sentenza 28 gennaio 1986; Giud. Soresina; Teatro regionale toscano (Avv. Pecchioli) c. Crippa(Avv. Ferrari Bravo) e Mazzenga (Avv. Bompiani, Nicolodi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 9 (SETTEMBRE 1986), pp. 2339/2340-2343/2344Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23180681 .
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2339 PARTE PRIMA 2340
parti determinano un canone complessivo per l'intera durata del contratto e il frazionamento della solutio con scadenze periodiche ed importi crescenti, incidono sulla unitarietà del corrispettivo e
devono ritenersi contia legem-, 3) che le parti possano frazionare
il pagamento del canone annuale o unitario in scadenze periodiche ed in importi crescenti senza violare alcuna norma. Introducendo
l'aggiornamento annuale il legislatore del 1985 ha inteso attenuare la tutela — forse eccessiva— accordata agli interessi del condut tore dal divieto triennale di aggionamento; sta di fatto che, dopo l'entrata in vigore della recente legge, non sarà facile sostenere la
liceità delle clausole di differenziazione dei canoni, giacché gli « argomenti logici » e le risorse della « fantasia » di certi interpre ti avranno, rispettivamente, qualche « appiglio » e qualche « moti
vo di ispirazione » in meno di quelli loro offerti involontariamen te dal legislatore del 1978.
La clausola n. 3 del contratto de quo appare inficiata da nullità in forza dell'art. 79 1. n. 392/78, in quanto diretta ad attribuire alla
locatrice un vantaggio in contrasto con la norma imperativa di
cui all'art. 32, 1° comma, della stessa legge, che, se considera illecite le convenzioni con cui le parti indicizzano il canone prima dell'inizio del quarto anno della locazione, non giustifica, a
fortiori, le clausole che obbligano il conduttore a corrispondere nel secondo e nel terzo anno della locazione un canone superiore a quello corrisposto nel primo. Si tratta di una nullità parziale che, per il principio utile per inutile non vitiatur, comporta la
validità della clausola nella parte in cui fissa il canone del primo anno in lire 3.120.000, canone che deve rimanere invariato per i
primi tre anni dall'inizio della locazione; l'aggiornamento previsto nella stessa clausola a decorrere dal quarto anno opera conse
guentemente non sul canone differenziato del terzo anno (lire
3.720.000) ma sul canone del primo anno. (Omissis)
PRETURA DI FIRENZE; sentenza 28 gennaio 1986; Giud.
Soresina; Teatro regionale toscano (Avv. Pecchioli) c. Crippa
(Avv. Ferrari Bravo) e Mazzenga <Avv. Bompiani, Nicolodi).
PRETURA DI FIRENZE;
Contratto in genere — Contratto di scrittura artistica — C.d.
clausola di riscrittura — Natura onerosa — Necessità di
approvazione scritta « ad substantiam » — Fattispecie (Cod. civ., art. 1341; cod. proc. civ., art. 409).
La c.d. clausola di riscrittura, contenuta in un contratto di
scrittura artistica, con la quale l'artista si obblighi a fornire le
sue prestazioni anche per la stagione teatrale successiva a
richiesta e discrezione del teatro, restando a disposizione per un
periodo di tempo non esattamente predeterminato, costituisce
condizione generale particolarmente onerosa ai sensi dell'art.
1341 c.c. e, come tale, deve essere approvata specificamente per iscritto a pena d'invalidità (nella specie, la detta natura è stata
riconosciuta per la ricorrenza dei caratteri di generalità, di
unilaterale predisposizione da parte del teatro, di assenza di
trattativa con la controparte, di utilità per la sola parte
predisponente). (1)
(1) Non constano precedenti editi in termini. La clausola di proroga tacita del contratto, cui è riconducibile la
c.d. clausola di riscrittura dei contratti artistici, è stata qualificata come onerosa dalla giurisprudenza dell'ultimo ventennio: v. Pret. Milano 13 novembre 1979, Foro it., Rep. 1980, voce Contratto in
genere, n. 93 (sulla clausola di tacita rinnovazione del contratto di
assicurazione); Cass. 21 dicembre 1978, n. 6145, id., Rep. 1978, voce cit., n. 93 (con l'affermazione che la bilateralità e reciprocità degli effetti non esclude il carattere oneroso di una clausola); Cass. 16
giugno 1976, n. 2266, id., 1976, I, 2656, con nota di richiami, cui si rimanda anche per il precedente contrario orientamento.
In generale, sulla disposizione di cui all'art. 1341 c.c. (concetto di onerosità e modalità di sottoscrizione), cfr., da ultimo, Cass. 13
novembre 1984, n. 5721, id., Rep. 1984, voce cit., n. 137; 7 gennaio 1984, n. 103, id., 1984, I, 398, con nota di richiami, cui adde Trib. Piacenza 20 maggio 1982, id., 1982, I, 2623, con nota di richiami.
Sulla natura del lavoro artistico e sulla sua riconducibilità nella
categoria del lavoro autonomo o di quello subordinato, secondo l'effettivo contenuto del rapporto, v. Cass. 27 marzo i984, n. 2001, id.
Rep. 1984, voce Lavoro (rapporto), n. 431; Pret. Firenze 30 giugno 1982, id., 1983, I, 828, con nota di richiami, cui adde Pret. Bari 16
novembre 1981, id., Rep. 1984, voce cit., n. 435, e in Rass. dir. civ., 1983, 1161, con nota di Cocorullo; Pret. Roma 17 novembre 1979, Foro it., 1981, I, 1476, con nota di richiami.
Fatto e diritto. — Il 14 settembre 1985 il Teatro regionale toscano ricorreva separatamente per la condanna di Crippa e
Mazzenga al risarcimento del danno (nella misura ritenuta di
giustizia a carico di Crippa, e in lire 19.454.839 a carico di
Mazzenga), sull'assunto che costoro si erano resi inadempienti
all'obbligo di riscrittura per la ripresa dello spettacolo nella
stagione susseguente (per Mazzenga « prima parte » della stagio ne), contemplato da apposite clausole dei contratti di scrittura
rispettivamente sottoscritti in data 5 gennaio 1985 per lo spettaco lo « Commedia della seduzione »; ove Crippa aveva il ruolo
principale di Aurelie, andato in scena fino al 12 maggio 1985, e
in data 20 settembre 1983 per lo spettacolo « La donna sul
letto »; ove l'altro attore aveva diversi ruoli, e che andò in scena
dal 25 novembre 1983 al 1° aprile 1984; esso Teatro regionale toscano aveva comunicato ad entrambi, entro la data prevista del
30 giugno, la ripresa dello spettacolo, per i mesi di ottobre e
novembre 1985 per Crippa, e per il periodo 25 settembre -31
dicembre 1984 per Mazzenga, e il rifiuto di costoro aveva causato
seri danni, consistiti, nel primo caso, nella spesa per l'allestimento
di altro spettacolo, allo scopo di non perdere i contributi del
ministero competente, e, nel secondo, nell'esborso corrispondente al prolungamento delle prove per tre settimane, anziché per una, onde coprire i ruoli lasciati scoperti dal convenuto. Crippa e
Mazzenga si costituivano ritualmente, instando per la reiezione
della domanda del Teatro regionale toscano, in primo luogo per l'invalidità della clausola di riscrittura, perché vessatoria, e non
approvata specificamente per iscritto, ed inoltre, quanto alla
prima, per avere il Teatro regionale toscano comunicato una
ripresa di breve durata, non corrispondente alla previsione della
clausola, riferita alla stagione teatrale 1985/86 (o quantomeno a
parte rilevante di essa, di durata non inferiore alla primitiva
scrittura), e per l'impossibilità di riferire la ripresa allo stesso
spettacolo, attesa la sostituzione del protagonista Bentivegna Wal
ter, e l'incertezza in ordine alla partecipazione di altri attori
pricipali, come Zamparini Gabriella e Capolicchio Lino; per
Mazzenga si deduceva inoltre l'infondatezza della domanda anche
sotto il profilo della tempestività del diniego alla riscrittura, e
dunque della possibilità di provvedere tempestivamente alla sosti
tuzione; entrambi i convenuti contestavano infine la verificazione
di un pregiudizio, tantomeno nella misura lamentata dal Teatro
regionale toscano. Nell'udienza del 19 novembre 1985 le due
cause erano riunite per identità di questioni in fatto e in diritto;
indi, tentata senza esito la conciliazione, le parti erano liberamen
te interrogate; era poi discussa la questione preliminare di merito
concernente la validità o meno della clausola di cui si tratta, ed
era pronunciata la presente sentenza. Deve essere esaminato,
anzitutto, il punto relativo all'essere la clausola inserita, o meno, entro condizioni generali di contratto, predisposte dal contraente — il Teatro regionale toscano — che di essa ha inteso awaleresi: solo all'esito positivo di tale esame sarà da vedere se si configuri in effetti condizione del tipo di quelle indicate (con elencazione
tassativa: cfr. Cass. 18 dicembre 1973, n. 128, Foro it., Rep. 1973, voce Contratto in genere, n. 128; 12 febbraio 1973, n. 431, ibid., n. 136; sez. un. 27 marzo 1972, ibid., voce Giurisdizione civi
le, nn. 36, 59, 194) dall'art. 1341, 2° comma; diversamente, e cioè al
di fuori di condizioni generali di contratto, così come se la clausola
fosse stata oggetto di trattative specifiche, non sarebbe infatti
richiesto il requisito formale di validità, di cui alla disposizione citata. Non è infatti da condividere l'isolata opinione (Trib. Firenze 30 dicembre 1960, id., Rep. 1961, voce Obbligazioni e
contratti, n. 147) secondo cui l'espressione «in ogni caso», con
cui si apre il 2° comma dell'art. 1341, sarebbe da intendere come
riferita all'ipotesi in cui, pur mancando le condizioni generali, tuttavia un contraente avesse predisposto nei confronti dell'altro
la clausola onerosa: pare evidente — ed è questa l'opinione consolidata — che l'inciso sta a significare l'insufficienza, ai fini
della validità della clausola onerosa predisposta dall'uno nei
confronti dell'altro contraente, della sua conoscenza o conoscibili
tà con l'ordinaria diligenza, e la necessità, pure in tali casi, della
forma stipulatoria diretta a garantire (o almeno a consentire)
l'adeguata ponderazione della parte non predisponente (a fronte
dell'iti quod plerumque accidit, circa la diminuita oculatezza
esercitata da chi aderisce a regolazioni generali precostituite da
altri). Ciò posto, si osserva, in tema di condizioni generali, che
esse esprimono l'intento del predisponente di regolare in modo uniforme una serie molteplice di rapporti, e ciò sia negli elementi
essenziali, cosi da esaurire il contenuto del contratto, sia anche
nei soli elementi accessori, che tuttavia il predisponente ritenga necessario di disciplinare uniformemente, per sue particolari esi
genze. Si tratta dunque, come è stato posto in rilievo dalla
Il Foro Italiano — 1986.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dottrina, di dato soggettivo, attinente al momento genetico del
contratto, nel quale, alla volontà di regolazione uniforme propria
del soggetto predisponente, fa riscontro un atteggiamento — meno
volitivo e peraltro riconosciuto dal legislatore nel concreto atteg
giarsi della vita di relazione — di conformazione o adesione. Può
ben verificarsi, come sopra si è accennato, che per alcune clausole
vi sia una normale contrattualità, espressa con le trattative e che
per altre si verifichi invece adesione ad una regolazione precosti
tuita dal soggetto la cui attività contrattuale si dirige verso una
serie indeterminata — o quantomeno plurima — di contraenti.
Può quindi verificarsi, senza che abbia a snaturarsi la generalità
delle condizioni, che il testo contrattuale sia solo in parte
predisposto, e magari che esso venga integralmente scritto per
l'occasione, proprio in considerazione del sottolineato rilievo del
l'elemento soggettivo (mentre guarda all'aspetto cartolare il di
sposto dell'art. 1342), rappresentato dalla volontà di regolare
unilateralmente, uniformemente e in via di generalità una serie
molteplice di rapporti o specifici aspetti di essi, con previsione (o
previsioni) di carattere rigido. Queste dunque le caratteristiche da
rinvenirsi nelle condizioni generali, con l'avvertenza che esse
possono anche esaurirsi nella data clausola pericolosa o onerosa,
che al predisponente precipuamente interessi di disciplinare in
modo uniforme. Come è ovvio l'unilateralità (« ... predisposte da
uno dei contraenti... nei confronti dell'altro ... ») viene meno
(non già in quei casi in cui il predisponente sia insuscettibile di es
sere definito come contraente forte, a fronte del debole costretto a
aderire: per lo più rifiutandosi la tesi che riferisce l'adesione ad
una posizione di sudditanza economica o di altro tipo, per i fini
di cui alla norma dell'art. 1341) allorché il regolamento contrat
tuale sia frutto della coperazione e discussione tra le parti; invero
la trattativa esclude la predisposizione unilaterale, allorché tale
effettivamente risulti, per le tracce che di essa è dato reperire nel
contratto, le quali rivelino l'influenza della volontà di entrambi i
contraenti. A tale proposito è tuttavia da notare, rammentando
quanto già rilevato in ordine alla possibilità che vi sia una sola
condizione generale, quella accessoria, pericolosa o onerosa ex art.
1341, 2° comma, che la giurisprudenza (v. Cass. 15 giugno 1979,
n. 3373, id., Rep. 1980, voce Contratto in genere, n. 83; 12
gennaio 1979, n. 248, id., Rep. 1979, voce cit., n. 124; 15
settembre 1977, n. 3983, ibid., voce Giurisdizione civile, n. 57) limi
ta l'influenza delle trattative precedenti l'accordo alle sole clausole
che siano state oggetto di discussione: cosicché il requisito di
validità della clausola onerosa, di cui all'art. 1341, 2° comma,
resterà inoperante solo nel caso che le trattative abbiano spe
cificamente investito detta clausola, in modo da determinare
adeguata riflessione nell'aderente, e da raggiungere quindi di per
sé lo scopo che il legislatore assegna alla specifica approvazione
per iscritto. Nelle due clausole di riscrittura, di cui si discute,
sono agevolmente riscontrabili gli elementi richiesti per la loro
qualificazione come condizioni generali particolarmente onerose:
quanto ai caratteri della generalità e della predisposizione unilate
rale, gli stessi sono agevolmente riscontrabili, sol che si ponga
mente alla necessità, per l'organizzazione teatrale che procede alla
scrittura degli attori per il dato spettacolo, di assicurarsi la
presenza e le prestazioni di costoro, nei luoghi e nei tempi in cui
essa organizzazione riterrà (una volta procuratasi la disponibilità
del regista) di mandare in scena lo spettacolo. Non a caso il
rappresentante del Teatro regionale toscano, liberamente interro
gato, ha parlato di discussione sulla paga, in prova e per le
rappresentazioni, sul camerino, sulla scritta sui manifesti,
ma non ha accennato a discussione sui punti della durata
della rappresentazione, del numero delle repliche, della eventuale
ripresa nella successiva stagione teatrale. La generalità è dunque
insita nel tipo dell'attività svolta, e nella funzione dei contratti
di scrittura, diretti ad assicurare le simultanee prestazioni di un
rilevante numero di soggetti contraenti con il teatro, oltre agli
attori, e cioè il regista, l'aiuto-regista, lo scenografo, il costumista,
la sarta, il truccatore, il suggeritore, il trovarobe, i musicisti o il
tecnico del suono, i generici, ed altre figure necessarie per la
rappresentazione teatrale. Né è da dubitarsi che le clausole
relative, ivi compresa quella inerente alla ripresa dello spettacolo
nella stagione seguente, fossero unilateralmente predisposte dal
Teatro regionale toscano: si è già visto, a tale riguardo, che la
trattativa con le persone da ingaggiare verteva su punti diversi da
quelli in esame; si aggiunge ora che, raggiunto l'accordo sui
menzionati elementi della paga, del camerino, dei caratteri del
nome sul manifesto, era il Teatro regionale toscano a stendere il
testo della scrittura, valendosi o meno (come si è sopra sottolinea
to, la circostanza dell'uso di moduli non rileva, integrando,
semmai, la diversa ipotesi di cui all'art. 1342 c.c.) di testi
prestampati, come ebbe a fare per la scrittura di Mazzenga. Di
una qualsiasi trattativa sul periodo di messa in scena manca la
sia pur minima prova: ma non basta, poiché la clausola di
ripresa, di cui qui si discute, reca in sé, naturaliter, la dimostra
zione della unilateralità, nel momento in cui rimette alla determi
nazione discrezionale del Teatro regione toscano la prosecuzione, 0 meno, delle rappresentazioni nella susseguente stagione, pre vedendo allo scopo un ampio termine (per Crippa successivo di
quarantanove, e per Mazzenga di novantun giorni, rispetto alla fine del periodo di scrittura), per la relativa manifestazione di volontà. È perfino banale osservare come un cotale diritto pote stativo possa trovare posto in un contratto solo ad iniziativa della
parte in cui favore è stabilito, tanto più ove si consideri l'inde terminatezza della durata dell'eventuale ripresa, per Mazzenga la 1 prima parte
' della stagione 1984-85, e per Crippa la previsione
della riscrittura « nella stagione teatrale 1985-86 » (dizione, questa, tanto vaga da consentire di ipotizzare la ripresa per una sola
serata, o, al contrario, per l'intera stagione teatrale oggi in corso). La molteplicità dei destinatari, l'unilateralità della predisposizione della clausola e la finalità o funzione della stessa (assicurare, si è
visto, la compresenza dei soggetti scritturati), la sua « normalità »
(come afferamato dal Teatro regionale toscano nell'interrogatorio), tali caratteristiche, dunque, contengono in sé l'ulteriore requisito, sottolineato da dottrina e giurisprudenza, dell'uniformità-rigidezza, del resto evidenziata anche dalle parole usate, che, salvo quelle sopra virgolettate, sono identiche nelle due scritture, relative a
spettacoli diversi, messi in scena in stagioni diverse. Per la
compresenza di attori, tecnici ad altre figure necessarie per andare in scena, era invero imprescindibile una previsione di riscrittura uguale per tutti. La difesa del Teatro regionale toscano ha fatto leva sulla circostanza che il Bentivegna Walter rifiutò la
clausola in esame, senza per questo vedersi negare la prima scrittura; ha aggiunto che trattasi, in entrambi i casi, di attori di fama e non di comparse, quindi di personalità del teatro, dotate di un rilevante potere contrattuale. Ma si tratta di argomenti che, al di là della indubbia suggestione, tuttavia non trovano agganci nella previsione dell'art. 1341, il quale richiede solo elementi, già positivamente verificati, della generalità delle condizioni, e della
predisposizione unilaterale, vale a dire elementi dei quali la
soggezione economica costituisce un prius solo eventuale, pur se
frequente, e tale da motivare socialmente, in numerosi casi, l'adesione a simili condizioni. Quello che conta, al fine di fare scattare la tutela giuridica di cui al 1° e al 2° comma dell'artico
lo, è l'eventualità della non conoscenza (o non conoscibilità
neppure con l'ordinaria diligenza) delle condizioni generali unila
terali, e, rispettivamente, della non ponderazione di quelle perico lose. Ciò prescinde da imposizioni o vessazioni (non a caso la
dottrina più avvertita ha abbandonato, nel parlare delle clausole
di cui al 2° comma, la locuzione « vessatorie »). Pertanto, a fronte
del significato oggettivo di tali elementi, a nulla rileva la circo
stanza che uno o più, tra i numerosi stipulanti la scrittura e
relativa clausola di ripresa, abbia, in virtù di particolari scrupolo e vigilanza, riflettuto sulla clausola, si da indursi a respingerla. La
legge, infatti, guarda per gli effetti di cui al 1° comma alla
diligenza media, e non a quella massima, e richiede in ogni caso
la forma ad substantiam della specifica sottoscrizione per quanto è contemplato dal 2° comma. Venendo infine al raffronto tra la
clausola di riscrittura, e le previsioni tassative dell'art. 1341, 2'
comma, si deve riconoscere che essa configura, come sostenuto
dai convenuti, una rilevante restrizione alla libertà contrattuale
nei rapporti con i terzi: e ciò non solo sotto il profilo dell'impos
sibilità, per i due attori, di addivenire a scritture con altri teatri — e neppure a trattative di una qualche serietà — fino allo
spirare del termine riservatosi dal Teatro regionale toscano per manifestare potestativamente la volontà di proseguire le rappre
sentazioni nella seguente stagione (e si è visto che i convenuti
erano costretti dalla clausola a rimanere in attesa passiva fino
all'estate, dopo avere cessato le rappresentazioni addirittura mesi
prima), ma anche per la eventualità, rimessa alla discrezione del
Teatro regionale toscano, che poche settimane di repliche avessero
a pregiudicare scritture per più lunghi periodi presso altri enti
teatrali. Ove poi si osservi come la proroga e la rinnovazione
tacite siano ritenute pericolose dalla norma, tanto più è dato
riscontrare la onerosità e pericolosità nella clausola di cui si
tratta: per tali clausole, invero, il permanere del vincolo è
pianamente e tempestivamente verificato, attraverso la silenziosa
scadenza del termine originario; nella specie, al contrario, i due
attori venivano costretti all'incertezza — collegata alla discrezio
nalità del Teatro regionale toscano — per un periodo rilevante,
successivo allo spirare del termine previsto nella scrittura; periodo
Il Foro Italiano — 1986 — Parte 7-152.
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2343 PARTE PRIMA 2344
nel quale al loro restar vincolati alla attesa della possibile manifestazione di volontà dell'altra parte non faceva riscontro
alcun beneficio contrattuale, per essere in tale fase inoperante il
sinallagma creato dalla scrittura, meno che per l'opportunità riser
vatasi dal teatro. Ci si trova quindi di fronte a clausole onerose, aventi le ulteriori caratteristiche di cui al 1° comma dell'art. 1341, e che non sono state specificamente approvate per iscritto. Le
stesse sono quindi nulle per mancanza della forma prevista ad
substantiam, conseguendone l'infondatezza delle domande del Teatro regionale toscano, fondate appunto sul dedotto inadempi mento dei due convenuti all'obbligo derivante da simili condizio ni. La controvertibilità della questione (si veda il verbale del ' comitato sindacale per il teatro ', il quale ritenne l'inadempienza
del Mazzenga, cosi confortando in qualche misura l'azione giudi ziaria del Teatro regionale toscano, pur sulla base di un inatten dibile inquadramento della clausola come ' diritto d'opzione ', trattandosi invece di condizione inserita in un regolamento con
trattuale, intesa a disciplinarne il riprodursi degli effetti per il
futuro) induce a ravvisare l'esistenza di giusti motivi per l'inte
grale compensazione delle spese defensionali tra le parti.
PRETURA DI ROMA; ordinanza 9 gennaio 1986; Giud. Fan
celli; Steffensen c. Codraro.
PRETURA DI ROMA;
Provvedimenti di urgenza — Separazione di coniugi — Modifica
delle condizioni relative all'affidamento dei figli — Inammissi
bilità (Cod. proc. civ., art. 700).
È inammissibile la richiesta di provvedimento di urgenza per mo
dificare le condizioni della separazione personale relativamente
all'affidamento dei figli, in quanto non sussiste il diritto sog
gettivo dei genitori all'affidamento della prole, che giustifica
l'applicazione dell'art. 700 c.p.c. (1)
(1) Conformemente all'ordinanza qui riportata, ha escluso l'applica zione dei provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. in materia di
rapporti tra coniugi relativamente all'affidamento della prole, durante o dopo il procedimento di separazione, Pret. Napoli 13 luglio 1981, Foro it., Rep. 1982, voce Provvedimenti d'urgenza, n. 104. Ma l'orientamento prevalente è in senso contrario: cfr. Trib. Genova 20
gennaio 1982, id., Rep. 1983, voce Separazione di coniugi, n. 86; Trib.
Napoli 10 dicembre 1981, id., 1982, I, 2952, con nota di richiami, cui adde Pre!. Bologna 28 luglio 1979, id., Rep. 198 i. voce Provvedimenti
d'urgenza, n. 173. Va peraltro sottolineato che queste tre decisioni, nel risolvere
positivamente il problema dell'ammissibilità di un provvedimento d'ur
genza per la modifica delle statuizioni sull'affidamento dei figli di
coniugi separati, hanno trascurato l'esame della questione inerente alla sussistenza del diritto soggettivo del genitore ricorrente, che nell'ordi nanza del Pretore di Roma risulta invece decisiva; le tre ordinanza citate sono pervenute al medesimo risultato positivo dopo aver affron tato problemi giuridici diversi e cioè rispettivamente: a) il Tribunale di Genova ha superato l'ostacolo dell'inammissibilità del procedimento ex art. 700 c.p.c., in questa materia, data l'esistenza di altri strumenti cautelari volti allo stesso fine (nella specie: il potere del g.i. ex art.
708, ult. comma, c.p.c. di modificare l'ordinanza presidenziale); b) il
collegio partenopeo si è posto il problema se il provvedimento cautelare ex art. 700 debba esclusivamente conservare lo stato di fatto attuale o possa anche essere diretto al mutamento dello stato di fatto
quando il suo perdurare potrebbe rendere inoperante la successiva decisione di merito (richiamando comunque in motivazione il principio in base al quale « l'affidamento deve essere deciso * con esclusivo riferimento all'interesse, morale e materiale ' della piole e che, quindi, esso non costituisce un diritto dell'uno o dell'altro genitore, bensì un munus »); c) il Pretore di Bologna si è occupato in particolare della
competenza del tribunale per i minori (che, ex art. 336, ult. comma, c.c., ha poteri di intervento d'urgenza tali da escludere il ricorso all'art. 700 c.p.c.) ovvero del tribunale ordinario in materia di revisione delle disposizioni circa l'affidamento della prole assunte in sede di separazione personale tra i coniugi.
L'esistenza di un « diritto » nei confronti dei figli è stata affermata
da Cass. 20 gennaio 1978, n. 259, id., Rep. 1978, voce Matrimonio, n.
151, secondo cui la circostanza che in caso di separazione o di
divorzio, il genitore cui non sia stata affidata la prole conserva il
diritto-dovere di vigilare e collaborare allo sviluppo fisico e psichico dei figli nonché alla loro educazione ed istruzione limita in qualche modo il potere discrezionale del giudice relativamente ai provvedimenti sui figli.
Sotto altro profilo il problema della ricorrenza di contrapposti « diritti dei genitori » all'affidamento dei figli minori è sorto in
relazione alla ricorribilità per cassazione del decreto della corte
d'appello emesso in sede di reclamo avverso il provvedimento del
Fatto. — Con ricorso depositato in cancelleria il 14 febbraio
1985 Ulla Hagen Steffensen esponeva quanto segue: 1) di essere
consensualmente separata dal marito Codraro Natale, come dal
verbale del 13 maggio 1983, omologato il 15 giugno 1983; 2) che
tra le condizioni della separazione era previsto che i figli Fran
cesco e Stefania, nati dalla predetta unione, venissero affidati al
padre, il quale avrebbe provveduto al loro mantenimento e inoltre
che la casa coniugale di via Raffaele de Cosa n. 68 dovesse restare affidata al marito; 3) che circa due mesi dopo la separa zione consensuale la figlia Stefania era andata a vivere con la stessa esponente e che l'altro figlio aveva più volte manifestato il
desiderio e la necessità di essere affidato alla madre a causa del
negligente comportamento del padre nei suoi confronti; 4) che il
marito, impiegato presso le Ferrovie dello Stato, aveva rifiutato il
consenso all'affidamento del figlio Francesco alla madre e, negli ultimi mesi, non aveva corrisposto l'assegno mensile di lire
150.000 per il mantenimento della figlia, con grave pregiudizio per la continuazione degli studi da parte di quest'ultima; 5) che il
marito aveva acquistato la proprietà di un appartamento. Tutto ciò premesso e sul presupposto dei gravissimi e irreparabili danni
cagionati ai figli dalla condotta paterna, la ricorrente faceva istanza a questo pretore, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., per ottenere, nell'esclusivo interesse dei figli, la modifica delle condizioni di
separazione e, in particolare, l'affidamento del minore Francesco,
l'assegnazione della casa coniugale di via Raffaele de Cosa, nonché la determinazione della misura dell'assegno di manteni
mento per i figli da porsi a carico del padre. Si costituiva ritualmente il resistente eccependo in via pregiudi
ziale l'incompetenza del giudice adito, per essere la controversia
di competenza del tribunale ratione materiae e chiedendo in via
subordinata il rigetto del ricorso, per essere lo stesso inammissbile
e, comunque, infondato.
All'udienza del 17 dicembre 1985, acquisito l'interrogatorio libero di entrambe le parti, veniva espletata una breve istruttoria
con l'assunzione di sommarie informazioni testimoniali, dopo di
che il giudicante si riservava ordinanza.
Diritto. — L'eccezione pregiudiziale proposta dalla difesa del
resistente è infondata e va respinta. E infatti, se è vero che la
competenza a decidere sulla richiesta di modifica delle condizioni
della separazione consensuale tra coniugi (e in particolare quelle relative all'affidamento dei figli e all'assegno di mantenimento)
spetta al tribunale ordinario ex art. 710 e 711, ult. comma, c.p.c. e art. 38 disp. att. c.c. (vedi Cass., sez. un., 2 marzo 1983, n. 1551
Foro it., Rep. 1983, voce Competenza civile, n. 22, che ha risolto
un grave conflitto di giurisprudenza su tale problema), è altresì
vero che il potere di emanare i provvedimenti di urgenza ai sensi
dell'art. 700 c.p.c. è attribuito in ogni caso, se non vi è causa
pendente nel merito, al pretore (art. 701 c.p.c.). Il carattere
tribunale per i minorenni in tema di potestà dei genitori (art. 333
c.c.): cfr. nel senso dell'ammissibilità del ricorso Cass. 16 giugno 1983, n. 4128, Foro it., Rep. 1983, voce Potestà dei genitori, n. 11; 24 febbraio 1981, n. 1115, id., 1982, I, V144, con nota di A. Jìnnarelli; 17 ottobre 1980, n. 5594, id., 1981, 1, 69, con nota di G. Salmè. Contra: Cass. 21 febbraio 1983, n. 1306, id., Rep. 1983, voce cit., n.
12; 28 aprile 1982, n. 2643, id., Rep. 1982, voce cit., n. 21. Cfr. inoltre A. Lugo-G. Gualtieri, in Rassegna di giurisprudenza
sul codice di procedura civile, diretta da M. Stella Richter, Libro
IV, Milano, 1968, 478 ss., nonché G. Gualtieri, in Appendice di
aggiornamento, Milano, 1973, III, 1883, cui si rinvia per i riferimenti
giurisprudenziali relativi alla discussa questione dell'ammissibilità di
provvedimenti d'urgenza a tutela di un diritto che sorgerà solo in
conseguenza di una sentenza costitutiva o, comunque, non ancora sorto.
Da segnalare, infine, la recente ordinanza emessa da Trib. Genova 26 settembre 1984, Dir. famiglia, 1985, 25, con nota di M. G. Branca, che ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 24 e 30 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 708
c.p.c., in relazione all'art. 155 c.c., nella parte in cui non prevede la nomina di un curatore speciale che rappresenti in giudizio il minore, figlio di genitori separandi, in ordine alla pronuncia sull'affidamento della prole e ad ogni altro provvedimento che la prole stessa riguardi.
In dottrina cfr., di recente, G. Manera, Il minore come soggetto di
diritti, ossia rilevanza della sua volontà nell'affidamento ad uno dei
genitori, in Giur. merito, 1983, I, 360 (nota a Trib. Napoli 10 dicembre 1981, cit.), che propone un'interessante articolazione tra i doveri (i munera su cui dottrina e giurisprudenza fondano l'essenza della potestà) e i diritti dei genitori in ordine all'affidamento dei minori e M. Doguotti, Revisione delle disposizi:m sull'a'fidamente) della prole tra tribunale minorile e tribunale ordinario, in Giur.
merito, 1981, I, 981 (nota a Pret. Bologna 28 luglio 1979, cit.), che esamina anche il problema, affrontato nella motivazione dell'ordinanza
riportata, dell'adozione del rito camerale nei procedimenti ex art. 710
c.p.c. in rapporto all'ammissibilità della tutela atipica d'urgenza.
Il Foro Italiano — 1986.
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