+ All Categories
Home > Documents > sentenza 27 novembre 1998, n. 383 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 dicembre 1998, n. 48);...

sentenza 27 novembre 1998, n. 383 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 dicembre 1998, n. 48);...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: hoangkhanh
View: 220 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
5
sentenza 27 novembre 1998, n. 383 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 dicembre 1998, n. 48); Pres. Granata, Est. Zagrebelsky; Abramo ed altri (Avv. Luciani, Mauceri, Sorrentino, Marone, Guelfi, Ciavarella); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Sacchetto). Ord. Tar Lazio 1° dicembre e 29 ottobre 1997 (tre), Tar Abruzzo 3 dicembre 1997, Tar Liguria 18 dicembre 1997 (tre) e 15 gennaio 1998, e Tar Marche 11 m ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 31/32-37/38 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23193009 . Accessed: 28/06/2014 15:26 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:26:01 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

sentenza 27 novembre 1998, n. 383 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 dicembre 1998, n.48); Pres. Granata, Est. Zagrebelsky; Abramo ed altri (Avv. Luciani, Mauceri, Sorrentino,Marone, Guelfi, Ciavarella); interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Sacchetto). Ord. TarLazio 1° dicembre e 29 ottobre 1997 (tre), Tar Abruzzo 3 dicembre 1997, Tar Liguria 18dicembre 1997 (tre) e 15 gennaio 1998, e Tar Marche 11 m ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 1 (GENNAIO 1999), pp. 31/32-37/38Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193009 .

Accessed: 28/06/2014 15:26

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:26:01 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA

1998 n. 186 (disposizioni urgenti per l'erogazione gratuita di

medicinali antitumorali in corso di sperimentazione clinica, in

attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del

26 maggio 1998), convertito, con modificazioni, nella 1. 30 lu

glio 1998 n. 257; che ad avviso del ricorrente i primi risultati della sperimenta

zione, su quattro dei dodici protocolli, non sono positivi, come

risulta dal comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale 5 agosto

1998, n. 181, di modo che per le patologie oggetto dei quattro

studi non saranno più ammessi nuovi pazienti, mentre è con

sentita, in via eccezionale, la prosecuzione della somministra

zione dei farmaci componenti la multiterapia nei casi in cui la

malattia sia stabile e non vi siano segni di progressione; che il pretore, con l'ordinanza citata, ha disposto un accerta

mento medico-legale su una sfera di patologie indefinita e in

alternativa alla sperimentazione ufficiale in fase di espletamen

to, travalicando i limiti tipici della funzione giurisdizionale; che il fine perseguito dal pretore sarebbe quello di accertare,

in via generale, l'efficacia e i limiti di validità della «multitera

pia Di Bella»; che il provvedimento pretorile eccede l'interesse del singolo

ricorrente nel procedimento d'urgenza pendente ai sensi dell'art.

700 c.p.c., e comporta — secondo il ricorrente — un indebito

controllo dell'azione amministrativa del ministero della sanità

e delle altre autorità sanitarie;

che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 185 del 1998,

Foro it., 1998, I, 1713, ha messo in luce l'importanza degli ac

certamenti espletati dagli organi tecnico-scientifici, affermando

un principio che vale per il giudice delle leggi e per qualsiasi altra autorità giurisdizionale, per cui sarebbero inammissibili va

lutazioni giudiziarie sostitutive di quelle assunte dagli organi tecnico-scientifici dell'amministrazione.

Considerato che in sede di controllo sull'ammissibilità del con

flitto di attribuzione fra poteri dello Stato, a norma dell'art.

37, 3° comma, 1. 11 marzo 1953 n. 87, compete a questa corte

un apprezzamento di ordine preliminare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, circa l'esistenza di un conflitto la cui

risoluzione rientri nella sua competenza, che non pregiudica la

successiva decisione, anche in punto di ammissibilità; che sussistono i requisiti previsti dall'art. 37 della citata 1.

n. 87 del 1953 affinché possa dirsi ammissibile il conflitto costi

tuzionale di attribuzione; che sotto il profilo soggettivo sia il presidente del consiglio

dei ministri, a nome del governo, sia il Pretore di Lecce, nei

confronti del quale si assume insorto il conflitto, sono abilitati

a esercitare funzioni proprie, che spettano loro a norma della

Costituzione; che sotto il profilo oggettivo si denuncia l'interferenza di prov

vedimenti giurisdizionali nell'azione amministrativa del ministe

ro della sanità e delle autorità sanitarie, con indebita incidenza

nello svolgimento delle attribuzioni conferite al governo;

che, pertanto, il ricorso per conflitto di attribuzione fra pote ri dello Stato deve essere dichiarato ammissibile.

Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara ammissibi

le, a norma dell'art. 37 1. 11 marzo 1953 n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto dal pre sidente del consiglio dei ministri nei confronti del Pretore di

Lecce, sezione distaccata di Maglie, con riguardo all'ordinanza

28-29 luglio 1998, emessa dallo stesso pretore.

Il Foro Italiano — 1999.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 novembre 1998, n.

383 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 dicembre 1998,

n. 48); Pres. Granata, Est. Zagrebelsky; Abramo ed altri

(Aw. Luciani, Mauceri, Sorrentino, Marone, Guelfi, Cia

varella); interv. Pres. cons, ministri (Aw. dello Stato Sac

chetto). Ord. Tar Lazio 10 dicembre e 29 ottobre 1997 (tre), Tar Abruzzo 3 dicembre 1997, Tar Liguria 18 dicembre 1997

(tre) e 15 gennaio 1998, e Tar Marche 11 marzo 1998 (due)

(G.U., la s.s., nn. 7, 13, 18, 19, 20, 21, 23 e 24 del 1998).

Istruzione pubblica — Università — Numero chiuso — Intro

duzione con decreto ministeriale — Questione infondata di

costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art.

3, 33, 34, 97; 1. 19 novembre 1990 n. 341, riforma degli ordi

namenti didattici universitari, art. 9; 1. 15 maggio 1997 n.

127, misure urgenti per lo snellimento dell'attività ammini

strativa e dei procedimenti di decisione e di controllo, art.

17, comma 116).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 9, 4° comma, I. 19 novem

bre 1990 n. 341, come modificato dall'art. 17, comma 116,

l. 15 maggio 1997 n. 127, nella parte in cui avrebbe attribuito

alla sostanziale discrezionalità del ministro dell'università e

della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare

la limitazione degli accessi (c.d. numero chiuso o program

mato) alle scuole di specializzazione ed ai corsi universitari, in riferimento agli art. 3, 33, 34 e 97 Cost, (la corte precisa in motivazione che le direttive comunitarie che concernono

il reciproco riconoscimento dei titoli di studio sulla base di

criteri uniformi di formazione, escludono il carattere arbitra

rio delle scelte del ministro e valgono a far ritenere rispettata la riserva relativa di legge di cui all'art. 33 Cost.). (1)

Diritto. — 1. - I Tar del Lazio, dell'Abruzzo, della Liguria e delle Marche, con undici ordinanze di analogo contenuto, sol

(1) La questione era stata incentrata, da parte dei giudici a quibus, sulla presunta violazione della riserva di legge, stabilita dall'art. 33 Cost., da parte dell'art. 17, comma 116, 1. 127/97 che avrebbe rimesso alla scelta discrezionale del ministro dell'università la determinazione del nu mero chiuso per le scuole di specializzazione e per i corsi universitari.

La risposta della Corte costituzionale si articola principalmente attra verso queste affermazioni: a) l'accesso (e gli eventuali limiti) ai corsi

universitari, e quindi la previsione del numerus clausus, è da ritenersi materia coperta da riserva di legge; b) tale riserva deve qualificarsi, quanto ad intensità, come «relativa», in considerazione, da un lato, del principio di autonomia universitaria e, dall'altro, della potestà nor mativa secondaria del governo; c) un potere ministeriale di introdurre limiti all'accesso ai corsi universitari, svincolato da adeguati criteri di esercizio stabiliti da fonte legislativa, sarebbe palesemente in contrasto con la Costituzione; d) le necessarie determinazioni legislative, limitati ve del potere del ministro, possono essere ricavate anche da norme co

munitarie, nella specie direttive, dalle quali derivino obblighi per lo Sta to incidenti sull'organizzazione degli studi universitari; e) le direttive comunitarie che concernono il reciproco riconoscimento dei titoli di studio sulla base di criteri uniformi di formazione, escludono il carattere arbi trario delle scelte del ministro e valgono a far ritenere rispettata la riser va relativa di legge di cui all'art. 33 Cost.; f) l'intera materia necessita

comunque, ad evitare incertezze per i potenziali iscritti, di un intervento ordinatore da parte del legislatore.

Pare il caso di sottolineare come la decisione della corte — pur attra verso un alquanto discutibile riconoscimento dell'idoneità delle direttive comunitarie ad integrare una riserva, anche se relativa, di legge — con duce ad una notevole riduzione della possibilità di previsione del nume rus clausus per i corsi universitari, limitandola a quelli che riguardano i titoli accademici di medico, medico-veterinario, odontoiatra e architetto.

Sulla legittimità dell'introduzione del numero programmato per l'ac cesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi universitari, v. Tar Friuli Venezia Giulia 26 novembre 1996, n. 1193, Foro it., Rep. 1997, voce Istruzione pubblica, n. 567, commentata da Lamarque, in Giust. civ., 1997, I, 2947, secondo cui, nell'ambito della potestà normativa secon daria riconosciuta alle università, le stesse possono dettare prescrizioni inerenti l'organizzazione delle facoltà e dei corsi di laurea, nonché i

requisiti di ammissione ad essi, e quindi possono fissare anche il c.d. numero programmato, non ostando a tale fissazione il 1° e il 3° com ma dell'art. 34 Cost., il quale, nel prevedere che la scuola è aperta a tutti, e che i capaci e meritevoli hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, non vietano, ma anzi presuppongono, l'introduzio

ne, nell'ordinamento scolastico, di mezzi obiettivi di selezione, atti ad identificare chi sia più capace; Tar Lombardia, sez. Ili, 28 settembre

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:26:01 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

levano questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, 4° com

ma, 1. 19 novembre 1990 n. 341 (riforma degli ordinamenti di

dattici universitari), come modificato dall'art. 17, comma 116, 1. 15 maggio 1997 n. 127 (misure urgenti per lo snellimento del

l'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di con

trollò). La disposizione impugnata, nell'originaria formulazione con

tenuta nell'art. 9, 4° comma, 1. n. 341 del 1990, stabiliva che

«il ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologi ca definisce, su conforme parere del Cun, i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi per i quali sia prevista una limitazione nelle iscrizio

ni». L'art. 17, comma 116, 1. n. 127 del 1997, disponendo sulla

formulazione testuale della disposizione anzidetta, ha stabilito

che «le parole 'per i quali sia prevista' sono sostituite dalle se

guenti: 'universitari, anche a quelli per i quali l'atto emanato

dal ministro preveda'». Pertanto, la disposizione risultante da

tale maniera di legiferare è la seguente: «Il ministro dell'univer

sità e della ricerca scientifica e tecnologica definisce, su confor

me parere del Cun, i criteri generali per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi universita

ri, anche a quelli per i quali l'atto emanato dal ministro preve da una limitazione nelle iscrizioni».

Ritenendo che, in questo modo, attraverso la proposizione finale della disposizione, la legge abbia istituito un libero potere del ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologi

ca, relativamente alla determinazione delle scuole e dei corsi

universitari ad accesso limitato, tutti i giudici rimettenti ne met

tono in dubbio la legittimità costituzionale con riferimento agli art. 33 e 34 — in particolare per quanto riguarda la riserva

di legge che si afferma valere nella materia in esame — e alcuni

anche in riferimento agli art. 3 e 97 Cost.

2. - Poiché le ordinanze di rimessione sollevano una questio ne di legittimità costituzionale concernente la stessa disposizio

1996, n. 1452 (Foro it., 1996, III, 513, con nota di richiami e osserva

zioni di Fracchia, cui adde, Tar Lombardia 5 settembre 1996, n. 1339, id., Rep. 1997, voce cit-, n. 570), il quale — dopo aver ritenuto che rientra nel potere organizzatorio delle università la limitazione delle iscri

zioni ai corsi di laurea o diplomi universitari e che la mancata o ritarda ta definizione dei criteri generali per la regolamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai corsi da parte del ministero dell'uni versità non può interdire l'esplicazione del potere di adozione del nu mero programmato — ha dichiarato l'illegittimità delle deliberazioni che adottano il numero programmato senza adeguata motivazione sulle

concrete ragioni poste a base della limitazione sugli accessi. In ordine all'accoglimento della domanda di sospensione cautelare

delle deliberazioni degli organi collegiali che fissano il «numero chiu

so», v. Cons. Stato, sez. VI, ord. 29 aprile 1997, n. 853, ibid., n. 564; 28 febbraio 1997, n. 286, Tar Lazio, sez. Ili, ord. 18 dicembre 1996, n. 1533, e Tar Emilia-Romagna, sez. I, ord. 5 dicembre 1996, n. 781,

id., 1997, IH, 193, con nota di richiami e osservazioni di Fracchia.

Da notare come il Consiglio di Stato, allo stesso modo che la corte nella sent. 383/98, già auspicava e riteneva indispensabile un intervento del legislatore che operasse il necessario bilanciamento tra gli interessi che si contrappongono nella materia.

Per l'affermazione secondo cui nessuna norma del diritto comunita rio impone agli Stati membri l'obbligo di limitare il numero degli stu

denti ammessi alle facoltà di medicina mediante l'istituzione del sistema

del numero chiuso, v. Corte giust. 12 giugno 1986, cause riunite 98, 162 e 258/85, id., 1987, IV, 397, con nota di richiami.

Sull'efficacia delle direttive comunitarie nel nostro ordinamento, v.

Cass. 11 novembre 1997, n. 11131, id., 1998, I, 57, con nota di richia

mi, la quale ha negato ai laureati in medicina, non specialisti in odon

toiatria, immatricolati al corso di laurea negli anni accademici tra il

1980-1981 e il 1984-1985, il diritto all'iscrizione nell'albo degli odon

toiatri, poiché la norma nazionale che lo consente confligge con le pre scrizioni delle direttive comunitarie emanate in materia di esercizio del

la professione di dentista; Cons. Stato, sez. IV, 28 agosto 1997, n. 927,

id., 1997, III, 569, con nota di richiami, secondo cui deve essere disap

plicato il d.leg. 8 agosto 1991 n. 257, contenente norme di recepimento delle direttive comunitarie in tema di formazione dei medici specialisti, nella parte in cui ha previsto un limite (l'applicazione della nuova disci

plina ai soli corsi iniziati nell'anno accademico 1991-1992) in contrasto

con la normativa comunitaria, la quale non lascia per questo aspetto

margini di discrezionalità.

La sentenza in epigrafe è commentata da Mezzacapo, Sui «filtri»

all'ingresso delle facoltà, resta ancora l'incognita dei Tar, in Guida al

diritto, 1998, fase. 48, 85. [R. Romboli]

Il Foro Italiano — 1999.

ne legislativa e per motivi in larga parte coincidenti, se ne può

disporre la riunione per la decisione con unica sentenza.

3. - Preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione di

inammissibilità, proposta in riferimento alla questione di costi

tuzionalità sollevata con una delle due ordinanze dell'I 1 marzo

1998 dal Tar delle Marche (r.o. n. 390 del 1998). Si sostiene dalla difesa della parte ricorrente che il giudizio

innanzi al tribunale — vertendo sulla legittimità di un provvedi mento di esclusione dal corso di laurea in odontoiatria preso in un procedimento amministrativo iniziato con una delibera

del senato accademico dell'università degli studi di Ancona, suc

cessivo all'entrata in vigore della disposizione attributiva al mi

nistro del potere di prevedere limitazioni alle iscrizioni, ma an

teriore all'esercizio di tale potere e quindi indipendente dalla

nuova disciplina legislativa — debba essere definito sulla base

della normativa anteriore all'entrata in vigore della norma im

pugnata. L'iniziativa del giudice rimettente sarebbe pertanto inammissibile per irrilevanza della questione proposta o, quan tomeno, si imporrebbe la restituzione degli atti al fine di una

nuova valutazione della questione alla stregua dello ius super veniens.

Senonché, l'ordinanza che solleva la questione di costituzio

nalità, avendo dato atto del rapporto temporale intercorrente

tra gli atti compiuti dagli organi dell'università, da un lato, e

la nuova disciplina legislativa e gli atti ministeriali conseguenti,

dall'altro, afferma che l'iniziale deliberazione del senato acca

demico «è stata superata» da tali atti, in quanto il contestato

limite di accesso al corso di laurea in questione non sarebbe

più riferibile all'autonoma decisione delle autorità accademiche

ma alle determinazioni del ministro dell'università e della ricer

ca scientifica e tecnologica, i cui provvedimenti limitativi trova

no fondamento nella norma di legge sottoposta al vaglio di co

stituzionalità.

Così argomentando, il giudice rimettente mostra dunque di

considerare applicabile nel suo giudizio la norma denunciata.

E, poiché le valutazioni relative alla disciplina che deve trovare

applicazione per la definizione del giudizio spettano al giudice che solleva la questione di costituzionalità, essendo dato a que sta corte un mero riscontro circa l'avvenuta effettuazione di

tali valutazioni e circa il loro carattere non manifestamente ar

bitrario o pretestuoso e poiché, nella specie, nulla di ciò è dato

verificare, la riferita eccezione di inammissibilità deve essere re

spinta. 4. - Nel merito, la questione non è fondata, la disposizione

in esame dovendosi intendere secondo le considerazioni che

seguono. 4.1. - L'accesso ai corsi universitari è materia di legge. 4.1.1. - Gli art. 33 e 34 Cost, pongono i principi fondamenta

li relativi all'istruzione con riferimento, il primo, all'organizza zione scolastica (della quale le università, per quanto attiene

all'attività di insegnamento, sono parte: sentenza n. 195 del 1972, Foro it., 1973, I, 6); con riferimento, il secondo, ai diritti di

accedervi e di usufruire delle prestazioni che essa è chiamata

a fornire. Organizzazione e diritti sono aspetti speculari della

stessa materia, l'una e gli altri implicandosi e condizionandosi

reciprocamente. Non c'è organizzazione che, direttamente o al

meno indirettamente, non sia finalizzata a diritti, così come non

c'è diritto a prestazione che non condizioni l'organizzazione.

Questa connessione richiede un'interpretazione complessiva dei

due articoli della Costituzione.

L'art. 33, dopo aver stabilito, al 1° comma, che «l'arte e

la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento» e, al 2°

comma, che «la repubblica detta le norme generali sull'istruzio

ne ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi», preve de per le istituzioni di alta cultura e, tra esse, per le università

«il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato» (art. 33, 6° comma). Secondo la Costituzio

ne, l'ordinamento della pubblica istruzione è dunque unitario

ma l'unità è assicurata, per il sistema scolastico in genere, da

«norme generali» dettate dalla repubblica; in specie, per il siste

ma universitario, in quanto costituito da «ordinamenti autono

mi», da «limiti stabiliti dalle leggi dello Stato». Gli «ordinamenti autonomi» delle università, cui la legge, se

condo l'art. 33 Cost., deve fare da cornice, non possono consi

derarsi soltanto sotto l'aspetto organizzativo interno, manife

stantesi in amministrazione e in normazione statutaria e regola mentare. Per l'anzidetto rapporto di necessaria reciproca im

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:26:01 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

PARTE PRIMA

plicazione, l'organizzazione deve considerarsi anche sul suo lato

funzionale esterno, coinvolgente i diritti e incidente su di essi.

La necessità di leggi dello Stato, quali limiti dell'autonomia or

dinamentale universitaria, vale pertanto sia per l'aspetto orga

nizzativo, sia, a maggior ragione, per l'aspetto funzionale che

coinvolge i diritti di accesso alle prestazioni. In questo modo, all'ultimo comma dell'art. 33 viene a confe

rirsi una funzione, per così dire, di cerniera, attribuendosi alla

responsabilità del legislatore statale la predisposizione di limiti

legislativi all'autonomia universitaria relativi tanto all'organiz zazione in senso stretto, quanto al diritto di accedere all'istru

zione universitaria, nell'ambito del principio secondo il quale «la scuola è aperta a tutti» (art. 34, 1 ° comma) e per la garan zia del diritto riconosciuto ai «capaci e meritevoli, anche se pri vi di mezzi» «di raggiungere i gradi più alti degli studi» (art. 34, 3° comma).

La conclusione cui così si perviene attraverso la specifica in

terpretazione degli art. 33 e 34 Cost, è, del resto, confermata

e avvalorata dai «principi generali informatori dell'ordinamen

to democratico, secondo i quali ogni specie di limite imposto ai diritti dei cittadini abbisogna del consenso dell'organo che

trae da costoro la propria diretta investitura» e dall'esigenza che «la valutazione relativa alla convenienza dell'imposizione di uno o di altro limite sia effettuata avendo presente il quadro

complessivo degli interventi statali nell'economia inserendolo ar

monicamente in esso, e pertanto debba competere al parlamen

to, quale organo da cui emana l'indirizzo politico generale dello

Stato».

Queste proposizioni, enunciate con riguardo a diritti di ini

ziativa economica e contenute in una decisione di questa corte

(sentenza n. 4 del 1962, id., 1962, I, 408) risalente nel tempo ma la cui validità nel vigente assetto costituzionale non può non essere confermata, valgono ugualmente e, per certi aspetti, a maggior ragione nel caso ora in discussione, nel quale l'orga nizzazione dell'università, come servizio pubblico, da una par

te, coinvolge diritti costituzionali della persona umana come il

diritto alla propria formazione culturale (art. 2 Cost.) e quello alle proprie scelte professionali (art. 4 Cost.), a sua volta mezzo

essenziale di sviluppo della personalità (sentenza n. 61 del 1965,

id., 1965, I, 1325) e, dall'altra parte, implica decisioni pubbli che d'insieme, inerenti alla determinazione delle risorse necessa

rie per il funzionamento delle istituzioni scolastiche in genere e universitarie in specie, che influisce sulle prestazioni da esse

erogabili. La conclusione che ne deriva è che i criteri di accesso all'uni

versità, e dunque anche la previsione del numerus clausus, non

possono legittimamente risalire ad altre fonti, diverse da quella

legislativa. 4.1.2. - Ai fini della risoluzione della presente questione di

costituzionalità, non è sufficiente il riferimento a una «riserva»

di normazione primaria in materia di accesso all'istruzione uni versitaria. Occorre infatti precisarne la portata, prendendo in

considerazione la possibilità di una normazione non legislativa ulteriore, quale svolgimento e completamento di quella riserva ta al legislatore.

La «riserva di legge» assicura il monopolio del legislatore nella

determinazione delle scelte qualificanti nelle materie indicate dalla

Costituzione, sia escludendo la concorrenza di autorità norma tive «secondarie», sia imponendo all'autorità normativa «pri maria» di non sottrarsi al compito che solo a essa è affidato.

Tale valenza è generale e comune a tutte le «riserve». Dipen de invece dalle specifiche norme costituzionali che le prevedo no, secondo la loro interpretazione testuale, sistematica e stori

ca, il carattere di ciascuna riserva, carattere chiuso o aperto alla possibilità che la legge stessa demandi ad atti subordinati le valutazioni necessarie per la messa in atto concreta delle scel

te qualificanti la materia ch'essa stessa ha operato. Nella specie, la riserva di legge in tema di accesso ai corsi

universitari, come prevista dalla Costituzione, non è tale da esi

gere che l'intera disciplina della materia sia contenuta in legge. Viene in considerazione, innanzitutto, il rapporto tra la legge e l'autonomia universitaria prevista dall'ultimo comma dell'art. 33 Cost., rapporto nel quale le previsioni legislative valgono come «limiti», che non sarebbero più tali ove le disposizioni di legge fossero circostanziate al punto da ridurre le università, che la Costituzione vuole dotate di ordinamenti autonomi, al ruolo di meri ricettori passivi di decisioni assunte al centro.

Il Foro Italiano — 1999.

Inoltre, sotto l'aspetto dei rapporti tra potestà legislativa e

potestà normativa del governo, nulla nella Costituzione esclude

l'eventualità che un'attività normativa secondaria possa legitti mamente essere chiamata dalla legge stessa a integrarne e svol

gerne in concreto i contenuti sostanziali, quando — come nella

specie — si versi in aspetti della materia che richiedono deter

minazioni bensì unitarie, e quindi non rientranti nelle autonome

responsabilità dei singoli atenei, ma anche tali da dover essere

conformate a circostanze e possibilità materiali varie e variabili,

e quindi non facilmente regolabili in concreto secondo generali e stabili previsioni legislative.

In sintesi, la riserva di legge in questione è tale da comporta

re, da un lato, la necessità di non comprimere l'autonomia delle

università, per quanto riguarda gli aspetti della disciplina che

ineriscono a tale autonomia; dall'altro, la possibilità che la leg

ge, ove non disponga essa stessa direttamente ed esaustivamen

te, preveda l'intervento normativo dell'esecutivo, per la specifi cazione concreta della disciplina legislativa, quando la sua at

tuazione, richiedendo valutazioni d'insieme, non è attribuibile

all'autonomia delle università.

Rispetto alle linee costituzionali di questo quadro composito, le possibilità che si aprono alle scelte legislative di ordinamento, anche con riferimento all'accesso all'istruzione universitaria, sono

evidentemente molto ampie e diversificate, in relazione ai nu

merosi aspetti della disciplina, i quali possono comportare le

più varie soluzioni circa l'allocazione e la combinazione proce durale delle competenze decisionali, nei rapporti tra l'autono

mia delle università e la normazione nazionale, nonché tra le

determinazioni legislative e quelle ch'esse possono demandare

all'esecutivo, a loro volta influenzate dall'assetto che sia stato

dato dalla legge ai rapporti tra autorità universitarie nazionali

e autonomia degli atenei.

Se tali sono le esigenze di composizione del quadro ordina

mentale anzidetto — esigenze cui, con riferimento alla materia

in esame, non si può dire che, finora, il legislatore abbia orga nicamente prestato la sua opera — nel presente giudizio di co

stituzionalità, secondo la prospettazione della questione da par te dei giudici rimettenti, viene in considerazione direttamente

solo il problema dei rapporti tra le determinazioni del legislato re e quelle dell'amministrazione, sotto il profilo della riserva

di legge, relativamente all'individuazione dei corsi universitari

ad accesso limitato.

4.2. - La disposizione di legge sottoposta al controllo di costi

tuzionalità attribuisce al ministro dell'università e della ricerca

scientifica e tecnologica il potere di disciplinare con proprio at

to l'accesso alle scuole di specializzazione e ai corsi universitari, «anche a quelli per i quali l'atto stesso preveda una limitazione

nelle iscrizioni». Una formula, questa, che, certamente, vale ad

affermare l'esistenza di un potere ministeriale in materia, là do

ve la formula originaria del censurato art. 9, 4° comma (il qua le trattava di criteri generali, definiti dal ministro, «per la rego lamentazione dell'accesso alle scuole di specializzazione ed ai

corsi per i quali sia prevista una limitazione») aveva indotto,

per lo più, a ritenerlo escluso. Ma tale affermazione, nel nuovo art. 9, 4° comma, è fatta più sotto forma di riconoscimento della sua esistenza che non attraverso la sua previsione ex novo

per mezzo di una compiuta disciplina. Se il caso fosse questo secondo, se cioè dalla disposizione censurata dovesse necessa

riamente trarsi — come sarebbe se si dovesse seguire l'interpre tazione prospettata dai giudici rimettenti — la volontà del legi slatore di istituire un potere ministeriale, svincolato da adeguati criteri di esercizio, di determinare le scuole e i corsi universitari

a iscrizioni limitate, la violazione della riserva di legge prevista dalla Costituzione risulterebbe palese.

Poiché però non è così, è possibile dare alla disposizione cen

surata un'interpretazione adeguata alle esigenze della riserva di

legge esistente in materia: interpretazione secondo la quale il

potere che la legge riconosce al ministro può essere esercitato

solo se e nei limiti in cui da altre disposizioni legislative risulti no predeterminati criteri per l'individuazione in concreto delle scuole e dei corsi universitari rispetto ai quali valgono esigenze particolari di contenimento del sovraffollamento e si giustifichi

quindi la previsione — con l'atto ministeriale cui l'impugnato art. 9, 4° comma, si riferisce — delle limitazioni nelle iscrizioni.

In breve, la disposizione censurata riconosce un potere senza

precisarne le condizioni di esercizio. Perché essa possa ritenersi non incompatibile con la Costituzione sotto l'aspetto della ri

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:26:01 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

serva di legge, occorre interpretarla nel senso che il potere ch'essa

afferma essere conferito all'amministrazione non sia libero e,

perché esso non sia libero, occorre che la disposizione che lo

riconosce sia integrata da altre determinazioni che lo circoscri

vano. Tali determinazioni, infine, possono essere ricavate, e co

sì le esigenze della riserva di legge possono essere soddisfatte,

con riferimento all'ordinamento nel suo insieme e non devono

necessariamente essere contenute nella disposizione specifica isti

tutiva del potere dell'amministrazione ch'esse valgono a limita

re (così, ad esempio, sentenza n. 34 del 1986, id., 1986, I, 608). 4.3. - Affinché dunque il principio di riserva di legge nella

materia in esame possa dirsi rispettato, occorre che il denuncia

to art. 9, 4° comma, 1. n. 341 del 1990 sia inserito in un conte

sto di scelte normative sostanziali predeterminate, tali che il po tere dell'amministrazione sia circoscritto secondo limiti e indi

rizzi ascrivibili al legislatore.

Analoga funzione nella composizione di tale contesto, e quin

di di delimitazione della discrezionalità dell'amministrazione, deve

essere riconosciuta alle norme comunitarie dalle quali derivino

obblighi per lo Stato incidenti sull'organizzazione degli studi

universitari.

Ed è, principalmente e particolarmente, a queste norme che,

nella specie, in carenza di un quadro organicamente predisposto

dal legislatore nazionale per la disciplina del numero delle iscri

zioni ai corsi universitari, deve farsi riferimento.

Vengono in considerazione, a questo proposito, e hanno va

lore decisivo varie direttive (78/686/Cee del consiglio del 25 lu

glio 1978; 78/687/Cee del consiglio di pari data; 78/1026/Cee

del consiglio del 18 dicembre 1978; 78/1027/Cee del consiglio

di pari data; 85/384/Cee del consiglio del 10 giugno 1985;

89/594/Cee del consiglio del 30 ottobre 1989 e 93/16/Cee del

consiglio del 5 aprile 1993). Esse concernono il reciproco rico

noscimento, negli Stati membri, dei titoli di studio universitari

sulla base di criteri uniformi di formazione, l'esercizio del dirit

to di stabilimento dei professionisti negli Stati dell'Unione non

ché la libera prestazione dei servizi e riguardano, al momento,

i titoli accademici di medico, medico-veterinario, odontoiatra

e architetto.

Le ricordate direttive prescrivono, in vista dell'analogia dei

titoli universitari rilasciati nei diversi paesi e del loro reciproco

riconoscimento, standards di formazione minimi a garanzia che

i titoli medesimi attestino il possesso effettivo delle conoscenze

necessarie all'esercizio delle attività professionali corrisponden

ti. In tutti i casi cui le direttive si riferiscono, si prescrive che

gli studi teorici si accompagnino necessariamente a esperienze

pratiche, acquisite attraverso attività cliniche o, in genere, ope

rative svolte nel corso di periodi di formazione e di tirocinio

aventi luogo in strutture idonee e dotate delle strumentazioni

necessarie, sotto gli opportuni controlli. E ciò implica e presup

pone che tra la disponibilità di strutture e il numero di studenti

vi sia un rapporto di congruità, in relazione alle specifiche mo

dalità dell'apprendimento. Alla stregua dell'art. 189 del trattato Cee, le direttive vincola

no gli Stati membri cui sono rivolte per quanto riguarda il risul

tato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi

nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Esse richiedono dun

que attuazione, da parte del legislatore e dell'amministrazione,

secondo le regole costituzionali che ne configurano i poteri e

ne disciplinano i rapporti. Le direttive sopra menzionate hanno trovato attuazione nei

d.leg. 27 gennaio 1992 n. 129 e 2 maggio 1994 n. 353. Essi

dettano analitiche discipline relativamente al riconoscimento dei

titoli rilasciati dalle università e al diritto di stabilimento dei

professionisti e, quanto alla garanzia degli standards di forma

zione universitaria che condizionano il reciproco riconoscimen

to dei titoli accademici, richiamano gli obiettivi delle direttive,

cioè «la formazione prevista dalla normativa comunitaria» e «l'in

sieme delle esigenze minime di formazione» richieste dalla stes

sa normativa. Tali obiettivi, obbligatori per lo Stato in forza

dell'art. 189 del trattato Cee, valgono per dettato legislativo — indipendentemente dalla loro forza cogente diretta — nei

confronti dell'amministrazione, comportando che i poteri di cui

essa sia dotata, nella materia oggetto di direttive, sono da eser

citare secondo gli obblighi di risultato che la normativa comu

nitaria impone, non rilevando poi la circostanza che tali poteri

Il Foro Italiano — 1999.

siano definiti in occasione dell'attuazione delle direttive medesi

me o siano legislativamente previsti — come è nella specie —

altrimenti.

Quanto ai compiti del legislatore nelle riserve di legge che, come nel caso in esame, la Costituzione configura «aperte» a

svolgimenti da parte dell'amministrazione, l'esistenza di diretti

ve comunitarie esecutive comporta che l'obbligo di predisposi zione diretta della normativa sostanziale entro la quale deve ri

dursi la discrezionalità dell'amministrazione viene alleggerendo

si, per così dire, in conseguenza e proporzione alla consistenza

delle direttive medesime (salva sempre, ovviamente, la possibili tà per il legislatore di andare oltre, ma non contro, la normati

va comunitaria). 5. - Tanto premesso, una volta che l'impugnato art. 9, 4°

comma, 1. n. 341 del 1990 sia interpretato nel senso che esso

non conferisce all'amministrazione un potere svincolato dai li

miti sostanziali derivanti dall'ordinamento, risultano, negli stes

si limiti, destituiti di fondamento i dubbi di costituzionalità su di esso sollevati, sotto il profilo della violazione del principio di riserva di legge ricavabile dagli art. 33 e 34 Cost.

Infatti, nelle sopra citate direttive comunitarie si rinviene un

preciso obbligo di risultato, che gli Stati membri sono chiamati

ad adempiere predisponendo, per alcuni corsi universitari aven

ti particolari caratteristiche — tra cui quelli cui si riferiscono

i ricorsi presentati davanti ai giudici rimettenti — misure ade

guate a garantire le previste qualità, teoriche e pratiche, dell'ap

prendimento. In tali direttive, invero, non si tratta degli strumenti. Questi

sono infatti rimessi alle determinazioni nazionali e il legislatore

italiano, come per lo più i suoi omologhi degli altri paesi del

l'Unione, ha per l'appunto previsto la possibilità di introdurre

il numerus clausus per tali corsi. Ma una volta attribuito il giu sto rilievo ai doveri che sul nostro paese incombono per la par

tecipazione all'Unione europea, e una volta considerato come

essi incidano nel rapporto tra legislazione e amministrazione,

in tale possibilità non è più dato scorgere quel carattere arbitra

rio in base al quale i giudici rimettenti si sono indotti a solleva

re la presente questione di costituzionalità.

Parallelamente cadono i dubbi prospettati in relazione agli

art. 3 e 97 Cost., la cui pretesa violazione è motivata sulla pre

messa, dimostratasi inesatta, che il potere ministeriale sia eser

citabile, alla stregua della norma impugnata, con piena discre

zionalità.

6. - Sebbene possa dunque essere superato, in considerazione

degli obblighi comunitari e nei limiti in cui essi sussistono, lo

specifico dubbio di costituzionalità sollevato dai giudici rimet

tenti circa la legittimità costituzionale della previsione del pote

re ministeriale di limitare gli accessi universitari, occorre ag

giungere che l'intera materia necessita di un'organica sistema

zione legislativa, finora sempre mancata: una sistemazione chiara

che, da un lato, prevenga l'incertezza presso i potenziali iscritti

interessati e il contenzioso che ne può derivare e nella quale,

dall'altro, trovino posto tutti gli elementi che, secondo la Costi

tuzione, devono concorrere a formare l'ordinamento univer

sitario.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi,

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la que

stione di legittimità costituzionale dell'art. 9, 4° comma, 1. 19

novembre 1990 n. 341 (riforma degli ordinamenti didattici uni

versitari), come modificato dall'art. 17, comma 116, 1. 15 mag

gio 1997 n. 127 (misure urgenti per lo snellimento dell'attività

amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo),

sollevata, in riferimento agli art. 3, 33, 34 e 97 Cost., dai Tar

del Lazio, dell'Abruzzo, delle Marche e della Liguria, con le

ordinanze indicate in epigrafe.

This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:26:01 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended