+ All Categories
Home > Documents > Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. De...

Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. De...

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: lynguyet
View: 221 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
3
Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. De Astis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo, Scarinci), E.c.a. di Roma (Avv. Bianco) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 1043/1044-1045/1046 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175098 . Accessed: 28/06/2014 12:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 12:37:54 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. De Astis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo, Scarinci), E.c.a. di Roma (Avv.

Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. DeAstis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo, Scarinci), E.c.a. di Roma (Avv. Bianco)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 1043/1044-1045/1046Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175098 .

Accessed: 28/06/2014 12:37

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 12:37:54 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. De Astis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo, Scarinci), E.c.a. di Roma (Avv.

1043 PARTE PRIMA 1044

rarsi poteva avere vigore la promessa), il contratto è privo di efficacia. Ma vi è di più : la condizione è mancata, perchè, nel frattempo, il terzo, la Società r. 1. Speranza, ha cessato

di esistere per assorbimento in altra società, e la proprietà dello stabile è passata ad altri.

Pertanto, per tale motivo, va respinta la domanda De

Benedetti.

Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI PALERMO.

Decreto 9 maggio 1959 ; Pres. Gtonfkida P., Est. Caputo ;

Bagnasco (Avv. Maniscalco, Basile) c. Soc. olii mi

nerali (Avv. Catinella) .

Società — Società per azioni —

bleari — Omologazione —•

inazione.

Deliberazioni assem

Reclamo — Lejjifti

Nè un socio, ne la società possono proporre reclamo avverso

l'avvenuta omologazione di una deliberazione di assemblea

di società per azioni. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). Osserva che contro il de

creto del Tribunale, di omologazione di una deliberazione

assembleare, è inammissibile, in sede di volontaria giurisdi zione, il reclamo del socio dissenziente.

Invero, in tema di legittimazione del socio a proporre l'istanza di omologazione, l'art. 2330, 2° comma, cod. civ.

stabilisce che, se il notaio o gli amministratori non provve dono al deposito dell'atto costitutivo della società, ciascun

socio può provvedervi a spese di quest'ultima ; e limitata

mente a siffatta previsione è stato ammesso, in considera zione della ratio legis ch'è quella di fornire ai soci un mezzo

diretto per la tutela del proprio interesse alla registrazione dell'atto costitutivo, che essi sono legittimati altresì a

proporre reclamo contro il provvedimento negativo del Tribunale.

Ma una norma analoga non esiste nella disciplina della

pubblicità delle deliberazioni assembleari, per le quali l'art. 2436 stesso codice, in relazione al precedente art. 2411, sancisce che l'iscrizione nel registro delle imprese può essere chiesta soltanto a cura del notaio o degli amministratori ; là dove l'apparente antinomia del sistema legislativo è age volmente spiegabile considerando che la legittimazione sosti tutiva del socio, riguardo alla ipotesi dell'atto costitutivo, è

collegata alla situazione della società la quale, prima della iscrizione nel registro delle imprese, è priva di personalità

giuridica, mentre durante la gestione dell'ente, nella quale è in genere esclusa ogni ingerenza del socio, non è possibile ammettere la legittimazione di questo ultimo a promuovere l'omologazione delle deliberazioni dell'assemblea, che con cretizza un vero e proprio atto di gestione sociale, essendo inconciliabile tale attività con la posizione e i limitati po teri di cui il socio è investito.

Pertanto, dato che nel presente caso l'unica legittimata a proporre l'istanza di omologazione è la Società, tramite il notaio o gli amministratori, soltanto ad essa spetta il po tere di impugnare il provvedimento del Tribunale, con as soluta esclusione dei soci, i quali, per invalidare la delibe

razione, possono avvalersi del procedimento contenzioso

indicato negli art. 2377 e 2378 cod. civile.

Ma è del pari inammissibile il reclamo proposto dal Ba

gnasco nella duplice qualità di amministratore e di vice

presidente della Società.

Infatti, anche a prescindere per un momento dalla que

(1) Nello stesso senso, con riferimento all'impugnativa del socio, v. Trib. Catania 29 ottobre 1953, Foro it., 1954, I, 682, con nota di richiami.

Circa l'immediata efficacia delle deliberazioni anche se soggette ad omologazione, v. Cass. 14 novembre 1959, n. 3377, di prossima pubblicazione

stione se il reclamante rivesta tuttora le qualità denunziate, non sembra dubbio che, quando la omologazione viene accor

data, la Società non possa reclamare contro il provvedi mento relativo ; e ciò in forza della estensione alla materia

onoraria, generalmente ammessa, del principio proprio della giurisdizione contenziosa, secondo cui, stante la fun

zione dispositiva che la proposizione della domanda svolge sulla situazione di diritto sostanziale, la parte non può chie

dere una nuova o diversa valutazione della sua domanda,

qualora questa sia stata accolta in primo grado. Tuttavia la inammissibilità del reclamo dovrebbe ugual

mente dichiararsi perchè il Bagnasco difetta della neces

saria legittimazione. Al riguardo è incontroverso che la

deliberazione dell'assemblea, con la quale venga esonerato

dalla carica un membro del consiglio di amministrazione

oppure si proceda alla nomina di nuovi amministratori, non

è soggetta al sindacato dell'autorità giudiziaria e, agli effetti interni, consegue immediata efficacia anche senza la

omologazione e la conseguente iscrizione nell'apposito regi stro : ne deriva quindi che alla data della proposizione del

reclamo il Bagnasco aveva perduto la qualità di ammini

stratore e di vicepresidente della Società, dato che nell'as

semblea ordinaria del 15 aprile 1959 era stato nominato un

nuovo consiglio di amministrazione del quale egli non fa

ceva parte. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE D'APPELLO DI ROMA.

Sentenza 28 aprile 1959 ; Pres. Tavolaro P. P., Est. Co lapinto ; De Astis (Avv. Sorrentino) e. De Astis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo,

Scarinci), E.c.a. di Eoma (Avv. Bianco).

Successione —- Condizione e modo — Clausola di decadenza dalla disponibile in caso di impugna zione del testamento —- Nullità — Presupposto

(Cod. civ., art. 593, 626, 634).

La clausola, con cui il testatore commini la "perdita della

disponibile ai figli che impugnino il testamento, è nulla

qualora il solo suo motivo ispiratore, risultante dall'atto, sia quello di violare le norme sulla incapacità a succedere dei figli adulterini. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). A questo punto va esaminata l'istanza proposta dall'Ente comunale di assistenza in que sto processo.

All'uopo va chiarito che il defunto Michele De Astis col testamento 15 gennaio 1941, dopo di aver disposto delle sue sostanze, alla fine così stabiliva : « voglio sperare che i miei figli facciano onore e rispettino la mia volontà senza cavilli inutili e pensino che ho lavorato tutta un'intera vita

per costituire solo io il patrimonio, facendo tutti i mestieri anche i più umili e voglio quindi non si disperda in liti giu

(1) Vedi in conformità Della Bocca, in Giust. civ., 1959, I, 2216 ; Ferrara, Teoria del negozio illecito, pag. 258 e, nella motivazione, Cass. 13 gennaio 1925, Foro it., 1925, I, 194.

Nel senso che la clausola di decadenza non è valida riguardo ai legittimari, vedi Cass. 27 luglio 1931, id., 1932, I, 370.

Sulla nullità della clausola di decadenza, sotto pena di per dere i diritti assegnati in eccedenza sulla legittima, vedi Trib. Brindisi 21 aprile 1954, id., Rep. 1954, voce Successione, n. 156.

Nel senso che la clausola di decadenza non impedisce d'im pugnare : la disposizione dell'usufrutto successivo, vedi App. Cagliari 17 luglio 1947, id., Kep. 1947, voce cit., n. 108 ; il testa mento per difetto di formalità essenziale, vedi App. Palermo 16 aprile 1909, id., 1909, I, 1089 ; il testamento per falsità, vedi Cass. Napoli 7 giugno 1883, id., 1884, I, 148 ; il lascito fatto al coniuge del binubo in misura eccedente quella permessa dalla legge, vedi App. Lucca 29 maggio 1882, id., 1882, I, 615.

Per qualche riferimento, vedi Cass. 30 maggio 1953, id., 1954, I, 194; e 19 maggio 1947, id., 1947, I, 971.

This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 12:37:54 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sentenza 28 aprile 1959; Pres. Tavolaro P. P., Est. Colapinto; De Astis (Avv. Sorrentino) c. De Astis Aliotta (Avv. Puddu), De Astis (Avv. Lo Scalzo, Scarinci), E.c.a. di Roma (Avv.

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

diziarie. A olii dei miei figli intenti giudizio o non accetti

nella sua integrità il presente testamento revoco tutta la

parte disponibile in « loro » favore, e l'assegno alla Congrega di carità di Eoma ». Siccome tra gli eredi De Astis è stato

instaurato il presente giudizio, ha spiegato intervento in

primo grado l'E.c.a. ed ha chiesto che, riconosciuta l'opera tività della clausola apposta dal testatore, si riconosca ad

esso Ente di assistenza (succeduto alla Congregazione di

carità di Eoma) il diritto a conseguire tutta la disponibile del patrimonio relitto da Michele De Astis.

Va notato che il Tribunale con sentenza 15 novembre

1945 ammise l'intervento in causa dell'E.c.a. e con altra

sentenza 10 aprile 1952 dichiarò che si era verificata la

condizione risolutiva apposta dal testatore Michele De Astis

alla disposizione della quota disponibile. Avverso queste pronunzie ha interposto appello Gio

vanni De Astis ed ha interposto appello incidentale l'E.c.a.

pel motivo che il Tribunale non ha esplicitamente disposto che il semplice fatto della impugnazione del testamento

prescindendo cioè dalla fondatezza o meno dell'impugna

zione, importa l'avveramento della condizione risolutiva

apposta dal testatore e quindi l'attribuzione della disponi bile all'È.c.a.

Tanto premesso, rileva la Corte che l'intervento dell'E.c.a.

è rituale. Dispone l'art. 105 cod. proc. civ. che ciascuno

può intervenire in un processo fra altre persone per far

valere in confronto di tutte le parti o di alcune di esse un

diritto relativo all'oggetto, o dipendente dal titolo dedotto

nel processo medesimo. E nel caso in esame l'E.c.a., in re

lazione all'eredità di Michele De Astis contesa fra i vari

eredi, fa valere il proprio diritto al conseguimento della di

sponibile.

Dopo di ciò deve la Corte riconoscere che la apposta con

dizione, al cui verificarsi dovrebbe avere efficacia la attri

buzione della quota disponibile all'E.c.a.,. è nulla.

Va infatti rilevato che Michele De Astis durante tutto

il corso della sua vita ha avuto un obiettivo costante e te

nacemente perseguito : quello cioè di far conseguire al figlio adulterino ing. G-uglielmo Aliotta una cospicua parte del

suo patrimonio, eludendo le disposizioni di legge che limi

tano la capacità a ricevere dei figli adulterini. Questo in

tento di Michele De Astis, come già detto, è apertamente confessato nell'atto di citazione 20 maggio 1931 e riaffiora

in forma precisa e più risoluta nel 1939.

In detto anno infatti Michele De Astis si decise a fare

la divisio inter liberos, tra i figli Giovanni e Nicoletta, uni

camente perchè costoro si erano impegnati a non molestare

Guglielmo Aliotta, già beneficato dal padre sia direttamente

sia indirettamente, vale a dire si erano impegnati a non pro muovere alcun controllo giudiziario allo scopo di accertare

se quanto conseguito da Guglielmo Aliotta corrispondesse o superasse il limite legale.

Inoltre il De Astis, non contento dell'impegno formale

assunto dai figli legittimi Giovanni e Nicoletta, esigè che

detto impegno figuri in apposito scritto ed a tal'uopo viene

redatta la scrittura 3 febbraio 1939, nella quale i figli le

gittimi così dichiarano : « nostro padre adunque in tanto

si è spinto in vita all'atto di cui innanzi (divisto inter libe

ros) in nostro favore, in quanto ha voluto premiare la no

stra formale promessa di giammai richiedere al nostro fra

tello illegittimo restituzioni di quanto direttamente o indi

rettamente a lui pervenuto ; ed ancora oggi alla presenza dei sopra costituiti avv. Barile e Gatti noi ripetiamo tale

formale dichiarazione ». Detta scrittura è approvata e sotto

scritta oltre che dai figli anche dallo stesso Michele De

Astis.

Col testamento poi Michele De Astis compie il più aperto e audace tentativo di violare la legge e cioè le disposizioni di ordine pubblico relative alla incapacità di ricevere dei

figli adulterini.

Infatti Michele De Astis, mettendosi in contraddizione

con la scrittura 3 febbraio 1939 da lui stesso sottoscritta, nella quale riconosceva di avere largamente beneficato

con l'assegnazione di alcuni immobili il figlio adulterino

Guglielmo Aliotta, mendacemente afferma nel testamento

di avere a costui dato soltanto la professione. Dopo questa

premessa egli procede nel testamento alla ricostruzione e formazione del suo patrimonio, comprendendovi soltanto i beni già assegnati a Giovanni e Nicoletta De Astis e alle

figlie del predetto Giovanni, ed omette deliberatamente di includere quei beni che egli in un momento non sospetto riconosceva di aver fatto pervenire a Guglielmo Aliotta.

Dopo di ciò così testualmente prosegue : « Formata così la mia sostanza patrimoniale si assegni la quota legittima ai miei due figli Giovanni e Nicoletta. Dalla disponibile l'usu

frutto, come per legge, al coniuge superstite. Sia integrata la quota massima che la nuova legge sulle successioni dà facoltà al testatore di lasciare al figlio naturale adulterino e pertanto dispongo che mio figlio naturale Guglielmo Aliotta consegua dalla disponibile la metà di quanto verrà ad avere il figlio meno preferito. Tutta la restante dispo nibile lascio a mio figlio Giovanni ».

Il testamento, come già accennato, termina imponendo il rispetto assoluto della volontà paterna ed a tale fine sta bilisce che, in caso di controversia giudiziaria, la disponi bile passi alla Congregazione di carità.

È chiaro pertanto che con le disposizioni anzidette Mi chele De Astis mirava ad assicurare a Guglielmo Aliotta una ulteriore attribuzione di beni, mirava cioè a fargli ottenere la intera quota successoria stabilita per i figli adulterini, prelevandola da un patrimonio artificiosamente, anzi falsamente ricostituito, e proibendo ai figli legittimi e sostanzialmente a Giovanni De Astis, sotto pena di perdita della disponibile, di provocare controlli giudiziari al fine di accertare se la entità dei beni, comunque fino allora per venuti a Guglielmo Aliotta, uguagliasse o superasse già la quota che la legge consente di attribuire ad un figlio adul terino. La clausola perciò di perdita della disponibile a carico

dei figli non ossequienti alla volontà paterna non era dettata da lecito fine, ma mirava invece ad assottigliare il compen dio ereditario di Giovanni De Astis ed a favorire illecita mente Guglielmo Aliotta, rendendo inoperante la legge che riconosce ai figli adulterini soltanto una limitata ca

pacità a ricevere.

Non è dubbio pertanto che la clausola sia nulla, perchè illecito (art. 626 cod. civ.) è il motivo ispiratore della clau sola medesima, diretta a realizzare la violazione delle norme

relative alla incapacità a ricevere dei figli adulterini, le quali norme sono di ordine pubblico, perchè rivolte a tutela e

protezione della famiglia legittima. Non si può dubitare poi che ricorrano gli altri requisiti

dell'art. 626 cod. civ. ed infatti per quanto attiene al se

condo requisito (motivo illecito risultante dallo stesso te

stamento) rileva la Corte che, mentre la giurisprudenza

(Cass. 7 giugno 1935, n. 2165, Foro it., 1935, I, 980) ha già precisato che non occorre che il motivo illecito risulti espres samente dal testamento, nel caso in esame si può prescindere da tale criterio, inquantochè il motivo illecito espressamente risulta dallo stesso testamento il quale è dominato dalle

mendaci affermazioni di Michele De Astis, dirette a far

apparire Guglielmo Aliotta come ancora insoddisfatto, cioè come ancora avente diritto alla intera quota ere ditaria sull'asse paterno per avere in precedenza avuto solo quanto necessario per fargli conseguire il titolo pro fessionale.

Non c'è dubbio poi che ricorra il terzo requisito (il mo tivo illecito dev'essere il solo a determinare il testatore), inquantochè l'intento di Michele De Astis di favorire il

figlio illegittimo facendogli quasi conseguire, a dispetto della legge, la parificazione con i figli legittimi è stato il continuo assillo dello stesso fin quasi sulla soglia della

morte, ed in proposito possono valere le confessioni del me desimo nella citazione 20 maggio 1931 e gli impegni pretesi dai figli legittimi con la scrittura 3 febbraio 1939.

Essendo pertanto nulla la disposizione testamentaria a favore dell'Ente comunale di assistenza di Eoma, succe

duto alla Congregazione di carità, consegue che detto Ente

va estromesso dal presente giudizio. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

This content downloaded from 91.238.114.35 on Sat, 28 Jun 2014 12:37:54 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended