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sentenza 26 febbraio 1981, n. 32 (Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rel....

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sentenza 26 febbraio 1981, n. 32 (Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rel. Bucciarelli Ducci; imp. Narra; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Pret. Milano 29 marzo 1978 (Gazz. uff. 17 gennaio 1979, n. 17) Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 913/914-915/916 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172819 . Accessed: 25/06/2014 05:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.46 on Wed, 25 Jun 2014 05:37:13 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 26 febbraio 1981, n. 32 (Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rel.Bucciarelli Ducci; imp. Narra; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Pret.Milano 29 marzo 1978 (Gazz. uff. 17 gennaio 1979, n. 17)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), pp. 913/914-915/916Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172819 .

Accessed: 25/06/2014 05:37

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913 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 914

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 febbraio 1981, n. 33

(Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rei.

Elia; Ufficio del registro atti pubblici di Milano c. Soc. Fa

sana I*; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ange

lini Rota). Ord. Commiss. trib. II grado Milano 9 novembre

1977 (Gazz. uff. 31 gennaio 1979, n. 31).

CORTE COSTITUZIONALE;

Tributi in genere — Condono — Tributi pagati in pendenza di

opposizione — Diritto al rimborso — Esclusione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; d. 1. 5 novembre 1973 in. 660, norme per agevolare la definizione delle pen denze in materia tributaria, art. 6; legge 19 dicembre 1973

n. 823, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 5 no

vembre 1973 n. 660).

È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 6 d. I. 5 no

vembre 1973 n. 650, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973 n. 823, nella parte in cui non prescrive il

rimborso delle imposte pagate in pendenza di opposizione

all'ingiunzione di pagamento ed in eccedenza a quanto risulti

dovuto in applicazione del condono fiscale, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (1)

La Corte, ecc. — 1. - Malgrado la formulazione piuttosto ri

duttiva, adottata nel dispositivo dell'ordinanza dalla Commissio ne tributaria di II grado di Milano (l'art. 6 viene denunziato « in

quanto non prevede il diritto a rimborso di tributi pagati in

pendenza di opposizione, successivamente estinta per condono fiscale »), la questione di legittimità costituzionale riguarda più propriamente la conformità o meno agli art. 3 e 53 Cost, della esclusione dalla applicabilità del d. 1. n. 660 del 1973 dei con

tribuenti, i quali abbiano provveduto al pagamento del tributo

richiesto in pendenza della controversia « sotto l'impulso di atti coattivi »; in altre parole, sotto la minaccia di riscossione coat tiva mediante esecuzione sui beni del contribuente stesso.

Come ha esattamente visto l'avvocatura dello Stato (e come risulta dagli atti di causa), la formulazione del dispositivo (e di alcune parti motive) dell'ordinanza anticipa dunque lo svolgi mento di un profilo di carattere conseguenziale (diritto a rim

borso) rispetto al tema di carattere preliminare (possibilità o meno per il contribuente di chiedere l'applicazione dell'art. 6). È ovvio che, solo se si accertasse la illegittimità costituzionale

della inapplicabilità della norma a questa categoria di contri

buenti, verrebbero in discussione sia le conseguenze a proposito della ripetibilità delle quote eccedenti l'imposta già pagate, sia

la possibilità di utilizzare, nella parte motiva della pronuncia, altre disposizioni del d. 1. n. 660 del 1973.

2. - Per giurisprudenza di Cassazione e di giudici di merito

(anche se con dissensi tra questi ultimi) deve senz'altro ammet

tersi che come « diritto vivente » sul tema proposto al giudizio di questa corte si è affermata la inapplicabilità dell'art. 6 ai con

tribuenti che abbiano già pagato l'imposta sia pure « sotto l'im

pulso di atti coattivi ». Non è tuttavia privo di significato che

la formulazione dell'art. 6 (nel testo vigente dopo le modifiche

apportate dalla legge di conversione) conforti pienamente l'in

terpretazione prevalsa: nel comma primo si prevede che le con

troversie pendenti « sono definite ... mediante il pagamento del

50% dell'imposta richiesta»; nel comma terzo la disapplicazione delle sanzioni pecuniarie è subordinata al « versamento » dei tri buti dovuti; e, infine, nel comma quarto, la prova dell'« avvenuto

versamento », da allegare alla domanda, allude chiaramente ad

un versamento ad hoc, effettuato dopo l'entrata in vigore del

decreto-legge. È evidente che tutte le proposizioni normative ora

richiamate prospettano in modo univoco pagamenti e versamenti

che si situano in un periodo successivo rispetto alla data di en

trata in vigore dell'atto avente forza di legge. Ciò spiega anche

come sarebbe stato del tutto superfluo, se non contraddittorio,

ogni divieto di ripetizione di imposte già pagate. Infine, nelle pronunce di questa corte (nn. 2 e 3 del « consi

derato in diritto» rispettivamente delle sent. nn. 96 e 119 del

1980, Foro it., 1980, I, 2100, 2378) viene in evidenza la duplice condizione cui è subordinata l'applicabilità del provvedimento: la mancata definizione di una controversia da una parte, e dal

l'altra la certezza di acquisire all'erario un introito anche ri

dotto, che si qualifica in ogni caso come « ulteriore », se riguar dato dal punto di vista delle entrate acquisite al momento della

(1) L'ordinanza 9 novembre 1977 della Commissione tributaria di

II grado di Milano è massimata in Foro it., 1979, III, 256, con nota di

richiami, ed è commentata da Benetti, in Bollettino trib., 1979, 922.

In tema di condono tributario cfr., da ultimo, Corte cost. 11 giugno 1980, nn. 79 e 80, Foro it., 1980, I, 1822; 25 giugno 1980, n. 96, id.,

1980, 1, 2100; 23 luglio 1980, n. 119, id., 1980, I, 2378, con note di

richiami.

emanazione del decreto-legge. Ciò corrisponde, tra l'altro, al ca

rattere innovativo del provvedimento, per il quale, a differenza

dei precedenti, si ricollegano sicuri benefici conseguenziali (con dono di sanzioni pecuniarie) ad una definizione della controversia

che, includendo pagamenti o versamenti di somme rigidamente

prefissate in base a criteri ex lege, può non sempre riuscire van

taggiosa per il contribuente. Di qui il carattere non assolutamente « universale » dell'applicazione del decreto, che intende si eli minare il maggior numero possibile di controversie, ma non in

modo indiscriminato; e non si può dubitare che tra le « quali ficazioni » della pendenza vi sia anche quella della produttività necessaria di un introito ulteriore.

3. - La questione sottoposta in via primaria al giudizio di que sta corte consiste pertanto nel quesito circa la legittimità costi

tuzionale della esclusione dalla sfera di applicabilità dell'art. 6

dei contribuenti che hanno già pagato le imposte suppletive quan do gli uffici tributari si siano avvalsi della facoltà di procedere a riscossione coattiva, nonostante la pendenza di opposizione.

La questione non è fondata. Non si può negare, in primo luogo, che diversa sia la situazione di chi ha già pagato e di chi può definire la controversia pagando. Né la diversità di trattamento

tra queste due categorie di contribuenti è irragionevole, nel senso

che la differenza presupposta come criterio di distinzione corri

sponde alle finalità assunte dal legislatore e caratterizzanti il

provvedimento. A loro volta, tali finalità, ponendosi come stru

mentali rispetto ad una migliore attuazione dell'art. 53 Cost, (avvio della riforma tributaria), sono congruenti con tale obiettivo co

stituzionalmente rilevante; inoltre il legislatore ha adottato con

coerenza congegni operativi di carattere automatico e, in certa

misura, astratto: sicché è esclusa, per la fattispecie normativa

che qui interessa, ogni possibilità di valutare, ai fini dell'applica zione del d. 1. n. 660 del 1973, se gli uffici tributari si siano av

valsi in modo pienamente legittimo dei poteri ad essi spettanti in tema di riscossione coattiva. Di fronte a pagamenti effettuati

anteriormente in condizioni di regolarità formale, il legislatore ha preferito rinunciare anche ai vantaggi che potevano derivare

da una soluzione definitiva della controversia in sede di appli cazione dell'art. 6 e dalla conseguenziale definitività dell'introito

in quella sede conseguito. Né si può trascurare che le disparità di trattamento suscettibili di prodursi tra contribuenti in situa

zioni in apparenza analoghe non differiscono sostanzialmente da

quelle che, per effetto dell'automatismo caratterizzante il prov

vedimento, questa corte ha riconosciuto non contrastanti con i

precetti dell'art. 3 Cost. (sent. nn. 96 e 119 del 1980). Quanto all'art. 53 Cost., esso non è evocato a proposito in

ordine alla sussistenza della capacità contributiva ed al suo ac

certamento, mentre, per ciò che concerne la parità nel tratta

mento tributario, valgono le considerazioni svolte in tema di

art. 3 Cost.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 6 d. 1. 5 novembre 1973 n. 660,

convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973 n.

823, sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di II grado di

Milano.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 febbraio 1981, n. 32

(Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rei.

Bucciarelli Ducei; imp. Narra; interv. Pres. cons, ministri

(Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Pret. Milano 29 marzo 1978

(Gazz. uff. 17 gennaio 1979, n. 17).

Notificazione di atti penali — Imputato irreperibile — Regime delle successive notifiche — Questione infondata di costitu

zionalità (Cost., art. 24; cod. piloc. pen., art. 171; legge 8 ago sto 1977 in. 534, modificazioni tìl codice di procedura penale, art. 4).

È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 171, 5° com

ma, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 4 legge S agosto 1977 n. 534, nella parte in cui prevede che qualora l'imputato non abbia provveduto ad eleggere domicilio a seguito dell'in

vito rivoltogli a tal fine in occasione del primo atto proces suale che gli conferisca tale qualità, le notificazioni gli siano

effettuate mediante deposito nella cancelleria o segreteria del

l'ufficio giudiziario nel quale si procede, dandosene avviso al

difensore, in riferimento all'art. 24, 2° comma, Cost. (nella mo

tivazione si precisa che tale disposizione non può essere inter

pretata come applicabile anche nell'ipotesi in cui l'invito ad

Il Foro Italiano — 1981 — Parte I- 59.

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PARTE PRIMA

eleggere domicilio sia contenuto in un atto notificato con il

rito degli irreperibili). ( I)

La Corte, ecc. — 1. - La corte è chiamata a decidere se l'art.

171, 5° comma, cod. proc. pen., come risulta modificato dal

l'art. 4 legge 8 agosto 1977 n. 534, sia in contrasto con l'art. 24, 2° comma, Cost.

La norma impugnata, al fine di conseguire una maggiore sem

plificazione e celerità delle forme di notificazione, impone al

l'imputato (o all'indiziato), nel primo atto compiuto con l'inter

vento dello stesso imputato (o dell'indiziato) l'onere di dichia rare o eleggere il proprio domicilio per le notificazioni (1° com ma art. 171 cod. proc. penale). Della dichiarazione o dell'elezione

ovvero del rifiuto a compierle è fatta menzione nel processo ver bale. Fuori della predetta ipotesi l'invito all'imputato a dichia rare o eleggere il proprio domicilio, entro il termine fissato dal

giudice o dal pubblico ministero, viene formulato mediante il

primo atto che, attribuendo all'imputato tale qualità, gli venga utilmente notificato nelle forme di cui agli art. 166 segg. cod.

proc. pen. con l'avvertimento che, in caso di mancanza, di in

sufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione di

(1) L'ordinanza 29 marzo 1978 del Pretore di Milano è massimata in Foro it., 1979, II, 173, con nota di richiami.

Secondo Cass. 26 settembre 1980, Sanna, id., 1981, II, 107, con nota di richiami, la notificazione è validamente eseguita nella can celleria o segreteria dell'ufficio giudiziario nel quale si procede al lorché la impossibilità di effettuarla nel domicilio scelto dall'imputato (o in quello in cui una prima notificazione abbia avuto luogo) risulti dalla relazione dell'ufficiale giudiziario, senza necessità di preventive ricerche od indagini.

'In tema di notificazioni v., da ultimo, Corte cost. 22 dicembre 1980, nn. 178, 181, 182, 183 e 184, id., 1981, I, 321, con nota di richiami.

Corte cost. 22 marzo 1971, n. 54, e 28 luglio 1976, n. 197, id., 1971, I, 827 e 1976, I, 2320, avevano dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 3 d. pres. 8 agosto 1955 n. 666, nella parte in cui prescriveva che il de creto d'irreperibilità emesso nel giudizio di primo grado cessasse di avere efficacia solo con la trasmissione degli atti al giudice d'appello, anziché con la pronuncia del giudice di primo grado, e che quello emesso dal giudice d'appello cessasse di avere efficacia con la trasmis sione degli atti alla Corte di cassazione, anziché con la pronuncia della sentenza del giudice di appello.

Corte cost. 6 luglio 1965, n. 57, id., 1965, I, 1330, aveva dichiarato

incostituzionale l'art. 173 cod. proc. pen., nella parte in cui disponeva che le notificazioni all'imputato renitente si eseguissero mediante depo sito in cancelleria o segreteria a termini del primo capoverso dall'art. 170 stesso codice.

La sentenza che si riporta, esplicitamente sconfessando l'interpreta zione posta a base dell'impugnazione della norma legislativa da parte del giudice a quo, si presenta come un chiaro esempio di sentenza « interpretativa-correttiva »: ofr. G. M. Lombardi, in Giur. it., 1961, I, 1, 1153; Pierandrei, Corte costituzionale, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1962, X, 986-987; Pizzorusso (Volpe, Sorrentino, Moretti), Garanzie costituzionali, in Commentario della Costituzione, a cura di Branca, 1981, 303.

L'interpretazione accolta dal Pretore di Milano era stata proposta da Boschi, Appunti sulle nuove modificazioni del codice di procedura penale, in Foro it., 1977, V, 259-261, avanzandosi tuttavia dubbi sulla costituzionalità della disciplina normativa che ne risultava, e da Pecori, Riflessioni sul nuovo testo dell'art. 171 codice di procedura penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1978, 84.

In senso conforme all'interpretazione adottata dalla corte, cfr. invece Carulli, Luci e ombre nella legislazione processuale d'agosto: in par ticolare le leggi 8 agosto 1977 nn. 532 e 534, in Giur. merito, 1977, IV, 1276; Dalia Prime riflessioni sulla mini-controriforma del processo pe nale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1977, 1328; Kostoris, Notificazioni al latitante e diritto di difesa dopo la sentenza costituzionale n. 98 del 1977 e la legge 8 agosto 1977 n. 534, in Giur. costit., 1977, I, 1640; Amodio, Dominioni, Galli, Nuove norme sul processo penale e sul l'ordine pubblico. Le leggi dell'8 agosto 1977, 1978, 99; Grilli, La

notificazione nel processo penale, 1979, 158. Da segnalare che nella relazione ministeriale al progetto a questo pro

posito si leggeva; « Con queste disposizioni, l'obbligo di ricerca dell'im

putato nei luoghi della sua dimora reale viene eliminato dal sistema vi

gente, con riferimento a tutte le notificazioni successive alla prima, per essere sostituito, sempre in relazione a tale ipotesi, dal principio della no tifica in un domicilio legale. La regola, che vale per tutto il corso del

processo, come si precisa nell'art. 172 cod. proc. pen., opportunamente modificato dall'art. 4 (anche con la soppressione dell'inutile richiamo dell'art. 170), si inserisce senza difficoltà nel quadro dei principi fonda mentali dell'ordinamento in quanto l'imputato è messo in condizione, col

semplice rispetto di certe formalità, di ottenere che le notifiche vengano eseguite in un luogo dove si trovi egli stesso o una persona da lui

prescelta a comunicargli l'atto. In altri termini, il sacrificio imposto agli interessi dell'imputato è in sostanza cosi modesto e praticamente insignificante, che ben si giustifica col risultato di accelerare le proce dure giudiziarie, mediante un istituto che come quello illustrato co stituisce un adeguato e coerente sviluppo della tendenza di sempli ficazione delle notificazioni già presente nella nostra legislazione ».

domicilio le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato (2° comma art. 171 cod. proc. pe

nale). Salvo quanto disposto da questo 2° comma dell'art. 171, se mancano o sono insufficienti o sono inidonee la dichiarazione

o l'elezione di domicilio, le notificazioni sono eseguite mediante

deposito nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario nel

quale si procede dandone immediato avviso al difensore (5° com

ma art. 171 cod. proc. pen.) e non si procede più, come invece

avveniva prima della novella n. 534 del 1977, attraverso la com

plessa procedura del rito degli irreperibili di cui all'art. 170 cod.

proc. penale. 2. - Ritiene il giudice a quo che la modifica apportata al pre

cedente testo dell'art. 171 cod. proc. pen. dall'art. 4 legge 8

agosto 1977 n. 534 si estenda anche all'ultimo comma dell'art.

170 cod. proc. pen. (che impone invece il rinnovo delle ricerche

e del decreto di irreperibilità) con la conseguenza che la notifica

dell'estratto di sentenza di condanna all'imputato irreperibile e

contumace possa ora, dopo le modifiche intervenute, essere ese

guita direttamente mediante deposito in cancelleria senza dover

effettuare il rinnovo delle ricerche e senza rinnovare il decreto

di irreperibilità. 3. - La questione non è fondata. È errato infatti il presupposto

interpretativo sul quale poggia il dubbio di incostituzionalità pro

spettato dal Pretore di Milano.

Invero la norma impugnata è rivolta a regolare la dichiarazione

o elezione di domicilio onde semplificare e rendere più spedite le forme di notificazione e a disciplinare le conseguenze che ne

derivano, in caso di mancanza, insufficienza o inidoneità delle

stesse. Il presupposto per la corretta applicazione della norma

che viene impugnata è che l'imputato sia venuto effettivamente

a conoscenza del procedimento iniziato a suo carico. Quando

invece tale effettiva conoscenza non vi sia mai stata, allora non

trova più applicazione l'art. 171 cod. proc. pen., ma si dovrà

procedere con il rito apprestato per gli irreperibili e la notifica

in cancelleria dell'estratto di sentenza di condanna all'imputato contumace dovrà sempre essere preceduta dal rinnovo delle ri

cerche e del decreto di irreperibilità. Cosi' interpretata la norma denunciata, alla stregua dei lavori

preparatori, della ratio legis e della elaborazione dottrinale, nes

suna lesione al diritto di difesa, garantito dall'art. 24 Cost., de

riva dall'attuale testo dell'art. 171, 5° comma, cod. proc. pen. sotto il profilo prospettato nell'ordinanza di rimessione.

Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di le

gittimità costituzionale dell'art. 171, 5° comma, cod. proc. pen., sollevata in riferimento all'art. 24, T comma, Cost, dal Pretore

di Milano con l'ordinanza in epigrafe.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 febbraio 1981, n. 31

(Gazzetta ufficiale 17 febbraio 1981, n. 48); Pres. Amadei, Rei. De Stefano; promotori Rippa ed altri (Avv. Mellini). Am

missibilità di richiesta di referendum abrogativo.

Legge, decreto, regolamento — Referendum abrogativo — Cen

trali elettronucleari — Obblighi internazionali in materia di

impiego dell'energia nucleare — Inammissibilità della richiesta

di referendum (Cost., art. 75; legge 14 ottobre 1957 n. 1203, ratifica ed esecuzione dei seguenti accordi internazionali firmati

a Roma il 25 marzo 1957: a) trattato che istituisce la Comunità

europea dell'energia atomica ed atti allegati, ecc.; legge 2 agosto 1975 n. 393, norme sulla localizzazione delle centrali elettro

nucleari e sulla produzione e l'impiego di energia elettrica).

È inammissibile, perché rivolta contro un atto normativo la cui

abrogazione comporterebbe violazione degli obblighi interna

zionali assunti dallo Stato italiano con la stipulazione del trat

tato istitutivo dell'Euratom, firmato a Roma il 25 marzo 1957

e reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957 n. 1203, la richiesta

di referendum abrogativo parziale della legge 2 agosto 1975

n. 393, recante norme sulla localizzazione delle centrali elettro

nucleari e sulla produzione e l'impiego dell'energia elettrica. (1)

(1) Per i precedenti casi di decisioni della Corte costituzionale sul l'ammissibilità di richieste di referendum abrogativo cfr. Corte cost. 25 gennaio 1972, n. 10, Foro it., 1972, I, 265; 22 dicembre 1975, n.

251, id., 1976, I, 908 ; 7 febbraio 1978, n. 16, id., 1978, I, 265; 2 giugno 1978, n. 70, id., 1978, I. 1601. Da ultimo, in dottrina, v. Mezzanotte Nania, Referendum e forma di governo in Italia, in Democrazia e

diritto, 1981, 51. Su questo tipo di giudizi della corte cfr., da ultimo, in dottrina.

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