sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez Iglesias, Avv. gen. Alber (concl.conf.); Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italianaSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 111/112-115/116Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198008 .
Accessed: 28/06/2014 09:12
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.220.202.174 on Sat, 28 Jun 2014 09:12:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
interessante possa non essere reintegrata nel suo posto di lavoro
prima della scadenza di un congedo parentale, in ragione del di
vieto temporaneo di effettuare talune prestazioni di lavoro per le
quali è stata assunta sarebbe in contrasto con l'obiettivo di pro tezione perseguito dagli art. 2, n. 3, della direttiva 76/207 non
ché 4, n. 1, e 5 della direttiva 92/85 e priverebbe tali disposizio ni di parte del loro effetto utile.
44. - Per quanto riguarda le conseguenze finanziarie che po trebbero derivare per il datore di lavoro dall'obbligo di reinte
grare nel suo posto di lavoro una donna in stato interessante che,
durante la gravidanza, non potrebbe svolgere tutte le mansioni
collegate con il suo posto, va ricordato che, secondo la costante
giurisprudenza, il danno finanziario subito dal datore di lavoro
non può giustificare una discriminazione fondata sul sesso (v. citate sentenze Dekker, punto 12; Mahlburg, punto 29, e Tele
Danmark, punto 28). 45. - Si deve ricordare, a questo proposito, che l'art. 5 della
direttiva 92/85 consente al datore di lavoro, in caso di rischio
per la sicurezza o la salute di una lavoratrice, nonché di riper cussioni negative sulla gravidanza o sull'allattamento, di proce dere ad una riorganizzazione provvisoria delle condizioni di la
voro o dei tempi di lavoro, o, se ciò non dovesse rivelarsi possi
bile, ad un cambiamento di posto ovvero, per ultimo, ad una di
spensa dal lavoro.
46. - La circostanza che la sig.ra Busch, chiedendo il proprio
reintegro, abbia nutrito l'intento di percepire il sussidio di ma
ternità, più elevato del sussidio per congedo parentale, nonché
l'integrazione del sussidio di maternità corrisposto dal datore di
lavoro, non può giustificare, in diritto, una discriminazione fon
data sul sesso per quanto riguarda le condizioni di lavoro.
47. - Tenuto conto di quanto precede, la prima questione va
risolta dichiarando che l'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve
essere interpretato nel senso che osta a che la lavoratrice, che
prima della scadenza del congedo parentale intende essere rein
tegrata nel suo posto con il consenso del datore di lavoro, sia te
nuta ad informare quest'ultimo del proprio stato di gravidanza se, a causa di taluni divieti posti dalla normativa sul lavoro, non
potrebbe svolgere talune delle sue mansioni.
Sulla seconda questione
48. - Con la seconda questione il giudice a quo vuole sapere, in sostanza, se l'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere
interpretato nel senso che osta che un datore di lavoro possa, ai
sensi del diritto nazionale, rimettere in discussione l'accordo da
lui dato alla reintegrazione di una lavoratrice nel suo posto pri ma della scadenza di un congedo parentale per il motivo che
avrebbe versato in errore circa lo stato di gravidanza dell'inte
ressata.
49. - Tenuto conto della soluzione data alla prima questione, anche alla seconda questione va data soluzione affermativa. Ri
sulta chiaramente che un datore di lavoro, se non può tener
conto dello stato di gravidanza di una lavoratrice per rifiutarne
il reintegro nel suo posto prima della scadenza del congedo pa rentale, non può neppure avvalersi di un errore sullo stato di
gravidanza dell'interessata che assertivamente avrebbe viziato il
suo consenso al detto reintegro. Ogni disposizione nazionale
che potrebbe fondare una siffatta asserzione va disapplicata dal
giudice nazionale al fine di assicurare piena efficacia della di
rettiva 76/207.
50. - La seconda questione va pertanto risolta dichiarando che
l'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere interpretato nel
senso che osta a che un datore di lavoro possa, ai sensi del di
ritto nazionale, rimettere in discussione l'accordo da lui dato al
reintegro di una lavoratrice nel suo posto prima della scadenza
del congedo parentale per il motivo che avrebbe versato in erro
re sullo stato di gravidanza dell'interessata.
Per questi motivi, la corte (quinta sezione), pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Arbeitsgericht Liibeck, con or
dinanza 6 agosto 2001, dichiara:
1) L'art. 2, n. 1, della direttiva del consiglio 9 febbraio 1976
n. 76/207/Cee, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione profes
II Foro Italiano — 2003.
sionali e le condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel
senso che osta a che la lavoratrice, che prima della scadenza del
congedo parentale intende essere reintegrata nel suo posto con il
consenso del datore di lavoro, sia tenuta ad informare quest'ul timo del proprio stato di gravidanza se, a causa di taluni divieti
posti dalla normativa sul lavoro, non potrebbe svolgere talune
delle sue mansioni.
2) L'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207 deve essere interpre tato nel senso che osta a che un datore di lavoro possa, ai sensi
del diritto nazionale, rimettere in discussione l'accordo da lui
dato al reintegro di una lavoratrice nel suo posto prima della
scadenza del congedo parentale per il motivo che avrebbe ver
sato in errore sullo stato di gravidanza dell'interessata.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sentenza 25 febbraio 2003, causa C-59/01; Pres. Rodriguez
Iglesias, Avv. gen. Alber (conci, conf.); Commissione delle
Comunità europee c. Repubblica italiana.
Unione europea — Ce — Inadempimento di uno Stato —
Imprese di assicurazione — Responsabilità civile per la
circolazione dei veicoli a motore — Libertà tariffaria (Di
rettiva 18 giugno 1992 n. 92/49/Cee del consiglio, che coor
dina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministra
tive riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicura
zione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/Cee e
88/357/Cee, art. 6, 29, 39; d.l. 28 marzo 2000 n. 70, disposi zioni urgenti per il contenimento delle spinte inflazionistiche, art. 2; 1. 26 maggio 2000 n. 137, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 28 marzo 2000 n. 70).
Costituisce violazione del principio di libertà tariffaria, di cui
agli art. 6. 29 e 39 della direttiva 92/49/Cee, l'istituzione di
un sistema di blocco delle tariffe applicabile a tutti i contratti
di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla
circolazione dei veicoli a motore, relativi a un rischio situato
sul territorio di uno Stato membro. ( 1 )
(1) La Corte di giustizia si pronuncia sul ricorso proposto, in data 12 febbraio 2001, dalla commissione europea avverso l'introduzione di di
sposizioni nazionali che prevedevano il blocco temporaneo delle tariffe
applicabili ai contratti d'assicurazione per la responsabilità civile deri vante dalla circolazione dei veicoli a motore. In particolare, con il d.l. 28 marzo 2000 n. 70, convertito nella 1. 26 maggio 2000 n. 137, l'Italia aveva adottato provvedimenti in diversi settori per il contenimento delle spinte inflazionistiche: per quanto attiene al settore della r.c. auto, l'art. 2, commi 2-5 quinquies. del suddetto decreto: ;') vietava alle im
prese di assicurazione di aumentare le tariffe esistenti per i contratti da rinnovare durante l'anno di vigenza del decreto e che prevedano varia zioni del premio in relazione al verificarsi di sinistri (clausola bonus
malus), qualora l'assicurato non avesse provocato alcun sinistro du rante il periodo di riferimento; ii) vietava alle compagnie di modificare,
per i nuovi contratti stipulati entro un anno dalla data di entrata in vigo re del decreto, le tariffe applicate sino al 29 marzo 2000, nonché Hi) di modificare per il medesimo periodo il numero delle classi di merito, i coefficienti di determinazione del premio e le regole evolutive delle formule tariffarie che prevedono variazioni del premio in relazione al verificarsi di sinistri; ;'v) obbligava le imprese, su richiesta del con
traente, a stipulare contratti anche nella formula tariffaria bonus-malus con franchigia assoluta, non opponibile al terzo danneggiato, per un
importo tra lire cinquecentomila e lire un milione, precisando che la scelta della formula e dell'importo della franchigia spettava unicamente all'assicurato; v) riconosceva agli assicurati, una volta cessati gli effetti del divieto di aumenti tariffari, il diritto di risolvere il contratto, senza
rispettare il termine legale di preavviso, nei casi di incrementi tariffari non giustificati in forza del meccanismo di adeguamento basato sulle
singole classi di merito e superiori al tasso programmato di inflazione.
This content downloaded from 91.220.202.174 on Sat, 28 Jun 2014 09:12:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA
(Omissis) 25. - Conformemente al primo 'considerando' della direttiva
92/49, quest'ultima ha la finalità di completare il mercato inter
no nel settore dell'assicurazione diretta diversa dall'assicura
zione sulla vita, sotto il duplice profilo della libertà di stabili
mento e della libertà di prestazione dei servizi, allo scopo di fa
cilitare alle imprese di assicurazione aventi la propria sede so
ciale nella Comunità la copertura dei rischi situati all'interno di
quest'ultima. D'altro canto, ai sensi del diciannovesimo 'consi
derando' della stessa direttiva, nel quadro del mercato interno, è
nell'interesse del contraente avere accesso alla più ampia gam ma possibile di prodotti assicurativi offerti nella Comunità, al
fine di poter scegliere tra essi il più adeguato alle sue esigenze. (Omissis) 27. - A tal fine, gli art. 8, n. 3, 2° comma, della direttiva
73/239, 29, 1° comma, e 39, n. 2, della direttiva 92/49 vietano
agli Stati membri di esigere l'approvazione preventiva o la co
municazione sistematica, in particolare, delle condizioni gene rali e speciali delle polizze di assicurazione nonché delle tariffe
che un'impresa si propone di utilizzare sul suo territorio nei
rapporti con i contraenti.
28. - Inoltre, conformemente agli art. 8, n. 3, 3° comma, della
direttiva 73/239, 29, 2° comma, e 39, n. 3, della direttiva 92/49,
gli Stati membri possono introdurre o mantenere in vigore la
notifica preventiva o l'approvazione delle maggiorazioni tariffa
In tema di tariffe e condizioni dei contratti assicurativi, si segnala il recente regolamento Ce 358/2003 del 27 febbraio 2003, relativo al
l'applicazione dell'art. 81,3° comma, del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore delle assicurazioni (G.U. L 53/8 del 28 febbraio 2003).
La commissione ha contestato l'introduzione delle citate misure, ri
tenendo che esse configurassero una violazione della direttiva del con
siglio 18 giugno 1992 n. 92/49/Cee — la quale coordina le disposizioni riguardanti l'assicurazione diretta diversa da quella sulla vita e modifi ca le direttive 73/239/Cee e 88/357/Cee — nella misura in cui determi
navano un blocco delle tariffe applicabile a tutti i contratti d'assicura zione della r.c. auto, relativi a un rischio situato sul territorio italiano,
pur in difetto di distinzione fra le compagnie che hanno sede in Italia e
quelle che vi svolgono attività tramite succursali o in regime di libera
prestazione dei servizi. Tali misure violerebbero, cioè, il principio della libertà tariffaria e dell'abolizione dei controlli preventivi o sistematici di cui agli art. 6, 29 e 39 della predetta direttiva. Il governo italiano, dal canto suo, si è difeso rilevando che l'intervento sulle tariffe, rientrante in un sistema generale di controllo dei prezzi, avrebbe perseguito obiettivi di interesse generale, quali quello della lotta all'inflazione e
della tutela dei consumatori. La direttiva 92/49 rappresenta, nell'ambito dell'assicurazione non
vita, l'ultima tappa del processo di liberalizzazione per l'industria assi
curativa; il suo scopo precipuo consiste nella realizzazione del mercato unico sul fondamento della libertà di stabilimento e della libera presta zione dei servizi. In questo contesto, il principio della libertà tariffaria si inserisce appunto come garanzia caratteristica della libertà di presta zione dei servizi nel settore assicurativo ed è stato in tal senso ricono
sciuto da Corte giust. 11 maggio 2000, causa C-296/98, Commissione c.
Repubblica francese, in Foro it.. Rep. 2001, voce Unione europea, n.
1381; cfr. anche Corte giust. 18 maggio 2000, causa C- 206/98, Com missione c. Regno del Belgio, ibid., n. 1382. Del resto, dall'articolato della direttiva 92/49 — in particolare, gli art. 6, n. 3, 2° comma, 29, 1°
comma, e 39, n. 2 — risulta che il divieto dell'autorizzazione preventi va e della comunicazione sistematica delle tariffe è un presupposto per l'esercizio della libera attività di un'impresa di assicurazione e che una
limitazione del principio della libertà tariffaria è ammissibile solo se
giustificata, ovvero qualora la misura interessata faccia parte di un si stema generale di controllo dei prezzi o rientri nelle disposizioni legali d'interesse generale.
A tal proposito, la Corte di giustizia rileva che, nel caso in esame, le
disposizioni contenute nel decreto legge italiano restringevano note
volmente la libertà delle compagnie, comprese quelle che svolgono le
loro attività in regime di libertà di stabilimento e libera prestazione di
servizi; la disciplina tariffaria controversa, peraltro, non poteva essere
considerata come parte di un sistema generale di controllo dei prezzi in
quanto essa comportava un intervento puntuale in un settore specifico dell'assicurazione non vita, rendendo così non configurabile il criterio
di generalità che caratterizza la deroga prevista al principio di libertà
tariffaria. In definitiva, le misure previste devono ritenersi in contrasto
con i richiamati articoli della direttiva 92/49 in quanto si traducono in
un congelamento delle tariffe, lesivo del principio della libertà tariffa
ria. [G. COLANGELO]
Il Foro Italiano — 2003.
rie proposte solo in quanto elemento di un sistema generale di
controllo dei prezzi. A ciò si aggiunge che, ai sensi dell'art. 30, n. 2, della direttiva 92/49, qualora uno Stato membro imponga
l'obbligo di sottoscrivere un'assicurazione, esso può prescrivere la comunicazione alla propria autorità competente, prima della
loro applicazione, solo delle condizioni generali e speciali delle
assicurazioni obbligatorie. 29. - Ne risulta che il legislatore comunitario ha chiaramente
inteso garantire il principio della libertà tariffaria nel settore
dell'assicurazione non vita, anche per quanto riguarda l'assicu
razione obbligatoria come l'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Tale
principio implica il divieto di ogni sistema di notifica preventiva o sistematica e di approvazione delle tariffe che un'impresa di
assicurazione si proponga di utilizzare nei suoi rapporti con i
contraenti. La sola deroga a tale principio ammessa dalla diret
tiva 92/49 riguarda la notifica preventiva e l'approvazione delle
«maggiorazioni tariffarie» nell'ambito di un «sistema generale di controllo dei prezzi».
(Omissis) 32. - Nel caso di specie, le parti concordano nel considerare
che la disciplina tariffaria prevista all'art. 2, 2°-5° comma, del
decreto legge restringe notevolmente la libertà delle compagnie di assicurazione, ivi comprese quelle che svolgono le loro atti
vità in regime di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, per quanto riguarda la fissazione e l'evoluzione
delle tariffe nell'ambito dei contratti in materia di assicurazione
della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei vei
coli a motore, relativi ad un rischio situato sul territorio italiano.
33. - Il governo italiano sostiene tuttavia che la detta discipli na, pur restringendo la libertà tariffaria delle imprese di assicu
razione, può essere giustificata, in primo luogo, in quanto ele
mento di un «sistema generale di controllo dei prezzi» ai sensi
degli art. 8, n. 3, 3° comma, della direttiva 73/239, 29, 2° com
ma, e 39, n. 3, della direttiva 92/49.
34. - Al riguardo si deve rilevare che, nei limiti in cui la noti
fica preventiva o l'approvazione delle maggiorazioni tariffarie
che uno Stato membro può imporre alle imprese di assicurazio
ne, conformemente alle dette disposizioni, deroga al principio della libertà tariffaria, tale deroga dev'essere interpretata in ma
niera restrittiva. In ogni caso, un sistema generale di controllo
dei prezzi presuppone, in particolare, che gli elementi che lo
compongono presentino un carattere vincolante e che tale siste
ma sia caratterizzato da un certo grado di generalità e di omo
geneità. 35. - Ora, occorre constatare che la disciplina tariffaria con
troversa comporta un intervento puntuale in un settore specifico dell'assicurazione non vita, ossia quello dell'assicurazione ob
bligatoria per veicoli a motore, e che, pertanto, essa non può, da
sola, soddisfare il criterio di generalità che un sistema di con
trollo deve presentare per giustificare una deroga al principio della libertà tariffaria. Ciò vale tanto più in quanto, come la
commissione ha rilevato senza essere contraddetta dalla Repub blica italiana, i premi assicurativi del settore interessato rappre sentano solo lo 0,22 per cento nel paniere dei beni e servizi che
serve per calcolare l'andamento dell'inflazione in Italia.
36. - Quanto alle altre misure fatte valere dal governo italiano
per giustificare l'esistenza di un sistema generale di controllo
dei prezzi, basta constatare che, se esse riguardano effettiva
mente settori economici diversi da quello della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, si tratta
tuttavia di interventi molto puntuali, non omogenei, in parte non
vincolanti e che non presentano alcun nesso diretto né tra loro
né con la disciplina tariffaria fissata dal decreto legge. 37. - Pertanto, la disciplina tariffaria controversa non può es
sere considerata come parte di un sistema generale di controllo
dei prezzi ai sensi degli art. 8, n. 3, 3° comma, della direttiva
73/239, 29, 2° comma, e 39, n. 3, della direttiva 92/49 e, per
tanto, essa non rientra nell'eccezione prevista da tali disposizio
ni, anche indipendentemente dalla questione di stabilire se ed in
quale misura i diversi elementi della detta disciplina rientrino in
un regime di «maggiorazioni tariffarie» ai sensi delle dette di
sposizioni. 38. - Per quanto riguarda, in secondo luogo, le diverse consi
derazioni di interesse generale fatte valere dalla Repubblica ita
This content downloaded from 91.220.202.174 on Sat, 28 Jun 2014 09:12:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE QUARTA
liana al fine di giustificare la disciplina tariffaria controversa sul
fondamento dell'art. 28 della direttiva 92/49, dal punto 31 della
presente sentenza risulta che l'interesse generale considerato da
tale disposizione non può, in ogni caso, essere fatto valere al fi
ne di legittimare l'introduzione o il mantenimento in vigore di
disposizioni nazionali che ledano il principio della libertà tarif
faria, le eccezioni al quale hanno formato oggetto di regole ar
monizzate dagli art. 6, 29 e 39 della stessa direttiva.
(Omissis) 42. - Conformemente all'art. 2, comma 5 quater, del decreto
legge, ciascuna compagnia di assicurazione è tenuta a comuni
care all'Isvap i dati riguardanti i sinistri dei propri assicurati.
Tale disposizione prevede, a tal fine, l'istituzione di una banca
dati al finanziamento della quale devono contribuire le compa
gnie di assicurazione. L'art. 2, comma 5 quinquies, prevede il
pagamento di una sanzione amministrativa in caso di violazione
o di esecuzione tardiva dell'obbligo di comunicare i dati di cui
trattasi.
43. - L'art. 44, n. 2, della direttiva 92/49, dal canto suo, di
spone che le imprese di assicurazione comunichino all'autorità
competente dello Stato membro d'origine, in forma separata per le operazioni rispettivamente effettuate in regime di libero sta
bilimento e in regime di libera prestazione dei servizi, l'importo dei premi, dei sinistri e delle commissioni, suddivisi per Stato
membro e per gruppo di rami, nonché, per quanto riguarda il
ramo relativo all'assicurazione autoveicoli, la frequenza e il co
sto medio dei sinistri. Ai sensi dell'art. 44, n. 2, 2° cpv., le indi
cazioni di cui trattasi devono essere comunicate entro termini
ragionevoli e su base aggregata dall'autorità competente dello
Stato membro d'origine a quelle degli Stati membri che gliene facciano richiesta.
(Omissis) 45. - Questo meccanismo di comunicazione di dati essenziali
riguardanti l'attività delle compagnie di assicurazione tramite le
autorità nazionali ha lo scopo di evitare ostacoli ingiustificati all'esercizio della libertà di stabilimento e della libera presta zione dei servizi nel settore a cui si applica la direttiva 92/49.
46. - Tuttavia risulta dagli atti che l'acquisizione delle infor
mazioni particolareggiate di cui all'art. 2, comma 5 quater, del
decreto legge persegue una finalità di lotta alle frodi diversa da
quella perseguita dall'art. 44 della direttiva 92/49. Inoltre, per
quanto riguarda, da una parte, l'obbligo a carico delle compa
gnie di assicurazione interessate di contribuire al finanziamento
della banca dati istituita dal decreto legge e, dall'altra, le san
zioni previste in caso di mancato rispetto dell'obbligo di comu
nicazione, la commissione li menziona solo per aggiungere che
tali misure rafforzano il meccanismo instaurato dal decreto leg
ge e per concluderne che per lo stesso motivo esse devono esse
re rese invalide.
47. - Pertanto, poiché la commissione ha contestato la con
formità di tale meccanismo con il diritto comunitario solo alla
luce dell'art. 44 della direttiva 92/49, la seconda censura de
v'essere respinta. 48. - Occorre pertanto constatare che, avendo istituito e man
tenuto in vigore un sistema di blocco delle tariffe applicabile a
tutti i contratti di assicurazione della responsabilità civile deri
vante dalla circolazione dei veicoli a motore, relativi ad un ri
schio situato sul territorio italiano, senza distinzione fra le com
pagnie di assicurazione che hanno sede in Italia e quelle che ivi
svolgono le proprie attività tramite succursali o in regime di li
bera prestazione dei servizi, in violazione del principio della li
bertà tariffaria di cui agli art. 6, 29 e 39 della direttiva 92/49, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa in
combono in forza della detta direttiva.
Per questi motivi, la corte dichiara e statuisce:
1) Avendo istituito e mantenuto in vigore un sistema di bloc
co delle tariffe applicabile a tutti i contratti di assicurazione
della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei vei
coli a motore, relativi a un rischio situato sul territorio italiano, senza distinzione fra le compagnie di assicurazione che hanno
sede in Italia e quelle che ivi svolgono le proprie attività tramite
succursali o in regime di libera prestazione dei servizi, in viola
zione del principio della libertà tariffaria di cui agli art. 6, 29 e
39 della direttiva del consiglio 18 giugno 1992 n. 92/49/Cee, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e ammi
II Foro Italiano — 2003.
nistrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicu
razione sulla vita e che modifica le direttive 73/239/Cee e
88/357/Cee (terza direttiva assicurazione non vita), la Repubbli ca italiana è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono
in forza della direttiva.
2) Per il resto, il ricorso è respinto.
CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione III; ordinanza 30 aprile 2002, causa C-181/01 P; Pres.
Macken, Avv. gen. Geelhoed; N. c. Commissione delle Co
munità europee.
Unione europea — Ce — Dipendente della commissione —
Contagio da Hiv per via sessuale — Riconoscimento come
infortunio — Diniego.
Non può essere considerato infortunio, ai sensi dell'art. 73
dello statuto del personale e dell'art. 2, n. 1, della regola mentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e
malattia professionale dei dipendenti Ce, il contagio da Hiv
avvenuto durante un atto sessuale fra adulti consenzienti,
quando la rottura del preservativo costituisca solo una delle
possibili cause del contagio e le esatte circostanze di esso ap
paiono indeterminabili. (1)
1. - Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della
corte il 25 aprile 2001, N. ha proposto, a norma dell'art. 49
dello statuto Ce della Corte di giustizia e delle corrispondenti
disposizioni degli statuti Ceca e Ceea della stessa, un ricorso
contro la sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado il
13 febbraio 2001, nella causa T-2/00, N./Commissione (Racc. PI
pag. I-A-37 e 11-135; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), che ha respinto il suo ricorso volto, da un lato, all'annullamento
della decisione della commissione recante il diniego di conside
rare un infortunio, ai sensi degli art. 73 dello statuto del perso nale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «statuto») e 2
della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di in
fortunio e di malattia professionale dei dipendenti delle Comu
nità europee (in prosieguo: la «regolamentazione infortuni»), il
contagio del ricorrente per effetto del virus dell'immunodefi
cienza umana (Hiv) e, dall'altro, al versamento del risarcimento
per il danno morale sofferto.
Antefatti della controversia
2. - Gli antefatti della controversia sono così esposti ai punti 10-30 della sentenza impugnata:
(1) Non si rinvengono precedenti in termini, ad esclusione della de cisione oggetto di impugnazione e confermata dall'ordinanza in epigra fe, Trib. I grado 13 febbraio 2001, causa T-2/00, Raccolta, 2001, I-A 37 e 11-135. Assise App. Brescia 26 settembre 2000, Foro it., 2001, II, 285, con note di Nicosia e Forte, ha ritenuto sussistente il reato di omi cidio colposo, aggravato dalla previsione dell'evento, a carico del re
sponsabile del contagio da Hiv per via sessuale in danno del coniuge che non era stato edotto del relativo rischio.
Per riferimenti, sulla responsabilità civile da contagio post trasfusionale, cfr. Trib. Roma 8 gennaio 2003, id., 2003, I, 622, con nota di richiami, e sull'incostituzionalità dell'art. 1, 3° comma, 1. 25 febbraio 1992 n. 210, nella parte in cui non prevede che i benefici pre visti dalla legge stessa spettino anche agli operatori sanitari che. in oc casione del servizio e durante il medesimo, abbiano riportato danni
permanenti all'integrità psicofisica conseguenti a infezione contratta a
seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti, v. Corte cost. 26 novembre 2002, n. 476, ibid., 330, con osservazioni di A. Palmieri.
This content downloaded from 91.220.202.174 on Sat, 28 Jun 2014 09:12:36 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions