sentenza 26 giugno 1982; Pres. Gamba, Est. Ponzetto; Voituron (Avv. Incisa, Segré, Vincenzi) c.Soc. Gilby (Avv. Bonamico, M. Gorla)Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 5 (MAGGIO 1983), pp. 1453/1454-1457/1458Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175541 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
l'improcedibilità è invece una qualità della domanda medesima, che può essere accertata dal giudice solo nell'ambito di un
procedimento in atto, e cioè sempre che esso non si sia, per un
qualsiasi ragione, estinto. Nel caso oggi all'esame del tribunale è
dunque da ritenere che il giudice dell'esecuzione, dichiarando
l'improcedibilità dell'istanza di vendita, siccome non corredata della prescritta documentazione ipocatastale, non solo ha emesso una pronuncia avente un contenuto completamente diverso da
quello di accertamento dell'estinzione del procedimento, ma ha
anzi implicitamente escluso che estinzione vi fosse stata (e in
particolare che l'omesso deposito della documentazione avesse
provocato un tale effetto), giacché in tal caso non gli sarebbe
stato consentito di esaminare la istanza di vendita, sia pure al
limitato fine di accertarne la procedibilità. Detto ciò, si deve convenire con il reclamante, e con la
consolidata giurisprudenza di legittimità, sulla affermazione che
l'omesso deposito della documentazione ipocatastale a corredo
dell'istanza di vendita non produce estinzione del procedimento
esecutivo, neppure nel caso che il giudice della esecuzione abbia
all'uopo assegnato un termine, ma si deve poi aggiungere che un
tale principio nessun rilievo può avere nella decisione del recla
mo qui esaminato, perché nessuna declaratoria di estinzione è
stata nella fattispecie emessa dal giudice dell'esecuzione. Discen
de da tali premesse che un reclamo al collegio non era nella
specie consentito contro le ordinanze del giudice dell'esecuzione,
non essendo previsto dall'art. 630 c. p. c. né da alcuna altra
norma; e si pone quindi l'ulteriore problema di accertare quale
fosse, nella specie, il rimedio apprestato dall'ordinamento a
tutela dei diritti del creditore procedente. Al riguardo sembra di
dover distinguere da un lato le ordinanze con le quali veniva
assegnato un termine per il deposito della prescritta documenta
zione, e veniva poi prorogato tale termine (ordinanze per le
quali appare difficilmente ipotizzabile perfino un interesse del
creditore procedente all'impugnazione), nonché quella con la
quale veniva respinta la richiesta di ulteriore proroga del termi
ne medesimo; e dall'altro lato l'ordinanza con la quale l'istanza
di vendita è stata dichiarata improcedibile. Mentre per le prime — che sono provvedimenti aventi esclusivamente contenuto e
finalità di direzione del processo esecutivo, e come tali revocabi
li e modificabili dallo stesso giudice dell'esecuzione entro i limiti
fissati dalla legge — non sembrano esservi particolari rimedi
all'infuori delle istanze dirette appunto alla loro modifica o
revoca da parte dello stesso giudice dell'esecuzione, diversamen
te è certo da dire per l'altra. Quest'ultima ha per contenuto una
pronuncia sull'istanza di vendita, non diversamente dalla ordi
nanza che dispone la vendita dei beni pignorati, e come questa costituisce un atto diretto a concretare la pretesa esecutiva,
sebbene (e in ciò all'opposto dell'ordinanza di vendita) in termi
ni negativi, e cioè di diniego dell'azione esecutiva intrapresa dal
creditore pignorante. Essa incide quindi, al pari degli atti esecu
tivi, su diritti soggettivi (e precisamente sul diritto del creditore
procedente a far vendere nel processo esecutivo intrapreso i beni
da lui pignorati), e non attiene soltanto alla direzione del pro cesso esecutivo. 11 rimedio apprestato dal codice di rito per tali
casi è quello dell'opposizione agli atti esecutivi. Risulta che il
creditore procedente, oltre a proporre il reclamo al collegio qui
esaminato, ha anche proposto un'opposizione agli atti esecutivi;
in quella sede dunque potranno e dovranno essere esaminate nel
merito le doglianze del creditore procedente in ordine al conte
nuto dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione, che ha dichiarato
improcedibile la sua istanza di vendita. (Omissis)
TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 26 giugno 1982; Pres.
Gamba, Est. Ponzetto; Voituron (Avv. Incisa, Segré, Vin
cenzi) c. Soc. Gilby (Avv. BonamiCo, M. Gorla).
TRIBUNALE DI TORINO
Agenzia (contratto di) — Limitazione all'attività di vendita —
Ammissibilità — Fattispecie (Cod. civ., art. 1742).
Non costituisce inadempimento dell'obbligo di buona fede nel
l'esecuzione del contratto di agenzia la limitazione, da parte
del preponente, dell'attività di vendita se ricorrono circostanze,
obiettivamente apprezzabili, idonee a giustificarla. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. Sebbene l'autonomia dell'agente sia in odore di rivendicazione sol
tanto formale (in quanto ricorre il fenomeno della c. d. « rappresen
Svolgimento del processo. — I fatti che hanno dato luogo alla
presente vertenza sono stati cosi descritti dal pretore: con ricorso depositato il 17 febbraio 1981 Robert Voituron esponeva che in data 15 marzo 1977 la Gilby Tubi s. p. a. lo aveva nominato proprio rappresentante per la vendita in Francia di barre in acciaio cromato e di tubi in acciaio; che la Gilby Tubi s. p. a. aveva successivamente mutato la propria denominazione in Tabitek s. p. a. e che in data 25 luglio 1978 questa società gli aveva rinnovato il contratto di agenzia per la vendita in Francia
degli stessi prodotti; che dal 1° gennaio 1980 la produzione delle barre e dei tubi in acciaio era passata alle società Teksid s. p. a. e Vertek s.p.a.; che infine nel settembre 1980, la Vertek era divenuta una divisione della s. p. a. Teksid; che il rapporto era cessato il 30 giugno 1980.
Ciò premesso il ricorrente si doleva del mancato pagamento di
provvigioni per complessivi franchi francesi 43.172, e del manca to pagamento del saldo dell'indennità per lo scioglimento del contratto, e dell'indennità di clientela per complessivi franchi francesi 5.032.50.
Il ricorrente si doleva inoltre del fatto che a partire dal 1979 le società convenute avevano progressivamente ridotto la loro attività di vendita in Francia causandogli un danno per mancate
provvigioni pari a franchi francesi 140.580, nonché un ulteriore
danno, per il discredito da lui subito per effetto delle limitazioni della sua attività di agente, da determinarsi in via equitativa.
Il ricorrente chiedeva pertanto la condanna della società con venuta a corrispondergli la somma sopra indicata con gli interes si legali calcolati al tasso del 9,5% e con il risarcimento del danno dipendente dalla svalutazione monetaria in ragione del 12,7% annuo.
Le società Teksid s.p.a. e Gilby s.p.a. si costituivano in
giudizio chiedendo di essere assolte da tutte le domande del ricorrente. Relativamente alla richiesta di provvigioni le convenu te osservavano che per alcuni ordini le provvigioni non erano dovute in quanto gli ordini stessi erano stati annullati dai
clienti, e che le restanti provvigioni erano state pagate, dopo la notifica del ricorso, o erano in corso di pagamento. Relativamen te alla richiesta del pagamento dell'indennità per lo scioglimento
tanza economica » che, come tale, presuppone un vincolo di subordi nazione di una sua parte (rappresentante) all'altra (rappresentato): cosi' già Ferri, Vendita con esclusiva, in Dir. e pratica comm., 1933, 272), la discrezionalità del preponente non è illimitata. Egli è tenuto ad osservare la parità di trattamento che qualunque iniziativa econo mica, dettata da obiettive esigenze aziendali e tesa a limitare o ampliare l'attività dell'agente, deve necessariamente avere onde evitare di incorrere in un comportamento contrario al principio della buona fede. Non sarebbe, in ipotesi, un comportamento corretto quello del preponente che, attraverso una massiccia e concertata attività dei suoi ausiliari non autonomi, giungesse a porsi in una vera e propria posizione concorrenziale con l'agente, e magari finisse, per la natura del rapporto di commercio e per le caratteristiche della zona, con l'eliminarne in pratica l'attività (cfr. Ghezzi, Il contratto di agenzia, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1970, 151). Cosi, ad es., nel caso di acquirenti usi a fornirsi una volta al mese delle merci che loro occorrono, e che vengano visitati mensil mente anche dalla casa (cfr. Formiggini, Il contratto di agenzia, in Trattato, diretto da Vassalli, Torino, 1958, 85). Integra il principio della buona fede negoziale anche l'obbligo di « non divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa e farne uso in modo da poter arrecare ad essa pregiudizio » (art. 2105 c. c.; cfr. Formiggini, cit., 77 nota 4). Inoltre, ci si deve attenere al principio della buona fede contrattuale nell'applicazione dell'art. 1743 c.c. La norma infatti è intesa ad evitare un'attività dell'agente a favore di imprese concorrenti del preponente. Tale ipotesi si verifica anche quando l'impresa concorrente è costituita dallo stesso agente (cfr. Baldi, Il contratto di agenzia, Milano, 1977, 51). È ancora il princi pio della buona fede che trova applicazione in relazione ai minimi e massimi di vendita; è la buona fede che impone di ampliare, per quanto è possibile, il volume degli affari e di non fermarsi alla quota minima fissata in contratto (cfr. Ghiron, La concorrenza e i consor zi, in Trattato, diretto da Vassalli, Torino, 1949, 64).
Nel testo di modifica della proposta di direttiva del Consiglio della CEE relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concer nenti gli agenti e i rappresentanti di commercio (indipendenti), è previsto l'obbligo a carico del preponente di « accordare all'agente il necessario sostegno per l'esercizio delle sue attività contrattuali »
(art. 10 proposta iniziale); inoltre, egli deve « procurare all'agente tutte le informazioni necessarie attinenti all'esecuzione del rapporto di agenzia, in particolare quelle relative allo stato e all'andamento futuro della produzione ed avvertirlo senza indugio qualora preveda che il volume degli affari che potrà eseguire sarà notevolmente inferiore a quello che l'agente può normalmente attendersi » (art. 10, 2° comma, b, proposta modificata, corsivo nell'originale).
Il Foro Italiano — 1983 — Parte I
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1455 PARTE PRIMA 1456
del contratto, e di clientela, le convenute contestavano che al
rapporto intercorso con il Voituron fosse applicabile l'accordo
economico collettivo invocato dalla difesa del ricorrente, e rile
vavano come egli fosse stato regolamente compensato in base
alla disciplina legislativa dell'accordo economico collettivo 20
giugno 1956, reso valido erga omnes con d.p. r. 16 gennaio 1961
n. 145. Relativamente poi alla richiesta di risarcimento dei danni
determinati dalla riduzione del suo giro d'affari, le società con
venute rilevavano che al Voituron non era stato garantito un
minimo provvigionale, e che comunque la riduzione delle vendi
te era da riferire al potere dell'imprenditore di gestire discrezio
nalmente la propria attività.
Le convenute contestavano infine la legittimità del sistema di
calcolo degli interessi legali adottato dal ricorrente.
Dopo l'esito negativo del tentativo di conciliazione, e l'interro
gatorio delle parti, la causa veniva istruita mediante l'escussione
di alcuni testimoni.
Infine, all'udienza del 15 giugno 1981 i procuratori delle parti illustravano le rispettive difese, e il pretore procedeva alla deci
sione, dando lettura del dispositivo e della sentenza.
11 pretore dopo aver dato atto che le parti convenute avevano
provveduto in corso di causa al pagamento in favore del ricor
rente della somma di franchi francesi 30.509.96 a titolo di
provvigioni, riconosceva spettare al Voituron per provvigioni l'ulteriore somma di franchi francesi 12.182.100 oltre al risarci
mento del danno per svalutazione monetaria ed agli interessi di
legge su tutte le somme non corrisposte tempestivamente. Re
spingeva invece le ulteriori domande; escludeva che spettassero al Voituron delle differenze in relazione alla cessazione del
rapporto di lavoro sulla base della previsione di cui all'accordo
economico collettivo 19 dicembre 1979 in quanto le parti nel
contratto del 25 luglio 1978 non avevano fatto alcun riferimento
agli accordi economici di categoria ma solo alla disciplina del
contratto contenuto nella legge italiana. Parimenti escludeva l'ac
coglibilità della domanda volta ad ottenere un risarcimento del
danno patito a causa della politica di vendita adottata dalle
società convenute negli anni 1979/80, ritenendo il danno in
questione sebbene esistente non risarcibile in quanto non dipen dente da una violazione degli obblighi contrattuali assunti dalle
società preponenti nei confronti dell'agente e neppure da una
violazione dell'obbligo di eseguire il contratto secondo buona
fede.
Avverso detta sentenza interponeva appello Voituron Robert
con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale del 26
novembre 1981 ribadendo il proprio diritto al risarcimento del
danno per mancate provvigioni, nonché per il discredito subito
per effetto della fissata limitazione della sua attività.
Richiamava in fatto i dati istruttori che provavano come la
sua attività fosse stata ridotta a causa della politica di vendita adot
tata dalle società convenute; in diritto osservava che la violazione
dell'obbligo contrattuale da parte della ditta preponente era insi
ta nel fatto che l'incarico gli era stato dato per la durata di 2
anni, donde il suo diritto a procurare entro tale termine atti e
contratti di cui fosse stato capace.
Rilevava come violazione della buona fede sussista anche nel
comportamento non improntato alla diligente correttezza ed al
senso di solidarietà sociale. Infine sosteneva che la detta prepo nente si era messa nella situazione di mora credendi, ragione per cui era tenuta al risarcimento dei danni derivati dalla sua mora;
precisava le proprie conclusioni come in epigrafe.
Le società convenute si costituivano ritualmente in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello. Assicuravano che nella specie non era stata posta in essere alcuna violazione di obblighi contrattuali né era stato tenuto un comportamento contrario alla buona fede, che, viceversa, il preponente aveva adottato delle
scelte, consentitegli dal principio di libera iniziativa economica di cui all'art. 41 Cost, ed in ogni caso imposte da obiettive e
provate esigenze aziendali. (Omissis) Motivi della decisione. — L'appello proposto dal Voituron
critica la decisione del pretore laddove ha escluso che sia suscet
tibile di risarcimento il danno derivatogli dalla dimensione del
volume di affari verificatasi in seguito alla politica di vendita
adottata dalle società convenute negli anni 1979/80.
L'appellante col primo motivo di gravame contesta l'afferma
zione del pretore secondo cui il danno subito dal Voituron non
è risarcibile perché non è dipeso da comportamento del prepo nente in cui sia dato riscontrare una violazione degli obblighi contrattuali assunti nei confronti dell'agente, non prevedendo la
disciplina legale del contratto di agenzia l'obbligo per il prepo
nente di garantire all'agente la possibilità di promuovere un
determinato giro di affari e un simile obbligo non essendo stato
neppure oggetto di una espressa pattuizione delle parti. Osserva l'appellante come nell'art. 2 del contratto 25 luglio
1978 veniva stabilito che l'incarico di agenzia per la vendita di
prodotti Tubitek nel territorio francese avrebbe avuto « la dura
ta di due anni a partire dal 1° luglio 1978 ». Questo, secondo
l'appellante, significava che, fino al 30 giugno 1980, egli avrebbe
avuto il diritto di procurare alla preponente tutti quegli affari di
cui sarebbe stato capace; ne desume che qualsiasi arbitraria
limitazione unilateralmente introdotta nel corso del periodo con
trattuale non può qualificarsi altrimenti che come inadempimento
dell'impegno assunto di mantenere integro l'incarico per la dura
ta di due anni.
Replicano la parti convenute che l'opposizione di un termine
finale alla durata del contratto di agenzia sta soltanto a si
gnificare che nessuna delle parti può recedere dal contratto
prima della scadenza di quel termine, ma non implica affatto
che, durante la vigenza del contratto, l'agente sia sollevato dal
proprio rischio imprenditoriale, né che il preponente debba aste
nersi dall'adottare tutte le scelte aziendali di carattere discrezio
nale ed insindacabile a lui spettanti in virtù del principio sulla
libera iniziativa economica sancito dall'art. 41, 1° comma. Cost.
Le appellate osservano altresì' come anche nel contratto di
agenzia a tempo determinato rimangono validi ed inalterati due elementi tipici di tale negozio e cioè l'obbligo dell'agente di
eseguire l'incarico in conformità delle istruzioni ricevute dal
preponente e la facoltà di quest'ultimo di rifiutare la conclusione dei contratti proposti dall'agente; ne conseguirebbe la libertà del
preponente di ampliare o restringere il contenuto delle attività
promozionali affidate all'agente.
Il collegio ritiene debba esser condiviso il rilievo delle società convenute circa il fatto che l'apposizione di un termine finale di
durata, limitandosi ad introdurre un divieto di recesso, prima della scadenza del termine medesimo, lascia invariati tra le parti diritti ed obblighi quali previsti dalla normale disciplina legisla tiva del contratto di agenzia ed in particolare non assume il
significato di impegno del preponente a garantire all'agente un determinato volume di affari. Pertanto deve escludersi, in con formità a quanto ritenuto dal pretore, che le parti con l'accordo del 25 luglio 1976 abbiano pattuito rispettivamente il diritto e
l'obbligo di un certo volume di affari; né tale obbligo può essere desunto in via generale dalla normativa propria del con tratto di agenzia; questo, avendo ad oggetto il compimento di un'attività organizzata ed autonoma concretantesi in un risultato di lavoro, comporta indubitabilmente l'assunzione da parte del
l'agente del relativo rischio economico; parimenti è innegabile che il contratto di agenzia non fa venir meno la libertà del
preponente di organizzare l'impresa nel modo che ritenga più consono ai propri interessi.
È peraltro vero che tale potere organizzativo non è senza
limiti; esso trova un naturale contemperamento nell'obbligo del
preponente di rispettare le modalità e le condizioni dei contratto di agenzia che risultino sinallagmaticamente predisposte anche nell'interesse dell'agente e, più in generale, a prescindere da
specifica previsione contrattuale, nell'obbligo di rispettare le norme di correttezza e lealtà che integrano il contenuto della buona fede cui deve essere improntata l'esecuzione di qualsiasi contratto. Ora può ritenersi insito nel contratto di agenzia in connessione con la stabilità dell'incarico, che caratterizza il le
game di collaborazione che lega l agente al preponente, un gene rico dovere di quest'ultimo di fornire all'agente quanto occorra
all'espletamento dell'incarico conferito cosicché l'agente sia messo in condizione di assolvere il compito di promuovere la vendita dei prodotti indicati nel contratto. Ma tale obbligo del preponen te non può essere inteso in senso cosi rigido da escludere la facoltà dello stesso, ove ragioni obiettive lo rendano necessario, di indirizzare l'attività di vendita dell'agente verso i prodotti che consentono un più largo margine di profitto, con esclusione di
quelli non più remunerativi, di introdurre dei rialzi nei prezzi, e cioè di attuare una politica di vendita improntata a criteri di utilità economica; l'attività dell'agente proprio perché attività di collaborazione nell'interesse dell'impresa che gli ha concesso l'in carico non può restare ancorata alle originarie direttive e condi zioni di vendita qualora le stesse per la mutata situazione dell'azienda si tradurrebbero in un danno per quest'ultima.
11 Voituron col secondo motivo di appello sostiene appunto che le società convenute sarebbero venute meno al principio della buona fede in quanto con le proprie iniziative avrebbero
ostacolato la sua attività di vendita. Replicano le convenute che
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
non può venire in considerazione un inadempimento dell'obbligo di buona fede allorquando il soggetto si limiti ad esercitare un
proprio diritto senza esorbitare dalle finalità per le quali gli è
stato concesso.
Sottolineano come nella specie esse non abbiano abusato del
diritto di libera iniziativa economica quando decisero di ristrut
turare l'azienda, di ridurre la produzione, di concentrare le ven
dite su alcuni prodotti a preferenza di altri e di aumentare i
prezzi di listino. L'indagine istruttoria compiuta dal pretore fa
apparire fondato l'assunto delle società convenute circa l'esisten
za di obiettive ragioni giustificative della politica di vendita
dalle stesse adottata e rende esatta la decisione impugnata lad
dove ha escluso che la contrazione del volume di affari subito
dal Voituron sia imputabile ad un comportamento di malafede
della preponente. Invero i testi hanno riferito che a partire dal 1979 e soprat
tutto con il 1980 si è avuta una contrazione della produzione che
si è ripercossa sull'attività di vendita; che tale contrazione fu
determinata da problemi interni della società riguardante in par ticolare i macchinari di produzione e gli scarti di produzione; che la società entrò in una fase di ristrutturazione che comportò un ridimensionamento degli organici e l'abbandono della produ zione di alcuni prodotti di alta tecnologia che non era più
possibile vendere a prezzi remunerativi anche per le difficoltà di
produzione; che in relazione a ciò la direzione diede disposizoni di concentrare gli sforzi di vendita sui prodotti esistenti in
magazzino; che l'accettazione degli ordini di prodotti a disegno fu limitata al minimo e per alcuni prodotti completamente esclu
sa; che furono operati sul listino prezzi dei prodotti standards
successivi aumenti variabili tra il 15% e il 25% a seconda dei
prodotti; che l'aumento riguardò il listino applicato su tutti i
mercati; che gli aumenti di prezzo vennero decisi in relazione
agli aumenti dei costi di produzione. Trattasi con tutta evidenza di un complesso di misure di
carattere generale, dettate dall'esigenza di far fronte ad un pe riodo di crisi, inevitabilmente destinate a ripercuotersi su tutta
la rete di vendita, ma assolutamente estranee all'intento di osta
colare l'attività dell'appellante. Né appare desumibile alcun ulteriore elemento a favore della
tesi di parte appellante dalla invocata direttiva della Comunità
economica europea secondo cui « l'agente ha diritto ad una
indennità se ha già soddisfatto gli obblighi derivanti dal contrat
to di agenzia o se ha già preso disposizioni per soddisfare tali
obblighi, quando il preponente non si è avvalso dei suoi servizi
o se ne è servito in misura inferiore a quella che l'agente
poteva normalmente prevedere a meno che il comportamento del
preponente non sia da ricondursi a circostanze a lui non impu tabili ». Invero, a parte che la difesa dell'appellante non ha
contestato quanto sostenuto dalle convenute e cioè che l'articolo
citato costituisce non una direttiva, ma un progetto di direttiva
presentato dalla Commissione della CEE al Consiglio, come tale
non ancora vincolante per gli Stati membri, va osservato come
la disposizione stessa citata dall'appellante condizioni il diritto al
risarcimento ad un comportamento colpevole del preponente;
questo dovrebbe in ogni caso escludersi laddove, come nella
specie, ricorrano circostanze obiettivamente apprezzabili idonee a
giustificarlo. (Omissis)
TRIBUNALE DI GENOVA; ordinanza 26 aprile 1982; Pres.
Ballini; Airenti c. Ferreccio.
TRIBUNALE DI GENOVA;
Locazione — Legge 392/78 — Uso diverso da quello pattuito —
Risoluzione del contratto — Termine di decadenza di un anno
dal mutamento di destinazione — Questione non manifesta
mente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; 1. 27 lu
glio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani,
art. 80).
Non è manifestamente infondata (e se ne rimette quindi l'esame
alla Corte costituzionale) la questione di legittimità costituzio
nale dell'art. 80 l. 27 luglio 1978 n. 392, nella parte in cui pre
clude al locatore l'esercizio dell'azione di risoluzione contrattuale
« comunque » decorso un anno dal mutamento di destinazione,
in riferimento agli art. 3 e 24, 1" comma, Cost. (1)
(1-3) I provvedimenti sopra riportati analizzano le problematiche
più delicate suscitate dalla previsione dell'art. 80 1. 392/78, in tema
II
PRETURA DI MILANO; sentenza 15 novembre 1982; Giud.
Piombo; Bizzantino e altra (Avv. Pierro) c. Spizzi (Avv.
Correale).
Locazione — Legge 392/78 — Contratti in corso all'atto dell'entra ta in vigore della legge — Mutamento di destinazione — Disci
plina applicabile (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 80).
L'art. 80 l. 392/78, in tema di mutamento della destinazione del
l'immobile, è applicabile anche ai rapporti di locazione in corso
alla data dell'entrata in vigore della legge. (2) Mutamento di destinazione rilevante ai fini dell'applicazione del
l'art. 80 I. 392/78 si verifica non solo quando il conduttore adi
bisca ad uno degli usi previsti dagli art. 27 e 42 l. 392/78 l'uni
tà immobiliare concessagli in locazione ad uso abitativo e vice
versa, ma, altresì, nell'ipotesi in cui il conduttore adibisca l'im
mobile concessogli per uso di abitazione (o per uno degli usi in
cui agli art. 27 e 42 l. 392/78) ad un uso sottratto alla disci
plina della c. d. « legge dell'equo canone » e regolato dal codice
civile (e viceversa). (3)
di mutamento di destinazione dell'immobile locato unilateralmente at tuato dal conduttore: a) quella relativa all'individuazione dall'ambito di applicazione della norma; b) quella concernente la natura e il regi me dei termini per l'esercizio dell'azione di risoluzione.
Riguardo al primo profilo, alcune pronunce giurisprudenziali ed i primi commenti della dottrina hanno ritenuto che, ai fini dell'operati vità della disposizione in esame, è rilevante soltanto il mutamento di destinazione che si concreti nel passaggio dall'uso abitativo, regolato dal capo I della 1. 392/78, ad uno degli usi non abitativi, contempla ti dalle disposizioni del capo II della legge, e viceversa (cfr. Pret. Borgo San Lorenzo 10 gennaio 1980, Nuovo diritto, 1980, 524; Pret. Bassano del Grappa 9 febbraio 1980, Foro it., 1980, I, 1800, critica mente annotata sul punto da Jannarelli, e, più di recente, Trib. Milano 28 giugno 1982, Le locazioni urbane, 1983, 59; per la dottrina, v. Equo canone, in Nuove leggi civ., 1978, 1325, nota redazionale all'art. 80; Bompani, Uso diverso dal pattuito nelle loca zioni urbane (art. 80 l. n. 392 del 1978), in Giust. civ., 1979, IV, 225; De Paola, Analisi dell'art. 80 della 1. 392/78, in Sole-24 ore del 6 dicembre 1979).
In contrasto con il succitato indirizzo, il Pretore di Milano —
chiamato a giudicare su di una fattispecie in cui l'immobile locato, convenzionalmente destinato ad uso abitativo, era stato adibito a
ripostiglio — ha sostenuto che la disciplina contenuta nell'art. 80 1.
392/78 va applicata anche in caso di passaggio da un uso (abitativo o non abitativo) contemplato dalla c. d. « legge dell'equo canone » ad uso sottratto alla regolamentazione della 1. 392/78 e assoggettato all'ordinaria disciplina del codice civile e nel caso reciproco (nello stesso senso, ma implicitamente, cfr. Pret. Legnano 20 ottobre 1979, Foro it., 1980, I, 257, con nota di richiami di Piombo, nonché, in
dottrina, Jannarelli, op. cit.-, Cappelli-Lonardo, L'ambito di applicazio ne della l. 27 luglio 1978 n. 392, 166; Guarino, Ambito di applica bilità dell'art. 80 l. 27 luglio 1978 n. 392 ( uso dell'immobile locato secondo il contratto e uso effettivo) in Giur. merito, 1981, I, 1300); Trib. Genova (in sede di valutazione della rilevanza ai fini della decisione sul caso concreto della questione di costituzionalità massi
mata) ha affermato che l'efficacia precettiva dell'art. 80 1. 392/78 si estende anche alle ipotesi di mutamento di destinazione all'interno delle due categorie d'uso fondamentali (quella degli usi abitativi e
quella degli usi non abitativi) e, in particolare, nel caso di trapasso dall'uso abitativo c. d. transitorio a quello, per cosi dire, ordinario (cfr. nello stesso senso Calogero, In tema di destinazione promiscua dell'immobile locato, in Giur. it., 1980, I, 2, 719, spec. 727).
Le tesi affermate nei provvedimenti in epigrafe si fondano essen zialmente su due ordini di considerazioni: a) sulla formulazione letterale dell'art. 80, che si riferisce a mutamento d'uso senza spe cificazione di sorta; b) sulla ratio della 1. 392/78, che, nelle intenzio
ni, era quella di assicurare alla materia delle locazioni una disciplina organica e definitiva. Esse si pongono come momenti complementari di una visione ampiamente generalizzata dell'ambito di applicazione dell'art. 80 1. 392/78, in base alla quale estraneo alla sfera di
operatività della disposizione in esame resta soltanto il mutamento di destinazione che non incide sul regime giuridico del rapporto (in tal senso cfr., in dottrina, Furgiuele, Destinazione oggettiva o contratto di locazione immobiliare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1983, 54), da valutarsi in base alle regole generali sull'inadempimento contrattuale: art. 1587, n. 1, 1453, 1455 c. c. (su tale ultima affermazione, cfr. anche Trib. Napoli 19 dicembre 1981, Le locazioni urbane, 1982,
539; nonché Villani, Equo canone, 778, sub art. 80). Secondo la concezione sopra esposta, l'art. 80 1. 392 deve ritenersi
applicabile in caso di passaggio (in qualunque senso): a) dalla destinazione abitativa ad una di quelle previste dall'art. 27 ovvero dall'art. 42 1. 392/78; b) da una delle predette destinazioni ad altra
regolata esclusivamente dal codice civile (es. deposito privato); c) dall'uso abitativo transitorio a quello ordinario; d) da una delle
destinazioni di cui all'art. 27 ad altra contemplata dall'art. 42;
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