sentenza 25 maggio 1985; Pres. Di Patrizio, Est. Palumbo; Orlandini (Avv. Matteucci, Natali) c.Cassa di risparmio di Ascoli Piceno (Avv. Mazzocchi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 12 (DICEMBRE 1986), pp. 3161/3162-3163/3164Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23181660 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
favore del figlio, anche per la quota dell'altro genitore obbligato, sulla base dei principi che regolano la gestione di affari (Cass. 11
novembre 1978, n. 5169, id., Rep. 1978, voce cit., n. 78). A parere di questo tribunale, una volta assodato che la
legittimazione del genitore affidatario non si iscrive nel quadro della rappresentanza legale, la soluzione del problema — al di là
dei vani sforzi intesi a trarre conseguenze sostanziali da compor tamenti di soggetti estranei al processo (v. Cass. n. 5874/81 e
Cass. 3416/81) ovvero a collegare la pretesa a ipotesi normative
raramente invocate dalle parti e diffìcilmente compatibili sul
piano giuridico con la fattispecie concreta (che si presenta per
più versi diversa da quella contemplata dall'art. 2031 c.c.) — va
esclusivamente ricercata mettendo a fuoco la situazione effettuale
che viene a determinarsi con il venir meno dell'affidamento.
Se infatti è assolutamente ovvia l'affermazione che con il
raggiungimento della maggiore età viene meno l'affidamento al
genitore che ne era titolare, non sembra altrettanto sicuro il
corollario che, caduto l'affidamento, il figlio maggiore diventi il
titolare esclusivo del diritto prima esercitato dall'affidatario,
giacché tale affermazione, nella sua apoditticità, si risolve in
una petizione di principio. Invero, quando si afferma (e l'affer
mazione è universalmente concorde) che il genitore affidatario è
legittimato iure proprio ad ottenere l'assegno di mantenimento
destinato al minore, non si fa riferimento al concetto classico di
legittimazione quale condizione dell'azione avulsa dal concetto
della titolarità del rapporto sostanziale dedotto nel giudizio, ma si
vuole piuttosto dire che, finché il figlio è minorenne, il diritto di
credito a percepire il contributo per il suo mantenimento compete esclusivamente al genitore affidatario, il quale può per ciò stesso
legittimamente azionarlo senza spendere il nome del figlio. Se cosi è, è facile coglierne le ragioni sol che si consideri che
il genitore affidatario, proprio in relazione al rapporto di affida
mento, al quale inerisce di norma la situazione di convivenza
esclusiva, deve effettuare in natura tutte le prestazioni adeguate alle esigenze del minore sostenendone il peso economico, senza
soluzioni di continuità e, per farvi fronte, ha bisogno del contri
buto monetizzato dell'altro genitore nei confronti del quale può
agire correlativamente sia per il rimborso pro quota degli oneri
già assolti secondo i principi generali sia, per speciale volontà di
legge, per ottenere in via anticipata il concorso agli oneri futuri.
All'interno di questo rapporto di credito non si vede quale sia
la rilevanza ascrivibile al raggiungimento della maggiore età del
figlio, quando il genitore che era affidatario, continui a mantener
lo, posto che la situazione di fatto che la legge implicitamente
configura come fonte del credito del genitore stesso rimane
assolutamente inalterata.
La cessazione dell'affidamento fa si venir meno la potestà
genitoriale (ed il suo esclusivo esercizio da parte del genitore
affidatario) ma non l'obbligo di provvedere al mantenimento del
figlio. E perciò non si capisce perché se il figlio è privo nell'età
minore della titolarità di un credito peraltro inerente a quel
diritto al mantenimento spettantegli sin dalla nascita a norma
degli art. 147 e 148 c.c. (ché in caso contrario l'affidatario
potrebbe azionarlo solo in nome di lui, a meno di ipotizzare una
duplice e contemporanea legittimazione dell'affidatario iure pro
prio ed ex capite jiliorum), tale titolarità debba acquistare solo
quando sia divenuto maggiorenne e continui tuttavia ad essere
mantenuto dal genitore già affidatario.
Potrebbe obiettarsi che, seguendo la tesi qui sostenuta, si
arriverebbe all'assurda conseguenza di negare il diritto di credito
al mantenimento e la correlativa legittimazione ad avvalersene al
figlio maggiore che intendesse agire autonomamente in giudizio
contro il genitore inadempiente.
Ma un'eventualità del genere non sembra concretamente
profilarsi ove si consideri che una cosa è il diritto al manteni
mento, che il figlio, anche nella età minore ed anche nella
normalità della vita familiare, conserva verso entrambi i genitori
(e che potrebbe contro entrambi far valere a mezzo di un
curatore speciale); un'altra cosa è il diritto di chi, essendo per
legge o statuizione del giudice tenuto a provvedere al manteni
mento, intenda ottenere il rimborso degli oneri pregressi o, in via
anticipata, il contributo per quelli futuri, invocandone la determi
nazione giudiziale. Questo è in definitiva il diritto che l'art. 155/2 c.c. attribuisce
al coniuge affidatario; ed è per la medesima ragione che, nella
situazione non patologica della convivenza coniugale regolata
dell'art. 148 c.c. (la cui applicabilità nel caso del figlio divenuto
maggiorenne è senz'altro ammessa, com'è dimostrato anche dalla
esclusione della competenza del giudice tutelare), il genitore che
di fatto sopporta le spese per il mantenimento, l'istruzione e
l'educazione della prole ha il diritto di pretendere « per sé » la
distrazione coatta di una quota dei redditi dell'altro coniuge, non
già o non solo per rivalersi delle spese già effettuate (per il che
sarebbero sufficienti anche le ordinarie cautele) ma proprio per
assicurarsi preventivamente l'adempimento del coobbligato agli
oneri ancora da sostenere e per la quota da determinare conte
stualmente.
Alla luce di tali principi, che devono valere necessariamente
anche nella situazione rispondente alla fattispecie in esame, deve
escludersi che la maggiore età del figlio possa determinare una
modificazione soggettiva della posizione già appartenente al geni
tore, poiché il diritto ad essere sollevato pro quota degli oneri
relativi al mantenimento della prole, cui, per l'affidamento o,
successivamente, in relazione a un rapporto di convivenza, prov
veda uno dei due genitori, non può che competere a questo in
via esclusiva e non al figlio il quale, finché l'obbligo — di
risultato — al suo mantenimento sia soddisfatto da uno dei due
coobbligati, nessun diritto o interesse può invero accampare verso
l'altro per l'acquisizione dei mezzi strumentali al relativo adem
pimento. L'attore è perciò tenuto a versare alla moglie, entro il giorno
cinque di ogni mese, un assegno di lire 750.000 a titolo di
concorso al mantenimento dei tre figli maggiori in ragione di lire
250.000 a favore di ciascuno di essi.
Detto importo viene determinato tenendo conto sia delle condi
zioni economiche delle parti (come risultanti dalla documentazio
ne allegata anche ai fini fiscali) sia della non distante determina
zione del contributo (in termini reali) effettuata dal presidente
del tribunale in via provvisoria sulla scorta delle dichiarazioni
rese dai contendenti, sia dal livello degli studi seguiti dai figli,
indirizzati dai genitori presso costosi collegi.
È invece inammissibile la pretesa risarcitoria dedotta dalla
Jelenich all'udienza di precisazione delle conclusioni al fine di
ottenere il ristoro dei danni per malafede processuale, che il
marito le avrebbe cagionato attraverso la richiesta di un'indagine
di carattere neuropsichiatrico sulla sua persona (risultata sana di
mente all'esito della disposta consulenza).
Infatti, a parte ogni considerazione sulla fondatezza giuridica
della pretesa, trattasi di domanda nuova sulla quale l'attore ha
rifiutato il contraddittorio (art. 183 c.p.c.). (Omissis)
TRIBUNALE DI ASCOLI PICENO; sentenza 25 maggio 1985;
Pres. Di Patrizio, Est. Palumbo; Orlandini (Aw. Matteucci,
Natali) c. Cassa di risparmio di Ascoli Piceno (Aw. Mazzoc
chi).
TRIBUNALE DI ASCOLI PICENO;
Titoli di credito — Assegno bancario — Benefondi informativo —
Omessa prova della sua erroneità — Mancato pagamento
dell'assegno — Responsabilità della banca — Insussistenza
(Cod. civ., art. 2043; r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736, disposizio
ni sull'assegno bancario, art. 1).
La banca trattario che abbia fornito un benefondi informativo, fin
quando non si dimostri l'erroneità di questo, non è responsabi
le per il mancato pagamento dell'assegno. (1)
(1) Con una motivazione non delle più limpide, la sentenza approda ad una conclusione coerente con una consolidata giurisprudenza [da ultimi cfr. Trib. Latina 28 aprile 1980, Banca, borsa, ecc., 1985, II,
107, con nota di N. Marzona, Banca pubblica e responsabilità civile,
e, in motivazione, App. Roma 18 aprile 1984, Foro it., 1984, I, 1956
e id., 1985, il, 1783, con nota di G. Niccolini, A proposito di
benefondi di assegno bancario (in margine ad una recente sentenza), al
quale (spec. col. 1973, nota 79) si rinvia per ulteriori indicazioni, cui
acide C. Casamassima, Il benefondi o « benestare » telefonico nella
prassi bancaria, in Risparmio, 11985, 369 e F. Maimeri, Note in tema
di benestare telefonico, in Bancaria, 1980, '1269] : il benefondi è, in
linea di principio (cfr. Cass. 21 giugno 1974, n. 1835, Foro it., Rep.
1974, voce Impiegato dello Stato, n. 77, e Cass. 22 gennaio 1976, n.
192, id., 1976, I, 615; P. Spada, Titoli di credito, in Riv. dir. civ.,
1977, III, 613) semplicemente informativo, e di conseguenza una
responsabilità (aquiliaria) della banca trattaria è in tal caso ipotizzabile
solo quando l'informazione circa l'esistenza, nel conto del traente, di
fondi disponibili al pagamento dell'assegno, non fosse rispondente alla
reale situazione del conto medesimo. Due aspetti della sentenza meritano tuttavia segnalazione: a) l'essere
stato il benestare bensì' sollecitato dalla banca presso la quale il
beneficiario dell'assegno si apprestava a negoziare il titolo, ma — si
Il Foro Italiano — 1986 — Parte 1- 204.
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3163 PARTE PRIMA 3164
Svolgimento del processo. — Con atto di citazione notificato il
23 marzo 1984, Orlandini Paolo, titolare dell'omonima ditta di
autotrasporti corrente in Rosignano Solvay, conveniva in giudizio davanti a questo tribunale la Cassa di risparmio di Ascoli Piceno
per sentirla condannare alla restituzione della somma di lire
28.000.000 più interessi e rivalutazione monetaria, oltre al risar
cimento del danno patrimoniale e morale ed il rimborso delle
spese, spiegando quanto segue: — che, per circa un anno, dal giugno 1982 al marzo 1983,
aveva effettuato trasporti di prodotti sodiferi dallo stabilimento
Solvay di Rosignano alla Ascovetro di Acquasanta Terme; — che la Solvay esigeva che il pagamento del prodotto
avvenisse esclusivamente a mezzo di assegni circolari; — che egli, in data 12 novembre 1982, aveva ricevuto in
pagamento di alcuni carichi assegno bancario n. 008320801 tratto
sul c.c. 4229 intestato ad Ascovetro s.r.l. della Cassa di risparmio di Ascoli Piceno, per l'importo di lire 28.000.000, tìtolo che era
stato rilasciato da certo Gino Regoli; — che, rientrato in Rosignano, si era recato presso l'agenzia di
Caletta della Banca Toscana, istituto del quale era cliente, per
incassare detto assegno e farsene quindi rilasciare altro circolare
di pari importo; — che il funzionario addetto aveva voluto prima accertarsi che
l'assegno fosse coperto, per cui aveva telefonato alla Cassa di
risparmio di Ascoli Piceno per averne conferma; — che aveva risposto certo rag. Marini, il quale aveva confer
mato il benefondi, per cui l'operazione era stata perfezionata; — che, dopo alcuni giorni, la Banca Toscana lo aveva informa
to che l'assegno era stato protestato per mancanza di fondi da
parte del traente e che conseguentemente lo aveva addebitato sul
suo conto corrente. (Omissis) Motivi della decisione. — La domanda non è fondata e,
pertanto, deve essere rigettata. L'attore ha, infatti, fondato la sua pretesa risarcitoria su di un
semplice benestare informativo telefonico.
Di ciò non si può assolutamente dubitare, perché cosi è
testualmente scritto nell'atto di citazione: « Rientrato a Rosigna
no, l'Orlandini si recò presso l'agenzia di Caletta della Banca
Toscana, istituto del quale è cliente, per incassare detto assegno
e farsene quindi rilasciare altro circolare di pari importo; il
funzionario addetto volle prima accertarsi che l'assegno fosse
coperto e telefonò alla Cassa di risparmio di Ascoli Piceno per
avere conferma; rispose certo rag. Marini, il quale confermò i
benefondi e pertanto l'operazione fu perfezionata »; e perché è
stata richiesta la prova per testi sui seguenti capitoli: « D.C.V.
che avete comunicato con il rag. Marini, funzionario della Cassa
di risparmio di Acoli Piceno per avere conferma che l'assegno n.
008320801 emesso dalla Ascovetro avesse la necessaria copertura
e che il predetto funzionario confermò il benefondi » e « D.C.V.
che avete assistito alla telefonata effettuata dal dott. Brazioli della
Cassa di risparmio di Ascoli Piceno e che avete chiaramente
udito la risposta affermativa in ordine al benefondi dell'assegno
emesso dalla Ascovetro in favore di Orlandini Paolo».
Orbene, se anche fosse vero l'assunto dell'attore, non si con
figurerebbe comunque una responsabilità della convenuta cassa di
risparmio. Non si potrebbe, infatti, parlare di responsabilità contrattuale,
dal momento che è certo che la Cassa di risparmio di Ascoli
Piceno non ha conferito un mandato (extracartolare) alla Banca
Toscana-agenzia di Caletta a pagare l'assegno. È certo anzi che la
convenuta, nel dare il benestare informativo telefonico, non si è
neppure impegnata a bloccare i fondi, per cui non è possibile
neppure ritenerla responsabile per violazione di un'obbligazione
di non facere da essa assunta.
Non è possibile, poi, parlare di responsabilità extracontrattuale,
perché l'attore non ha mai affermato che la Cassa di risparmio di
Ascoli Piceno abbia dato notizie non rispondenti alla situazione
di fatto, esistente al momento della richiesta della Banca Toscana.
L'attore, infatti, si è limitato solo a rilevare che, nonostante il
evince della lettura — nell'interesse diretto del beneficiario medesimo
(dal conto corrente del quale la medesima banca negoziatrice per mandato all'incasso aveva poi, all'esito negativo dell'assegno, « elimina
to la partita»: art. 1829 c.c. e art. 4 delle norme bancarie uniformi che
leggonsi in G. Rolle, I contratti bancari, in Trattato di dir. civ. e
comm., diretto da A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1966, 857): e sul
punto cfr. Niccolini, cit., 17924793; b) la ribadita, in obiter dictum,
ammissibilità, in linea di principio, sia del benefondi c.d. « con
mandato a pagare », sia del benefondi, c.d. « con blocco » (o « bloc
co-fondi »), sui quali vedi da ultimo App. Roma 18 aprile 1984, cit.;
Casamassima, cit., 383 ss.; Maimeri, cit.; Niccolini, cit., 1794-1796.
« benefondi » informativo telefonico, l'assegno era stato poi pro
testato.
Orbene, da tale fatto non si può ricavare automaticamente la
sussistenza di un illecito a carico della cassa di risparmio, che
l'attore avrebbe dovuto invece provare.
È, dunque, evidente che l'Orlandini ha agito in giudizio soltan
to perché ha dato errato significato al benefondi telefonico, che,
essendo, nel caso in esame, solo informativo, non impegnava la
cassa di risparmio a bloccare i fondi che coprivano l'assegno per
il quale aveva dato il benestare.
La banca, infatti, non ha di regola il potere di bloccare i fondi
che coprono gli assegni per i quali dà il benestare, perché la
convenzione di assegno non le dà una facoltà, il cui esercizio,
turbando l'ordine di emissione dei titoli, potrebbe essere di
pregiudizio al correntista che si vedesse rifiutato il pagamento di
altri assegni emessi in precedenza. In sostanza, il dire semplicemente, come suole avvenire nella
pratica, « esistono fondi » « pagate pure » « pagate liberamente »
non vuol dire affatto che la banca intenda assumersi la responsa
bilità del pagamento. Vuol dire semplicemente che i fondi esistono e che se questi
permangono al momento della presentazione e l'assegno sia rego
lare e la firma sia autentica la banca lo pagherà. (Omissis)
I
PRETURA DI MILANO; sentenza 20 ottobre 1986; Giud.
Piombo; Soc. Sindacato italiano Memore (Avv. L. Stendardi) c.
Caccialupi (Avv. Borroni).
PRETURA DI MILANO;
Locazione — Legge 392/78 — Immobili urbani — Provvedimento
di rilascio per finita locazione — Termine per l'esecuzione del
rilascio — Applicabilità (L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina
delle locazioni di immobili urbani, art. 56).
Il termine per l'esecuzione del rilascio previsto dall'art. 56 l. n.
392/78 ha un ambito di applicazione generale, almeno coinci
dente con la sfera di operatività della normativa sostanziale
prevista dalla c.d. legge dell'equo canone, e va pertanto fissato
anche con riguardo ai provvedimenti di rilascio fondati su
generica finita locazione. (1)
II
PRETURA DI NAPOLI; sentenza 24 dicembre 1985; Giud.
Iacuaniello; Maio (Avv. Di Falco) c. Panaro (Aw. Finoia).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili urbani — Provvedimento
di rilascio per finita locazione — Termine per l'esecuzione del
rilascio — Inapplicabilità (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 56).
Il termine per l'esecuzione del rilascio previsto dall'art. 56 l. n.
392/78 va fissato con riguardo ai soli provvedimenti di rilascio
che consacrano un'interruzione traumatica (risoluzione) del
rapporto locatizio e non anche a quelli fondati sulla fisiologica
cessazione del contratto per scadenza del termine finale. (2)
<1-2) I. - La prima delle due antitetiche pronunzie sopra riportate riflette l'orientamento espresso dalla Cassazione e largamente prevalente nella giurisprudenza e nella prassi dei giudici di merito.
Secondo tale orientamento, l'ambito di operatività dell'istituto previ sto dall'art. 56 1. n. 392/78 ricomprende tutte indistintamente le
controversie che (per qualunque causa e qualsiasi sia la forma
procedurale in concreto adottata) danno luogo allo scioglimento del
contratto di locazione: v. Cass. 24 marzo 1983, n. 2073, Foro it., 1984,
I, 1654, con nota di richiami, attestante anche la perdurante incertezza
della giurisprudenza di merito circa l'applicabilità o meno dell'art. 56
alle locazioni non regoiate dalla disciplina sostanziale della 1. n.
392/78 e ai contratti atipici, quali, ad esempio, quelli relativi ad « alloggi di servizio »; Trib. Milano 1° luglio 1985, Arch, locazioni,
1986, 308; Pret. Casoria 14 giugno 1984, Foro it., Rep. 1985, voce
Locazione, n. 875; iPret. Salerno 25 luglio 1983, ibid., n. 874, nel
senso dell'inapplicabilità del termine ex art. 56, rispettivamente, al
provvedimento di rilascio riguardante un contratto di locazione abitati
va stipulato da una società in favore di un terzo, alla sentenza che
dichiari risolto il contratto preliminare di compravendita ed ordini la
restituzione dell'immobile in favore del proprietario, alla risoluzione del rapporto concernente un « alloggio di servizio ». V., altresi, Pret.
Milano, ord. Ili luglio 1983, id., Rep. 1984, voce Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 36, che ha denunziato l'illegittimità costituzionale dell'art. 586 c.p.c., nella parte in cui non prevede
Il Foro Italiano — 1986.
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