Sentenza 28 giugno 1962; Pres. Grechi P., Est. Manna; Caruso (Avv. Valori, Alfieri) c. Casa ed.Nerbini (Avv. Mercaldo, Viviani della Robbia)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 10 (1962), pp. 1993/1994-1995/1996Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150844 .
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GIURIŠPRUDENZA CÖSTITUZIONÄLE E ClVlI.12
che int'ine 1'obbligo fatto ai presidente (li procedere, una
volta dati i provvedimenti temporanei ed urgenti ehe
reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, alla nomina del giudice istruttore ed alla fissazione del
1'udienza di comparizione delle parti davanti a questo, mostrano 1'ampiezza ed ai tempo stesso i limiti del prov
vedimento, la eui emissione e subordinata alla condizione
ohe il coniuge convenuto a norma dell'art. 706 non sia
comparso o che la coneiliazione tentata dal presidente non abbia avuto buon esito.
Viceversa l'ordinanza di cui all'art. 446 eod. eiv. e
estranea al partieolare prooedimento di separazione dei
coniugi regolato dagli art. 706 e segg. cod. proc. civ., giac chfe rientra genericamente nell'ordinario giudizio per pre stazione di alimenti pure avendo la specifica finalitä (ciõ che lo avvicina all'ordinanza ex art. 708) di tutelare prov visoriamente l'interesse dell'alimentando (che non e neces
sariamente il coniuge), in attesa che una statuizione defi
nitiva venga a determinare come ed in quale misura (il
quomodo ed il quantum) l'obbligazione alimentare debba
essere soddisfatta.
I due provvedimenti presuppongono pertanto situa
zioni differenti tra loro, che mentre quello dell'art. 708
esige ehe sia stata gia proposta domanda di separazione
personale ai sensi dell'art. 706 e che, per la mancata com
parizione del coniuge convenuto ovvero per la non riuscita
coneiliazione, il presidente non abbia avuto la possibilita di ottenere che le parti si accordassero su un modus vivendi
idoneo a conciliare gli opposti interessi, compresi quelli della prole, quello dell'art. 446 cod. civ. prescinde, vice
versa, dalla pendenza del giudizio di separazione e viene
a far parte, in esso inserendosi incidentalmente, dell'ordi
nario giudizio di cognizione promosso nei confronti del
l'obbligato da colui che pretende d'aver diritto alia corre
sponsione degli alimenti.
Senza dire poi che altra differenza tra l'uno e l'altro
provvedimento e eostituita dal fatto che mentre il primo,
quello dell'art. 708, e di competenza esclusiva del presi dente del tribunale, in considerazione evidentemente della
materia su eui verte o alia quale e intimamente connesso, nonche del partieolare momento in cui viene emanato, il
secondo, quello dell'art. 446, puõ essere viceversa indif
ferentemente emesso dal pretore e dal presidente del tri
bunale, secondo le ordinarie regole di competenza. L'ordinanza presidenziale del 15 gennaio, in virtu della
quale la Di Domenico ha intimato preeetto al proprio
marito, non puõ quindi, in quanto emessa ai sensi dell'art.
446, sottrarsi alia dichiarazione d'inefficacia conseguente alia intervenuta estinzione del processo ordinario di cogni zione nel corso del quale e stata pronunciata. Essa e venuta
a regolare, modificandolo parzialmente nella misura del
l'assegno alimentare dovuto alia richiedente, un rapporto ehe aveva gia una sua precedente disciplina giudiziaria :
il che la differenzia nettamente dall'ordinanza di cui
all'art. 708, rispetto alia quale la deroga introdotta dal
l'art. 189 disp. att. trova la sua giustificazione nella ecce
zionalita della situazione, caratterizzata dalla urgenza e
dalla indilazionabilita.
Forse sul piano strettamente sistematico sarebbe stato
molto piu corretto che nel cliiedere l'aumento dell'assegno alimentare la Di Domenico avesse richiamato gli art. 710, 1° comma, e 711, ult. comma, cod proc. civ. (che prevedono la modificabilitä delle condizioni di separazione a seconda
che questa sia stata rispettivamente disposta con sentenza
o sia stata consensualmente attuata), e che, correlativa
mente, l'ordinanza presidenziale, data la qualitä dei sog
getti (coniugi) e la natura del rapporto su cui veniva ad
incidere, fosse stata a sua volta emessa ai sensi degli arti
coli predetti invece che a norma dell'art. 446 cod. civile.
Ma, agli effetti della decisione sull'efficacia del prov
vedimento, o per dir meglio sulla sopravvivenza di questo alia intervenuta estinzione del processo, la conclusione non
sarebbe affatto mutata, essendo indubbio che i suddetti
due articoli, con lo stabilire che le richieste di modifiche
debbono essere proposte « con le forme del processo ordi
nario i>, escludono perentoriamente ogni possibility di
applicant il precedente art,. 708 rendendo di conseguenza inapplicabile anclie l'art. 189 disp. att., clie a questo, ed a questo soltanto, si riferisce.
Venuta meno l'efficacia esecutiva del titolo in base al
quale era stato a suo tempo intimato, devesi pertanto, in
aecoglimento dell'opposizione proposta da Pisani Auguato, dichiarare nullo ed inefficace il precetto 6 agosto 1960.
Per questi motivi, eee.
COHTE D'APPELLO DI FIBENZE,
Sentenza 28 giugno 1962 ; Pres. Grechi P., Est. Manna ; Caruso (Aw. Valori, Alfieei) c. Casa ed. Nerbini
(Ayv. Mercaldo, Viviani della Robbia).
Impresa coopcrativa — Societa cooperativa — Iseri
zione nel refjistro delle societa — Omissione —
Eflctli (Cod. civ., art. 2331, 2297, 2519).
Uomessa iscrizione nel registro delle imprese delVatto costitu tivo di una societa cooperativa, che pur era stato omohgato, determina la responsabilitä solidale ed illimitata di tutti i soci. (1)
La Corte, ecc. — Con atto 13 dicembre 1955 del notaio
Ferlito di Catania venne costituita la « Societa cooperativa a responsabilita limitata S. Lucia » avente lo scopo commer ciale della distribuzione diretta di giornali e riviste, della
vendita di dette pubblicazioni a mezzo dei soci ed altre
attivita affini. II Caruso libraio ne fu socio fondatore e
venne eletto dal consiglio di amministrazione presidente. L'atto costitutivo fu omologato dal Tribunale di Ca
tania il 30 luglio 1956, con decreto clie ne ordinava l'iscri
zione e la pubblicazione a norma di legge. Ma nessuna
iscrizione venne mai eseguita, ne sul registro delle imprese ne presso la Camera di commercio.
Conseguentemente, la Santa Lucia, ai sensi dell'art. 2331
cod. civ.,non ha mai acquistato personalita giuridica ed e
rimasta una societa di persone, rapportabile alia forma
della societa in nome collettivo, nella quale tutti i soci
rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbliga zioni sociali (art. 2291 cod. civile).
£ appena il caso di chiarire clie nella S. Lucia non po trebbe ravvisarsi una societa semplice, dato il suo scopo commerciale (art. 2249, parte prima, cod. civ.), e neppure una accomandita semplice, mancando una qualsiasi divisione
dei soci in accomandatari e accomandanti (art. 2313 cod.
civile). E quando la societa in nome collettivo non 6 iscritta
nel registro delle imprese, i suoi rapporti con i terzi sono
regolati dalle disposizioni relative alle societa semplici, ferma restando la responsabilitä illimitata e solidale di
tutti i soci (art. 2297 cod. civile). II Caruso si dimise da socio della S. Lucia il 22 gennaio
1957, ma lo comunicõ alia Nerbini oltre un anno dopo, e
precisamente il 7 marzo 1958 ; ne diede al suo recesso una
(1) Nello stesso senso Verrucoi.1, La societa, cooperativa, Milano, 1958, pag. 241.
In argomento, v. Brünetti, Trattalo del diritto delle soeietä, Milano, 1950, III, pag. 356, che esclude la possibility di esistenza di cooperative irregolari; nello stesso senso e 1'Agrõ, Si puö parlare di soeietä cooperative irregolari ?, in Riv. coop., 1951, 713.
Per la responsabilitä, di chi ha agito si pronunzia il Sotgia, La registrazione delle soeietä cooperative ed i suoi effetti giuridici, in Nuova riv. dir. comm., 1954, 83.
Par rinammissibilitä di soeietä per azioni irregolari, v. Cass.
27 maggio 1900, n. 1371, Foroit., Rep. 1960, voce Societa, n. 221 ; 22 gennaio 1958, n. 131, id., 1959, I, 456 ; 28 luglio 1956, n. 294(1,
id., 1956, I, 1804, con nota di richiami, cui adde Frž:, in Com
mentario a cura di A. Scialoja e G*. Branca, 1961, pag. 79 e
87, sub art. 1331. Sulla responsabilitä del socio receduto da society collet
tiva irregolare, cui par si riFerisce la sentenza riportata, v.
Cass. 27 gennaio 1962, n. 105, infra, 2030, con oss -rvazioni di
Andrioli.
Il Foro Italia.no — Volume LXXXV — Parte 1-127.
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1ÖÕ5 PARTE PRIMA 1996
q*al*iaBi pubblicit^ oie potesae essere oonosciuta dai terzi
e fosse quindi ad essi opponibile (art. 2290 eod. civile). E poichä le forniture, delle quali 6 stato chiesto il pa
gamento, risalgono al giugno-ottobre 1957, il Caruso ri
sponde dell'obbligazione sociale come socio, nulla rilevando
ehe egli abbia comunicato alia Nerbini I'll febbraio 1957
le sue dimissioni da presidente ed abbia raccomandato
prudenza nelle future trattative con i nuovi amministratori.
Ed anche sotto il profilo del comportamento incauto
clie la fornitrice avrebbe tenuto, non va dimenticato clie
proprio il Caruso, di fronte alia raccomandata espressa 18
ottobre 1957, con la quale la Nerbini protestava nei con
fronti della Cooperativa per i mancati pagamenti della
merce ricevuta e presumibilmente venduta (perclie non
restituita) e minacciava perfino denunce penali e azioni
civili « contro i componenti della Cooperativa », rispose il
23 successivo tranquillizzando sulle rese e sui versamenti
in danaro e aggiungendo : « Riguardo al mancato arrivo
dei fascicoli della Storia d'ltalia, Yi consiglio nel Vostro in
teresse di non ritardarne l'invio, essendo molto richiesti».
Egli, dunque, indusse la Nerbini a riprendere le spedizioni ehe aveva sospeso, e non puõ coerentemente addebitarle
di avere agito in modo imprudente. Ed b strana la posizione del Caruso, il quale, non piu
presidente, ne consigliere, ne socio della «Cooperativa» fin dal 22 gennaio 1957, continua ad interessarsi dei rap
porti «Cooperativa »-Nerbini ancora nell'ottobre succes
sivo ; risponde lui alle lettere dirette alla Societä e sollecita
il presidente del tempo ad adempiere le proprie obbliga zioni.
Comunque per la Nerbini egli rimase socio fino al marzo
1958 e non poteva apparire ingiustificata la di lui ingerenza
per la Societä catanese.
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI FIRENZE.
Sentenza 19 maggio 1962; Pres. Thermes P. P., Est.
Gambogi ; Renzi (Aw. Del Caeria) c. Fiasclii (Aw.
Cocchi).
Comunionc familiare — Comunione taeita lamiliare
in agrieoltura — Usi — ESieaeia verso i terzi.
Coniunione lamiliare — Comunione taeita lamiliare in agrieoltura in Toscana — Creditori personali di un parteeipante — Inespropriabilita dei beni
comuni (Cod. civ., art. 2140, 2150).
Gli usi che disciplinano la comunione taeita familiare val
gono anche nei confronti dei terzi estranei alia comu nione. (1)
I beni di una comunione taeita familiare, a differenza da
quelli in comunione semplice, non possono, almeno in
Toscana, essere espropriati neanche in parte per debiti
personali di un comunista. (2)
(1) Non si rinvengono precedent! in termini. Tuttavia, implicit, conf. ScHERMI, in Giur. agr. it., 1956, 605 e segg.
Sugli usi, v. in genere Cass. 17 ottobre 1861, n. 2183, Foto it., 1961, I, 1410 ; 23 marzo 1959, n. 894, id., Rep. 1959, voce Consuetudine, n. 5 ; 5 febbraio 1957, n. 440, id., 1958, I, 425.
(2) Tolta la conf. sent, appellata Trib. Firenze 20 marzo 1961, Foro it., Rep. 1961, voce Comunione lamiliare, nn. 12-14, non si conoscono, sotto il cod. vig., precedenti in termini. Per il cod. civ. 1865, conf. Bassanelli, in Commentario a cura di A. Scialoja e G. Branca, pag. 452 e segg., sub art. 2140, n. 2.
Tuttavia sembra implic. contr. Trib. Padova 22 luglio 1956, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 23. NoncosiApp. Venezia 17 settembre 1954 (id., Rep. 1956, voce cit., nn. 23, 24), che si riferisce a danni cagionati col biroccio comune, dei quali perciõ risponde tutta la famiglia colonica, nonchö lo stesso concedente (v. anche App. L'Aquila 18 aprlle 1941, id., Rep. 1942, voce cit., n. 19). Nella sent, annotata, invece, i danni erano stati cagionati al terzo da un membro della famiglia colonica, che no rispon
r La Corte, ecc. — La questions di merito, relativa alia
esigibilitä, dolla quota spettante al componente della fa
miglia mezzadrile per debiti personali di costui, costituisce
ovviamente la principale materia del contendere. In pro
posito l'appellante sostiene che nessuna norma di legge sancirebbe la indisponibilitä di codesta quota, e che, se
anche esistessero usi in tal senso, codesti usi potrebbero valere solo all'interno della comunione familiare mezzadrile
tra i membri di questa, ma non anelie nei eonfronti di coloro
clie fossero terzi al rapporto di comunione.
Devesi esaminare preliminarmente la seconda parte di
codesto assunto che e relativa alia determinazione ed alia
efficacia generica delle fonti di diritto in base alle quali la controversia deve essere risolta.
La comunione tacita familiare, istituto con origini molto
antiche che almeno risalgono al diritto comune, non tro vava alcuna sanzione legislativa nel codice del 1865 ; ma dottrina e giurisprudenza facevano gia riferimento in pro posito alle consuetudini, argomentando a contrario dal l'art. 48 delle disposizioni transitorie per l'attuazione del codice stesso, per trovare le norme necessarie a regolare una situazione di fatto della quale non si poteva negare 1'esistenza e che mal si adattava, date le sue peculiaritä, alio schema giuridico della societä semplice.
II progetto di codice civile, redatto dalla Commissione reale del 1937, propose per la materia una regolamenta zione completa, con gli art. 330-340, pur subordinando le norme cosi dettate all'osservanza delle consuetudini locali ove esistessero. La legge vigente non ha perõ accolto co desta proposta di codificazione ed hasemplicemente riman dato alle consuetudini in materia, recependole in pieno : «Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricol tura sono regolate dagli usi» (art. 2140 cod. civile).
Ora, in tema di comunione tacita familiare, trattandosi di istituto per sua peculiare fisionomia consuetudinaria, gli usi non mancano certamente; ed anzi, almeno per quanto concerne la Eegione toscana, ove la conduzione mezzadrile dei fondi ha tuttora, nonostante la gravissima crisi economico-sociale in atto nell'agricoltura, importanza preminente, esistono in ogni provincia recenti « Raccolte di usi e consuetudini » compilate dalle competenti camere di commercio ai sensi degli art. 32 e 34 a 40 del r. decreto 20 settembre 1934 n. 2011, e che, in maniera piu o meno parti colareggiata, ma comunque sempre esauriente, regolano con apposito corpo di norme la comunione tacita familiare nell'esercizio deH'agricoltura.
Ciõ avviene, per quanto riguarda la Provincia di Fi renze nel cui territorio trovasi il fondo lavorato dalla fa
miglia Fiaschi per mezzo della « Raccolta degli usi e con
deva personalmente ; 0 il danneggiato voleva sottoporre a pi gnoramento i beni coniuni della famiglia limitatamente alia quota che asseriva appartenere al danneggiante.
Per la Corte d'appello non si puö parlare di quota, come invece nella comunione regolata dagli art. 11C0 e segg. del codice civile, soprattutto perchö i compartecipanti alia comunione tacita non hanno diritto a una misura fissa del reddito fami liare, ma sono compensati in ragione dei bisogni di ciascuno (v. anche Bassanelli, op. cit., pag. 449 e seg. ; Flore, Comu nione tacita fam., n. 10, sub 3, voce dell'Enciclopedia del diritto, pag. 291) 3 tanto 6 vero che nella comunione tacita non c'e obbligo di rendiconto (v. su quest'ultimo punto la giur. costante della Cassazione, da ult. 19 maggio 1960, n. 1261, Foro it., Rep. 1960, voce cit., n. 7, nonchž di molte sentenze di merito ; gene ricamente contr. quanto all'analogia con la comunione del cod. civ., che ritiene invece sussistente : App. Napoli 12 luglio 1957, id., Rep. 1958, voce cit., n. 22 ; v. anche Trib. Venezia 30 luglio 1959, id., 1960, I, 503).
Sulle particolarit ä della comunione tacita familiare e sulle differenze rispetto alla societä., v., da ultimo, Cass. 8 luglio 1961, n. 1633, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 4, 5 ; 5 agosto 1960, n. 2305, id.. Rep. 1960, voce cit., n. 9 ; su comunione familiare e mezzadria, Cass. 3 novembre 1960, n. 2975, ibid., nn. 14, 15.
In gen. sulla comunione tacita familiare, cfr. ora Flore, op. cit., pag. 290 e segg.; Ghezzi, La prestazione di lavoro nella comu nione tacita familiare, Milano, 1960, pag. 211 e segg. Cfr. inoltre la nota redazionale, retro, 300 e la rassegna di giurisprudenza di Iannuzzi, in lliv. dir. agr., 1959, II, 313.
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