sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Avv. Etteri) c. Soc. CBI Factor(Avv. Piras)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1621/1622-1633/1634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189999 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
le, ricollegabile alla impossibilità di offrire il proprio ritratto per la pubblicità, una volta che a tal fine sia stato da altri utiliz
zato, ovvero al ridursi del valore commerciale (che è di norma
proporzionale alla rarità dell'uso) dell'immagine. 7. - La corte d'appello ha rigettato l'appello e la domanda
del Bartali, ritenendo lecita l'utilizzazione della fotografia sul
duplice rilievo della notorietà dell'episodio raffigurato e dell'as
senza di pregiudizio all'onore, reputazione o decoro dell'appel lante e, in via gradata, negando apoditticamente la sussistenza
della prova in ordine alla concreta esistenza e consistenza del
danno.
Entrambe le alternative motivazioni si pongono in contrasto
con i principi esposti nel precedente paragrafo. Ne deriva l'accoglimento anche del primo motivo.
8. - Per le ragioni che precedono, in accoglimento del ricor
so, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad al
tra sezione della Corte d'appello di Milano, la quale, proceden do a nuovo esame della causa, dovrà fare applicazione, in rela
zione alla domanda proposta da Gino Bartali, dei principi di
diritto enunciati nel precedente § 5.
I
CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Aw. Etteri) c. Soc.
CBI Factor (Aw. Piras).
CORTE D'APPELLO DI MILANO;
Cessione dei crediti — «Factoring» — Dichiarazioni del debito re ceduto sull'esistenza del debito — Inadempimento del for
nitore — Inopponibilità dell'eccezione al «factor» (Cod. civ., art. 1260, 1375).
Sono inopponibili al factor, per contrarietà al principio di buo
na fede, le eccezioni relative all'inadempimento del fornitore sollevate dal debitore ceduto il quale abbia precedentemente
effettuato dichiarazioni tali da ingenerare nel factor il ragio nevole affidamento nell'esistenza del credito ceduto. (1)
(1) La sentenza di primo grado — Trib. Milano 26 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce Cessione di crediti, n. 39 — può leggersi in Giur. merito, 1992, I, 83 s.
Nella sentenza in epigrafe (riportata anche in Contratti, 1994, 427
ss., con nota di De Nova) il problema della rilevanza delle dichiarazio ni rese dal debitore ceduto nell'ambito del rapporto di factoring si inne sta sulla tematica dell'opponibilità al factor dell'eccezione di inadempi mento del fornitore (cfr., da ultimo, App. Milano 19 febbraio 1992, Foro it.. Rep. 1993, voce cit., nn. 17, 19, e Banca, borsa, ecc., 1993, II, 562 ss.).
Nella prospettiva adottata dalla corte milanese, il contesto negoziale del factoring, in cui si inserisce la cessione del credito, impone al debi tore ceduto di tener conto della rilevanza delle proprie dichiarazioni — rilasciate in sede di accettazione della cessione e inerenti all'esistenza del credito — rispetto alle decisioni del factor relative all'assunzione delle obbligazioni che realizzano la funzione di finanziamento del con tratto. Più precisamente, le anticipazioni sui crediti oggetto di cessione
pro soluto sono concesse dal factor al fornitore sulla base di un giudi zio prognostico sul probabile buon esito dell'operazione; e su tale giu dizio incide la conoscenza delle vicende relative al contratto da cui di
scende il credito ceduto. Tale conoscenza finisce spesso per dipendere dalle stesse dichiarazioni del debitore ceduto, il quale, pertanto, non
può ledere, senza contravvenire al principio di buona fede, il legittimo affidamento ingenerato nel factor almeno sull'esistenza del credito og
getto della cessione. Di ciò tiene conto la corte nel risolvere a favore del factor il conflitto
di interessi che si ricollega al contrasto fra il contenuto delle dichiara
zioni del debitore ceduto, che sono a fondamento del giudizio sul pro babile esito dell'operazione, e la sua successiva condotta, consistente
nella pretesa di far valere, nei confronti del factor, l'eccezione di inesat
II Foro Italiano — 1995.
II
TRIBUNALE DI GENOVA; sentenza 16 maggio 1994; Pres.
Ghiglione, Est. Sangiuolo; Fall. soc. Saimi (Aw. Collot
to) c. Soc. CBI Factor (Avv. Frangini).
Fallimento — «Factoring» — Riscossioni e compensazioni suc
cessive alla dichiarazione di fallimento — Opponibilità (Cod. civ., art. 1260, 2914; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 56).
Sono opponibili al fallimento le operazioni di riscossione e com
pensazione effettuate dal factor dopo la dichiarazione del fal
limento, purché relative a cessioni di credito perfezionatesi,
to adempimento del fornitore e, quindi, la parziale inesistenza del cre dito ceduto.
Nell'affermare la prevalenza della tutela dell'affidamento riposto dal
factor nell'esistenza del credito, a seguito delle dichiarazioni del debito re ceduto, mediante il riferimento all'obbligo di buona fede, gravante sul debitore ex art. 1375 c.c., la corte intende il principio generale in termini di obbligo del debitore di salvaguardare l'utilità del creditore nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio per il suo interesse (la formulazione rimonta a Bianca, Diritto civile, Milano, 1987, III, 477). Peraltro, può osservarsi come la corte d'appello affermi con cautela l'operatività del principio di buona fede nella fattispecie sotto
posta al suo esame e cerchi di confortare la sua decisione mediante il richiamo ad ulteriori principi di valenza generale: l'abuso del diritto; l'eccezione di dolo generale; la rinunzia del diritto; l'apparenza del di
ritto; l'obbligo di informazione, inteso come specificazione della regola della correttezza di cui all'art. 1175 c.c. (De Nova, cit., 434, parla ica sticamente di «funzione rassicurante della pluralità di rationes decidendi»).
L'incertezza della corte può forse spiegarsi con la difficoltà di giusti ficare l'impiego del principio di cui all'art. 1375 c.c. per imporre a carico di un soggetto l'obbligo di salvaguardare una posizione giuridica collegata al contratto di cui il soggetto è parte. Il factor, infatti, non è controparte contrattuale del debitore ceduto, bensì del fornitore; il
quale è altresì parte del contratto dal quale discende il credito oggetto della cessione. Peraltro, ciò non esclude il carattere trilaterale dell'ope razione economica sottostante, carattere che si esplica nelle reciproche interazioni tra i rapporti collegati, nel cui ambito sembra potersi inqua drare la suddetta applicazione del principio di buona fede (alcuni spunti per una lettura delle fattispecie contrattuali caratterizzate da una fun zione di finanziamento in termini di collegamento negoziale possono trarsi, da ultimo, dalla nota di Macario, Collegamento negoziale e prin cipio di buonafede nel contratto di credito per l'acquisto: l'opponibili tà al finanziatore delle eccezioni relative alla vendita, a Cass. 20 gen naio 1994, n. 474, in Foro it., 1994, I, 3097, ove si rileva, fra l'altro, che «le regole di condotta continuano ad operare nel contesto del colle
gamento fra i contratti, assumendo volta per volta una diversa portata concreta»). In altri termini, l'obbligo di buona fede opera a favore del cessionario (nel senso indicato dalla corte) nella misura in cui la cessio ne del credito si collochi nel quadro di un contratto di factoring. Si determina infatti, nel factoring, una rete di rapporti fra i tre soggetti dell'operazione economica, nel cui ambito il principio di buona fede consente la protezione delle rispettive posizioni giuridiche, specifican dosi in regole di condotta che tengono conto delle concrete modalità di svolgimento dei suddetti rapporti. Nella fattispecie de qua, la natura di clausola generale del principio di buona fede si manifesta in tutta la sua portata; essa si coglie nell'attitudine di tale principio a dar luogo a modelli di operatività differenziati in relazione allo specifico contesto
negoziale in cui viene in rilievo la possibilità della sua applicazione (cfr., per tutt, De Nova, Nuovi contratti, Torino, 1994, 34).
La sentenza si segnala poi per l'implicito riferimento della corte a due circostanze che sembrano essere state decisive ai fini dell'esclusione
dell'opponibilità al factor dell'eccezione di inadempimento del fornito re. La prima attiene all'accettazione della cessione del credito con la contestuale dichiarazione inerente l'esistenza del credito oggetto di ces sione. Nel senso dell'opponibilità al factor, da parte del debitore cedu
to, dell'eccezione di inadempimento del fornitore, in mancanza di di
chiarazioni inerenti all'esistenza dei crediti oggetto di cessione, cfr. Trib.
Milano 15 novembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 22, che aderisce alla tesi, diffusamente sostenuta in dottrina, per cui la cessione del credito e il conseguente subingresso del factor nella posizione del
fornitore non devono comportare un aggravio della posizione del debi
tore ceduto. Cfr., in tal senso, per tutti, Frignani, Il regime delle ecce
zioni opponibili al factor, in II factoring per le piccole e medie imprese, a cura di Cassandro, Milano, 1982, 124, nonché Vicini, Le eccezioni
opponibili dal debitore ceduto al factor, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,
1989, 584. In altri termini, rendere dichiarazioni da cui può inferirsi l'esistenza del credito oggetto di cessione ha l'effetto di subordinare la possibilità per il debitore ceduto di far valere l'inadempimento del
fornitore ad un preciso onere di comunicazione tempestiva al factor
dell'inadempimento stesso; ciò, in quanto le suddette dichiarazioni so
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1623 PARTE PRIMA 1624
nonché notificate ai debitori ceduti o da questi accettate, an
teriormente alla sentenza dichiarativa del fallimento. (2)
I
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 24 maggio 1985 la Isotta Fraschini s.p.a. proponeva opposi zione al decreto ingiuntivo emesso contro di essa dal presidente di questo tribunale il 24 aprile 1985 su istanza della CBI Factor
s.p.a. per il pagamento di lire 256.650.000 quale importo di
fatture cedutele dalla Elettro C. s.r.l. sull'ambito di un contra
sto di factoring, e contestualmente conveniva in giudizio la Elettro
C., per esser garantita, sull'ipotesi di rigetto dell'opposizione. Deduceva l'opponente di non essere debitrice verso la Elettro
C. delle somme pretese con l'ingiunzione, perché il materiale
ordinato alla società cedente non era stato mai consegnato o
no tali da escludere a priori l'onere del factor di indagare diligentemen te sull'esistenza del credito che gli sarà ceduto in forza del contratto di factoring.
La mancanza di dichiarazioni (o di comportamenti) del debitore ce
duto, inequivocabilmente diretti — secondo il significato che essi assu mono nella prassi dei rapporti tra debitore e factor — a confermare l'esistenza dei crediti oggetto di cessione, pone il problema della confi
gurabilità, a carico del debitore ceduto, di un obbligo di informazione in ordine alle circostanze del rapporto di fornitura rilevanti in relazione al soddisfacimento dell'interesse del factor. Su tale problema la dottri na è divisa. Propende per la configurabilità, in capo al debitore ceduto, di un obbligo di informazione del factor, fondato sulla regola di corret tezza sancita dall'art. 1175, Frignani, cit., 128; l'obbligo d'informazio ne è invece escluso da Cassandro Sulpasso, Collaborazione alla gestio ne e finanziamento d'impresa: il factoring in Europa, Milano, 1981, 89. A quest'ultimo orientamento sembrano rifarsi App. Bari 13 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Contratto in genere, n. 190, e Giur.
it., 1991, I, 2, 317, con nota di Fino, Abuso del factoring e obblighi del debitore ceduto (la corte barese considera rilevante, ai fini dell'e sclusione dell'obbligo d'informazione, l'interruzione da parte del debi tore ceduto della serie di quei comportamenti ai quali è attribuito il
significato di conferma dell'esistenza dei crediti oggetto di cessione, nel
quadro dei rapporti instaurati con il factor, in tale sentenza vi è, inol tre, un cenno al principio di buona fede come possibile strumento per la soluzione dei conflitto tra debitore ceduto e factor), nonché Trib. Verona 4 maggio 1987, Foro it., 1988, I, 1305. Una tesi intrmedia ri
spetto a quelle appena illustrare è sostenuta da Carnevali, I problemi giuridici del factoring, in Riv. dir. civ., 1978, I, 321, il quale riconduce al paradigma della responsabilità extracontrattuale quella in cui incorre il debitore ceduto che non comunichi al factor l'inesistenza del credito ceduto, pur essendone consapevole.
La seconda condizione, enucleabile dalla motivazione della sentenza in epigrafe, è quella della conoscenza o conoscibilità da parte del debi tore ceduto, al momento dell'accettazione della cessione del credito, della situazione di inesatto adempimento della prestazione di cui egli è creditore in base al contratto di fornitura.
La sentenza in epigrafe considera, infine, la questione della natura giuridica delle dichiarazioni, relative all'esistenza del credito, rese dal debitore ceduto in sede di accettazione della cessione di credito. In par ticolare, si tratta di stabilire se tali dichiarazioni abbiano carattere con fessorio ovvero debbano qualificarsi come riconoscimento del debito. La corte — riformando su questo punto la sentenza di primo grado, che afferma la natura confessoria delle dichiarazioni in oggetto — ri chiama la figura del riconoscimento titolato del debito (cfr., però, sul l'equiparazione di quest'ultimo alla confessione, Trib. Milano 13 aprile 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 6, e Giur. merito, 1990, I, 538 ss., con nota di Frangini, Dichiarazione di prontezza di pagamento del debitore ceduto al creditore cessionario, nonché, Trib. Milano 15
maggio 1986, Foro it.. Rep. 1987, voce Promesse unilaterali, n. 7, e
Banca, borsa, ecc., 1987, II, 647). Peraltro, si può osservare come tale
questione assuma carattere marginale, ai fini della decisione della con troversia, rilevando le dichiarazioni del debitore ceduto esclusivamente sotto il profilo della loro suscettibilità a fondare il convincimento del
factor in ordine all'esistenza del credito alla cui cessione si riferiscono. Anzi, può rilevarsi come il riferimento al principio di buona fede,
fondamento della tutela dell'affidamento del factor sull'esistenza del credito oggetto della cessione, non consenta al debitore ceduto di avva
lersi, nei confronti del factor, delle più ampie possibilità probatorie consentite dalla qualificazione delle sue dichiarazioni in termini di rico
gnizione del debito, piuttosto che di confessione stragiudiziale. Ciò, in
quanto, nella prospettiva adottata dalla corte, si verifica una sorta di
sovrapposizione del tema relativo all'operatività del principio di buona
fede, nell'ambito della fattispecie del factoring, a quello concernente
l'opponibilità al cessionario, da parte del debitore ceduto, dell'eccezio ne di inadempimento del cedente.
(2) La sentenza affronta la questione dell'opponibilità, al fallimento
Il Foro Italiano — 1995.
consegnato in ritardo e in maniera non corrispondente agli or
dini. Eccepiva inoltre che l'accettazione delle cessioni alla CBI
Factor era stata carpita dalla Elettro C. Assumeva in più che
la gran parte delle bolle di consegna allegate alle fatture era
falsa perché la merce relativa non era stata mai consegnata. Concludeva per la revoca del decreto opposto e in via ricon
venzionale la declaratoria di risoluzione dei contratti relativi agli ordini dell'8 ottobre 1984, e 18 ottobre 1984 con la condanna
della Elettro C. al risarcimento dei danni da inadempimento
per ritardo nelle consegne e vizi e difetti delle macchine fornite.
Inoltre, chiedeva la compensazione totale o parziale dei credi
ti della Elettro C. ceduti alla CBI Factor con i crediti della
Isotta Fraschini opponibili alla CBI Factor. In subordine, insta
va per la condanna della Elettro C. a manlevare la Isotta Fra
schini dalle domande della CBI Factor.
Si costituiva in giudizio la CBI Factor la quale contestava
del cedente, delle cessioni di credito perfezionatesi nel quadro di un
rapporto di factoring, nonché delle riscossioni e delle compensazioni effettuate dal factor successivamente alla dichiarazione di fallimento, in relazione alle suddette cessioni.
Il tribunale provvede, preliminarmente, a ricostruire sul piano causa le il rapporto intercorso in concreto tra le parti, onde individuare la
disciplina applicabile (in tal modo allineandosi al metodo invalso in
giurisprudenza dell'individuazione della disciplina applicabile ai nuovi contratti: cfr. da ultimo De Nova, cit., 565, il quale richiama la giuris prudenza formatasi in tema di leasing, in relazione al quale si segnalano Cass. 7 gennaio 1993, n. 64 e 16 settembre 1992, n. 10570, nonché
App. Torino 2 giugno 1993, Foro it., 1994, I, 177). Sull'articolazione, dal punto di vista tipologico, del factoring, cfr.
Cass. 10 gennaio 1992, n. 198, id., 1992, I, 1110, in cui il factoring è definito come «convenzione complessa» nel cui quadro la cessione dei crediti emerge come strumento per la realizzazione di una pluralità di assetti di interessi dei contraenti.
Tale caratteristica del factoring si riflette sul problema della determi nazione della sua causa, che divide dottrina e giurisprudenza e che non sembra prestarsi a soluzioni unitarie. In dottrina, si segnala la rassegna delle varie opinioni espresse sul punto contenuta in Corradi, Qualifica zione del contratto di factoring e fallimento del cendente (nota a App. Genova 19 marzo 1993), in Riv. it. leasing, 1994, 403.
Il problema della qualificazione del factoring è affrontato in numero se pronunce, specie delle corti di merito. Oltre a Cass. 198/92, in cui il contratto di factoring viene in considerazione in vista della qualifica zione, a fini previdenziali, della corrispondente attività come rientrante nel settore industriale, possono segnalarsi: App. Genova 19 marzo 1993, ibid., 392; Trib. Genova 23 giugno 1992, ibid., 377; Trib. Milano 26 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce Cessione dei crediti, n. 16, e Giur. merito, 1992, 83; Pret. Bari 5 maggio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce cit., nn. 17, 18, e Banca, borsa, ecc., 1992, II, 620; Trib. Genova 17 luglio 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 183, 184, e Giur. comm., 1992, 275 ss., con nota di Bonavera; Trib. Genova 19 novembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Cessione dei crediti, nn. 18-20, e Nuova giur. civ., 1991, I, 605, con nota di Dimundo; App. Bari 13 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Contrat to in genere, n. 190, e Giur. it., 1991, I, 317, con nota di Fino; Trib. Verona 4 maggio 1987, Foro it., 1988, I, 1305; Trib. Napoli 4 luglio 1986, id., Rep. 1987, voce Fallimento, nn. 338, 339, e Fallimento, 1987, 96, con nota di Cantele e Foro pad., 1987, I, 261, con nota di Santi; Trib. Bologna 15 marzo 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Contratto in
genere, n. 120, e Foro pad., 1985, I, 242, con nota di Donati e Giur.
comm., 1987, II, 344, con nota di Bianchi; Trib. Milano 28 marzo 1977, Foro it., Rep. 1978, voce cit., nn. 169-171, e Giur. comm., 1978, II, 436, con nota di Cassandro Sulpasso.
La sentenza del collegio genovese si segnala in particolare per aver individuato quattro tipi di factoring (old line factoring, maturity facto ring, with recourse factoring e non notification factoring) e per aver assunto sotto il modello definito old line factoring il regolamento con trattuale predisposto dalle parti, operando in tal modo una sorta di
tipizzazione di secondo grado. Ritenuta la sussistenza della causa vendendi ed esclusa, di conseguen
za, la riconducibilità del rapporto contrattuale al mandato, il tribunale non ha difficoltà ad affermare che l'effetto traslativo delle singole ces sioni di credito, avendo fonte nel rapporto di factoring, consegue auto maticamente alla venuta ad esistenza dei singoli crediti (cfr., sulle mo dalità operative del contratto di factoring, App. Bari 13 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 190).
In linea di principio, peraltro, il perfezionamento delle cessioni di credito anteriore alla dichiarazione di fallimento non sarebbe stato suf ficiente a rendere opponibili le cessioni al fallimento; il tribunale cosi' ha cura di riaffermare la necessità della notificazione della cessione al debitore ceduto o dell'accettazione del medesimo, con atto avente data
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
le affermazioni dell'opponente rilevando che la Isotta Fraschini
aveva accettato la cessione dei crediti risultanti dalle relative
fatture, dopo che era avvenuta la consegna della merce e non
aveva mai negato alla CBI Factor di dovere le somme recate
dalle fatture poste a base del decreto ingiuntivo del quale chie
deva la conferma. Si costituiva anche la Elettro C., che chiedeva la reiezione
della domanda proposta nei suoi confronti e che, in corso di
causa, veniva dichiarata fallita senza che il procuratore lo di
chiarasse in udienza e lo notificasse alle altre parti. Veniva quindi disposta la riunione a questo giudizio di altro,
nel quale la Elettro C. non si era costituita, pendente tra le
medesime parti ed avente ad oggetto un decreto ingiuntivo otte
nuto dalla CBI Factor per il pagamento di altri crediti cedutile
dalla Elettro C., opposto dalla Isotta Fraschini per gli stessi
motivi sopra esposti, con l'aggiunta di un formale disconosci
mento della firma di accettazione del legale rappresentante di
verso dal sig. Grosso.
Ammessa ed assunta la prova per testi dedotta dalle parti e disposte informazioni presso la curatela del fallimento Elettro
C., la causa passava in decisione.
Il tribunale, con sentenza 23 novembre 1989-26 febbraio 1990, cosi decideva:
a) respingeva l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 24
aprile 1985 per lire 256.650.000, oltre accessori;
certa anteriore alla data di dichiarazione di fallimento (sulla notifica zione della cessione al debitore ceduto, da intendersi non in senso tecni
co, con riferimento alle forme stabilite dagli art. 137 ss. c.p.c., ma in forma di comunicazione avente data certa anteriore alla dichiarazio ne di fallimento, cfr., da ultimo, App. Torino 12 luglio 1994, inedita ma citata nel commento alla sentenza in epigrafe di De Nova, in Con
tratti, cit., 566, nota 3; inoltre, Trib. Milano 7 ottobre 1985, Foro it., Rep. 1987, voce Contratto in genere, n. 186 e Cass. 13 settembre 1977, n. 3959, id., Rep. 1977, voce Cessione dei crediti, n. 8; nonché, con
specifico riferimento al contratto di factoring, Trib. Verona 4 maggio 1987, id., Rep. 1988, voce Contratto in genere, n. 210; Trib. Bologna 4 dicembre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 120; Trib. Milano 28 marzo 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 110. In dottrina si segnalano, sul punto specifico, Tucci, Factoring, in Contratto e impresa, 1993, 1408, e Ferrigno, Factoring, id., 1988, 958 ss.).
Le cessioni di credito, rese opponibili al fallimento del fornitore nel modo appena indicato, legittimano il factor a riscuotere l'importo del credito cedutogli, nonché a compensare i crediti vantati nei confronti del fornitore con i debiti verso il medesimo, anche successivamente alla dichiarazione di fallimento. Tale risultato fa leva sul trasferimento del la titolarità del diritto di credito, oggetto della singola cessione, a favo re del factor, in forza dell'effetto traslativo risalente al contratto, non ché sulla considerazione del fatto genetico — per cosi dire — delle posi zioni di debito-credito suscettibili di compensazione e, in particolare, della sua anteriorità alla dichiarazione di fallimento (art. 56 1. fall.). Su questo punto specifico, peraltro, la giurisprudenza non presenta uni formità di vedute: in senso conforme alla sentenza in epigrafe, cfr. App. Genova 19 marzo 1993, Riv. it. leasing, 1994, 392. Ma, in tema di cessione di credito posta in essere nell'ambito di un mandato in rem
propriam, il contrasto è palese: ammette la possibilità della riscossione da parte del cessionario Cass. 20 ottobre 1993, n. 8806, Foro it., Rep. 1993, voce Fallimento, n. 408, e Fallimento, 1994, II, 142, che, pur escludendo la titolarità del credito ceduto da parte del mandatario, ri conosce la legittimazione di quest'ultimo alla riscossione; 4 novembre
1992, n. 11966, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 400, in cui si ammette il trasferimento del credito a favore del mandatario; 20 marzo 1991, n. 3006, id., Rep. 1991, voce cit., n. 339 e 19 novembre 1987, n. 8505, id., Rep. 1988, voce cit., n. 435, le quali fanno riferimento alla possibi lità del mandatario di operare la compensazione del debito, inerente alla cessione, con i crediti vantati nei confronti del mandante; prevede poi la restituzione delle somme incassate da parte del cessionario alla curatela del fallimento Cass. 10 novembre 1992, n. 12091, id.. Rep. 1992, voce cit., n. 411.
Sul problema dell'opponibilità al fallimento del fornitore delle cessio ni di credito poste in essere in esecuzione di un contratto di factoring (problema che deve essere considerato alla luce della 1. 21 febbraio 1991 n. 52), v. Bonsignori, Fallimento e factoring, in Dir. fallim., 1994, 586 ss.; Cassandro Sulpasso, Italo Calvino, Hermann Melville e la
legge 21 febbraio 1991 n. 52 sulla cessione dei crediti d'impresa (ovvero l'imitazione di modelli stranieri richiede «consistency»), in Giur. comm., 1994, I, 402 ss.; AA.VV., Factoring e fallimento. Atti del convegno Assifact (tenuto a Genova il 7 novembre 1993), in Riv. it. leasing, 1994,
9; Tucci, Factoring, in Contratto e impresa, 1993, 1387; Belviso, Inop ponibilità della cessione del credito al fallimento del cedente e revocato ria fallimentare nella legge 21 febbraio 1991 n. 52, in Riv. dir. impresa, 1992, 459; Amato, Annotazioni alla legge 21 febbraio 1991 n. 52, in
Quadrimestre, 1992, 481.
Il Foro Italiano — 1995.
b) accoglieva in parte l'opposizione avverso il decreto ingiun tivo emesso in data 12 settembre 1985 per l'importo di lire
420.048.452, oltre accessori e dichiarava compensato tale credi
to della CBI Factor con il controcredito della opponente fino
alla concorrenza di lire 7.500.000, revocando conseguentemente il decreto opposto e condannando la Isotta Fraschini al paga mento della somma di lire 412.548.452, oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria;
c) accoglieva la domanda di risoluzione del contratto propo sta dalla Isotta Fraschini nei confronti della Elettro C. relativa
mente alla parte ineseguita degli ordini C-L21900 del 18 ottobre
1984 e S-44124 dell'8 ottobre 1984, respingendo la relativa do manda di risarcimento perché non provata;
d) respingeva la domanda di manleva nei confronti della Elet
tro C.;
è) condannava la Isotta Fraschini a rifondere alla CBI Factor
le spese di lite.
Il tribunale, osservato che l'opponente, pur tra le molteplici contestazioni, non disconosceva di avere ricevuto dei macchina
ri e di non averne pagato il prezzo e che nella controversia emer
gevano due aspetti (uno relativo alla opponibilità alla CBI Fac
tor delle eccezioni di inesatto adempimento e l'altro relativo
alla tempestività delle eccezioni), osservava che:
A) la tesi dell'opponente, circa l'equiparazione del factoring alla cessione di credito ed alla conseguente opponibilità da par te del ceduto al cessionario di tutte le eccezioni che il primo
poteva opporre al cedente, non poteva essere condivisa, posto che il factoring è un contratto atipico e complesso che si attua
mediante una cessione dei crediti ma non si esaurisce in esso, essendo rilevante la causa di finanziamento sottostante alla ces
sione, la cui consapevolezza determina il sorgere nel ceduto di
un obbligo particolarmente intenso di comportarsi secondo buona
fede;
B) ne consegue che il comportamento del debitore, che non
solo non nega di avere ricevuto esattamente le prestazioni, ma
accetta la cessione e riconosce esatta la documentazione, crea
nel cessionario il più completo affidamento, onde la successiva
smentita di questo suo comportamento è contrario a buona fe
de e comporta la decadenza dal diritto di proporre eccezioni
al cessionario;
C) inoltre la dichiarazione, contestuale all'accettazione della
cessione, con la quale il ceduto afferma che il credito esiste,
per un verso costituisce una dichiarazione ricognitiva relativa
all'esistenza del rapporto generatore del credito (consentendo, sotto tale profilo, la prova del contrario) e, per altro verso, ha valore confessorio in quanto afferma l'avvenuto e regolare
adempimento (con effetto vincolante per il dichiarante), onde
dovevano ritenersi prive di rilevanza le eccezioni fondate su as
serite anomalie di ordini e bolle di consegna relative alle fatture
cui si riferivano le accettazioni non contestate, a firma del dr.
Grosso, direttore amministrativo della Isotta Fraschini, per l'im
porto complessivo di lire 386.150.002;
D) né era esatto attribuire all'accettazione valore negoziale
(anziché di dichiarazione di scienza) per escluderne l'efficacia confessoria, posto che la cessione si perfeziona con l'accordo
tra cedente e cessionario e l'accettazione da parte del ceduto
non crea alcuna nuova obbligazione a carico di quest'ultimo;
E) neppure poteva essere accolta l'eccezione dell'opponente, secondo cui il dr. Grosso, quale direttore amministrtivo della
società, non aveva il potere di rappresentarla (nel 1982 era stato
conferito al Grosso dal consiglio di amministrazione il potere di rappresentanza nel settore amministrativo con analitica spe cificazione dei limiti di tale potere), posto che il direttore ammi
nistrativo di una s.p.a., cui il consiglio di amministrazione con
ferisce il potere di rappresentanza, acquista la qualità di diret
tore generale ai sensi dell'art. 2396 c.c. e quindi, nell'ambito
della sfera di competenza, assume gli stessi poteri e le stesse
responsabilità degli amministratori con i quali collabora, con
la conseguenza che non possono essere opposte ai terzi le limi
tazioni dei poteri di rappresentanza dei direttori generali nel
l'ambito del settore loro riservato dal mandato ai sensi dell'art.
2384 c.c. (salva la prova, nella specie inesistente, che i terzi
abbiano agito intenzionalmente a danno della società (art. 2384,
2° comma, c.c.);
F) in ogni caso, qualora un funzionario amministrativo di
una s.p.a. abbia esercitato di fatto le funzioni di amministrato
re e gli atti relativi non siano stati impugnati dalla società, essi
si devono ritenere tacitamente ratificati;
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1627 PARTE PRIMA 1628
G) per quanto riguardava le cessioni accettate per l'Isotta Fra
schini da persona non identificata (le accettazioni delle fatture
9, 11, 331 e 333 sono state disconosciute dall'opponente e la
CBI non ha dichiarato di volersene avvalere), la mancanza di
qualsiasi valore probatorio delle stesse non escludeva la validità
della cessione, ma importava unicamente che essa si intende no
tificata con la notifica del decreto ingiuntivo ed implicava la
proponibilità senza limiti delle eccezioni relative al rapporto di
provvista nei confronti del cessionario (non essendovi accetta
zione accompagnata da dichiarazione confessoria);
H) poiché tuttavia le contestazioni relative alle fatture sud
dette riguardavano unicamente le firme di accettazione, esse per devano ogni rilevanza di fronte alla prova dell'avvenuta conse
gna della merce, che risulta dalle relative bolle allegate alle ces
sioni, bolle che (per quanto riguarda le fatture 9 e 11) non solo
non erano state disconosciute ma erano state dichiarate veridi
che dalla stessa opponente, mentre, per ciò che concerneva le
bolle relative alle fatture 331 e 332, delle quali l'opponente af
fermava la totale falsità, esse risultavano timbrate dal servizio
di vigilanza della Isotta Fraschini e firmate dall'addetto al ser
vizio e la loro autenticità risultava dalla lettera 19 aprile 1985
della stessa opponente che ivi riassumeva le uniche inadempien ze della Elettro C. rispetto a tutti i contratti con essa conclusi;
I) rimaneva tuttavia aperto il problema delle contestazioni in
ordine ai ritardi ed agli altri inadempimenti della Elettro C., relativamente al quale si doveva osservare che: a) la domanda
di risoluzione poteva essere proposta solo nei confronti del
venditore-cedente; b) le prove testimoniali avevano dimostrato
che la venditrice non aveva adempiuto puntualmente a tutte le
obbligazioni assunte, fatto questo che giustificava la risoluzione
di quella parte di contratti ineseguiti per fatto e colpa della Elettro
C. e la sua condanna al risarcimento del danno quantificato,
per il ritardo, in lire 7.655.000 (tali inadempimenti riguardava no tuttavia forniture per le quali non era stata emessa fattura
zione e che erano estranee al contratto di factoring concluso
con la CBI, cui era opponibile solo il danno da mora, non con
testato nella entità indicata dalla Isotta Fraschini e relativo al
credito azionato con il decreto ingiuntivo 12 settembre 1985, che doveva essere revocato, con conseguente compensazione par ziale dei due crediti, non essendo peraltro accoglibile l'eccezio
ne relativa a presunti vizi o difetti, mai denunciati dalla Isotta
Fraschini nelle varie lettere di contestazioni dei ritardi e mai
dimostrati nella loro specificità);
L) doveva infine essere disattesa la domanda di manleva fon
data sul presupposto inesistente che i crediti ceduti non sussi
stessero.
Avverso detta sentenza proponeva un articolato appello la
Fincantieri-Cantieri navali italiani s.p.a. (nella sua qualità di
successore a titolo di particolare della opponente per acquisto di un suo ramo di azienda), censurando sia le tesi di diritto
che quelle di fatto accolte dal primo giudice e chiedendo quin di, in riforma della sentenza, l'accoglimento delle proprie oppo sizioni.
Si costituiva in giudizio la CBI Factor s.p.a., contestando
la fondatezza dell'impugnazione, della quale chiedeva il rigetto; non si costituivano invece la Elettro C. s.r.l. ed il fallimento
della medesima Elettro C. s.r.l., onde ne veniva dichiarata la
contumacia.
Precisate quindi le conclusioni definitive, la causa passava in
decisione all'udienza del 26 maggio 1993.
Motivi della decisione. — Devono in primo luogo essere esa
minati i motivi di appello concernenti il rapporto tra la Isotta
Fraschini (ora Fincantieri) e la CBI Factor s.p.a. Va osservato in primo luogo che l'appello proposto è princi
palmente diretto a dimostrare l'inesistenza di molte delle forni
ture di macchinari dalla Elettro C. alla Isotta Fraschini e quindi la correlativa inesistenza dei debiti dell'appellante, oggetto, nel
l'ambito del contratto di factoring, della cessione dalla Elettro
C. alla CBI, cessione che si assume realizzata mediante la falsi
ficazione o la duplicazione di «ordini» attribuiti alla Isotta Fra schini e delle relative bolle di consegna.
Ritiene il collegio che, nell'ambito del rapporto tra l'appel lante e la società di factoring, siano comunque irrilevanti, ai
fini del decidere, tutti quegli argomenti e quelle produzioni e
deduzioni diretti a dimostare la non effettuazione delle fornitu
re apparentemente risultanti dai documenti posti a fondamento
dei ricorsi per decreto ingiuntivo, nei limiti in cui tali forniture
Il Foro Italiano — 1995.
siano state oggetto delle dichiarazioni rese dalla Isotta Fraschini
(debitore ceduto) alla CBI (cessionaria). Tali dichiarazioni sono state rese rispettivamente in data 30
ottobre 1984 (relativamente alle fatture 290, 294, 297 per un
totale di lire 88.500.000), 16 novembre 1984 (relativamente alle
fatture da 309 a 314 per un totale di lire 168.150) e 4 dicembre
1984 (relativamente alle fatture 326 e 327 per un totale di lire
129.500.002): le prime due attengono al decreto ingiuntivo emesso
in data 24 aprile 1985 per lire 256.650.000 oltre accessori e spe
se, la terza al decreto ingiuntivo emesso in data 12 settembre
1985 per lire 420.048.452 (e quindi per un importo ben superio
re) oltre accessori e spese. Tali dichiarazioni sono del seguente tenore: «Con riferimento
alla cessione dei crediti elencati nella presente, concernenti for
niture regolarmente eseguite, Vi confermiamo che effettueremo
direttamente a voi, quali cessionari degli stessi, il pagamento
degli importi relativi, come di seguito specificato . . .».
L'appellante contesta, innanzi tutto, la riferibilità delle di
chiarazioni a se medesima sotto il profilo della carenza di poteri in capo al direttore amministrativo dr. Grosso, come sarebbe
provato dal verbale della seduta del consiglio di amministrazio
ne 5 aprile 1982, dal quale risulterebbe che, per atti quali quello in esame, era richiesta la firma abbinata con altro dirigente.
Il tribunale ha correttamente osservato al riguardo che il con
siglio di amministrazione, nel conferire, in quella sede, ampi
poteri di rappresentanza della società (quali risultano dall'elen
co analitico ivi contenuto) al direttore amministrativo dr. Gros
so, gli ha certamente attribuito la qualifica di direttore genera
le, che, deve aggiungersi secondo autorevole dottrina, compete a quei dirigenti i quali svolgano compiti, di alta direzione del
l'impresa o di un ramo di essa, propri degli amministratori:
ne consegue che, ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 2396 e 2384 c.c., non sono opponibili ai terzi le limitazioni
dei poteri inerenti alla sfera di competenza di tale direttore ge
nerale, anche se siano rese pubbliche (salva la prova che i terzi
abbiano agito intenzionalmente a danno della società).
L'appellante censura tale capo della sentenza sotto il profilo che i poteri vennero affidati al Grosso non dall'assemblea (co me richiederebbe l'art. 2396 cit.), ma dal consiglio di ammini
strazione; trascura tuttavia di considerare che tale norma si ri
ferisce «ai direttori nominati dall'assemblea o per disposizione dell'atto costitutivo» e che la Suprema corte ha ritenuto che
il consiglio di amministrazione può legittimamente nominare i
direttori generali, a meno che l'atto costitutivo (ma ciò nella
specie non viene né dimostrato né sostenuto) ne riservi la nomi
na all'assemblea (cfr. Cass. 18 luglio 1973, n. 2113, Foro it.,
1973, I, 2988). Ulteriori rilievi dell'appellante concernono la qualificazione
giuridica delle dichiarazioni rese dalla CBI Factor e le conse
guenze giuridiche che, in ordine alla posizione del debitore ce
duto, il tribunale ne ha tratto.
Va innanzi tutto disattesa l'osservazione dell'appellante, se
condo cui la dichiarazione in oggetto, nei termini sopra riporta
ti, sarebbe una mera clausola di stile.
Invero, se cosi fosse, poiché tale proposizione costituisce il
nucleo essenziale, per non dire l'elemento unico, della dichiara
zioe e la caratteristica delle clausole di stile è quella di non esse
re realmente volute, se ne dovrebbe arguire che la Isotta Fra
schini non ha realmente voluto l'intera dichiarazione resa in
ordine all'impegno di pagamento assunto nei confronti del fac tor ed alla regolare esecuzione delle forniture: il che ovviamente
rimane tutto da dimostrare, a meno di volere dedurre la natura
di stile della dichiarazione dal solo fatto che essa trovasi in un
modulo predisposto. Può invece condividersi la tesi che, nella specie, ci si trove
rebbe al cospetto di un semplice riconoscimento di debito, anzi
ché, secondo quanto ritenuto dal tribunale, di un riconoscimen
to di debito (manifestazione di volontà concretatasi nell'impe
gno di pagamento assunto verso la cessionaria) seguito da una
confessione (dichiarazione di scienza di un fatto a sé sfavorevo
le concretatosi nell'attestazione di regolare esecuzione delle for
niture). Da tale ultima qualifica il tribunale ha tratto la conseguenza
dell'impossibilità per l'opponente di provare fatti contrari al con
tenuto della dichiarazione confessoria (e cioè la non effettuazio ne di buona parte delle forniture stesse).
Invero, per quanto sia tormentata la discussione in ordine
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
alla natura dell'accettazione di cui all'art. 1264 c.c., del ricono
scimento del debito (semplice o titolato) e della confessione non
ché in ordine ai reciproci rapporti ed ai criteri distintivi tra tali
figure, ritiene il collegio, sulla scorta della giurisprudenza asso
lutamente prevalente e di buona parte della dottrina, di potere
pervenire alla seguente duplice conclusione:
a) la dichiarazione di voler provvedere al pagamento del de
bito nelle mani del cessionario costituisce null'altro che l'accet
tazione della cessione, se si considera che quest'ultima significa solamente prendere atto del mutamento e che essa nulla aggiun
ge quindi al contenuto proprio dell'accettazione;
b) tale accettazione costituisce riconoscimento di debito, che
può essere, come nella specie, titolata (contenendo la menzione
delle forniture regolarmente eseguite), senza che la dichiarazio
ne relativa integri una confessione e ciò per l'essenziale rilievo
che essa è diretta non all'attestazione di fatti sfavorevoli al di
chiarante ma a manifestare la volontà del promittente (cfr. Cass.
31 gennaio 1975, n. 363, id., Rep. 1975, voce Promesse unilate
rali, n. 6; 18 febbraio 1977, n. 735, id., Rep. 1977, voce cit., n. 4; App. Milano 29 marzo 1988, id., Rep. 1990, voce Con
tratto in genere, n. 195). Avuto quindi riguardo al semplice contratto di cessione, si
dovrebbe concludere nel senso che, ai sensi dell'art. 1988 c.c.
e del conseguente principio dell'astrazione processuale, la di
chiarante Isotta Fraschini dovrebbe essere ammessa a provare che quelle forniture non vennero eseguite e che quindi il credito
ceduto non esisteva.
Ma, se si spinge lo sguardo più a fondo, come ha fatto il
tribunale, e l'avvenuta cessione dei crediti viene esattamente col
locata nel contesto del contrasto di factoring, le conclusioni ne
cessariamente mutano.
Com'è noto, pur constando tale contratto di un nucleo essen
ziale, esso può presentare, numerose varianti che ne fanno un
contratto a causa complessa: esso ha tuttavia soprattutto, come
non è contestato essere avvenuto nella fattispecie, la funzione
essenziale di finanziamento mediante anticipazioni sui crediti, ceduti pro soluto al factor e quindi con assunzione del rischio
da parte di quest'ultimo. Se ciò è vero, molto opportunamente il tribunale, dopo avere
rilevato che il factoring, contratto complesso ed atipico, si at
tua mediante la cessione dei crediti (tanto che da taluni viene
qualificato come contratto «normativo» o accordo quadro), ma
non si esaurisce in essa, ha sottolineato che la funzione di fi
nanziamento indicata, con conseguente esposizione del factor, non può non riflettersi in un obbligo particolarmente intenso
a carico del debitore ceduto di comportarsi secondo buona fede.
Ciò perché questi è necessariamente consapevole che le pro
prie dichiarazioni, in ordine alla esistenza della obbligazione dalla quale deriva il suo debito, non possono non essere decisive cir
ca l'accettazione della cessione pro soluto da parte del factor e le correlative anticipazioni sui crediti.
Non sembra dubbio quindi che i principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.), sulla cui sostanziale
coincidenza e sulla cui forza espansiva anche al di fuori della
materia dei contratti e delle obbligazioni in forza del criterio
di solidarietà di cui all'art. 2 Cost, concordano ormai larga par te della dottrina e della giurisprudenza, impongono un dovere di diligenza e di verità in ordine a situazioni che siano tali da determinare nella altra parte un ragionevole affidamento (cfr. Cass. 27 ottobre 1961, n. 2425, id.. Rep. 1961, voce Obbliga
zioni e contratti, n. 136; 18 febbraio 1986, n. 950, id., Rep.
1986, voce Revocazione (giudizio di), nn. 9, 18 e 10 aprile 1986, n. 2500, id., Rep. 1986, voce Contratto in genere, nn. 340, 341,
secondo cui anche la mera inerzia, che ostacoli il soddisfaci
mento del diritto della controparte, può essere in contrasto con
tali principi). Felicemente si è osservato che il principio di correttezza si
esprime nel dovere del debitore di salvaguardare l'utilità del cre
ditore nei limiti in cui ciò non importi un apprezzabile sacrificio a suo carico (formulazione particolarmente adatta alla fattispe
cie) e che la funzione dei due principi congiunti sarebbe quella di offrire un criterio scriminante della legittimità o meno di un certo comportamento anche aldilà delle formulazioni di stretto
diritto. Con riferimento al caso di specie ed avuto riguardo alla cir
costanza che il cessionario ha erogato ingenti somme di denaro
sulla base del ragionevole affidamento, determinato dalle citate
dichiarazioni, circa l'esistenza del proprio debito, si deve neces
II Foro Italiano — 1995.
sanamente concludere che il successivo assunto del debitore ce
duto, circa d'inesistenza del rapporto obbligatorio, non può es
sere opposto al cessionario medesimo pena la violazione dei prin
cipi generali suenunciati.
Anche a non volere ammettere la cittadinanza nel nostro or
dinamento della figura, propria dell'ordinamento tedesco, se condo cui il titolare del diritto, che ingenera nel controinteres
sato l'affidamento circa il non esercizio del proprio diritto, «abu
sa del diritto» se successivamente pretende di esercitarlo, la
suesposta conclusione trova appagante fondamento in teorie e
figure largamente o universalmente accettate, quali:
a) l'eccezione di «dolo generale» secondo cui il far valere un
proprio fondato diritto risulta, in determinate circostanze, do
loso e scorretto, per cui in particolare deve ritenersi vietato eser
citare tale diritto ed invocare una disposizione a sé favorevole
quando ciò sia in contrasto con un comportamento tenuto in
precedenza (non v'è dubbio che l'assunto che l'appellante inten
de dimostrare contrasti con il precedente comportamento) (per una sostanziale applicazione di tale figura si veda Cass. 8 no
vembre 1984, n. 5639, id., Rep. 1984, voce cit., n. 265; ed alcu
ne pronunce di merito soprattutto in materia di contratto auto
nomo di garanzia);
ti) la configurabilità nel predetto comportamento, invece, del
l'oggettivo abuso del diritto sopra menzionato, di un soggettivo intento di rinunzia al diritto desunto da comportamento conclu
dente (quale sarebbe per l'appunto, nella specie, l'attestazione
della regolare esecuzione delle forniture congiunta alla confer
ma di voler pagare a mani del cessionario);
e) il principio dell'«apparenza del diritto», ormai consolida
to, in forza del quale viene negata la possibilità di provare l'ine
sistenza di una determinata situazione a colui che ha indotto
altri a fare affidamento incolpevole sull'esistenza di tale situa
zione (quindi, nella specie, sull'esistenza delle forniture e dei
relativi crediti); d) inquadramento della dichiarazione del cessionario (venuto
a conoscenza della mutata titolarità del credito) nell'ambito del
l'obbligo di informazione, che si fonda pur sempre sull'art. 1175
c.c. (cfr. la già citata Cass. 2500/86) e che ha ad oggetto le
circostanze note e quelle conoscibili con l'ordinaria diligenza. Si tratta in definitiva, in ogni caso, di ipotesi nelle quali si
determina la perdita di una certa facoltà, astrattamente ricono
sciuta dall'ordinamento, in conseguenza di un comportamento tenuto nell'ambito del rapporto cui quella facoltà si ricollega, in quanto il relativo esercizio viene a porsi, a causa di quel
comportamento, in violazione di clausole generali dell'ordi
namento.
Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, non si vede
poi quale ulteriore dovere di indagine circa l'esistenza del credi
to, possa essere imposto al cessionrio, una volta da questi otte
nuta dal debitore ceduto — e quindi dal controinteressato —
la dichiarazione attestante tale esistenza.
Alla stregua delle suesposte considrazioni deve quindi ritener
si inopponibile dall'Isotta Fraschini alla CBI l'eventuale inesi stenza delle forniture e quindi del debito, con conseguente rico
noscimento della fondatezza della domanda relativamente a tut
ti quei crediti coperti dalle dichiarazioni di cui si è discusso (ed analiticamente già indicati). (Omissis)
II
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato
il 22-26 settembre 1992, il fallimento Saimi s.r.l. conveniva in
giudizio la CBI Factor s.p.a. esponendo: — che la Saimi s.r.l., dichiarata fallita in data 12 febbraio
1988, aveva intrattenuto fino alla dichiarazione di fallimento rapporto di factoring con la società CBI Factor s.p.a., corrente
in Milano, in virtù di contratto concluso in data 1° settembre
1986; — che in forza del contratto di factoring la Saimi cedeva
alla CBI Factor i crediti presenti e futuri derivanti da forniture
di beni o prestazioni di servizi ai propri clienti (rectius: debitori); — che a seguito del fallimento della Saimi il factor aveva
continuato a procedere all'incasso dei crediti dei terzi debitori,
trattenendo e compensando l'importo intero dei crediti ceduti
ed incassati con i propri crediti, vantati in forza del rapporto
di factoring nei confronti della Saimi per interessi sulle antici pazioni, commisioni di factoring e spese;
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1631 PARTE PRIMA 1632
— che l'importo delle somme cosi' compensate ammontava
a lire 26.308.567 e che la controparte, richiesta dal fallimento
del relativo pagamento aveva dichiarato di nulla dovere, speci ficando che solo parte delle somme pretese erano state effetti
vamente incassate e che comunque per il residuo si sarebbe trat
tato di somme di esclusiva pertinenza della convenuta, giacché afferenti a crediti ceduti in data anteriore al fallimento;
— che, a prescindere dal pur assorbente rilievo del mancato
rispetto da parte di CBI Factor delle formalità necessarie per rendere dette cessioni di credito opponibili al fallimento, era
comunque da contestarsi che dette somme, incassate dopo la
pronuncia di fallimento, non spettassero alla procedura sul pre
supposto che l'art. 56 1. fall, può operare solo allorché i crediti
contrapposti siano preesistenti al fallimento.
Tanto premesso chiedeva che il tribunale 1) accertasse e di
chiarasse che per effetto della dichiarazione di fallimento della
Saimi s.r.l. il contratto di factoring concluso fra questa e la
CBI Factor s.p.a. si era sciolto; 2) accertasse e dichiarasse la
non opponibilità alla massa fallimentare delle compensazioni effettuate successivamente alla data del fallimento da CBI Fac
tor nei confronti della Saimi s.r.l.; 3) accertasse e dichiarasse
che tutte le somme incassate da CBI Factor in data successiva
alla dichiarazione di fallimento nell'ambito del rapporto di fac
toring per cui è causa nell'ammontare di lire 26.308.567 o nel
diverso importo risultando in causa, sono di esclusiva pertinen za del fallimento; 4) condannasse conseguentemente CBI Factor
alla loro rifusione alla massa fallimentare, integrate da interessi
e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, 2°
comma, c.c., dal singolo incasso da parte del factor alla effetti
va apprensione da parte della curatela; 5) accertasse e dichiaras
se che CBI Factor è tenuta al rendimento del conto ex art. 1713
c.c. alla Saimi s.r.l. e per essa al suo fallimento, il tutto con
vittoria di spese. (Omissis) Motivi della decisione. — Risulta dai documenti versati in
atti che in data 1° settembre 1986 fra la Saimi s.r.l. e la CBI
Factor s.p.a. venne concluso un contratto di factoring in virtù
del quale: — Saimi s.r.l. cedeva a CBI Factor tutti i crediti presenti
e futuri derivanti da forniture di beni e prestazioni di servizi
ai propri acquirenti (art. 1 del contratto); — CBI Factor acquistava tutti i crediti verso gli acquirenti
che non avesse espressamente rifiutato, impegnandosi a svolge re, per i crediti acquistati, un servizio di contabilizzazione, ri
scossione ed eventuale contenzioso, nonché, a propria discre
zione ed ove il «fornitore» lo avesse chiesto, altresì' l'effettua
zione di anticipazioni sui versamenti del corrispettivo dei crediti
rispetto alla scadenza, alle condizioni dettagliate agli art. 16 e
17 della scheda contrattuale, e nella misura ritenuta opportuna; si prevedeva altresì' la possibilità per il fornitore di richiedere
a CBI Factor l'assunzione del rischio della insolvenza di alcuni
crediti e la facoltà per il factor di assumere detto rischio, alle condizioni precisate all'art. 13 del contratto medsimo;
— si prevedevano (art. 15) i compensi dovuti alla CBI Factor
per l'attività prestata, per commissioni e rimborso spese, con la precisazione che per i versamenti anticipati del corrispettivo dei crediti era dovuto un compenso ulteriore, sino all'effettivo
pagamento da parte del cliente; si specificava altresì' che si sa
rebbero dovute corrispondere dette somme entro venti giorni dall'invio del documento di addebito da parte della CBI Factor.
Orbene, tale essendo, nelle grandi linee, l'oggetto del contrat
to, sostiene il fallimento attore che la cessione di credito verreb
be a svolgere, nel sinallagma contrattuale, una funzione stru
mentale ed accessoria rispetto alla gestione dei servizi assicurati
dal factor, si' che l'intero negozio andrebbe inquadrato nello
schema del mandato; per contro, secondo l'impostazione difen
siva di parte convenuta, il momento finanziario spiegherebbe tutt'ora rilevanza centrale rispetto a quello gestionale, la cessio ne dei crediti avrebbe causa vedendi ed i servizi accessori offerti dal factor presenterebbero caratteristiche di marginalità, non po tendo connotare specificamente il negozio.
Ritiene questo collegio che l'inquadramento dogmatico dell'i
stituto giuridico non possa prescindere da una attenta valuta zione del sotteso fenomeno, nella sua dimensione pratica ed eco nomica.
Il factoring, come è noto, è una formula operativa, origina ria del mondo anglosassone ed importato nel nostro paese in
tempi relativamente recenti e non in tutte le sue forme, che può
li Foro Italiano — 1995.
atteggiarsi con ampia libertà ed assumere connotazioni netta
mente differenziate.
E pertanto, mentre nell'oW line, detto anche conventional fac
toring, il factor presta in forma congiunta i servizi di gestione dei crediti, concessione di garanzia del buon fine del pagamento e di erogazione di anticipazioni a fronte dei crediti ceduti (per i crediti «approvati»), di norma prevedendosi la necessità di
notifica della cessione ai debitori, e l'esclusiva della cessione
in favore del factor, il maturity factoring non prevede l'effet
tuazione di anticipazioni e i crediti ceduti vengono pagati al
cedente a mano a mano che vengono incassati dai debitori, op
pure a una scadenza media concordata fra factor e cedente; nel with recourse factoring il factor presta all'impresa i servizi
dell'oW line ad eccezione della garanzia contro il rischio di in
solvenza e, in caso di insolvenza del debitore ceduto, l'impresa cedente è tenuta a rimborsare al factor gli anticipi ottenuti, uni
tamente agli interessi maturati; poco diffuso è per contro nel
nostro paese, il non notification factoring, nel quale l'operazio ne non prevede l'invio di comunicazione al debitore della avve
nuta cessione, ed il factor si limita a concedere al fornitore anti
cipazioni sui crediti ceduti, rispondendo eventualmente del loro
buon fine, ciò presupponendo una previa valutazione di affida
bilità del cedente da parte del factor, e l'esistenza di una con
troparte che abbia manifestato di non gradire la cessione.
Tralasciando una possibile ulteriore elencazione di tipologie
configurabili ed operative, da quanto si è premesso ben può trarsi la conclusione della inattuabilità di una configurazione unitaria di un istituto che si presenta, nella sua oggettività, con
caratteristiche eterogenee, rispondendo a molteplici funzionalità.
Eppertanto, mentre nell'o/cf line il factor assume per il forni
tore una posizione centrale, trasformando in buona sostanza
la vendita a credito in vendita in contanti e provvedendo ad
una gestione integrale dei crediti, col maturity manca il momen
to del finanziamento e prevale il c.d. momento organizzativo
gestionale della riscossione; il factor with resourse manca del
solo aspetto assicurativo dei crediti commerciali, evidentemente
per imprese che disponendo di una clientela selezionata non
avrebbero la necessità di ottenere la copertura contro l'insol
venza, mentre il non notification risponde alle esigenze di una
impresa che non intendeva rinunziare alla gestione diretta dei
propri crediti, alle proprie consuetudini operative e al rapporto con la clientela.
Donde l'impossibilità di ricostruire unitariamente una fatti
specie contrattuale insuscettibile di una rigida tipizzazione; con
siderazione ben ricavabile dalla recente Cass., sez. un., 10 gen naio 1992, n. 198 (Foro it., 1992, I, 1110) che, con riferimento al tipo contrattuale che ci occupa, ha dichiarato trattarsi di «con
venzione complessa» rispondente a una molteplicità di funzioni
economiche, inquadrabile in una vera e propria forma di coo
perazione nella gestione dell'impresa, attuante un «servizio», ovvero una utilità, che possiede una identità specifica, idonea
a soddisfare i particolari bisogni delle imprese committenti e
suscettibile di valutazione economica; con ciò, sollecitando l'in
terprete ad una indagine da svolgersi caso per caso, evitando
astratte generalizzazioni che non possono rispondere a moltepli ci concrete configurazioni.
Ritornando, pertanto, all'esame della scheda contrattuale per la quale è causa, ed esaminate le clausole che in essa sono con
tenute, il collegio reputa di poter con tranquillante certezza af
fermare che, nel caso specifico, che può inquadrarsi nell'oW line factoring del quale si è detto, le parti abbiano voluto attua
re una cessione completa e globale mediante un unico negozio immediatamente efficace inter partes di tutti crediti presenti e
futuri nella Saimi, con facoltà di anticipazione e finanziamento
per gli «approvati» e previsione di contabilizzazione degli stessi da parte del factor.
Pur essendo molteplici le prestazioni da parte del factor, pure è innegabile, muovendo dalla lettura di tutte le clausole ivi con
tenute, che il momento della cessione dei crediti avesse l'assolu ta prevalenza sulle ulteriori funzioni del negozio: deve essere
opportunamente considerato che l'oggetto del contratto era (art.
1) espressamente indicato nella «cessione dei crediti» del forni tore e che nelle prestazioni della CBI Factor (art. 2) si prevede va al primo punto «l'acquisto» dei predetti crediti, solo succes
sivamente richiamandosi il servizio di contabilizzazione, riscos sione ed eventuale contenzioso (punto 2), la facoltà di effettuare
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
anticipazione rispetto al versamento dei corrispettivi rispetto al
la scadenza dei crediti (punto 3) e l'assunzione, pure eventuale
e per crediti specificamente indicati, del rischio della insolvenza
(punto 4). Né può trascurarsi il rilievo del ripetuto utilizzo del termine
«corrispettivo» (v. punto 3, art. 2, n. 2, dell'art. 15, n. 1 del
l'art. 16, n. 1 dell'art. 17) per indicare il compenso dovuto al
factor in relazione alla cessione (accezione che, come è noto, tradizionalmente indica il prezzo dell'oggetto della vendita) va
lore che è ovviamente pari ad un quid minus rispetto all'impor to pagato dal ceduto, dovendo remunerare l'opera del factor.
Coerente alla costruzione del contratto incentrato sulla ces
sione causa vendendi è la disciplina delle obbligazioni assunte
dalle parti: e cosi è previsto che il fornitore non possa modifica
re le condizioni della vendita senza il consenso scritto (art. 5) del factor, che per contro ha facoltà di accogliere, nel ricevere
i pagamenti dei crediti, sconti, deduzioni ed abbuoni (art. 18); è prevista del pari la facoltà per il factor di agire contro il debi
tore moroso (art. 18, n. 3), circostanze che ben si spiegano con
l'appartenenza del credito al cessionario.
Peraltro, la specificazione che si è premessa in merito alla
molteplicità delle funzioni cui il factoring è chiamato a rispon dere (funzioni di cooperazione gestionale, di finanziamento, di
gestione del credito) che, diversamente atteggiandosi nelle fatti
specie concrete, richiamano l'applicabilità, a seconda dei casi, dell'una o dell'altra normativa, dettata per le figure tipiche di
contratto cui più esso è assimilabile, in concreto, impone nella
soluzione del problema specifico che si propone nella fattispecie
(opponibilità del contratto e delle cessioni che lo connotano al
fallimento del cedente), la massima aderenza al testo contrat
tuale specifico, che risolve il dubbio interpretativo nella sua
radice.
È infatti espressamente previsto (art. 19 del contratto) che
le ragioni reciproche di credito e debito fra le parti vengono
registrate in conti, tenuti dal factor, che è tenuto al periodico invio della relativa documentazione al fornitore; è altrettanto
testualmente previsto (n. 2 dell'art. 19) che tali debiti e crediti
siano connessi e non si compensino fra loro.
Chiaro è, a questo punto, lo svolgimento del rapporto che
le parti hanno liberamente determinato: ferma l'efficacia trasla
tiva immediata tra le parti del contratto di cessione, che è unico
e si perfeziona con lo scambio dei compensi, quanto ai crediti
futuri il trasferimento si verifica immediatamente col venire ad
esistenza degli stessi ed il factor può altrettettanto immediata
mente compensare le proprie ragioni di credito verso il fornito
re con propri debiti che traggano origine dalla cessione, senza
necessità di adottare alcuna formalità che non sia quella, suc
cessiva, della comunicazione al fornitore.
Quid iuris se ne intervenga il fallimento? La scheda contrattuale ha previsto (art. 20, n. 3) che il con
tratto si sciolga di diritto, ma chiara è la volontà delle parti di rendere insensibili al fallimento quelle opeazioni che, traendo
origine dal contratto, abbiano dato causa a posizioni di debito
credito reciproche che in quanto connesse si elidono con l'im
mediata compensazione. Il che, oltre a rispondere ad intuitive esigenze di equità, trova
un autorevole avallo in principi giurisprudenziali che il Supre mo collegio ha enunciato, sia pur non con riferimento al con
tratto di factoring, bensì alla cessione di credito, che pur sem
pre nel precedente, comunque lo si voglia inquadrare, è com
presa, e cosi Cass. 19 novembre 1987, n. 8505 (id., Rep. 1988, voce Fallimento, n. 435) ha sancito l'ammissibilità di tale com
pensazione operata prima del fallimento del cedente, seppure il pagamento segua lo stesso; nello stesso senso si era pronun ciata Cass. 24 ottobre 1975, n. 3519 (id., Rep. 1976, voce cit.,
n. 180); 20 marzo 1991, n. 3006 (id., Rep. 1991, voce cit., n. 339); sez. I 4 novembre 1992, n. 11966 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 409) e già Cass. 12 marzo 1984, n. 1689 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 424), nonostante l'inquadramento della figura nella
tipologia del mandato.
Deve pertanto ritenersi che legittimamente il factor abbia in
cassato, per crediti scaturenti dal contratto di factoring dopo il fallimento del cedente in relazione a cessione di credito perfe zionatasi prima del fallimento, altresì' legittimamente operando le relative compensazioni (nello stesso senso, recentemente App. Genova 22 ottobre 1992 n. 209, in riforma della pronuncia di
questo tribunale 17 luglio 1991, n. 2304, id., Rep. 1992, voce
cit., nn. 348, 478).
Il Foro Italiano — 1995.
Fermo restando quanto sopra, non può trarsene, con parte
convenuta, l'inaccettabile conclusione che tale previsione con
trattuale possa esonerare il factor dall'osservanza delle formali
tà richieste dalla legge per rendere la cessione opponibile al fal
limento.
Come è noto, l'art. 2914 c.c. dispone che non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che inter
vengono nella esecuzione, i crediti che siano stati notificati al
debitore ceduto o accettati dallo stesso successivamente al pi
gnoramento. Stante la notoria equiparazione del fallimento al pignoramen
to generale sul patrimonio del fallito in favore della massa falli
mentare, devono scindersi i momenti di perfezionamento del
contratto di factoring fra le parti rispetto al sempre successivo
momento della sua efficacia nei confronti del ceduto e nei con
fronti dei terzi (cui il fallimento del cedente è equiparato), cia
scuno seguendo la sorte delle previsioni normative specifiche,
derogabili dalla disciplina pattizia con effetti limitati ai paciscenti. Eppertanto, il convenuto factor potrà efficacemente opporre
al fallimento attore quelle (e solo quelle) cessioni che siano state
notificate ai ceduti, ovvero da loro accettate, prima del fal
limento.
L'evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale più attenta alla
sostanziale realtà del fenomeno sul quale si va ad incidere, han
no da tempo affermato che, nella specie, non alla notificazione
in senso tecnico-giuridico la norma abbia voluto far riferimen
to, bensì ad ogni comunicazione che abbia data certa (cosi già Cass. 4 febbraio 1969, n. 341, id., 1969, I, 1892; 20 novembre
1976, n. 4372, id., Rep. 1976, voce Cessione dei crediti, n. 2; 13 settembre 1977, n. 3959, id., Rep. 1977, voce cit., n. 8; e
App. Milano 21 febbraio 1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 3, oltre ad una molteplicità di pronunzie di giudici di prime cure fra le quali, per tutte, Trib. Milano 7 ottobre 1985, id.,
1987, voce cit., n. 186) giacché, diversamente opinando, l'istitu
to verrebbe ad essere svuotato di utilità, comportando oneri
economici gravosissimi e la certa paralisi degli uffici preposti alla attività di notificazione.
Deve pertanto ritenersi che ai fini dell'opponibilità al falli
mento attore, debba fornirsi prova di data certa della comuni
cazione della cessione o della accettazione da parte del ceduto, ovviamente quest'ultima anche se sprovvista di requisiti forma
li. (Omissis)
TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 16 febbraio 1995; Pres. Lo Turco, Est. Crescenzi; Atac (Aw. Cappella) c. Soc. De
Simon (Avv. Ermetes).
TRIBUNALE DI ROMA;
Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — Azien
da municipalizzata — Fornitura di autobus — Corrispettivo — Revisione pattizia — Misura — Nullità — Estremi (L. 26
febbraio 1986 n. 41, disposizioni per la formazione del bilan
cio annuale e poliennale dello Stato (legge finanziaria 1986), art. 33).
È nulla la clausola del contratto di fornitura di autobus, con
cluso a trattativa privata con azienda municipalizzata, che pre vede la revisione del corrispettivo pattuito nel caso di aumen
to (o diminuzione) dello stesso, in misura superiore al cinque
anziché al dieci per cento. (1)
(1) 11 tribunale è giunto alla conclusione riassunta in massima appli cando alla fattispecie le previsioni dell'art. 33 1. 26 febbraio 1986 n.
41, abrogato dall'art. 26, n. 2, 1. 11 febbraio 1994 n. 109 (su cui Mari
nelli, La nuova disciplina degli appalti e dei servizi pubblici, Jovene,
Napoli, 1994, 171 ss.), sul rilievo che, nonostante il riferimento all'«ag
giudicazione» contenuto nel n. 3 del ridetto art. 33, lo stesso fosse ap
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