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sentenza 26 gennaio 2000; Pres. Bucci, Est. Mangano; Canevacci (Avv. Gallo) c. Graziosi (Avv. Dante)

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sentenza 26 gennaio 2000; Pres. Bucci, Est. Mangano; Canevacci (Avv. Gallo) c. Graziosi (Avv. Dante) Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 3009/3010-3013/3014 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195560 . Accessed: 28/06/2014 11:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.121 on Sat, 28 Jun 2014 11:41:50 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 26 gennaio 2000; Pres. Bucci, Est. Mangano; Canevacci (Avv. Gallo) c. Graziosi (Avv.Dante)Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 3009/3010-3013/3014Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195560 .

Accessed: 28/06/2014 11:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il carattere di liceità e di correttezza che deve assumere ogni fase del trattamento dei dati personali — ivi compresa dunque la comunicazione e diffusione di essi — ai sensi della lett. a) dell'art. 9 1. 675/96 risulta pertanto nel caso di specie oggetto di concreta ed effettiva violazione e determina il diritto dell'at

trice al risarcimento del conseguente danno.

4. - Così accertata e dichiarata la lesività dell'articolo in que stione per l'onore e la reputazione dell'attrice Iannini, deve es

sere conseguentemente dichiarato ex art. 2043 c.c. il diritto del

la medesima al risarcimento del danno conseguente nei confronti

dei convenuti in via tra loro solidale.

Per quanto riguarda il convenuto De Bortoli l'attribuzione di

responsabilità deriva dalla sua qualifica di direttore responsabile del quotidiano all'epoca di pubblicazione della mappa contestata.

È noto infatti che la responsabilità del direttore responsabile viene generalmente configurata sotto il profilo dell'agevolazio ne colposa del delitto di diffamazione commesso da altri (v. art. 57 c.p.), pur potendo il medesimo anche in determinate

circostanze concorrere nel reato stesso di diffamazione.

La responsabilità del direttore del quotidiano risulta in so

stanza integrata nel caso di specie in considerazione dell'omis

sione del dovuto controllo volto ad impedire la consumazione

di fatti penalmente rilevanti — realizzati nel caso di specie dalla

formulazione della mappa — mediante l'esercizio dei poteri ad

esso spettanti nell'esercizio delle sue attribuzioni di direttore re

sponsabile della testata giornalistica.

Quanto alla società editrice convenuta, la responsabilità della

stessa discende dal disposto dell'art. 11 1. 47/48 che prevede nei reati commessi col mezzo della stampa la civile responsabili tà del proprietario della pubblicazione e dell'editore in solido

con gli autori del reato stesso.

I convenuti devono essere pertanto ritenuti obbligati in solido

tra loro al risarcimento del danno in favore dell'attrice in riferi

mento all'accertata diffamazione, danno che si ritiene di liqui dare nella somma già rivalutata e comprensiva di interessi di

trenta milioni di lire e che costituisce ristoro del solo danno

morale di cui all'art. 2059 c.c. — non risultando provato alcun

danno patrimoniale — determinato secondo criteri di equità in

considerazione della posizione professionale dell'attrice e dell'i

nevitabile esposizione pubblica che ad essa consegue, della gra vità e del rilievo dell'indebita prospettazione del ruolo della me

desima attrice in fatti di indubbio rilievo sociale nonché in con

siderazione dei presumibili effetti e della portata dell'illecito

diffamatorio in specie sulla reputazione professionale dell'attri

ce rispetto all'ampiezza di diffusione del quotidiano in questione. Oltre a tale somma si ritiene conforme ad equità liquidare

in favore dell'attrice l'ulteriore importo di cinque milioni di lire — al valore attuale della moneta e interessi legali compresi ad

oggi — ai sensi dell'art. 12 1. 8 febbraio 1948 n. 47.

Ritiene invero il giudicante che detta sanzione pecuniaria ac

cessoria rivesta natura civilistica e discenda dall'accertamento — sia pure in via incidentale — della sussistenza degli elementi

costitutivi del reato previsto dall'art. 595 c.p. (Cass. 19 gennaio

1993, Bonaga, id., Rep. 1993, voce Stampa ed editoria, n. 23; 23 aprile 1991, Talamanca, id., Rep. 1992, voce cit., n. 15;

13 aprile 1989, Corsi, id., Rep. 1990, voce cit., n. 35).

Quanto all'accertata violazione dell'art. 9, lett. a), 1. 675/96,

sia la convenuta casa editrice che il direttore responsabile devo

no essere dichiarati tenuti in via tra loro solidale al conseguente risarcimento del danno, la prima in relazione alla previsione di cui all'art. 2049 c.c. ed il secondo in relazione ai doveri di

controllo e di direzione connaturati alla funzione da esso rive

stita nell'ambito del quotidiano. Nulla risultando sul piano della lesione patrimoniale, anche

in tal caso risulta risarcibile il solo danno morale — specifica mente previsto dal disposto dell'ultimo comma dell'art. 29, 9°

comma, 1. 675/96 al di là delle ipotesi tradizionalmente ricon

nesse all'art. 2059 c.c. — che, tenuto conto dei medesimi criteri

innanzi esposti per la determinazione del danno conseguente al

la diffamazione, deve liquidarsi in via equitativa nella ulteriore

somma di dieci milioni di lire al valore attuale della moneta

ed interessi legali compresi fino alla data della presente sentenza.

Sulla somma così complessivamente determinata devono dun

que essere riconosciuti gli interessi legali dalla data di pubblica

zione della presente sentenza.

Il Foro Italiano — 2000.

TRIBUNALE DI ROMA; sentenza 26 gennaio 2000; Pres. Buc

ci, Est. Mangano; Canevacci (Avv. Gallo) c. Graziosi (Avv.

Dante).

TRIBUNALE DI ROMA;

Matrimonio — Divorzio — Procedimento — Domanda ricon

venzionale — Comparsa di risposta — Termine di decadenza — Decorrenza (Cod. proc. civ., art. 152, 165, 166, 167, 180,

183, 184, 707; 1. 1° dicembre 1970 n. 898, disciplina dei casi

di scioglimento del matrimonio).

Nei giudizi di divorzio la costituzione dell'attore si perfeziona con il deposito del ricorso mentre quella del convenuto deve

essere riferita alla prima udienza davanti al giudice istruttore,

sicché il termine di decadenza per proporre le domande ricon

venzionali decorre a ritroso dalla prima udienza fissata da

vanti a quest'ultimo e non da quella avanti il presidente. (1)

(1) In senso conforme, Trib. Napoli 12 febbraio 1997, Gius, 1997, 1399.

In senso contrario, cfr. Trib. Milano 27 giugno 1997, Dir. famiglia, 1998, 1009, con nota di Danovi. Cfr., altresì, Trib. Milano 27 settem

bre 1993, Foro it., Rep. 1995, voce Matrimonio, n. 168, e Famiglia e dir., 1995, 139, con nota di Vullo, secondo cui «sono tardive e dun

que inammissibili le eventuali domande riconvenzionali» proposte dopo l'udienza presidenziale. Per l'orientamento dei vari tribunali italiani, v. Galizia-Danovi, Gli effetti della riforma del rito civile nei giudizi di separazione e divorzio, id., 1997, 289, che riferisce le prassi dei di

versi uffici giudiziari. La pronuncia del Tribunale di Roma prende posizione sulla contro

versa questione concernente i rapporti fra fase presidenziale e fase da

vanti al g.i. nei giudizi di separazione e divorzio, che, pur numerose

varianti interpretative, vede divise dottrina e giurisprudenza tra chi af

ferma che l'udienza presidenziale sia anche udienza di comparizione e rispetto ad essa maturino le preclusioni e chi individua tale momento

nell'udienza innanzi all'istruttore.

Nella fattispecie in esame, il coniuge convenuto avava proposto do

manda riconvenzionale nella comparsa di risposta, depositata all'atto

della sua costituzione, nei venti giorni anteriori alla data fissata per l'udienza davanti al g.i.; il ricorrente aveva eccepito la tardività della

domanda riconvenzionale avanzata dal coniuge convenuto, in quanto quest'ultimo si sarebbe tardivamente costituito dopo la celebrazione del

l'udienza presidenziale. Il Tribunale di Roma, rilevato che «il principio di unicità dell'intero procedimento, ricomprendente la fase presidenzia

le, è stato affermato esclusivamente con riguardo al momento della co

stituzione dell'attore e degli effetti e degli oneri che si debbono ricolle

gare a tale atto», ritiene di non aderire alla tesi secondo cui nell'udien

za presidenziale, «ai poteri e alle attività devolute dalla legge speciale al presidente ... si cumulano anche le attività di verifica» di cui al

l'art. 180 c.p.c., fatta propria in particolare dal Tribunale di Milano

con instaurazione della prassi definita da Mandrioli, li «rito ambrosia

no» nei giudizi di separazione e divorzio, id., 1994, 215 «per scherzosa

brevità», «rito ambrosiano». Per ben comprendere tale prassi, cfr. Ser

vetti, Osservazioni d'ordine processuale in tema di divorzio e separa zione personale, ibid., 211, che espone dettagliatamente l'orientamento

seguito dal Tribunale di Milano nei processi di separazione e divorzio.

In dottrina, sulla questione relativa ai rapporti fra fase presidenziale e fase davanti al g.i., v. Finocciiiaro, I processi ordinari introdotti

con ricorso, relazione tenuta all'incontro di studio organizzato dal Csm, Frascati 26-28 ottobre 1998, in corso di pubblicazione in Quaderni Cons,

sup. magistratura; Saletti, in Diritto di famiglia. I. Famiglia e matri

monio, Trattato diretto da Bonilini-Cattaneo, Torino, 1997, 594 ss.; Barbiera, Separazione e divorzio: fattispecie, disciplina processuale,

effetti patrimoniali, Bologna, 1997, 142; Luiso, Separazione e divorzio

dopo la riforma del codice di procedura civile, in Giur. it., 1996, IV,

233, i quali sostengono tutti la necessità che il convenuto si costituisca

con riferimento all'udienza presidenziale; Salvaneschi, I procedimenti di separazione e divorzio dopo la novella del processo civile, in Riv.

dir. proc., 1996, 31, il quale, dopo aver affermato che l'udienza presi denziale può essere considerata quale «udienza di comparizione a tutti

gli effetti determinati dalla legge», rileva tuttavia che «attribuire le fun

zioni di trattazione proprie del g.i. al presidente del tribunale possa

comportare un soverchio appesantimento della fase presidenziale . . .

con correlato ritardo nella pronuncia dei provvedimenti presidenziali»;

Masoni, Separazione e divorzio dopo la novella processuale, in Docu

menti giustizia, 1997, 1683, il quale affronta, fra l'altro, il tema della

forma della domanda introduttiva, dell'eventuale necessità dell'avverti

mento ex art. 163, n. 7, c.p.c., della ricostruzione bifasica del procedi mento nonché quello della costituzione di attore e convenuto, affer

mando, fra l'altro, che «se può . . . concordarsi con chi ritiene

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PARTE PRIMA 3012

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato l'8 gen naio 1998 e notificato il 28 gennaio 1998, Guido Canevacci chie deva che questo tribunale pronunciasse la cessazione degli effet ti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso da lui contratto in Roma il 24 luglio 1970 con Stefania Graziosi.

Premesso che dalla unione coniugale erano nati due figli, l'u no nel 1972 e l'altra nel 1973, il ricorrente deduceva, a sostegno della domanda, che viveva ininterrottamente separato dalla mo

glie fin dal 24 giugno 1988 in forza di provvedimento di separa zione consensuale omologato e che era ormai irrimediabilmente cessata la comunione materiale e spirituale tra i coniugi.

Comparse le parti davanti al presidente del tribunale, che va namente tentava di conciliarle, era nominato il g.i.

Costituitosi il contraddittorio, il ricorrente ribadiva la domanda

divorzile, cui non si opponeva la resistente, che, peraltro, intro duceva istanze di carattere patrimoniale, chiedendo un assegno divorzile per sé, oltre a quello, non contestato dal ricorrente,

per il mantenimento della figlia maggiorenne ed economicamente non autonoma, ancora convivente con la madre.

Avendo le parti articolato le proprie richieste istruttorie nei termini loro accordati ai sensi dell'art. 184 c.p.c., il g.i., rileva ta l'eccezione preliminare di tardività della domanda riconven zionale proposta dal ricorrente, le invitava a precisare le con

clusioni; quindi la causa, rimessa al collegio sulle conclusioni in epigrafe indicate, era posta in decisione il 15 ottobre 1999.

che l'attività presidenziale si risolva ... in una fase del procedimento contenzioso, . . . iniziato con ... il deposito del ricorso introduttivo, non può affermarsi, per questo solo fatto, che il processo sia unico»; Nappi, I procedimenti di separazione personale dopo il 30 aprile 1995, in Dir. famiglia, 1995, 1174, che ritiene non indispensabile una fase pre-contenziosa e concorda con la tesi secondo cui la prima udienza davanti al presidente deve considerarsi a tutti gli effetti come prima udienza del procedimento di separazione personale; Tommaseo, Nuovo rito civile e procedimenti di separazione e divorzio, in Famiglia e dir., 1994, 565, il quale si discosta dalla tesi sostenuta dal Tribunale di Mila no e afferma che «se il convenuto non si è costituito nella fase presi denziale — indifferente essendo se sia comparso o no all'udienza da vanti al presidente — le preclusioni maturano a suo carico solo quando egli non provveda a costituirsi nel rispetto del termine di cui all'art. 166 c.p.c. e quindi almeno venti . . . giorni prima dell'udienza di com parizione davanti all'istruttore»; nello stesso filone, cfr. altresì Mancu so, Brevi annotazioni sulla fase introduttiva nei procedimenti di separa zione e di divorzio alta luce del d.l. 238/95, id., 1995, 593, secondo cui «sembra assolutamente improponibile un parallelismo tra la prima udienza di comparizione del processo ordinario ... — destinata esclu sivamente alla verifica dell'effettività del contraddittorio ... — e l'u dienza presidenziale nei procedimenti di separazione e divorzio, che ha invece un ruolo centrale nell'ambito dell'intero procedimento»; nello stesso senso, Bonsignori, Separazione e divorzio dopo la riforma del codice di procedura civile, in Quadri-Finocchiaro-Bonsignori, Sul di ritto di famiglia, Rimini, 1997, 69 ss.

Sottolineano l'esigenza di un intervento legislativo atto a colmare «una vera e propria lacuna nella disciplina normativa di tale giudizio», Vul lo, Costituzione de! convenuto e preclusioni nel procedimento di divor zio, in Famiglia e dir., 1995, 139; Galizla-Danovi, Gli effetti della riforma de! rito civile nei giudizi di separazione e divorzio, cit.

Sulla costituzione dell'attore, v. Cass. 8 settembre 1992, n. 10291, Foro it., 1993, I, 116, secondo cui «così come nel giudizio di separazio ne personale, anche in quello di divorzio, essendo l'atto introduttivo un ricorso, la costituzione in giudizio dell'attore si ha con il deposito del ricorso stesso e la vocatio in ius deve intendersi realizzata con la semplice notificazione del predetto atto. In tali procedimenti non è per tanto configurabile una costituzione dell'attore ex art. 165 c.p.c., e que st'ultimo non ha l'onere di presentare la nota di iscrizione a ruolo, ma solo quello di depositare, ex art. 38 disp. att. c.p.c., l'atto introdut tivo nella cancelleria del giudice adito».

Sul termine tra udienza presidenziale e udienza innanzi all'istruttore, v. Tommaseo, in Commentario al diritto italiano della famiglia diretto da Cian-Oppo-Trabucchi, Padova, 1993, IV, 1, 294 ss., che distingue fra l'ipotesi in cui il convenuto si è costituito e l'ipotesi in cui il conve nuto non si è costituito: nella prima — secondo l'a. — il presidente può fissare l'udienza davanti all'istruttore, senza il rispetto dei termini dilatori, mentre solo in presenza della necessità di procedere all'integra zione della domanda e della comparsa di risposta, deve fissare una nuo va udienza nel rispetto dei termini ex art. 184 c.p.c.; nella seconda ipo tesi il presidente deve fissare l'udienza di comparizione parti innanzi all'istruttore tenendo conto dei termini ex art. 166 e 167 c.p.c.

Il Foro Italiano — 2000.

Motivi della decisione. — Dalla istruttoria svolta è emerso che i coniugi Canevacci-Graziosi vivono ininterrottamente sepa rati dal 24 giugno 1988, in virtù di separazione consensuale omo

logata. Così verificata l'esistenza di una delle ipotesi previste dal

l'art. 3, n. 2, lett. b), 1. 1° dicembre 1970 n. 898, il collegio deve escludere ogni possibilità di ricostituzione del consorzio familiare: il tempo ormai trascorso dalla separazione e il conte

gno processuale delle parti convincono il tribunale che la comu nione materiale e spirituale tra i coniugi si è definitivamente

esaurita.

Deve, pertanto, pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto dalle parti, ordinando si al competente ufficiale dello stato civile di procedere all'an

notazione della presente sentenza.

Quanto agli ulteriori aspetti della controversia, il collegio ri leva che è preliminare l'esame dell'eccezione del ricorrente, il

quale ha opposto la tardività della domanda riconvenzionale, proposta dalla Graziosi con la comparsa di risposta, depositata, all'atto della sua costituzione, con venti giorni di anticipo ri

spetto alla prima udienza davanti al g.i. Ad avviso del ricorrente la parte convenuta, secondo il com

binato disposto degli art. 166 e 167 c.p.c., sarebbe decaduta dalla facoltà di proporre domande riconvenzionali, in quanto si sarebbe tardivamente costituita dopo la celebrazione dell'u dienza presidenziale. A quella udienza, infatti, Stefania Grazio

si, comparsa personalmente, si è limitata a rendere il libero in

terrogatorio davanti al presidente ed a partecipare al tentativo di conciliazione dallo stesso esperito, costituendosi successiva mente in cancelleria venti giorni prima dell'udienza fissata da vanti al g.i.

A fondamento di tale ricostruzione del processo di divorzio, che ritiene tempestiva la costituzione del convenuto, nel rispetto dei termini dell'art. 166 c.p.c., soltanto in riferimento alla data

dell'udienza presidenziale, il ricorrente invoca la natura conten ziosa della fase presidenziale, affermata dalla Cassazione nella sent. 24 giugno 1989, n. 3095 (Foro it., Rep. 1989, voce Separa zione di coniugi, n. 35).

In realtà in quella pronuncia, resa con riguardo al procedi mento di separazione, ma i cui fondamenti sono stati ripresi e confermati per il giudizio di divorzio dalla successiva Cass., sez. I, 8 settembre 1992, n. 10291 (id., 1993, I, 116), il principio di unicità dell'intero procedimento, ricomprendente la fase pre sidenziale, è stato affermato esclusivamente con riguardo al mo mento della costituzione dell'attore e degli effetti e degli oneri che si debbono ricollegare a tale atto.

Vi si legge, infatti, che «nei procedimenti contenziosi che ini ziano con ricorso si verifica un'inversione logica e cronologica — rispetto a quelli in cui la domanda si propone con citazione — nella successione del rapporto delle parti tra loro e del rap porto parti-giudice, nel senso che si determina per primo il rap porto cittadino-giudice, per il solo fatto della presentazione del

ricorso, ed in un momento successivo, con la notificazione del ricorso e del decreto, si instaura il contraddittorio tra le parti, con la conseguenza che in tali procedimenti non si configura, in quanto del tutto inutile, una costituzione dell'attore ai sensi dell'art. 165 c.p.c.»; pertanto, nel giudizio di separazione per sonale come in quello di divorzio l'atto introduttivo è costituito dalla domanda proposta al tribunale con il ricorso, e con la sua notifica si realizza la vocatio in ius, mentre il deposito del ricorso stesso avvenuto nella fase presidenziale vale ad integrare la costituzione della parte in giudizio, senza altro onere a suo carico. In definitiva, sulla base della riconosciuta unicità del

giudizio, pur articolato nelle sue diverse fasi, viene affermata dalla Cassazione soltanto la non necessità, terminata la fase pre sidenziale imposta dalla legge, di proporre un'altra domanda che comporti una successiva costituzione dell'attore davanti al

g.i., senza che dalla stessa premessa venga fatta derivare alcuna

conseguenza in ordine alla disciplina della costituzione del con venuto e all'individuazione dell'udienza alla quale debbano ri

collegarsi i termini di decadenza stabiliti dagli art. 165 e 167 c.p.c. Viceversa, l'eccezione opposta dal ricorrente alla domanda

riconvenzionale della parte convenuta, ha come ulteriore postu lato, oltre a quello dell'unicità del procedimento e della stessa

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

natura contenziosa delle due fasi giudiziali, il riconoscimento

della completa assimilazione dell'udienza presidenziale nei pro cessi di separazione e di divorzio all'udienza di prima compari zione di cui all'art. 180 c.p.c.

Questo tribunale non ritiene di aderire a tale interpretazione, secondo la quale ai poteri e alle attività devolute dalla legge

speciale al presidente (esperimento del tentativo di conciliazio

ne, adozione dei provvedimenti provvisori, fissazione dell'udienza

di prosecuzione del giudizio davanti all'istruttore) si cumulano

anche le attività di verifica della valida costituzione delle parti e del rispetto del contraddittorio, ivi compresa la dichiarazione

di contumacia del convenuto non costituito, che competono al

g.i. ai sensi dell'art. 180 c.p.c. Allo stato, infatti, la disciplina dell'udienza presidenziale appare incompatibile con la normati

va applicabile all'udienza di prima comparizione davanti al g.i., e il più insuperabile livello d'incompatibilità tra le due discipli ne concerne proprio la costituzione del coniuge convenuto.

Premesso che l'unicità del procedimento di separazione e di

divorzio non smentisce la natura bifasica del giudizio, non può

prescindersi dal considerare il disposto dell'art. 707 c.p.c. e del

l'art. 4, 7° comma, 1. n. 898 del 1970 e successive modificazioni

relativamente all'obbligo di comparizione personale delle parti all'udienza presidenziale. A tale proposito va ricordato che an

che l'intervento correttivo della Corte costituzionale (espresso con riferimento al giudizio di separazione giudiziale, ma i cui

principi sono estensibili anche al giudizio di divorzio, stante la

sostanziale identità dei due procedimenti, ribadita di recente da

Corte cost. 10 maggio 1999, n. 154, id., 1999, I, 2168), non

ha imposto alcun obbligo di costituzione al coniuge convenuto, ma ha semplicemente dichiarato l'illegittimità del divieto per le parti di farsi assistere da un difensore, precisando che tale

illegittimità viene in evidenza per la seconda parte dell'udienza

presidenziale (quella successiva al tentativo di conciliazione), al

lorché diventa attuale il contrasto, concreto o potenziale, tra

i contendenti sulla base delle domande avanzate con il ricorso

introduttivo o delle pretese direttamente prospettate dal presi dente del tribunale.

Sollecitata a rimeditare questo principio anche con riferimen

to alla prima parte dell'udienza presidenziale, la corte ha espli citamente escluso che l'assenza dei difensori in questo momento

costituisca una violazione del diritto di difesa, sia perché «nel

corso del procedimento si instaura il contraddittorio con pie nezza di assistenza tecnico-professionale per le parti» sia perché a seguito della mancata comparizione del coniuge convenuto

all'udienza presidenziale non derivano decadenze o preclusioni,

poiché «qualora (egli) avesse interesse allo svolgimento del ten

tativo di conciliazione, (lo stesso) vede tutelato tale interesse

nell'attività processuale cui doverosamente, data la natura della

causa, è chiamato il g.i. ai sensi dell'art. 185 c.p.c.». Tali prin

cipi, contenuti nella sent. 30 giugno 1971, n. 151 della Corte

costituzionale (id., 1971, I, 2132), sono stati richiamati dalla

stessa autorità nella più recente ord. n. 389 del 1996 (id., Rep.

1997, voce cit., n. 67). Per quanto esposto, rimane insuperabile l'impossibilità di di

chiarare la contumacia di una parte ad una udienza alla quale la stessa non è obbligata a costituirsi, imponendole, pertanto, in aperto contrasto con il disposto dell'art. 152 c.p.c., una de

cadenza incompatibile con la facoltà di non costituirsi all'u

dienza presidenziale prevista dalla legge. In sostanza, ad avviso del tribunale, fermo restando che la

costituzione dell'attore si perfeziona con il deposito del ricorso,

va ritenuto che la costituzione del convenuto debba essere rife

rita alla prima udienza davanti all'istruttore, sicché il presidente

non può dichiarare la contumacia del convenuto non comparso

(salva l'applicazione dell'art. 707, 3° comma, c.p.c.) ovvero com

parso personalmente ma non costituito.

Infatti, l'udienza presidenziale assegna un ruolo centrale alla

comparizione personale delle parti, ricollegandovi effetti parti

colari (art. 707, 2° e 3° comma, c.p.c.), ma rinvia ad altri mo

menti (il deposito del ricorso e la prima udienza davanti all'i

struttore) la loro costituzione in giudizio.

Né l'indefettibile principio di parità di posizione delle parti, corollario della regola fondamentale del contraddittorio, deve

necessariamente tradursi nell'anticipata costituzione di ambedue

Il Foro Italiano — 2000.

le parti rispetto alla medesima udienza. È infatti ricorrente nel

la giurisprudenza costituzionale l'affermazione secondo cui il

rispetto del diritto di difesa ai sensi dell'art. 24 Cost, non impo ne l'adozione di una unica forma processuale, ma consente al

legislatore di modularne le condizioni in relazione alle caratteri

stiche di ciascun procedimento. E nel caso della disciplina pro cessuale in oggetto, la posizione dell'attore, alla luce delle pos sibilità di integrazione del ricorso ai sensi degli art. 183 e 184

c.p.c., con riferimento alla domanda riconvenzionale del conve

nuto, non soffre alcun particolare sacrificio per effetto di que sta ricostruzione.

Tanto premesso, deve essere respinta l'eccezione preliminare

proposta dal ricorrente, ritenuta la tempestività della domanda

riconvenzionale avanzata dalla resistente, costituitasi venti gior ni prima dell'udienza davanti al g.i., fissata dal presidente, una

volta verificato l'esito negativo del tentativo di conciliazione.

La causa, pertanto, deve proseguire ai sensi dell'art. 4, 9°

comma, 1. n. 898 del 1970 e successive modificazioni per la de

terminazione delle pronunzie conseguenziali, attinenti all'asse

gno divorzile e a quello per il mantenimento della figlia mag

giorenne non economicamente autonoma, convivente con la

madre.

TRIBUNALE DI VERONA; sentenza 19 novembre 1999; Pres.

Iannetti, Est. D'Ascola; U. Vantini (Avv. Carcereri de

Prati) c. Gabr. Vantini (Avv. Pernigo), Giul. Vantini (Avv.

Righetti).

TRIBUNALE DI VERONA;

Successione ereditaria — Devoluzione «ab intestato» — Accet

tazione — Rinvenimento tardivo di testamento — Effetti (Cod.

civ., art. 483, 533, 535).

Usucapione — Beni immobili — Usucapione decennale — Ac

cettazione dell'eredità devoluta per legge — Titolo provenien te «a non domino» — Configurability — Esclusione (Cod.

civ., art. 459, 1159).

Posto che il vigente ordinamento giuridico non contempla due

distinti diritti di accettazione dell'eredità, l'uno per la devolu

zione testamentaria e l'altro per quella legittima, l'accettazio

ne dell'eredità devoluta per legge consente al chiamato, nel

caso di testamento successivamente scoperto, qualunque sia

il tempo trascorso dall'apertura della successione, di chieder

ne l'esecuzione. (1)

L'accettazione dell'eredità devoluta per legge non concreta il

requisito del titolo proveniente a non domino, idoneo in astrat

to al trasferimento della proprietà, per il compimento dell'u

sucapione abbreviata. (2)

(1-2) 11 principio romanistico, secondo cui nemo pro parte testatus

pro parte intestatus decedere potest, non è stato recepito nel nostro ordinamento giuridico, che riconosce la possibilità della coesistenza tra

successione legittima e testamentaria. Detta possibilità viene riconosciu

ta dall'art. 457 c.c., per il quale non si fa luogo alla successione legitti ma se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.

La sentenza in epigrafe si occupa del singolare caso in cui, trascorsi

circa venti anni dalla morte del genitore, uno dei figli rinviene un testa

mento precedentemente ignorato, in base al quale egli avrebbe diritto ad una quota maggiore rispetto a quella devolutagli ex lege. I giudici veronesi si uniformano ad un costante orientamento giurisprudenziale secondo cui, perché il chiamato possa chiedere l'esecuzione di un testa

mento scoperto posteriormente al decorso del termine di prescrizione,

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