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sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Alber (concl. conf.);...

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sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Alber (concl. conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 111/112-115/116 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23198008 . Accessed: 28/06/2014 09:12 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.174 on Sat, 28 Jun 2014 09:12:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Alber (concl. conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana

sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Alber (concl.conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italianaSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 111/112-115/116Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198008 .

Accessed: 28/06/2014 09:12

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PARTE QUARTA

interessante possa non essere reintegrata nel suo posto di lavoro

prima della scadenza di un congedo parentale, in ragione del di

vieto temporaneo di effettuare talune prestazioni di lavoro per le

quali è stata assunta sarebbe in contrasto con l'obiettivo di pro tezione perseguito dagli art. 2, n. 3, della direttiva 76/207 non

ché 4, n. 1, e 5 della direttiva 92/85 e priverebbe tali disposizio ni di parte del loro effetto utile.

44. - Per quanto riguarda le conseguenze finanziarie che po trebbero derivare per il datore di lavoro dall'obbligo di reinte

grare nel suo posto di lavoro una donna in stato interessante che,

durante la gravidanza, non potrebbe svolgere tutte le mansioni

collegate con il suo posto, va ricordato che, secondo la costante

giurisprudenza, il danno finanziario subito dal datore di lavoro

non può giustificare una discriminazione fondata sul sesso (v. citate sentenze Dekker, punto 12; Mahlburg, punto 29, e Tele

Danmark, punto 28). 45. - Si deve ricordare, a questo proposito, che l'art. 5 della

direttiva 92/85 consente al datore di lavoro, in caso di rischio

per la sicurezza o la salute di una lavoratrice, nonché di riper cussioni negative sulla gravidanza o sull'allattamento, di proce dere ad una riorganizzazione provvisoria delle condizioni di la

voro o dei tempi di lavoro, o, se ciò non dovesse rivelarsi possi

bile, ad un cambiamento di posto ovvero, per ultimo, ad una di

spensa dal lavoro.

46. - La circostanza che la sig.ra Busch, chiedendo il proprio

reintegro, abbia nutrito l'intento di percepire il sussidio di ma

ternità, più elevato del sussidio per congedo parentale, nonché

l'integrazione del sussidio di maternità corrisposto dal datore di

lavoro, non può giustificare, in diritto, una discriminazione fon

data sul sesso per quanto riguarda le condizioni di lavoro.

47. - Tenuto conto di quanto precede, la prima questione va

risolta dichiarando che l'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve

essere interpretato nel senso che osta a che la lavoratrice, che

prima della scadenza del congedo parentale intende essere rein

tegrata nel suo posto con il consenso del datore di lavoro, sia te

nuta ad informare quest'ultimo del proprio stato di gravidanza se, a causa di taluni divieti posti dalla normativa sul lavoro, non

potrebbe svolgere talune delle sue mansioni.

Sulla seconda questione

48. - Con la seconda questione il giudice a quo vuole sapere, in sostanza, se l'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere

interpretato nel senso che osta che un datore di lavoro possa, ai

sensi del diritto nazionale, rimettere in discussione l'accordo da

lui dato alla reintegrazione di una lavoratrice nel suo posto pri ma della scadenza di un congedo parentale per il motivo che

avrebbe versato in errore circa lo stato di gravidanza dell'inte

ressata.

49. - Tenuto conto della soluzione data alla prima questione, anche alla seconda questione va data soluzione affermativa. Ri

sulta chiaramente che un datore di lavoro, se non può tener

conto dello stato di gravidanza di una lavoratrice per rifiutarne

il reintegro nel suo posto prima della scadenza del congedo pa rentale, non può neppure avvalersi di un errore sullo stato di

gravidanza dell'interessata che assertivamente avrebbe viziato il

suo consenso al detto reintegro. Ogni disposizione nazionale

che potrebbe fondare una siffatta asserzione va disapplicata dal

giudice nazionale al fine di assicurare piena efficacia della di

rettiva 76/207.

50. - La seconda questione va pertanto risolta dichiarando che

l'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere interpretato nel

senso che osta a che un datore di lavoro possa, ai sensi del di

ritto nazionale, rimettere in discussione l'accordo da lui dato al

reintegro di una lavoratrice nel suo posto prima della scadenza

del congedo parentale per il motivo che avrebbe versato in erro

re sullo stato di gravidanza dell'interessata.

Per questi motivi, la corte (quinta sezione), pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Arbeitsgericht Liibeck, con or

dinanza 6 agosto 2001, dichiara:

1) L'art. 2, n. 1, della direttiva del consiglio 9 febbraio 1976

n. 76/207/Cee, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione profes

II Foro Italiano — 2003.

sionali e le condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel

senso che osta a che la lavoratrice, che prima della scadenza del

congedo parentale intende essere reintegrata nel suo posto con il

consenso del datore di lavoro, sia tenuta ad informare quest'ul timo del proprio stato di gravidanza se, a causa di taluni divieti

posti dalla normativa sul lavoro, non potrebbe svolgere talune

delle sue mansioni.

2) L'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere interpre tato nel senso che osta a che un datore di lavoro possa, ai sensi

del diritto nazionale, rimettere in discussione l'accordo da lui

dato al reintegro di una lavoratrice nel suo posto prima della

scadenza del congedo parentale per il motivo che avrebbe ver

sato in errore sullo stato di gravidanza dell'interessata.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez

Iglesias, Avv. gen. Alber (conci, conf.); Commissione delle

Comunità europee c. Repubblica italiana.

Unione europea — Ce — Inadempimento di uno Stato —

Imprese di assicurazione — Responsabilità civile per la

circolazione dei veicoli a motore — Libertà tariffaria (Di

rettiva 18 giugno 1992 n. 92/49/Cee del consiglio, che coor

dina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministra

tive riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicura

zione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/Cee e

88/357/Cee, art. 6, 29, 39; d.l. 28 marzo 2000 n. 70, disposi zioni urgenti per il contenimento delle spinte inflazionistiche, art. 2; 1. 26 maggio 2000 n. 137, conversione in legge, con

modificazioni, del d.l. 28 marzo 2000 n. 70).

Costituisce violazione del principio di libertà tariffaria, di cui

agli art. 6. 29 e 39 della direttiva 92/49/Cee, l'istituzione di

un sistema di blocco delle tariffe applicabile a tutti i contratti

di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla

circolazione dei veicoli a motore, relativi a un rischio situato

sul territorio di uno Stato membro. ( 1 )

(1) La Corte di giustizia si pronuncia sul ricorso proposto, in data 12 febbraio 2001, dalla commissione europea avverso l'introduzione di di

sposizioni nazionali che prevedevano il blocco temporaneo delle tariffe

applicabili ai contratti d'assicurazione per la responsabilità civile deri vante dalla circolazione dei veicoli a motore. In particolare, con il d.l. 28 marzo 2000 n. 70, convertito nella 1. 26 maggio 2000 n. 137, l'Italia aveva adottato provvedimenti in diversi settori per il contenimento delle spinte inflazionistiche: per quanto attiene al settore della r.c. auto, l'art. 2, commi 2-5 quinquies. del suddetto decreto: ;') vietava alle im

prese di assicurazione di aumentare le tariffe esistenti per i contratti da rinnovare durante l'anno di vigenza del decreto e che prevedano varia zioni del premio in relazione al verificarsi di sinistri (clausola bonus

malus), qualora l'assicurato non avesse provocato alcun sinistro du rante il periodo di riferimento; ii) vietava alle compagnie di modificare,

per i nuovi contratti stipulati entro un anno dalla data di entrata in vigo re del decreto, le tariffe applicate sino al 29 marzo 2000, nonché Hi) di modificare per il medesimo periodo il numero delle classi di merito, i coefficienti di determinazione del premio e le regole evolutive delle formule tariffarie che prevedono variazioni del premio in relazione al verificarsi di sinistri; ;'v) obbligava le imprese, su richiesta del con

traente, a stipulare contratti anche nella formula tariffaria bonus-malus con franchigia assoluta, non opponibile al terzo danneggiato, per un

importo tra lire cinquecentomila e lire un milione, precisando che la scelta della formula e dell'importo della franchigia spettava unicamente all'assicurato; v) riconosceva agli assicurati, una volta cessati gli effetti del divieto di aumenti tariffari, il diritto di risolvere il contratto, senza

rispettare il termine legale di preavviso, nei casi di incrementi tariffari non giustificati in forza del meccanismo di adeguamento basato sulle

singole classi di merito e superiori al tasso programmato di inflazione.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

(Omissis) 25. - Conformemente al primo 'considerando' della direttiva

92/49, quest'ultima ha la finalità di completare il mercato inter

no nel settore dell'assicurazione diretta diversa dall'assicura

zione sulla vita, sotto il duplice profilo della libertà di stabili

mento e della libertà di prestazione dei servizi, allo scopo di fa

cilitare alle imprese di assicurazione aventi la propria sede so

ciale nella Comunità la copertura dei rischi situati all'interno di

quest'ultima. D'altro canto, ai sensi del diciannovesimo 'consi

derando' della stessa direttiva, nel quadro del mercato interno, è

nell'interesse del contraente avere accesso alla più ampia gam ma possibile di prodotti assicurativi offerti nella Comunità, al

fine di poter scegliere tra essi il più adeguato alle sue esigenze. (Omissis) 27. - A tal fine, gli art. 8, n. 3, 2° comma, della direttiva

73/239, 29, 1° comma, e 39, n. 2, della direttiva 92/49 vietano

agli Stati membri di esigere l'approvazione preventiva o la co

municazione sistematica, in particolare, delle condizioni gene rali e speciali delle polizze di assicurazione nonché delle tariffe

che un'impresa si propone di utilizzare sul suo territorio nei

rapporti con i contraenti.

28. - Inoltre, conformemente agli art. 8, n. 3, 3° comma, della

direttiva 73/239, 29, 2° comma, e 39, n. 3, della direttiva 92/49,

gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore la

notifica preventiva o l'approvazione delle maggiorazioni tariffa

In tema di tariffe e condizioni dei contratti assicurativi, si segnala il recente regolamento Ce 358/2003 del 27 febbraio 2003, relativo al

l'applicazione dell'art. 81,3° comma, del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore delle assicurazioni (G.U. L 53/8 del 28 febbraio 2003).

La commissione ha contestato l'introduzione delle citate misure, ri

tenendo che esse configurassero una violazione della direttiva del con

siglio 18 giugno 1992 n. 92/49/Cee — la quale coordina le disposizioni riguardanti l'assicurazione diretta diversa da quella sulla vita e modifi ca le direttive 73/239/Cee e 88/357/Cee — nella misura in cui determi

navano un blocco delle tariffe applicabile a tutti i contratti d'assicura zione della r.c. auto, relativi a un rischio situato sul territorio italiano,

pur in difetto di distinzione fra le compagnie che hanno sede in Italia e

quelle che vi svolgono attività tramite succursali o in regime di libera

prestazione dei servizi. Tali misure violerebbero, cioè, il principio della libertà tariffaria e dell'abolizione dei controlli preventivi o sistematici di cui agli art. 6, 29 e 39 della predetta direttiva. Il governo italiano, dal canto suo, si è difeso rilevando che l'intervento sulle tariffe, rientrante in un sistema generale di controllo dei prezzi, avrebbe perseguito obiettivi di interesse generale, quali quello della lotta all'inflazione e

della tutela dei consumatori. La direttiva 92/49 rappresenta, nell'ambito dell'assicurazione non

vita, l'ultima tappa del processo di liberalizzazione per l'industria assi

curativa; il suo scopo precipuo consiste nella realizzazione del mercato unico sul fondamento della libertà di stabilimento e della libera presta zione dei servizi. In questo contesto, il principio della libertà tariffaria si inserisce appunto come garanzia caratteristica della libertà di presta zione dei servizi nel settore assicurativo ed è stato in tal senso ricono

sciuto da Corte giust. 11 maggio 2000, causa C-296/98, Commissione c.

Repubblica francese, in Foro it.. Rep. 2001, voce Unione europea, n.

1381; cfr. anche Corte giust. 18 maggio 2000, causa C- 206/98, Com missione c. Regno del Belgio, ibid., n. 1382. Del resto, dall'articolato della direttiva 92/49 — in particolare, gli art. 6, n. 3, 2° comma, 29, 1°

comma, e 39, n. 2 — risulta che il divieto dell'autorizzazione preventi va e della comunicazione sistematica delle tariffe è un presupposto per l'esercizio della libera attività di un'impresa di assicurazione e che una

limitazione del principio della libertà tariffaria è ammissibile solo se

giustificata, ovvero qualora la misura interessata faccia parte di un si stema generale di controllo dei prezzi o rientri nelle disposizioni legali d'interesse generale.

A tal proposito, la Corte di giustizia rileva che, nel caso in esame, le

disposizioni contenute nel decreto legge italiano restringevano note

volmente la libertà delle compagnie, comprese quelle che svolgono le

loro attività in regime di libertà di stabilimento e libera prestazione di

servizi; la disciplina tariffaria controversa, peraltro, non poteva essere

considerata come parte di un sistema generale di controllo dei prezzi in

quanto essa comportava un intervento puntuale in un settore specifico dell'assicurazione non vita, rendendo così non configurabile il criterio

di generalità che caratterizza la deroga prevista al principio di libertà

tariffaria. In definitiva, le misure previste devono ritenersi in contrasto

con i richiamati articoli della direttiva 92/49 in quanto si traducono in

un congelamento delle tariffe, lesivo del principio della libertà tariffa

ria. [G. COLANGELO]

Il Foro Italiano — 2003.

rie proposte solo in quanto elemento di un sistema generale di

controllo dei prezzi. A ciò si aggiunge che, ai sensi dell'art. 30, n. 2, della direttiva 92/49, qualora uno Stato membro imponga

l'obbligo di sottoscrivere un'assicurazione, esso può prescrivere la comunicazione alla propria autorità competente, prima della

loro applicazione, solo delle condizioni generali e speciali delle

assicurazioni obbligatorie. 29. - Ne risulta che il legislatore comunitario ha chiaramente

inteso garantire il principio della libertà tariffaria nel settore

dell'assicurazione non vita, anche per quanto riguarda l'assicu

razione obbligatoria come l'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Tale

principio implica il divieto di ogni sistema di notifica preventiva o sistematica e di approvazione delle tariffe che un'impresa di

assicurazione si proponga di utilizzare nei suoi rapporti con i

contraenti. La sola deroga a tale principio ammessa dalla diret

tiva 92/49 riguarda la notifica preventiva e l'approvazione delle

«maggiorazioni tariffarie» nell'ambito di un «sistema generale di controllo dei prezzi».

(Omissis) 32. - Nel caso di specie, le parti concordano nel considerare

che la disciplina tariffaria prevista all'art. 2, 2°-5° comma, del

decreto legge restringe notevolmente la libertà delle compagnie di assicurazione, ivi comprese quelle che svolgono le loro atti

vità in regime di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, per quanto riguarda la fissazione e l'evoluzione

delle tariffe nell'ambito dei contratti in materia di assicurazione

della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei vei

coli a motore, relativi ad un rischio situato sul territorio italiano.

33. - Il governo italiano sostiene tuttavia che la detta discipli na, pur restringendo la libertà tariffaria delle imprese di assicu

razione, può essere giustificata, in primo luogo, in quanto ele

mento di un «sistema generale di controllo dei prezzi» ai sensi

degli art. 8, n. 3, 3° comma, della direttiva 73/239, 29, 2° com

ma, e 39, n. 3, della direttiva 92/49.

34. - Al riguardo si deve rilevare che, nei limiti in cui la noti

fica preventiva o l'approvazione delle maggiorazioni tariffarie

che uno Stato membro può imporre alle imprese di assicurazio

ne, conformemente alle dette disposizioni, deroga al principio della libertà tariffaria, tale deroga dev'essere interpretata in ma

niera restrittiva. In ogni caso, un sistema generale di controllo

dei prezzi presuppone, in particolare, che gli elementi che lo

compongono presentino un carattere vincolante e che tale siste

ma sia caratterizzato da un certo grado di generalità e di omo

geneità. 35. - Ora, occorre constatare che la disciplina tariffaria con

troversa comporta un intervento puntuale in un settore specifico dell'assicurazione non vita, ossia quello dell'assicurazione ob

bligatoria per veicoli a motore, e che, pertanto, essa non può, da

sola, soddisfare il criterio di generalità che un sistema di con

trollo deve presentare per giustificare una deroga al principio della libertà tariffaria. Ciò vale tanto più in quanto, come la

commissione ha rilevato senza essere contraddetta dalla Repub blica italiana, i premi assicurativi del settore interessato rappre sentano solo lo 0,22 per cento nel paniere dei beni e servizi che

serve per calcolare l'andamento dell'inflazione in Italia.

36. - Quanto alle altre misure fatte valere dal governo italiano

per giustificare l'esistenza di un sistema generale di controllo

dei prezzi, basta constatare che, se esse riguardano effettiva

mente settori economici diversi da quello della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, si tratta

tuttavia di interventi molto puntuali, non omogenei, in parte non

vincolanti e che non presentano alcun nesso diretto né tra loro

né con la disciplina tariffaria fissata dal decreto legge. 37. - Pertanto, la disciplina tariffaria controversa non può es

sere considerata come parte di un sistema generale di controllo

dei prezzi ai sensi degli art. 8, n. 3, 3° comma, della direttiva

73/239, 29, 2° comma, e 39, n. 3, della direttiva 92/49 e, per

tanto, essa non rientra nell'eccezione prevista da tali disposizio

ni, anche indipendentemente dalla questione di stabilire se ed in

quale misura i diversi elementi della detta disciplina rientrino in

un regime di «maggiorazioni tariffarie» ai sensi delle dette di

sposizioni. 38. - Per quanto riguarda, in secondo luogo, le diverse consi

derazioni di interesse generale fatte valere dalla Repubblica ita

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PARTE QUARTA

liana al fine di giustificare la disciplina tariffaria controversa sul

fondamento dell'art. 28 della direttiva 92/49, dal punto 31 della

presente sentenza risulta che l'interesse generale considerato da

tale disposizione non può, in ogni caso, essere fatto valere al fi

ne di legittimare l'introduzione o il mantenimento in vigore di

disposizioni nazionali che ledano il principio della libertà tarif

faria, le eccezioni al quale hanno formato oggetto di regole ar

monizzate dagli art. 6, 29 e 39 della stessa direttiva.

(Omissis) 42. - Conformemente all'art. 2, comma 5 quater, del decreto

legge, ciascuna compagnia di assicurazione è tenuta a comuni

care all'Isvap i dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati.

Tale disposizione prevede, a tal fine, l'istituzione di una banca

dati al finanziamento della quale devono contribuire le compa

gnie di assicurazione. L'art. 2, comma 5 quinquies, prevede il

pagamento di una sanzione amministrativa in caso di violazione

o di esecuzione tardiva dell'obbligo di comunicare i dati di cui

trattasi.

43. - L'art. 44, n. 2, della direttiva 92/49, dal canto suo, di

spone che le imprese di assicurazione comunichino all'autorità

competente dello Stato membro d'origine, in forma separata per le operazioni rispettivamente effettuate in regime di libero sta

bilimento e in regime di libera prestazione dei servizi, l'importo dei premi, dei sinistri e delle commissioni, suddivisi per Stato

membro e per gruppo di rami, nonché, per quanto riguarda il

ramo relativo all'assicurazione autoveicoli, la frequenza e il co

sto medio dei sinistri. Ai sensi dell'art. 44, n. 2, 2° cpv., le indi

cazioni di cui trattasi devono essere comunicate entro termini

ragionevoli e su base aggregata dall'autorità competente dello

Stato membro d'origine a quelle degli Stati membri che gliene facciano richiesta.

(Omissis) 45. - Questo meccanismo di comunicazione di dati essenziali

riguardanti l'attività delle compagnie di assicurazione tramite le

autorità nazionali ha lo scopo di evitare ostacoli ingiustificati all'esercizio della libertà di stabilimento e della libera presta zione dei servizi nel settore a cui si applica la direttiva 92/49.

46. - Tuttavia risulta dagli atti che l'acquisizione delle infor

mazioni particolareggiate di cui all'art. 2, comma 5 quater, del

decreto legge persegue una finalità di lotta alle frodi diversa da

quella perseguita dall'art. 44 della direttiva 92/49. Inoltre, per

quanto riguarda, da una parte, l'obbligo a carico delle compa

gnie di assicurazione interessate di contribuire al finanziamento

della banca dati istituita dal decreto legge e, dall'altra, le san

zioni previste in caso di mancato rispetto dell'obbligo di comu

nicazione, la commissione li menziona solo per aggiungere che

tali misure rafforzano il meccanismo instaurato dal decreto leg

ge e per concluderne che per lo stesso motivo esse devono esse

re rese invalide.

47. - Pertanto, poiché la commissione ha contestato la con

formità di tale meccanismo con il diritto comunitario solo alla

luce dell'art. 44 della direttiva 92/49, la seconda censura de

v'essere respinta. 48. - Occorre pertanto constatare che, avendo istituito e man

tenuto in vigore un sistema di blocco delle tariffe applicabile a

tutti i contratti di assicurazione della responsabilità civile deri

vante dalla circolazione dei veicoli a motore, relativi ad un ri

schio situato sul territorio italiano, senza distinzione fra le com

pagnie di assicurazione che hanno sede in Italia e quelle che ivi

svolgono le proprie attività tramite succursali o in regime di li

bera prestazione dei servizi, in violazione del principio della li

bertà tariffaria di cui agli art. 6, 29 e 39 della direttiva 92/49, la

Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa in

combono in forza della detta direttiva.

Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:

1) Avendo istituito e mantenuto in vigore un sistema di bloc

co delle tariffe applicabile a tutti i contratti di assicurazione

della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei vei

coli a motore, relativi a un rischio situato sul territorio italiano, senza distinzione fra le compagnie di assicurazione che hanno

sede in Italia e quelle che ivi svolgono le proprie attività tramite

succursali o in regime di libera prestazione dei servizi, in viola

zione del principio della libertà tariffaria di cui agli art. 6, 29 e

39 della direttiva del consiglio 18 giugno 1992 n. 92/49/Cee, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e ammi

II Foro Italiano — 2003.

nistrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicu

razione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/Cee e

88/357/Cee (terza direttiva assicurazione non vita), la Repubbli ca italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono

in forza della direttiva.

2) Per il resto, il ricorso è respinto.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione III; ordinanza 30 aprile 2002, causa C-181/01 P; Pres.

Macken, Avv. gen. Geelhoed; N. c. Commissione delle Co

munità europee.

Unione europea — Ce — Dipendente della commissione —

Contagio da Hiv per via sessuale — Riconoscimento come

infortunio — Diniego.

Non può essere considerato infortunio, ai sensi dell'art. 73

dello statuto del personale e dell'art. 2, n. 1, della regola mentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e

malattia professionale dei dipendenti Ce, il contagio da Hiv

avvenuto durante un atto sessuale fra adulti consenzienti,

quando la rottura del preservativo costituisca solo una delle

possibili cause del contagio e le esatte circostanze di esso ap

paiono indeterminabili. (1)

1. - Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della

corte il 25 aprile 2001, N. ha proposto, a norma dell'art. 49

dello statuto Ce della Corte di giustizia e delle corrispondenti

disposizioni degli statuti Ceca e Ceea della stessa, un ricorso

contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il

13 febbraio 2001, nella causa T-2/00, N./Commissione (Racc. PI

pag. I-A-37 e 11-135; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), che ha respinto il suo ricorso volto, da un lato, all'annullamento

della decisione della commissione recante il diniego di conside

rare un infortunio, ai sensi degli art. 73 dello statuto del perso nale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «statuto») e 2

della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di in

fortunio e di malattia professionale dei dipendenti delle Comu

nità europee (in prosieguo: la «regolamentazione infortuni»), il

contagio del ricorrente per effetto del virus dell'immunodefi

cienza umana (Hiv) e, dall'altro, al versamento del risarcimento

per il danno morale sofferto.

Antefatti della controversia

2. - Gli antefatti della controversia sono così esposti ai punti 10-30 della sentenza impugnata:

(1) Non si rinvengono precedenti in termini, ad esclusione della de cisione oggetto di impugnazione e confermata dall'ordinanza in epigra fe, Trib. I grado 13 febbraio 2001, causa T-2/00, Raccolta, 2001, I-A 37 e 11-135. Assise App. Brescia 26 settembre 2000, Foro it., 2001, II, 285, con note di Nicosia e Forte, ha ritenuto sussistente il reato di omi cidio colposo, aggravato dalla previsione dell'evento, a carico del re

sponsabile del contagio da Hiv per via sessuale in danno del coniuge che non era stato edotto del relativo rischio.

Per riferimenti, sulla responsabilità civile da contagio post trasfusionale, cfr. Trib. Roma 8 gennaio 2003, id., 2003, I, 622, con nota di richiami, e sull'incostituzionalità dell'art. 1, 3° comma, 1. 25 febbraio 1992 n. 210, nella parte in cui non prevede che i benefici pre visti dalla legge stessa spettino anche agli operatori sanitari che. in oc casione del servizio e durante il medesimo, abbiano riportato danni

permanenti all'integrità psicofisica conseguenti a infezione contratta a

seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti, v. Corte cost. 26 novembre 2002, n. 476, ibid., 330, con osservazioni di A. Palmieri.

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