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sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Avv. Etteri) c. Soc. CBI Factor...

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sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Avv. Etteri) c. Soc. CBI Factor (Avv. Piras) Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1621/1622-1633/1634 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23189999 . Accessed: 25/06/2014 02:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.101 on Wed, 25 Jun 2014 02:15:11 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Avv. Etteri) c. Soc. CBI Factor (Avv. Piras)

sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Avv. Etteri) c. Soc. CBI Factor(Avv. Piras)Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 5 (MAGGIO 1995), pp. 1621/1622-1633/1634Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23189999 .

Accessed: 25/06/2014 02:15

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

le, ricollegabile alla impossibilità di offrire il proprio ritratto per la pubblicità, una volta che a tal fine sia stato da altri utiliz

zato, ovvero al ridursi del valore commerciale (che è di norma

proporzionale alla rarità dell'uso) dell'immagine. 7. - La corte d'appello ha rigettato l'appello e la domanda

del Bartali, ritenendo lecita l'utilizzazione della fotografia sul

duplice rilievo della notorietà dell'episodio raffigurato e dell'as

senza di pregiudizio all'onore, reputazione o decoro dell'appel lante e, in via gradata, negando apoditticamente la sussistenza

della prova in ordine alla concreta esistenza e consistenza del

danno.

Entrambe le alternative motivazioni si pongono in contrasto

con i principi esposti nel precedente paragrafo. Ne deriva l'accoglimento anche del primo motivo.

8. - Per le ragioni che precedono, in accoglimento del ricor

so, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad al

tra sezione della Corte d'appello di Milano, la quale, proceden do a nuovo esame della causa, dovrà fare applicazione, in rela

zione alla domanda proposta da Gino Bartali, dei principi di

diritto enunciati nel precedente § 5.

I

CORTE D'APPELLO DI MILANO; sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Aw. Etteri) c. Soc.

CBI Factor (Aw. Piras).

CORTE D'APPELLO DI MILANO;

Cessione dei crediti — «Factoring» — Dichiarazioni del debito re ceduto sull'esistenza del debito — Inadempimento del for

nitore — Inopponibilità dell'eccezione al «factor» (Cod. civ., art. 1260, 1375).

Sono inopponibili al factor, per contrarietà al principio di buo

na fede, le eccezioni relative all'inadempimento del fornitore sollevate dal debitore ceduto il quale abbia precedentemente

effettuato dichiarazioni tali da ingenerare nel factor il ragio nevole affidamento nell'esistenza del credito ceduto. (1)

(1) La sentenza di primo grado — Trib. Milano 26 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce Cessione di crediti, n. 39 — può leggersi in Giur. merito, 1992, I, 83 s.

Nella sentenza in epigrafe (riportata anche in Contratti, 1994, 427

ss., con nota di De Nova) il problema della rilevanza delle dichiarazio ni rese dal debitore ceduto nell'ambito del rapporto di factoring si inne sta sulla tematica dell'opponibilità al factor dell'eccezione di inadempi mento del fornitore (cfr., da ultimo, App. Milano 19 febbraio 1992, Foro it.. Rep. 1993, voce cit., nn. 17, 19, e Banca, borsa, ecc., 1993, II, 562 ss.).

Nella prospettiva adottata dalla corte milanese, il contesto negoziale del factoring, in cui si inserisce la cessione del credito, impone al debi tore ceduto di tener conto della rilevanza delle proprie dichiarazioni — rilasciate in sede di accettazione della cessione e inerenti all'esistenza del credito — rispetto alle decisioni del factor relative all'assunzione delle obbligazioni che realizzano la funzione di finanziamento del con tratto. Più precisamente, le anticipazioni sui crediti oggetto di cessione

pro soluto sono concesse dal factor al fornitore sulla base di un giudi zio prognostico sul probabile buon esito dell'operazione; e su tale giu dizio incide la conoscenza delle vicende relative al contratto da cui di

scende il credito ceduto. Tale conoscenza finisce spesso per dipendere dalle stesse dichiarazioni del debitore ceduto, il quale, pertanto, non

può ledere, senza contravvenire al principio di buona fede, il legittimo affidamento ingenerato nel factor almeno sull'esistenza del credito og

getto della cessione. Di ciò tiene conto la corte nel risolvere a favore del factor il conflitto

di interessi che si ricollega al contrasto fra il contenuto delle dichiara

zioni del debitore ceduto, che sono a fondamento del giudizio sul pro babile esito dell'operazione, e la sua successiva condotta, consistente

nella pretesa di far valere, nei confronti del factor, l'eccezione di inesat

II Foro Italiano — 1995.

II

TRIBUNALE DI GENOVA; sentenza 16 maggio 1994; Pres.

Ghiglione, Est. Sangiuolo; Fall. soc. Saimi (Aw. Collot

to) c. Soc. CBI Factor (Avv. Frangini).

Fallimento — «Factoring» — Riscossioni e compensazioni suc

cessive alla dichiarazione di fallimento — Opponibilità (Cod. civ., art. 1260, 2914; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 56).

Sono opponibili al fallimento le operazioni di riscossione e com

pensazione effettuate dal factor dopo la dichiarazione del fal

limento, purché relative a cessioni di credito perfezionatesi,

to adempimento del fornitore e, quindi, la parziale inesistenza del cre dito ceduto.

Nell'affermare la prevalenza della tutela dell'affidamento riposto dal

factor nell'esistenza del credito, a seguito delle dichiarazioni del debito re ceduto, mediante il riferimento all'obbligo di buona fede, gravante sul debitore ex art. 1375 c.c., la corte intende il principio generale in termini di obbligo del debitore di salvaguardare l'utilità del creditore nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio per il suo interesse (la formulazione rimonta a Bianca, Diritto civile, Milano, 1987, III, 477). Peraltro, può osservarsi come la corte d'appello affermi con cautela l'operatività del principio di buona fede nella fattispecie sotto

posta al suo esame e cerchi di confortare la sua decisione mediante il richiamo ad ulteriori principi di valenza generale: l'abuso del diritto; l'eccezione di dolo generale; la rinunzia del diritto; l'apparenza del di

ritto; l'obbligo di informazione, inteso come specificazione della regola della correttezza di cui all'art. 1175 c.c. (De Nova, cit., 434, parla ica sticamente di «funzione rassicurante della pluralità di rationes decidendi»).

L'incertezza della corte può forse spiegarsi con la difficoltà di giusti ficare l'impiego del principio di cui all'art. 1375 c.c. per imporre a carico di un soggetto l'obbligo di salvaguardare una posizione giuridica collegata al contratto di cui il soggetto è parte. Il factor, infatti, non è controparte contrattuale del debitore ceduto, bensì del fornitore; il

quale è altresì parte del contratto dal quale discende il credito oggetto della cessione. Peraltro, ciò non esclude il carattere trilaterale dell'ope razione economica sottostante, carattere che si esplica nelle reciproche interazioni tra i rapporti collegati, nel cui ambito sembra potersi inqua drare la suddetta applicazione del principio di buona fede (alcuni spunti per una lettura delle fattispecie contrattuali caratterizzate da una fun zione di finanziamento in termini di collegamento negoziale possono trarsi, da ultimo, dalla nota di Macario, Collegamento negoziale e prin cipio di buonafede nel contratto di credito per l'acquisto: l'opponibili tà al finanziatore delle eccezioni relative alla vendita, a Cass. 20 gen naio 1994, n. 474, in Foro it., 1994, I, 3097, ove si rileva, fra l'altro, che «le regole di condotta continuano ad operare nel contesto del colle

gamento fra i contratti, assumendo volta per volta una diversa portata concreta»). In altri termini, l'obbligo di buona fede opera a favore del cessionario (nel senso indicato dalla corte) nella misura in cui la cessio ne del credito si collochi nel quadro di un contratto di factoring. Si determina infatti, nel factoring, una rete di rapporti fra i tre soggetti dell'operazione economica, nel cui ambito il principio di buona fede consente la protezione delle rispettive posizioni giuridiche, specifican dosi in regole di condotta che tengono conto delle concrete modalità di svolgimento dei suddetti rapporti. Nella fattispecie de qua, la natura di clausola generale del principio di buona fede si manifesta in tutta la sua portata; essa si coglie nell'attitudine di tale principio a dar luogo a modelli di operatività differenziati in relazione allo specifico contesto

negoziale in cui viene in rilievo la possibilità della sua applicazione (cfr., per tutt, De Nova, Nuovi contratti, Torino, 1994, 34).

La sentenza si segnala poi per l'implicito riferimento della corte a due circostanze che sembrano essere state decisive ai fini dell'esclusione

dell'opponibilità al factor dell'eccezione di inadempimento del fornito re. La prima attiene all'accettazione della cessione del credito con la contestuale dichiarazione inerente l'esistenza del credito oggetto di ces sione. Nel senso dell'opponibilità al factor, da parte del debitore cedu

to, dell'eccezione di inadempimento del fornitore, in mancanza di di

chiarazioni inerenti all'esistenza dei crediti oggetto di cessione, cfr. Trib.

Milano 15 novembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 22, che aderisce alla tesi, diffusamente sostenuta in dottrina, per cui la cessione del credito e il conseguente subingresso del factor nella posizione del

fornitore non devono comportare un aggravio della posizione del debi

tore ceduto. Cfr., in tal senso, per tutti, Frignani, Il regime delle ecce

zioni opponibili al factor, in II factoring per le piccole e medie imprese, a cura di Cassandro, Milano, 1982, 124, nonché Vicini, Le eccezioni

opponibili dal debitore ceduto al factor, in Riv. trim. dir. e proc. civ.,

1989, 584. In altri termini, rendere dichiarazioni da cui può inferirsi l'esistenza del credito oggetto di cessione ha l'effetto di subordinare la possibilità per il debitore ceduto di far valere l'inadempimento del

fornitore ad un preciso onere di comunicazione tempestiva al factor

dell'inadempimento stesso; ciò, in quanto le suddette dichiarazioni so

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1623 PARTE PRIMA 1624

nonché notificate ai debitori ceduti o da questi accettate, an

teriormente alla sentenza dichiarativa del fallimento. (2)

I

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il 24 maggio 1985 la Isotta Fraschini s.p.a. proponeva opposi zione al decreto ingiuntivo emesso contro di essa dal presidente di questo tribunale il 24 aprile 1985 su istanza della CBI Factor

s.p.a. per il pagamento di lire 256.650.000 quale importo di

fatture cedutele dalla Elettro C. s.r.l. sull'ambito di un contra

sto di factoring, e contestualmente conveniva in giudizio la Elettro

C., per esser garantita, sull'ipotesi di rigetto dell'opposizione. Deduceva l'opponente di non essere debitrice verso la Elettro

C. delle somme pretese con l'ingiunzione, perché il materiale

ordinato alla società cedente non era stato mai consegnato o

no tali da escludere a priori l'onere del factor di indagare diligentemen te sull'esistenza del credito che gli sarà ceduto in forza del contratto di factoring.

La mancanza di dichiarazioni (o di comportamenti) del debitore ce

duto, inequivocabilmente diretti — secondo il significato che essi assu mono nella prassi dei rapporti tra debitore e factor — a confermare l'esistenza dei crediti oggetto di cessione, pone il problema della confi

gurabilità, a carico del debitore ceduto, di un obbligo di informazione in ordine alle circostanze del rapporto di fornitura rilevanti in relazione al soddisfacimento dell'interesse del factor. Su tale problema la dottri na è divisa. Propende per la configurabilità, in capo al debitore ceduto, di un obbligo di informazione del factor, fondato sulla regola di corret tezza sancita dall'art. 1175, Frignani, cit., 128; l'obbligo d'informazio ne è invece escluso da Cassandro Sulpasso, Collaborazione alla gestio ne e finanziamento d'impresa: il factoring in Europa, Milano, 1981, 89. A quest'ultimo orientamento sembrano rifarsi App. Bari 13 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Contratto in genere, n. 190, e Giur.

it., 1991, I, 2, 317, con nota di Fino, Abuso del factoring e obblighi del debitore ceduto (la corte barese considera rilevante, ai fini dell'e sclusione dell'obbligo d'informazione, l'interruzione da parte del debi tore ceduto della serie di quei comportamenti ai quali è attribuito il

significato di conferma dell'esistenza dei crediti oggetto di cessione, nel

quadro dei rapporti instaurati con il factor, in tale sentenza vi è, inol tre, un cenno al principio di buona fede come possibile strumento per la soluzione dei conflitto tra debitore ceduto e factor), nonché Trib. Verona 4 maggio 1987, Foro it., 1988, I, 1305. Una tesi intrmedia ri

spetto a quelle appena illustrare è sostenuta da Carnevali, I problemi giuridici del factoring, in Riv. dir. civ., 1978, I, 321, il quale riconduce al paradigma della responsabilità extracontrattuale quella in cui incorre il debitore ceduto che non comunichi al factor l'inesistenza del credito ceduto, pur essendone consapevole.

La seconda condizione, enucleabile dalla motivazione della sentenza in epigrafe, è quella della conoscenza o conoscibilità da parte del debi tore ceduto, al momento dell'accettazione della cessione del credito, della situazione di inesatto adempimento della prestazione di cui egli è creditore in base al contratto di fornitura.

La sentenza in epigrafe considera, infine, la questione della natura giuridica delle dichiarazioni, relative all'esistenza del credito, rese dal debitore ceduto in sede di accettazione della cessione di credito. In par ticolare, si tratta di stabilire se tali dichiarazioni abbiano carattere con fessorio ovvero debbano qualificarsi come riconoscimento del debito. La corte — riformando su questo punto la sentenza di primo grado, che afferma la natura confessoria delle dichiarazioni in oggetto — ri chiama la figura del riconoscimento titolato del debito (cfr., però, sul l'equiparazione di quest'ultimo alla confessione, Trib. Milano 13 aprile 1989, Foro it., Rep. 1990, voce cit., n. 6, e Giur. merito, 1990, I, 538 ss., con nota di Frangini, Dichiarazione di prontezza di pagamento del debitore ceduto al creditore cessionario, nonché, Trib. Milano 15

maggio 1986, Foro it.. Rep. 1987, voce Promesse unilaterali, n. 7, e

Banca, borsa, ecc., 1987, II, 647). Peraltro, si può osservare come tale

questione assuma carattere marginale, ai fini della decisione della con troversia, rilevando le dichiarazioni del debitore ceduto esclusivamente sotto il profilo della loro suscettibilità a fondare il convincimento del

factor in ordine all'esistenza del credito alla cui cessione si riferiscono. Anzi, può rilevarsi come il riferimento al principio di buona fede,

fondamento della tutela dell'affidamento del factor sull'esistenza del credito oggetto della cessione, non consenta al debitore ceduto di avva

lersi, nei confronti del factor, delle più ampie possibilità probatorie consentite dalla qualificazione delle sue dichiarazioni in termini di rico

gnizione del debito, piuttosto che di confessione stragiudiziale. Ciò, in

quanto, nella prospettiva adottata dalla corte, si verifica una sorta di

sovrapposizione del tema relativo all'operatività del principio di buona

fede, nell'ambito della fattispecie del factoring, a quello concernente

l'opponibilità al cessionario, da parte del debitore ceduto, dell'eccezio ne di inadempimento del cedente.

(2) La sentenza affronta la questione dell'opponibilità, al fallimento

Il Foro Italiano — 1995.

consegnato in ritardo e in maniera non corrispondente agli or

dini. Eccepiva inoltre che l'accettazione delle cessioni alla CBI

Factor era stata carpita dalla Elettro C. Assumeva in più che

la gran parte delle bolle di consegna allegate alle fatture era

falsa perché la merce relativa non era stata mai consegnata. Concludeva per la revoca del decreto opposto e in via ricon

venzionale la declaratoria di risoluzione dei contratti relativi agli ordini dell'8 ottobre 1984, e 18 ottobre 1984 con la condanna

della Elettro C. al risarcimento dei danni da inadempimento

per ritardo nelle consegne e vizi e difetti delle macchine fornite.

Inoltre, chiedeva la compensazione totale o parziale dei credi

ti della Elettro C. ceduti alla CBI Factor con i crediti della

Isotta Fraschini opponibili alla CBI Factor. In subordine, insta

va per la condanna della Elettro C. a manlevare la Isotta Fra

schini dalle domande della CBI Factor.

Si costituiva in giudizio la CBI Factor la quale contestava

del cedente, delle cessioni di credito perfezionatesi nel quadro di un

rapporto di factoring, nonché delle riscossioni e delle compensazioni effettuate dal factor successivamente alla dichiarazione di fallimento, in relazione alle suddette cessioni.

Il tribunale provvede, preliminarmente, a ricostruire sul piano causa le il rapporto intercorso in concreto tra le parti, onde individuare la

disciplina applicabile (in tal modo allineandosi al metodo invalso in

giurisprudenza dell'individuazione della disciplina applicabile ai nuovi contratti: cfr. da ultimo De Nova, cit., 565, il quale richiama la giuris prudenza formatasi in tema di leasing, in relazione al quale si segnalano Cass. 7 gennaio 1993, n. 64 e 16 settembre 1992, n. 10570, nonché

App. Torino 2 giugno 1993, Foro it., 1994, I, 177). Sull'articolazione, dal punto di vista tipologico, del factoring, cfr.

Cass. 10 gennaio 1992, n. 198, id., 1992, I, 1110, in cui il factoring è definito come «convenzione complessa» nel cui quadro la cessione dei crediti emerge come strumento per la realizzazione di una pluralità di assetti di interessi dei contraenti.

Tale caratteristica del factoring si riflette sul problema della determi nazione della sua causa, che divide dottrina e giurisprudenza e che non sembra prestarsi a soluzioni unitarie. In dottrina, si segnala la rassegna delle varie opinioni espresse sul punto contenuta in Corradi, Qualifica zione del contratto di factoring e fallimento del cendente (nota a App. Genova 19 marzo 1993), in Riv. it. leasing, 1994, 403.

Il problema della qualificazione del factoring è affrontato in numero se pronunce, specie delle corti di merito. Oltre a Cass. 198/92, in cui il contratto di factoring viene in considerazione in vista della qualifica zione, a fini previdenziali, della corrispondente attività come rientrante nel settore industriale, possono segnalarsi: App. Genova 19 marzo 1993, ibid., 392; Trib. Genova 23 giugno 1992, ibid., 377; Trib. Milano 26 febbraio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce Cessione dei crediti, n. 16, e Giur. merito, 1992, 83; Pret. Bari 5 maggio 1990, Foro it., Rep. 1992, voce cit., nn. 17, 18, e Banca, borsa, ecc., 1992, II, 620; Trib. Genova 17 luglio 1991, Foro it., Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 183, 184, e Giur. comm., 1992, 275 ss., con nota di Bonavera; Trib. Genova 19 novembre 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Cessione dei crediti, nn. 18-20, e Nuova giur. civ., 1991, I, 605, con nota di Dimundo; App. Bari 13 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce Contrat to in genere, n. 190, e Giur. it., 1991, I, 317, con nota di Fino; Trib. Verona 4 maggio 1987, Foro it., 1988, I, 1305; Trib. Napoli 4 luglio 1986, id., Rep. 1987, voce Fallimento, nn. 338, 339, e Fallimento, 1987, 96, con nota di Cantele e Foro pad., 1987, I, 261, con nota di Santi; Trib. Bologna 15 marzo 1985, Foro it., Rep. 1985, voce Contratto in

genere, n. 120, e Foro pad., 1985, I, 242, con nota di Donati e Giur.

comm., 1987, II, 344, con nota di Bianchi; Trib. Milano 28 marzo 1977, Foro it., Rep. 1978, voce cit., nn. 169-171, e Giur. comm., 1978, II, 436, con nota di Cassandro Sulpasso.

La sentenza del collegio genovese si segnala in particolare per aver individuato quattro tipi di factoring (old line factoring, maturity facto ring, with recourse factoring e non notification factoring) e per aver assunto sotto il modello definito old line factoring il regolamento con trattuale predisposto dalle parti, operando in tal modo una sorta di

tipizzazione di secondo grado. Ritenuta la sussistenza della causa vendendi ed esclusa, di conseguen

za, la riconducibilità del rapporto contrattuale al mandato, il tribunale non ha difficoltà ad affermare che l'effetto traslativo delle singole ces sioni di credito, avendo fonte nel rapporto di factoring, consegue auto maticamente alla venuta ad esistenza dei singoli crediti (cfr., sulle mo dalità operative del contratto di factoring, App. Bari 13 luglio 1990, Foro it., Rep. 1991, voce cit., n. 190).

In linea di principio, peraltro, il perfezionamento delle cessioni di credito anteriore alla dichiarazione di fallimento non sarebbe stato suf ficiente a rendere opponibili le cessioni al fallimento; il tribunale cosi' ha cura di riaffermare la necessità della notificazione della cessione al debitore ceduto o dell'accettazione del medesimo, con atto avente data

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

le affermazioni dell'opponente rilevando che la Isotta Fraschini

aveva accettato la cessione dei crediti risultanti dalle relative

fatture, dopo che era avvenuta la consegna della merce e non

aveva mai negato alla CBI Factor di dovere le somme recate

dalle fatture poste a base del decreto ingiuntivo del quale chie

deva la conferma. Si costituiva anche la Elettro C., che chiedeva la reiezione

della domanda proposta nei suoi confronti e che, in corso di

causa, veniva dichiarata fallita senza che il procuratore lo di

chiarasse in udienza e lo notificasse alle altre parti. Veniva quindi disposta la riunione a questo giudizio di altro,

nel quale la Elettro C. non si era costituita, pendente tra le

medesime parti ed avente ad oggetto un decreto ingiuntivo otte

nuto dalla CBI Factor per il pagamento di altri crediti cedutile

dalla Elettro C., opposto dalla Isotta Fraschini per gli stessi

motivi sopra esposti, con l'aggiunta di un formale disconosci

mento della firma di accettazione del legale rappresentante di

verso dal sig. Grosso.

Ammessa ed assunta la prova per testi dedotta dalle parti e disposte informazioni presso la curatela del fallimento Elettro

C., la causa passava in decisione.

Il tribunale, con sentenza 23 novembre 1989-26 febbraio 1990, cosi decideva:

a) respingeva l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso il 24

aprile 1985 per lire 256.650.000, oltre accessori;

certa anteriore alla data di dichiarazione di fallimento (sulla notifica zione della cessione al debitore ceduto, da intendersi non in senso tecni

co, con riferimento alle forme stabilite dagli art. 137 ss. c.p.c., ma in forma di comunicazione avente data certa anteriore alla dichiarazio ne di fallimento, cfr., da ultimo, App. Torino 12 luglio 1994, inedita ma citata nel commento alla sentenza in epigrafe di De Nova, in Con

tratti, cit., 566, nota 3; inoltre, Trib. Milano 7 ottobre 1985, Foro it., Rep. 1987, voce Contratto in genere, n. 186 e Cass. 13 settembre 1977, n. 3959, id., Rep. 1977, voce Cessione dei crediti, n. 8; nonché, con

specifico riferimento al contratto di factoring, Trib. Verona 4 maggio 1987, id., Rep. 1988, voce Contratto in genere, n. 210; Trib. Bologna 4 dicembre 1984, id., Rep. 1985, voce cit., n. 120; Trib. Milano 28 marzo 1977, id., Rep. 1978, voce cit., n. 110. In dottrina si segnalano, sul punto specifico, Tucci, Factoring, in Contratto e impresa, 1993, 1408, e Ferrigno, Factoring, id., 1988, 958 ss.).

Le cessioni di credito, rese opponibili al fallimento del fornitore nel modo appena indicato, legittimano il factor a riscuotere l'importo del credito cedutogli, nonché a compensare i crediti vantati nei confronti del fornitore con i debiti verso il medesimo, anche successivamente alla dichiarazione di fallimento. Tale risultato fa leva sul trasferimento del la titolarità del diritto di credito, oggetto della singola cessione, a favo re del factor, in forza dell'effetto traslativo risalente al contratto, non ché sulla considerazione del fatto genetico — per cosi dire — delle posi zioni di debito-credito suscettibili di compensazione e, in particolare, della sua anteriorità alla dichiarazione di fallimento (art. 56 1. fall.). Su questo punto specifico, peraltro, la giurisprudenza non presenta uni formità di vedute: in senso conforme alla sentenza in epigrafe, cfr. App. Genova 19 marzo 1993, Riv. it. leasing, 1994, 392. Ma, in tema di cessione di credito posta in essere nell'ambito di un mandato in rem

propriam, il contrasto è palese: ammette la possibilità della riscossione da parte del cessionario Cass. 20 ottobre 1993, n. 8806, Foro it., Rep. 1993, voce Fallimento, n. 408, e Fallimento, 1994, II, 142, che, pur escludendo la titolarità del credito ceduto da parte del mandatario, ri conosce la legittimazione di quest'ultimo alla riscossione; 4 novembre

1992, n. 11966, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 400, in cui si ammette il trasferimento del credito a favore del mandatario; 20 marzo 1991, n. 3006, id., Rep. 1991, voce cit., n. 339 e 19 novembre 1987, n. 8505, id., Rep. 1988, voce cit., n. 435, le quali fanno riferimento alla possibi lità del mandatario di operare la compensazione del debito, inerente alla cessione, con i crediti vantati nei confronti del mandante; prevede poi la restituzione delle somme incassate da parte del cessionario alla curatela del fallimento Cass. 10 novembre 1992, n. 12091, id.. Rep. 1992, voce cit., n. 411.

Sul problema dell'opponibilità al fallimento del fornitore delle cessio ni di credito poste in essere in esecuzione di un contratto di factoring (problema che deve essere considerato alla luce della 1. 21 febbraio 1991 n. 52), v. Bonsignori, Fallimento e factoring, in Dir. fallim., 1994, 586 ss.; Cassandro Sulpasso, Italo Calvino, Hermann Melville e la

legge 21 febbraio 1991 n. 52 sulla cessione dei crediti d'impresa (ovvero l'imitazione di modelli stranieri richiede «consistency»), in Giur. comm., 1994, I, 402 ss.; AA.VV., Factoring e fallimento. Atti del convegno Assifact (tenuto a Genova il 7 novembre 1993), in Riv. it. leasing, 1994,

9; Tucci, Factoring, in Contratto e impresa, 1993, 1387; Belviso, Inop ponibilità della cessione del credito al fallimento del cedente e revocato ria fallimentare nella legge 21 febbraio 1991 n. 52, in Riv. dir. impresa, 1992, 459; Amato, Annotazioni alla legge 21 febbraio 1991 n. 52, in

Quadrimestre, 1992, 481.

Il Foro Italiano — 1995.

b) accoglieva in parte l'opposizione avverso il decreto ingiun tivo emesso in data 12 settembre 1985 per l'importo di lire

420.048.452, oltre accessori e dichiarava compensato tale credi

to della CBI Factor con il controcredito della opponente fino

alla concorrenza di lire 7.500.000, revocando conseguentemente il decreto opposto e condannando la Isotta Fraschini al paga mento della somma di lire 412.548.452, oltre gli interessi legali e la rivalutazione monetaria;

c) accoglieva la domanda di risoluzione del contratto propo sta dalla Isotta Fraschini nei confronti della Elettro C. relativa

mente alla parte ineseguita degli ordini C-L21900 del 18 ottobre

1984 e S-44124 dell'8 ottobre 1984, respingendo la relativa do manda di risarcimento perché non provata;

d) respingeva la domanda di manleva nei confronti della Elet

tro C.;

è) condannava la Isotta Fraschini a rifondere alla CBI Factor

le spese di lite.

Il tribunale, osservato che l'opponente, pur tra le molteplici contestazioni, non disconosceva di avere ricevuto dei macchina

ri e di non averne pagato il prezzo e che nella controversia emer

gevano due aspetti (uno relativo alla opponibilità alla CBI Fac

tor delle eccezioni di inesatto adempimento e l'altro relativo

alla tempestività delle eccezioni), osservava che:

A) la tesi dell'opponente, circa l'equiparazione del factoring alla cessione di credito ed alla conseguente opponibilità da par te del ceduto al cessionario di tutte le eccezioni che il primo

poteva opporre al cedente, non poteva essere condivisa, posto che il factoring è un contratto atipico e complesso che si attua

mediante una cessione dei crediti ma non si esaurisce in esso, essendo rilevante la causa di finanziamento sottostante alla ces

sione, la cui consapevolezza determina il sorgere nel ceduto di

un obbligo particolarmente intenso di comportarsi secondo buona

fede;

B) ne consegue che il comportamento del debitore, che non

solo non nega di avere ricevuto esattamente le prestazioni, ma

accetta la cessione e riconosce esatta la documentazione, crea

nel cessionario il più completo affidamento, onde la successiva

smentita di questo suo comportamento è contrario a buona fe

de e comporta la decadenza dal diritto di proporre eccezioni

al cessionario;

C) inoltre la dichiarazione, contestuale all'accettazione della

cessione, con la quale il ceduto afferma che il credito esiste,

per un verso costituisce una dichiarazione ricognitiva relativa

all'esistenza del rapporto generatore del credito (consentendo, sotto tale profilo, la prova del contrario) e, per altro verso, ha valore confessorio in quanto afferma l'avvenuto e regolare

adempimento (con effetto vincolante per il dichiarante), onde

dovevano ritenersi prive di rilevanza le eccezioni fondate su as

serite anomalie di ordini e bolle di consegna relative alle fatture

cui si riferivano le accettazioni non contestate, a firma del dr.

Grosso, direttore amministrativo della Isotta Fraschini, per l'im

porto complessivo di lire 386.150.002;

D) né era esatto attribuire all'accettazione valore negoziale

(anziché di dichiarazione di scienza) per escluderne l'efficacia confessoria, posto che la cessione si perfeziona con l'accordo

tra cedente e cessionario e l'accettazione da parte del ceduto

non crea alcuna nuova obbligazione a carico di quest'ultimo;

E) neppure poteva essere accolta l'eccezione dell'opponente, secondo cui il dr. Grosso, quale direttore amministrtivo della

società, non aveva il potere di rappresentarla (nel 1982 era stato

conferito al Grosso dal consiglio di amministrazione il potere di rappresentanza nel settore amministrativo con analitica spe cificazione dei limiti di tale potere), posto che il direttore ammi

nistrativo di una s.p.a., cui il consiglio di amministrazione con

ferisce il potere di rappresentanza, acquista la qualità di diret

tore generale ai sensi dell'art. 2396 c.c. e quindi, nell'ambito

della sfera di competenza, assume gli stessi poteri e le stesse

responsabilità degli amministratori con i quali collabora, con

la conseguenza che non possono essere opposte ai terzi le limi

tazioni dei poteri di rappresentanza dei direttori generali nel

l'ambito del settore loro riservato dal mandato ai sensi dell'art.

2384 c.c. (salva la prova, nella specie inesistente, che i terzi

abbiano agito intenzionalmente a danno della società (art. 2384,

2° comma, c.c.);

F) in ogni caso, qualora un funzionario amministrativo di

una s.p.a. abbia esercitato di fatto le funzioni di amministrato

re e gli atti relativi non siano stati impugnati dalla società, essi

si devono ritenere tacitamente ratificati;

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1627 PARTE PRIMA 1628

G) per quanto riguardava le cessioni accettate per l'Isotta Fra

schini da persona non identificata (le accettazioni delle fatture

9, 11, 331 e 333 sono state disconosciute dall'opponente e la

CBI non ha dichiarato di volersene avvalere), la mancanza di

qualsiasi valore probatorio delle stesse non escludeva la validità

della cessione, ma importava unicamente che essa si intende no

tificata con la notifica del decreto ingiuntivo ed implicava la

proponibilità senza limiti delle eccezioni relative al rapporto di

provvista nei confronti del cessionario (non essendovi accetta

zione accompagnata da dichiarazione confessoria);

H) poiché tuttavia le contestazioni relative alle fatture sud

dette riguardavano unicamente le firme di accettazione, esse per devano ogni rilevanza di fronte alla prova dell'avvenuta conse

gna della merce, che risulta dalle relative bolle allegate alle ces

sioni, bolle che (per quanto riguarda le fatture 9 e 11) non solo

non erano state disconosciute ma erano state dichiarate veridi

che dalla stessa opponente, mentre, per ciò che concerneva le

bolle relative alle fatture 331 e 332, delle quali l'opponente af

fermava la totale falsità, esse risultavano timbrate dal servizio

di vigilanza della Isotta Fraschini e firmate dall'addetto al ser

vizio e la loro autenticità risultava dalla lettera 19 aprile 1985

della stessa opponente che ivi riassumeva le uniche inadempien ze della Elettro C. rispetto a tutti i contratti con essa conclusi;

I) rimaneva tuttavia aperto il problema delle contestazioni in

ordine ai ritardi ed agli altri inadempimenti della Elettro C., relativamente al quale si doveva osservare che: a) la domanda

di risoluzione poteva essere proposta solo nei confronti del

venditore-cedente; b) le prove testimoniali avevano dimostrato

che la venditrice non aveva adempiuto puntualmente a tutte le

obbligazioni assunte, fatto questo che giustificava la risoluzione

di quella parte di contratti ineseguiti per fatto e colpa della Elettro

C. e la sua condanna al risarcimento del danno quantificato,

per il ritardo, in lire 7.655.000 (tali inadempimenti riguardava no tuttavia forniture per le quali non era stata emessa fattura

zione e che erano estranee al contratto di factoring concluso

con la CBI, cui era opponibile solo il danno da mora, non con

testato nella entità indicata dalla Isotta Fraschini e relativo al

credito azionato con il decreto ingiuntivo 12 settembre 1985, che doveva essere revocato, con conseguente compensazione par ziale dei due crediti, non essendo peraltro accoglibile l'eccezio

ne relativa a presunti vizi o difetti, mai denunciati dalla Isotta

Fraschini nelle varie lettere di contestazioni dei ritardi e mai

dimostrati nella loro specificità);

L) doveva infine essere disattesa la domanda di manleva fon

data sul presupposto inesistente che i crediti ceduti non sussi

stessero.

Avverso detta sentenza proponeva un articolato appello la

Fincantieri-Cantieri navali italiani s.p.a. (nella sua qualità di

successore a titolo di particolare della opponente per acquisto di un suo ramo di azienda), censurando sia le tesi di diritto

che quelle di fatto accolte dal primo giudice e chiedendo quin di, in riforma della sentenza, l'accoglimento delle proprie oppo sizioni.

Si costituiva in giudizio la CBI Factor s.p.a., contestando

la fondatezza dell'impugnazione, della quale chiedeva il rigetto; non si costituivano invece la Elettro C. s.r.l. ed il fallimento

della medesima Elettro C. s.r.l., onde ne veniva dichiarata la

contumacia.

Precisate quindi le conclusioni definitive, la causa passava in

decisione all'udienza del 26 maggio 1993.

Motivi della decisione. — Devono in primo luogo essere esa

minati i motivi di appello concernenti il rapporto tra la Isotta

Fraschini (ora Fincantieri) e la CBI Factor s.p.a. Va osservato in primo luogo che l'appello proposto è princi

palmente diretto a dimostrare l'inesistenza di molte delle forni

ture di macchinari dalla Elettro C. alla Isotta Fraschini e quindi la correlativa inesistenza dei debiti dell'appellante, oggetto, nel

l'ambito del contratto di factoring, della cessione dalla Elettro

C. alla CBI, cessione che si assume realizzata mediante la falsi

ficazione o la duplicazione di «ordini» attribuiti alla Isotta Fra schini e delle relative bolle di consegna.

Ritiene il collegio che, nell'ambito del rapporto tra l'appel lante e la società di factoring, siano comunque irrilevanti, ai

fini del decidere, tutti quegli argomenti e quelle produzioni e

deduzioni diretti a dimostare la non effettuazione delle fornitu

re apparentemente risultanti dai documenti posti a fondamento

dei ricorsi per decreto ingiuntivo, nei limiti in cui tali forniture

Il Foro Italiano — 1995.

siano state oggetto delle dichiarazioni rese dalla Isotta Fraschini

(debitore ceduto) alla CBI (cessionaria). Tali dichiarazioni sono state rese rispettivamente in data 30

ottobre 1984 (relativamente alle fatture 290, 294, 297 per un

totale di lire 88.500.000), 16 novembre 1984 (relativamente alle

fatture da 309 a 314 per un totale di lire 168.150) e 4 dicembre

1984 (relativamente alle fatture 326 e 327 per un totale di lire

129.500.002): le prime due attengono al decreto ingiuntivo emesso

in data 24 aprile 1985 per lire 256.650.000 oltre accessori e spe

se, la terza al decreto ingiuntivo emesso in data 12 settembre

1985 per lire 420.048.452 (e quindi per un importo ben superio

re) oltre accessori e spese. Tali dichiarazioni sono del seguente tenore: «Con riferimento

alla cessione dei crediti elencati nella presente, concernenti for

niture regolarmente eseguite, Vi confermiamo che effettueremo

direttamente a voi, quali cessionari degli stessi, il pagamento

degli importi relativi, come di seguito specificato . . .».

L'appellante contesta, innanzi tutto, la riferibilità delle di

chiarazioni a se medesima sotto il profilo della carenza di poteri in capo al direttore amministrativo dr. Grosso, come sarebbe

provato dal verbale della seduta del consiglio di amministrazio

ne 5 aprile 1982, dal quale risulterebbe che, per atti quali quello in esame, era richiesta la firma abbinata con altro dirigente.

Il tribunale ha correttamente osservato al riguardo che il con

siglio di amministrazione, nel conferire, in quella sede, ampi

poteri di rappresentanza della società (quali risultano dall'elen

co analitico ivi contenuto) al direttore amministrativo dr. Gros

so, gli ha certamente attribuito la qualifica di direttore genera

le, che, deve aggiungersi secondo autorevole dottrina, compete a quei dirigenti i quali svolgano compiti, di alta direzione del

l'impresa o di un ramo di essa, propri degli amministratori:

ne consegue che, ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 2396 e 2384 c.c., non sono opponibili ai terzi le limitazioni

dei poteri inerenti alla sfera di competenza di tale direttore ge

nerale, anche se siano rese pubbliche (salva la prova che i terzi

abbiano agito intenzionalmente a danno della società).

L'appellante censura tale capo della sentenza sotto il profilo che i poteri vennero affidati al Grosso non dall'assemblea (co me richiederebbe l'art. 2396 cit.), ma dal consiglio di ammini

strazione; trascura tuttavia di considerare che tale norma si ri

ferisce «ai direttori nominati dall'assemblea o per disposizione dell'atto costitutivo» e che la Suprema corte ha ritenuto che

il consiglio di amministrazione può legittimamente nominare i

direttori generali, a meno che l'atto costitutivo (ma ciò nella

specie non viene né dimostrato né sostenuto) ne riservi la nomi

na all'assemblea (cfr. Cass. 18 luglio 1973, n. 2113, Foro it.,

1973, I, 2988). Ulteriori rilievi dell'appellante concernono la qualificazione

giuridica delle dichiarazioni rese dalla CBI Factor e le conse

guenze giuridiche che, in ordine alla posizione del debitore ce

duto, il tribunale ne ha tratto.

Va innanzi tutto disattesa l'osservazione dell'appellante, se

condo cui la dichiarazione in oggetto, nei termini sopra riporta

ti, sarebbe una mera clausola di stile.

Invero, se cosi fosse, poiché tale proposizione costituisce il

nucleo essenziale, per non dire l'elemento unico, della dichiara

zioe e la caratteristica delle clausole di stile è quella di non esse

re realmente volute, se ne dovrebbe arguire che la Isotta Fra

schini non ha realmente voluto l'intera dichiarazione resa in

ordine all'impegno di pagamento assunto nei confronti del fac tor ed alla regolare esecuzione delle forniture: il che ovviamente

rimane tutto da dimostrare, a meno di volere dedurre la natura

di stile della dichiarazione dal solo fatto che essa trovasi in un

modulo predisposto. Può invece condividersi la tesi che, nella specie, ci si trove

rebbe al cospetto di un semplice riconoscimento di debito, anzi

ché, secondo quanto ritenuto dal tribunale, di un riconoscimen

to di debito (manifestazione di volontà concretatasi nell'impe

gno di pagamento assunto verso la cessionaria) seguito da una

confessione (dichiarazione di scienza di un fatto a sé sfavorevo

le concretatosi nell'attestazione di regolare esecuzione delle for

niture). Da tale ultima qualifica il tribunale ha tratto la conseguenza

dell'impossibilità per l'opponente di provare fatti contrari al con

tenuto della dichiarazione confessoria (e cioè la non effettuazio ne di buona parte delle forniture stesse).

Invero, per quanto sia tormentata la discussione in ordine

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

alla natura dell'accettazione di cui all'art. 1264 c.c., del ricono

scimento del debito (semplice o titolato) e della confessione non

ché in ordine ai reciproci rapporti ed ai criteri distintivi tra tali

figure, ritiene il collegio, sulla scorta della giurisprudenza asso

lutamente prevalente e di buona parte della dottrina, di potere

pervenire alla seguente duplice conclusione:

a) la dichiarazione di voler provvedere al pagamento del de

bito nelle mani del cessionario costituisce null'altro che l'accet

tazione della cessione, se si considera che quest'ultima significa solamente prendere atto del mutamento e che essa nulla aggiun

ge quindi al contenuto proprio dell'accettazione;

b) tale accettazione costituisce riconoscimento di debito, che

può essere, come nella specie, titolata (contenendo la menzione

delle forniture regolarmente eseguite), senza che la dichiarazio

ne relativa integri una confessione e ciò per l'essenziale rilievo

che essa è diretta non all'attestazione di fatti sfavorevoli al di

chiarante ma a manifestare la volontà del promittente (cfr. Cass.

31 gennaio 1975, n. 363, id., Rep. 1975, voce Promesse unilate

rali, n. 6; 18 febbraio 1977, n. 735, id., Rep. 1977, voce cit., n. 4; App. Milano 29 marzo 1988, id., Rep. 1990, voce Con

tratto in genere, n. 195). Avuto quindi riguardo al semplice contratto di cessione, si

dovrebbe concludere nel senso che, ai sensi dell'art. 1988 c.c.

e del conseguente principio dell'astrazione processuale, la di

chiarante Isotta Fraschini dovrebbe essere ammessa a provare che quelle forniture non vennero eseguite e che quindi il credito

ceduto non esisteva.

Ma, se si spinge lo sguardo più a fondo, come ha fatto il

tribunale, e l'avvenuta cessione dei crediti viene esattamente col

locata nel contesto del contrasto di factoring, le conclusioni ne

cessariamente mutano.

Com'è noto, pur constando tale contratto di un nucleo essen

ziale, esso può presentare, numerose varianti che ne fanno un

contratto a causa complessa: esso ha tuttavia soprattutto, come

non è contestato essere avvenuto nella fattispecie, la funzione

essenziale di finanziamento mediante anticipazioni sui crediti, ceduti pro soluto al factor e quindi con assunzione del rischio

da parte di quest'ultimo. Se ciò è vero, molto opportunamente il tribunale, dopo avere

rilevato che il factoring, contratto complesso ed atipico, si at

tua mediante la cessione dei crediti (tanto che da taluni viene

qualificato come contratto «normativo» o accordo quadro), ma

non si esaurisce in essa, ha sottolineato che la funzione di fi

nanziamento indicata, con conseguente esposizione del factor, non può non riflettersi in un obbligo particolarmente intenso

a carico del debitore ceduto di comportarsi secondo buona fede.

Ciò perché questi è necessariamente consapevole che le pro

prie dichiarazioni, in ordine alla esistenza della obbligazione dalla quale deriva il suo debito, non possono non essere decisive cir

ca l'accettazione della cessione pro soluto da parte del factor e le correlative anticipazioni sui crediti.

Non sembra dubbio quindi che i principi di correttezza (art. 1175 c.c.) e di buona fede (art. 1375 c.c.), sulla cui sostanziale

coincidenza e sulla cui forza espansiva anche al di fuori della

materia dei contratti e delle obbligazioni in forza del criterio

di solidarietà di cui all'art. 2 Cost, concordano ormai larga par te della dottrina e della giurisprudenza, impongono un dovere di diligenza e di verità in ordine a situazioni che siano tali da determinare nella altra parte un ragionevole affidamento (cfr. Cass. 27 ottobre 1961, n. 2425, id.. Rep. 1961, voce Obbliga

zioni e contratti, n. 136; 18 febbraio 1986, n. 950, id., Rep.

1986, voce Revocazione (giudizio di), nn. 9, 18 e 10 aprile 1986, n. 2500, id., Rep. 1986, voce Contratto in genere, nn. 340, 341,

secondo cui anche la mera inerzia, che ostacoli il soddisfaci

mento del diritto della controparte, può essere in contrasto con

tali principi). Felicemente si è osservato che il principio di correttezza si

esprime nel dovere del debitore di salvaguardare l'utilità del cre

ditore nei limiti in cui ciò non importi un apprezzabile sacrificio a suo carico (formulazione particolarmente adatta alla fattispe

cie) e che la funzione dei due principi congiunti sarebbe quella di offrire un criterio scriminante della legittimità o meno di un certo comportamento anche aldilà delle formulazioni di stretto

diritto. Con riferimento al caso di specie ed avuto riguardo alla cir

costanza che il cessionario ha erogato ingenti somme di denaro

sulla base del ragionevole affidamento, determinato dalle citate

dichiarazioni, circa l'esistenza del proprio debito, si deve neces

II Foro Italiano — 1995.

sanamente concludere che il successivo assunto del debitore ce

duto, circa d'inesistenza del rapporto obbligatorio, non può es

sere opposto al cessionario medesimo pena la violazione dei prin

cipi generali suenunciati.

Anche a non volere ammettere la cittadinanza nel nostro or

dinamento della figura, propria dell'ordinamento tedesco, se condo cui il titolare del diritto, che ingenera nel controinteres

sato l'affidamento circa il non esercizio del proprio diritto, «abu

sa del diritto» se successivamente pretende di esercitarlo, la

suesposta conclusione trova appagante fondamento in teorie e

figure largamente o universalmente accettate, quali:

a) l'eccezione di «dolo generale» secondo cui il far valere un

proprio fondato diritto risulta, in determinate circostanze, do

loso e scorretto, per cui in particolare deve ritenersi vietato eser

citare tale diritto ed invocare una disposizione a sé favorevole

quando ciò sia in contrasto con un comportamento tenuto in

precedenza (non v'è dubbio che l'assunto che l'appellante inten

de dimostrare contrasti con il precedente comportamento) (per una sostanziale applicazione di tale figura si veda Cass. 8 no

vembre 1984, n. 5639, id., Rep. 1984, voce cit., n. 265; ed alcu

ne pronunce di merito soprattutto in materia di contratto auto

nomo di garanzia);

ti) la configurabilità nel predetto comportamento, invece, del

l'oggettivo abuso del diritto sopra menzionato, di un soggettivo intento di rinunzia al diritto desunto da comportamento conclu

dente (quale sarebbe per l'appunto, nella specie, l'attestazione

della regolare esecuzione delle forniture congiunta alla confer

ma di voler pagare a mani del cessionario);

e) il principio dell'«apparenza del diritto», ormai consolida

to, in forza del quale viene negata la possibilità di provare l'ine

sistenza di una determinata situazione a colui che ha indotto

altri a fare affidamento incolpevole sull'esistenza di tale situa

zione (quindi, nella specie, sull'esistenza delle forniture e dei

relativi crediti); d) inquadramento della dichiarazione del cessionario (venuto

a conoscenza della mutata titolarità del credito) nell'ambito del

l'obbligo di informazione, che si fonda pur sempre sull'art. 1175

c.c. (cfr. la già citata Cass. 2500/86) e che ha ad oggetto le

circostanze note e quelle conoscibili con l'ordinaria diligenza. Si tratta in definitiva, in ogni caso, di ipotesi nelle quali si

determina la perdita di una certa facoltà, astrattamente ricono

sciuta dall'ordinamento, in conseguenza di un comportamento tenuto nell'ambito del rapporto cui quella facoltà si ricollega, in quanto il relativo esercizio viene a porsi, a causa di quel

comportamento, in violazione di clausole generali dell'ordi

namento.

Contrariamente a quanto sostenuto dall'appellante, non si vede

poi quale ulteriore dovere di indagine circa l'esistenza del credi

to, possa essere imposto al cessionrio, una volta da questi otte

nuta dal debitore ceduto — e quindi dal controinteressato —

la dichiarazione attestante tale esistenza.

Alla stregua delle suesposte considrazioni deve quindi ritener

si inopponibile dall'Isotta Fraschini alla CBI l'eventuale inesi stenza delle forniture e quindi del debito, con conseguente rico

noscimento della fondatezza della domanda relativamente a tut

ti quei crediti coperti dalle dichiarazioni di cui si è discusso (ed analiticamente già indicati). (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato

il 22-26 settembre 1992, il fallimento Saimi s.r.l. conveniva in

giudizio la CBI Factor s.p.a. esponendo: — che la Saimi s.r.l., dichiarata fallita in data 12 febbraio

1988, aveva intrattenuto fino alla dichiarazione di fallimento rapporto di factoring con la società CBI Factor s.p.a., corrente

in Milano, in virtù di contratto concluso in data 1° settembre

1986; — che in forza del contratto di factoring la Saimi cedeva

alla CBI Factor i crediti presenti e futuri derivanti da forniture

di beni o prestazioni di servizi ai propri clienti (rectius: debitori); — che a seguito del fallimento della Saimi il factor aveva

continuato a procedere all'incasso dei crediti dei terzi debitori,

trattenendo e compensando l'importo intero dei crediti ceduti

ed incassati con i propri crediti, vantati in forza del rapporto

di factoring nei confronti della Saimi per interessi sulle antici pazioni, commisioni di factoring e spese;

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1631 PARTE PRIMA 1632

— che l'importo delle somme cosi' compensate ammontava

a lire 26.308.567 e che la controparte, richiesta dal fallimento

del relativo pagamento aveva dichiarato di nulla dovere, speci ficando che solo parte delle somme pretese erano state effetti

vamente incassate e che comunque per il residuo si sarebbe trat

tato di somme di esclusiva pertinenza della convenuta, giacché afferenti a crediti ceduti in data anteriore al fallimento;

— che, a prescindere dal pur assorbente rilievo del mancato

rispetto da parte di CBI Factor delle formalità necessarie per rendere dette cessioni di credito opponibili al fallimento, era

comunque da contestarsi che dette somme, incassate dopo la

pronuncia di fallimento, non spettassero alla procedura sul pre

supposto che l'art. 56 1. fall, può operare solo allorché i crediti

contrapposti siano preesistenti al fallimento.

Tanto premesso chiedeva che il tribunale 1) accertasse e di

chiarasse che per effetto della dichiarazione di fallimento della

Saimi s.r.l. il contratto di factoring concluso fra questa e la

CBI Factor s.p.a. si era sciolto; 2) accertasse e dichiarasse la

non opponibilità alla massa fallimentare delle compensazioni effettuate successivamente alla data del fallimento da CBI Fac

tor nei confronti della Saimi s.r.l.; 3) accertasse e dichiarasse

che tutte le somme incassate da CBI Factor in data successiva

alla dichiarazione di fallimento nell'ambito del rapporto di fac

toring per cui è causa nell'ammontare di lire 26.308.567 o nel

diverso importo risultando in causa, sono di esclusiva pertinen za del fallimento; 4) condannasse conseguentemente CBI Factor

alla loro rifusione alla massa fallimentare, integrate da interessi

e maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, 2°

comma, c.c., dal singolo incasso da parte del factor alla effetti

va apprensione da parte della curatela; 5) accertasse e dichiaras

se che CBI Factor è tenuta al rendimento del conto ex art. 1713

c.c. alla Saimi s.r.l. e per essa al suo fallimento, il tutto con

vittoria di spese. (Omissis) Motivi della decisione. — Risulta dai documenti versati in

atti che in data 1° settembre 1986 fra la Saimi s.r.l. e la CBI

Factor s.p.a. venne concluso un contratto di factoring in virtù

del quale: — Saimi s.r.l. cedeva a CBI Factor tutti i crediti presenti

e futuri derivanti da forniture di beni e prestazioni di servizi

ai propri acquirenti (art. 1 del contratto); — CBI Factor acquistava tutti i crediti verso gli acquirenti

che non avesse espressamente rifiutato, impegnandosi a svolge re, per i crediti acquistati, un servizio di contabilizzazione, ri

scossione ed eventuale contenzioso, nonché, a propria discre

zione ed ove il «fornitore» lo avesse chiesto, altresì' l'effettua

zione di anticipazioni sui versamenti del corrispettivo dei crediti

rispetto alla scadenza, alle condizioni dettagliate agli art. 16 e

17 della scheda contrattuale, e nella misura ritenuta opportuna; si prevedeva altresì' la possibilità per il fornitore di richiedere

a CBI Factor l'assunzione del rischio della insolvenza di alcuni

crediti e la facoltà per il factor di assumere detto rischio, alle condizioni precisate all'art. 13 del contratto medsimo;

— si prevedevano (art. 15) i compensi dovuti alla CBI Factor

per l'attività prestata, per commissioni e rimborso spese, con la precisazione che per i versamenti anticipati del corrispettivo dei crediti era dovuto un compenso ulteriore, sino all'effettivo

pagamento da parte del cliente; si specificava altresì' che si sa

rebbero dovute corrispondere dette somme entro venti giorni dall'invio del documento di addebito da parte della CBI Factor.

Orbene, tale essendo, nelle grandi linee, l'oggetto del contrat

to, sostiene il fallimento attore che la cessione di credito verreb

be a svolgere, nel sinallagma contrattuale, una funzione stru

mentale ed accessoria rispetto alla gestione dei servizi assicurati

dal factor, si' che l'intero negozio andrebbe inquadrato nello

schema del mandato; per contro, secondo l'impostazione difen

siva di parte convenuta, il momento finanziario spiegherebbe tutt'ora rilevanza centrale rispetto a quello gestionale, la cessio ne dei crediti avrebbe causa vedendi ed i servizi accessori offerti dal factor presenterebbero caratteristiche di marginalità, non po tendo connotare specificamente il negozio.

Ritiene questo collegio che l'inquadramento dogmatico dell'i

stituto giuridico non possa prescindere da una attenta valuta zione del sotteso fenomeno, nella sua dimensione pratica ed eco nomica.

Il factoring, come è noto, è una formula operativa, origina ria del mondo anglosassone ed importato nel nostro paese in

tempi relativamente recenti e non in tutte le sue forme, che può

li Foro Italiano — 1995.

atteggiarsi con ampia libertà ed assumere connotazioni netta

mente differenziate.

E pertanto, mentre nell'oW line, detto anche conventional fac

toring, il factor presta in forma congiunta i servizi di gestione dei crediti, concessione di garanzia del buon fine del pagamento e di erogazione di anticipazioni a fronte dei crediti ceduti (per i crediti «approvati»), di norma prevedendosi la necessità di

notifica della cessione ai debitori, e l'esclusiva della cessione

in favore del factor, il maturity factoring non prevede l'effet

tuazione di anticipazioni e i crediti ceduti vengono pagati al

cedente a mano a mano che vengono incassati dai debitori, op

pure a una scadenza media concordata fra factor e cedente; nel with recourse factoring il factor presta all'impresa i servizi

dell'oW line ad eccezione della garanzia contro il rischio di in

solvenza e, in caso di insolvenza del debitore ceduto, l'impresa cedente è tenuta a rimborsare al factor gli anticipi ottenuti, uni

tamente agli interessi maturati; poco diffuso è per contro nel

nostro paese, il non notification factoring, nel quale l'operazio ne non prevede l'invio di comunicazione al debitore della avve

nuta cessione, ed il factor si limita a concedere al fornitore anti

cipazioni sui crediti ceduti, rispondendo eventualmente del loro

buon fine, ciò presupponendo una previa valutazione di affida

bilità del cedente da parte del factor, e l'esistenza di una con

troparte che abbia manifestato di non gradire la cessione.

Tralasciando una possibile ulteriore elencazione di tipologie

configurabili ed operative, da quanto si è premesso ben può trarsi la conclusione della inattuabilità di una configurazione unitaria di un istituto che si presenta, nella sua oggettività, con

caratteristiche eterogenee, rispondendo a molteplici funzionalità.

Eppertanto, mentre nell'o/cf line il factor assume per il forni

tore una posizione centrale, trasformando in buona sostanza

la vendita a credito in vendita in contanti e provvedendo ad

una gestione integrale dei crediti, col maturity manca il momen

to del finanziamento e prevale il c.d. momento organizzativo

gestionale della riscossione; il factor with resourse manca del

solo aspetto assicurativo dei crediti commerciali, evidentemente

per imprese che disponendo di una clientela selezionata non

avrebbero la necessità di ottenere la copertura contro l'insol

venza, mentre il non notification risponde alle esigenze di una

impresa che non intendeva rinunziare alla gestione diretta dei

propri crediti, alle proprie consuetudini operative e al rapporto con la clientela.

Donde l'impossibilità di ricostruire unitariamente una fatti

specie contrattuale insuscettibile di una rigida tipizzazione; con

siderazione ben ricavabile dalla recente Cass., sez. un., 10 gen naio 1992, n. 198 (Foro it., 1992, I, 1110) che, con riferimento al tipo contrattuale che ci occupa, ha dichiarato trattarsi di «con

venzione complessa» rispondente a una molteplicità di funzioni

economiche, inquadrabile in una vera e propria forma di coo

perazione nella gestione dell'impresa, attuante un «servizio», ovvero una utilità, che possiede una identità specifica, idonea

a soddisfare i particolari bisogni delle imprese committenti e

suscettibile di valutazione economica; con ciò, sollecitando l'in

terprete ad una indagine da svolgersi caso per caso, evitando

astratte generalizzazioni che non possono rispondere a moltepli ci concrete configurazioni.

Ritornando, pertanto, all'esame della scheda contrattuale per la quale è causa, ed esaminate le clausole che in essa sono con

tenute, il collegio reputa di poter con tranquillante certezza af

fermare che, nel caso specifico, che può inquadrarsi nell'oW line factoring del quale si è detto, le parti abbiano voluto attua

re una cessione completa e globale mediante un unico negozio immediatamente efficace inter partes di tutti crediti presenti e

futuri nella Saimi, con facoltà di anticipazione e finanziamento

per gli «approvati» e previsione di contabilizzazione degli stessi da parte del factor.

Pur essendo molteplici le prestazioni da parte del factor, pure è innegabile, muovendo dalla lettura di tutte le clausole ivi con

tenute, che il momento della cessione dei crediti avesse l'assolu ta prevalenza sulle ulteriori funzioni del negozio: deve essere

opportunamente considerato che l'oggetto del contratto era (art.

1) espressamente indicato nella «cessione dei crediti» del forni tore e che nelle prestazioni della CBI Factor (art. 2) si prevede va al primo punto «l'acquisto» dei predetti crediti, solo succes

sivamente richiamandosi il servizio di contabilizzazione, riscos sione ed eventuale contenzioso (punto 2), la facoltà di effettuare

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Page 8: sentenza 25 gennaio 1994; Pres. ed est. Odorisio; Soc. Fincantieri (Avv. Etteri) c. Soc. CBI Factor (Avv. Piras)

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

anticipazione rispetto al versamento dei corrispettivi rispetto al

la scadenza dei crediti (punto 3) e l'assunzione, pure eventuale

e per crediti specificamente indicati, del rischio della insolvenza

(punto 4). Né può trascurarsi il rilievo del ripetuto utilizzo del termine

«corrispettivo» (v. punto 3, art. 2, n. 2, dell'art. 15, n. 1 del

l'art. 16, n. 1 dell'art. 17) per indicare il compenso dovuto al

factor in relazione alla cessione (accezione che, come è noto, tradizionalmente indica il prezzo dell'oggetto della vendita) va

lore che è ovviamente pari ad un quid minus rispetto all'impor to pagato dal ceduto, dovendo remunerare l'opera del factor.

Coerente alla costruzione del contratto incentrato sulla ces

sione causa vendendi è la disciplina delle obbligazioni assunte

dalle parti: e cosi è previsto che il fornitore non possa modifica

re le condizioni della vendita senza il consenso scritto (art. 5) del factor, che per contro ha facoltà di accogliere, nel ricevere

i pagamenti dei crediti, sconti, deduzioni ed abbuoni (art. 18); è prevista del pari la facoltà per il factor di agire contro il debi

tore moroso (art. 18, n. 3), circostanze che ben si spiegano con

l'appartenenza del credito al cessionario.

Peraltro, la specificazione che si è premessa in merito alla

molteplicità delle funzioni cui il factoring è chiamato a rispon dere (funzioni di cooperazione gestionale, di finanziamento, di

gestione del credito) che, diversamente atteggiandosi nelle fatti

specie concrete, richiamano l'applicabilità, a seconda dei casi, dell'una o dell'altra normativa, dettata per le figure tipiche di

contratto cui più esso è assimilabile, in concreto, impone nella

soluzione del problema specifico che si propone nella fattispecie

(opponibilità del contratto e delle cessioni che lo connotano al

fallimento del cedente), la massima aderenza al testo contrat

tuale specifico, che risolve il dubbio interpretativo nella sua

radice.

È infatti espressamente previsto (art. 19 del contratto) che

le ragioni reciproche di credito e debito fra le parti vengono

registrate in conti, tenuti dal factor, che è tenuto al periodico invio della relativa documentazione al fornitore; è altrettanto

testualmente previsto (n. 2 dell'art. 19) che tali debiti e crediti

siano connessi e non si compensino fra loro.

Chiaro è, a questo punto, lo svolgimento del rapporto che

le parti hanno liberamente determinato: ferma l'efficacia trasla

tiva immediata tra le parti del contratto di cessione, che è unico

e si perfeziona con lo scambio dei compensi, quanto ai crediti

futuri il trasferimento si verifica immediatamente col venire ad

esistenza degli stessi ed il factor può altrettettanto immediata

mente compensare le proprie ragioni di credito verso il fornito

re con propri debiti che traggano origine dalla cessione, senza

necessità di adottare alcuna formalità che non sia quella, suc

cessiva, della comunicazione al fornitore.

Quid iuris se ne intervenga il fallimento? La scheda contrattuale ha previsto (art. 20, n. 3) che il con

tratto si sciolga di diritto, ma chiara è la volontà delle parti di rendere insensibili al fallimento quelle opeazioni che, traendo

origine dal contratto, abbiano dato causa a posizioni di debito

credito reciproche che in quanto connesse si elidono con l'im

mediata compensazione. Il che, oltre a rispondere ad intuitive esigenze di equità, trova

un autorevole avallo in principi giurisprudenziali che il Supre mo collegio ha enunciato, sia pur non con riferimento al con

tratto di factoring, bensì alla cessione di credito, che pur sem

pre nel precedente, comunque lo si voglia inquadrare, è com

presa, e cosi Cass. 19 novembre 1987, n. 8505 (id., Rep. 1988, voce Fallimento, n. 435) ha sancito l'ammissibilità di tale com

pensazione operata prima del fallimento del cedente, seppure il pagamento segua lo stesso; nello stesso senso si era pronun ciata Cass. 24 ottobre 1975, n. 3519 (id., Rep. 1976, voce cit.,

n. 180); 20 marzo 1991, n. 3006 (id., Rep. 1991, voce cit., n. 339); sez. I 4 novembre 1992, n. 11966 (id., Rep. 1993, voce cit., n. 409) e già Cass. 12 marzo 1984, n. 1689 (id., Rep. 1984, voce cit., n. 424), nonostante l'inquadramento della figura nella

tipologia del mandato.

Deve pertanto ritenersi che legittimamente il factor abbia in

cassato, per crediti scaturenti dal contratto di factoring dopo il fallimento del cedente in relazione a cessione di credito perfe zionatasi prima del fallimento, altresì' legittimamente operando le relative compensazioni (nello stesso senso, recentemente App. Genova 22 ottobre 1992 n. 209, in riforma della pronuncia di

questo tribunale 17 luglio 1991, n. 2304, id., Rep. 1992, voce

cit., nn. 348, 478).

Il Foro Italiano — 1995.

Fermo restando quanto sopra, non può trarsene, con parte

convenuta, l'inaccettabile conclusione che tale previsione con

trattuale possa esonerare il factor dall'osservanza delle formali

tà richieste dalla legge per rendere la cessione opponibile al fal

limento.

Come è noto, l'art. 2914 c.c. dispone che non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che inter

vengono nella esecuzione, i crediti che siano stati notificati al

debitore ceduto o accettati dallo stesso successivamente al pi

gnoramento. Stante la notoria equiparazione del fallimento al pignoramen

to generale sul patrimonio del fallito in favore della massa falli

mentare, devono scindersi i momenti di perfezionamento del

contratto di factoring fra le parti rispetto al sempre successivo

momento della sua efficacia nei confronti del ceduto e nei con

fronti dei terzi (cui il fallimento del cedente è equiparato), cia

scuno seguendo la sorte delle previsioni normative specifiche,

derogabili dalla disciplina pattizia con effetti limitati ai paciscenti. Eppertanto, il convenuto factor potrà efficacemente opporre

al fallimento attore quelle (e solo quelle) cessioni che siano state

notificate ai ceduti, ovvero da loro accettate, prima del fal

limento.

L'evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale più attenta alla

sostanziale realtà del fenomeno sul quale si va ad incidere, han

no da tempo affermato che, nella specie, non alla notificazione

in senso tecnico-giuridico la norma abbia voluto far riferimen

to, bensì ad ogni comunicazione che abbia data certa (cosi già Cass. 4 febbraio 1969, n. 341, id., 1969, I, 1892; 20 novembre

1976, n. 4372, id., Rep. 1976, voce Cessione dei crediti, n. 2; 13 settembre 1977, n. 3959, id., Rep. 1977, voce cit., n. 8; e

App. Milano 21 febbraio 1975, id., Rep. 1976, voce cit., n. 3, oltre ad una molteplicità di pronunzie di giudici di prime cure fra le quali, per tutte, Trib. Milano 7 ottobre 1985, id.,

1987, voce cit., n. 186) giacché, diversamente opinando, l'istitu

to verrebbe ad essere svuotato di utilità, comportando oneri

economici gravosissimi e la certa paralisi degli uffici preposti alla attività di notificazione.

Deve pertanto ritenersi che ai fini dell'opponibilità al falli

mento attore, debba fornirsi prova di data certa della comuni

cazione della cessione o della accettazione da parte del ceduto, ovviamente quest'ultima anche se sprovvista di requisiti forma

li. (Omissis)

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 16 febbraio 1995; Pres. Lo Turco, Est. Crescenzi; Atac (Aw. Cappella) c. Soc. De

Simon (Avv. Ermetes).

TRIBUNALE DI ROMA;

Contratti e obbligazioni della pubblica amministrazione — Azien

da municipalizzata — Fornitura di autobus — Corrispettivo — Revisione pattizia — Misura — Nullità — Estremi (L. 26

febbraio 1986 n. 41, disposizioni per la formazione del bilan

cio annuale e poliennale dello Stato (legge finanziaria 1986), art. 33).

È nulla la clausola del contratto di fornitura di autobus, con

cluso a trattativa privata con azienda municipalizzata, che pre vede la revisione del corrispettivo pattuito nel caso di aumen

to (o diminuzione) dello stesso, in misura superiore al cinque

anziché al dieci per cento. (1)

(1) 11 tribunale è giunto alla conclusione riassunta in massima appli cando alla fattispecie le previsioni dell'art. 33 1. 26 febbraio 1986 n.

41, abrogato dall'art. 26, n. 2, 1. 11 febbraio 1994 n. 109 (su cui Mari

nelli, La nuova disciplina degli appalti e dei servizi pubblici, Jovene,

Napoli, 1994, 171 ss.), sul rilievo che, nonostante il riferimento all'«ag

giudicazione» contenuto nel n. 3 del ridetto art. 33, lo stesso fosse ap

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