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sentenza 27 giugno 1997, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 luglio 1997, n. 27); Pres....

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sentenza 27 giugno 1997, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 luglio 1997, n. 27); Pres. Granata, Est. Ruperto; Carli c. Inail (Avv. D'Angelo); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Pret. Trento 6 aprile 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 36 del 1996) Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3109/3110-3111/3112 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191474 . Accessed: 28/06/2014 09:53 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.105.245.150 on Sat, 28 Jun 2014 09:53:36 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 27 giugno 1997, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 luglio 1997, n. 27); Pres. Granata, Est. Ruperto; Carli c. Inail (Avv. D'Angelo); interv. Pres. cons. ministri

sentenza 27 giugno 1997, n. 207 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 luglio 1997, n. 27);Pres. Granata, Est. Ruperto; Carli c. Inail (Avv. D'Angelo); interv. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Stipo). Ord. Pret. Trento 6 aprile 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 36 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 11 (NOVEMBRE 1997), pp. 3109/3110-3111/3112Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191474 .

Accessed: 28/06/2014 09:53

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

richiede l'apposita richiesta del pubblico ministero (3° comma

dell'articolo).

Rimasta, come si è visto pressoché immutata la disciplina della

sospensione su richiesta, una prima integrazione ha attinto il

1° comma dell'art. 304: l'introduzione della lett. b) bis poi di

venuta c), ad opera dell'art. 4 d.l. 1° marzo 1991 n. 60, conver

tito nella 1. 22 aprile 1991 n. 133, che ha contemplato la sospen sione durante la pendenza di termini previsti dagli art. 544, 2°

e 3° comma, quelli, cioè, necessari per la stesura della motiva

zione della sentenza.

Le innovazioni di maggiore significato apportate al testo del

l'art. 304 c.p.p. attengono sempre alle ipotesi che si sono defi

nite di sospensione vincolata. L'art. 15 1. n. 332 del 1995 ha,

infatti, da un lato, esteso il regime della sospensione dei termini

(questa volta, ovviamente, di fase) all'udienza preliminare, se

questa è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati dal 1°

comma, lett. a) e b). Ma la più significativa delle innovazioni

è nella previsione che l'operatività ei casi di sospensione ora

ricordati (quelli, cioè, previsti dall'art. 304, 1° comma, lett. a

e b) resta preclusa nei confronti dei coimputati «ai quali i casi

di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi».

5. - Così riassunto il quadro normativo ora vigente in forza

delle «novellazioni» conclusesi con la 1. n. 332 del 1995, è possi

bile pervenire ad una prima essenziale conclusione: e cioè che

la disciplina processuale delle ipotesi previste dal 1° (e dal 4°)

comma e di quelle previste dal 2° e 3° comma dell'art. 304

differiscono profondamente. A parte la necessaria richiesta del pubblico ministero che con

trassegna la sospensione da ultimo ricordata, la ratio a fonda

mento di essa risulta designata esclusivamente da due presuppo sti: la particolare complessità del dibattimento ed il rientrare

i reati contestati nella previsione dell'art. 407.

Ma, se, per un verso, può senz'altro dubitarsi della effettiva

coerenza della scelta legislativa di trasferire l'apprezzamento di

simili presupposti in capo al pubblico ministero al punto da

averlo configurato alla stregua di titolare esclusivo del potere

di iniziativa in ordine al provvedimento di sospensione, consi

derata, da un lato, la specifica e già segnalata natura «oggetti

va» di quei parametri di valutazione e, dall'altro, la circostanza

che gli stessi ruotano attorno alle esigenze connesse alla gestio

ne di una fase ormai riservata all'organo del dibattimento, resta

il fatto — assorbente agli effetti del presente giudizio — che

una volta compiuto un simile apprezzamento e, dunque, eserci

tato il potere di richiesta, tale potere finisce per assumere con

notazioni ontologicamente «inscindibili» proprio perché anco

rato al processo nella sua globalità e non a singole posizioni

cautelari. Qualsiasi diverso enunciato che pretendesse di circo

scrivere la portata della richiesta del pubblico ministero a parte

degli imputati o a parte delle imputazioni, finirebbe quindi ine

luttabilmente per introdurre — come il caso di specie è emble

matico esempio — parametri e finalità del tutto eterogenei ri

spetto alla funzione dell'istituto, con evidente compromissione

delle esigenze che il legislatore ha inteso salvaguardare.

6. - Tutto ciò risulta, del resto, confermato dalla giurispru denza della Corte di cassazione, costante nel ritenere che la so

spensione di cui all'art. 304, 2° e 3° comma, presuppone la

difficoltà del dibattimento nel suo complesso e fa astrazione

dalle posizioni dei singoli imputati.

Questa linea è stata ulteriormente ribadita con la introduzio

ne dell'art. 304, 5° comma, ad opera dell'art. 15 1. n. 332 del

1995 che — nel consentire per i casi previsti dal 1° comma,

lett. a) e b), del medesimo articolo l'inapplicabilità della so

spensione nei confronti degli imputati ai quali i casi di sospen

sione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro

confronti previa separazione dei processi — ha tracciato un ul

teriore decisivo discrimine tra le due ipotesi di sospensione.

Così potendosi ripetere relativamente alla sospensione disci

plinata dal 2° e 3° comma dell'art. 304, per un verso, che la

facoltà consentita al giudice dal 2° comma dell'art. 304 c.p.p.,

non può comportare, ove effettivamente esercitata, distinzioni

individuali fra imputati nel processo, sempreché raggiunti da

imputazioni fra quelle di cui all'art. 407, 2° comma, lett. a),

attenendo alla obiettiva complessità particolare del dibattimen

to e cioè ad una situazione collettiva (o cumulativa) comune

a tutti i soggetti partecipi, anche per le condizioni di connessio

ne di vario tipo insite nell'intreccio di incolpazioni correlate ed

Il Foro Italiano — 1997.

accomunanti, cosicché il richiamo al dato obiettivo della com

plessità del dibattimento è ostativo al riconoscimento di posi zioni individuali differenziate; per un altro verso, che il tema

della sospensione prescinde da quello delle esigenze cautelari il

cui venir meno potrà essere fatto valere dagli imputati soltanto

con il chiedere la revoca della misura.

7. - Si deve, dunque, concludere nel senso che la stessa richie

sta di sospensione del pubblico ministero che contenga limita

zioni all'operatività della sospensione stessa, deviando così dal

quadro normativo predisposto dall'art. 304, 2° e 3° comma, è da ritenere del tutto estranea alla disciplina legislativa. Tale

illegittimità, peraltro, mentre non è in grado di viziare (in base

al principio utile per inutile non vitiatur) la domanda nel suo

complesso, consente al giudice di provvedere secondo il model

lo legislativo, in tal modo pervenendo, nei sensi previsti dal

l'art. 304, 2° comma, alla sospensione dei termini di custodia

cautelare senza l'apposizione di condizioni o di limitazioni di

sorta.

Così interpretata, la norma denunciata si sottrae agli addebiti

di illegittimità costituzionale formulati dal giudice a quo. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 304, 3° com

ma, c.p.p., sollevata, in riferimento agli art. 3 e 101 Cost., dal

la Corte d'assise di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 giugno 1997, n. 207

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 luglio 1997, n. 27);

Pres. Granata, Est. Ruperto; Carli c. Inail (Avv. D'Ange

lo); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Stipo). Ord.

Pret. Trento 6 aprile 1996 (G.U., la s.s., n. 36 del 1996).

Infortuni sul lavoro e malattie professionali — Malattia profes

sionale — Superstiti — Diritto alle prestazioni — Prescrizio

ne — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3,

38; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per

l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e

le malattie professionali, art. 111).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

Ili, 2° e 3° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, nella

parte in cui prevede che il termine triennale di prescrizione

del diritto alle prestazioni rimanga sospeso per centocinquan

ta giorni, durante la fase amministrativa, anche quando il

diritto sia stato azionato dai superstiti del lavoratore la cui

morte si assume causata da malattia professionale e la fase

amministrativa si sia prolungata oltre essendo stata disposta

un'inchiesta pretorile avente ad oggetto l'autopsia del lavora

tore deceduto, in riferimento agli art. 3, 1° comma, e 38,

2° comma, Cost. (1)

(1) La giurisprudenza della Cassazione è costante nel ritenere che la

prescrizione del diritto alle prestazioni garantite dall'Inail rimane sospe sa per un periodo di centocinquanta giorni, non protraibile in caso di

maggiore durata del procedimento amministrativo: cfr. Cass. 19 dicem

bre 1995, n. 12968, Foro it., Rep. 1996, voce Infortuni sul lavoro, n.

139; 7 ottobre 1994, n. 8232, id., Rep. 1995, voce cit., n. 182; 14 marzo

1991, n. 2662, id., Rep. 1991, voce cit., n. 228: 27 agosto 1990, n.

8793, id., Rep. 1990, voce cit., n. 289; 11 gennaio 1986, n. 125, id.,

Rep. 1986, voce cit., n. 337; 30 ottobre 1985, n. 5339, ibid., n. 340;

21 novembre 1985, n. 5758, id., Rep. 1985, voce cit., n. 307; 4 febbraio

1984, n. 866, id., Rep. 1984, voce cit., n. 294; 25 ottobre 1983, n.

6294, ibid., n. 300; 11 luglio 1983, n. 4687, ibid., n. 302; 28 dicembre

1983, n. 7634, id., Rep. 1983, voce cit., n. 377; 9 maggio 1981, n.

3081, id., Rep. 1981, voce cit., n. 295; 9 aprile 1981, n. 2077, ibid.,

n. 296. Più in generale, nel senso che la prescrizione in discorso non soggiace

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PARTE PRIMA 3112

Diritto. — 1. - Il Pretore di Trento dubita della legittimità costituzionale dell'art. Ili, 2° e 3° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione

obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie profes sionali), nella parte in cui prevede che la prescrizione dell'azio ne per conseguire le prestazioni dall'Inail rimanga sospesa per un periodo massimo di 150 giorni, anziché estendere tale so

spensione all'intera durata del procedimento amministrativo al

lorché sia stata disposta l'inchiesta pretorile che comporti l'au

topsia del lavoratore. A parere del rimettente la norma censura

ta, nel precludere una più lunga sospensione ove ricorra la descritta evenienza, risulterebbe irragionevole e lesiva della ga ranzia circa la predisposizione di adeguati mezzi di vita ex art. 38 Cost.

2. - Preliminarmente, va osservato che, ai fini della rilevanza affermata dal rimettente, si rivela ininfluente l'assunto dell'I nail — sostanzialmente coincidente con l'eccezione d'inammis sibilità sollevata in udienza dall'avvocatura dello Stato — se condo cui nella specie la maggior durata del procedimento am ministrativo non avrebbe inciso sui diritti della ricorrente nel

processo a quo, avendo questa lasciato trascorrere circa due anni dalla conclusione di tale fase prima di agire giudizialmen te. Resta, infatti, decisiva l'osservazione che l'ampliamento del la sospensione all'intera durata della fase amministrativa, au

spicato dal giudice a quo, consentirebbe di non dichiarare pre scritta l'azione proposta davanti a lui. Risultato, questo, non altrimenti raggiungibile che con la decisione additiva richiesta a questa corte, atteso che l'interpretazione costantemente data dalla giurisprudenza di legittimità e accolta dallo stesso rimet tente è nel senso che il dettato della denunciata norma limita la sospensione della prescrizione al solo periodo di tempo tassa tivamente previsto per concludere il procedimento amministra tivo di liquidazione.

L'eccezione d'inammissibilità va dunque disattesa e devesi pas sare all'esame di merito.

3. - La questione non è fondata.

3.1. - L'art. Ili d.p.r. n. 1124 del 1965 stabilisce nel 1° com ma che il procedimento contenzioso non può essere istituito se non dopo esaurite tutte le pratiche prescritte per la liquidazione amministrativa della indennità.

Nei due successivi commi, denunciati dal rimettente, lo stesso articolo dispone poi la sospensione della prescrizione triennale dell'azione per conseguire le prestazioni dell'Inail, durante il pe riodo concernente la liquidazione in via amministrativa dell'in

dennità, ma aggiunge che «tale liquidazione dev'essere esaurita nel termine di 150 giorni, per il procedimento previsto dall'art.

104, e di 210 per quello indicato nell'art. 83». E, con riguardo al caso di mancata liquidazione in tali termini, attribuisce al l'interessato «la facoltà di proporre l'azione giudiziaria» imme diatamente.

Giova precisare che in particolare il termine di 150 giorni, preso in considerazione dal rimettente, risulta dalla sommatoria dei trenta giorni di cui al 2° comma dell'art. 102 — previsti per accertare il diritto alla liquidazione della rendita (e che iden tificano la fase amministrativa vera e propria) — con gli ulte riori sessanta giorni concessi all'interessato dal 1° comma del l'art. 104 per opporsi al provvedimento dell'Inail ed infine con i sessanta giorni che quest'ultimo ha a disposizione per decidere ai termini del successivo 2° comma dell'art. 104.

3.2. - Questa corte ha in più occasioni affermato la congruità del su indicato termine prescrizionale di tre anni (che è previsto dall'art. 112), anzitutto in ragione della specialità del sistema in cui esso si inserisce, ma soprattutto avuto riguardo alla fun

a cause di sospensione o interruzione diverse da quelle specificamente previste dal t.u. 1124/65, v. Cass. 29 maggio 1995, n. 5992, id., Rep. 1996, voce cit., n. 141, e 27 agosto 1992, n. 9888, id., 1993, I, 118, con nota di F. Nisticò.

Che la prescrizione decorra per i superstiti dalla morte dell'assicura to, quando la malattia professionale possa essere accertata solo con autopsia, lo ha affermato Cass. 15 febbraio 1992, n. 1840, id., Rep. 1992, voce cit., n. 246, sulla base di Corte cost. 19 dicembre 1990, n. 544, id., 1991, I, 1, con nota di richiami, che ha dichiarato l'incosti tuzionalità dell'art. 112 t.u. 1124/65, nella parte in cui prevedeva che la prescrizione dell'azione giudiziaria decorresse da un momento ante riore alla morte dell'assicurato anche quando la malattia professionale non fosse accertabile che con esame autoptico.

Il Fono Italiano — 1997.

zione a cui il termine stesso risponde, nel garantire all'Inail un

accertamento tempestivo degli elementi posti a base della de nuncia e, contemporaneamente, nell'assicurare all'interessato un

rapido conseguimento della prestazione. Appare invero eviden te la necessità oggettiva di pervenire ad una pronta ricerca dei

fatti, potendo un'attesa superiore ai tre anni pregiudicare la rac colta disprove utili a verificare il rapporto eziologico tra infor tunio (o malattia) ed evento ai fini della risarcibilità (cfr., ex

plurimis, la sentenza n. 71 del 1993, Foro it., Rep. 1993, voce

Infortuni sul lavoro, n. 173, che ha escluso l'illegittimità costi tuzionale del citato art. 112 in riferimento all'art. 38 Cost, con

riguardo alla decorrenza della prescrizione anche quando sia pen dente procedimento penale).

3.3. - Le medesime considerazioni che hanno ripetutamente indotto la corte ad escludere la necessità razionale di una più lunga prescrizione, consentono ora di negare la fondatezza del la tesi, con cui a tale risultato si vorrebbe sostanzialmente per venire prolungando la sospensione della stessa.

Come già rilevato nella sentenza n. 312 del 1993 (ibid., n.

172) la sospensione altro non è che una modalità della prescri zione, sì che l'aver sancito un arco temporale di 150 giorni du rante i quali, da una parte l'azione non può essere esercitata

e, dall'altra, la prescrizione stessa non decorre, ha solo il senso di evitare un inutile contenzioso permettendo la definizione in via amministrativa. Ma, nel caso in cui l'istituto non abbia ri

sposto entro sessanta giorni dall'opposizione dell'interessato, l'art.

104, 2° comma, consente allo stesso di agire in giudizio. Ed è proprio a questo punto che vien meno la relazione tra fase amministrativa ed effetto sospensivo della prescrizione, la quale riprende a decorrere secondo la logica in precedenza descritta.

3.4. - Trattasi di un meccanismo del tutto ragionevole e coe rente con le esigenze già illustrate. Esso, non solo non ostacola, come assume il giudice a quo, ma viceversa agevola il consegui mento dei mezzi adeguati di cui all'art. 38 Cost.; e ciò in ragio ne proprio del carattere sollecitatorio sotteso a tutta la sequen za avviata dalla denuncia dell'infortunio.

3.5. - Tali conclusioni vanno tenute ferme anche per l'ipotesi in cui si dia luogo all'inchiesta pretorile ex art. 54 s. dello stesso testo unico. Questa, infatti si colloca in un ambito amministra tivo affatto diverso da quello procedimentale già ricordato, vol to alla liquidazione delle prestazioni: in caso di infortunio del lavoratore che comporti la morte o un'inabilità superiore ai trenta

giorni essa è finalizzata ad accertare circostanze, cause ed entità dell'infortunio pure nell'eventualità che ricorrano responsabili tà di terzi o il dolo dell'infortunato. L'inchiesta, pretorile, quindi, non necessariamente interferisce con il procedimento liquidato rio; nella specie, poi, essa neppure ha avuto luogo in senso tec

nico, essendone stata soltanto utilizzata una fase (l'autopsia ex art. 63) su richiesta dell'Inail al fine di accertare il possibile nesso eziologico tra malattia professionale e morte.

Il fatto poi che l'istituto abbia in concreto ritardato il rigetto dell'opposizione condizionando il contenuto della decisione al l'esito dell'esame autoptico, è circostanza del tutto simile a qual siasi altro ritardo procedimentale, che trova adeguata risposta nella già prevista facoltà di adire il giudice non appena forma tosi il silenzio-rifiuto.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. Ili, 2° e 3° comma, d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 (testo unico delle di

sposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata in riferimento

agli art. 3, 1° comma, e 29, 2° comma, Cost., dal Pretore di Trento con l'ordinanza in epigrafe.

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