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sentenza 26 luglio 2000, n. 362 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 agosto 2000, n. 32); Pres....

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sentenza 26 luglio 2000, n. 362 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 agosto 2000, n. 32); Pres. Mirabelli, Est. Chieppa; Rossi (Avv. Sorrentino); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord. Comm. trib. prov. Piacenza 3 giugno 1998, Comm. trib. prov. Biella 24 marzo 1998, Comm. trib. prov. Torino 22 giugno e 12 ottobre 1998, Comm. trib. prov. Treviso 27 ottobre 1998, Comm. trib. prov. Padova 29 giug ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2731/2732-2735/2736 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195514 . Accessed: 25/06/2014 07:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 188.72.126.92 on Wed, 25 Jun 2014 07:59:12 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 26 luglio 2000, n. 362 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 agosto 2000, n. 32); Pres.Mirabelli, Est. Chieppa; Rossi (Avv. Sorrentino); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello StatoD'Amato). Ord. Comm. trib. prov. Piacenza 3 giugno 1998, Comm. trib. prov. Biella 24 marzo1998, Comm. trib. prov. Torino 22 giugno e 12 ottobre 1998, Comm. trib. prov. Treviso 27ottobre 1998, Comm. trib. prov. Padova 29 giug ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 10 (OTTOBRE 2000), pp. 2731/2732-2735/2736Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195514 .

Accessed: 25/06/2014 07:59

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2731 PARTE PRIMA 2732

Infatti, non tutti i pagamenti eseguiti in presenza di uno stato

di insolvenza, ed intervenuti tra soggetti consapevoli di dette

situazioni, sono soggetti alla revocatoria ai sensi del 2° comma

del citato art. 67, ma solo quelli avvenuti in un ambito tempo rale calcolato a posteriori, con decorrenza retroattiva dalla data

della dichiarazione di fallimento.

Epperò, se gli atti revocabili ed il danno ad essi connesso

sono individuabili in presenza di una situazione che può essere

nota solo a posteriori, ciò, appunto, equivale a dire che, al mo

mento del loro venir in essere, nessuna delle due parti dell'atto

(pur consapevole che esso venga adottato in presenza di uno

stato di insolvenza del debitore) può avere la certezza della sua

eventuale inefficacia; e che, a prescindere dalla consapevolezza dei soggetti operanti, la certezza della inefficacia del pagamen

to, al momento della sua effettuazione, manca comunque già sul piano oggettivo, potendo essa emergere, come già detto, so

lo in prosieguo se e in relazione alla data in cui il fallimento

sia poi di fatto dichiarato. Con la conseguenza «non solo che

il negozio in cui l'atto revocabile abbia fonte non era inficiato

all'origine nella sua validità ed efficacia, ma che lo stesso paga

mento, nel momento del suo avverarsi, era validamente ed effi

cacemente posto in essere ad ogni fine, non essendo, a quel

momento, in atto, né soggettivamente né oggettivamente, alcu

na situazione che incidesse sull'efficacia del pagamento» (Cass.

5443/96, cit.). L'inefficacia di quel pagamento — così operato nella insussi

stenza di alcuna condizione viziante — non può essere allora

originaria, ma può solo (ricorrendone le condizioni) sopravvenire. E tale sopravvenienza — non ricollegabile all'apertura della

procedura concorsuale, in quanto il sistema normativo civilisti

co, diversamente dall'ordinamento penale, non conferisce a tale

fatto valenza sanzionatoria — va, appunto, ricondotta alla sen

tenza di accoglimento della revocatoria, che immuta ex post la situazione preesistente: «sia nel privare di effetto nei con

fronti della massa fallimentare atti che altrimenti avevano già

conseguito la loro prima efficacia, sia nella conseguente pro nuncia restitutoria delle somme oggetto di revoca alla funzione

di garanzia generale ex art. 2740 c.c.».

3.5. - Queste premesse di principio sulla inesistenza di una

originaria illiceità dell'atto revocabile e sulla «natura costitutiva

dell'azione revocatoria» — dalle quali la su citata sentenza

5443/96 ha tratto il corollario della qualificabilità della situa

zione giuridica azionata (dal curatore o) dal commissario come

«diritto potestativo», e non come «diritto di credito», al fine

di escludere la possibilità di una interruzione della prescrizione ai sensi dell'art. 2943 c.c. — orientano ora anche la soluzione

del quesito, che qui ne occupa, sulla natura giuridica della ob

bligazione restitutoria delVaccipiens, soccombente in revocatoria.

Persa la (a torto) presupposta sua connotazione di (origina

ria) illiceità, tale obbligazione risulta conseguentemente, infatti, irriducibile anche alla categoria della obbligazione di valore.

Mentre il rilevato collegamento, per il profilo genetico, della

obbligazione stessa alla pronuncia sulla inefficacia del pagamento,

comportante l'estinzione di un credito il cui oggetto era costi

tuito da una determinata somma di denaro liquido, conduce

appunto ad affermare — come ben inteso dalla più recente e

già citata sentenza 690/98 della prima sezione — che costituisca

obbligazione parimenti di valuta quella restitutoria del tantundem.

3.6. - Dalla natura costitutiva della pronuncia di accoglimen to dell'azione revocatoria deriva, infine, anche la decorrenza

degli interessi dalla data della domanda giudiziale, atteso che

è la sentenza che elimina gli effetti pregiudizievoli (per la mas

sa) dell'atto impugnato e che la corresponsione di detti interessi

rientra tra gli effetti restitutori rispetto ai quali la pronuncia

retroagisce al momento della notificazione della citazione (cfr. Cass. 3657/84, cit.). Mentre il maggior danno, conseguente al

ritardo con cui sia stata restituita la somma di denaro oggetto della revocatoria, spetta (ex art. 1224 c.c.) soltanto se l'attore

10 alleghi specificamente e dimostri di averlo subito.

3.7. - La questione esaminata va pertanto risolta in senso

conforme alla prospettazione della ricorrente con accoglimento,

per tal profilo, della residua sua terza doglianza. La sentenza impugnata va, per l'effetto, cassata, in relazione

al motivo accolto, con il conseguente rinvio della causa ad altra

sezione della Corte d'appello di Bologna. La quale — sul punto ancora in discussione — si uniformerà

al principio di diritto, come sopra enumerato, in ordine alla

natura dell'obbligazione restitutoria ex art. 67 1. fall, come de

bito di valuta.

11 Foro Italiano — 2000.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 26 luglio 2000, n. 362

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 agosto 2000, n. 32);

Pres. Mirabelli, Est. Chieppa; Rossi (Avv. Sorrentino); in

terv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato D'Amato). Ord.

Comm. trib. prov. Piacenza 3 giugno 1998, Comm. trib. prov. Biella 24 marzo 1998, Comm. trib. prov. Torino 22 giugno e 12 ottobre 1998, Comm. trib. prov. Treviso 27 ottobre 1998,

Comm. trib. prov. Padova 29 giugno 1998 (G.U., la s.s., nn. 42, 25 e 48 del 1998 e nn. 2, 15 e 17 del 1999).

Redditi (imposte sui) — Redditi fondiari — Fabbricati locati — Canoni non riscossi — Tassazione — Questioni infondate

di costituzionalità (Cost., art. 3, 24, 53; d.p.r. 22 dicembre

1986 n. 917, approvazione del t.u. delle imposte sui redditi,

art. 23, 33, 34, 118, 134; 1. 30 dicembre 1991 n. 413, disposi zioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, faci

litare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione age volata dei rapporti tributari pendenti; delega al presidente della

repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale, art. 11).

È infondata la questione di legittimità costituzionale del combi

nato disposto degli art. 23, 1° comma, 33, 1° comma, 34, 1° comma, e 134, 2° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nella parte in cui assumono quale base imponibile, ai fini del

la tassazione del reddito fondiario di un immobile locato, l'im

porto del canone locativo convenuto in contratto, anziché il

reddito medio ordinario desunto dalla rendita catastale, an

che quando, a causa della morosità del conduttore, tale cano

ne non sia stato effettivamente percepito, in riferimento agli art. 3, 24 e 53 Cost. (1)

È infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.

23, 1° comma, 34, comma 4 bis, aggiunto dall'art. 11 l. 30

dicembre 1991 n. 413, e 118 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nella parte in cui assumono quale base imponibile, ai fini del

la tassazione del reddito fondiario di un immobile locato, l'im

porto del canone locativo convenuto in contratto, anziché il

reddito medio ordinario desunto dalla rendita catastale, an

che quando, a causa della morosità del conduttore, tale cano

ne non sia stato effettivamente percepito, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (2)

(1-2) 1. - Comm. trib. prov. Treviso 27 ottobre 1998, Comm. trib.

prov. Torino 22 giugno 1998, Comm. trib. prov. Piacenza 5 giugno 1998, e Comm. trib. prov. Biella 24 marzo 1998, sono massimate ri

spettivamente in Foro it., Rep. 1999, voce Redditi (imposte), n. 473;

ibid., n. 474; id., Rep. 1998, voce cit., n. 541; ibid., n. 542. In dottrina, cfr. M. Fossa, Sulla dichiarazione del corrispettivo deri

vante dal contratto di locazione in caso di mancata percezione dei cano ni per morosità, in Dir. e pratica trib., 1999, II, 1223.

II. - Ad avviso della Consulta, la tassazione del fitto non percepito non si dà quando la locazione sia cessata per scadenza del termine, ovvero quando si sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del

contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456 c.c.), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art. 1454

c.c.): in tali ipotesi, non essendo giuridicamente configurabile un vero e proprio reddito locativo, troverà applicazione la regola della tassazio ne su base catastale. Tale forma di tassazione opera nonostante la pre visione di un'obbligazione di pagamento in capo al conduttore inadem

piente per la restituzione dell'immobile, attesa la natura risarcitoria de

gli importi dovuti (art. 1591 c.c.), salva però l'applicabilità dell'art.

6, 2° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nel caso in cui gli stessi siano effettivamente conseguiti dal titolare dell'immobile.

III. - La recente riforma della disciplina delle locazioni ad uso abita tivo (1. 9 dicembre 1998 n. 431) ha escluso (cfr. art. 8) dalla tassazione ai fini Irpef i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, «dal momento della conclusione del

procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del

conduttore», riconoscendo un credito d'imposta pari alle imposte ver sate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti dopo «l'accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità» (in argomento, v. O. Dini, I canoni di locazione non percepiti non vanno dichiarati - Ma per il ministero va comunque tassata la rendita catastale, in Fisco, 1999, 7496; G. Spazlani Testa, Gli aspetti tributari della nuova legge sulle locazioni abitative dopo l'in tervento dei ministeri lavori pubblici e finanze, in Arch, locazioni, 1999, 221; C. Coppola-M. Piacenti, Modello 730/2000: credito d'imposta per canoni di locazione non percepiti, in Corriere trib., 2000, 1126; min. fin. circ. 7 luglio 1999, n. 150/E, Fisco, 1999, 9752).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Diritto. — 1. - La questione sottoposta all'esame della corte dall'ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Pia cenza 3 giugno 1998 (con data 5 giugno, in Foro it., Rep. 1998, voce Redditi (imposte), n. 541) riguarda il combinato disposto degli art. 23, 1° comma, 33, 1° comma, 34, 1° comma, e 134, 2° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (approvazione del t.u. delle imposte sui redditi), nella parte in cui assume quale base imponibile, ai fini della tassazione del reddito fondiario di un immobile locato, l'importo del canone locativo convenuto in contratto, anziché il reddito medio ordinario desunto dalla rendita catastale, anche quando, a causa della morosità del con

duttore, tale canone non sia stato effettivamente percepito. Se condo il giudice rimettente vi sarebbe violazione degli art. 53, per contrasto col principio di effettività della capacità contribu

tiva, 24, per contrasto con il principio di inviolabilità del diritto di difesa e 3 Cost., per irragionevolezza e disparità di tratta mento tra situazioni meritevoli di paritaria disciplina.

2. - Analoghe questioni di legittimità costituzionale sono sta te proposte dalla Commissione tributaria provinciale di Biella, con ordinanza del 24 marzo 1998, ibid., n. 542 (r.o. n. 447 del 1998), dalla Commissione tributaria provinciale di Torino, sezione n. 26, con ordinanza del 22 giugno 1998, id., Rep. 1999, voce cit., n. 474 (r.o. n. 856 del 1998), dalla Commissione tri butaria provinciale di Torino, sezione seconda, con ordinanza del 12 ottobre 1998 (r.o. n. 908 del 1998), dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso, con ordinanza del 27 ottobre

1998, ibid., n. 473 (r.o. n. 201 del 1999), dalla Commissione tributaria provinciale di Padova, con ordinanza del 29 giugno 1998 (r.o. n. 225 del 1999).

Le questioni proposte riguardano l'art. 23, 1° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, nonché, con l'ultima ordinanza, gli art. 34, comma 4 bis, aggiunto dall'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n. 413, e 118 stesso d.p.r. n. 917 del 1986, per violazione del l'art. 53 Cost, (la prima delle ordinanze citate), nonché per vio lazione sia dell'art. 53 sia dell'art. 3 Cost, (le altre cinque ordi

nanze), nella parte in cui viene assunto quale base imponibile, ai fini della tassazione del reddito fondiario di un immobile

locato, l'importo del canone locativo convenuto in contratto anche per il caso in cui, a causa della morosità del conduttore, tale canone non sia stato effettivamente percepito.

3. - I giudizi possono essere riuniti, stante la parziale connes sione oggettiva e la sostanziale coincidenza delle questioni pro poste, e quindi essere decisi con unica sentenza.

4. - Preliminarmente risulta, in modo manifestamente certo ed ictu oculi, che la sopravvenuta 1. 9 dicembre 1998 n. 431

(disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), ed in particolare l'art. 8, con aggiunte all'art. 23 d.p.r. n. 917 del 1986, non possa avere dei riflessi risolutivi sulle questioni di legittimità costituzionale proposte, come del resto accennato dalle difese in udienza pubblica (r.o. n. 752 del 1998).

Innanzitutto alcuni dei giudizi a quibus (tra cui quello discus so in pubblica udienza) riguardano contratti di locazione ad usi commerciali o assimilati e quindi del tutto al di fuori dell'ambi to della nuova norma, relativa esclusivamente alle locazioni abi tative.

Decisiva per tutti i giudizi è invece la considerazione che la nuova disposizione (a prescindere dalla sua non dichiarata re

troattività) prende in considerazione i redditi derivanti da con tratti di locazione di immobili (ad uso abitativo), se non perce piti, ai fini di escluderli dal concorso nella formazione del red dito solo «dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del condut

tore», ipotesi certamente estranee al quadro delle questioni deli neate dai giudici a quibus.

Ciò non esclude, tuttavia, la possibilità che il credito di im

posta, pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti, possa anche sorgere dopo «l'accertamento av

venuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convali da di sfratto per morosità».

Invero sarà questione che potrà profilarsi — secondo il siste ma delineato dalla 1. 9 dicembre 1998 n. 431 — soltanto succes sivamente ali'«accertamento . . . giurisdizionale di convalida di

sfratto», e ovviamente solo dopo che le imposte siano state «ver sate»: trattasi pertanto di profilo al di fuori dei presenti giudizi e del quale la corte non è stata investita.

5. - Prima dell'esame delle questioni di legittimità costituzio

II Foro Italiano — 2000.

naie è opportuno inquadrare la norma sul riferimento del reddi to dei fabbricati al canone locativo come ipotesi di carattere eccezionale rispetto alla disciplina ordinaria.

Quest'ultima è, invero, stabilmente collegata alla nozione di reddito ordinario medio, a sua volta desunto dalle risultanze dei dati catastali. In proposito, è significativo che, ai fini della determinazione del reddito lordo annuo — da cui si desume la rendita catastale dell'immobile — si tiene conto, tra l'altro, delle spese e perdite eventuali, tra le quali sono indicate proprio quelle degli sfitti e delle rate di fitto dovute e non pagate (art. 19 e 20 d.p.r. 1° dicembre 1949 n. 1142).

Sennonché, inserendosi il metodo di valutazione del reddito medio in un sistema di redditi collegati alle tariffe d'estimo, la sua congruenza e concreta rispondenza al presupposto d'im

posta richiede necessariamente un sistema catastale moderna mente attrezzato, che possa tenere conto dell'evolversi delle si tuazioni locali o di mercato. Ciò vale a spiegare l'esistenza di eccezioni qual è quella in esame.

Le deroghe al sistema del reddito medio ordinario (catastale) sono, invero, connaturali all'attuale struttura del catasto fab

bricati, i cui valori spesso non corrispondono all'evoluzione delle rendite immobiliari. Il sistema delle variazioni del reddito dei fabbricati quale previsto, tra l'altro, dall'art. 35 d.p.r. n. 917 del 1986, nel caso vi sia divergenza per un triennio di reddito lordo effettivo (con riferimento anche ai canoni di locazione risultanti dai relativi contratti) non riesce a colmare i divari esi stenti né le modifiche reddituali che sopravvengono o si sono accumulate nel tempo.

6. - Le questioni sono infondate, in quanto le norme censura te possono essere correttamente interpretate in modo da esclu dere le denunciate violazioni.

In ordine all'ipotizzato contrasto con l'art. 53 Cost., è suffi ciente sottolineare che la capacità contributiva, quale idoneità

all'obbligazione d'imposta, desumibile dal presupposto econo mico al quale l'imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costitu

zionalità, sotto il profilo della palese arbitrarietà e manifesta

irragionevolezza (v., da ultimo, sentenze n. 143 del 1995, id., 1995, I, 1721; n. 315 del 1994, ibid., 28, e n. 42 del 1992, id., 1992, I, 592), ipotesi che qui non ricorrono.

7. - Le osservazioni che precedono valgono anche ad affer mare l'infondatezza della questione d'illegittimità per violazio ne dell'art. 24 Cost., prospettata solo in relazione alla difficoltà di prova che il contribuente dovrebbe sostenere per sostituire al parametro normativo del canone locativo il parametro del reddito medio ordinario. Ed invero, dal momento che il riferi mento al canone locativo è — in linea generale — conforme al principio di capacità contributiva, non vi sono, sotto questo profilo, spazi di rilevanza per l'eventuale prova del mancato

pagamento, salvo le ipotesi in appresso esaminate, che riguar dano invece la cessazione del rapporto contrattuale di locazione e quindi il venir meno di un pagamento a titolo di canone lo cativo.

8. - Anche la questione relativa alla dedotta violazione del l'art. 3 Cost, è infondata.

Infatti, la corretta ricostruzione del combinato disposto degli art. 23, 33, 34 e 134 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 (ed il ragio namento è identico anche con l'art. 34 nel testo risultante dal

l'aggiunta e sostituzione introdotta dall'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n. 413 e dall'art. 4 d.l. 31 maggio 1994 n. 330) conduce ad escludere che la regola secondo cui «i redditi fondiari con

corrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il red dito complessivo dei soggetti che posseggono gli immobili a ti tolo di proprietà» o altro diritto reale (art. 23, 1° comma) pos sa essere applicata in maniera indiscriminata ed irragionevole; così come conduce ad escludere che tale applicazione possa at

tuarsi sacrificando il ruolo di regola generale da riconoscere al la determinazione del reddito medio ordinario mediante le tarif fe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale (art.

33, 1° comma, e 34, 1° comma). Il sistema del riferimento per la determinazione del reddito

dei fabbricati al canone risultante dal contratto di locazione —

come sopra sottolineato — è del tutto eccezionale ed i suoi ri

stretti margini di rilevanza sono anzitutto confermati dalla cir

costanza che esso si applica nella sola ipotesi che il reddito ri

sultante dal canone di locazione (con le riduzioni previste, ivi

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2735 PARTE PRIMA 2736

compresa oggi quella dell'art. 8 1. 9 dicembre 1998 n. 431) sia

superiore a quello risultante dalla rendita catastale (superiore in maniera ritenuta significativa — oltre un quinto — fino alle

modifiche introdotte con la 1. n. 413 del 1991, e superiore senza

altra qualificazione dopo la stessa legge). L'inserimento di queste condizioni per l'utilizzo del reddito

locativo, per un verso, si spiega con la natura eccezionale della

disposizione e, per altro verso, ribadisce la centralità del meto

do che si affida al reddito medio ordinario catastale. Quest'ulti mo sistema, invero, salvo altrettante ipotesi di deroga previste dal legislatore, tiene adeguato conto della possibilità che il red

dito effettivo possa divergere per una serie di cause più varie

(maggiore o minore produttività e redditività, periodi di crisi,

ecc.), con semplificazioni e vantaggi, a seconda dei casi, per l'amministrazione finanziaria o per il contribuente e nel rispetto del canone generale della ragionevolezza (v. sentenza n. 377 del

1995, id., 1996, I, 3658). L'eccezionale riferimento al reddito locativo deve, pertanto,

armonizzarsi nel contesto di un sistema che pone la regola per cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessi vo indipendentemente dalla percezione. Questo inserimento av

viene in coerenza con il principio di eguaglianza e con il corre

lativo parametro di ragionevolezza, se si valuta il ristretto am

bito applicativo della disposizione e se si considera la naturale

forza espansiva del precetto generale che utilizza il reddito me

dio catastale.

Ne segue che il riferimento al canone di locazione (anziché alla rendita catastale) potrà operare nel tempo solo fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto

un canone in senso tecnico. Quando, invece, la locazione (rap

porto contrattuale) sia cessata per scadenza del termine (art. 1596 c.c.) ed il locatore pretenda la restituzione essendo in mo

ra il locatario per il relativo obbligo, ovvero quando si sia veri

ficata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi com

prese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva

espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456

c.c.), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.), tale riferimento al reddito locativo non sarà più pra

ticabile, tornando in vigore la regola generale. Con queste considerazioni rimane superata l'obiezione, mos

sa dalla difesa di una parte privata, secondo cui la gravosità ed irragionevolezza di un sistema impositivo, che pretendesse

comunque di far leva sull'importo di un canone non effettiva

mente corrisposto, si protrarrebbe per tutto il lungo tempo oc

corrente per la sentenza di risoluzione del contratto per morosi

tà. Jnfatti, il locatore può avvalersi in ogni caso della risoluzio

ne ex art. 1454 c.c., a parte l'eventuale sussistenza delle altre

ipotesi di risoluzione di diritto ex art. 1456 e 1457 c.c. e la

possibilità dell'azione di convalida di sfratto (come forma mista

diretta alla risoluzione e al rilascio). La risoluzione del contratto impedisce di configurare il paga

mento, effettivo o solo presunto, come effettuato a titolo di

canone, cui possa essere commisurata la base imponibile ai fini

dell'imposta sul reddito.

In realtà, solo nel caso di azione di risoluzione giudiziale oc

correrà che il locatore attenda — per avere l'efficacia della riso

luzione — la sentenza, la quale ha carattere costitutivo, anche

se con effetti retroattivi. Con ciò non si afferma che il locatore

non possa invocare l'inadempimento e la risoluzione anche pri ma della sentenza di risoluzione giudiziale, quando risulti in

maniera certa che abbia scelto la via di risolvere il contratto, e ovviamente il locatore lo può fare a suo rischio, anche per le sanzioni tributarie conseguenti, nel caso in cui la sua doman

da di risoluzione giudiziaria non venga accolta.

In ogni caso, una volta che la risoluzione si sia verificata,

l'obbligazione del corrispettivo a carico del conduttore inadem

piente per la restituzione ha natura risarcitoria (art. 1591 c.c.), e non di canone di una locazione ormai risoluta.

Questi redditi (e crediti) risarcitori non possono certamente

essere assoggettati alla regola eccezionale della determinazione

del reddito dei fabbricati attraverso il canone di locazione, in

sostituzione dell'ordinario reddito medio (catastale), salva, ove ne ricorrano gli estremi, l'applicazione ai fini della classificazio

ne dei redditi dell'art. 6, 2° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986

n. 917, che tuttavia — si sottolinea — presuppone che si tratti

di «proventi conseguiti» e non di crediti non realizzati.

9. - Infine lo stesso sistema tributario riconosce, proprio per

Il Foro Italiano — 2000.

le locazioni, particolari modalità di registrazione della risoluzio

ne del contratto di locazione (art. 3, 1° comma, lett. a, 12 e

17, 1° comma, in relazione anche all'art. 28 d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131); per cui non può non riconoscersi rilevanza sul

piano delle imposte a tale evento risolutorio, che può concretar

si, seppure per i profili strettamente fiscali, anche attraverso

una dichiarazione unilaterale.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

del combinato disposto degli art. 23, 1° comma, 33, 1° comma,

34, 1° comma, e 134, 2° comma, d.p.r. 22 dicembre 1986 n.

917 (approvazione del t.u. delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento agli art. 53, 24 e 3 Cost., dalla Commissione

tributaria provinciale di Piacenza con l'ordinanza in epigrafe; dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale

dell'art. 23, 1° comma, citato d.p.r. n. 917 del 1986, sollevate, in riferimento all'art. 53 Cost., dalla Commissione tributaria

provinciale di Biella, e, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalle Commissioni tributarie provinciali di Torino e di Treviso

con le ordinanze indicate in epigrafe; dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale

degli art. 23, 1° comma, 34, comma 4 bis, aggiunto dall'art.

11 1. 30 dicembre 1991 n. 413, e 118 d.p.r. n. 917 del 1986,

sollevata, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Commissio ne tributaria provinciale di Padova.

I

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 24 luglio 2000, n. 334

(<Gazzetta ufficiale, 1a serie speciale, 2 agosto 2000, n. 32); Pres. Mirabelli, Est. Capotosti; Regione Puglia (Avv. Ca

puti Jambrenghi) c. Pres. cons, ministri. Conflitto di attri

buzione.

Corte costituzionale — Conflitto tra enti — Presupposti — At

to di mera esecuzione di norme di legge — Inammissibilità

(Cost., art. 117, 118; d.leg. 11 maggio 1999 n. 141, trasfor

mazione dell'Ente autonomo acquedotto pugliese in società

per azioni, a norma dell'art. 11, 1° comma, lett. b, 1. 15

marzo 1997 n. 59).

È inammissibile, in quanto l'atto impugnato rappresenta una

mera esecuzione di norme di legge (nella specie, d.leg. 11 mag

gio 1999 n. 141) e come tale è pertanto inidoneo a produrre una lesione delle competenze regionali, il conflitto di attribu

zione sollevato dalla regione Puglia avverso l'atto di appro vazione dello statuto dell'Acquedotto pugliese s.p.a. che ri

serva ad essa le attività già proprie del disciolto Ente autono

mo acquedotto pugliese inerenti la gestione del servizio idrico

integrato e prevede la riserva di azionariato al ministero del

tesoro e la nomina di un amministratore unico, anziché di un consiglio di amministrazione al quale avrebbero potuto

partecipare anche rappresentanti delle autonomie locali. (1)

(1-2) La regione Puglia aveva impugnato contemporaneamente sia, attraverso un ricorso in via diretta, la disciplina legislativa, sia, con conflitto tra enti, la conseguente attuazione a livello amministrativo, avanzando nella sostanza le medesime censure di illegittima esclusione della regione nei riguardi della normativa che ha determinato la trasfor mazione dell'Ente autonomo acquedotto pugliese nell'Acquedotto pu gliese s.p.a. ed il nuovo assetto di quest'ultima.

Costante è la giurisprudenza costituzionale nell'escludere, anche ad evitare una elusione dei termini, l'ammissibilità di conflitti tra enti aventi ad oggetto atti amministrativi meramente esecutivi di leggi o di atti aventi forza di legge, dal momento che in questi casi il vero oggetto

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