria: « di eludere le disposizioni del presente decreto ». Non

v'è dubbio che questo fine rientra in quello più generale di

assicurare un vantaggio all'autore della falsificazione. È agevole a

questo punto dirimere l'apparente conflitto di norme secondo il

principio di specialità di cui all'art. 15 c.p. Tale principio ricorre,

infatti, per costante giurisprudenza (cfr. Cass. 5 gennaio 1974,

Rotunno, id., Rep. 1975, voce Concorso di reati, n. 2) allorché

una delle norme (c.d. speciale) presenti nella sua struttura tutti

gli elementi propri dell'altra (c.d. generale) oltre a quelli caratte

ristici della specializzazione; in altri termini le due disposizioni debbono presentarsi come centri concentrici di raggio diverso,

per cui quello più ampio abbracci interamente in sé quello

minore, presentando inoltre un settore residuo destinato ad acco

gliere i requisiti aggiuntivi della specialità. Come sopra evidenzia

to l'art. 485 c.p. rappresenta la norma generale mentre l'art. 7, ult. comma, d.p.r. 627/78 configura quella speciale che, pertanto, deve prevalere nell'apparente conflitto.

In conclusione, quindi, sussiste il delitto continuato come

contestato ed i tre imputati vanno dichiarati responsabili a tale

titolo. (Omissis)

I

TRIBUNALE DI ORISTANO; sentenza 18 dicembre 1985; Pres.

Segneri, Est. Barbalinardo; imp. Sanna.

TRIBUNALE DI ORISTANO;

Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Esercizio di impianto ricetrasmittente sulla banda cittadina senza concessione ammini

strativa — Reato — Sussistenza (D.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, t.u. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni, art. 195, 322; 1. 14 aprile 1975 n. 103, nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva, art.

45).

Integra gli estremi del reato di cui all'art. 195 cod. postale l'esercizio di apparecchio radioelettrico ricetrasmittente di debo

le potenza sulla banda cittadina (cosiddetta C.B.) in mancanza

della prescritta concessione. (1)

II

PRETURA DI CASSINO; sentenza 5 luglio 1985; Giud. Maglioc

CA; imp. Capocci.

Radiotelevisione e servizi radioelettrici — Esercizio di impianto ricetrasmittente sulla banda cittadina senza concessione ammini

trativa — Reato — Insussistenza (D.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, art. 195, 403; 1. 14 aprile 1975 n. 103, art. 45).

Non costituisce reato l'esercizio di apparecchio radioelettrico

ricetrasmittente di debole potenza sulla banda cittadina (cosid detta C.B.) in mancanza della prescritta concessione. (2)

(1-2) A breve distanza da Pret. Palermo 26 febbraio 1985 e Pret. Modena 13 novembre 1984, Foro it., 1985, II, 349, con nota di

Paganelli, le due pronunce in epigrafe ripropongono la vexata quae stio della libertà d'antenna, rivendicata a gran voce da quella fascia di utenza meglio nota con la sigla di C.B. che da tempo, e a ranghi sempre più folti, intreccia comunicazioni, per svago o per esigenze di

lavoro, nell'etere cittadino, grazie all'impiego di impianti ricetrasmitten ti di debole potenza. Ed ancora una volta, nel solco di quell'« anarchia

programmatica » che ha caratterizzato gli ultimi due lustri di storia dell'emittenza radiotelevisiva, ad un verdetto assolutorio fa eco un

provvedimento di condanna. A tal riguardo, non può meravigliare il fatto che il contrasto maturi nel segno dell'autorevole caveat intimato

da Corte cost. 30 luglio 1984, n. 237, id., 1984, I, 2049, con nota di

Pardolesi, nella quale, pur dichiarandosi infondata la questione, nei termini in cui era stata posta, sulla disparità di trattamento tra il

regime di libertà di cui godono le emittenti radiotelevisive e quello vincolato a carico degli operatori C.B., non sono fugati in toto i dubbi circa la residuale vigenza dell'art. 195 cod. postale in riferimento agli apparecchi ricetrasmittenti de quibus. Tant'è che, mentre per i giudici sardi va esclusa (cosi capovolgendosi l'esito del processo di primo grado) una qualsiasi scappatoia che permetta al « cibbista » di vestire

panni diversi da quelli, desumibili dalla disciplina vigente, di (ultimo) « pirata dell'etere », per il Pretore di Cassino c'è margine per postulare una tesi assolutoria predicata sul « potere del giudice ordinario di

interpretare la legge in relazione al caso concreto ». Di più, secondo

quest'ultima direttiva, il cibbista è sgravato anche dall'obbligo, ex art. 403 cod. postale, di denunciare l'esercizio dell'impianto alla competente autorità statale, in forza della dichiarata inidoneità dello stesso a

causare disturbi radioelettrici ad altre apparecchiature installate nelle

Il Foro Italiano — 1986.

This content downloaded from 188.72.126.196 on Wed, 25 Jun 2014 01:00:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended