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sentenza 27 aprile 2001, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 maggio 2001, n. 17); Pres....

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sentenza 27 aprile 2001, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 maggio 2001, n. 17); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Fiumara) Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2157/2158-2165/2166 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23196089 . Accessed: 28/06/2014 12:15 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 12:15:07 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 27 aprile 2001, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 maggio 2001, n. 17); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons.

sentenza 27 aprile 2001, n. 110 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 maggio 2001, n. 17);Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Regione Veneto (Avv. Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons. ministri(Avv. dello Stato Fiumara)Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2001), pp. 2157/2158-2165/2166Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196089 .

Accessed: 28/06/2014 12:15

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

vanti dal sacrificio del diritto dell'imputato alla riduzione di pe na; dall'altro il principio del contraddittorio tra le parti, enun

ciato dal 2° comma dell'art. Ill Cost., non è evocatile in rela

zione a una disciplina che attiene alle forme introduttive del

giudizio abbreviato, quale si è venuta delineando, a seguito de

gli interventi della giurisprudenza costituzionale e delle succes

sive scelte legislative, dall'originario accordo tra le parti alla ri

chiesta dell'imputato, e che si pone come diretta conseguenza della specificità di tale rito.

Infine, l'omessa previsione di un potere d'iniziativa probato ria del p.m., analogo a quello attribuito all'imputato che abbia

presentato richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, 5° comma,

c.p.p.), non viola l'art. Ili, 2° comma, Cost., sotto il profilo del

contrasto con il principio della parità tra le parti. L'attribuzione all'imputato della facoltà di subordinare la ri

chiesta di giudizio abbreviato ad un'integrazione probatoria è

coerente con la posizione di tale soggetto processuale, che si

trova ad affrontare il rischio di un giudizio (e di una possibile

conseguente condanna) basato sugli atti raccolti dal p.m. nel

corso delle indagini preliminari ed a cui va pertanto riconosciuta

la facoltà di chiedere l'acquisizione di nuovi e ulteriori elementi

di prova. Diversa è, invece, la posizione del p.m.: tenuto conto

del ruolo svolto nelle indagini preliminari e fermo restando il

suo diritto all'ammissione di prova contraria a norma dell'art.,

438, 5° comma, c.p.p., non è irragionevole la scelta legislativa di non riconoscergli il diritto di chiedere l'ammissione di prove a carico dell'imputato solo perché questi ha presentato richiesta

di giudizio abbreviato. Da un lato, il p.m. ha già esercitato il potere e assolto al dove

re di svolgere tutte le attività necessarie in vista delle determi

nazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale; dall'altro, l'e

sigenza di completezza delle indagini preliminari (su cui, v.

sentenza n. 88 del 1991, id., 1992, I, 1004) risulta rafforzata dal

riconoscimento del diritto dell'imputato ad essere giudicato, ove

ne faccia richiesta, con il rito abbreviato. Il p.m. dovrà infatti

tenere conto, nello svolgere le indagini preliminari, che sulla

base degli elementi raccolti l'imputato potrà chiedere ed ottene

re di essere giudicato con tale rito, e non potrà quindi esimersi

dal predisporre un esaustivo quadro probatorio in vista del

l'esercizio dell'azione penale. Ne deriva che non costituisce ir

ragionevole discriminazione tra le parti la mancata attribuzione

all'organo dell'accusa di uno specifico potere d'iniziativa pro batoria per «controbilanciare» il diritto dell'imputato al giudizio abbreviato.

4.5. - Infondate sono, infine, le censure sollevate in riferi

mento all'art. 97 Cost.: il principio di buon andamento dei pub blici uffici non si riferisce all'attività giurisdizionale in senso

stretto, bensì all'organizzazione e al funzionamento dell'ammi

nistrazione della giustizia (cfr., ex plurimis, sentenze n. 381 del

1999, id., Rep. 1999, voce Competenza penale, n. 32, e n. 53 del

1998, id., 1999,1, 2802, nonché ordinanza n. 412 del 1999). 5. - Manifestamente infondata è la questione relativa all'art.

442, comma 1 bis, c.p.p., nella parte in cui consente l'utilizza

zione nel giudizio abbreviato di atti non utilizzabili nel giudizio

ordinario, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal g.u.p. del

Tribunale di Bologna (r.o. n. 305 del 2000). Il fondamento del

giudizio abbreviato sta, appunto, nell'utilizzazione probatoria —

previo consenso dell'imputato, implicito nella richiesta del

rito speciale —

degli atti legittimamente assunti nel corso delle

indagini preliminari: al riguardo, è sufficiente ricordare che

l'art. Ili, 4° comma, Cost., ha enunciato il principio del con

traddittorio nella formazione della prova nel processo penale, ma ha poi espressamente previsto il consenso dell'imputato tra i

casi di deroga al principio stesso (5° comma). 6. - Manifestamente inammissibile è la questione avente ad

oggetto l'art. 441, 3° comma, c.p.p., nella parte in cui stabilisce

che il giudizio abbreviato si celebra in camera di consiglio, sal

vo che tutti gli imputati richiedano la pubblica udienza, solle

vata, in riferimento agli art. 3, 10, 101 e 102 Cost., dal medesi

mo rimettente.

Dall'ordinanza di rimessione emerge che solo uno degli im

putati ha chiesto il giudizio abbreviato, con l'ovvia conseguenza che la censura concernente il «diritto di veto» dei coimputati alla celebrazione del processo in udienza pubblica è priva di ri

levanza nel caso di specie. Per quanto riguarda, poi, l'ulteriore censura sollevata, in rife

rimento ai medesimi parametri, nei confronti della disciplina

Il Foro Italiano — 2001.

che affida esclusivamente all'imputato la scelta tra udienza

pubblica e udienza camerale, va riaffermato che nel «giudizio abbreviato entrano in gioco interessi diversi che solo il legisla tore può valutare comparativamente e bilanciare nell'ambito

della sua discrezionalità» (ordinanza n. 160 del 1994, id., Rep. 1994, voce Giudizio abbreviato, n. 41, nonché sentenza n. 373

del 1992, id., 1992, I, 3187): né il rimettente prospetta argo menti che inducano questa corte, alla luce di una disciplina che

oggi offre — sia pure a determinate condizioni — maggiori

spazi alla pubblicità del giudizio, a riesaminare tali conclusioni.

7. - Infine, è manifestamente inammissibile per difetto di mo

tivazione sulla rilevanza la questione avente ad oggetto l'art.

441 c.p.p., nella parte in cui prevede in capo allo stesso giudice

poteri istruttori e decisori, sollevata, in riferimento agli art. 24 e

111 Cost., dal g.u.p. del Tribunale di Imperia (r.o. n. 405 del

2000): l'ordinanza di rimessione è infatti priva di qualsiasi mo

tivazione in ordine all'esigenza del giudice a quo di assumere

elementi necessari ai fini della decisione.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale

degli art. 438 e 442, 2° comma, c.p.p., sollevate, in riferimento

agli art. 3, 24, 27, 1° e 3° comma, 97, 101, 102 e 111 Cost., dai

g.u.p. dei Tribunali di Imperia, Bologna e Roma, e dal Tribu

nale di Firenze, con le ordinanze in epigrafe; dichiara la manifesta infondatezza della questione di legitti

mità costituzionale dell'art. 442, comma 1 bis, c.p.p., sollevata,

in riferimento all'art. 3 Cost., dal g.u.p. del Tribunale di Bolo

gna, con l'ordinanza in epigrafe; dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit

timità costituzionale dell'art. 441, 3° comma, c.p.p., sollevata,

in riferimento agli art. 3, 10, 101 e 102 Cost., dal g.u.p. del Tri

bunale di Bologna, con l'ordinanza in epigrafe; dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legit

timità costituzionale dell'art. 441 c.p.p., sollevata, in riferi

mento agli art. 24 e 111 Cost., dal g.u.p. del Tribunale di Impe ria, con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 aprile 2001, n.

110 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 maggio 2001, n.

17); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; Regione Veneto (Avv.

Bertolissi, Manzi) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato

Fiumara).

Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Veneto —

Funzioni da trasferire o delegare agli enti locali — Manca

ta individuazione — Potere sostitutivo del governo — Pro

cedimento previsto dalla legge di delega — Mancato ri

spetto — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 76, 115, 117, 118,

119, 121, 122, 123; 1. 15 marzo 1997 n. 59, delega al governo

per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti

locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la

semplificazione amministrativa, art. 4, 7; d.leg. 31 marzo

1998 n. 112, conferimento di funzioni e compiti amministra

tivi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione

del capo 11. 15 marzo 1997 n. 59; d.leg. 30 marzo 1999 n. 96,

intervento sostitutivo del governo per la ripartizione di fun

zioni amministrative tra regioni ed enti locali a norma del

l'art. 4, 5° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59, e successive modi

ficazioni).

È incostituzionale il d.leg. 30 marzo 1999 n. 96, nella parte in

cui è stato emanato in violazione del procedimento previsto

per la sua approvazione dalla legge di delega (nella specie, la

Corte costituzionale ha dichiarato che il decreto non possa trovare applicazione per la regione Veneto, in quanto il potè

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2159 PARTE PRIMA

re sostitutivo del governo — previsto per il caso di mancata

approvazione da parte delle regioni di una legge volta ad in

dividuare le funzioni da trasferire o da delegare agli enti lo

cali — è stato esercitato senza aver previamente richiesto

l'emissione del prescritto parere da parte della regione). (1)

(1) Con la sentenza in epigrafe, la Corte costituzionale riconosce la

sussistenza di un vizio nel procedimento formativo dell'atto sottoposto alla sua cognizione. L'atto impugnato costituiva esercizio del potere sostitutivo dello Stato per il caso di inadempimento delle regioni nel

l'attuazione dell'art. 4, 5° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59 (c.d. «Bassa

nini 1»); tale disposizione prevedeva che, prima di procedere, l'esecu

tivo statale dovesse acquisire il parere della regione ritenuta inadem

piente. La constatata carenza di siffatta formalità ha condotto la Corte

costituzionale a dichiarare l'incostituzionalità del d.leg. 30 marzo 1999

n. 96 nella parte in cui esso trovava applicazione nei confronti della re

gione Veneto. I. - In ordine alla necessità di richiedere il parere regionale qualora

esso sia configurato come obbligatorio, v. Corte cost. 5 marzo 1987, n.

70, Foro it., 1990, I, 2471, con nota di richiami e osservazioni di E.

Rossi, commentata da Torchia, La presenza del presidente della regio ne nel consiglio dei ministri: una forma «straordinaria» di partecipa zione regionale al procedimento legislativo?, in Regioni, 1987, 850, con cui è stato annullato il d.l. 26 novembre 1981 n. 677, convertito in

1. 26 gennaio 1982 n. 11, in quanto contrastante con l'art. 54, 4° com

ma, dello statuto della regione Sardegna, ai sensi del quale le disposi zioni in materia finanziaria dello statuto medesimo possono «essere

modificate con leggi della repubblica su proposta del governo o della

regione, in ogni caso sentita la regione». Corte cost. 27 ottobre 1988, n.

993, Foro it., 1989, I, 3380, con nota di richiami, commentata da An

giolini, Censure di costituzionalità «assorbite» e processo incidentale

sulle leggi, in Dir. regione, 1988, 516, ha accolto la questione di costi

tuzionalità relativa ad una disposizione di legge della regione Veneto

con cui si era proceduto alla delega di funzioni amministrative alla pro vincia di Verona senza aver previamente richiesto il parere dell'ammi nistrazione provinciale, in violazione dell'art. 55 dello statuto regiona le.

Sul tema, v. altresì Corte cost. 27 luglio 1994, n. 354, Foro it., 1995,

I, 1113, con nota di richiami, nella quale è stata affrontata la questione di legittimità costituzionale originata dalla mancata corrispondenza dell'atto finale allo schema di decreto inviato per il parere alle commis

sioni parlamentari ed alla conferenza Stato-regioni; nel caso di specie, le disposizioni impugnate sono state peraltro caducate non per un vizio

procedimentale, ma per la illegittima qualificazione come «norme di ri

forma» ad esse attribuita. Per quanto attiene all'esercizio della funzione obbligatoria nell'am

bito del procedimento di formazione dei decreti di attuazione degli statuti speciali, Corte cost. 14 febbraio 1989, n. 37, id., 1990, I, 824, con nota di richiami, commentata da Gabriele, Disposizioni d'attua

zione degli statuti speciali e parere delle commissioni paritetiche, in Giur. costit., 1989, I, 195, e da Barbagallo, Ruolo delle commissioni

paritetiche e poteri del governo nella definizione delle norme di attua

zione degli statuti speciali, in Regioni, 1990, 897, ha dichiarato inco stituzionali due disposizioni del d.p.r. 19 novembre 1987 n. 527 le quali erano state inserite in sede di approvazione da parte del governo, senza con ciò essere state sottoposte al parere della commissione paritetica prevista dall'art. 107 dello statuto del Trentino-Alto Adige. Cfr. altresì Corte cost. 24 marzo 1994, n. 95, Foro it., 1995,1, 767, con nota di ri

chiami, che, in un caso analogo, ha riconosciuto l'illegittimità della modifica di una disposizione avvenuta successivamente all'emissione del parere da parte della medesima commissione paritetica.

Con riguardo, in generale, al mancato rispetto delle procedure statu tariamente previste per l'attuazione degli statuti speciali, v. Corte cost. 27 luglio 2000, n. 377, id., 2001,1, 1095, con nota di richiami.

II. - In riferimento alle fattispecie in cui il giudice costituzionale ha censurato atti normativi statali adottati senza il preventivo accordo delle regioni, v. Corte cost. 8 giugno 1981, n. 95, id., 1981,1, 1827, con nota di richiami e osservazioni di Moretti, commentata da Mor, La l. n. 468 e le regioni a statuto speciale, in Regioni, 1981, 1089, la quale ha dichiarato l'incostituzionalità, per la parte relativa alla regione Valle

d'Aosta, dell'art. 31 1. 5 agosto 1978 n. 468, in quanto, pur incidendo sull'ordinamento finanziario della regione, esso era stato approvato senza il previo accordo della giunta regionale.

Sull'ipotesi in certo senso inversa, nella quale atti regionali necessi tavano della previa intesa con lo Stato, v. Corte cost. 23 luglio 1997, n.

271, Foro it., 1997, I, 3097, con nota di richiami, che ha annullato la delibera legislativa della provincia autonoma di Bolzano recante «di

sciplina delle attività di volo a motore ai fini della tutela ambientale»,

per la parte in cui essa doveva applicarsi al territorio del parco dello Stelvio.

III. - In ordine alla eventuale irritualità dei pareri emessi, v. Corte cost. 25 luglio 1994, n. 347, id., 1995, I, 484, con nota di richiami; nella specie, la questione di legittimità costituzionale del d.leg. 6 marzo 1992 n. 251, istitutivo della provincia di Lodi, motivata dalla circostan

II Foro Italiano — 2001.

Fatto. — 1. - Con ricorso notificato il 18 maggio 1999 e de

positato il successivo 26 maggio, la regione Veneto ha solleva

to, in riferimento agli art. 3, 76, 115, 117, 118, 119, 121, 122 e

123 Cost., questioni di legittimità costituzionale del d.leg. 30

marzo 1999 n. 96 (intervento sostitutivo del governo per la ri

partizione di funzioni amministrative tra regioni ed enti locali a

norma dell'art. 4, 5° comma 1. 15 marzo 1997 n. 59). 1.1. - Precisato di aver prontamente predisposto un disegno di

legge di attuazione del d.leg. 31 marzo 1998 n. 112 (conferi

mento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle re

gioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I 1. 15 marzo

1997 n. 59) — il quale, a seguito della delega contenuta nella 1.

n. 59 del 1997 (delega al governo per il conferimento di funzio

ni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pub blica amministrazione e per la semplificazione amministrativa),

ha inteso operare una serie di «conferimenti» di funzioni e com

piti agli enti locali —, pur non riuscendo a concludere il proce dimento legislativo entro il termine previsto dall'art. 4, 5°

comma, 1. n. 59 del 1997, la ricorrente censura il decreto le

gislativo sostitutivo per violazione del principio di leale colla

borazione e dell'art. 76 Cost., in quanto nel procedimento di

adozione del decreto essa non sarebbe stata sentita, in contrasto

con la prescrizione contenuta nella legge di delega. Secondo la

regione, avrebbe dovuto esserle sottoposto almeno lo schema

dell'atto ed essa avrebbe dovuto poter rappresentare le ragioni del suo presunto inadempimento; ma ciò non è avvenuto, ben

ché nel preambolo del decreto si affermi espressamente che il

medesimo è stato adottato «sentite le regioni inadempienti». In

particolare, non potrebbe essere considerata quale forma di

adempimento dell'obbligo di consultazione la lettera che il mi

nistro per gli affari regionali ha inviato al presidente della re

gione il 24 marzo 1999, limitandosi a comunicare l'intendi

mento del governo di procedere alla sostituzione. Né la consul

za che il prescritto parere del consiglio regionale lombardo era stato

emesso oltre il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della 1. 8 giu

gno 1990 n. 142, è stata dichiarata infondata in quanto il termine indi

cato doveva ritenersi meramente sollecitatorio. IV. - Sul «valore» da attribuire al parere reso da organi parlamentari

nel procedimento che dà luogo ad un decreto legislativo, v. Corte cost.

30 dicembre 1998, n. 456, id., 1999, I, 744, con nota di richiami, e 29

dicembre 1995, n. 531, id., 1996, I, 3816, con nota di richiami, che ha

negato la configurabilità dell'atto alla stregua di una «interpretazione autentica» della legge di delega (così anche Corte cost. 30 luglio 1981, n. 173, id., 1981,1, 2617, con nota di richiami e osservazioni di Volpe), ma che ha comunque desunto un argomento a favore del rispetto della

legge di delega da parte del governo dalla circostanza che lo stesso

avesse recepito, in sede di emanazione definitiva, il parere parlamenta re (cfr., altresì, Corte cost. 25 marzo 1982, n. 57, id., 1982, I, 902, con nota di richiami e osservazioni di Barone).

Per l'affermazione secondo la quale il governo può discostarsi dal

parere non vincolante emesso dalle commissioni parlamentari, senza dover fornire in proposito esplicita motivazione, v. Corte cost. 23 mag gio 1985, n. 156, id., 1985, I, 2853, con nota di richiami e osservazioni di Moretti.

V. - Per ciò che concerne la necessità di far luogo a pareri, indipen dentemente dalla loro esplicita previsione nella disciplina di formazio ne dell'atto normativo primario, v. Corte cost. 11 dicembre 1998, n.

398, id., 1999, I, 5, con nota di richiami e osservazioni di D. Bellan

tuono, commentata da Ambrosi, Procedimento legislativo statale e in tervento necessario delle regioni, in Regioni, 1999, 363; Costato,

Quote latte, Stato, regioni, comunità e Corte costituzionale, ibid., 374; Fioritto, La Corte costituzionale interviene di nuovo sulle quote latte, in Giornale dir. amm., 1999, 723; Masini, Verso una riconsiderazione della collaborazione tra Stato e regioni in materia di quote latte, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1999, 27, che ha dichiarato l'incostituzio nalità di alcune disposizioni della 1. 23 dicembre 1996 n. 662, in ragio ne del fatto che la normativa incidesse sulle competenze delle regioni senza che le stesse fossero state poste in grado di pronunciarsi, nella forma di un parere, sulla sua adozione.

VI. - Sull'esercizio del potere sostitutivo da parte del governo nei confronti delle regioni, v., in dottrina, Martines-Ruggeri, Lineamenti di diritto regionale, 5a ed., Milano, 2000, 131; Armenante, Indirizzo e

coordinamento, sussidiarietà e potere sostitutivo nel d.leg. 31 marzo 1998 n. 112, in Nuove autonomie, 1998,693.

Sul decreto oggetto del giudizio da parte della Corte costituzionale, v. Forlenza, Commento al d.leg. 30 marzo 1999 n. 96, intervento so stitutivo del governo per la ripartizione di funzioni amministrative tra

regioni ed enti locali a norma dell'art. 4, 5° comma, l. 15 marzo 1997 n. 59, e successive modificazioni, in Guida al dir., 1999, fase. 18, 26.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tazione della singola regione inadempiente potrebbe essere sur

rogata da una qualche consultazione della conferenza Stato

regioni, sia perché la legge di delega distingue chiaramente, nelle diverse ipotesi, i due pareri, sia perché il d.leg. 28 agosto 1997 n. 281 (definizione ed ampliamento delle attribuzioni della conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le

province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle

province e dei comuni, con la conferenza Stato-città ed autono mie locali), che disciplina le funzioni della conferenza, non pre vede affatto che questa sia chiamata a pronunciarsi nell'ambito di tale procedimento sostitutivo, che non riguarda tutte le regio ni ma solo quelle che si ritiene non abbiano attuato i trasferi menti previsti dalla legge. In ordine alla mancata consultazione, nel ricorso si chiede alla Corte costituzionale di fare uso dei

propri poteri istruttori, al fine di accertare lo svolgimento dei fatti.

Su un piano sostanziale, il decreto legislativo contrasterebbe con i principi e criteri stabiliti dalla legge di delega, con conse

guente violazione, oltre che dell'art. 76, anche degli art. 3 e 119 Cost. Innanzitutto, trattando tutti gli enti autonomi allo stesso

modo, sia all'interno della regione, sia in regioni diverse, esso si

porrebbe in contrasto con il principio di «differenziazione» nel

l'allocazione delle funzioni, nonché con il principio di adegua tezza in relazione alla idoneità organizzativa dell'ammi

nistrazione ricevente. Sarebbe violato il principio della copertu ra finanziaria e patrimoniale dei costi per l'esercizio delle fun

zioni amministrative conferite, di cui all'art. 4, 3° comma, lett.

i), 1. n. 59 del 1997, in quanto il decreto legislativo attribuisce alle regioni funzioni e compiti, stabilendo, all'art. 49, che le sue

disposizioni si applicano a decorrere dal 1° luglio 1999, mentre

esso non opera alcuna attribuzione di risorse, non essendo stati

ancora adottati i decreti del presidente del consiglio dei ministri

previsti dall'art. 7 1. n. 59 del 1997.

Mancherebbe poi, secondo la ricorrente, il presupposto stesso

per la sostituzione, cioè l'inadempimento: l'obbligo per la re

gione sorgerebbe infatti soltanto in presenza di un decreto legis lativo che, in conformità della legge di delega, ponga tutte le

condizioni per poter essere tradotto nell'ordinamento regionale, mentre il d.leg. n. 112 del 1998 subordina l'effettività dei confe

rimenti di funzioni al trasferimento delle risorse, con la conse

guenza che la mancanza delle risorse determinerebbe anche

l'illegittimità dell'intervento sostitutivo. La regione, ai sensi

dell'art. 4, 3° comma, lett. /), 1. n. 59 del 1997 è tenuta a operare il conferimento di funzioni agli enti locali rispettando il princi

pio della copertura finanziaria e patrimoniale dei relativi costi, e

10 stesso art. 3, 3° comma, d.leg. n. 112 del 1998 dispone che

contestualmente al conferimento delle funzioni si attribuiscano

agli enti locali le risorse umane, finanziarie, organizzative e

strumentali in misura tale da garantire la congrua copertura de

gli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti tra

sferiti. L'art. 55, 1° comma, dello statuto della regione Veneto

impone analoga contestualità. In assenza dei decreti del presi dente del consiglio dei ministri, la regione si trova nella impos sibilità di osservare tali principi, e lo stesso disegno di legge re

gionale attuativo del d.leg. n. 112 del 1998 subordina l'esercizio delle funzioni conferite alla individuazione delle risorse finan ziarie necessarie (art. 13, 1° comma, del disegno di legge n.

462): neppure l'approvazione di tale progetto avrebbe potuto

impedire l'intervento sostitutivo, in quanto con esso non si ri

partiscono tra regione ed enti locali funzioni attualmente eser

citabili; né esso riuscirà a sostituire le disposizioni cedevoli del

d.leg. n. 96 del 1999, se quest'ultimo è da intendere come effet

tivo riparto di compiti. Sarebbe inoltre violato, a detta della ricorrente, il carattere

politico-rappresentativo dell'autonomia regionale (e, quindi, gli art. 115, 117, 118, 121, 122 e 123 Cost.): un intervento sostitu

tivo di così ampia portata inciderebbe sul rapporto di rappre sentanza politica, «inducendo nel corpo elettorale veneto la

convinzione dell'inadempimento della regione». A ritenere che

11 d.leg. n. 96 del 1999 non operi alcuna concreta attribuzione di

compiti e funzioni, tale attribuzione essendo subordinata al tra

sferimento delle risorse, ancora più chiara risulterebbe la finalità

del decreto di voler imputare alla regione la mancata realizza

zione del processo di decentramento amministrativo.

L'art. 49 d.leg. n. 96 del 1999, poi, stabilendo che le disposi zioni contenute nel decreto medesimo si applicano a decorrere

dal 1° luglio 1999, configurerebbe un eccesso di delega, in

Il Foro Italiano — 2001.

quanto non spetterebbe a un decreto legislativo disciplinare la

propria entrata in vigore e la decorrenza dei propri termini, in assenza di una specifica disposizione abilitante: a ritenere il

contrario, si consentirebbe al governo di eludere il termine pre visto. Tale illegittimità si estenderebbe al decreto legislativo nella sua interezza.

Infine, la ricorrente ritiene che altri motivi di illegittimità co stituzionale del d.leg. n. 96 del 1999 derivino dalla incostituzio nalità della delega contenuta nell'art. 4, 5° comma, 1. n. 59 del

1997, per cui chiede che la corte sollevi di fronte a sé stessa

questione incidentale di costituzionalità: la regione censura la stessa previsione di un potere sostitutivo statale in materia di conferimento di funzioni agli enti locali, ritenendo che il riferi mento all'art. 118, 1° e 3° comma, Cost., non sia giustificazione sufficiente per una norma che comporta un grave vulnus all'au tonomia politica regionale. In particolare, come la Corte costitu zionale ha evidenziato nella sentenza n. 408 del 1998 (Foro it., 2000, I, 1354), la sostituzione dovrebbe essere circoscritta alle funzioni «di interesse esclusivamente locale», mentre l'art. 4, 5°

comma, menzionato, consentirebbe la sostituzione anche per funzioni diverse, con conseguente violazione degli art. 117 e 118 Cost. L'illegittimità della delega si estenderebbe a tutte

quelle disposizioni del decreto legislativo che toccano materie

regionali ai sensi dell'art. 117 Cost, (con esclusione degli art. 4

10), spettando in tali materie alla regione il compito di indivi duare quali funzioni, escluse quelle di interesse esclusivamente

locale, debbano per loro natura essere esercitate a livello regio nale, e quali invece vadano svolte per mezzo di delega.

Il carattere cedevole del decreto impugnato non escluderebbe, secondo la regione Veneto, un interesse regionale a ricorrere. Innanzitutto il decreto legislativo, presupponendo una omissio

ne in realtà insussistente, sarebbe idoneo a incidere sull'auto

nomia politico-rappresentativa della regione. Inoltre, se il de

creto comportasse, come dovrebbe, una vera e propria attribu

zione di funzioni, la regione non sarebbe in condizione di ri

muoverlo, perché la riallocazione reale ed efficace delle funzio

ni presuppone una disponibilità di risorse ancora mancante.

1.2. - Nel giudizio si è costituito il presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissi

bile o infondato.

Con una successiva memoria l'avvocatura dello Stato osserva

che non sussiste, ai sensi dell'art. 4, 5° comma, 1. n. 59 del

1997, alcun dovere per lo Stato di instaurare il contraddittorio

con le regioni inadempienti prima di utilizzare il potere sostitu

tivo, non essendo, ad esempio, prevista la previa diffida. Quanto alla violazione dei principi e criteri della delega, per la mancata

differenziazione delle funzioni, la memoria rileva che spetta alla

regione tener conto della diversità delle situazioni; riguardo alla

mancata adozione dei decreti del presidente del consiglio dei

ministri di cui all'art. 7 1. n. 59 del 1997, si afferma che «l'esatta individuazione della provvista finanziaria necessaria

per l'esercizio delle funzioni conferite è operazione assai com

plessa», che «deve essere effettuata a Costituzione invariata, te

nendo conto dei principi costituzionali di cui all'art. 81 Cost.».

Secondo l'avvocatura, l'adozione del decreto legislativo sosti

tutivo costituisce l'ineludibile adempimento di un obbligo legis lativamente disciplinato e non già una indebita lesione dell'au

tonomia costituzionalmente garantita alle regioni. Né l'art. 49

d.leg. n. 96 del 1999 violerebbe l'art. 76 Cost., essendo il de

creto legislativo stato adottato in virtù delle modifiche apportate all'art. 4, 5° comma, 1. n. 59 del 1997, dall'art. 1 1. 16 giugno 1998 n. 191, e dall'art. 9 1. 8 marzo 1999 n. 50. Infine, le cen

sure rivolte contro la legge delega sarebbero inammissibili per ché formulate in modo generico.

1.3. - Nel giudizio ha depositato, in data 22 ottobre 1999, atto

di intervento la provincia di Vicenza, sostenendo l'infondatezza

delle questioni. La provincia, che si ritiene «vittima da anni del

centralismo regionale», sostiene di essere titolare di un interesse

qualificato a intervenire in giudizio per difendere le funzioni

che finalmente lo Stato le ha assegnato con il decreto legislativo

impugnato. 1.4. - La regione Veneto, in prossimità dell'udienza del 4

aprile 2000, ha depositato una memoria, ribadendo la necessità

che, ai fini dell'adozione del d.leg. n. 96 del 1999, fossero sen

tite le regioni inadempienti, e chiedendo alla corte di svolgere il

controllo di costituzionalità sulla corretta formazione del de

creto legislativo, indipendentemente dall'attestazione, contenuta

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PARTE PRIMA

nel preambolo del medesimo, secondo la quale tale obbligo è

stato adempiuto. La regione si sofferma poi ampiamente sulle censure relative

al mancato trasferimento delle risorse e all'art. 49 d.leg. n. 96

del 1999, affermando che la legge di delega non abilitava il go verno a prevedere una decorrenza della disciplina diversa dalla

normale vacatio legis. La memoria infine riafferma la illegitti mità del d.leg. n. 96 del 1999 derivante dalla illegittimità della

disposizione di delega, nella parte in cui questa non si limita a

consentire la sostituzione alla regione nel compito di trasferire

le sole funzioni di interesse esclusivamente locale (come sareb

be costituzionalmente imposto dall'art. 118 Cost.), ma configu ra un potere sostitutivo relativo alla generalità dei compiti che

non richiedono l'unitario esercizio a livello regionale. 1.5. - In prossimità dell'udienza del 4 aprile 2000, la difesa

della provincia di Vicenza ha depositato una lettera con la quale il presidente della stessa rinuncia «al ricorso radicato innanzi

alla Corte costituzionale».

2. - A seguito dell'udienza pubblica del 4 aprile 2000, questa corte ha adottato ordinanza istruttoria 18 aprile

- 3 maggio 2000, chiedendo al presidente del consiglio dei ministri e alla

regione di produrre tutta la documentazione in loro possesso sulla consultazione della ricorrente.

2.1. - La regione Veneto, a seguito dell'ordinanza istruttoria, ha depositato copia del verbale della seduta della conferenza

Stato-regioni del 4 marzo 1999, affermando di non essere in

grado di produrre documenti più pertinenti, in quanto lo Stato

non ha assolto in alcun modo all'obbligo di sentirla in vista

della emanazione del d.leg. n. 96 del 1999. In tale seduta della

conferenza, rileva la regione, il ministro per gli affari regionali ha informato le regioni sullo stato di attuazione del d.leg. n. 112

del 1998, senza far cenno dell'uso del potere sostitutivo. Peral

tro, la conferenza era convocata su un diverso ordine del giorno, e la regione Veneto non era presente. L'audizione di una regio ne che si suppone inadempiente non potrebbe comunque

— a

detta della ricorrente — essere surrogata da una qualche posi zione che essa abbia assunto nell'ambito di un organo col

legiale, anche se non è escluso che, eventualmente, la regione

venga sentita «in occasione» della riunione dello stesso organo, visto che la 1. n. 59 del 1997 non stabilisce una forma particola re per il parere regionale. Pur muovendo da questo presupposto, il verbale prodotto mostra come la regione non sia stata sentita

in alcun modo.

2.2. - Il presidente del consiglio dei ministri ha depositato an

ch'esso copia del verbale della seduta del 4 marzo 1999 della

conferenza Stato-regioni e della lettera indirizzata dal ministro

per gli affari regionali al presidente della regione Veneto il 24

marzo 1999.

3. - In prossimità dell'udienza pubblica del 16 gennaio 2001, hanno depositato memorie sia la regione Veneto che l'avvocatu

ra dello Stato.

3.1. - La regione Veneto, riguardo al denunciato vizio for

male, ribadisce di non essere stata sentita: la lettera del ministro

per gli affari regionali del 24 marzo 1999 si limitava, come già rilevato, ad affermare l'intenzione del governo di procedere alla

sostituzione, senza chiedere alcun parere alla regione. Riguardo alla censura relativa alla violazione dell'art. 119

Cost., in quanto al conferimento di funzioni non si accompagne rebbe il trasferimento di risorse, la regione rileva che nessuna influenza riveste l'art. 52 1. 23 dicembre 2000 n. 388 (disposi zioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato —

legge finanziaria 2001), che prevede il trasferimento di risorse alle regioni e agli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di cui al d.leg. n. 112 del 1998, trattandosi di stanzia menti destinati a valere solo per il futuro e non potendo comun

que sanare i vizi del d.leg. n. 96 del 1999. Lo stesso art. 52 1. n. 388 del 2000 prende atto del permanere dell'inadempimento statale quanto al trasferimento delle risorse: a fronte di ciò —

ribadisce la regione — era impossibile pretendere, invece,

l'adempimento regionale. Infine, la memoria riafferma la incostituzionalità della previ

sione, nella 1. n. 59 del 1997, di un potere sostitutivo quale quello esercitato col decreto legislativo impugnato, nonché la

possibilità per le regioni di invocare a parametro, nei giudizi in via principale, l'art. 76 Cost.

3.2. - Anche l'avvocatura dello Stato ha depositato una me

moria, sostenendo che l'obbligo, nascente dalla 1. n. 59 del

1997, di sentire la regione Veneto, inadempiente, prima di

Il Foro Italiano — 2001.

adottare il decreto legislativo sostitutivo, sarebbe stato regolar mente espletato alla stregua sia del verbale della seduta del 4

marzo 1999 della conferenza Stato-regioni, sia della lettera indi

rizzata dal ministro per gli affari regionali al presidente della

regione il 24 marzo dello stesso anno.

Diritto. — 1. - La regione Veneto solleva questione di legitti mità costituzionale del d.leg. 30 marzo 1999 n. 96 (intervento sostitutivo del governo per la ripartizione di funzioni ammini

strative tra regioni ed enti locali a norma dell'art. 4, 5° comma, 1. 15 marzo 1997 n. 59), per violazione degli art. 3, 76, 115,

117, 118, 119, 121, 122 e 123 Cost. Il decreto legislativo indicato, ad avviso della ricorrente, è vi

ziato nella procedura e nel contenuto, costituendo inoltre un

esercizio abusivo, in assenza dei presupposti, del potere legisla tivo delegato al governo per far fronte all'inerzia di quelle re

gioni che non avessero provveduto ad adottare, nel termine pre visto, la «legge di puntuale individuazione delle funzioni trasfe

rite o delegate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla

regione stessa» (art. 4, 5° comma, 1. n. 59 del 1997).

Quanto alla forma, sebbene il preambolo del decreto legisla tivo affermi il contrario — affermi cioè essere state «sentite le

regioni inadempienti» —, non si sarebbe proceduto da parte del

governo alla necessaria acquisizione del parere della regione Veneto, quale regione ritenuta «inadempiente» alla stregua del

l'art. 4, 5° comma, prima proposizione, 1. n. 59 del 1997, acqui sizione necessaria sulla base della norma legislativa di delega zione (art. 4, 5° comma, seconda proposizione, medesima 1. n.

59 del 1997) e, in generale, del principio costituzionale di «leale

collaborazione» dello Stato con le regioni. Quanto al contenuto, la regione ricorrente contesta la scelta

del governo di adottare, in sostituzione delle regioni, un testo

normativo unico, contenente soluzioni organizzative uniformi, in contrasto con le ragioni della differenziazione che derivereb

bero tanto dall'art. 3 Cost, quanto dai principi della 1. n. 59 del

1997. L'operatività del decreto legislativo impugnato (stabilita dal medesimo, all'art. 49, al 1° luglio 1999: norma a sua volta

impugnata per carenza di base giustificativa nella legge di dele

gazione) comporterebbe inoltre la violazione dell'autonomia fi

nanziaria della regione, e quindi dell'art. 119 Cost., non essendo

stati adottati, al momento, i decreti di trasferimento delle risor

se, previsti dall'art. 7 1. n. 59 del 1997.

Dall'assenza, rispetto al tempo in cui sarebbe dovuta avvenire

l'approvazione della legge regionale di ripartizione delle fun

zioni conferite, dei decreti ministeriali di individuazione delle

risorse, la regione ricorrente trae poi motivo per sostenere l'im

possibilità di tale adozione, essendo a sua volta tenuta a rispetta re il principio della copertura finanziaria e patrimoniale dei costi

delle funzioni allocate, come previsto dall'art. 3, 3° comma,

d.leg. n. 112 del 1998 e dall'art. 3, 3° comma, dello statuto re

gionale. A questa impossibilità di legiferare, corrisponderebbe

l'impossibilità di essere considerata inadempiente, venendo così

a mancare il presupposto per l'esercizio del potere governativo di sostituzione.

Quest'ultimo potere, poi, in mancanza del presupposto ina

dempimento della regione, si tradurrebbe in una sua delegitti mazione, inducendo nella popolazione l'erroneo convincimento che essa si sia resa responsabile di un grave mancato adempi mento nei confronti degli enti locali, con effetti pregiudizievoli nel rapporto di rappresentanza politica, comportanti violazione

degli art. 115, 117, 118, 121 e 123 Cost.

Infine e in generale, la regione ricorrente ritiene l'in

costituzionalità del potere sostitutivo come tale e chiede per tanto che la Corte costituzionale, con riferimento all'art. 118, 1° e 3° comma, Cost., sollevi di fronte a sé medesima la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, 5° comma, 1. n. 59 del 1997 che tale potere prevede.

2. - La questione di legittimità costituzionale è fondata, il de creto legislativo impugnato non essendo stato adottato confor

memente al procedimento previsto dalla legge di delegazione, il cui rispetto non è reso facoltativo, e comunque non è indiffe rente per la regione

— secondo un argomento prospettato dalla difesa del presidente del consiglio dei ministri —

per il fatto

che, secondo l'art. 4, 5° comma, seconda proposizione, 1. n. 59 del 1997, tale decreto ha carattere cedevole, applicandosi nella

regione solo fino all'entrata in vigore della legge regionale. La norma delegante stabilisce che l'esercizio del potere so

stitutivo del governo deve avvenire «sentite le regioni inadem

pienti». Ma, alla stregua del materiale probatorio prodotto dalle

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

parti e di quello acquisito a seguito dell'ordinanza istruttoria di

questa corte (di cui si dà conto nella narrativa in fatto), risulta

che nessun contatto diretto tra il governo e la regione Veneto è

stato dal primo promosso al fine di acquisire il parere della se

conda circa l'attivazione del potere sostitutivo previsto dall'art.

4, 5° comma, 1. n. 59 del 1997. Nella seduta della conferenza

permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 4 marzo 1999, il ministro per

gli affari regionali, dopo aver ricordato l'obbligo del governo di

far uso dei poteri sostitutivi conferitigli, nel caso di inerzia re

gionale, affermò ritenersi «opportuno continuare a lavorare in

collaborazione con le regioni» aventi «ancora le leggi di at

tuazione del d.leg. n. 112 del 1998 in discussione nei rispettivi

consigli, al fine di raggiungere l'obiettivo della loro approva zione entro il ... termine» previsto, aggiungendo un invito ai

presidenti delle regioni a sollecitare i rispettivi consigli regio nali affinché le leggi in questione potessero essere approvate

tempestivamente. Il presidente della regione Puglia, dal canto

suo, dichiarò in quella occasione di ritenere che le regioni po tevano senz'altro «presentare» le leggi di attuazione del d.leg. n.

112 del 1998 nel termine prescritto, senza necessità di slitta

menti, e tutto finì lì. Successivamente, in una missiva in data 24

marzo 1999, il ministro per gli affari regionali, dopo avere rin

novato l'invito alle regioni ad approvare le leggi di loro com

petenza, ricordava al presidente della regione Veneto il compito del governo di intervenire in via sostitutiva, nel caso di mancata

approvazione nei termini delle leggi regionali, concludendo che

«l'intervento di carattere sostitutivo che sarà necessario nei con

fronti delle regioni che non hanno ottemperato al compito di tra

sferire agli enti locali le funzioni non 'unitarie', risponde alla

esigenza di garantire l'effettivo concorso di tutte le autonomie

locali alla riorganizzazione dell'amministrazione centrale e pe riferica».

Nessun altro contatto risultando, relativamente alla vicenda

della «puntuale individuazione delle funzioni trasferite o dele

gate agli enti locali e di quelle mantenute in capo alla regione» con riferimento alle funzioni conferite dal d.leg. n. 112 del

1998, il decreto legislativo impugnato deve ritenersi adottato dal

governo in assenza della necessaria procedura rivolta a consen

tire alla regione Veneto di esprimere la propria posizione circa

l'adottanda misura sostitutiva da parte del governo nei suoi con

fronti.

Neil'accogliere per l'anzidetto motivo il ricorso della regione Veneto, non è necessario prendere posizione circa gli aspetti formali e sostanziali dei contatti che dovevano essere intratte

nuti dal governo con le regioni inadempienti, affinché possa dir

si che queste ultime siano state «sentite», alla stregua dell'art. 4, 5° comma, seconda proposizione, 1. n. 59 del 1997. Basta rileva

re l'inesistenza, nella specie, di qualunque elemento dal quale si

possa indurre l'esistenza di una previa qualsivoglia procedura, rivolta a sollecitare la regione ricorrente a manifestare la propria

posizione circa un prospettato, successivo intervento sostitutivo

del governo. La ricordata dichiarazione del ministro per gli affa

ri regionali alla conferenza permanente per i rapporti tra lo Sta

to, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano altro

non è, infatti, che una informativa di carattere generico circa i

poteri e gli obblighi reciproci dello Stato e delle regioni, mentre

la missiva indirizzata al presidente della regione Veneto, a sua

volta, non è altro che un unilaterale preannuncio, nei confronti

in genere delle regioni inadempienti, dell'imminente intervento

sostitutivo del governo e delle sue ragioni giustificative. 3. - La dichiarazione d'incostituzionalità del d.leg. n. 96 del

1999, per violazione nei confronti della regione Veneto della

norma di delegazione contenuta nell'art. 4, 5° comma, seconda

proposizione, 1. n. 59 del 1997, e quindi per violazione dell'art.

76 Cost., assorbe ogni altro profilo d'incostituzionalità dedotto

dalla ricorrente.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara l'illegitti mità'costituzionale del d.leg. 30 marzo 1999 n. 96 (intervento sostitutivo del governo per la ripartizione di funzioni ammini

strative tra regioni ed enti locali a norma dell'art. 4, 5° comma,

1. 15 marzo 1997 n. 59), nella parte in cui si applica alla regione Veneto.

Il Foro Italiano — 2001.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 13 marzo 2001, n. 55 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 21 marzo 2001, n. 12); Pres. Santosuosso, Est. Neppi Modona; Pres. cons, ministri

c. Regione Sicilia (Avv. Lo Bue, Pitruzzella).

Sicilia — Comitato regionale per la sicurezza — Istituzione — Funzioni — Incostituzionalità (Cost., art. 97; statuto

della regione siciliana, art. 14, 17, 31; 1. reg. Sicilia 13 set tembre 1999 n. 20, nuove norme in materia di interventi con

tro la mafia e di misure di solidarietà in favore delle vittime

della mafia e dei loro familiari, art. 22).

E incostituzionale l'art. 22 l. reg. Sicilia 13 settembre 1999 n.

20, nella parte in cui istituisce il comitato regionale per la si

curezza, con il compito di proporre, di concerto con le istitu

zioni dello Stato e con i comuni, misure ordinarie e straordi

narie volte a garantire la sicurezza dei cittadini, del patrimo nio pubblico regionale e delle attività economiche che si

svolgono nel territorio della regione, nonché di formulare in

dirizzi e di esprimere valutazioni in ordine all'attuazione del

l'art. 31 statuto speciale regione Sicilia, secondo cui al

mantenimento dell'ordine pubblico provvede il presidente re

gionale a mezzo della polizia dello Stato. (1)

Diritto. — 1. - Il giudizio promosso in via principale dal com

missario dello Stato per la regione siciliana ha per oggetto l'art.

22 della delibera legislativa recante «nuove norme in materia di

interventi contro la mafia e di misure di solidarietà in favore

delle vittime della mafia e dei loro familiari», approvata dall'as

semblea regionale siciliana nella seduta del 6 agosto 1999. Nelle

more del giudizio, la delibera oggetto di impugnativa è stata

promulgata come 1. 13 settembre 1999 n. 20, e pubblicata nella

Gazzetta ufficiale della regione siciliana del 17 settembre 1999, n. 44; la pronuncia della corte va quindi adottata nei confronti

dell'atto legislativo suindicato.

La disposizione denunciata, che istituisce un comitato regio nale per la sicurezza, violerebbe: gli art. 14 e 17 dello statuto

della regione siciliana, in quanto la materia della sicurezza e

dell'ordine pubblico non è inserita tra quelle riservate alla pote

(1) L'impugnazione dello Stato, in via diretta, aveva ad oggetto la delibera legislativa della regione siciliana 6 agosto 1999, la quale, nelle more del giudizio, è stata promulgata come 1. reg. 20/99, per cui la corte ha deciso con riguardo a quest'ultima.

La Corte costituzionale deriva dall'esame dei compiti assegnati al comitato regionale per la sicurezza e dalla composizione dello stesso, che trattasi di un organismo al quale sono assegnate funzioni in materia di ordine e sicurezza pubblica, riservata alla competenza legislativa statale.

Corte cost. 13 luglio 1963, n. 131, Foro it., 1963,1, 2024, con nota di

richiami, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli art. 2 e 7 della

legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il 20 novembre 1962

per la parte concernente l'ispettorato regionale di polizia, osservando come lo statuto siciliano, disponendo all'art. 31 che il presidente regio nale provvede al mantenimento dell'ordine pubblico a mezzo della po lizia dello Stato, esclude che il presidente stesso possa svolgere tale funzione mediante organi regionali.

Per l'affermazione, con riferimento alla regione Sicilia, della com

petenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza e ordine pubblico, v. Tar Sicilia, sede Catania, sez. I, 6 settembre 1993, n. 617, id., Rep. 1994, voce Comune, n. 272, secondo cui la materia dell'ordine e della sicurezza pubblica sovrasta l'ambito degli interessi regionali, per cui la

regione siciliana non possiede in detta ultima materia alcuna potestà normativa; 19 maggio 1993, n. 370, id., Rep. 1993, voce Opere pubbli che, n. 143, secondo cui la disciplina statale in tema di ordine pubblico trova immediata e diretta applicazione in Sicilia anche se incidente su materia (lavori pubblici) oggetto di competenza legislativa esclusiva

dell'assemblea regionale siciliana; sez. I 31 marzo 1992, n. 103, id.,

1993, III, 51, con nota di richiami; Cons, giust. amm. sic. 9 maggio 1984, n. 56, id., Rep. 1984, voce Sicilia, n. 56, che ha ritenuto rientrare

nella competenza del questore e non della regione, in Sicilia, la revoca

della licenza per la gestione di un'agenzia di viaggi motivata con l'ac

certata assenza temporanea di personale, trattandosi di questione atti

nente ad esigenza di sicurezza pubblica e non soltanto ad esigenze me

ramente organizzative. Per qualche riferimento ai comitati provinciali per l'ordine e la sicu

rezza pubblica, istituiti dalla 1. 121/81, v. Corte cost., ord. 12 giugno 1992, n. 271, id., Rep. 1993, voce Ordinamento penitenziario, n. 186.

Sul principio di leale collaborazione, v. Corte cost., ord. 14 febbraio

2001, n. 42, id., 2001,1, 1785, con nota di richiami.

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