Sentenza 28 dicembre 1962, n. 123 (Gazzetta ufficiale 29 dicembre 1962, n. 332); Pres.Ambrosini P., Rel. Mortati; imp. Arzilli e altri; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello StatoChiarotti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 5/6-9/10Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153213 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
navigazione o a compromettere la sicurezza della nave.
In conclusione, la legittimita, costituzionale dell'art.
1105 nei oonfronti dall'art. 40 della Costituzione deve farsi
discendere non gia da altri motivi dedotti dalla difesa delle
Societä resistenti (come quello clie, argomentando dalla
conservazione dell'alloggio sulla nave da parte dei marit
timi scioperanti, vorrebbe ricondurre lo soiopero di costoro
alia forma illecita deH'oceupazione del luogo di lavoro, o
l'altro ebe poggia sulla eonsiderazione del danno abnorme
recato agli imprenditori, non influendo sulla liceitä dello
sciopero 1'entita del pregiudizio economico ebe il fatto puro e semplice della sospensione del lavoro infligge al datore
di lavoro), bensi solo dalla particolarita dei beni dal mede
simo tutelato.
Non vale in contrario il rilievo della difesa del Forna
sari ebe la regolamentazione dell'esercizio dello soiopero
previsto dall'art. 40 non puõ esaurirsi in un mero divieto
penale, percbe ricbiede invece una disciplina dei modi di
composizione degli interessi contrastanti, e ciõ per la eon
siderazione ebe l'art. 1105, mentre non ineide sulla tito
larita del diritto garantito dall'art. 40 predetto, ba riguardo solo a situazioni temporanee cbe, finehe durano, appaiono
incompatibili con l'esplicazione del diritto medesimo.
Per questi motivi, pronunciando eon unica sentenza sui
due giudizi riuniti, dichiara non fondata la questione di
legittimita costituzionale dell'art. 1105, n. 1, cod. nav., in
relazione all'art. 40 della Costituzione.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 28 dicembre 1962, n. 123 (Gazzetta ufficiale 29
dicembre 1962, n. 332); Pres. Ambrosini P., Rel. Mor
tati ; imp. Arzilli e altri; interv. Pres. Cons, ministri
(Aw. dello Stato Chiarotti).
Abbandono collcttivo d'ullieio — Incostituzionalita
della normativa — Questione infondata — Limiti
(Costituzione della Repubblica, art. 40; cod. pen., art. 51, 330).
Seiopero, serrata e boicottaggio — Coazione alia
pubblica autorita — Seiopero a seopo di solida
rietä — Incostituzionalita della normativa — Que stione infondata — Limiti (Costituzione della Repub blica, art. 40 ; cod. pen., art. 51, 504, 505).
Sebbene, salva la necessaria regolamentazione del diritto di
seiopero, non siano illegittimi gli art. 330 (abbandono collettivo di pubbliei uffiei, impiegM, servizi o lavori), 504 (coazione alia pubblica autorita mediante serrata o
seiopero), 505 (serrata o seiopero a seopo di solidarietä
o di protesta) cod. pen., il giudice ordinario non pud
irrogare le sanzioni previste nelVart. 330 ai lavoratori
addetti ad imprese di servizi pubbliei, ne le sanzioni pre viste negli art. 504 e 505, se di natura eeonomica siano
le finalitä dei loro comportamenti. (1)
(1) L'ordinanza 20 ottobre 1961 del Tribunale di Livorno e
riportata su Le Leggi, 1962, 429. Sul problema generale dei dispositivi d'infondatezza della
Corte costituzionale « ai sensi e nei limiti risultanti dalla motiva zione # e simili, cons. Andrioli, Motivazione e dispositivo nelle sentenze della Corte costituzionale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1962, 529.
Sull'art. 330 cod. pen., cons., in dottrina, A. I'eroxaci, in Riv. giur. lav., 1952, II, 63 ; Nuvolone, Le leggi penali e la
Costituzione, 1953, pag. 109 seg. ; Miglioli, in Giust. pen., 1954,
II, 213 ; P. Bossi, Lineamenti di diritto penale costituzionale, 1954,
pag. 140 seg. ; Riccio, I delitti contro la pubblica Amministra
zione, 1955, pag. 476 seg. ; Ardau, in Dir. lav., 1955, I, 173 ; Contieri, Abbandono, interruzione, ecc., voce <le\VEnciclopedia del diritto, 1958, I, pag. 41 ; Vera, Problemi costituzionali del
diritto sindacale italiano, 1960, pag. 269 seg. Con riferimento alia sent. 4 maggio 1960, n. 29 della Corte
costituzionale (Foro it., 1960, I, 709), che ha detto incostituzio nale l'art. 502, 1° comma, cod. pen., Santoro, Sabatini, Per
golesi, Mazzoni, in Mass. giur. lav., I960, 108, 111, 173, 175 ;
La Corte, eoo. — L'ordinanza del Tribunale di Livorno
propone due specie di question]. La prima riguarda la com
patibility con l'art. 40 della Costituzione, ehe garantisce il
diritto soggettivo di sciopero, dell'art. 330 cod. pen., il
quale punisce come delitti contro la pubblica Amministra
zione l'abbandono collettivo del layoro effettuato dagli
appartenenti a quattro categorie di personale, e cioe i
pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblici servizi aventi la qualifica di impiegati, i privati ebe, senza essere orga nizzati in imprese, eserciscono servizi pubblici o di pubblica necessitä, e infine i dipendenti da imprese clie attendono ai servizi ora detti. La seconda questione si riferisce alle
ipotesi di sciopero previste dagli art. 504 e 505 (inclusi nel
titolo VIII, dei delitti contro l'economia pubblica) se effet tuati alio scopo di esercitare coazione sulla pubblica auto
rita, e, rispettivamente, di esprimere una protesta, o di
manifestare la solidarietä con altri lavoratori. La Corte ba giä avuto occasione di pronunciarsi sulla
interpretazione dell'art. 40 della Costituzione e con sen
tenza n. 29 del 1960 (Foro it.. 1960, I, 709), presupposta la immediata precettivitä, del medesimo ancbe nell'attuale
periodo di carenza della legge cui esso rinvia, ba dicbiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 502, 2° comma, cod.
pen., ebe puniva lo sciopero economico di lavoratori legati da rapporto contrattuale di lavoro, nella considerazione cbe dovesse ritenersi decaduto per effetto sia della sop pressione dell'ordinamento corporativo dal quale traeva
l'esclusivo suo fondamento, sia del principio della libertä,
sindacale sancito dall'art. 39 della Costituzione.
Con altra sentenza (n. 46 del 1958, Foro it., 1958,1, 1050), statuendo sulla questione sottopostale della costituzionalita
dell'art. 333 cod. pen., ba poi ritenuto che anche l'asten
sione dal lavoro da parte di singoli appartenenti alle ca
tegorie di addetti ai pubblici uffici, servizi, lavori ivi con
siderati deve rimanere immune dalle sanzioni penali quando si dimostri che la medesima abbia avuto luogo al fine di
Sermonti, in Giust. pen., 1960, I, 285 ; Severino, in Riv. giur. lav., 1960, II, 179 ; Cablet, in Foro pad., 1960, IV, 97; Basile, id., 1961, IV, 1 ; Zangari, in Dir. lav., 1960, II, 92 ; Balletti, in Temi nap., 1960, I, 329 ; Corrado, in Giur. it., 1960, I, 1, 1221 ; Pedrazzi, in Riv. it. dir. proc. pen., 1960, 902 ; U. Na
toli, in jDemocrazia e diritto, 1960, fasc. 2, 119 ; Crisaftjlli, Mazziotti e Prosperetti, in Giur. cost., 1960, 500, 508, 515.
Con riferimento alia sentenza 2 luglio 1958, n. 16 della Corte costituzionale (Foro it., 1958, I, 1050), che ha detto in fondata la questione d'incostituzionalita dell'art. 333 cod. pen., Esposito, in Giur. cost., 1958, 570 ; Severino, in Riv. giur. lav., 1958, II, 532 ; Lavagna, in Foro it., 1959, I, 18 ; Antolisei, Man. dir. penale, 1960, II, 2°, pag. 665 seg.
Successivamente, la questione d'incostituzionalita del l'art. 330 e stata rimessa alia Corte costituzionale anche dal Pretore di Aversa (ord. 30 aprile 1962, Foro it., 1962, II, 272, con nota di richiami).
Si da notare che, con la presente e con l'altra sentenza n. 124 di pari data, la Corte costituzionale riafferma la titolaritä. del diritto di sciopero anche per i dipendenti di imprese esercenti servizi pubblici.
Sullo sciopero dei dipendenti d'impresa di pubblico interesse con particolare riguardo ai marittimi nel diritto comparato, si
tengano presenti : per gli Stati Uniti d'America del Nord, art. 206, 208 della legge Taft-Hartley 23 giugno 1947 (in dottrina Gre gory-Katz, Labor Law, Charlottesville, 1948, pag. 702 ; Mills e
Brown, From the Wagner Act to Taft-Hartley, Chicago, 1952, pag. 584 seg. ; Taylor, Labor Problems and labor Law, New
York, 1953, pag. 430 seg. ; Mao Naijghton e Lazar, Industrial Relations and the Government, Toronto-New York, 1954, pag. 236
seg. ; Blanc-Yonvin, Les rapports collectifs du travail aux Etats
Unis, Parigi, 1957, pag. 418 ; Gregory, Diritto nordamericano del lavoro, 1954, pag. 98 seg.) ; per la Repubblica federale ger manica, la Seemanngesetz 26 luglio 1957, in Das Deutsche Bun
desrecht, VI, P. 50, 713 (cons, in dottrina Molitor, in Dir.
lav., 1953, I, 3 ; Heinitz, Sciopero e responsabilitä conseguenti nel diritto tedesco, in Scritti in memoria di Calamandrei, V, pag. 28
seg.); per la Gran Bretagna, Knowles, Strikes. A Study in in dustrial conflict, Oxford, 1952, pag. 100 seg. ; per la Prancia, Ripert, Droit maritime, Paris, 1950, I, pag. 440 seg. ; Durand, Traitt de droit du travail, Paris, 1956, pag. 754; Burdeau, Lea UberUs publiques, Paris, 1961, pag. 326 seg. ; per il Belgio, legge 19 agosto 1948 e decreto 27 luglio 1950.
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PARTE PRIMA
parteoipare ad uno sciopero, e sempreclic questo sia da
oonsiderare legittimo. II prineipio, implicito in quest'ultima pronuncia, deve
essere oonfermato. Ma insieme devono essere rioereati i
limiti (coessenziali ad esso, come a qualsiasi altra specie di diritto) entro cui il suo esercizio puõ ritenersi consentito.
Nel procedere a tale rioerca, resa necessaria dal mancato
adempimento da parte del legislatore deH'imperativo a lui
imposto dall'art. 40, la Corte gode di un potere piii ristretto
di quello proprio dell'organo legislativo, essendole consen
tito di far valere solo quelle, fra le possibili limitazioni, die
si desumano in modo necessario o dal concetto stesso dello
soiopero (qual'e derivato dalla tradizione accolta dal costi
tuente, e clie si concreta nell'astensione totale dal lavoro
da parte di piu lavoratori subordinati al fine della difesa
dei loro interessi economiei), oppure dalla necessity di con
temperare le esigenze dell'autotutela di categoria con le
altre discendenti da interessi generali i quali trovano di
retta protezione in principi consacrati nella stessa Co
stituzione.
Poiche l'esame della Corte sulla questione prospettata deve rimanere circoscritto (a termine dell'art. 23 della
legge 11 marzo 1953 n. 87) nell'ambito segnato dalla rile
vanza che la sua soluzione riveste per poter giungere alia
decisione del giudizio di merito, in occasione del quale essa
e stata proposta : giudizio vertente nella specie nella ma
teria dello soiopero di lavoratori addetti ad imprese di
servizi pubblici, si rende necessario accertare se nel sistema
della Costituzione si risoontrino elementi idonei ad esclu
dere o limitare il diritto garantito dall'art. 40 in oonfronto
a quella determinata categoria di prestatori d'opera. Non sembra che l'indagine cosl proposta trovi un osta
colo pregiudiziale nella lettera dell'art. 40, come si afferma
da chi ritiene che questa consenta limiti pertinenti solo
all'esercizio del diritto, non gia alia sua titolarita, con la
conseguenza di dover riconoscere la legittimazione attiva
all'esercizio stesso agli appartenenti a qualsiasi categoria di prestatori d'opera. Infatti il potere di regolamentazione ohe la Costituzione affida alia legge ha per oggetto il diritto
di sciopero in genere, e quindi appare suscettibile di rivol
gersi a ciascuno degli elementi ohe entrano a comporlo,
compresi in essi anche i soggetti che ne possono essere
titolari, sempreche tali eventuali limitazioni di carattere
soggettivo possano apparire imposte dall'esigenza di sal
vaguardare quegli interessi generali cui si õ fatto rife
rimento.
Pertanto per decidere circa l'attuale applicability del
l'art. 330 ai personali ivi considerati appare necessario
rendersi oonto della natura delle funzioni affidate alia cura
dei medesimi. Si puõ nella specie prescindere dall'esame, che sarebbe
pregiudiziale, in ordine alia fondatezza del dubbio che e
stato sollevato, vertente sull'attuale applicability, per opera dell'interprete, e fino a quando non sia intervenuta la nuova
regolamentazione legislativa del diritto di sciopero delle
sanzioni penali corrispondenti alle fattispecie oriminose
previste da un codice penale ispirato, per quanto riguarda la materia in oggetto, ad una ideologia ed a principi in tutto contrastanti con quelli cui si informa il vigente si
stema costituzionale. Se ne puõ prescindere perehe, se pure il dubbio prospettato si dovesse risolvere nel senso della
sopravvivenza delle norme in parola, la loro applicability sarebbe ammissibile solo condizionatamente al rispetto del
prineipio gia enunciato, e cioe entro i limiti in cui la per
saguibilitä, penale dello sciopero appaia necessitata dal
bisogno di salvaguardare dal danno dal medesimo deri vante il nucleo degli interessi generali assolutamente pro minenti rispetto agli altri collegati all'autotutela di ca
tegoria. Ora la Corte ritiene che i servizi pubblici del genere di
quelli di cui e discussione (e per i quali, come si e detto, la questione proposta assume il rilievo necessario per po tere farla prendere in considerazione) non rivestono il
grado di importanza suffioiente a provocare, con la lesione
degli interessi predetti, la perdita dell'esercizio del potere
garantito dall'art. 40 della Costituzione. Dal che consegue
ehe ai lavoratori addetti ai servizi medesimi, ove si met
tano in sciopero, non possano venire inflitte le sanzioni
previste dalFart. 330 eod. penale. £ ora da accertare se a conclusione diversa põssa giun
gersi in eonfronto all'altra questione sollevata, riguardante la costituzionalitä degli art. 504 e 505 eod. penale.
In proposito 6 da ricordare ehe, oome si e prima rile
vato, lo sciopero di cui all'art. 40 e legittimo solo quando sia rivolto a conseguire fini di carattere economico, secondo
si puõ desumere, fra 1'altro, dalla collocazione del mede
simo sotto il titolo III della I parte della Costituzione, ehe
si intitola appunto ai rapporti economici. E tuttavia da
chiarire clie la tutela coneessa a tali rapporti non puõ rimanere oiroosoritta alle sole rivendicazioni di indole mera
mente salariale, ma si estende a tutte quelle riguardanti il complesso degli interessi dei lavoratori ehe trovano disci
plina neile norme racchiuse sotto il titolo stesso.
Ciõ precisato, e passando all'esame della questione sol
levata in ordine all'art. 504, e da ritenere ehe le sanzioni
ivi comminate non si rendono applicabili nel caso di scio
peri promossi da fini economici.
Ciõ appare chiaro, perchõ discende dall'interpretazione
prima data dell'art. 330, con il quale l'art. 504 deve essere
coordinato, nell'ipotesi che la pretesa degli scioperanti
(sempreche essi rientrino nella categoria degli addetti ai
pubblici servizi dei quali si e parlato) si faccia valere di
fronte alla pubblica autorita che assume la qualitä di parte del rapporto di lavoro, alio scopo di ottenere che la disci
plina di quest'ultimo venga modificata a favore dei di
pendenti. Rinviando al seguito l'esame del punto se ad
uguale conclusione possa giungersi anche quando lo scio
pero sia effettuato da lavoratori non dipendenti dall'ente
pubblico, a scopo di solidarietä,, e qui da osservare come
l'opinione accolta trovi conferma quando si metta a eon
fronto l'art. 504 con il precedente art. 503. Infatti la dif
ferenziazione operata dal legislatore penale fra l'ipotesi della generica pressione esercitata sulla pubblica autorita
e quella di sciopero politico mostra come la pressione stessa
debba apprezzarsi diversamente secondo che venga effet
tuata alio scopo di ottenere provvedimenti che attengono all'indirizzo generale del G over no (e quindi senza alcun
collegamento con l'ipotesi dell'art. 40), o invece altri i quali,
per essere suscettibili di incidere in modo diretto sul settore
del lavoro subordinato e sul rapporto che disciplina questo
ultimo, possono giovarsi della tutela costituzionale.
Per quanto poi riguarda la questione di costituzionalitä
dell'art. 505, che punisce lo sciopero indetto «soltanto »
per solidarietä con altri lavoratori, la Corte ritiene non
fondate le deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, secondo
cui lo sciopero sarebbe da considerare legittimo solo nel
caso che si inserisca in un conflitto determinato da motivi
contrattuali, e conseguentemente quando questi siano fatti
valere in confronto del datore di lavoro con il quale sus
siste il rapporto, dal quale solamente puõ ottenere soddi
sfazione la pretesa posta ad oggetto dello sciopero stesso.
Infatti non e contestabile la sussistenza di interessi
comuni a intere categorie di lavoratori; interessi che, ap
punto per questo loro carattere diffusivo, non potrebbero non risultare compromessi, sia pure in modo potenziale,
per tutti coloro che ne sono titolari, allorche abbiano subito
offesa anche solo in confronto a rapporti di lavoro di singoli o di gruppi limitati di lavoratori.
Pertanto la sospensione dal lavoro, la quale venga effet
tuata in appoggio a rivendicazioni di carattere economico
cui si rivolge uno sciopero gia in via di svolgimento, ad opera di lavoratori appartenenti alia stessa categoria dei primi
scioperanti, non puõ non trovare giustificazione ove sia
accertata l'affinita delle esigenze che motivano l'agita zione degli uni e degli altri, tale da fare fondatamente rite
nere che senza l'associazione di tutti in uno sforzo comune
esse rischiano di rimanere insoddisfatte.
£ poi questione di apprezzamento, da rilasciare al giu dice di merito, la verifica della sussistenza dei requisiti
menzionati, dovendosi argomentare nei singoli casi dalla
situazione di fatto la specie ed il grado del collegamento fra gli interessi economici di cui si invoca la soddisfazione
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 10
e, in relazione ad esso, determinare l'ampiezza da asse
gnare al oomplesso oategoriale formato dai titolari degli interessi stessi ; ampiezza ehe, com'e ovvio, poträ risultare
maggiore o minore a seconda della natura delle rivendi cazioni avanzate e delle eircostanze di tempo e di luogo in cui sono fatte valere.
Grli aspetti di incostituzionalita che si sono rilevati nel
confronti degli art. 330, 504 e 505 non possono perõ con durre ad una pronuneia ehe dichiari la loro illegittimitä. Ciõ perche le norme consacrate negli articoli stessi, data la genericitä delle loro formulazioni, racchiudono ipotesi di abbandono del lavoro alio scopo di turbarne la continuity o regolaritä, le quali, non rivestendo quei caratteri che si sono visti essere propri dello sciopero economico, non sono
sufficienti a sottrarre gli scioperanti alle sanzioni penali ivi previste.
Sicchö compete al giudice di merito disapplicare le norme ricordate in tutti quei casi rispetto ai quali l'accer tamento degli elementi di fatto conduca a far ritenere che lo sciopero costituisca valido esercizio del diritto garantito dall'art. 40, ed a rendere in conseguenza possibile l'applica zione dell'esimente di cui al cit. art. 51 cod. penale.
Per questi motivi, dichiara non fondata la questione di
legittimitä costituzionale degli art. 330, 504, 505 cod. pen., ai sensi e nei limiti risultanti dalla motivazione, salva la necessaria regolamentazione del diritto di sciopero, ai sensi del precetto consacrato nell'art. 40 della Costituzione.
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 20 dicembre 1962, n. 110 (Oazzetta ufficiale 22 dicembre 1962, n. 327) ; Pres. Ambrosini P., Re]. San dulli ; Sparacino e altri; interv. Pres. Cons, ministri
(Aw. dello Stato Chiaeotti).
Amnistia, imlullo c jjra/.ia — Indulto — Fa colt ä eon fi'ssa ai Presidente della Repubblica — Ineosti
tuzionalitä della normativa — Questione iiijon data (Costituzione della Repubblica, art. 79 ; 1. 10 lu
glio 1959 n. 459, delegazione ai Presidente della Repub blica per la concessione di amnistia e d'indulto, art. 2, ult. comma ; d. pres. 11 luglio 1959 n. 460, concessione di amnistia e d'indulto, art. 2, ult. comma).
E infondata la questione di legittimitä costituzionale dell'art. 2, ult. comma, della legge 10 luglio 1959 n. 459 e dell'art. 2, ult. comma, del decreto pres. 11 luglio 1959 n. 460, con il secondo'dei quali il Presidente della Eepubblica, giovandosi della facoltä conferitagli con la prima, non ha concesso
Vindulto per i reati previsti negli art. 416, 519, 520, 521, 531-536, 575, 628, 629 e 630 cod. pen., e nell'art. 3 della
legge 20 febbraio 1958 n. 75, in riferimento all'art. 79
della Oostituzione. (1)
La Corte, ecc. — La Corte e stata investita del giudizio di legittimitä costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 2
della legge 10 luglio 1959 n. 459, intitolata «delegazione al
Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia e di indulto » e dell'ultimo comma dell'art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica ] 1 luglio 1959 n. 460, intitolato « concessione di amnistia e indulto ».
Non puõ esser dubbio elie anclie quest'ultimo provvedi mento si a da considerare un « atto avente forza di legge», come tale suscettibile del sindacato della Corte costituzio
nale, ai sensi dell'art. 134 della Costituzione. Oltre alia na
tura di legge dell'atto del Parlamento, sulla base del quale deve procedersi, ai sensi dell'art. 79 della Costituzione, alia emanazione di provvedimenti di amnistia e indulto, e
al fatto clie la eitata disposizione costituzionale denomina
« delegazione » il contenuto di tale atto, appaiono decisive
(1) I'ordinanza 21 febbraio 1902 della Corte d'appello di Palermo e massimata in Foro it., 1962, II, 238, con nota di richiami.
in tali sensi due circostanze : la prima e ehe i provvedimenti di amnistia e indulto sono atti normativi destinati a ope rare nel campo dei reati e delle pene, clie la Costituzione ri
serva alia legge (art. 25) ; la seoonda e clie la formula del l'art. 79 e il risultato della elaborazione e semplificazione (non innovativa sul punto) di un testo, nel quale i provve dimenti in questione venivano espressamente indicati col nome di « deoreti legislativi». In effetti i provvedimenti di amnistia ed indulto adottati successivamente all'entrata in vigore della Costituzione sono stati posti in essere tutti
(compreso quello di eui si discute) nelle forme proprie dei decreti legislativi.
Nel merito, la Corte non ritiene fondata la questione di
legittimitä costituzionale sottopostale. Quest'ultima riguarda soltanto il fatto che con la legge
10 luglio 1959 n. 459, e precisamente con l'ultimo comma
dell'art. 2, sia stato consentito un potere di indulto sotto
certi profili «discrezionale ed autonomo ». Per decidere
tale questione e sufficiente dunque staMlire se l'art. 79
della Costituzione consenta alia legge clie disponga l'ado
zione di provvedimenti di amnistia e indulto di lasoiare
che, in sede di emanazione dei relativi deoreti legislativi,
venga esercitato un qualclie potere di scelta. Orbene, non
tanto e non soltanto dall'impiego, nell'art. 79, del concetto
di « delegazione », quanto dalle esigenze di tecnicismo e di
tempestivitä che, come risulta dalle discussioni parlamentari,
ispirarono l'Assemblea costituente a disporre che i provve dimenti di amnistia e indulto non fossero adottati dalle Ca
mere, ma « su legge di delegazione delle Camere », risulta
che il citato articolo intese sicuramente consentire che attra
verso i decreti legislativi di amnistia e indulto venisse eser
citato un qualche potere di scelta. Ove poi la questione sottoposta alia Corte dovesse
essere intesa nel senso che nel caso in esame la legge di dele
gazione avrebbe conferito un potere non adeguatamente
specificato e delimitato, essa sarebbe ugualmente infondata.
La Corte ritiene che anche le leggi di delegazione previ ste dall'art. 79 della Costituzione debbano contenere una
adeguata specificazione e delimitazione dei poteri conferiti.
Indipendentemente dalla assiniilabilita di esse alle leggi
previste dall'art. 76, ciõ discer.de da un principio cardinale
dell'ordine costituzionale vigente, in base al quale, nelle
materie riservate alia legge (come appunto la materia dei
reati e delle pene, dove operano i provvedimenti di amni
stia e indulto), il Parlamento, quando pur gli sia consen
tito di conferire poteri ad altri organi od enti, non puõ
operare tale conferimento se non con adeguata specifica zione e delimitazione dei poteri conferiti (come e stato
piü volte affermato da questa Corte a partire dalla sentenza
n. 4 del 1957, Foro it., 1957, I, 202, fino alle sentenze n. 35
del 1961, id., 1961, I, 1051, e n. 48 del 1961, ibid., 1278, e n. 5 del 1962, id., 1962, I, 404 e n. 54 del 1962, ibid.,
1074). Ciõ premesso, non puõ dirsi tuttavia che la legge 10 lu
glio 1959 n. 459 non abbia sufficientemente specificato e
delimitato il potere da essa delegato. Mentre escludeva
espressamente dall'indulto i reati militari e finanziari, essa dispose che il potere stesso venisse esercitato per la
generality, dei reati e fissõ l'entita massima delle misure
di clemenza, consentendo al decreto di attuazione una pos sibility di esclusione dell'indulto limitata a pochissime figure di reati: quelle prevedute negli art. 278, 416, 519, 520,
521, 575, 628, 629, 630 cod. pen., nonche negli art. da 531
a 536 stesso codice e nell'art. 3 legge 20 febbraio 1958
n. 75. Di tale limitato potere di scelta, il decreto del Presi
dente della Repubblica 11 luglio 1959 n. 460 si avvalse
poi accordando l'indulto per una soltanto delle figure di
reato per cui era stato consentito il potere di esclusione
(quella prevista dall'art. 278, riguardante 1'offesa all'onore
o al prestigio del Presidente della Repubblica). £ da tener presente che le figure delittuose, per le quali
fu accordato il potere di esclusione dall'indulto, possono essere raggruppate, a parte quella, giä, menzionata, per la
quale l'indulto fu concesso, in cinque categorie, compren denti una l'associazione a delinquere (art. 416), un'altra
I'omicidio (art. 575), e, le rimanenti, reati tra loro omogenei,
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