sentenza 25 gennaio 1985; Giud. Servello; Caporale (Avv. Pacetti) c. Comune di Roma (Avv.Onofri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 6 (GIUGNO 1985), pp. 1849/1850-1851/1852Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178562 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
superato o sottaciuto; non avendo qualitativamente questo pretore poteri di equità, non può trattenere la riconvenzionale a norma
dell'art. 36 c.p.c. come se dovesse discorrersi semplicemente di
competenza per valore.
Quando, invece, lo stesso elemento qualitativo si riscontra in
due diverse autorità giudiziarie non v'è motivo di derogare alle
regole dettate per la competenza per valore, ivi comprese le
regole dettate in tema di connessione; e cosi, se a questo pretore fosse dalle parti stato conferito il potere di equità in relazione alla domanda principale, ben potevano applicarsi le regole di cui
all'art. 34-36 c.p.c. e giudicarsi sulla riconvenzionale.
Volendo passare a degli esempi pratici, può affermarsi che
nella identità della causa petendi (risarcimento dei danni) la
competenza del pretore fino a lire cinque milioni e la competenza del tribunale oltre i cinque milioni è competenza determinata solo quantitativamente essendo qualitativamente eguale il giudizio del pretore e quello del tribunale (entrambi giudici di legalità);
valgono dunque tutte le regole dettate in tema di competenza per valore.
Ma se l'uno o l'altro degli organi fosse dalle parti investite del
potere di equità, è ben evidente che qualitativamente il giudizio non è eguale; non possono dunque valere tutte le regole dettate
in tema dà competenza per valore essendo uno dei giudizi quali
ficato dal potere di giudicare secondo equità. Ma, se entrambi gli
organi fossero investiti dalle parti dell'eguale potere di giudicare secondo equità, è altrettanto ben evidente che, nell'eguale giu
dizio, possono valere le regole dettate in tema di competenza
per valore.
Quanto più sopra detto non può non valere nei confronti di
chi è chiamato dalla legge a giudicare secondo equità (il giudice
conciliatore). Non può farsi luogo a nessuna deroga della competenza per
valore per ragioni di connessione quando la deroga investe anche
problematiche relative alla qualità della giurisdizione, può, invece,
farsi deroga alla competenza per valore quando non è in gioco il
potere o il modo di interpretare la legge.
In conclusione, la competenza del conciliatore è competenza
funzionale nel senso che è caratterizzata e quantitativamente c
qualitativamente: quantitativamente in relazione ai beni mobili di
valore non superiore a lire un milione, qualitativamente per essere
il conciliatore giudice di equità per volontà di legge.
Quale competenza funzionale è assoluta e non può essere
derogata (in relazione a poteri qualitativamente diversi) in virtù
delle regole dettate in tema di competenza per valore.
Come è ben evidente, i principi giuridici ai quali ha ritenuto
questo pretore adeguarsi trascendono questa controversia potendo
la questione essere proposta innanzi anche ad altre autorità
giudiziarie; si riproporrebbe innanzi al tribunale se ad una
domanda principale di oltre cinque milioni fosse proposta una
riconvenzionale sino a lire un milione; si riproporrebbe innanzi al
conciliatore se ad una domanda principale fino ad un milione
fosse proposta una riconvenzionale di valore superiore; si ripro
porrebbe innanzi al pretore competente per materia in relazione a
numerose e frequenti controversie (basti considerare il giudizio
possessorio) con domande accessorie di valore fino ad un milione
E solo la quotidiana pratica giudiziaria sarà capace di sollevare
identiche problematiche.
E si appalesa, pertanto, estremamente opportuno che della
questione fosse chiamato a pronunciare anche il Supremo collegio
in sede di conflitto di attribuzione (ove al conciliatore o al
giudice di equità non fosse riconosciuto un potere giurisdizionale)
ovvero in sede di conflitto di giurisdizione (ove al conciliatore o al
giudice di equità non fosse riconosciuto di appartenere alla
giurisdizione ordinaria) ovvero in sede di conflitto di competenza
ove al conciliatore o al giudice di equità non fosse riconosciuta,
in riferimento al giudizio di legalità, una competenza funzionale.
d) La l. 399/84 non ha inteso introdurre una competenza del
conciliatore e del pretore in relazione a stesse controversie. —
Assume il convenuto che la 1. 399/84 ha inteso introdurre una
competenza del pretore e del conciliatore in relazione a stesse
fattispecie; la scelta dell'una o dell'altra autorità giudiziaria
dipenderebbe esclusivamente dalla volontà del soggetto che inizia
una controversia, potendo ottenere il giudizio di equità rivolgen
dosi al conciliatore ovvero il giudizio di legalità rivolgendosi al
pretore. Il dubbio è certamente legittimo se è vero che il
legislatore, nel modificare l'art. 8 del codice di rito, non ha
ripetuto l'espressione « in quanto non siano di competenza del
conciliatore » e se è vero che modificando l'art. 312 c.p.c. ha
sancito che la domanda si può proporre verbalmente innanzi al
pretore per le cause che non eccedono le lire seicentomila.
Il Foro Italiano — 1985 — Parte /-119.
Parrebbe dunque che il conciliatore è competente per le cause fino a litre un milione ed il pretore per ile cause fino a lire cinque milioni (ivi comprese le cause fino a lire unmilione).
La tesi non convince. Innanzitutto vi osta la ratio legis; è ben
evidente, infatti, che M legislatore ha inteso assegnare al conciliatore tutta una serie di controversie sottraendole al pretore ed al tribunale al fine dichiarato di sottrarre tali controversie dagli uffici giudizia ri pini gravati!; il ritenere che un soggetto in relazióne alla stessa
controversia possa ricorrere ad un giudice piuttosto che ad un
altro, per la possibilità in tesi riconosciuta di ricorrere anche al
pretore, lascia ragionevolmente intendere la violazione dello spiri to della legge che ha, invece, inteso sottrarre del tutto un tipo di controversia alla cognizione del pretore.
Il ritenere, poi, la competenza alternativa del conciliatore e del
pretore sulla base di criteri non precostituiti dalla legge (e quindi arbitrari) apre lo spazio a notevoli dubbi di legittimità costituzio nale della norma (art. 25 Cost.) essendo ben evidente che a fronte di una stessa controversia la parte può ricorrere ad un
giudice piuttosto che ad un altro. In conclusione dunque, doven do la competenza del giudice essere determinata in via generale e potendo su uno stesso fatto essere chiamato a giudicare solo un
giudice e nessun altro, la tesi della competenza alternativa non
può essere condivisa.
Va, per tutto quanto sopra detto, dichiarata la incompetenza del Pretore di Napoli per essere competente il conciliatore di
Napoli in relazione alla sola domanda riconvenzionale. Provvederanno le parti alla riassunzione nei termini di cui
all'art. 50 c.p.c. Con separata ordinanza va disposta la prosecuzione del giudi
zio innanzi a questo pretore in ordine alla domanda principale.
PRETURA DI ROMA; sentenza 25 gennaio 1985; Giud. Servel lo; Caporale (Avv. Pacetti) c. Comune di Roma (Avv. Onofri).
PRETURA DI ROMA:
Edilizia e urbanistica — Costruzione di opere abusive — Sanzio ne pecuniaria — Opposizione — Proponibilità — Esclusione (L. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 22).
È improponibile l'opposizione ex art. 22 l. 689/81 avverso la sanzione pecuniaria irrogata per violazione di norme urbanisti che ed edilizie. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 12
maggio 1983 Caporale Camillo proponeva opposizione ex art. 22 1. n. 689/81 avverso il provvedimento con il quale il sindaco di Roma
gli aveva ordinato il pagamento di una sanzione pecuniaria di lire 6.800.000 pari al valore venale di opere edilizie abusive, cosi' come accertato dall'U.t.e. Deduceva il ricorrente il difetto di contestazione della violazione, la mancanza della propria legitti mazione passiva, l'intervenuta prescrizione.
Si costituiva il comune di Roma pregiudizialmente eccependo l'inammissibilità dell'opposizione risultando inapplicabile la 1.
689/81 ai provvedimenti conseguenti alla violazione di norme urbanistiche ed edilizie, richiamando l'operatività, nella specie della procedura ex art. 3 r.d. 14 aprile 1910 n. 639 (ed eccependo sul punto l'incompetenza per valore) e più im generale rilevando il difetto di giurisdizione deU'a.g.o. in materia, ex art. 16 1. n.
10/77. (Omissis) Motivi della decisione. — La domanda è improponibile. Se c.d. « sanzioni patrimoniali per equivalente » sono previste
in materia edilizia dall'art. 41 (cosi come sostituito dall'art. 13 1. n. 765/67) della 1. n. 1150/42 — «urbanistica» —, nonché dall'art. 15 1. n. 1497/39 — « beni storico-artistici » —, dall'art. 59 1. n. 1089/39 — « tutela del paesaggio » — e 15 1. n. 10/77 —
« Bucalossi » —. Esse consistono in misure sostitutive della ripa
(1) 11 giudice romano, muovendo dalla distinzione tra sanzioni di natura ripristinatoria — quali quelle irrogate in caso di violazioni edilizie — e sanzioni di natura afflittiva o punitiva, giunge, nel formulare il principio riportato in massima, a conclusioni già tratte, in relazione alle sanzioni previste dalla 1. 1497/39 sulla protezione delle bellezze naturali, da Pret. Rodi Garganico 4 giugno 1983, Foro it., 1983, I, 2915, con nota di richiami.
In dottrina, nel senso dell'inapplicabilità della 1. 689/81 alle viola zioni edilizie, v. Bertoni, Lattanzi, Lupo, Violante, Modifiche al sistema penale - L. 24 novembre 1981 n. 689. Depenalizzazione e illecito amministrativo, Milano, 1982, 506; Vigneri, Profili generali della sanzione amministrativa, in Nuove leggi civ., 1982, 1146.
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1851 PARTE PRIMA 1852
razione in forma specifica della lesione recata all'interesse pubbli co, attraverso il pagamento di una somma di denaro in qualche modo determinata sul parametro del valore venale dell'opera in cui si concreta la violazione. Proprio il criterio di valutazione « oggettivo » inerente cioè al bene e non alla condotta nel momento di quantificazione della sanzione e, ancor prima, la scelta compiuta in termini di possibilità ed opportunità, tra
demolizione/rimozione e pagamento del « controvalore », hanno da tempo convinto della natura ripristinatoria delle misure in
argomento. Tale categoria viene contrapposta alle sanzioni c.d. « afflittive » o « punitive », tali potendosi definire quelle fungibili con le pene criminali perché caratterizzate da finalità di preven
zione-repressione intese, rispettivamente, come « personalizzazione della pena » e generale efficacia intimidatrice.
In particolare la giurisprudenza ha sottolineato il carattere
ripristinatorio delle sanzioni per equivalente, l'attitudine delle
stesse ad eliminare il risultato dell'illecito, ovvero il vantaggio materiale che il trasgressore ne ha tratto, la loro appartenenza all'ambito civilistico-risarcitorio e, in definitiva, la loro ontologica assimilabilità alle misure direttamente volte alla esecuzione della
rimessa in pristino in forma specifica. Si è cosi affermata la
trasmissibilità agli eredi della sanzione, la possibilità di irrogarla anche in assenza di una condotta cosciente e volontaria del
soggetto, l'inapplicabilità della medesima in caso d'intervenuta
distruzione dell'opera abusiva (v. Cons. Stato, sez. V, 1° febbraio
1977, n. 72, Foro it., Rep. 1977, voce Edilizia e urbanistica, n.
651; ad. plen. 17 maggio 1974, n. 5, id., 1975, III, 106). Ne consegue la conclusione per cui il potere sanzionatorio è
identico a quello « preventivo di governo », si muove cioè nella
medesima sfera della potestà autorizzativa, costituendone la proie zione ed andando ad incidere sul medesimo interesse privato, cosi
che l'aver il legislatore previsto come alternative (e quindi
equivalenti) la demolizione e la sanzione pecuniaria implica « la
omogeneità funzionale » di queste e cioè « l'attrazione, nella
stessa area del potere di governo e di tutela dell'interesse
pubblico direttamente curata dalla misura ripristinatoria, anche
della situazione soggettiva incisa dalla misura alternativa, confe
rendole analoga consistenza d'interesse legittimo » (Cass., sez. un.
24 febbraio 1978, n. 926, id., 1978, I, 1173; 11 novembre 1975, n.
3781, id., 1976, I, 326; 19 giugno 1968, m>. 2027, id., Rep. 1968, voce Piano regolatore, n. 617).
L'elaborazione giurisprudenziale cui si è accennato ha trovato
riscontro nei lavori parlamentari della 1. 689/81 che hanno
portato alla riserva di cui l'art. 12 e che opera appunto nel caso
di specie, rispetto alle precedenti formulazioni che estendevano
l'applicabilità del capo I a tutte le violazioni (disciplinari escluse)
per le quali fosse prevista una sanzione amministrativa.
Deve quindi escludersi la proponibilità della opposizione non
ché l'intervenuta abrogazione in parte qua della previsione del
l'art. 16 1. n. 10/77, di talché le controversie aventi ad oggetto le
sanzioni in argomento restano devolute al giudice amministrativo,
salvo ovviamente l'opposizione ex r.d. n. 639/10 avverso la
riscossione (nei limiti della contestazione circa la regolarità degli
atti, v. Cass., sez. un., 19 aprile 1982, a. 2381 e n. 2386, id., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, nn. 810, 796). (Omissis)
I
PRETURA DI GENOVA; sentenza 9 gennaio 1985; Giud.
Fazio; Brunetto ed Eleonori (Avv. Formento) c. Soc. Nuova Italsider (Avv. Roghi).
PRETURA DI GENOVA;
Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —
Diritto di opzione per la permanenza fino a sessanta o sessanta
cinque anni di età — Prepensionamento nel settore siderurgico —
Sospensione del diritto di opzione — Effetti sulle opzioni già esercitate — Irretroattività — Licenziamento per raggiunti limiti
di età — Illegittimità (L. 15 luglio 1966 n. 604, norme sui
licenziamenti individuali, art. 11; 1. 9 dicembre 1977 n. 903,
parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, art. 4; 1. 23 aprile 1981 n. 155, adeguamento delle strutture e delle procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i trattamenti di disoccupazione e misure urgenti in materia
previdenziale e pensionistica, art. 16; 1. 26 febbraio 1982 n. 54, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 dicembre
1981 n. 791, disposizioni in materia previdenziale, art. 6; 1. 3)
maggio 1984 n. 193, misure per la razionalizzazione del settore
siderurgico e di intervento della G'EPI s.p.a., art. 1).
Il Foro Italiano — 1985.
L'art. 1, 4° comma, l. 31 maggio 1984 n. 193 (misure per la razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della GEPI s.p.a.) che sospende (dall'entrata in vigore della legge e
fino al 31 dicembre 1986) l'applicazione dell'art. 4 l. 9 dicem bre 1977 n. 903 e dell'art. 6 l. 26 febbraio 1982 n. 54 nei
confronti dei lavoratori che abbiano i requisiti per richiedere il
prepensionamento, non annulla retroattivamente gli effetti delle
opzioni per il proseguimento del rapporto di lavoro fino a sessanta o sessantacinque anni esercitate, in forza delle norme
richiamate, prima dell'entrata in vigore della legge stessa. (1) È illegittimo il licenziamento per raggiunti limiti di età del
lavoratore che, pur avendo titolo per richiedere il pensionamen to anticipato, abbia esercitato l'opzione per proseguire il rap porto di lavoro, anteriormente alla l. 31 maggio 1984 n. 193 sulla razionalizzazione del settore siderurgico che, all'art. 1, sospende la facoltà di opzione per i lavoratori che abbiano i
requisiti per richiedere il pensionamento anticipato. (2)
II
PRETURA DI MILANO; sentenza 12 dicembre 1984; Giud.
Bonavitacola; Longarzo e altri (Avv. Albrighi) c. Soc. Dalmi ne (Avv. Iannoni).
Lavoro (rapporto) — Collocamento a riposo per limiti di età —
Diritto di opzione per la permanenza fino a sessanta o sessanta
cinque anni di età — Prepensionamento nel settore siderurgico — Sospensione del diritto di opzione — Effetti sulle opzioni
già esercitate — Retroattività — Licenziamento per raggiunti limiti di età — Legittimità (L. 15 luglio 1966 n. 604, art. 11; 1. 9 dicembre 1977 n. 903, art. 4; 1. 23 aprile 1981 n. 155, art. 16; 1. 26 febbraio 1982 n. 54, art. 6; 1. 31 maggio 1984
n. 193, art. 1).
L'art. 1, 4" comma, l. 31 maggio 1984 n. 193 (misure per la
razionalizzazione del settore siderurgico e di intervento della
GEPI s.p.a.) che sospende (dall'entrata in vigore della legge e
fino al 31 dicembre 1986) l'applicazione dell'art. 4 l. 9 di cembre 1977 n. 903 e dell'art. 6 l. 26 febbraio 1982 n. 54 nei
confronti dei lavoratori che abbiano i requisiti per richiedere il
prepensionamento, fa venir meno, insieme alla facoltà di op zione, anche gli effetti delle opzioni per il proseguimento del
rapporto di lavoro fino a sessanta o sessantacinque anni che siano state già esercitate, in forza delle norme richiamate, prima dell'entrata in vigore della legge stessa. (3)
(1-6) Tra i precedenti in termini, nel senso che la temporanea « sospensione » del diritto di opzione riguarda solo i lavoratori che tale diritto avrebbero potuto esercitare tra l'entrata in vigore della legge e il 31 dicembre 1986 e non è influente sulle opzioni già esercitate: Pret. Milano 30 ottobre 1984, e Pret. Massa, ord. 22 otto bre 1984, Orient, giur. lav., 1985, 1167 ss.; Pret. Genova, ord. 27 dicem bre 1984, giud. Brusco, Leoncini c. Soc. Italsider (inedita); Pret. Milano 20 dicembre 1984, giud. Munzoni, Salvi c. Soc. Dalmine (inedita).
Una completa rassegna delle questioni relative al diritto di optare per la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre l'età di pensionamento, riconosciuto dall'art. 6 1. 22 gennaio 1982 n. 54 e dall'art. 4 1. 9 dicembre 1977 n. 903, nella annotazione di Di Lalla a Trib. Parma 18 febbraio 1984, Pret. Cosenza 29 novembre 1983, Pret. Parma 5 luglio 1983, Pret. Reggio Emilia 4 febbraio 1983, Foro it., 1985, I, 615 ss; cfr. pure Sconocchia, Sull'opzione a continuare l'attività lavorativa fino al 65° anno, in Giust. civ., 1983, I, 3422; Siniscalchi, Facoltà di recesso e anzianità assicurativa, in Riv. infortuni, 1983, I, 23. Sull'art. 6 cit-, cfr. Trib. Voghera 9 maggio 1985, in questo fasci colo, I, 1797.
Sull'opzione prevista a favore della lavoratrice dall'art. 4 1. n. 903/77, nel senso della alternatività con quella riconosciuta a fini di miglioramento della posizione contributiva, v. Pret. Eboli 7 dicembre 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro (rapporto), n. 2454. Più in generale, sulla parità di trattamento in relazione all'età di pensiona mento v. Cass. 23 dicembre 1981, n. 6711, id., 1983, I, 1569 e in Riv. it. dir. lav., 1982, 521, con nota di Borgogelli; M. De Luca, Discriminazioni fondate sul sesso in materia di lavoro: linee di tendenza e prospettive della giurisprudenza comunitaria, in Foro it., 1985, IV, 59.
(7) Non constano precedenti, ma la questione ha tormentato fin dall'entrata in vigore della legge l'ente erogatore. Le difficoltà derivano dalla compresenza tra le misure attivabili per « crisi aziendale » di due istituti dalle caratteristiche alternative come la c.i.g. a zero ore e il pensionamento anticipato (cfr. Cinelli, La tutela del lavoratore contro la disoccupazione, Milano, 1982, 77 ss.; M. Chericoni, Il pensionamento anticipato fra dimissione e licenziamento, in Lavoro e prev. oggi, 1981, 1531).
La 1. n. 155/81 si preoccupò di evitare che, sulla base di un elementare calcolo di convenienza, i lavoratori in possesso dei requisiti per richiedere il pensionamento anticipato attendessero di avere goduto
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