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sentenza 25 luglio 1983, n. 238 (Gazzetta ufficiale 3 agosto 1983, n. 212); Pres. Elia, Rel....

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sentenza 25 luglio 1983, n. 238 (Gazzetta ufficiale 3 agosto 1983, n. 212); Pres. Elia, Rel. Bucciarelli Ducci; Migani ed altri c. Comune di Riccione. Ord. T.A.R. Emilia-Romagna 14 gennaio 1975 (Gazz. uff. 20 ottobre 1976, n. 281) Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 10 (OTTOBRE 1983), pp. 2339/2340-2341/2342 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175197 . Accessed: 28/06/2014 08:48 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 08:48:44 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 25 luglio 1983, n. 238 (Gazzetta ufficiale 3 agosto 1983, n. 212); Pres. Elia, Rel.Bucciarelli Ducci; Migani ed altri c. Comune di Riccione. Ord. T.A.R. Emilia-Romagna 14gennaio 1975 (Gazz. uff. 20 ottobre 1976, n. 281)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 10 (OTTOBRE 1983), pp. 2339/2340-2341/2342Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175197 .

Accessed: 28/06/2014 08:48

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2339 PARTE PRIMA 2340

un delitto per il quale è stabilita dalla legge la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, al previo accertamento da parte del giudice della persistente pericolosità sociale derivante dalla infermità medesima, al tempo della appli cazione della misura di sicurezza.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 25 luglio 1983, n. 238

(Gazzetta ufficiale 3 agosto 1983, n. 212); Pres. Elia, Rei.

Bucciarelli Ducci; Migani ed altri c. Comune di Riccione.

Ord. T.A.R. Emilia-Romagna 14 gennaio 1975 (Gazz. uff. 20

ottobre 1976, n. 281).

Giustizia amministrativa — Ricorso al tribunale amministrativo

regionale anteriormente alla sua entrata in funzione — Do

manda di fissazione di udienza — Omessa presentazione —

Improcedibilità — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione dei tribunali

amministrativi regionali, art. 42).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42 l.

6 dicembre 1971 n. 1034, che prevede l'improcedibilità del

ricorso proposto al tribunale amministrativo regionale ante

riormente alla sua entrata in funzione, se non viene presentata domanda di fissazione di udienza entro il termine perentorio di

sessanta giorni decorrente dal ricevimento dell'avviso della

segreteria di ricezione degli atti processuali, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost. (1)

Diritto. — 1. - Il T.A.R. per l'Emilia-Romagna ha proposto, di

ufficio, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 42, 5° comma, 1. 6 dicembre

1971 n. 1034 (istituzione dei tribunali amministrativi regionali), che impone alle parti interessate di chiedere al presidente del

tribunale amministrativo la fissazione dell'udienza di trattazione

del ricorso — proposto prima dell'entrata in funzione dello stesso

tribunale e depositato, a norma del 2° comma dello stesso art.

42, nella cancelleria del tribunale civile con sede nel capoluogo di regione — entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla

data di ricezione dell'avviso, con il quale la segreteria del

tribunale amministrativo ha dato loro notizia del ricevimento del

ricorso trasmesso dalla cancelleria del tribunale.

La norma impugnata, secondo il giudice a quo, nel prevedere il suddetto breve termine perentorio di sessanta giorni, sarebbe in

contrasto con il principio di uguaglianza innazitutto perché de

terminerebbe una disparità di trattamento non giustificata tra

coloro che hanno proposto il ricorso prima dell'entrata in fun zione dei tribunali amministrativi e coloro che lo hanno proposto dopo, dato che i primi devono, in quel termine perentorio, valutare l'opportunità di chiedere la fissazione dell'udienza di

trattazione, mentre gli altri si giovano del termine ben più ampio di due anni stabilito dall'art. 23, 1° comma, stessa legge.

Inoltre, sussisterebbe disparità di trattamento anche tra parti nello stesso giudizio. Infatti coloro che si sono costituiti presso la

segreteria del T.A.R. prima del ricevimento dell'avviso da parte della stessa segreteria (avviso che del resto appare superfluo giacché le parti con la loro costituzione hanno avuto evidente mente conoscenza della ricezione degli atti trasmessi dalla cancel

(1) La Corte costituzionale dichiara non fondata la questione pro posta da T.A.R. Emilia-Romagna 14 gennaio 1975, Foro it., 1976, III, 647, aderendo, cosi, alla opinione concorde tanto del Consiglio di Stato quanto dei T.A.R.: Cons. Stato, sez. V, 25 gennaio 1980, n.

68, id., Rep. 1980, voce Giustizia amministrativa, n. 749; 29 lu glio 1977, n. 817, id., Rep. 1977, voce cit., n. 818; sez. VI 16 novembre 1976, n. 405, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1457; T.A.R. 'Puglia 16 dicembre 1975, n. 166, ibid., n. 1454; TA.R. Abruzzo 27 agosto 1975, n. 143, ibid., n. 1445, tutti nel senso della manifesta infondatezza della questione. Il medesimo orientamento la Corte costituzionale lo aveva già assunto in relazione all'art. 44 del decreto sul contenzioso tributario (d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636), che aveva previsto l'estinzione dei vecchi processi tributari, ove fosse mancata, nella fase transitoria della entrata in vigore del nuovo contenzioso tributario, l'istanza di trattazione dei provvedimenti stessi; la questione, ritenuta non fondata da Corte cost. 10 aprile 1977, n. 63, id., 1977, I, 1052, con nota di richiami, venne poi dichiarata manifestamente infondata da Corte cost. 6 dicembre 1977, n. 144, id., Rep. 1978, voce Tributi in genere, n. 774; 11 giugno 1980, n. 85, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1010; 15 dicembre 1980, n. 162, id., Rep. 1981, voce cit., n. 762; 30 luglio 1981, n. 164, id., Rep. 1982, voce cit., n. 867, e, da ultimo, Corte cost. 6 luglio 1983, n. 210, che segue.

leria del tribunale) possono usufruire del termine di perenzione di due anni; mentre gli altri, già costituiti presso la cancelleria

del tribunale civile, devono proporre istanza di fissazione della

udienza entro il più breve termine perentorio di 60 giorni a

decorrere dall'avviso della segreteria del T.A.R. Non potrebbe considerarsi valida secondo il giudice a quo la giustificazione della disparità di trattamento addotta da alcuni tribunali ammi

nistrativi, che hanno ravvisato la ratio della norma in esame

nella necessità di un atto di impulso del processo, che avrebbe la

funzione di provare l'attualità dell'interesse della parte ad ottene

re la decisione del ricorso. Inoltre, l'onere del rispetto del breve

termine sarebbe posto, sempre secondo il giudice a quo, senza

alcun riguardo nei confronti di coloro che, come nel caso di

specie, hanno depositato il ricorso presso la cancelleria del

tribunale ordinario pochi giorni prima dell'insediamento dei tri bunali amministrativi.

Lo stesso 5° comma dell'art. 42 della legge indicata lederebbe anche il principio del diritto di difesa (art. 24 Cost.) perché limiterebbe in maniera incisiva il periodo di tempo a disposizione della parte per valutare l'opportunità di chiedere la fissazione dell'udienza di trattazione.

2. - La questione non è fondata.

L'art. 42 1. 1034 del 1971 contiene, in cinque comma, disposi zioni di natura transitoria, aventi tutte le finalità di concentrare

entro breve termine i ricorsi — pendenti presso qualsiasi autorità

giurisdizionale o proposti dopo l'entrata in vigore della stessa

legge e prima dell'inizio del funzionamento dei tribunali ammi

nistrativi — presso la segreteria di questi ultimi; ciò anche a

dimostrazione della persistente volontà delle parti di ottenere la

decisione.

E proprio per raggiungere tali finalità il citato art. 42 impone: con il 2° comma, alla cancelleria del tribunale di trasmettere i

ricorsi alla segreteria del tribunale amministrativo non appena

questo entrerà in funzione; con il 4° comma, alla segreteria del

tribunale amministrativo di dare agli interessati avviso del rice

vimento degli atti trasmessi dalla cancelleria del tribunale; con il 5° comma, che è la norma impugnata, alle parti di chiedere la

fissazione dell'udienza di trattazione entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla ricezione del suddetto avviso. Tali norme trovano la loro giustificazione nella particolare situazione che

avrebbero dovuto affrontare i tribunali amministrativi all'inizio

della loro attività per il notevole numero di ricorsi già proposti. 3. - La denunciata violazione del principio di eguaglianza,

prospettata sotto due profili, non sussiste.

In relazione al primo profilo si osserva che la situazione di coloro che hanno proposto il ricorso in epoca anteriore alla entrata in funzione dei tribunali amministrativi e la situazione di coloro che l'hanno proposto dopo sono oggettivamente diverse dato che solo per i primi sussiste quell'esigenza di avere la prova dell'interesse attuale ad ottenere la decisione, esigenza che la norma impugnata mira a soddisfare per i motivi già sopra esposti e costituisce valida ragione giustificatrice della norma stessa.

Per quanto concerne il secondo profilo, si rileva che l'avvocato

generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilità della questione perché nella fattispecie in esame non si era verificata la coesi stenza di parte costituita nella segreteria del tribunale ammini strativo e di parte costituita anteriormente nella cancelleria del Tribunale di Bologna, con la conseguente dedotta disparità di

trattamento, perché la prima si sarebbe giovata della perenzione di due anni mentre la seconda sarebbe stata soggetta al termine

perentorio di sessanta giorni.

Tale eccezione va disattesa perché il giudice a quo non ha affermato che in quel determinato procedimento le parti si erano costituite in tempi diversi presso uffici diversi, ma ha aggiunto altro argomento a sostegno della tesi prospettata.

La questione, quindi, sotto il secondo profilo è ammissibile, ma non è fondata perché la situazione della parte che si è costituita

presso la segreteria del tribunale amministrativo è diversa da

quella in cui si trova che si era costituita in epoca precedente nella cancelleria del tribunale ordinario. Infatti solo per quest'ul tima vale la esigenza di verificare il persistere dell'interesse alla decisione sul ricorso.

Nessun rilievo può assumere l'ultimo argomento del giudice a

quo, il quale ha posto in evidenza che, nel caso in esame, il ricorso era stato depositato presso la cancelleria del Tribunale di

Bologna pochi giorni prima dell'entrata in funzione del tribunale

amministrativo, perché la legge deve disciplinare la generalità dei casi e le mere disparità di fatto, necessariamente conseguenti alla successione di leggi nel tempo, non possono costituire violazione di precetti costituzionali.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

4. - La norma impugnata non viola neppure l'art. 34 Cost,

perché non impone alla parte un onere particolarmente gravoso, tale da pregiudicare il suo diritto di difesa. Invero il termine

perentorio di 60 giorni consente alle parti una adeguata valuta zione dell'interesse a chiedere la decisione sul ricorso. È da

osservare poi che durante il suddetto termine la parte si deve

limitare a presentare una semplice istanza, che non richiede

alcuna motivazione e deve solo contenere il richiamo al ricorso

pendente. Tale termine, del resto, è di durata eguale a quello

prescritto dall'art. 21 1. n. 1034 del 1971 per impugnare l'atto

amministrativo, termine durante il quale la parte deve svolgere attività di ben altro rilievo.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legitti mità costituzionale dell'art. 42, 5° comma, 1. 6 dicembre 1971 n.

1034 (istituzione dei tribunali amministrativi regionali) proposta dal T.A.R. per l'Emilia-Romagna con l'ordinanza in epigrafe, in

riferimento agli art. 3 e 24 Cost.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 6 luglio 1983, n. 210

(Gazzetta ufficiale 13 luglio 1983, n. 191); Pres. Elia, Rei.

Reale; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Comm. trib. I grado Pe

scara 24 marzo 1979 (Gazz. uff. 8 ottobre 1980, n. 277); Comm.

trib. I grado Matera 25 febbraio 1978 (id. 18 ottobre 1978, n.

293); Comm. trib. II grado Napoli 14 marzo 1977 (id. 19 maggio

1978, n. 138).

Corte costituzionale — Intervento della presidenza del consiglio dei ministri — Mancata costituzione delle parti del giudizio « a quo » — Decisione in camera di consiglio — Ammissibilità

(L. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e sul funzio

namento della Corte costituzionale, art. 25, 26; norme integra tive per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, art. 3, 4,

8, 9, 17). Tributi in genere — Nuovo contenzioso — Disciplina transito

ria — Obbligo di presentazione della istanza di trattazione a

pena di decadenza — Questioni manifestamente infondate ed

infondata di costituzionalità (Cost., art. 24, 76; 1. 9 ottobre

1971 n. 825, delega al governo della repubblica per la riforma

tributaria, art. 10, 15; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione

della disciplina del contenzioso tributario, art. 42, 44).

Qualora innanzi alla Corte costituzionale non si sia costituita

alcuna delle parti del giudizio a quo, la corte può decidere in

camera di consiglio ancorché si sia verificato l'intervento della

presidenza del consiglio dei ministri. (1) È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 44 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 nella parte in cui

impone anche all'erede dell'originario ricorrente di presentare istanza di trattazione, a pena di estinzione della procedura, in

riferimento all'art. 24 Cost. (2) È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio

nale dell'art. 44 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 e degli art. 10 e

15 l. 9 ottobre 1981 n. 825, in riferimento all'art. 76 Cost. (3)

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 42

e 44 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 nella parte in cui impongono al

privato l'onere di presentazione dell'istanza di trattazione del

ricorso anche ove il ricorrente abbia adito le commissioni di

nuova istituzione, pur avendo presentato il ricorso al competen te ufficio delle imposte in quanto le predette commissioni non

si erano ancora insediate, in riferimento agli art. 24 e 76 Cost. (4)

(1-4) La decisione si segnala non tanto per il costituire una ennesima

pronuncia con cui sono state dichiarate infondate questioni di legittimi tà costituzionale relative all'art. 44 d.p.r. 636/72 (v., da ultimo — oltre

all'inedita Corte cost., ord. 29 giugno 1983, n. 203, Gazz. uff. 6 luglio

1983, n. 184 [decisione che non si riproduce in quanto si limita

puramente e semplicemente a dichiarare la manifesta infondatezza della

questione di legittimità costituzionale degli art. 44 cit. e 10 1. 825/71 in

riferimento agli art. 76 e 77 Cost.] — Corte cost. 20 dicembre 1982, n.

243, Foro it., 1983, I, 533, con nota di A. Proto Pisani, In tema di

costituzionalità del contenzioso tributario, che ha dichiarato infondata

questione di costituzionalità — pressoché identica a quella di cui alla

seconda massima in epigrafe; Corte Cost., ord. 11 giugno 1980, n. 85,

id., Rep. 1980, voce Tributi in genere, nn. 653, 1010 [e per esteso in

Giur. costit., 1980, I, 720, e in Dir. e pratica trib., 1980, II, 1082; in

Comm. trib. centr., 1980, II, 901, con nota di Lo Giudice] che ha

dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità

degli art. 44 cit., 10 e 15 1. 825/71, in riferimento agli art. 3, 24 e 76

Cost.; nonché la fondamentale Corte cost. 20 aprile 1977, n. 63, Foro

it., 1977, I, 1052, che per prima si pronunciò sulla costituzionalità

Diritto. — 1. - Le quattro ordinanze di cui in narrativa

sollevano tutte questioni di legittimità costituzionale identiche o

attinenti alla stessa materia. Vanno pertanto riunite e decise con

unica sentenza.

2. - Con le ordinanze nn. 558 e 559 del reg. ord. 1980 la

Commissione tributaria di primo grado di Pescara ripropone alla

corte, in relazione all'art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, nella parte in cui detta norma impone anche all'erede dell'originario ricorren

te di presentare, a pena di estinzione del procedimento, istanza di

trattazione del ricorso proposto dal de cuius prima dell'entrata in

funzione delle commissioni tributarie. Tale questione è stata già esaminata dalla corte in relazione all'art. 24 (oltre che all'art. 3) Cost, e dichiara non fondata con la sentenza n. 243 del 1982

(Foro it., 1983, I, 533). •

Non essendo proposti profili o motivi nuovi, la questione va

dichiarata manifestamente infondata.

3. - Con l'ordinanza n. 369 del reg. ord. 1978 la Commissione

tributaria di primo grado di Matera sollevava questione di

legittimità costituzionale dello stesso sopra citato art. 44 d.p.r. 26

ottobre 1972 n. 636 nonché degli art. 10 e 15 1. delega 9 ottobre

1971 n. 825, in relazione all'art. 76 Cost., sostenendo che le dette

norme della legge delega non avrebbero dettato principi direttivi

chiari e ben definiti e che la disposizione dell'art. 44 d.p.r. n. 636

si riferirebbe a materia non delegata. Tale questione, con riferimento all'art. 44 d.p.r. n. 636 del

1972, è stata dichiarata non fondata dalla corte con la sentenza n.

243 del 1982, mentre con riferimento agli art. 10 e 15 1. n. 825

del 1971 è stata dichiarata manifestamente infondata con ordinan

za n. 85 del 1980 (id., Rep. 1980, voce Tributi in genere, nn. 653,

1010) e con riferimento al solo art. 10 è stata dichiarata ma

nifestamente infondata con ordinanza n. 203 del 1983.

Essa è dunque manifestamente infondata.

4. - Con l'ordinanza n. 120 del reg. ord. 1978 la Commissione

tributaria di secondo grado di Napoli ha proposto questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto

degli art. 42 e 44 del più volte citato d.p.r. n. 636 del 1972 nella

parte in cui l'obbligo del contribuente di presentare alla commis

sione istanza di fissazione del ricorso sussiste — sempre a pena di

estinzione della procedura — anche nell'ipotesi in cui, a termine

dell'art. 42, 3° comma, i ricorsi diretti alle commissioni non

ancora insediate siano stati presentati ai competenti uffici giudi ziari.

Assume il giudice a quo che in questo caso il contribuente

avrebbe già espresso senza equivoci la propria volontà di tratta

zione del ricorso, sicché il pretendere — a pena di estinzione

dell'art. 44 cit.), quanto soprattutto per l'affermazione — riassunta nella prima massima — della legittimità della decisione della Corte costituzionale in camera di consiglio, senza preventiva udienza di

discussione, anche nell'ipotesi in cui vi sia stato intervento del

presidente del consiglio dei ministri (o del presidente della giunta regionale ovvero di una delle province di Bolzano e Trento) qualora non si sia costituita nessuna delle parti del giudizio a quo-, l'afferma zione (che trova la sua giustificazione nella negazione della qualifica di « parte » al presidente del consiglio dei ministri o della regione o della

provincia, e nella natura incidentale del giudizio costituzionale) è di

grande rilevanza pratica in quanto si inserisce nel tentativo in atto da

parte della corte di utilizzare al massimo lo strumento della decisione con ordinanza in camera di consiglio allo scopo di smaltire l'arretrato e di selezionare le questioni in cui soffermarsi con maggiore attenzione

(su tali problemi v., in generale da ultimo, Pizzorusso, L'attività della Corte costituzionale nella sessione 1982-83, in Foro it., V, 181, spec. n.

3, ove si segnala come espressione della stessa tendenza anche la prassi di « motivare tacitaniamente le decisioni di infondatezza, anche ove assumano la forma della sentenza », e tale prassi, in uno con quella del ricorso « ad ordinanza di manifesta infondatezza anche al di fuori

dell'ipotesi di questioni già decise », è approvata sulla base del

rilievo che essa più che quella rappresentata da un esasperato ri corso agli strumenti di ordine procedurale, sia una delle vie da battere ove l'eccessivo carico di lavoro impedisca alla corte di affron

tare in tempi ragionevoli tutte le questioni con la stessa attenzione »). Sulla profonda diversità delle ragioni che giustificano (pur nella

identità di poteri), nel giudizio costituzionale, la legittimazione delle

parti del giudizio a quo e la legittimazione del presidente del consiglio

(o del presidente della regione o della provincia), v., per tutti da

ultimo, Pizzorusso, Garanzie costituzionali, in Commentario della

Costituzione, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1981, 276 ss.,

nonché, fra i tanti, G. Zagrebelsky, La giustizia costituzionale,

Bologna, 1977, 114 ss.; Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale,

Padova, 1978, II, 264 ss.; S. Tosi, Il governo davanti alla corte nei

giudizi incidentali di legittimità costituzionale, Milano, 1963. Sulle de

cisioni in camera di consiglio ai sensi dell'art. 26, 2° comma, 1. 87/53 e 9 norme integr. per i giudizi innanzi la Corte cost., v., sempre da ul

timo, N. Saitta, I procedimenti in camera di consiglio nella giustizia costituzionale e amministrativa, Milano, 1980, spec. 39 ss.

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