sentenza 26 febbraio 1981, n. 33 (Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rel.Elia; Ufficio del registro atti pubblici di Milano c. Soc. Fasana Ia; interv. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Angelini Rota). Ord. Commiss. trib. II grado Milano 9 novembre 1977 (Gazz.uff. 31 gennaio 1979, n. 31)Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 4 (APRILE 1981), p. 913/914Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172818 .
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913 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 914
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 febbraio 1981, n. 33
(Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rei.
Elia; Ufficio del registro atti pubblici di Milano c. Soc. Fa
sana I*; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ange
lini Rota). Ord. Commiss. trib. II grado Milano 9 novembre
1977 (Gazz. uff. 31 gennaio 1979, n. 31).
CORTE COSTITUZIONALE;
Tributi in genere — Condono — Tributi pagati in pendenza di
opposizione — Diritto al rimborso — Esclusione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 53; d. 1. 5 novembre 1973 in. 660, norme per agevolare la definizione delle pen denze in materia tributaria, art. 6; legge 19 dicembre 1973
n. 823, conversione in legge, con modificazioni, del d. 1. 5 no
vembre 1973 n. 660).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 6 d. I. 5 no
vembre 1973 n. 650, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973 n. 823, nella parte in cui non prescrive il
rimborso delle imposte pagate in pendenza di opposizione
all'ingiunzione di pagamento ed in eccedenza a quanto risulti
dovuto in applicazione del condono fiscale, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (1)
La Corte, ecc. — 1. - Malgrado la formulazione piuttosto ri
duttiva, adottata nel dispositivo dell'ordinanza dalla Commissio ne tributaria di II grado di Milano (l'art. 6 viene denunziato « in
quanto non prevede il diritto a rimborso di tributi pagati in
pendenza di opposizione, successivamente estinta per condono fiscale »), la questione di legittimità costituzionale riguarda più propriamente la conformità o meno agli art. 3 e 53 Cost, della esclusione dalla applicabilità del d. 1. n. 660 del 1973 dei con
tribuenti, i quali abbiano provveduto al pagamento del tributo
richiesto in pendenza della controversia « sotto l'impulso di atti coattivi »; in altre parole, sotto la minaccia di riscossione coat tiva mediante esecuzione sui beni del contribuente stesso.
Come ha esattamente visto l'avvocatura dello Stato (e come risulta dagli atti di causa), la formulazione del dispositivo (e di alcune parti motive) dell'ordinanza anticipa dunque lo svolgi mento di un profilo di carattere conseguenziale (diritto a rim
borso) rispetto al tema di carattere preliminare (possibilità o meno per il contribuente di chiedere l'applicazione dell'art. 6). È ovvio che, solo se si accertasse la illegittimità costituzionale
della inapplicabilità della norma a questa categoria di contri
buenti, verrebbero in discussione sia le conseguenze a proposito della ripetibilità delle quote eccedenti l'imposta già pagate, sia
la possibilità di utilizzare, nella parte motiva della pronuncia, altre disposizioni del d. 1. n. 660 del 1973.
2. - Per giurisprudenza di Cassazione e di giudici di merito
(anche se con dissensi tra questi ultimi) deve senz'altro ammet
tersi che come « diritto vivente » sul tema proposto al giudizio di questa corte si è affermata la inapplicabilità dell'art. 6 ai con
tribuenti che abbiano già pagato l'imposta sia pure « sotto l'im
pulso di atti coattivi ». Non è tuttavia privo di significato che
la formulazione dell'art. 6 (nel testo vigente dopo le modifiche
apportate dalla legge di conversione) conforti pienamente l'in
terpretazione prevalsa: nel comma primo si prevede che le con
troversie pendenti « sono definite ... mediante il pagamento del
50% dell'imposta richiesta»; nel comma terzo la disapplicazione delle sanzioni pecuniarie è subordinata al « versamento » dei tri buti dovuti; e, infine, nel comma quarto, la prova dell'« avvenuto
versamento », da allegare alla domanda, allude chiaramente ad
un versamento ad hoc, effettuato dopo l'entrata in vigore del
decreto-legge. È evidente che tutte le proposizioni normative ora
richiamate prospettano in modo univoco pagamenti e versamenti
che si situano in un periodo successivo rispetto alla data di en
trata in vigore dell'atto avente forza di legge. Ciò spiega anche
come sarebbe stato del tutto superfluo, se non contraddittorio,
ogni divieto di ripetizione di imposte già pagate. Infine, nelle pronunce di questa corte (nn. 2 e 3 del « consi
derato in diritto» rispettivamente delle sent. nn. 96 e 119 del
1980, Foro it., 1980, I, 2100, 2378) viene in evidenza la duplice condizione cui è subordinata l'applicabilità del provvedimento: la mancata definizione di una controversia da una parte, e dal
l'altra la certezza di acquisire all'erario un introito anche ri
dotto, che si qualifica in ogni caso come « ulteriore », se riguar dato dal punto di vista delle entrate acquisite al momento della
(1) L'ordinanza 9 novembre 1977 della Commissione tributaria di
II grado di Milano è massimata in Foro it., 1979, III, 256, con nota di
richiami, ed è commentata da Benetti, in Bollettino trib., 1979, 922.
In tema di condono tributario cfr., da ultimo, Corte cost. 11 giugno 1980, nn. 79 e 80, Foro it., 1980, I, 1822; 25 giugno 1980, n. 96, id.,
1980, 1, 2100; 23 luglio 1980, n. 119, id., 1980, I, 2378, con note di
richiami.
emanazione del decreto-legge. Ciò corrisponde, tra l'altro, al ca
rattere innovativo del provvedimento, per il quale, a differenza
dei precedenti, si ricollegano sicuri benefici conseguenziali (con dono di sanzioni pecuniarie) ad una definizione della controversia
che, includendo pagamenti o versamenti di somme rigidamente
prefissate in base a criteri ex lege, può non sempre riuscire van
taggiosa per il contribuente. Di qui il carattere non assolutamente « universale » dell'applicazione del decreto, che intende si eli minare il maggior numero possibile di controversie, ma non in
modo indiscriminato; e non si può dubitare che tra le « quali ficazioni » della pendenza vi sia anche quella della produttività necessaria di un introito ulteriore.
3. - La questione sottoposta in via primaria al giudizio di que sta corte consiste pertanto nel quesito circa la legittimità costi
tuzionale della esclusione dalla sfera di applicabilità dell'art. 6
dei contribuenti che hanno già pagato le imposte suppletive quan do gli uffici tributari si siano avvalsi della facoltà di procedere a riscossione coattiva, nonostante la pendenza di opposizione.
La questione non è fondata. Non si può negare, in primo luogo, che diversa sia la situazione di chi ha già pagato e di chi può definire la controversia pagando. Né la diversità di trattamento
tra queste due categorie di contribuenti è irragionevole, nel senso
che la differenza presupposta come criterio di distinzione corri
sponde alle finalità assunte dal legislatore e caratterizzanti il
provvedimento. A loro volta, tali finalità, ponendosi come stru
mentali rispetto ad una migliore attuazione dell'art. 53 Cost, (avvio della riforma tributaria), sono congruenti con tale obiettivo co
stituzionalmente rilevante; inoltre il legislatore ha adottato con
coerenza congegni operativi di carattere automatico e, in certa
misura, astratto: sicché è esclusa, per la fattispecie normativa
che qui interessa, ogni possibilità di valutare, ai fini dell'applica zione del d. 1. n. 660 del 1973, se gli uffici tributari si siano av
valsi in modo pienamente legittimo dei poteri ad essi spettanti in tema di riscossione coattiva. Di fronte a pagamenti effettuati
anteriormente in condizioni di regolarità formale, il legislatore ha preferito rinunciare anche ai vantaggi che potevano derivare
da una soluzione definitiva della controversia in sede di appli cazione dell'art. 6 e dalla conseguenziale definitività dell'introito
in quella sede conseguito. Né si può trascurare che le disparità di trattamento suscettibili di prodursi tra contribuenti in situa
zioni in apparenza analoghe non differiscono sostanzialmente da
quelle che, per effetto dell'automatismo caratterizzante il prov
vedimento, questa corte ha riconosciuto non contrastanti con i
precetti dell'art. 3 Cost. (sent. nn. 96 e 119 del 1980). Quanto all'art. 53 Cost., esso non è evocato a proposito in
ordine alla sussistenza della capacità contributiva ed al suo ac
certamento, mentre, per ciò che concerne la parità nel tratta
mento tributario, valgono le considerazioni svolte in tema di
art. 3 Cost.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 6 d. 1. 5 novembre 1973 n. 660,
convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1973 n.
823, sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria di II grado di
Milano.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 febbraio 1981, n. 32
(Gazzetta ufficiale 4 marzo 1981, n. 63); Pres. Amadei, Rei.
Bucciarelli Ducei; imp. Narra; interv. Pres. cons, ministri
(Avv. dello Stato Azzariti). Ord. Pret. Milano 29 marzo 1978
(Gazz. uff. 17 gennaio 1979, n. 17).
Notificazione di atti penali — Imputato irreperibile — Regime delle successive notifiche — Questione infondata di costitu
zionalità (Cost., art. 24; cod. piloc. pen., art. 171; legge 8 ago sto 1977 in. 534, modificazioni tìl codice di procedura penale, art. 4).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 171, 5° com
ma, cod. proc. pen., come modificato dall'art. 4 legge S agosto 1977 n. 534, nella parte in cui prevede che qualora l'imputato non abbia provveduto ad eleggere domicilio a seguito dell'in
vito rivoltogli a tal fine in occasione del primo atto proces suale che gli conferisca tale qualità, le notificazioni gli siano
effettuate mediante deposito nella cancelleria o segreteria del
l'ufficio giudiziario nel quale si procede, dandosene avviso al
difensore, in riferimento all'art. 24, 2° comma, Cost. (nella mo
tivazione si precisa che tale disposizione non può essere inter
pretata come applicabile anche nell'ipotesi in cui l'invito ad
Il Foro Italiano — 1981 — Parte I- 59.
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