sentenza 27 febbraio 1997; Pres. ed est. Lapertosa; Soc. Aies Gibellini (Avv. Angeli) c.Cervellera (Avv. de Sanna, Mauri)Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 3 (MARZO 1999), pp. 1061/1062-1065/1066Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194222 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
TRIBUNALE DI MONZA; sentenza 27 febbraio 1997; Pres. ed est. Lapertosa; Soc. Aies Gibellini (Avv. Angeli) c. Cer vellera (Avv. de Sanna, Mauri).
TRIBUNALE DI MONZA;
Famiglia (regime patrimoniale della) — Comunione legale —
Diritti di credito — Esclusione — Fattispecie (Cod. civ., art.
177, 1188).
Non rientra nella comunione dei beni fra coniugi il diritto alla
restituzione della somma di denaro concessa a mutuo da uno solo dei coniugi, ancorché la somma erogata derivi dalla ven dita di beni in comunione e il coniuge rimasto estraneo al mutuo abbia dichiarato, successivamente, il proprio assenso;
pertanto, non può riconoscersi effetto liberatorio al pagamento effettuato dal mutuatario al coniuge non mutuante. (1)
Svolgimento del processo. — Su ricorso di Cervellera Luana il presidente del Tribunale di Monza emetteva in data 8 gennaio 1992 decreto ingiuntivo con il quale intimava all'Aies Gibellini s.p.a. (d'ora in poi per comodità Aies) il pagamento della som ma di lire 320.000.000, oltre interessi convenzionali del quindici
per cento dal 14 novembre 1991, a titolo di rimborso di un
mutuo di lire 200 milioni erogato il 20 dicembre 1984 e con durata fino al 31 dicembre 1989.
Ciò sul rilievo che la debitrice non aveva mai pagato gli inte
ressi trimestrali da versare in via posticipata al 31 marzo, 30
giugno, 30 settembre e 31 dicembre di ciascun anno, essendosi limitata a corrispondere in data 4 dicembre 1991 l'importo di
lire 85.750.000 ingiustificatamente riducendo il credito della mu
tuante a lire 100.000.000 sulle quali soltanto erano stati calcola
ti gli interessi di mora. Avverso il decreto, notificato il 28 gennaio 1992, proponeva
opposizione l'ingiunta convenendo l'altra parte con citazione notificata il 14 febbraio 1992 e chiedendo la revoca del provve dimento monitorio.
L'opponente assumeva: — che l'Aies era stata amministrata fino al 21 dicembre 1991
dall'ing. Folco Gibellini, marito della Cervellera, in regime di
comunione dei beni; — che della comunione facevano parte anche le azioni del
l'Accuma s.p.a. della quale i coniugi avevano venduto l'intero
capitale sociale per un controvalore di lire 398.000.000; — che parte di tale somma, per lire 198.000.000 era stata
utilizzata dai coniugi per l'acquisto di una casa in Morcote (Sviz
zera), anch'essa facente parte della comunione, mentre il resi
duo di lire 200 milioni era stato mutuato all'Aies; — che al momento della stipulazione del mutuo il Gibellini
aveva depositato agli atti della società una dichiarazione, dando
atto che la comunione si estendeva alla somma mutuata; — che gli interessi dovuti sulla somma mutuata erano stati
corrisposti regolarmente dall'Aies mediante assegni bancari e
circolari intestati alla sig. Cervellera e da essa incassati attraver
so il versamento sul c/c personale n. 5869 intrattenuto presso
l'agenzia di Cologno Monzese; — che in particolare le varie rate per interessi dal 1985 fino
alla terza rata del 1990 erano state pagate a mezzo di assegni che specificamente indicava per un totale di lire 147.463.204, e che inoltre altri assegni, compreso quello di lire 85.750.000
(l'unico che la Cervellera riconosceva di avere ricevuto) erano
stati consegnati per ulteriori lire 109.750.000, cosicché la Cer
vellera aveva complessivamente percepito la somma di lire
257.213.204, il tutto al netto delle ritenute di acconto che su
ogni pagamento l'Aies aveva provveduto a versare;
(1) Nel negare effetto liberatorio al pagamento dell'obbligazione fat to dal mutuatario non già al mutuante, bensì all'altro coniuge, in regi me di comunione dei beni, la sentenza conferma l'orientamento della
giurisprudenza, nel senso che i diritti di credito sorti dai contratti con clusi da uno solo dei coniugi, per la loro natura non sono suscettibili di cadere in comunione ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c. Cfr. Cass. 27 gennaio 1995, n. 987, Foro it., Rep. 1995, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 69 (per esteso, Nuova giur. civ., 1995,1, 889); 9 luglio 1994, n. 6493, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 33; 11 settembre 1991, n. 9513, id., Rep. 1993, voce cit., n. 29 (per esteso, Dir. e giur., 1992, 624, con nota di Regine, Comunione legale fra coniugi e diritti di credito).
In dottrina, cfr. Vitucci, Comunione legale e diritti di credito, in Raccolta di scritti in memoria di Angelo Lener a cura di Carpino, Na
poli, 1989; La Rocca, Comunione legale fra coniugi e diritti di credito
(nota a Trib. Trani 28 febbraio 1983, Foro it., Rep. 1983, voce cit., nn. 36, 37), in Rass. dir. civ., 1984, 808; infine, Venturini, Comunio ne legale e diritti di credito, in Giur. it., 1983, I, 2, 627.
Il Foro Italiano — 1999.
— che in definitiva l'Aies aveva restituito la quota di metà del prestito di pertinenza della Cervellera;
— che la tesi già adombrata dalla Cervellera, secondo cui i versamenti sul conto corrente sarebbero stati utilizzati da altri senza che essa ne conoscesse la destinazione era irrilevante po sto che essa medesima era l'unica intestataria del conto e che l'utilizzo di dette somme per le esigenze della famiglia concer neva i rapporti interni tra i coniugi, cui l'Aies era del tutto estranea.
La convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto della
opposizione e la condanna dell'attrice al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c.
La Cervellera, premesso che la controparte non aveva pro dotto alcuna quietanza relativa ai dedotti pagamenti, riconosce va che sul proprio conto corrente erano affluite somme, in coin cidenza con la scadenza delle singole rate e per importi appros simativamente corrispondenti all'ammontare degli interessi
dovuti, ma osservava che tali versamenti erano stati in realtà effettuati dal marito, amministratore e socio sovrano dell'Aies, a di lei insaputa e per i titoli più diversi, mentre di nessun rilie vo era l'affermazione del marito circa la provenienza delle som me date a mutuo e della loro inerenza alla comunione, risultan do per contro che il mutuo all'Aies era stato fatto esclusiva mente dalla Cervellera.
Ciò premesso la convenuta contestava che il mutuo avesse ad oggetto somma facente parte della comunione legale, eviden ziava l'incongruità della logica della tesi avversaria circa la ma terialità dei pagamenti fatti attraverso accrediti sul conto cor rente da essa ignorati e in realtà utilizzati per movimentare un conto in nero dall'Aies.
A tal proposito la convenuta asseriva che essa periodicamente aveva sottoscritto uno, due o tre libretti di assegni in bianco
consegnati al marito che poi li aveva utilizzati per operazioni sociali, ciò che poteva arguirsi anche dalla circostanza che le
firme di girata per l'incasso sugli assegni non erano della Cer
vellera; osservava inoltre che gli estratti del c/c non venivano
ad essa inviati nella sua residenza ma domiciliati presso la ban
ca stessa e quindi alla casella n. 1 all'uopo aperta dall'Aies presso la banca. Il che spiegava anche perché l'Aies fosse a conoscenza
del numero di conto della convenuta, che dunque disconosceva
formalmente la propria firma sugli assegni in questione e con
cludeva nei sensi già detti.
Con comparsa depositata il 9 marzo 1992 interveniva volon
tariamente nel processo Folco Gibellini e, premesso che il mu
tuo all'Aies, ancorché registrato al nome della Cervellera, era
stato effettuato con denaro della comunione e che egli aveva
quindi interesse all'accertamento del suo diritto sul capitale mu
tuato, chiedeva che, accertato tale diritto e dato atto che gli era stata rimborsata dall'Aies la quota di mutuo che gli compe teva, fosse dichiarato il difetto di legittimazione attiva della con
venuta opposta a pretendere una somma per un credito ecce
dente i limiti della quota di spettanza. Alla prima udienza di comparizione il procuratore della op
ponente precisava che la somma versata alla Cervellera ammon
tava a lire 260.213.204 anziché a lire 257.213.204. In corso di causa il giudice istruttore concedeva alla Cervelle
ra sequestro conservativo sui beni dell'Aies fino a concorrenza della somma di lire cento milioni, che veniva poi convertita in
Bot.
Le parti trattavano la causa con lo scambio di memorie e
deducevano prova per testi a sostegno delle rispettive allegazioni. Ammessa e assunta la prova testimoniale, la causa veniva spe
dita a sentenza all'udienza del 27 febbraio 1997 sulle conclusio
ni come in epigrafe precisate dai procuratori costituiti.
Motivi della decisione. — All'esito dell'inchiesta istruttoria
la vicenda controversa può essere ricostruita come segue. La sig. Cervellera, negli stessi giorni in cui lei e il marito
(Folco Gibellini) proponevano avanti al Tribunale di Monza con
trapposti ricorsi per separazione personale, anche in vista della
divisione della comunione legale (v. in particolare il ricorso de
positato il 16 dicembre 1991 dal Gibellini), ha chiesto (con ri corso depositato il 18 dicembre 1991) e ottenuto decreto ingiun tivo contro l'Aies Gibellini s.p.a. per il rimborso dell'intera som
ma capitale di lire duecento milioni, e dei relativi interessi
convenzionali che, come risulta dallo scambio delle lettere in
data 20 dicembre 1984 e 21 dicembre 1984 (doc. 1 e 2 del fasci colo monitorio), essa aveva mutuato alla società.
La somma mutuata all'Aies apparteneva alla comunione poi ché essa, come emerge dal ricorso per separazione proposto dal
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1063 PARTE PRIMA 1064
Gibellini e dalle ammissioni rese dalla Cervellera nella compar sa di risposta depositata in quel giudizio, costituiva il ricavato
della vendita di azioni (delFAccuma s.p.a.) che, benché intesta
te alla stessa Cervellera, facevano a loro volta parte della comu
nione legale. Infatti l'acquisto di azioni effettuato da uno dei
coniugi in regime di comunione costituisce una forma di inve
stimento riconducibile all'art. 177, lett. a), c.c., non essendovi
prova che le azioni stesse costituissero a loro volta beni acquisi ti ex art. 179, lett. f), c.c. con il prezzo del trasferimento di
beni personali della Cervellera ovvero frutti di beni suoi propri destinati alla comunione residuale.
In sostanza, poiché, in mancanza di prova contraria (arg. ex
art. 159 e 195 c.c.), le azioni Accuma, ancorché intestate al
nome della Cervellera, appartenevano alla comunione legale, la
somma ricavata dalla loro vendita era a sua volta caduta in
comunione (giacché solo i beni acquisiti dal trasferimento di
beni personali sono a loro volta personali mentre, al contrario, sono comuni quelli acquisiti dal trasferimento dei beni della co
munione). Essendo tuttavia documentalmente provato che fu la sola Cer
vellera a utilizzare la somma di lire duecento milioni per il fi
nanziamento erogato all'Aies Gibellini s.p.a., la fattispecie in
esame va inquadrata nella ipotesi prevista dall'art. 180 c.c.: si
tratta in definitiva di un atto di amministrazione di un bene
della comunione compiuto validamente e disgiuntivamente da
uno solo dei coniugi.
Ora, di fronte a un finanziamento erogato da un coniuge a
un terzo con denaro della comunione e di fronte alla dichiara
zione del coniuge rimasto estraneo al contratto di mutuo (il Gi
bellini) di avere ricevuto dal mutuatario l'integrale rimborso della
propria quota di spettanza (per capitale e interessi), il primo
quesito da risolvere è se l'Aies, quantomeno con riguardo al
rimborso che si assume fatto a Gibellini, possa ritenersi liberata
nei confronti della Cervellera.
La risposta deve essere negativa. Non v'è dubbio che, essendo il Gibellini estraneo al contratto
di mutuo, il debito di rimborso era stato assunto dall'Aies nei
confronti della propria controparte contrattuale (la Cervellera) e che a questa, quale creditrice legittimata a ricevere, avrebbero
dovuto essere corrisposti gli importi per la restituzione del capi tale mutuato e dei relativi interessi convenzionali.
E deve ribadirsi che il mutuo di somme di denaro apparte nenti alla comunione, fatto disgiuntamente da uno solo dei co
niugi, sia esso o meno considerato atto di ordinaria o straordi
naria amministrazione (a tal riguardo, più che i consueti riferi
menti alla natura astratta dell'atto rileva l'importanza economica
dell'operazione che nella specie potrebbe anche risolversi in una
forma di investimento del capitale), è comunque giuridicamente valido nonostante la mancata partecipazione dell'altro coniuge
(arg. ex art. 180 e 184 c.c.). Il quale ha però espresso posterior mente il proprio assenso, avendo prodotto una lettera (asserita
mente) inviata all'Aies (in pratica a se stesso) nella quale preci sava che il finanziamento proveniva da beni di entrambi i co
niugi sicché la restituzione avrebbe dovuto avvenire pro quota in favore di ciascuno di essi.
Da un lato, quindi, l'Aies era tenuta a pagare alla Cervellera, dall'altro costei avrebbe dovuto, nei rapporti interni con il Gi
bellini, provvedere ai dovuti rimborsi in sede di scioglimento della comunione (art. 192 c.c.) e, ove il consenso del marito fosse mancato, avrebbe dovuto provvedere su istanza di lui a ricostituire immediatamente la comunione nello stato anteriore, ove possibile, e altrimenti a risarcire il danno (art. 184 c.c.).
Ora, se si considera che le norme richiamate in ordine agli atti di amministrazione e disposizione dei beni mobili (non regi strati) hanno la precipua funzione di semplificare i rapporti con i terzi, i quali non sempre sono in grado di svolgere indagini sullo status dell'altro contraente e tanto meno sul regime patri moniale che lo lega al coniuge non contraente; che nella specie non è in discussione la validità dell'atto di gestione del patrimo nio comune mobiliare da parte della Cervellera; che i diritti di credito in quanto tali non cadono in comunione e tantomeno i contratti che vi danno causa, deve convenirsi che l'obbligo di rimborso del mutuo doveva essere adempiuto nei soli con fronti del coniuge mutuante, titolare del diritto di credito (rela tivo e personale) sorto dal contratto.
Da qui, la conseguenza che l'eventuale pagamento di una parte (la metà) del credito fatto al Gibellini (pacifico tra lui e l'Aies s.p.a. ma non nei confronti della Cervellera) non potrebbe con siderarsi liberatorio per la opponente salvo che si ritenga che il regime di comunione determini, come effetto indotto, una
Il Foro Italiano — 1999.
forma di solidarietà (legale) attiva a favore di ciascun coniuge, ancorché estraneo al rapporto contrattuale dal quale il credito
è sorto, ovvero che il pagamento abbia avuto effetto liberatorio
secondo i principi generali (azione surrogatoria, pagamento al
creditore apparente, mandato tacito a esigere, ecc.). Nel caso di specie non è allegata (e tanto meno dimostrata)
alcuna delle ipotesi che in via generale possono consentire la
liberazione del debitore nonostante il pagamento a persona di
versa dal creditore, talché il Gibellini e l'Aies s.p.a. affermano
che l'effetto estintivo, per la quota del credito da essi imputata al Gibellini stesso, conseguirebbe al regime coniugale di comu
nione dei beni.
Ma questa tesi non è giuridicamente condivisibile per le ra
gioni già illustrate e per l'ulteriore ragione che il regime di co
munione contempla non a caso il coinvolgimento di ciascun co
niuge nei debiti contratti dall'altro (art. 189, 190 c.c.), attri
buendo peraltro una limitata autonomia alla comunione, ma
nulla prevede invece rispetto al lato attivo dei rapporti obbliga tori discendenti da atti di amministrazione disgiuntamente conclusi.
Con la conseguenza che, sotto tale profilo, valgono i principi
generali, in virtù dei quali la solidarietà attiva, avendo carattere
eccezionale, non è ammessa se non per volontà dei creditori
medesimi, o nei casi espressamente previsti dalla legge: ipotesi entrambe insussistenti nel caso in questione.
Ne discende che l'ammissione del Gibellini di avere ricevuto
dall'Aies la quota di rimborso del mutuo che a lui competeva vale soltanto a giustificare l'eventuale azione di ripetizione nei
suoi confronti da parte dell'Aies ma non incide sulla sorte del
l'opposizione a decreto ingiuntivo intimato dalla Cervellera, cre
ditrice dell'intero. Che va ora esaminata in relazione alla quota che l'Aies assume di avere pagato direttamente alla creditrice
opposta. Al tal riguardo l'Aies s.p.a. ha documentalmente dimostrato
(v. le copie dei titoli e le risultanze degli estratti del conto cor
rente Cariplo) di avere effettuato, tra il 1985 e il 6 novembre
1990, sul conto personale n. 5869 (estinto dopo il 1991) intesta
to alla Cervellera presso la Cariplo di Cologno Monzese, varie
rimesse corrispondenti, per scadenze e importi, all'ammontare
degli interessi convenzionali pattuiti per il rimborso del mutuo
per complessive lire 147.463.204 a mezzo di assegni bancari e
circolari che recano la firma di girata per l'incasso della Cervel
lera; ha inoltre dimostrato documentalmente (doc. 19-24) di avere
emesso a favore della Cervellera, tra il 31 dicembre 1990 e il
4 dicembre 1991, ulteriori versamenti, il conto del capitale, per ulteriori lire 109.750.000 (compreso il versamento di lire
85.750.000 a mezzo assegno bancario 4 dicembre 1991 della Ban
ca popolare di Novara che la stessa Cervellera nel ricorso moni
torio ha ammesso di avere ricevuto, imputandola però, come
è in suo diritto ai sensi dell'art. 1194 c.c., agli interessi anziché
al capitale). Tali versamenti a estinzione della quota di capitale mutuato
risultano effettuati a mezzo di assegni bancari tratti sulla Banca
popolare di Novara a favore della Cervellera e da questa girati
per l'incasso presso la Cassa rurale e artigiana di Carate Brian
za (vi è inoltre una fotocopia di un bonifico bancario di lire
3.018.000 fatto dalla Banca popolare di Novara a favore della
Cervellera, prodotto sub doc. 24). Senonché la Cervellera ha disconosciuto formalmente — e
nella prima risposta — la propria firma di girata per l'incasso
su tutti i titoli in questione (ad eccezione evidentemente di quel lo di lire 85.750.000 di cui si è detto e già defalcato dal credito
dedotto con il ricorso per ingiunzione) ed ha negato di avere
ricevuto alcuno dei detti pagamenti. Incombeva pertanto alla opponente l'onere di chiedere la ve
rificazione della firma per dimostrare che gli assegni in questio ne fossero stati effettivamente incassati dalla Cervellera (e che
il contestato bonifico avesse effettivamente avuto luogo). Tale prova non è stata fornita e l'eccezione di pagamento
deve senz'altro rigettarsi in relazione a tutti quei contestati ver
samenti non effettuati mediante rimesse sul conto Cariplo inte
stato alla Cervellera.
Relativamente a questi ultimi, va svolto un diverso rilievo
che conduce peraltro ad analoghi risultati.
Indipendentemente dalla questione relativa all'autenticità del
la firma di girata per l'incasso, gli estratti conto prodotti atte stano che in realtà sul conto corrente Cariplo affluirono gli im
porti di cui si tratta. Da questo punto di vista, il fatto che il
debitore (o chi per esso) abbia eventualmente apposto la firma di girata in luogo della Cervellera per accreditare quelle somme
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sul di lei conto, dimostrerebbe che, seppure all'insaputa del cre
ditore, i pagamenti furono eseguiti.
Senonché, anche a prescindere dalla questione riguardante la
possibilità astratta di qualificare come adempimento il paga mento fatto dal debitore a favore del creditore ma a sua insapu ta (questione che deve essere risolta in relazione alla effettiva
acquisizione o utilizzo delle somme riversate nel patrimonio del
creditore), ciò che rileva in questa sede è che, così come allega to dall'opposta, è emerso, per concorde riferimento dei testi
escussi in istruttoria, che il conto corrente era solo formalmente
intestato alla Cervellera, la quale fungeva da mero prestanome ed era tenuta del tutto all'oscuro della sua gestione, limitandosi
a firmare preventivamente in bianco interi carnet di assegni che
venivano custoditi e utilizzati dall'Aies s.p.a. per gestire in for
ma non ufficiale somme di pertinenza della società stessa o pro venti personali del Gibellini, che ne era l'amministratore unico.
In questo modo i versamenti sul conto della Cervellera figu ravano come uscita patrimoniale della società a favore di un
terzo creditore, laddove si trattava nella realtà di operazioni di natura diversa e precisamente di operazioni destinate ad ali
mentare il conto aperto e gestito nell'interesse stesso del solvens.
Stando così le cose (e non già per la ulteriore infondata ra
gione addotta dal difensore dell'opposta che la prova del paga mento esiga necessariamente la produzione della quietanza del
creditore, la cui mancanza può semmai costituire argomento pre suntivo contrario alla prova testimoniale del pagamento), l'op
posizione appare del tutto infondata e va quindi rigettata, in
difetto di ulteriori contestazioni sull'esatto ammontare del cre
dito azionato.
Ma la mera soccombenza dell'opponente non giustifica l'ac
coglimento della domanda di risarcimento formulata dalla Cer
vellera ex art. 96 c.p.c. (peraltro carente di prova in ordine al
danno risarcibile). Per quanto riguarda l'intervento spiegato dal Gibellini, è in
negabile il suo interesse (art. 100 c.p.c.), anche in relazione alla
causa di separazione personale e alla domanda di divisione dei
beni ivi formulata, a far accertare nel contraddittorio delle par ti del contratto di mutuo la legittimità del rimborso della quota fatta a sue mani dalla mutuataria, in ragione della provenienza delle somme mutuate dal patrimonio coniugale.
Ma la domanda, così proposta, va rigettata nel merito poiché l'asserito pagamento da lui percepito non è opponibile alla mo
glie, la quale tuttavia, in sede di scioglimento della comunione,
sarà tenuta a rimborsare al marito metà del credito riscosso
dall'Aies. Nessun interesse ha invece il Gibellini a fare accertare nei
confronti dell'Aies Gibellini s.p.a. il detto pagamento a lui fat
to giacché tra queste parti mai è sorta, come è ovvio, alcuna
contestazione al riguardo.
I
PRETURA DI COSENZA; sentenza 28 marzo 1998; Giud. San
tese;L. Converso (Aw. Ferrari) c. Soc. Telecom Italia (Aw. De Luca).
PRETURA DI COSENZA;
Telefono — Bolletta — Contestazione — Prova a carico dell'u
tente (Cod. civ., art. 2697; r.d. 27 febbraio 1936 n. 645, ap
provazione del codice postale e delle telecomunicazioni, art.
233; d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156, approvazione del testo uni
co delle disposizioni legislative in materia postale, di banco
posta e di telecomunicazioni, art. 305).
L'utente che contesti l'esattezza della contabilizzazione del traf
fico telefonico addebitatogli nella bolletta deve provare il cat
tivo funzionamento del contatore in dotazione al gestore del
servizio telefonico. (1)
(1-2) Le decisioni riprodotte pervengono ad opposte conclusioni in
ordine alla fondatezza delle domande proposte da due utenti che, rite
nendo di essere ingiustamente «tartassati» da bollette esorbitanti, han
no agito in giudizio per contestare le pretese creditorie del gestore del
servizio telefonico. La sorte peggiore è toccata all'utente calabrese, in
II Foro Italiano — 1999.
Il
GIUDICE DI PACE DI FOGGIA; sentenza 14 aprile 1998; Giud. Carrillo; Mercaldi (Aw. Centola, Ceglio) c. Soc.
Telecom Italia (Aw. Casiere, Copano).
Telefono — Bolletta — Contestazione — Prova a carico del
gestore del servizio telefonico (Cod. civ., art. 2697; d.p.r. 29
marzo 1973 n. 156, art. 305).
In caso di contestazione, da parte di un utente, della bolletta
telefonica, il cui importo risulti sensibilmente elevato rispetto alla media dei consumi, il gestore del servizio telefonico deve
provare la fondatezza della sua richiesta di pagamento, non
potendosi presumere l'esatto funzionamento dei contatori che
sono nella piena disponibilità del gestore. (2)
capace di superare l'ostacolo della diabolica probatio, consistente nel dimostrare il cattivo funzionamento dei sistemi di misurazione, che non
poteva in alcun modo controllare. Diversamente, il giudice di pace del
capoluogo daunio ha ritenuto che, ove mai sussista una presunzione, essa opera a vantaggio dell'utente, per concludere, considerate anche le peculiarità della vicenda, che le somme contestate non erano dovute e che la disattivazione del servizio era ingiustificata (nella specie, infat
ti, a seguito del mancato pagamento, era stata anche interrotta la forni tura del servizio, tanto che per riattivarlo era stato richiesto un provve dimento d'urgenza al pretore del luogo: sul punto, v. Pret. Roma 13
giugno 1996, Foro it., Rep. 1997, voce Telefono, n. 30 [e Nuovo dir., 1997, 307, con nota di V. Santarsiere], secondo cui, in caso di recla mo motivato, il servizio non può essere disattivato se all'utente non sono forniti i necessari chiarimenti; Cass. 2 ottobre 1997, n. 9624, Foro
it., Rep. 1997, voce cit., n. 21, ha affermato che la mancata conoscen za del pagamento da parte dell'ufficio addetto alla sospensione ed alla riattivazione del servizio non esclude l'obbligazione risarcitoria a carico del somministrante, a meno che quest'ultimo fornisca la prova — inve
ro, non agevole — che essa dipenda da una causa esterna alla propria organizzazione; per la concessione della tutela urgente in caso di disatti vazione del servizio, v. Pret. Catania 8 novembre 1995, id., Rep. 1996, voce Provvedimenti di urgenza, nn. 137, 138 [e Arch, civ., 1996, 230] — nonché, con riferimento al servizio di distribuzione dell'energia elet
trica, Pret. Gela 27 febbraio 1995, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 134 [e Rass. giur. energia elettrica, 1996, 490], e Pret. Catania 13 otto
bre 1995, Foro it., 1996, I, 345 — mentre, secondo Trib. Torino 11
gennaio 1996, id., Rep. 1996, voce cit., n. 139 [e Giur. it., 1996, I, 2, 398], l'irreparabilità del pregiudizio è esclusa dalla circostanza che l'utente possa ottenere l'immediato ripristino del servizio, pagando le somme richieste e facendo valere le proprie ragioni in via ordinaria).
Recentemente, la Suprema corte è intervenuta in materia con due
pronunce (Cass. 10 settembre 1997, n. 8901, Foro it., Rep. 1997, voce
Telefono, n. 24, e 29 aprile 1997, n. 3686, ibid., n. 22, entrambe ripor tate in Corriere giur., 1997, 1140, con nota di S. Palmieri, Diritto di
difesa e tutela dell'utente dei servizi di pubblica utilità: un'equazione ancora irrealizzata), affermando, da un lato, che alla registrazione del
contatore non può essere attribuito valore di prova legale e, dall'altro, che il sistema a contatore centrale si presume idoneo ad un'esatta con
tabilizzazione del traffico telefonico. Tra i giudici di pace, nella cui competenza ratione valoris rientrano
per lo più le controversie del genere di quelle in esame, può registrarsi un trend favorevole all'alleggerimento del fardello probatorio gravante
sugli utenti: v. Giud. pace Ancona 26 giugno 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 25 (e Giudice di pace, 1997, 27); Giud. pace Napoli 2 ottobre 1996, Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 26 (e Giudice di pace, 1997, 25); Giud. pace S. Anastasia 6 luglio 1997, id., 1998, 19; nella medesima direzione si muove Coli. arb. Catanzaro 4 gennaio 1996, Fo ro it., Rep. 1997, voce cit., n. 27 (e Dir. consumi, 1997, 249), secondo cui la bolletta telefonica è un documento puramente contabile e prove niente da una delle parti del giudizio, sì che non può costituire prova del traffico effettivamente svolto (peraltro, già Trib. Roma 30 ottobre
1990, Foro it., Rep. 1992, voce Prova civile in genere, n. 18 [e Giur.
it., 1992, I, 2, 638], aveva affermato che la bolletta è inidonea a fornire nel giudizio di cognizione la prova del credito da essa indicato; dal
canto proprio, Cass. 17 febbraio 1986, n. 947, Foro it., Rep. 1986, voce Telefono, n. 6 [annotata da G. Alpa, in Nuova giur. civ., 1986,
I, 674], ha escluso che alla base della bolletta telefonica si possa indivi
duare un negozio di accertamento). In ogni caso, sembra ineludibile un ridimensionamento dei privilegi
tradizionalmente attribuiti alla società concessionaria del servizio tele
fonico (su cui si addensano, peraltro, sospetti di incostituzionalità: v.
S. Palmieri, op. cit., 1149), in considerazione della progressiva apertu ra del mercato, nonché del mutato quadro legislativo, che non solo
conferisce rilievo alla posizione degli utenti nel quadro delle norme sul
la regolazione dei servizi di pubblica utilità (v. la 1. 481/95 e, con parti colare riferimento al settore delle telecomunicazioni, la 1. 249/97), ma
si spinge fino al punto di proclamare il diritto degli utenti alla corret
tezza, trasparenza ed equità dei rapporti contrattuali, nonché all'eroga zione dei servizi secondo standards di qualità e di efficienza (art. 1, 2° comma, 1. 281/98). [A. Palmieri]
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