sentenza 25 gennaio 2006; Giud. Molè; Prudente (Avv. Marsiglia) c. Min. giustizia (Avv. delloStato)Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2006), pp. 2231/2232-2237/2238Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23202129 .
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PARTE PRIMA 2232
prensibile — attese appunto le precarissime condizioni della re
clamante — ma giuridicamente del tutto infondata.
Da qui anche l'assoluta inconferenza della «sopravvenienza» dedotta dalla reclamante, l'offerta d'acquisto dei propri segni distintivi da parte di altra società (la «cartula» esibita al riguar do, a firma «Sapri calcio s.p.a.», ed attestante in ogni caso una
mera inizialissima manifestazione d'interesse, non ha però al
cun valore probatorio, anche meramente indiziario, attesa l'as
soluta incertezza circa la provenienza e la data). Né può trascurarsi, infine, che la decisione di merito — come
dedotto nel corso del procedimento di reclamo — è ormai im
minente (e certo non compete al collegio valutare gli eventuali
vizi processuali deducibili solo in quella sede), il che pure con
corre ad escludere il periculum.
descrittiva del servizio reso, assume per la composizione dei
due termini una caratterizzazione autonoma che imprime al
marchio una novità e una capacità distintiva tali da renderlo si
curamente registrabile, sicuramente in misura maggiore rispetto al marchio contenente la sola parola Salernitana.
La portata di originalità e di capacità distintiva del marchio in
oggetto deriva non soltanto dall'aver posto in sequenza logica due parole tra di loro non collegate, oltre un numero chiara
mente riferito ad un anno, ma anche dall'aver creato una se
quenza anomala rispetto all'uso corrente della lingua italiana.
Può richiamarsi, per profili di affinità, Trib. Napoli 16 marzo 2004, nonché Corte giust. 20 settembre 2001, causa C-383/99 P, caso Baby-dry, id., Rep. 2002, voce Unione europea, nn. 1542, 1543. Quest'ultima sentenza ha affermato la registrabilità quale marchio comunitario del sintagma Baby Dry, composto, non di
versamente che nel caso in esame, di termini inidonei di per sé
soli a poter costituire un valido marchio registrabile. La corte ha ritenuto che proprio la combinazione tra i due
lemmi, la loro collocazione grammaticale in maniera anomala
rispetto all'utilizzo normalmente fatto nella lingua corrente di
provenienza delle parole, fossero idonee a conferire quel carat
tere di novità ed originalità tale da legittimare il riconoscimento
quale valido marchio.
Pertanto anche sotto tale profilo le difese della reclamante
vanno respinte (mentre non ha alcun pregio, né richiede parti colare confutazione, il richiamo alle indicazioni geografiche).
8. - Quanto precede è sufficiente per il rigetto della domanda
cautelare.
Per completezza deve però ribadirsi che non si riscontra, nella
specie, neanche il periculum in mora, il danno da ritardo del
processo a cognizione piena, che costituisce — con il fumus —
l'indefettibile presupposto della tutela cautelare.
In particolare, in diritto, va ribadito che l'accertamento del
periculum in mora è necessario anche per i procedimenti tipici e
atipici industrialistici (che oltretutto sono tra i più rilevanti pro cedimenti cautelari previsti dall'ordinamento), oltretutto per la
tutela atipica, invocata anche nella specie, trova diretta applica zione l'art. 700 c.p.c., che richiede espressamente il riscontro di
un pregiudizio imminente ed irreparabile. La teoria del periculum in re ipsa è infatti ormai quasi del
tutto superata in giurisprudenza; v. — quanto a questo tribunale
— Trib. Napoli 20 aprile 2004, id., 2005, I, 924, e (in motiva zione) 17 dicembre 2003, id., 2004,1, 615.
Così anche la dottrina, ivi compreso l'illustre autore non pre cisamente richiamato dal reclamante, il quale (peraltro discuti
bilmente) reputa che il periculum sia presunto dalla legge solo
per i procedimenti di descrizione, non certo per inibitoria e se
questro.
Beninteso, il periculum industrialistico si fonda su di una va
lutazione comparativa degli interessi contrapposti delle parti, e
ben può indentificarsi — nel rischio di un pregiudizio anche solo patrimoniale per l'istante, purché significativo e suscetti bile di sviluppi imprevedibili o incontrollabili, ovvero nella dif
ficoltà probatoria di quantificare il dannò nel successivo giudi zio di merito.
Nel caso di specie, in punto di fatto, possono essere richia mate le ampie deduzioni al riguardo del provvedimento recla
mato, che appunto ha risolutamente escluso la configurabilità del periculum in mora, atteso che nulla ha concretamente repli cato al riguardo la reclamante.
Merita però osservare che, a ben guardare, Salernitana sport non deduce affatto un rischio di infruttuosità o da tardività (così richiamandosi una nota tipizzazione), e tantomeno un danno su
scettibile di espansione incontrollabile.
Deve ricordarsi, infatti, che la reclamante è titolare — ormai — di una squadra calcistica non più federata alla Fgci, che mi lita nel girone dilettanti, sostanzialmente priva di patrimonio, di cui è concretamente prospettato il fallimento.
A fronte di tale gravissima situazione patrimoniale (e non
solo) la domanda cautelare è funzionale, essenzialmente, ad at tribuire un plusvalore economico ai propri segni distintivi (di cui la reclamante offre una quantificazione su basi non meglio precisate, comunque palesemente del tutto eccessiva). Ciò però a mezzo della sostanziale paralizzazione dei segni distintivi
della società resistente (peraltro società patrimonialmente ca
piente, titolare di una squadra militante nel girone CI). Si tratta di un'operazione complessa economicamente com
II Foro Italiano — 2006.
TRIBUNALE DI NAPOLI; sentenza 25 gennaio 2006; Giud. Mole; Prudente (Avv. Marsiglia) c. Min. giustizia (Avv. dello Stato).
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Direttore di
cancelleria — Reggenza — Diritto alle differenze retribu
tive (D.leg. 30 marzo 2001 n. 165, norme generali sull'ordi
namento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche, art. 52).
Posto che l'istituto della reggenza differisce dalla sostituzione, il direttore di cancelleria che sia stato adibito a reggere un
ufficio dirigenziale per un congruo periodo di tempo ha di
ritto alla corresponsione delle relative differenze retributi
ve. (1)
(1) I. - La sentenza in epigrafe applica il principio affermato in sede
d'interpretazione del contratto collettivo per il comparto «ministeri» da Cass. 17 marzo 2005, n. 5892, Foro it., Mass., 370, secondo cui la
posizione economica C3 non comprende l'espletamento delle funzioni di reggenza della superiore posizione lavorativa di dirigente di unità
organizzativa complessa per vacanza del relativo posto. L'incarico di
reggenza svolto dal direttore di cancelleria (il cui profilo afferisce alla
posizione economica C3) concreta, di conseguenza, l'esercizio delle mansioni superiori di dirigente. Contra, in relazione al regolamento della dirigenza adottato dall'Inps, Trib. Milano 24 luglio 2003, id..
Rep. 2004, voce Impiegato dello Stato, n. 571 (e Informazione prev., 2003, 1170), secondo cui la mera reggenza non concreta esercizio,di mansioni dirigenziali e trova adeguata remunerazione nella specifica indennità di funzione: in termini, più in generale, Trib. Rimini 10
giugno 2004, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 784 (e Lavoro nelle p.a.. 2004, 904, con nota di M. Ferretti).
II. - La sentenza individua il presupposto della reggenza nella vacanza della titolarità dell'ufficio dirigenziale, là dove la sostituzione
postula l'assenza o l'impedimento del titolare. In base a questa distinzione, il giudicante ha ravvisato da parte del
direttore di cancelleria ricorrente l'espletamento in modo prevalente —
sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale — delle mansioni
corrispondenti alla superiore qualifica di dirigente di struttura
complessa ed ha richiamato l'applicazione dell'art. 52 d.leg. n. 165 del
2001, che connette rilevanza economica alle mansioni più pregiate. Va, tuttavia, rilevato che l'art. 52 d.leg. 165/01 riconosce il diritto al
trattamento previsto per la qualifica superiore anche «nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la durata dell'as senza» (art. 52, 2° comma, lett. b).
Sulla remunerabilità delle mansioni superiori svolte dal pubblico dipendente, v. A.M. Perrino, nota a Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo 2006, n. 3, in questo fascicolo, III, 385.
III. - La reggenza, unitamente al conferimento di posizioni orga nizzative e all'istituto della vicedirigenza, sembra rispondere all'esi
genza, di dare sistemazióne a funzioni, poteri e attività che si collocano nell'area che separa i dirigenti dagli altri lavoratori pubblici.
In argomento, sull'esclusione della necessaria previsione, ad opera della contrattazione collettiva del lavoro pubblico, di una categoria distinta dal personale delle aree e dai dirigenti ai fini del ricono scimento della qualifica di quadro, v. Cass. 5 luglio 2005, n. 14193, Foro it., 2006,1, 155.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data 2
marzo 2004, il ricorrente in epigrafe esponeva: di essere dipen dente del ministero della giustizia con la qualifica di direttore di
cancelleria presso la Corte d'appello di Napoli; che a seguito di
vacanza nell'organico dei dirigenti amministrativi di detto uffi
cio dovuta al collocamento in quiescenza del dirigente superiore dott. Gennaro Reale con decreto n. 182 del 30 novembre 2001
era nominato «facente funzione del dirigente della corte d'ap
pello fino alla nomina del titolare»; di aver richiesto in data 18
febbraio 2002 all'amministrazione centrale il riconoscimento
del superiore trattamento economico dovutogli e che la richiesta
veniva rigettata; di aver rinnovato senza esito positivo la propria istanza in data 20 giugno 2002; di essere preposto alla reggenza
Da ultimo, in tema di assegnazione di mansioni al pubblico dipen dente, v. Cass. 9 maggio 2006, n. 10628, id., Mass.
IV. - Nel regime antecedente alla contrattualizzazione del lavoro
pubblico, l'art. 20 d.p.r. 8 maggio 1987 n. 266 ricomprendeva nel nove ro delle mansioni del personale appartenente alla nona qualifica funzionale la «reggenza dell'ufficio in attesa della destinazione del
dirigente titolare» (lett. b). Questa disposizione fu oggetto di una
questione di legittimità costituzionale, per dedotto contrasto con l'art. 36 Cost., nella parte in cui non prevede(va) il diritto alle differenze retributive del direttore di cancelleria adibito alla reggenza per un
congruo periodo di tempo: Tar Puglia, sede Lecce, sez. I, 23 novembre 1993, n. 680, id., Rep. 1994, voce cit., n. 683 (e Trib. amm. reg., 1994,
I, 331). Ma Corte cost., ord. 14 dicembre 1994, n. 431, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 233 (e Giur. costit., 1994, 3792), dichiarò la manifesta inammissibilità della questione, non avendo l'atto impugnato forza di legge.
Secondo Tar Umbria, ord. 22 febbraio 1996, n. 1, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 401 (e Trib. amm. reg., 1996, I, 3804), rientra nelle attri buzioni sia dei funzionari dell'amministrazione delle finanze appartenenti alle qualifiche ad esaurimento, sia di quelli appartenenti alla nona
qualifica funzionale, la funzione di reggenza temporanea degli uffici. V. - 11 presupposto della reggenza era ravvisato nell'effettiva im
possibilità di investire delle relative funzioni dirigenziali i dirigenti che ne sarebbero stati titolari: Corte conti, sez. contr., 28 luglio 1995, n.
100, id., Rep. 1995, voce cit., n. 410 (e Cons. Stato, 1995, II, 2024). Non era, tuttavia, previsto che il prescelto avesse tutti i requisiti richiesti al dirigente: Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 1999, n. 1893, Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 632; sez. V 20 settembre 1994, n.
1009, id., Rep. 1995, voce cit., n. 495. Alla pretesa al conferimento della reggenza si attribuiva la con
sistenza dell'interesse legittimo: Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 1988, n.
277, id., Rep. 1988, voce cit., n. 397. Era, tuttavia, richiesta l'indi cazione delle ragioni del rigetto della domanda di assegnazione ad incarico di reggenza proposta dal dipendente che, oltre ad avere i titoli
occorrenti, avesse per lungo tempo esercitato funzioni vicarie diri
genziali: Tar Sicilia, sez. Catania, 21 aprile 1998, n. 680, id.. Rep. 1999, voce cit., n. 596.
Sulla distinzione tra reggenza e conferimento del compito di coordi namento di uffici dirigenziali, v. Cons. Stato, sez. VI, 27 gennaio 1996, n. 134, id., Rep. 1996, voce cit., n. 376.
VI. - In considerazione delle peculiarità dell'amministrazione finan
ziaria, l'art. 12, 3° comma, 1. 28 maggio 1997 n. 140 ha previsto che con decreto del ministro delle finanze, sentite le organizzazioni sin
dacali, siano definiti modalità e criteri di conferimento «delle eventuali
reggenze» degli uffici dirigenziali non generali nonché determinati gli aspetti retributivi, in conformità alle previsioni del contratto collettivo
applicabile. Con riguardo a questa disciplina, sottolinea la natura di rimedio extra ordinem, temporalmente limitato, della reggenza, Corte
conti, sez. centr. contr. Stato legittimità, 1° luglio 2003, n. 13/P, id.,
Rep. 2003, voce cit., n. 542 (e Cons. Stato, 2003, II, 1558). Rimarca la natura eccezionale dell'istituto della reggenza anche Corte conti, sez. centr. contr. Stato legittimità, 22 marzo 2002, n. 9/P, Foro it.. Rep. 2002, voce Amministrazione dello Stato, n. 229; 3 giugno 1999, n. 39, id., Rep. 1999, voce Impiegato dello Stato, n. 599.
VII. - Sull'illegittimità del conferimento ad un viceprefetto o ad un
viceprefetto aggiunto di un posto di funzione dirigenziale a titolo di
reggenza, in quanto l'ordinamento della carriera prefettizia contempla unicamente l'istituto della supplenza, v. Corte conti, sez. contr. reg. Calabria, 11 giugno 2003, n. 5, id., 2004, III, 165.
Vili. - In dottrina, v. V. Giuseppone, Reggenza e supplenza: nuove
problematiche, in Trib. amm. reg., 1991, II, 137; G. Conte, Diritto al
rimborso delle spese di viaggio per i segretari incaricati di servizio di
reggenza o supplenza, in Comuni d'Italia, 1995, 1505; R. Rotigliano, Se vi sia un limite temporale alla «reggenza» del vicesegretario (nota a
Tar Lazio, sez. I, 25 febbraio 2003, n. 1472, Foro it., Rep. 2003, voce
Giustizia amministrativa, n. 699, e voce Segretario comunale, n. 23), Foro amm.-Tar, 2003, 1653.
Da ultimo, D. Mezzacapo, Qualifiche e mansioni, in G. Santoro Passarelli (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale - Il lavoro privato e pubblico, Milano, 2006, 1849.
Il Foro Italiano — 2006.
di un ufficio di notevoli dimensioni. Allegava che le funzioni di
dirigente superiore della cancelleria della Corte d'appello di
Napoli costituivano incarico di rilevanza superiore rispetto a
quello della direzione di uno dei tre settori (amministrativo, ci
vile e penale), in cui era suddiviso ogni ufficio di cancelleria di tali dimensioni, costituente l'ordinaria competenza funzionale del Prudente; che sotto il profilo qualitativo e quantitativo l'at
tività di specifica competenza del dirigente espletata dal ricor
rente era provata dalla documentazione in atti; che in particola re, sotto il profilo qualitativo, l'attività del ricorrente era andata
ben oltre la prosecuzione dell'ordinaria gestione progettata dai
suoi predecessori, avendo apportato alla precedente gestione numerose correzioni ed innovazioni organizzative e procedurali, come analiticamente dedotte in ricorso.
Tanto premesso in fatto, in punto di diritto l'istante rilevava
l'erroneità dell'assunto dell'amministrazione centrale, secondo
cui l'assunzione temporanea delle funzioni dirigenziali, in caso
di assenza del dirigente titolare, rientrerebbe tra le competenze
proprie del direttore di cancelleria e rivendicava il trattamento
economico corrispondente alle superiori mansioni e cioè a
quelle di «dirigente di seconda fascia».
In conclusione, chiedeva all'adito giudice di riconoscere ed
accertare che il ricorrente dal 3 dicembre 2001 al 10 marzo 2003
aveva svolto mansioni superiori, proprie del dirigente di secon
da fascia, e per l'effetto condannare il ministero della giustizia al pagamento della somma, costituita dalla differenza tra il trat
tamento economico percepito, relativo alla propria qualifica funzionale di direttore di cancelleria, e quello relativo alla quali fica superiore di dirigente di seconda fascia, per il periodo sud
detto, pari ad euro 42.051,10, oltre interessi e rivalutazione, con
vittoria di spese di giudizio. Si costituiva in giudizio il ministero convenuto e contestava,
con varie argomentazioni, la fondatezza della domanda della
quale chiedeva il rigetto.
Eccepiva in particolare che il ricorrente aveva sempre rive
stito nell'ambito dell'ufficio l'incarico di direttore di cancelleria
C3, figura professionale apicale nell'ambito dell'area C ed ave
va sempre svolto funzioni proprie della qualifica rivestita.
Sulla base della documentazione in atti, depositate note difen
sive da parte del ricorrente, la causa veniva decisa all'udienza
del 17 gennaio 2006 come da dispositivo. Motivi della decisione. — La domanda è fondata e merita ac
coglimento. Il ricorrente, direttore di cancelleria con qualifica C3, riven
dica con la presente domanda il trattamento economico relativo
alla posizione dirigenziale, assumendo di aver svolto funzioni
dirigenziali e segnatamente di dirigente superiore della cancelle
ria della Corte d'appello di Napoli. È opportuno, ai fini del decidere, operare una ricostruzione
normativa relativa all'ordinamento del personale, anche con ri
ferimento al periodo antecedente all'entrata in vigore del c.c.n.l.
del comparto ministeri 1998-2001.
Invero, prima dell'entrata in vigore della citata normativa
contrattuale, era vigente l'art. 20 d.p.r. 266/87 che individuava
in modo specifico le funzioni del personale appartenente alla
nona qualifica funzionale, istituita dall'art. 2 d.l. 28 gennaio 1986 n. 9, come di seguito indicate;
a) sostituzione del dirigente in caso di assenza o impedimen to;
b) reggenza dell'ufficio in attesa della destinazione del diri
gente titolare;
c) collaborazione diretta all'attività di direzione espletata dal
dirigente; d) direzione di uffici, istituti o servizi di particolare rilevanza
o di stabilimenti di notevole complessità non riservati a qualifi che dirigenziali;
e) prestazioni per elaborazione, studio e ricerca altamente
qualificata, richiedenti capacità professionali di livello univer sitario nel campo amministrativo tecnico o scientifico, convali
date da documentate esperienze nel settore, ed ove necessario, da abilitazione all'esercizio della professione, ovvero da spe cializzazione post-universitaria;
f) attività ispettive di particolare importanza, anche sulla ge stione di progetti-obiettivo e di attività programmate, in funzio
ne del conseguimento dei risultati e verifica degli stessi.
La citata norma prevedeva, quindi, tra le funzioni proprie di
questa qualifica funzionale tanto la sostituzione del dirigente in
caso di sua assenza o impedimento, quanto la reggenza dell'uf
ficio in attesa della destinazione del dirigente titolare.
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2235 PARTE PRIMA 2236
Con il nuovo sistema di classificazione del personale del set
tore amministrativo-giudiziario previsto dal c.c.n.l. del com
parto ministeri 1998/2001, che ha accorpato le qualifiche fun
zionali in tre aree (A-B-C; in particolare: l'area B comprende i
livelli IV, V, VI, divenuti posizioni Bl, B2, B3, e l'area C in clude i livelli VII, Vili, IX, ora divenuti posizioni CI, C2 e C3), all'allegato A sono state definite le caratteristiche professionali di base per i funzionari inquadrati nell'area C3 come segue: «lavoratori che, per le specifiche professionalità, assumono
temporaneamente funzioni dirigenziali in assenza del dirigente titolare; dirigono o coordinano attività di vari settori e strutture
di livelli non dirigenziale; svolgono attività ispettive o di valu
tazione di particolare rilevanza; ovvero, per l'elevato livello
professionale, collaborano ad attività specialistiche». L'accordo integrativo per il personale del ministero della giu
stizia sottoscritto il 3 febbraio 2000 ha poi individuato nella po sizione economica C3, i «lavoratori che, nell'ambito di struttura
giudiziaria di notevoli complessità e rilevanza, sono preposti alla direzione di un ufficio o servizio con funzioni anche vicarie
del dirigente», ed ha previsto quale profilo professionale di rife
rimento il direttore di cancelleria.
La questione interpretativa, oggetto di discussione, è dunque se il disposto della declaratoria del profilo C3 contenuto nel
suddetto allegato A del c.c.n.l. del 1998/2001. ricomprenda nelle
mansioni proprie del profilo anche lo svolgimento di funzioni
reggenti della superiore posizione lavorativa dirigenziale per vacanza del posto, ovvero solo i casi di sostituzione breve per assenza del dirigente.
Sul punto il giudicante ritiene di dover mutare il proprio pre cedente orientamento (v. Trib. Napoli 18 ottobre 2005, Giardi
netto c. Min. giustizia), alla luce delle argomentazioni espresse di recente dalla Suprema corte (Cass. 17 marzo 2005, n. 5892, Foro it., Mass., 370), investita della questione interpretativa della suddetta clausola contrattuale controversa, ai sensi del
l'art. 64, 3° comma, d.leg. 165/01 (art. 68 bis d.leg. 29/93, ag giunto dall'art. 30 d.leg. 80/98 e poi modificato dall'art. 19, 1° e
2° comma, d.leg. 387/98), in una questione relativa alla richiesta del trattamento previsto per la posizione dirigenziale da parte di
un dipendente del ministero della difesa.
Invero, l'art. 64 d.leg. 165/01, nell'ambito dello speciale pro cedimento da detta norma disciplinato, attribuisce alla Cassa zione il potere-dovere d'interpretare direttamente le norme dei contratti collettivi dei pubblici dipendenti.
Tale potere-dovere non è ricollegabile alla natura delle clau sole da interpretare, poiché alle disposizioni dei contratti collet
tivi del pubblico impiego non è possibile riconoscere forza e
valore di norme giuridiche secondarie, trattandosi di disposizio ni che trovano la loro fonte nella volontà delle parti collettive che le stipulano, non rilevando in senso contrario la particolarità del procedimento di formazione del contratto. Pertanto, come e videnziato dalla stessa corte, tale potere costituisce un'innova
zione rispetto al consolidato principio giurisprudenziale secondo cui l'interpretazione dei contratti collettivi di diritto comune è riservata in via esclusiva al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione.
Difatti, il legislatore del 1993 ha abbandonato il modello pro posto dalla legge quadro del 1983, che prevedeva il recepimento del contratto collettivo del pubblico impiego, all'esito di un
complesso procedimento amministrativo, in un atto normativo
(decreto presidenziale di natura regolamentare), ed ha ricono sciuto al contratto collettivo in questione natura negoziale, an corché l'ambito di efficacia sia stato esteso anche ai dipendenti non aderenti alle associazioni sindacali stipulanti (art. 45, 2°
comma, d.leg. 165/01). Dalla natura negoziale dei contratti collettivi dei pubblici di
pendenti, argomenta la Cassazione, discende quale conseguenza che l'interpretazione di tali atti debba avvenire secondo le nor me generali di ermeneutica contrattuale di cui agli art. 1362/1371 c.c., piuttosto che a norma degli art. 12 e 14 disp. sulla legge in generale, visto che il contratto non è più recepito in un atto regolamentare, come avveniva prima della privatizza zione.
Pertanto, pronunciandosi sull'interpretazione della declarato ria della posizione economica C3 di cui all'allegato A al c.c.n.l. del comparto ministeri del 16 febbraio 1999 ed in particolare se, in detto profilo, rientri o meno la reggenza della superiore posi zione lavorativa dirigenziale, ha ritenuto la corte superiore, in base al principio desumibile dall'art. 1362 c.c., secondo cui il
Il Foro Italiano — 2006.
principale strumento interpretativo della volontà delle parti è
costituito dalle parole ed espressioni del contratto, che «le parti contrattuali, omettendo l'indicazione della reggenza tra le man
sioni proprie della qualifica della posizione economica C3, han
no inteso scientemente escludere tale figura dalla relativa decla
ratoria».
Da tale assunto, discende quale logico corollario, che la de
claratoria del profilo lavorativo relativo alla posizione economi
ca C3 non ricomprende l'espletamento delle funzioni di reggen za della superiore posizione lavorativa dirigenziale per vacanza
del relativo posto. Invero, secondo la corte, il silenzio della norma contrattuale
in esame sulla reggenza non può essere superato facendo rien
trare la «reggenza» nella «sostituzione», trattandosi di istituti
diversi, in quanto la reggenza presuppone la vacanza della tito
larità dell'ufficio dirigenziale, mentre la sostituzione è prevista solo temporaneamente per il caso di assenza o impedimento del
titolare dell'ufficio superiore. Vi è infine da aggiungere che la Cassazione ha poi chiarito
che eventuali clausole difformi contenute nei contratti collettivi
integrativi sarebbero nulle, atteso che a norma dell'art. 40, 3°
comma, d.leg. 165/01, le pubbliche amministrazioni non posso no sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazio
nali. Deve dunque ritenersi, seguendo il ragionamento dei giudici
supremi, che la reggenza, ontologicamente diversa dalla sostitu
zione, determina, di per sé, lo svolgimento di mansioni superio ri.
Ciò detto, avuto conoscenza dell'accertamento pregiudiziale della Suprema corte, il tribunale, in applicazione del disposto di
cui al 7° comma dell'art. 64 d.leg. 165/01, ritiene di uniformarsi
alla presente pronuncia relativa all'interpretazione della norma
contrattuale controversa.
Difatti, nel procedimento avente ad oggetto l'accertamento
pregiudiziale sull'interpretazione della clausola contrattuale
controversa, il pronunciamento della Cassazione vincola il giu dice di merito che, laddove ritenga di non condividerne l'inter
pretazione, può rimettere la questione alla Cassazione per pro vocarne un ripensamento.
Ad ogni buon conto, e solo per completezza, vi è da aggiun
gere che nella fattispecie la «reggenza» ha in concreto determi
nato l'effettivo svolgimento di mansioni superiori, integrando tutti i requisiti caratterizzanti la qualifica dirigenziale.
Invero, in una controversia analoga sottoposta al proprio va
glio, questo giudicante ha sottolineato l'opportunità, ai fini del
riconoscimento delle mansioni dirigenziali, di porre l'accento
sul profilo della «temporaneità», non potendosi considerare allo
stesso modo l'assunzione di funzioni dirigenziali per un periodo circoscritto e limitato e l'assegnazione a mansioni superiori per sostituzioni sine die e di lunga durata.
In tali ultime ipotesi, si è osservato, sarebbe piuttosto auspi cabile che le esigenze organizzative dell'ente trovassero altre soluzioni capaci di garantire, da un lato, il regolare esercizio delle funzioni dell'organo, e dall'altro una posizione direttiva chiara al soggetto assegnatario, quali il ricorso alla delega di funzioni dirigenziali o alla nuova figura della «vicedirigenza» di cui agli art. 17, comma 1 bis, e 17 bis d.leg. 165/01, rivisitati dalla 1. 145/02.
Orbene, sotto tale aspetto, nell'ipotesi in oggetto, è da esclu dere che l'assegnazione di mansioni dirigenziali abbia avuto una valenza temporanea, precaria e straordinaria, dovendosi
piuttosto riconoscere che il dott. Prudente abbia svolto mansioni
superiori in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quan titativo e temporale, come previsto dall'art. 52 d.leg. 165/00
(già art. 56 d.leg. n. 29 del 1993, sostituito dall'art. 25 d.leg. n. 80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 d.leg. n. 387 del 1998), che disciplina in modo esaustivo l'istituto delle mansioni nel pubblico impiego.
Innanzitutto, dato tutt'altro che irrilevante è la durata dell'in
carico, pari a circa un anno e tre mesi.
Dalla copiosa documentazione prodotta, poi. emerge che il dr. Prudente abbia effettivamente svolto, in modo pieno ed effetti
vo, le mansioni di «dirigente» a cui l'ordinamento degli uffici riserva la direzione delle strutture complesse, con l'assunzione di maggiori responsabilità e la dedizione di maggior impegno, rispetto alla direzione di strutture meno complesse o di singole ripartizioni assegnata al «direttore».
Deve dunque ritenersi che il ricorrente abbia di fatto espletato
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
i compiti previsti dall'art. 17 d.leg. 165/01, con particolare rife
rimento alle lett. c), d) ed e). In particolare, l'istante ha provato di non essersi limitato ad
eseguire l'ordinaria amministrazione, ma di avere altresì as
sunto iniziative, quali: 1) sviluppo del procedimento di infor
matizzazione dei servizi penali e relativa organizzazione di bre
vi corsi di formazione del personale interessato; 2) istituzione
dell'ufficio informazioni del settore penale, pur essa organizzata con l'utilizzazione del sistema informatico; 3) assunzione della
funzione di «funzionario delegato per la gestione delle spese di
giustizia», con l'organizzazione di apposito ufficio speciale
presso il preesistente ufficio ragioneria e la diramazione di
istruzioni di servizio alle cancellerie degli uffici giudicanti del
distretto ed alle filiali degli uffici postali. Da ultimo l'avvocatura ha eccepito che, anche a voler ritenere
che nella fattispecie l'istante abbia effettivamente svolto man
sioni superiori, comunque allo stesso non potrebbe essere corri
sposto il trattamento economico rivendicato, sulla base di
quanto affermato dalla Corte costituzionale in una recente sen
tenza in materia di mansioni superiori (cfr. Corte cost. n. 115
del 10 aprile 2003, id., 2003,1, 2899). A ben vedere, la sentenza in questione non è pertinente nel
caso in esame.
Il giudice delle leggi si è pronunciato sulla legittimità costitu
zionale dell'art. 24, 3° comma, 1. reg. Lombardia 25/90, per contrasto con l'art. 36 e con l'art. 3 Cost., nella parte in cui pre vede che al dipendente svolgente mansioni superiori non venga attribuito il trattamento fondamentale corrispondente alla supe riore qualifica, ma soltanto le indennità a questo connesse.
La corte ha quindi ribadito che l'art. 36 Cost, richiede che il
temporaneo svolgimento di mansioni superiori sia sempre ag
giuntivamente compensato rispetto alla retribuzione della quali fica di appartenenza (cfr. precedenti Corte cost. 101/95, id.,
Rep. 1995, voce Sanitario, n. 118; n. 296 del 1990, id., 1991,1,
3016; n. 57 del 1989, id., 1989, I, 1741), ma non impone la pie na corrispondenza al complessivo trattamento economico di chi
sia titolare di quelle funzioni, appartenendo ad un ruolo diverso
ed essendo stata oggettivamente accertata con apposita selezio
ne concorsuale, la maggiore qualificazione professionale signi ficativa di una più elevata qualità del lavoro prestato.
In altri termini, lo svolgimento di mansioni superiori non im
plica l'automatica applicazione del corrispondente trattamento
economico, ben potendo essere non pienamente omogenee le
prestazioni di lavoro effettuate.
Tra l'altro la norma sottoposta al vaglio di costituzionalità, ha
osservato la corte, non prevede per il personale temporanea mente affidatario di posizioni apicali l'appartenenza ai profili
professionali necessari per poter svolgere la funzione di respon sabile del servizio.
In definitiva la Corte costituzionale ha ritenuto legittima la
legge regionale, in quanto diretta a garantire, almeno nel mini
mo essenziale, l'attuazione del principio di proporzionalità tra
retribuzione e qualità del lavoro prestato. A parere del tribunale, la pronuncia esaminata, relativa ad una
peculiare fattispecie contemplata da legge regionale, non assu
me rilevanza nella fattispecie che ci occupa, in cui è provato l'effettivo e pieno svolgimento di mansioni proprie della quali fica dirigenziale.
Né, del resto, l'amministrazione convenuta ha puntualmente indicato quali voci del trattamento economico superiore non do
vevano riconoscersi al ricorrente, in quanto non «titolare» di
quelle funzioni.
11 dott. Prudente ha dunque invocato il trattamento economico
differenziale tra quello percepito e quello di dirigente con de
correnza dal 3 dicembre 2001 sino al 10 marzo 2003, in relazio
ne all'effettivo esercizio delle mansioni superiori. Sul quantum, possono condividersi i conteggi sviluppati dal
l'istante in ricorso che, non oggetto di specifica contestazione,
appaiono esenti da vizi logici e/o contabili.
In conclusione la domanda deve essere accolta ed il ministero
convenuto va condannato al pagamento in favore del ricorrente
della complessiva somma lorda di euro 42.051,10. Trattandosi di emolumenti di natura retributiva da corrispon
dere ad un dipendente pubblico, in applicazione dell'art. 22, comma 36, 1. 724/94, come interpretata da Corte cost. 459/00
(id., 2001, I, 35), sulle somme rivendicate spettano i soli inte
ressi legali dalla maturazione al saldo.
li Foro Italiano — 2006.
TRIBUNALE DI COSENZA; ordinanza 16 dicembre 2005; Pres. Ferrenttno, Rei. Lo Feudo; Giraldi e altri (Avv. Scar
pelli) c. Comune di San Fili (Avv. Ferrari).
TRIBUNALE DI COSENZA;
Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Contratto a
tempo determinato — Omissione della procedura selettiva — Nullità — Fattispecie (Cost., art. 97; d.leg. 30 marzo
2001 n. 165, norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche, art. 35, 36; 1. 27
dicembre 2002 n. 289, disposizioni per la formazione del bi
lancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria
2003), art. 34).
E nulla l'assunzione a tempo indeterminato disposta da un co
mune con popolazione inferiore a tremila abitanti in sede di
conversione di contratto a termine non preceduto dall'esple tamento di una procedura selettiva. (1)
( 1 ) I. - Il tribunale in epigrafe deduce a fondamento della pronuncia di nullità due concorrenti motivazioni:
a) a monte, reputa che la stipula di un contratto di lavoro a tempo determinato sia nulla per violazione della norma imperativa contenuta nell'art. 35 d.leg. 165/01 ;
b) a valle, afferma che la conversione del contratto a termine debba essere esclusa in applicazione dell'art. 36 medesimo decreto.
Secondo la pronuncia in epigrafe l'applicazione degli art. 35 e 36
d.leg. 165/01 non è incompatibile con l'art. 34, 1° comma, 1. finanziaria
per il 2003, che ha sottratto alla normativa sul c.d. patto di stabilità le «assunzioni a tempo indeterminato relative a figure professionali non
fungibili la cui consistenza organica non sia superiore all'unità»
disposte dai comuni con popolazioni inferiori a tremila abitanti. L'affermazione sub a) conserva rilevanza anche alla stregua dell'art.
187 1. 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria per il 2006), il quale, in deroga del c.d. blocco delle assunzioni, ha riconosciuto alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, agli enti di ricerca, alle agenzie, alle università ed agli enti pubblici contemplati dall'art. 70 d.leg. 165/01 la possibilità di «avvalersi di personale a
tempo determinato ... nel limite del sessanta per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2003».
Sulla portata del blocco delle assunzioni disposto dalla legge finan ziaria per il 2005, v. Cons. Stato, comm. spec, pubblico impiego, 9 novembre 2005, n. 3556/05, Foro it., 2006, III, 262.
II. - Sul contratto a tempo determinato regolato dal d.leg. n. 368 del
2001, v. App. Bari 20 luglio 2005, ibid., I, 1540, con nota contenente richiami concernenti il rapporto di lavoro alle dipendenze della pubbli ca amministrazione.
III. - Nel regime antecedente al d.leg. n. 165 del 2001 la giuris prudenza amministrativa applicava l'art. 3 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, che sanzionava con la «nullità di diritto» «l'assunzione agli impieghi senza il concorso prescritto per le singole carriere». Riconosceva, tuttavia, la configurabilità di un rapporto di lavoro di fatto, rispetto al
quale gli indici rivelatori del pubblico impiego assumevano funzione di astratta qualificazione, per determinare la giurisdizione e la disciplina economica e previdenziale da applicare. Applicava a tal fine l'art. 2126
c.c., il quale consentiva l'astratta configurabilità del pubblico impiego, sia ai fini della giurisdizione, sia ai fini della tutela, per mezzo della
fictio iuris della validità del rapporto nullo. Sul regime di nullità previsto dall'art. 3 d.p.r. 3/57 e sull'applicabi
lità dell'art. 2126 c.c., v. Cass., sez. un.. 22 novembre 1999, n. 815/SU, id., Rep. 1999, voce Impiegato dello Stato, n. 267; Cons. Stato, ad.
plen., 5 marzo 1992, n. 5, e 29 febbraio 1992, n. 2, id., 1993, III, 29, con nota di S. Cassese, nonché sez. VI 11 marzo 2004, n. 1234, id..
Rep. 2004, voce cit., n. 760; sez. V 10 febbraio 2004, n. 471, ibid., n.
761; 9 ottobre 2003, n. 6030, ibid., n. 762 (e Ragiusan, 2004, fase. 239, 643); 18 settembre 2003, n. 5295, Foro it., Rep. 2004, voce cit., n. 260
(e Giur. it., 2004, 182); 18 settembre 2003, n. 5293, Foro it., Rep. 2004, voce cit.. n. 763; Cass. 3 luglio 2003, n. 10551, id., Rep. 2003, voce cit., n. 282; Cons. Stato, sez. V, 20 maggio 2003, n. 2741, ibid., n.
391; sez. VI 17 maggio 2002, n. 2681, id., Rep. 2002, voce cit., n. 605; sez. V 7 settembre 2001, n. 4671, id., Rep. 2001, voce cit., n. 231 (e Giust. amm., 2001, 1087); sez. VI 26 luglio 2001, n. 4134, Foro it.,
Rep. 2002, voce cit., n. 296; sez. V 3 marzo 2001, n. 1218, id., Rep. 2001, voce cit., n. 234; 22 febbraio 2001. n. 979, ibid., n. 604; 9
febbraio 2001, n. 582, ibid., n. 236; 23 febbraio 2000, n. 952, id., Rep. 2000, voce cit., n. 749 (e Foro amm., 2000, 501); sez. IV 3 novembre
1998, n. 1419, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 774.
Reputano che l'applicazione dell'art. 2126 non garantisca automati camente un corrispettivo pari a quello stabilito per il dipendente pubblico di pari livello, Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2004, n. 3259, id., Rep. 2004, voce cit., n. 759; sez. V 16 ottobre 2002, n. 5598, id.,
Rep. 2003, voce cit., n. 733. Sostiene che il corrispettivo debba
corrispondere alla normale retribuzione spettante ai lavoratori che
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