Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. DeAstis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo, Scarinci), E.c.a. di Roma (Avv. Bianco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 1043/1044-1045/1046Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175098 .
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1043 PARTE PRIMA 1044
rarsi poteva avere vigore la promessa), il contratto è privo di efficacia. Ma vi è di più : la condizione è mancata, perchè, nel frattempo, il terzo, la Società r. 1. Speranza, ha cessato
di esistere per assorbimento in altra società, e la proprietà dello stabile è passata ad altri.
Pertanto, per tale motivo, va respinta la domanda De
Benedetti.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI PALERMO.
Decreto 9 maggio 1959 ; Pres. Gtonfkida P., Est. Caputo ;
Bagnasco (Avv. Maniscalco, Basile) c. Soc. olii mi
nerali (Avv. Catinella) .
Società — Società per azioni —
bleari — Omologazione —•
inazione.
Deliberazioni assem
Reclamo — Lejjifti
Nè un socio, ne la società possono proporre reclamo avverso
l'avvenuta omologazione di una deliberazione di assemblea
di società per azioni. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Osserva che contro il de
creto del Tribunale, di omologazione di una deliberazione
assembleare, è inammissibile, in sede di volontaria giurisdi zione, il reclamo del socio dissenziente.
Invero, in tema di legittimazione del socio a proporre l'istanza di omologazione, l'art. 2330, 2° comma, cod. civ.
stabilisce che, se il notaio o gli amministratori non provve dono al deposito dell'atto costitutivo della società, ciascun
socio può provvedervi a spese di quest'ultima ; e limitata
mente a siffatta previsione è stato ammesso, in considera zione della ratio legis ch'è quella di fornire ai soci un mezzo
diretto per la tutela del proprio interesse alla registrazione dell'atto costitutivo, che essi sono legittimati altresì a
proporre reclamo contro il provvedimento negativo del Tribunale.
Ma una norma analoga non esiste nella disciplina della
pubblicità delle deliberazioni assembleari, per le quali l'art. 2436 stesso codice, in relazione al precedente art. 2411, sancisce che l'iscrizione nel registro delle imprese può essere chiesta soltanto a cura del notaio o degli amministratori ; là dove l'apparente antinomia del sistema legislativo è age volmente spiegabile considerando che la legittimazione sosti tutiva del socio, riguardo alla ipotesi dell'atto costitutivo, è
collegata alla situazione della società la quale, prima della iscrizione nel registro delle imprese, è priva di personalità
giuridica, mentre durante la gestione dell'ente, nella quale è in genere esclusa ogni ingerenza del socio, non è possibile ammettere la legittimazione di questo ultimo a promuovere l'omologazione delle deliberazioni dell'assemblea, che con cretizza un vero e proprio atto di gestione sociale, essendo inconciliabile tale attività con la posizione e i limitati po teri di cui il socio è investito.
Pertanto, dato che nel presente caso l'unica legittimata a proporre l'istanza di omologazione è la Società, tramite il notaio o gli amministratori, soltanto ad essa spetta il po tere di impugnare il provvedimento del Tribunale, con as soluta esclusione dei soci, i quali, per invalidare la delibe
razione, possono avvalersi del procedimento contenzioso
indicato negli art. 2377 e 2378 cod. civile.
Ma è del pari inammissibile il reclamo proposto dal Ba
gnasco nella duplice qualità di amministratore e di vice
presidente della Società.
Infatti, anche a prescindere per un momento dalla que
(1) Nello stesso senso, con riferimento all'impugnativa del socio, v. Trib. Catania 29 ottobre 1953, Foro it., 1954, I, 682, con nota di richiami.
Circa l'immediata efficacia delle deliberazioni anche se soggette ad omologazione, v. Cass. 14 novembre 1959, n. 3377, di prossima pubblicazione
stione se il reclamante rivesta tuttora le qualità denunziate, non sembra dubbio che, quando la omologazione viene accor
data, la Società non possa reclamare contro il provvedi mento relativo ; e ciò in forza della estensione alla materia
onoraria, generalmente ammessa, del principio proprio della giurisdizione contenziosa, secondo cui, stante la fun
zione dispositiva che la proposizione della domanda svolge sulla situazione di diritto sostanziale, la parte non può chie
dere una nuova o diversa valutazione della sua domanda,
qualora questa sia stata accolta in primo grado. Tuttavia la inammissibilità del reclamo dovrebbe ugual
mente dichiararsi perchè il Bagnasco difetta della neces
saria legittimazione. Al riguardo è incontroverso che la
deliberazione dell'assemblea, con la quale venga esonerato
dalla carica un membro del consiglio di amministrazione
oppure si proceda alla nomina di nuovi amministratori, non
è soggetta al sindacato dell'autorità giudiziaria e, agli effetti interni, consegue immediata efficacia anche senza la
omologazione e la conseguente iscrizione nell'apposito regi stro : ne deriva quindi che alla data della proposizione del
reclamo il Bagnasco aveva perduto la qualità di ammini
stratore e di vicepresidente della Società, dato che nell'as
semblea ordinaria del 15 aprile 1959 era stato nominato un
nuovo consiglio di amministrazione del quale egli non fa
ceva parte. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI ROMA.
Sentenza 28 aprile 1959 ; Pres. Tavolaro P. P., Est. Co lapinto ; De Astis (Avv. Sorrentino) e. De Astis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo,
Scarinci), E.c.a. di Eoma (Avv. Bianco).
Successione —- Condizione e modo — Clausola di decadenza dalla disponibile in caso di impugna zione del testamento —- Nullità — Presupposto
(Cod. civ., art. 593, 626, 634).
La clausola, con cui il testatore commini la "perdita della
disponibile ai figli che impugnino il testamento, è nulla
qualora il solo suo motivo ispiratore, risultante dall'atto, sia quello di violare le norme sulla incapacità a succedere dei figli adulterini. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). A questo punto va esaminata l'istanza proposta dall'Ente comunale di assistenza in que sto processo.
All'uopo va chiarito che il defunto Michele De Astis col testamento 15 gennaio 1941, dopo di aver disposto delle sue sostanze, alla fine così stabiliva : « voglio sperare che i miei figli facciano onore e rispettino la mia volontà senza cavilli inutili e pensino che ho lavorato tutta un'intera vita
per costituire solo io il patrimonio, facendo tutti i mestieri anche i più umili e voglio quindi non si disperda in liti giu
(1) Vedi in conformità Della Bocca, in Giust. civ., 1959, I, 2216 ; Ferrara, Teoria del negozio illecito, pag. 258 e, nella motivazione, Cass. 13 gennaio 1925, Foro it., 1925, I, 194.
Nel senso che la clausola di decadenza non è valida riguardo ai legittimari, vedi Cass. 27 luglio 1931, id., 1932, I, 370.
Sulla nullità della clausola di decadenza, sotto pena di per dere i diritti assegnati in eccedenza sulla legittima, vedi Trib. Brindisi 21 aprile 1954, id., Rep. 1954, voce Successione, n. 156.
Nel senso che la clausola di decadenza non impedisce d'im pugnare : la disposizione dell'usufrutto successivo, vedi App. Cagliari 17 luglio 1947, id., Kep. 1947, voce cit., n. 108 ; il testa mento per difetto di formalità essenziale, vedi App. Palermo 16 aprile 1909, id., 1909, I, 1089 ; il testamento per falsità, vedi Cass. Napoli 7 giugno 1883, id., 1884, I, 148 ; il lascito fatto al coniuge del binubo in misura eccedente quella permessa dalla legge, vedi App. Lucca 29 maggio 1882, id., 1882, I, 615.
Per qualche riferimento, vedi Cass. 30 maggio 1953, id., 1954, I, 194; e 19 maggio 1947, id., 1947, I, 971.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
diziarie. A olii dei miei figli intenti giudizio o non accetti
nella sua integrità il presente testamento revoco tutta la
parte disponibile in « loro » favore, e l'assegno alla Congrega di carità di Eoma ». Siccome tra gli eredi De Astis è stato
instaurato il presente giudizio, ha spiegato intervento in
primo grado l'E.c.a. ed ha chiesto che, riconosciuta l'opera tività della clausola apposta dal testatore, si riconosca ad
esso Ente di assistenza (succeduto alla Congregazione di
carità di Eoma) il diritto a conseguire tutta la disponibile del patrimonio relitto da Michele De Astis.
Va notato che il Tribunale con sentenza 15 novembre
1945 ammise l'intervento in causa dell'E.c.a. e con altra
sentenza 10 aprile 1952 dichiarò che si era verificata la
condizione risolutiva apposta dal testatore Michele De Astis
alla disposizione della quota disponibile. Avverso queste pronunzie ha interposto appello Gio
vanni De Astis ed ha interposto appello incidentale l'E.c.a.
pel motivo che il Tribunale non ha esplicitamente disposto che il semplice fatto della impugnazione del testamento
prescindendo cioè dalla fondatezza o meno dell'impugna
zione, importa l'avveramento della condizione risolutiva
apposta dal testatore e quindi l'attribuzione della disponi bile all'È.c.a.
Tanto premesso, rileva la Corte che l'intervento dell'E.c.a.
è rituale. Dispone l'art. 105 cod. proc. civ. che ciascuno
può intervenire in un processo fra altre persone per far
valere in confronto di tutte le parti o di alcune di esse un
diritto relativo all'oggetto, o dipendente dal titolo dedotto
nel processo medesimo. E nel caso in esame l'E.c.a., in re
lazione all'eredità di Michele De Astis contesa fra i vari
eredi, fa valere il proprio diritto al conseguimento della di
sponibile.
Dopo di ciò deve la Corte riconoscere che la apposta con
dizione, al cui verificarsi dovrebbe avere efficacia la attri
buzione della quota disponibile all'E.c.a.,. è nulla.
Va infatti rilevato che Michele De Astis durante tutto
il corso della sua vita ha avuto un obiettivo costante e te
nacemente perseguito : quello cioè di far conseguire al figlio adulterino ing. G-uglielmo Aliotta una cospicua parte del
suo patrimonio, eludendo le disposizioni di legge che limi
tano la capacità a ricevere dei figli adulterini. Questo in
tento di Michele De Astis, come già detto, è apertamente confessato nell'atto di citazione 20 maggio 1931 e riaffiora
in forma precisa e più risoluta nel 1939.
In detto anno infatti Michele De Astis si decise a fare
la divisio inter liberos, tra i figli Giovanni e Nicoletta, uni
camente perchè costoro si erano impegnati a non molestare
Guglielmo Aliotta, già beneficato dal padre sia direttamente
sia indirettamente, vale a dire si erano impegnati a non pro muovere alcun controllo giudiziario allo scopo di accertare
se quanto conseguito da Guglielmo Aliotta corrispondesse o superasse il limite legale.
Inoltre il De Astis, non contento dell'impegno formale
assunto dai figli legittimi Giovanni e Nicoletta, esigè che
detto impegno figuri in apposito scritto ed a tal'uopo viene
redatta la scrittura 3 febbraio 1939, nella quale i figli le
gittimi così dichiarano : « nostro padre adunque in tanto
si è spinto in vita all'atto di cui innanzi (divisto inter libe
ros) in nostro favore, in quanto ha voluto premiare la no
stra formale promessa di giammai richiedere al nostro fra
tello illegittimo restituzioni di quanto direttamente o indi
rettamente a lui pervenuto ; ed ancora oggi alla presenza dei sopra costituiti avv. Barile e Gatti noi ripetiamo tale
formale dichiarazione ». Detta scrittura è approvata e sotto
scritta oltre che dai figli anche dallo stesso Michele De
Astis.
Col testamento poi Michele De Astis compie il più aperto e audace tentativo di violare la legge e cioè le disposizioni di ordine pubblico relative alla incapacità di ricevere dei
figli adulterini.
Infatti Michele De Astis, mettendosi in contraddizione
con la scrittura 3 febbraio 1939 da lui stesso sottoscritta, nella quale riconosceva di avere largamente beneficato
con l'assegnazione di alcuni immobili il figlio adulterino
Guglielmo Aliotta, mendacemente afferma nel testamento
di avere a costui dato soltanto la professione. Dopo questa
premessa egli procede nel testamento alla ricostruzione e formazione del suo patrimonio, comprendendovi soltanto i beni già assegnati a Giovanni e Nicoletta De Astis e alle
figlie del predetto Giovanni, ed omette deliberatamente di includere quei beni che egli in un momento non sospetto riconosceva di aver fatto pervenire a Guglielmo Aliotta.
Dopo di ciò così testualmente prosegue : « Formata così la mia sostanza patrimoniale si assegni la quota legittima ai miei due figli Giovanni e Nicoletta. Dalla disponibile l'usu
frutto, come per legge, al coniuge superstite. Sia integrata la quota massima che la nuova legge sulle successioni dà facoltà al testatore di lasciare al figlio naturale adulterino e pertanto dispongo che mio figlio naturale Guglielmo Aliotta consegua dalla disponibile la metà di quanto verrà ad avere il figlio meno preferito. Tutta la restante dispo nibile lascio a mio figlio Giovanni ».
Il testamento, come già accennato, termina imponendo il rispetto assoluto della volontà paterna ed a tale fine sta bilisce che, in caso di controversia giudiziaria, la disponi bile passi alla Congregazione di carità.
È chiaro pertanto che con le disposizioni anzidette Mi chele De Astis mirava ad assicurare a Guglielmo Aliotta una ulteriore attribuzione di beni, mirava cioè a fargli ottenere la intera quota successoria stabilita per i figli adulterini, prelevandola da un patrimonio artificiosamente, anzi falsamente ricostituito, e proibendo ai figli legittimi e sostanzialmente a Giovanni De Astis, sotto pena di perdita della disponibile, di provocare controlli giudiziari al fine di accertare se la entità dei beni, comunque fino allora per venuti a Guglielmo Aliotta, uguagliasse o superasse già la quota che la legge consente di attribuire ad un figlio adul terino. La clausola perciò di perdita della disponibile a carico
dei figli non ossequienti alla volontà paterna non era dettata da lecito fine, ma mirava invece ad assottigliare il compen dio ereditario di Giovanni De Astis ed a favorire illecita mente Guglielmo Aliotta, rendendo inoperante la legge che riconosce ai figli adulterini soltanto una limitata ca
pacità a ricevere.
Non è dubbio pertanto che la clausola sia nulla, perchè illecito (art. 626 cod. civ.) è il motivo ispiratore della clau sola medesima, diretta a realizzare la violazione delle norme
relative alla incapacità a ricevere dei figli adulterini, le quali norme sono di ordine pubblico, perchè rivolte a tutela e
protezione della famiglia legittima. Non si può dubitare poi che ricorrano gli altri requisiti
dell'art. 626 cod. civ. ed infatti per quanto attiene al se
condo requisito (motivo illecito risultante dallo stesso te
stamento) rileva la Corte che, mentre la giurisprudenza
(Cass. 7 giugno 1935, n. 2165, Foro it., 1935, I, 980) ha già precisato che non occorre che il motivo illecito risulti espres samente dal testamento, nel caso in esame si può prescindere da tale criterio, inquantochè il motivo illecito espressamente risulta dallo stesso testamento il quale è dominato dalle
mendaci affermazioni di Michele De Astis, dirette a far
apparire Guglielmo Aliotta come ancora insoddisfatto, cioè come ancora avente diritto alla intera quota ere ditaria sull'asse paterno per avere in precedenza avuto solo quanto necessario per fargli conseguire il titolo pro fessionale.
Non c'è dubbio poi che ricorra il terzo requisito (il mo tivo illecito dev'essere il solo a determinare il testatore), inquantochè l'intento di Michele De Astis di favorire il
figlio illegittimo facendogli quasi conseguire, a dispetto della legge, la parificazione con i figli legittimi è stato il continuo assillo dello stesso fin quasi sulla soglia della
morte, ed in proposito possono valere le confessioni del me desimo nella citazione 20 maggio 1931 e gli impegni pretesi dai figli legittimi con la scrittura 3 febbraio 1939.
Essendo pertanto nulla la disposizione testamentaria a favore dell'Ente comunale di assistenza di Eoma, succe
duto alla Congregazione di carità, consegue che detto Ente
va estromesso dal presente giudizio. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
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