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sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono, Est. Bonifacio; Soc. Domus Sicfa (Avv. Comba) c....

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sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono, Est. Bonifacio; Soc. Domus Sicfa (Avv. Comba) c. Min. lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bestente) Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 105/106-107/108 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23171412 . Accessed: 25/06/2014 08:54 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:54:22 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono, Est. Bonifacio; Soc. Domus Sicfa (Avv. Comba) c. Min. lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bestente)

sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono, Est. Bonifacio; Soc. Domus Sicfa (Avv.Comba) c. Min. lavoro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bestente)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 2 (FEBBRAIO 1981), pp. 105/106-107/108Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23171412 .

Accessed: 25/06/2014 08:54

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GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

Nella prima votazione, quindi, con la presenza di diciannove

componenti, la proposta di conferma non è stata deliberata per ché ha raccolto il voto favorevole solo di nove componenti, con

quattro astenuti e sei contrari; nella seconda votazione, con venti

presenti, la proposta non è passata perché i favorevoli sono stati

otto, tre i contrari e nove gli astenuti.

In nessuna delle votazioni vi è stata tuttavia una pronuncia

esplicita dell'organo collegiale in ordine al possesso della quali fica di studiosa da parte della prof. Biondi, essendosi il giudizio

negativo (tre soli voti contrari nella seconda votazione) ravvisato indirettamente dal fatto che in entrambi gli scrutini la proposta non ha riportato il voto favorevole della maggioranza dei pre senti. Cosicché il criterio seguito lascia adito all'ipotesi che, se le

proposte dei due componenti del collegio fossero state formulate in termini negativi (avessero cioè prospettato la non rinnova

zione, anziché la conferma della qualifica) con il peso automatico

delle astensioni, dalla votazione sarebbe potuta sortire anche

una determinazione favorevole per la candidata.

Ora è chiaro che in materia tanto delicata la costruzione giu ridica, su cui si è adagiato il collegio con il procedimento segui to, si appalesa del tutto inappagante, specie considerando che tra

le attribuzioni funzionali del consiglio di facoltà quella relativa al conferimento degli incarichi di insegnamento appare certa

mente la più qualificante ed impegnativa, in quanto avendo co

me contenuto l'accertamento della sussistenza dei requisiti di

preparazione scientifica e capacità didattica degli aspiranti al

l'insegnamento, essa assume un rilievo determinante sul perse

guimento del fine istituzionale dell'università, che è quello del

l'alta qualificazione degli studi.

Ben è vero che l'art. 18 r. d. 6 aprile 1924 n. 674 dispone che

le deliberazioni dei consigli di facoltà sono prese a maggioran za; tuttavia va osservato che tale precetto non ha carattere asso

luto, essendosi fatto espressamente salvo il caso che per deter

minati argomenti non sia diversamente stabilito.

Ora ritiene il collegio che la fattispecie in esame rientri nel no

vero delle ipotesi derogatorie, trovando la deroga sicuro fonda mento nei principi generali di diritto amministrativo, che sono

fonte normativa non secondaria dei rapporti di diritto pubblico. Dalle norme di diritto positivo contenute nella legge 30 no

vembre 1973 n. 766, e da criteri di massima predisposti in con

formità dal consiglio di facoltà nella seduta del 20 marzo 1978, si rileva agevolmente che il conferimento degli incarichi univer

sitari passa attraverso una vera e propria procedura concorsuale, contraddistinta dalle seguenti fasi: a) determinazione dei criteri

di massima; b) riconoscimento della qualifica di studioso, previa valutazione della produzione scientifica e dell'attività didattica;

c) collocazione dei candidati nelle diverse fasce di priorità sta

bilite dalla legge 30 novembre 1973 n. 766; d) valutazione compa rativa dei candidati collocati nella medesima fascia di priorità sulla base della originalità, specificità, consistenza e continuità

della produzione scientifica.

Ciò posto, non appare dubbio a questo giudice che un colle

gio investito del compito di esprimere giudizi sui titoli dei can

didati di un concorso e di formare la graduatoria funziona con

la veste giuridica e con i poteri di una commissione giudicatrice di concorso (Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 1963 n. 223, Foro it.,

Rep. 1963, voce Concorso a pubblico impiego, n. 27).

Da siffatto riconoscimento discendono due importanti impli cazioni di ordine procedimentale.

La prima è quella che nei collegi nei quali, con riguardo a spe cifici argomenti discussi e deliberati, è prevalente l'attività di

giudizio, la deliberazione deve rappresentare il massimo valore

espressivo della collegialità, il che può realizzarsi solo con la

partecipazione totalitaria dei componenti, e cioè con il quorum

integrale. Nei riguardi di un consiglio di facoltà, alquanto numeroso, non

può non avvertirsi, tuttavia, che l'obbligatorietà di siffatto quo rum ne renderebbe difficile e talvolta impossibile il funziona

mento. Ma poiché l'art. 18 r. d. 6 aprile 1924 n. 674 stabilisce che

per la validità dell'adunanza non debbano calcolarsi, ai fini della

formazione del quorum strutturale, coloro i quali abbiano giusti ficato la loro assenza, il collegio è dell'avviso che nel caso di spe cie ai fini della formazione del quorum integrale, che è anch'esso

un quorum strutturale, debba non tenersi conto di quei compo nenti che abbiano preannunciato, motivandola, la loro assenza,

sempre che dall'assemblea l'impedimento dichiarato sia ritenuto

sussistente e valido, e quindi esimente dall'obbligo della parteci

pazione all'adunanza.

La seconda implicazione è quella che ogni componente di col

legio, il quale sieda in veste di commissione giudicatrice di con

corso, non può esimersi dal portare il contributo della propria coscienza e competenza specifica nella formazione del giudizio

collegiale, giacché le posizioni agnostiche — che esprimono in

differenza o disinteresse — di singoli membri di un corpo giudi

cante, che pure sono investiti di munus pubblico, si pongono in

contrasto e quindi in situazione di conflitto con il fine precipuo

dell'organo, che è quello di giudicare. Nel seno dei collegi in cui è prevalente l'attività di giudizio,

infatti, ogni componente assolve una singolare e specifica fun

zione o per una sua particolare competenza tecnica e per una

sua particolare conoscenza di situazioni e circostanze da valuta

re, cosi' avvenendo che il suo giudizio singolo concorra e si ri

solva nell'armonica composizione del giudizio di sintesi espresso unitariamente dal corpo collegiale.

Qualora si ammettesse la possibilità della astensione, non è

dubbio che il costrutto composito nella determinazione collegiale verrebbe a stemperarsi, ed il giudizio risulterebbe tronco ed uni

laterale, potendo, invero, avvenire, in ipotesi non molto remota, che l'atto finale rifletta soltanto, o in massima parte, il pensiero della componente organica meno qualificata — per l'estraneità

della materia alla sfera delle competenze specifiche — ad espri mere un giudizio ponderato sull'affare in trattazione.

In conclusione, questo tribunale ritiene, sulla scia di un co

stante indirizzo giurisprudenziale (Cons. Stato, Sez. VI, 11 giugno

1956, n. 398, id., Rep. 1956, voce Istruzione pubblica, n. 19; Sez.

V 21 giugno 1966, n. 889, id., Rep. 1966, voce Concorso a pub blico impiego, n. 22), che i componenti del consiglio di facoltà,

allorquando deliberano in veste di commissione giudicatrice, non

possono astenersi dal prender parte alle votazioni riguardanti le

singole operazioni concorsuali che concorrono alla formazione del

giudizio definitivo.

La censura della ricorrente Biondi appare dunque fondata ed

il suo accoglimento porta all'annullamento per quanto di compe tenza dell'impugnato provvedimento.

La riconosciuta fondatezza di tale mezzo di gravame esime il

collegio dall'esame degli altri motivi di ricorso, che restano as

sorbiti. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono, Est. Bonifacio; Soc. Domus Sicfa (Aw. Comba) c. Min. la

voro e previdenza sociale (Avv. dello Stato Bestente).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIE

MONTE; sentenza 25 settembre 1979, n. 439; Pres. Lojacono,

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Passaggio diretto

fra imprese — Diniego di nulla osta da parte dell'ufficio del

lavoro — Difetto di motivazione — Illegittimità — Fattispe cie (Legge 29 aprile 1949 n. 264, provvedimenti in materia di

avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involonta

riamente disoccupati, art. 11; legge 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della

libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro

e norme sul collocamento, art. 33).

È illegittimo e deve essere di conseguenza annullato l'atto del

l'ufficio provinciale del lavoro che nega la concessione del nul

la osta al passaggio diretto di un lavoratore da un'azienda

ad un'altra, essendo tale diniego del tutto privo di motiva

zione (nella specie, in calce alla domanda dell'azienda era

stata semplicemente apposta la formula « no passaggio diret to »). (1)

(1) In senso sostanzialmente conforme (menzionata in motivazione) T.A.R. Abruzzo 22 maggio 1975, n. 79, Foro it., Rep. 1975, voce Lavoro (collocamento), n. 18, secondo cui è illegittimo il provvedimento con cui il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro, decidendo un ricorso gerarchico contro la concessione di nulla osta al trasferimento di un lavoratore da un'azienda ad un'altra, non solo non enuncia con precisione gli elementi su cui ha fondato il proprio giudizio, ma dà per irrefutabilmente dimostrata una circostanza sulla cui effettiva sus sistenza sorgono molti dubbi sia in base agli accertamenti svolti dal l'ufficio sia in base alle dichiarazioni rese dagli interessati.

Sulla natura « permissiva » del provvedimento di concessione del nulla osta di cui al comma 11° dell'art. 33 legge 300/1970, v. Cass. 14 aprile 1976, Ciummo, id., Rep. 1977, voce cit., n. 27; 9

maggio 1975, Giorgi, ibid., n. 30; 28 giugno 1974, Tonda, id., Rep. 1975, voce cit., n. 16, che da tale premessa fanno discendere l'inesten sibilità all'ipotesi di omessa richiesta di nulla osta della sanzione penale prevista dal successivo comma della medesima norma (sul presupposto della tutela normativamente garantita della continuità dell'occupazione)' In senso contrario v., invece, Cass. 31 gennaio 1977, Possenti, id., Rep. 1977, voce cit., n. 28; 15 dicembre 1975, Ficca, ibid., n. 29; Pret. Rieti 27 giugno 1975, id., 1975, II, 334, con nota di richiami.

In dottrina in argomento v. ampiamente Ghera, in Lo statuto dei

lavoratori, Commentario diretto da Giugni, Milano, 1979, 591 ss.

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PARTE TERZA

Il Tribunale, ecc. — Il ricorso è fondato per la evidente ille

gittimità del provvedimento negativo sulla richiesta di nulla

osta.

Il conseguente annullamento dello stesso non coinvolge però, come tosto si vedrà, la circolare 28 giugno 1978 del direttore

dell'ufficio provinciale del lavoro, in considerazione della natura

stessa del vizio di carenza di motivazione riscontrato nell'atto im

pugnato in via principale. Il nulla osta di passaggio diretto di una lavoratrice dall'impresa

in cui prestava già la propria attività alla società ricorrente è

stato negato con una formula (« no passaggio diretto »), apposta in calce alla relativa domanda, che per la sua estrema laconi

cità non consente di individuare la ragion per cui il competente ufficio statale ha ritenuto il passaggio non conforme a legge. D'al

tra parte l'esplicitazione dei motivi di diniego costituiva adem

pimento necessario in relazione al carattere ed alla funzione del

«nulla osta».

Come è stato rilevato dalla società ricorrente e già posto in

evidenza dalla giurisprudenza (T.A.R. Abruzzo 22 maggio 1975, n. 79, Foro it., Rep. 1975, voce Lavoro (collocamento), n. 18) il

passaggio da una azienda ad un'altra dei lavoratori, non soggetti a richiesta nominativa di collocamento occupazionale, era gene ralmente permesso dall'art. 11, penult, comma, legge 29 aprile 1949 n. 264, che reca provvedimenti in materia di avviamento al

lavoro ed assistenza ai lavoratori involontariamente disoccupati. Poiché l'applicazione della predetta disposizione normativa aveva

dato luogo ad abusi, che si concretavano in violazione in frau dem legis, in quanto gli indicati passaggi, divenendo efficaci a

seguito di una loro mera partecipazione agli organi del colloca

mento da parte delle imprese richiedenti, dissimulavano rapporti

apparenti di lavoro subordinato, che cioè erano costituiti soltanto

per conseguire i trasferimenti di cui trattasi, con il fine precipuo di eludere l'obbligo dell'osservanza della graduatoria predisposta dalla commissione del collocamento medesimo, il legislatore, in

occasione dell'emanazione dello statuto dei lavoratori, di cui alla

legge 20 maggio 1970 n. 300, ha disposto con l'art. 33, 10° com

ma, che i cennati trasferimenti fossero sottoposti al preventivo nulla osta della competente sezione di collocamento, ed attribui

to precipui poteri al direttore dell'ufficio provinciale del lavoro

di decisione di ricorsi gerarchici e di annullamento di ufficio dei

provvedimenti di diniego illegittimi.

Appare pertanto del tutto chiaro che al predetto nulla osta

è stata assegnata una preminente funzione di vigilanza e di con

trollo, che si estrinseca con una tipica autorizzazione permis siva al regolare svolgimento dell'attività giuridica privata nella

specifica materia della costituzione dei rapporti di. lavoro, onde

l'eventuale esito negativo del riscontro effettuato non può pre scindere e non può non dar conto, in relazione ai principi, delle

precise ragioni e considerazioni per cui a giudizio dell'autorità

l'attività medesima sia da reputarsi in contrasto o in frode al

la legge. Nel caso manca invece del tutto una qualsiasi indicazione che

evidenzi le ragioni del diniego, sicché l'atto negativo in via prin

cipale impugnato è illegittimo e deve di conseguenza essere an

nullato.

Peraltro, come già preannunciato, la stessa natura del vizio ri

scontrato nel predetto provvedimento non consente di prendere in esame la circolare dell'ufficio provinciale del lavoro, conte

stualmente impugnata per le disposizioni generali con la stessa

dettate, in quanto è di tutta evidenza che, non conoscendosi i

motivi del rifiuto del nulla osta, non è data nemmeno la possi bilità di individuare se e quale delle prescrizioni della circolare

si sia inteso applicare alla fattispecie, precludendo cosi ogni sin

dacato sulla stessa. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A

BRUZZO; Sezione de L'Aquila; sentenza 28 agosto 1979, n.

351; Pres. Minafra, Est. Salvatore; Soc. C.l.a.s.a. (Avv. Cer

sosimo, Frasca) c. Comune di Martinsicuro, Di Battista (Avv. Di Battista).

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'A

BRUZZO; Sezione de L'Aquila; sentenza 28 agosto 1979, n.

Idrocarburi — Distributore automatico di carburante — Auto

rizzazione comunale — Legittimità (D.l. 26 ottobre 1970

n. 745, provvedimenti straordinari per la ripresa economi

ca, art. 16; legge 18 dicembre 1970 n. 1034, conversio ne in legge, con modificazioni, del d. 1. 26 ottobre 1970

n. 745, art. un.; d. pres. 27 ottobre 1971 n. 1269, norme

per l'esecuzione dell'art. 16 d.l. 26 ottobre 1970 n. 745, con

vertito, con modificazioni, nella legge 18 dicembre 1970 n.

1034; d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui all'art. 1 legge 22 luglio 1975 n. 382, art. 52, 54).

Idrocarburi — Distibutore automatico di carburante — Trasfe

rimento — Provvedimento del comune di nuova localizzazione — Illegittimità (D. pres. 24 luglio 1977 n. 616, art. 52, 54).

Non è illegittima per incompetenza l'autorizzazione (rectius con

cessione) alla installazione di un distributore automatico di car

burante, che sia stata disposta dal comune, anziché dalla re

gione. (1) È illegittimo il provvedimento col quale un comune dispone il

trasferimento nel proprio territorio di un distributore auto

matico di carburante sito nel territorio di altro comune (in motivazione è precisato che in questo caso la competenza è

regionale). (2)

Il Tribunale, ecc. — Il sindaco di Martinsicuro, avvalendosi

dei poteri demandatigli dall'art. 54, lett. f, del già citato d. pres. n. 616 del 1977, disponeva il trasferimento nel proprio comune

da quello di Bisenti, dove era sito, l'impianto di distribuzione

del carburante, in concessione ai fratelli Di Battista, controinte

ressati nel presente giudizio. La società ricorrente, impugnando il relativo provvedimento,

lo ha, in via principale, censurato per incompetenza, sotto un

duplice profilo della carenza di attribuzione del potere esercitato

dall'autorità disponente, oltre che della esorbitanza dai limiti del

(1) Questione di specie relativa all'interpretazione degli art. 52, lett. a), e 54, lett. /), d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, emanato in attuazione della delega di cui all'art. 1 legge 22 luglio 1975 n. 382.

In senso conforme alla decisione che si riporta cfr. T.A.R. Lom bardia 22 novembre 1979, n. 968, Trib. amm. reg., 1980, I, 159, che specifica che l'organo comunale competente ad adottare i provve dimenti di concessione in oggetto è il consiglio comunale e non il sindaco e T.A.R. Puglia, Sez. Bari, 17 ottobre 1979, n. 214, id., 1979, I, 3980, il quale afferma espressamente che l'art. 54, lett. /), d. pres. 24 luglio 1977 n. 616 ha attribuito in materia ai comuni i

poteri già spettanti ai prefetti ai sensi dell'art. 16 d. 1. 26 ottobre 1970 n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970 n. 1034. In senso contrario alla sentenza in epigrafe, cfr. invece T.A.R. Calabria, Sez.

Reggio Calabria, 6 febbraio 1980, n. 19, id., 1980, I, 1443, secondo cui competente al rilascio della concessione per l'installazione di distributori di carburante è ora, ai sensi del combinato disposto di cui agli art. 52 e 54 d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, il presidente della giunta regionale in quanto il comune nel quale l'impianto deve essere installato sarebbe meramente abilitato ad emanare l'autoriz zione relativa ad un momento antecedente al provvedimento di spet tanza regionale. In dottrina, sulla portata delle cit. disposizioni del d. pres. 24 luglio 1977 n. 616, cfr. F. Pugliese, in I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, a cura di A. Barbera e F. Bassanini, Bologna, 1978, 341 ss. e 348 ss., che nota, esattamente, che sebbene la normativa statale di trasferimento abbia reintrodotto la dizione « autorizzazione » in luogo della dizione « concessione » di cui alla vigente legislazione, non mutano né potrebbero mutare la natura del servizio e le caratteristiche funzionali del provvedimento che è di concessione; U. Fragola, Commento al d. pres. n. 616 sul decentra mento amministrativo, Napoli, 1978, 176, ss.; AA. VV., Comuni, province, comunità montane nel decreto 616, pubblicazione del Con siglio regionale della Liguria, Genova, 1979, 208 ss.; E. Gizzi, La ripartizione delle funzioni tra Stato e regioni, Milano, 1977, 29. Per riferimenti di dottrina più specifici, cfr. ancora L. Righetti, Distri butori di carburante-, conflitto di competenza tra lo Stato, regione e comuni, in Comuni d'Italia, 1979, 144; M. Chiti, Le direttive go vernative alle regioni in materia di distributori di carburanti, in Riv. giur. circolaz. e trasp., 1978, 640; F. Bassi, in Atti del XVIII Con vegno di studi di scienza dell'amministrazione, Milano, 1975.

(2) Non si rinvengono, invece, precedenti editi di giurisprudenza in ordine al potere regionale (e non comunale) di disporre il trasferimento di un distributore automatico di carburante già installato nel territorio di un comune in quello di altro comune. La massima risulta peraltro conforme ai principi generali che regolano il sistema delle attribuzioni e delle deleghe dei poteri statali alle regioni e agli enti territoriali minori, essendo tutto sommato pacifico che i criteri logico-giuridici in base ai quali si provvede al riparto delle competenze, nell'ambito di una determinata materia, fra Stato, regioni e enti territoriali minori sono quelli del territorio e della dimensione dell'interesse (cfr. sul punto L. 'Paladin, Diritto regionale, 1979, 105 ss. e AA. W., Contributi allo studio della funzione statale di indirizzo e coordinamento, Roma, 1978). In questo quadro, per riferimenti generali di giurisprudenza, cfr., a titolo indicativo, Cass. 6 agosto 1977, n. 3581, Foro it., 1979, I, 1262, con nota di V. Messerini, sul riparto di competenza in ma teria di espropriazione per pubblica utilità, e T.A:R. Lazio, Sez. I, ord. 27 ottobre 1978, id., 1979, III, 443, con nota di richiami, sull'in tervento dell'autorità statale nel campo dei poteri comunali di polizia amministrativa dopo il d. pres. 24 luglio 1977 n. 616.

Per ulteriori riferimenti di dottrina, sulla materia dei distributori automatici di carburante, cfr. Righetti, op. loc. cit.-, F. Mastrago stino, I distributori automatici di carburanti dopo il d. pres. rep. 616, in Le regioni, 1978, 977.

R. Ferrara R. Ferrara

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