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sentenza 28 luglio 2004, n. 280 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 4 agosto 2004, n. 30); Pres.Zagrebelsky, Est. Capotosti; Provincia autonoma di Bolzano (Avv. Panunzio, Riz), RegioneSardegna (Avv. Panunzio), Regione Valle d'Aosta (Avv. Fogliani) c. Pres. cons. ministri (Avv.dello Stato Caramazza)Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 11 (NOVEMBRE 2004), pp. 2923/2924-2945/2946Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200277 .
Accessed: 28/06/2014 18:13
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2923 PARTE PRIMA 2924
ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello
Stato, chiedendo la restituzione degli atti al giudice rimettente
in quanto la disposizione censurata è stata abrogata dall'art. 3 1.
8 aprile 2004 n. 95, il cui art. 1 ha totalmente ridisegnato la di
sciplina in esame.
Considerato che con due ordinanze di identico contenuto il
Tribunale di sorveglianza di Napoli ha sollevato, in riferimento
agli art. 3, 15 e 24 Cost., questione di legittimità costituzionale
dell'art. 18, 7° comma, 1. 26 luglio 1975 n. 354 (norme sull'or
dinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privati ve e limitative della libertà), «nella parte in cui non prescrive i
limiti entro i quali il magistrato di sorveglianza può esercitare il
potere di limitare il diritto alla tutela e segretezza della corri
spondenza e non prevede la possibilità per il detenuto cui sia
stato imposto il visto di censura sulla corrispondenza di tutelare
il proprio diritto nell'ambito di un procedimento giurisdiziona le»;
che, stante l'identità delle questioni sollevate, deve essere di
sposta la riunione dei relativi giudizi; che, successivamente all'ordinanza di rimessione, la norma
censurata è stata abrogata dall'art. 3, 2° comma, 1. 8 aprile 2004
n. 95 (nuove disposizioni in materia di visto di controllo sulla
corrispondenza dei detenuti), contestualmente alla introduzione
ad opera dell'art. 1 stessa legge di una nuova disciplina in tema
di limitazioni e controlli della corrispondenza dei detenuti, ora
contenuta nell'art. 18 ter 1. n. 354 del 1975, il cui 6° comma
prevede il reclamo al tribunale di sorveglianza; che ai sensi dell'art. 2 1. n. 95 del 2004 le disposizioni del
l'art. 18 ter «si applicano anche ai provvedimenti in corso di
esecuzione alla data di entrata in vigore della medesima legge»; che gli atti vanno pertanto restituiti al giudice rimettente per
ché valuti se, alla luce della modifica legislativa intervenuta, le
questioni di legittimità costituzionale siano tuttora rilevanti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, or
dina la restituzione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Na
poli.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 luglio 2004, n.
280 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 agosto 2004, n.
.30); Pres. Zagrebelsky, Est. Capotosti; Provincia autonoma
di Bolzano (Avv. Panunzio, Riz), Regione Sardegna (Avv.
Panunzio), Regione Valle d'Aosta (Avv. Fogliani) c. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Caramazza).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Materie attribuite alla le gislazione concorrente — Ricognizione dei principi fon damentali dalle leggi vigenti — Materie di competenza esclusiva dello Stato —
Delega al governo — Incostituzio
nalità (Cost., art. 76, 117; statuto speciale per la Sardegna, art. 4; statuto speciale per la Valle d'Aosta; statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige, art. 9; 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, art. 10, 11; 1. 5 giugno 2003 n. 131, disposizioni per l'ade guamento dell'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18
ottobre 2001 n. 3, art. 1).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Materie attribuite alla le gislazione concorrente — Ricognizione dei principi fon damentali dalle leggi vigenti — Criteri direttivi — Incosti tuzionalità (Cost., art. 76, 117; statuto speciale per la Sarde
gna, art. 4; statuto speciale per la Valle d'Aosta; statuto spe
II Foro Italiano — 2004.
ciale per il Trentino-Alto Adige, art. 9; 1. cost. 18 ottobre
2001 n. 3, art. 10, 11; 1. 5 giugno 2003 n. 131, art. 1).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Materie attribuite alla le
gislazione concorrente — Ricognizione dei principi fon damentali dalle leggi vigenti — Delega al governo — Que stione infondata di costituzionalità (Cost., art. 76, 117; sta
tuto speciale per la Sardegna, art. 4; statuto speciale per la
Valle d'Aosta; statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, art.
9; 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, art. 10, 11; 1. 5 giugno 2003 n.
131, art. 1).
E incostituzionale l'art. 1, 5° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui prevede che con i decreti legislativi mera
mente ricognitivi di cui al 4° comma della stessa disposizione
possono essere individuate le disposizioni che riguardano le
stesse materie, ma che rientrano nella competenza esclusiva
dello Stato ai sensi dell'art. 117, 2° comma, Cost. (1) E incostituzionale l'art. 1, 6° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131,
nella parte in cui, nell'indicare i criteri direttivi della delega,
fa espresso riferimento, allo scopo di individuare i principi
fondamentali vigenti, ai «settori organici della materia»,
nonché ai criteri oggettivi desumibili dal complesso delle fun zioni e da quelle «affini, presupposte, strumentali e comple mentari». (2)
E infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1,
4° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui, per orientare l'attività legislativa dello Stato e delle regioni fino all'entrata in vigore delle leggi con le quali il parlamento
definirà i nuovi principi fondamentali, contiene la delega al
governo ad adottare decreti legislativi meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti nelle materie di cui all'art. 117, 3° comma, Cost, (legislazio ne concorrente), in riferimento agli art. 76, 117, 3° comma,
Cost., 9 statuto speciale Trentino-Alto Adige. 4 statuto spe ciale Sardegna, allo statuto speciale Valle d'Aosta, ed agli art.
10 e 11, 2° comma, I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3. (3)
(1-13) I. - Con le quattro decisioni in epigrafe la Corte costituzionale risolve una serie di questioni di costituzionalità, sollevate in via diretta da alcune regioni speciali e dalle province autonome, relativamente a determinate disposizioni della 1. 131/03 (c.d. legge La Loggia), di at tuazione della revisione costituzionale del titolo V della parte seconda della Costituzione, operata con 1. cost. 3/01 e contribuisce così a chiari re alcuni aspetti importanti del nuovo ordinamento regionale.
Le questioni avevano ad oggetto argomenti di estremo interesse e ri
guardavano infatti la delega al governo ad emanare decreti legislativi ricognitivi dei principi fondamentali nelle materie di competenza con
corrente, la partecipazione delle regioni in materia comunitaria, l'atti vità internazionale delle regioni, l'esercizio delle funzioni amministra
tive, il potere sostitutivo dello Stato e la rappresentanza dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.
II. - Per quanto concerne la delega al governo (art. 1, 4° comma, 1.
131/03), la corte offre una lettura «minimale» — unica giudicata con forme alla Costituzione — derivata in particolare dall'individuazione e valorizzazione di contenuti, finalità e profili assolutamente peculiari della stessa (in senso parzialmente analogo, v. Corte cost. 1° ottobre
2003, n. 303, Foro it., 2004,1, 1004, con nota di richiami di Vedetta ed osservazioni di Fracchia e di Ferrara), per il fatto soprattutto di pro porsi come norma di «prima applicazione», finalizzata a predisporre un meccanismo di ricognizione dei principi fondamentali fino al momento in cui apposite leggi parlamentari definiranno i nuovi principi fonda mentali. Sulla base di questa lettura la corte giunge alla conclusione che la delega in questione è tale «da non consentire, di per sé, l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislati vo precedente, evitando così le prospettate censure di costituzionalità incentrate essenzialmente sulla contraddittorietà con la riconosciuta
competenza parlamentare a definire i 'nuovi' principi fondamentali» ed è assimilabile alla delega per la compilazione di testi unici per il coor dinamento e la semplificazione di una pluralità di disposizioni vigenti in una determinata materia. La corte ha poi ritenuto in contrasto con la suddetta lettura «minimale», e quindi incostituzionale, la delega ad in dividuare le disposizioni che incidono su materie o submaterie di com
petenza regionale concorrente, contemporaneamente riservate alla
competenza esclusiva statale (art. 1, 5° comma), dovendo in questo ca so fare opera di interpretazione del contenuto delle materie in questione oppure il riferimento ai «settori organici della materia» o ai criteri og gettivi desumibili dal complesso delle funzioni e da quelle «affini, pre supposte, strumentali e complementari» (art 1, 6° comma), che indiriz zano l'attività delegata «in termini di determinazione-innovazione dei
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 luglio 2004, n. 239 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 luglio 2004, n.
29); Pres. Zagrebelsky, Est. De Siervo; Provincia autonoma
di Bolzano (Avv. Panunzio, Riz), Regione Sardegna c. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Caramazza).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Partecipazione delle re gioni in materia comunitaria — Partecipazione alla «fase
ascendente» — Disciplina delle modalità — Questione in fondata di costituzionalità (Cost., art. 117; 1. 5 giugno 2003
n. 131, art. 5).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Partecipazione delle re
gioni in materia comunitaria — Nomina del capo delega zione — Criteri — Questione infondata di costituzionalità (Statuto speciale per la Sardegna, art. 3, 4, 6; statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige, art. 8, 9, 10, 16; 1. 5 giugno 2003
n. 131, art. 5).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia)
— Partecipazione delle re
gioni in materia comunitaria — Ricorso obbligatorio del
governo alla Corte di giustizia — Condizioni — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 117; statuto speciale
per la Sardegna, art. 3, 4, 6; statuto speciale per il Trentino
Alto Adige, art. 8, 9, 10, 16; 1. 5 giugno 2003 n. 131, art. 5).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5,
1° e 2° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui di
sciplina anche con norme di dettaglio le modalità di parteci
pazione delle regioni alla c.d. fase ascendente dei processi decisionali comunitari e si limiterebbe a prevedere una par
tecipazione scarsamente o per nulla incisiva o comunque non
idonea a rappresentare efficacemente le istanze di tali enti, in
riferimento all'art. 117, 3° e 5° comma, Cost. (4) È infondata la questione dì legittimità costituzionale dell'art. 5,
1° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui prevede la possibilità che il capo delegazione sìa un presidente di
giunta regionale o di provincia autonoma in caso di materie
di competenza esclusiva-residuale delle regioni ordinarie e
non anche delle materie che spettano alla legislazione prima ria delle regioni Trentino-Alto Adige e Sardegna sulla base
dei rispettivi statuti speciali, in riferimento agli art. 8, 9, 10,
16 statuto speciale Trentino-Alto Adige e 3, 4, 6 statuto spe ciale Sardegna. (5)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5,
2° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui prevede la possibilità, per le regioni, di vincolare lo Stato a presenta re ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee solo
per mezzo di una deliberazione adottata a maggioranza as
soluta dalla conferenza Stato-regioni, in riferimento all'art.
117, 5° comma, Cost., in relazione all'art. 10 I. cost. 18 otto
bre 2001 n. 3, nonché agli art. 8, 9, 10, 16 statuto speciale Trentino-Alto Adige e 3, 4, 6 statuto speciale Sardegna. (6)
III
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 luglio 2004, n. 238 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 luglio 2004, n.
medesimi principi sulla base di forme di ridefinizione delle materie e
delle funzioni, senza indicazione dei criteri direttivi» (sent. 280/04). Per altra ipotesi in cui la Corte costituzionale ha ritenuto, in mancanza
di criteri puntuali, di dover interpretare la delega «in senso minimale»,
v. Corte cost. 21 ottobre 1998, n. 354, id., 1999,1, 419, con nota di ri
chiami, commentata da Mieli, in Guida al dir., 1998, fase. 43, 102, da
Nuzzo, in Cass, pen., 1999, 413, da D'Elia e da Tarli Barbieri, in
Giur. costit., 1998, 2702 e 3890.
III. - Con riguardo alla partecipazione delle regioni in materia comu
nitaria, veniva in particolare contestato dalle regioni ricorrenti che la
disposizione impugnata (art. 5, 1° comma) contenesse norme di detta
glio in contrasto con l'art. 117, 3° comma, Cost., che pone la materia
«rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni» fra
quelle di competenza concorrente per le quali lo Stato ha competenza solo a determinare i principi fondamentali. La Corte costituzionale af
1l Foro Italiano — 2004.
29); Pres. Zagrebelsky, Est. Onida; Provincia autonoma di
Bolzano (Avv. Panunzio, Riz), Regione Sardegna (Avv. Pa
nunzio) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Caramazza).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Attività internazionale delle regioni — Giudizio sulle leggi in via principale — Mancanza di una valida delibera di impugnazione — Que stione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 117; statuto speciale per la Sardegna, art. 3, 4, 5, 6; 1. cost. 18 otto
bre 2001 n. 3, art. 10; 1. 5 giugno 2003 n. 131, art. 6).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Attività internazionale delle regioni — Attività di attuazione ed esecuzione di ac
cordi internazionali — Disciplina della procedura e mo dalità di esercizio del potere sostitutivo — Questione in
fondata di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione
(Cost., art. 117; statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, art. 8, 9, 10, 16; 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, art. 10; 1. 5 giu
gno 2003 n. 131, art. 6).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Attività internazionale delle regioni — Accordi con Stati e intese con enti territo
riali interni di altri Stati — Disciplina dei casi e delle for me — Questione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 117; statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige, art. 8, 9, 10, 16; 1. cost. 18 ottobre 2001
n. 3, art. 10; 1. 5 giugno 2003 n. 131, art. 6).
È inammissibile, per mancanza di una valida delibera di impu
gnazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6,
1°, 2°, 3° e 5° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in
cui disciplina i casi e le forme per l'attività regionale di at
tuazione ed esecuzione degli accordi internazionali, per la
conclusione di accordi con Stati ed intese con enti territoriali
interni ad altro Stato, in riferimento all'art. 117 Cost., in re
lazione all'art. 10 I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 ed agli art. 3,
4, 5, 6 statuto speciale Sardegna. (7) È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 6, 1° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui stabilisce la procedura di in
formazione preventiva da parte delle regioni e di formulazio ne da parte del governo nazionale di criteri ed osservazioni ai
fini dell'attività regionale di attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali in vigore e prevede, con rinvio all'art.
8 stessa legge, le modalità di esercizio dèi potere sostitutivo,
in riferimento all'art. 117, 5° comma, Cost., in relazione al
l'art. 10 I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 ed agli art. 8, 9, 10, 16
statuto speciale Trentino-Alto Adige. (8) E infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di le
gittimità costituzionale dell'art. 6, 2°, 3° e 5° comma, l. 5
giugno 2003 n. 131, nella parte in cui disciplina i casi in cui
le regioni possono concludere intese con enti territoriali in
terni di altri Stati e le procedure intese a consentire la neces
saria preventiva verifica statale, nonché i casi e le forme della conclusione di accordi fra le regioni ed altri Stati e la
possibilità, per il governo nazionale, di rappresentare in
qualunque momento «questioni di opportunità» e di provoca
re, in caso di dissenso, una delibera del consiglio dei ministri,
in riferimento all'art. 117, 9° comma, Cost., in relazione al
l'art. 10 I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3 ed agli art. 8, 9, 10, 16
statuto speciale Trentino-Alto Adige. (9)
ferma invece che la normativa statale trova il proprio titolo abilitativo
non nel 3° comma, bensì nel 5° comma dell'art. 117 Cost., il quale, per la partecipazione delle regioni alla c.d. fase ascendente del diritto co
munitario, ha affidato in via esclusiva alla legge statale il compito di
stabilire la disciplina delle modalità procedurali di partecipazione. La
corte ha poi ritenuto che lo strumento partecipativo predisposto da tale
disposizione non può ritenersi inadeguato in relazione alle posizioni costituzionalmente garantite delle regioni e delle province autonome,
dal momento che il suo concreto atteggiarsi dovrà essere stabilito me
diante accordi da adottare nell'ambito della conferenza Stato-regioni e
che non può considerarsi irragionevole la scelta del legislatore di stabi
lire l'obbligo del governo di proporre una questione alla Corte di giu stizia delle Comunità europee, solo se ciò sia richiesto a maggioranza assoluta dalla conferenza Stato-regioni (art. 5, 2° comma). In proposito il giudice costituzionale ha sottolineato che, nel nostro sistema costitu
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2927 PARTE PRIMA 2928
IV
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 19 luglio 2004, n. 236 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 28 luglio 2004, n.
29); Pres. Zagrebelsky, Est. Mezzanotte; Provincia auto
noma di Trento (Avv. Falcon, Manzi), Provincia autonoma
di Bolzano (Avv. Panunzio, Riz), Regione Sicilia (Avv. Ca
rapezza Figlia), Regione Sardegna (Avv. Panunzio), Regio ne Valle d'Aosta (Avv. Fogliani) c. Pres. cons, ministri
(Avv. dello Stato Caramazza).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge
131/03 (c.d. legge La Loggia) — Rappresentante dello Sta
to per rapporti con autonomie — Province di Trento e
Bolzano — Estensione delle disposizioni sull'ufficio terri toriale del governo — Incostituzionalità (Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige, art. 87, 107; 1. 5 giugno 2003 n.
131, art. 10). Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge
131/03 (c.d. legge La Loggia) — Esercizio delle funzioni amministrative — Disciplina — Applicabilità alle regioni speciali — Esclusione — Questione inammissibile di costi
tuzionalità (Cost., art. 117; statuto speciale per la Sardegna, art. 3, 4, 5, 6; statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, art.
8, 9, 10, 16, 18; 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, art. 10; 1. 5 giu
gno 2003 n. 131, art. 7).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Potere sostitutivo — Mo
dalità procedimentali — Momentanea inapplicabilità alle
regioni speciali — Questione inammissibile di costituzio nalità (Cost., art. 70, 77, 117; statuto speciale per la Sarde
gna, art. 3, 4, 5, 56; statuto speciale per il Trentino-Alto Adi
ge, art. 8, 9, 10, 52, 107; 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, art. 10; 1. 5 giugno 2003 n. 131, art. 8).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Legge 131/03 (c.d. legge La Loggia) — Potere sostitutivo — Ese
cuzione dei provvedimenti del consiglio dei ministri — Funzioni di rappresentante dello Stato nelle regioni spe ciali — Momentanea inapplicabilità alle regioni speciali —
Questione inammissibile di costituzionalità (Statuto della
regione Sicilia, art. 20; statuto speciale per la Valle d'Aosta,
zionale, non esiste in capo alle regioni la prerogativa di poter far valere eventuali illegittimità degli atti normativi comunitari davanti agli orga ni competenti (sent. 239/04). Per una ricostruzione della giurisprudenza costituzionale in materia, successiva all'entrata in vigore del nuovo ti tolo V, v. Pinelli, I limiti generali alla potestà legislativa statale e re
gionale e i rapporti con l'ordinamento internazionale e con l'ordina mento comunitario, in Foro it., 2004, V, 57.
IV. - Circa l'attività internazionale delle regioni la Corte costituzio nale rileva come il nuovo art. 117 Cost, segue e formalizza i risultati raggiunti in proposito dalla giurisprudenza costituzionale (riserva allo Stato sulla politica estera, ammissione di un'attività internazionale della regione, subordinazione di questa alla possibilità effettiva di un controllo statale sulle iniziative regionali, al fine di evitare contrasti con le linee della politica estera nazionale), con la novità rappresentata dalla possibilità di stipulare veri e propri accordi, non solo con enti
omologhi stranieri, ma anche con altri Stati ed afferma che «le regioni, nell'esercizio della potestà loro riconosciuta, non operano come 'dele
gate' dello Stato, bensì come soggetti autonomi che interloquiscono di rettamente con gli Stati esteri, ma sempre nel quadro di garanzia e di coordinamento apprestato dai poteri dello Stato». La corte esclude in
particolare che la disposizione impugnata (art. 6) contenga una disci
plina di dettaglio, tale da vanificare l'autonomia della regione nei rap porti di diritto internazionale, ma specifica che i «criteri» e le «osserva zioni» (art. 6, 10 e 2° comma) che il governo è abilitato a formulare cir ca le attività regionali di esecuzione degli accordi internazionali e di
stipulazione di intese con enti territoriali interni ad altri Stati «sono
sempre e soltanto relativi ad esigenze di salvaguardia delle linee della
politica estera nazionale e di corretta esecuzione degli obblighi di cui lo Stato è responsabile nell'ordinamento internazionale, né potrebbero travalicare in strumenti di ingerenza immotivata nelle autonome scelte delle regioni» e che «i principi e criteri» da seguire nella conduzione dei negoziati (art. 6, 3° comma) non vanno intesi come direttive vinco lanti in positivo quanto a contenuto degli accordi, bensì solo come
espressione delle esigenze di salvaguardia degli indirizzi della politica estera. Inoltre il giudice costituzionale precisa pure che le «questioni di
opportunità» (art. 6, 5° comma) attengono alle esigenze di rispetto degli indirizzi di politica estera e non possono consentire al governo di eser
II Foro Italiano — 2004.
art. 44; d.leg.lgt. 7 settembre 1945 n. 545, ordinamento am
ministrativo della Valle d'Aosta, art. 4; 1. cost. 18 ottobre
2001 n. 3, art. 10; 1. 5 giugno 2003 n. 131, art. 10).
E incostituzionale l'art. 10, 6° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui prevede che ai commissariati del governo di
Trento e di Bolzano si applicano le disposizioni del d.p.r. 17
maggio 2001 n. 287, compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e con le relative norme di attuazione. (10)
E inammissibile, in quanto la disposizione impugnata non trova
applicazione nei confronti delle regioni speciali e province autonome, la questione di legittimità costituzionale dell'art.
7, 1° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui stabi
lisce i criteri di conferimento delle funzioni amministrative
esercitate dallo Stato e dalle regioni alla data di entrata in
vigore della legge stessa, in riferimento agli art. 117, 3°
comma, Cost., 10 I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, 8, 9, 10, 16, 18
statuto speciale Trentino-Alto Adige e 3, 4, 5, 6 statuto spe ciale Sardegna. (11)
E inammissibile, in quanto la disposizione impugnata non trova
momentaneamente applicazione nei confronti delle regioni
speciali e province autonome, la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 8, 1°, 2°, 3° e 4° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui stabilisce i criteri e le modalità
procedimentali di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato nei riguardi delle regioni, in riferimento agli art.
70, 77, 117, 3° comma, Cost., 10 I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3,
8, 9, 10, 52, ultimo comma, 107 statuto speciale Trentino-Alto
Adige e 3, 4, 5, 56 statuto speciale Sardegna. (12) E inammissibile, in quanto la disposizione impugnata non trova
momentaneamente applicazione nei confronti delle regioni
speciali e province autonome, la questione di legittimità co
stituzionale dell'art. 10, 5° comma, l. 5 giugno 2003 n. 131, nella parte in cui stabilisce che all'esecuzione dei provvedi menti del consiglio dei ministri di esercizio del potere sosti
tutivo provvedono, per le regioni speciali, gli organi statali a
competenza regionale previsti dai rispettivi statuti, con mo
dalità definite c^a apposite norme di attuazione, in riferimento
agli art. 10 I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, 20 statuto speciale Sicilia, 44 statuto speciale Valle d'Aosta e 4, 1° comma,
d.leg.lgt. 7 settembre 1945 n. 545. (13)
citare attraverso le stesse un indebito controllo di merito sulle autono me scelte regionali (sent. 238/04).
In ordine alla giurisprudenza costituzionale sull'attività internazio nale delle regioni, v. Corte cost. 30 gennaio 2003, n. 13, id., 2003, I, 1327, con nota di richiami, commentata da Ambrosi, in Giur. costit., 2003, 53, che ha ritenuto non spettare alla regione Veneto il potere di
stipulare una lettera d'intenti con uno Stato estero senza aver preventi vamente informato il governo e senza quindi la necessaria intesa o as senso ed ha, di conseguenza, annullato la lettera di intenti sottoscritta a Venezia il 31 marzo 1999 dal presidente della regione Veneto e dal mi nistro degli affari esteri, commercio internazionale e culto della repub blica Argentina.
V. - Per l'esercizio delle funzioni amministrative le regioni speciali e le province autonome ricorrenti lamentavano la natura penalizzante nei loro confronti dell'applicazione del principio di sussidiarietà (art. 118 Cost.), in luogo di quello del «parallelismo» delle funzioni previsto ne
gli statuti speciali. La Corte costituzionale dichiara inammissibile la
questione in quanto fondata sull'erroneo presupposto interpretativo dell'applicabilità nei loro confronti dell'art. 7 1. 131/04 ed afferma che
«per tutte le competenze legislative aventi un fondamento nello statuto
speciale, il principio del parallelismo fra funzioni legislative e funzioni amministrative conserva la sua validità; per le ulteriori, più ampie competenze che le regioni speciali e le province autonome traggano dalla Costituzione, in virtù della clausola di maggior favore, troverà in vece applicazione l'art. 11 1. 131/03 e quindi il trasferimento delle fun zioni avrà luogo secondo le modalità previste dalle norme di attuazione e con l'indefettibile partecipazione della commissione paritetica» (sent. 236/04).
VI. - Anche la questione relativa al potere sostitutivo dello Stato (art. 8 1. 131/03) viene risolta con una pronuncia d'inammissibilità. In pro posito la corte sottolinea l'esistenza di un legame indissolubile fra il conferimento di un'attribuzione e la previsione di un intervento sosti tutivo diretto a garantire che la finalità cui essa è preordinata non sacri fichi l'unità e la coerenza dell'ordinamento. Per questo la previsione del potere sostitutivo fa sistema con le norme costituzionali di alloca zione delle competenze e non può non valere anche per le regioni spe ciali. alle quali pertanto è applicabile l'art. 120 Cost. Il giudice costitu
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Diritto. — 1. -1 giudizi di legittimità costituzionale promossi dalla provincia autonoma di Bolzano, dalla regione autonoma
della Sardegna e dalla regione autonoma Valle d'Aosta, con i
ricorsi indicati in epigrafe, hanno ad oggetto in particolare, per
quanto qui interessa, l'art. 1, 4°, 5° e 6° comma, 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento
della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3). Le predette
disposizioni vengono censurate per violazione del combinato di
sposto dell'art. 117, 3° comma, Cost, e dell'art. 10 1. cost. 18
ottobre 2001 n. 3 (nonché rispettivamente, «per quanto di ragio ne», dell'art. 9 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e re
lative norme di attuazione, dell'art. 4 statuto speciale per la re
gione Sardegna e dei «principi» dello statuto della regione auto
noma Valle d'Aosta); dell'art. 11 suddetta 1. cost. n. 3 del 2001
e dell'art. 76 Cost.
Le censure, complessivamente considerate, si incentrano in
particolare sull'art. 1, 4° comma, predetta 1. n. 131 del 2003
sotto il profilo del contrasto con l'art. 76 Cost, per l'incon
gruenza e la contraddittorietà della delega legislativa prevista. Ed invero la «mera ricognizione», oggetto della delega stessa, o
sarebbe del tutto «inutile», o, altrimenti, non potrebbe non avere
carattere «innovativo», anche perché il conferimento della «for
za di legge» e la predeterminazione dei principi e criteri direttivi
cui si dovrebbe attenere il governo mal si concilierebbero con
zionale conclude però, nella specie, che fintanto che non si sarà avuto il concreto trasferimento alle regioni speciali delle funzioni ulteriori at tratte dal nuovo titolo V, secondo le procedure dell'art. 11 1. 131/03, «la disciplina del potere sostitutivo di cui si contesta la legittimità resta nei loro confronti priva di efficacia e non è idonea a produrre alcuna violazione delle loro attribuzioni costituzionali» (sent. 236/04).
VII. - Sul potere sostitutivo delle regioni nei riguardi degli enti loca
li, desumibile dall'art. 120 Cost., v. Corte cost. 15 giugno 2004, n. 173, e 11 giugno 2004, n. 172, id., 2004,1, 2281 e 2286, con note di richia
mi, e Corte cost. 2 marzo 2004, nn. 69-74, e 27 gennaio 2004, n. 43, ibid., 1334, con nota di richiami e osservazioni di Romboli.
Vili. - La stessa soluzione (inattualità della lesione lamentata dalle
ricorrenti) è adottata dalla corte, in tema di rappresentanza dello Stato
per i rapporti con il sistema delle autonomie, per la questione di costi tuzionalità dell'art. 10, 5° comma, 1. 131/03, denunciata per la parte in cui stabilisce che all'esecuzione dei provvedimenti del consiglio dei ministri di esercizio del potere sostitutivo provvedono, per le regioni
speciali, gli organi statali a competenza regionale previsti dai rispettivi statuti, con modalità definite da apposite norme di attuazione (sent. 236/04).
La corte dichiara invece incostituzionale l'art. 10, 6° comma, 1. 131/03 che prevedeva l'applicabilità ai commissariati di Trento e di
Bolzano delle disposizioni del d.p.r. 287/01, per avere lo Stato discipli nato unilateralmente le funzioni del commissario del governo e per di
più facendo rinvio ad un regolamento governativo anziché attraverso le norme di attuazione approvate secondo la procedura collaborativa pre vista dallo statuto speciale (sent. 236/04).
In un caso la questione sollevata dalla regione è stata dichiarata
inammissibile, in considerazione della genericità del contenuto della delibera d'impugnazione (sent. 238/04). Nello stesso senso, v. Corte cost. 2 marzo 2004, n. 73, cit.
IX. - Per alcune applicazioni della 1. 131/03 da parte della Corte co
stituzionale, ed in particolare del suo art. 9, v. Corte cost., ord. 8 aprile 2004. n. 119, ibid., 1658, con nota di richiami e osservazioni di Rombo
li; 21 ottobre 2003, n. 314, ibid., 360, con nota di richiami e osserva zioni di Romboli.
Per un commento della 1. 131/03, v., tra gli altri, AA.VV., Il nuovo
ordinamento della repubblica (commento alla I. 5 giugno 2003 n. 131 La Loggia), Milano, 2003; AA.VV., Commento alla l. 5 giugno 2003 n.
131. disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della repubbli ca alla I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, in Guida al dir., 2003, fase. 29, 12
ss.; Falcon (a cura di), Stato, regioni ed enti locali nella l. 5 giugno 2003 n. 131, Bologna, 2003; Ferrari-Parodi (a cura di), La revisione
costituzionale del titolo V tra nuovo regionalistfio e federalismo, Pado
va, 2003; Marcelli-Giammusso (a cura di), La I. 5 giugno 2003 n. 131.
Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della repubblica alla I. cost. 18 ottobre 2001 n. 3. Commento agli articoli, Roma, 2003;
Cavaleri-Lamarque (a cura di), L'attuazione del nuovo titolo V, parte seconda della Costituzione. Commento alla legge «La Loggia», Torino, 2004.
X. - Sulla revisione costituzionale del titolo V della parte seconda
della Costituzione, cfr., da ultimo, C. Pinelli-P. Cavaleri-A. Ruggeri
G. D'Auria-R. Romboli, Le modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione. Tre anni dopo, in Foro it., 2004, V, 57 ss. [R. Rom
boli]
Il Foro Italiano — 2004.
un'attività meramente ricognitiva. In questo modo però, oltre
all'art. 76, sarebbe violata la riserva di legge formale del parla mento che l'art. 11, 2° comma, 1. cost. n. 3 del 2001 stabilisce
per i progetti di legge riguardanti le materie di cui al 3° comma
dell'art. 117 Cost. Inoltre, secondo le ricorrenti, non solo i prin
cipi della delega sarebbero, per così dire, «principi al quadrato» fatalmente destinati ad assumere «un carattere di assoluta eva
nescenza», ma sarebbero, sotto altro profilo, del tutto carenti e
comunque assolutamente inidonei ad indirizzare e limitare
l'esercizio del potere delegato del governo a proposito dell'ulte
riore individuazione, prevista dal 5° comma del medesimo arti
colo, delle disposizioni incidenti su materie di competenza con
corrente rientranti anche nella competenza esclusiva statale, come risulterebbe espressamente nella «più gran parte dei criteri
enunciati dal 6° comma».
2. - In via preliminare va rilevato che i ricorsi in esame sono
oggettivamente connessi e si riferiscono a parametri costituzio
nali in larga misura coincidenti, cosicché essi vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.
3. - Le questioni sono in parte infondate ed in parte fondate
nei termini di seguito prospettati. Il profilo principale dei diversi ricorsi proposti si incentra es
senzialmente sull'asserita incongruenza-contraddittorietà, sotto
molteplici profili, del conferimento di una delega al governo per l'adozione di decreti «meramente ricognitivi» dei principi fon
damentali delle materie dell'art. 117 Cost., tanto che, secondo le
ricorrenti, la formula della «mera ricognizione» sarebbe, in de
finitiva, soltanto un espediente verbale impiegato dal legislatore
per «cercare di superare la troppo palese incostituzionalità di
una delega che avesse avuto ad oggetto la 'determinazione' dei
principi fondamentali».
Tale assunto non è però condivisibile, non tanto per la ragio ne che, in determinate circostanze, l'enunciazione di principi fondamentali relativi a singole materie di competenza concor
rente può anche costituire oggetto di un atto legislativo delegato senza ledere attribuzioni regionali (cfr. sentenza n. 359 del
1993, Foro it., 1993,1, 3219, e anche n. 303 del 2003, id., 2004,
I, 1004), quanto piuttosto perché la delega in esame presenta contenuti, finalità e profili del tutto peculiari. Proprio per questo il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa postula, secondo la costante giurisprudenza sull'art. 76 Cost., un proces so interpretativo relativo all'oggetto, ai principi ed ai criteri di
rettivi della delega, «tenendo conto del complessivo contesto di
norme in cui si collocano e delle ragioni e finalità poste a fon
damento della legge di delegazione» (sentenze n. 125 del 2003,
id., Rep. 2003, voce Corte costituzionale, n. 41; n. 425 e n. 163
del 2000, id., 2000,1, 3045 e 2428). È in conformità a questo metodo, pertanto, che va scrutinato
l'art. 1, 4° comma, 1. n. 131 del 2003, che, da un lato, conferisce
delega per l'adozione di decreti legislativi «meramente ricogni tivi» dei principi fondamentali vigenti nelle materie dell'art.
117, 3° comma, Cost., mentre, dall'altro lato, contestualmente
stabilisce che spetta comunque al parlamento definire i «nuovi»
principi. Il 4° comma è in ogni caso una norma dichiaratamente
di «prima applicazione», finalizzata a predisporre un meccani
smo di ricognizione dei principi fondamentali, allo scopo esclu
sivo di «orientare» l'iniziativa legislativa statale e regionale. Si tratta perciò di un quadro ricognitivo di principi già esi
stenti, utilizzabile transitoriamente fino a quando il nuovo as
setto delle competenze legislative regionali, determinato dal
mutamento del titolo V della Costituzione, andrà a regime, e
cioè — come già detto — fino al momento della «entrata in vi
gore delle apposite leggi con le quali il parlamento definirà i
nuovi principi fondamentali». Per di più, è soltanto un quadro di
primo orientamento destinato ad agevolare — contribuendo al
superamento di possibili dubbi interpretativi — il legislatore re
gionale nella fase di predisposizione delle proprie iniziative le
gislative, senza peraltro avere carattere vincolante e senza co
munque costituire di per sé un parametro di validità delle leggi
regionali, dal momento che il 3° comma dello stesso art. 1 riba
disce che le regioni esercitano la potestà legislativa concorrente
nell'ambito dei principi fondamentali espressamente determinati
dallo Stato, «o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vi
genti». È ben vero che la «forza di legge» caratterizza i decreti dele
gati, ma, nel caso di specie, risulta chiaro che oggetto della de
lega è esclusivamente l'espletamento di un'attività che non deve
andare al di là della mera ricognizione di quei principi fonda
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PARTE PRIMA 2932
mentali vigenti, che siano oggettivamente deducibili anche in
base, ad esempio, alle pronunce di questa corte, ovvero di altre
giurisdizioni. D'altra parte, anche i principi direttivi enunciati nel citato 4° comma con il loro contenuto assai vago e generico indirizzano e delimitano il compito del legislatore delegato ver
so l'espletamento dell'indicata funzione ricognitiva. Il governo è infatti abilitato a procedere, con attività adeguata e proporzio nata allo scopo, esclusivamente all'individuazione, nell'ambito della legislazione vigente, di norme-principio chiare ed omoge nee, tenendo peraltro conto che non tutte le disposizioni che in
tal senso si autoqualificano, né «il loro compiuto tenore lettera le» costituiscono in ogni caso «principi della legislazione dello
Stato», ma soltanto «i nuclei essenziali del contenuto normati vo» che tali disposizioni esprimono (sentenza n. 482 del 1995, id., Rep. 1995, voce Opere pubbliche, n. 121).
L'intento di conferire carattere sostanzialmente ricognitivo all'attività delegata può trovare ulteriore conferma nelle norme
procedurali previste dalla delega stessa, che dispongono un'arti colata serie di pareri obbligatori della conferenza Stato-regioni, delle commissioni parlamentari competenti e infine quello defi nitivo della commissione parlamentare per le questioni regionali sugli schemi dei decreti legislativi, al fine esclusivo di rilevare se «non siano stati indicati alcuni dei principi fondamentali ov
vero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto innova tivo dei principi fondamentali (...) ovvero si riferiscano a nor me vigenti che non abbiano la natura di principio fondamenta le». In tutte queste ipotesi il governo, ove decida di non attener si alle relative indicazioni, si deve assumere la formale respon sabilità politica, comunicando ai presidenti delle camere ed al
presidente della commissione parlamentare per le questioni re
gionali le specifiche motivazioni delle difformità dei decreti ri spetto al parere parlamentare.
Dal citato art. 1, 4° comma, così come interpretato alla stre
gua delle formule testuali adottate, del contesto normativo in cui si colloca e delle finalità della stessa 1. n. 131, quali risultano dai relativi lavori preparatori, emerge dunque una prescrizione normativa, che giustifica una lettura «minimale» della delega ivi
disposta, tale comunque da non consentire, di per sé, l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema
legislativo previgente (cfr. sentenza n. 427 del 2000, id., 2001, I, 2170), evitando così le prospettate censure di costituzionalità incentrate essenzialmente sulla contraddittorietà con la ricono sciuta competenza parlamentare a definire i «nuovi» principi fondamentali.
La delega legislativa in esame può quindi essere assimilata, date le reciproche implicazioni tra attività ricognitiva e attività di coordinamento normativo, a quella di compilazione dei testi unici —
piuttosto frequenti a partire dalla 1. 15 marzo 1997 n. 59 —
per il coordinamento e la semplificazione di una pluralità di disposizioni vigenti in una determinata materia. La prassi parlamentare relativa a questi tipi di delega mostra una certa in distinzione nell'uso dei termini «delega» o «autorizzazione» da
parte delle rispettive leggi di conferimento ed anche casi di leg gi formalmente di delega caratterizzate dall'assenza o vaghezza dei principi direttivi, le quali, nonostante il nomen e la formale attribuzione della «forza di legge» ai relativi decreti, in realtà consentono al governo soltanto il coordinamento di disposizioni preesistenti (cfr. sentenza n. 354 del 1998, id., 1999,1, 419).
4. - Va però osservato che con la prospettata lettura «mini male» — l'unica conforme a Costituzione —
dell'oggetto della
delega, di cui al citato 4° comma, in termini di «mera ricogni zione» e non di innovazione-determinazione dei principi fon damentali vigenti, appaiono in contrasto il 5° e 6° comma dello stesso art. 1.
Ed infatti, il 5° comma, disponendo che nei decreti legislativi di cui al 4° comma possano essere «individuate le disposizioni che riguardano le stesse materie, ma che rientrano nella compe tenza esclusiva dello Stato», estende l'oggetto della delega an che all'asserita ricognizione, nell'ambito delle materie riservate al legislatore statale, della disciplina di quelle funzioni che han no «natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti» (sentenza n. 536 del 2002, id., 2003, I, 688). Il governo delegato non può però in questa ipotesi limitarsi ad una mera attività ricognitiva, giacché, do vendo identificare le disposizioni che incidono su materie o submaterie di competenza regionale concorrente, contempora neamente riservate alla competenza esclusiva statale, deve ne
II Foro Italiano — 2004.
cessariamente fare opera di interpretazione del contenuto delle materie in questione.
Si tratta quindi di un'attività interpretativa, largamente di
screzionale, che potrebbe finire con l'estendersi anche a tutte le altre tipologie di competenza legislativa previste dall'art. 117
Cost., attraverso l'individuazione e definizione delle materie e delle varie funzioni ad esse attinenti. È pertanto evidente che con la lettura «minimale» della delega, così come configurata dal 4° comma, contrasta la disposizione del comma in esame, che amplia notevolmente e in maniera del tutto indeterminata
l'oggetto della delega stessa fino eventualmente a comprendere il ridisegno delle materie, per di più in assenza di appositi prin cipi direttivi, giacché quelli enunciati nel 4° comma, a prescin dere dalla mancanza di qualsiasi rinvio ad essi, appaiono inade
guati. Sotto questi profili risulta quindi chiara la violazione del l'art. 76 Cost.
5. - Il prospettato contrasto con la configurazione «minimale» della delega è riscontrabile anche riguardo al 6° comma dello stesso art. 1, che, nell'indicare i criteri direttivi della delega, fa
espresso riferimento — mutuando le formule lessicali della 1. 22
luglio 1975 n. 382 relative al trasferimento delle funzioni am ministrative alle regioni — ai «settori organici della materia», nonché ai criteri oggettivi desumibili dal complesso delle fun zioni e da quelle «affini, presupposte, strumentali e comple mentari», allo scopo di individuare i principi fondamentali vi
genti. E evidente che in questo modo viene del tutto alterato il carattere ricognitivo dell'attività delegata al governo in favore di forme di attività di tipo selettivo, dal momento che i predetti criteri direttivi non solo evocano nella terminologia impiegata l'improprio profilo della ridefinizione delle materie, ma stabili
scono, sia pure in modo assolutamente generico, anche una serie di «considerazioni prioritarie» nella prevista identificazione dei
principi fondamentali vigenti, tale da configurare una sorta di
gerarchia tra di essi. Il citato 6° comma elenca infatti una serie di criteri direttivi destinati ad indirizzare, a prescindere dal
l'ambiguità delle singole previsioni, il governo nella formazione dei decreti delegati, che pur dovrebbero essere «meramente ri
cognitivi», a prendere prioritariamente in considerazione pre determinati interessi e funzioni. L'oggetto della delega viene così ad estendersi, in maniera impropria ed indeterminata, ad un'attività di sostanziale riparto delle funzioni e ridefinizione delle materie, senza peraltro un'effettiva predeterminazione di criteri.
In definitiva appaiono in contrasto con l'oggetto «minimale» della delega, così come configurato dal 4° comma in termini di «mera ricognizione» dei principi fondamentali vigenti, i citati 5° e 6° comma dello stesso art. 1, che viceversa indirizzano, in violazione dell'art. 76 Cost., l'attività delegata del governo in termini di determinazione-innovazione dei medesimi principi sulla base di forme di ridefinizione delle materie e delle funzio
ni, senza indicazione dei criteri direttivi. Va quindi dichiarata l'illegittimità costituzionale, sotto i pro
fili prospettati, dei predetti 5° e 6° comma dell'art. 1 citata 1. n. 131 del 2003, restando assorbite le ulteriori censure.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi: dichiara l'illegittimità costituzionale del 5° e 6° comma del
l'art. 1 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n.
3); . . dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
del 4° comma del medesimo art. 1 citata 1. n. 131 del 2003, sol
levata, in riferimento al combinato disposto dell'art. 117, 3°
comma, Cost, e dell'art. 10 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, nonché dell'art. 9 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione, dell'art. 4 statuto speciale per la regione autonoma della Sardegna e dei principi dello statuto della regio ne autonoma Valle d'Aosta, ed anche in riferimento all'art. 76 Cost, ed all'art. 11,2° comma, citata 1. cost. n. 3 del 2001, dalla
provincia autonoma di Bolzano, dalla regione autonoma della
Sardegna e dalla regione autonoma Valle d'Aosta con i ricorsi indicati in epigrafe.
II
Diritto. — 1. - La provincia autonoma di Bolzano e la regione Sardegna hanno sollevato questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni della 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizio
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
ni per l'adeguamento dell'ordinamento della repubblica alla 1.
cost. 18 ottobre 2001 n. 3); in particolare, l'art. 5, 1° e 2° com
ma, sarebbe costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui di
sciplina le modalità di partecipazione delle regioni alla c.d. «fa
se ascendente» dei processi decisionali comunitari, per viola
zione dell'art. 117, 3° comma, Cost., in quanto tale disposizione — assegnando alla competenza concorrente di Stato e regioni la
materia dei «rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni»
— escluderebbe che lo Stato possa intervenire in
tema con norme di dettaglio. L'art. 5, 1° comma, 1. n. 131 del
2003 violerebbe inoltre l'art. 117, 5° comma, Cost., che ricono
scerebbe «il diritto delle regioni di concorrere in modo incisivo
ed efficace» ai processi decisionali comunitari, mentre la nor
mativa impugnata si limiterebbe a prevedere una partecipazione «scarsamente o per nulla incisiva», e comunque «non idonea a
rappresentare efficacemente le istanze di tali enti». La medesi
ma disposizione — nella parte in cui prevede la possibilità che
il capo delegazione possa anche essere un presidente di giunta
regionale o di provincia autonoma — si porrebbe inoltre in
contrasto con le «competenze statutarie» della provincia auto
noma di Bolzano e della regione Sardegna, in quanto «riferita
solo alle materie di competenza esclusiva-residuale», e non an
che alle materie che spettano alla legislazione primaria delle ri
correnti in base alle norme statutarie contenute nell'art. 8 statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670 (approvazione del t.u. delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e
nell'art. 3 1. cost. 26 febbraio 1948 n. 3 (statuto speciale per la
Sardegna). L'art. 5, 1° comma, sarebbe inoltre «illegittima mente discriminatorio delle autonomie territoriali speciali ri
spetto a quelle ordinarie».
Le ricorrenti hanno sollevato questione di legittimità costitu
zionale anche dell'art. 5, 2° comma, 1. n. 131 del 2003, nella
parte in cui prevede la possibilità, per le regioni, di vincolare lo
Stato a presentare ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità
europee solo per mezzo di una deliberazione adottata a maggio ranza assoluta dalla conferenza Stato-regioni, per violazione
dell'art. 117, 5° comma, Cost., in relazione all'art. 10 1. cost. 18
ottobre 2001 n. 3 (modifiche al titolo V della parte seconda
della Costituzione), nonché degli art. 8, 9, 10 e 16 statuto spe ciale per il Trentino-Alto Adige e degli art. 3, 4 e 6 statuto spe ciale della Sardegna. Da tali disposizioni costituzionali sarebbe
desumibile la prescrizione secondo la quale le regioni e le pro vince autonome devono avere «la possibilità di far valere even
tuali illegittimità» degli atti normativi comunitari davanti agli
organi competenti; inoltre, il meccanismo previsto si rivelerebbe
comunque del tutto inadeguato nei confronti delle regioni ad
autonomia speciale e delle province autonome, dal momento
che queste ultime si troverebbero a dover raccogliere, in rela
zione alla proposizione di un ricorso giurisdizionale per la tutela
di competenze specifiche di ciascuna di esse, il consenso della
maggioranza delle altre regioni, non interessate alla questione. 2. - Nei loro ricorsi la provincia di Bolzano e la regione Sar
degna hanno censurato anche altre disposizioni della 1. n. 131
del 2003. Per ragioni di omogeneità di materia, tali questioni di
costituzionalità vengono trattate separatamente da quelle con
cernenti l'art. 5, per essere definite con distinte decisioni di
questa corte.
3. - Stante la loro identità, le questioni di legittimità costitu
zionale proposte dalla provincia autonoma di Bolzano e dalla
regione Sardegna con riferimento all'art. 5 1. n. 131 del 2003
possono essere riunite per essere trattate congiuntamente e deci
se con un'unica sentenza.
4. - Deve innanzi tutto essere presa in considerazione la pre
sunta violazione dell'art. 117, 3° comma, Cost., ad opera del
l'art. 5, 1° e 2° comma, della legge impugnata. Secondo la prospettazione delle ricorrenti, tali disposizioni
violerebbero il citato parametro costituzionale, in quanto por
rebbero norme di dettaglio in una materia — quella dei «rap
porti internazionali e con l'Unione europea delle regioni» — af
fidata alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni.
La questione non è fondata.
Appare evidente, infatti, che la normativa statale trova il pro
prio titolo abilitati vo non già nel 3° comma, bensì nel 5° comma
dell'art. 117 Cost., ai sensi del quale «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro compe
tenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli
Il Foro Italiano — 2004.
atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'ese
cuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione eu
ropea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere so
stitutivo in caso di inadempienza». Tale disposizione costituzionale, unica esplicitamente riferita
all'interno del nuovo titolo V della parte seconda della Costitu
zione alle regioni ordinarie e alle autonomie speciali (inutile
quindi è il riferimento all'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001, richia
mato invece dalle ricorrenti), istituisce una competenza statale
ulteriore e speciale rispetto a quella contemplata dall'art. 117,
3° comma. Cost., concernente il più ampio settore «dei rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni». Con speci fico riferimento alla procedura tramite la quale deve esplicarsi la partecipazione delle regioni e delle province autonome alla
c.d. «fase ascendente» del diritto comunitario, dunque, la Co
stituzione non ha previsto una competenza concorrente, bensì ha
affidato alla legge statale il compito di stabilire la disciplina delle modalità procedurali di tale partecipazione.
Quanto appena sottolineato rende inoltre evidente l'infonda
tezza della censura proposta nei ricorsi introduttivi dei giudizi
per violazione del 5° comma dell'art. 117 Cost., dal momento
che questa disposizione costituzionale, affidando in via esclusi
va allo Stato il compito di dettare «norme di procedura», non ha
garantito alle regioni e alle province autonome ambiti riservati
alla legislazione regionale o provinciale. 5. - La seconda censura proposta dalle ricorrenti concerne in
vece l'asserita inadeguatezza dello strumento partecipativo in
concreto previsto dalle disposizioni impugnate, derivante dalla
mancata previsione di un meccanismo idoneo a garantire ade
guata consistenza alle rappresentanze regionali, dalla mancata
previsione di un numero minimo di rappresentanti regionali, nonché dalla mancata prescrizione secondo la quale nelle «ma
terie di legislazione regionale esclusiva» le delegazioni siano
composte di soli rappresentanti regionali. Anche tale questione non è fondata.
Ai sensi del 1° comma dell'art. 5 impugnato, «le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano concorrono diretta
mente, nelle materie di loro competenza legislativa, alla forma
zione degli atti comunitari, partecipando, nell'ambito delle de
legazioni del governo, alle attività del consiglio e dei gruppi di
lavoro e dei comitati del consiglio e della commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di conferenza Stato
regioni che tengano conto della particolarità delle autonomie
speciali e, comunque, garantendo l'unitarietà della rappresenta zione della posizione italiana da parte del capo delegazione de
signato dal governo». Lo strumento partecipativo predisposto da
tale disposizione non può certo essere ritenuto inadeguato, come
invece si afferma nei ricorsi, in relazione alla garanzia delle po sizioni costituzionalmente garantite delle regioni e delle provin ce autonome, dal momento che il suo concreto atteggiarsi dovrà
essere stabilito mediante accordi da adottare nell'ambito della
conferenza Stato-regioni. Inoltre, la norma prevede espressa mente che l'accordo, nel delineare le modalità della partecipa zione delle regioni e delle province autonome, debba tenere
conto della «particolarità delle autonomie speciali», cosicché,
ove queste ultime si ritenessero vulnerate nelle proprie compe tenze costituzionali dalle modalità di partecipazione in concreto
previste dall'accordo, potranno fare ricorso ai consueti mezzi di
tutela delle proprie posizioni.
Quanto alla pretesa concernente la previsione di un numero
minimo di rappresentanti regionali nelle delegazioni del gover
no, deve essere evidenziato come la disposizione impugnata stabilisca che in queste ultime «deve essere prevista la parteci
pazione di almeno un rappresentante delle regioni a statuto spe
ciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano»: cosic
ché appare del tutto evidente che proprio le due ricorrenti non
possono far valere alcun motivo di doglianza in relazione a tale
specifico aspetto.
Quanto poi alla rivendicazione che nelle «materie di legisla
zione regionale esclusiva» la delegazione debba essere compo
sta solo da rappresentanti delle regioni, essa contrasta con la
perdurante competenza statale in tema di relazioni internazio
nali e con l'Unione europea (di cui all'art. 117, 2° comma, lett.
a, 3° e 5° comma), a prescindere dai settori materiali coinvolti.
6. - Può essere ora affrontata la censura concernente la possi
bilità, contemplata dalla disciplina impugnata, che il governo
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2935 PARTE PRIMA 2936
possa designare come capo delegazione — in relazione a mate
rie afferenti alla competenza residuale delle regioni — un presi
dente di giunta di una regione o di una provincia autonoma.
Secondo le ricorrenti tale previsione sarebbe costituzional
mente illegittima in quanto non riferita anche alle materie di
competenza primaria delle regioni speciali o delle province au
tonome in base agli statuti speciali. La questione non è fondata.
Anzitutto deve notarsi che non di rado le materie di compe tenza primaria delle regioni ad autonomia particolare o delle
province autonome coincidono con alcune delle materie di com
petenza residuale delle regioni ad autonomia ordinaria; inoltre, ove fra le materie di competenza primaria delle regioni ad auto
nomia speciale e delle province autonome non siano elencate
materie che siano invece riconosciute alla competenza residuale
delle regioni ordinarie, può essere invocata l'applicazione del
l'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001.
Da tale considerazione risulta evidente come l'ambito della
potestà residuale costituisca di norma un elemento che accomu
na largamente sia le regioni ordinarie che le regioni speciali e le
province autonome: non è certo irragionevole, dunque, la scelta
del legislatore statale di limitare a questi ambiti la possibilità di
individuare in un presidente di giunta regionale o provinciale il
capo della delegazione italiana. Ciò anche alla luce della consi
derazione secondo la quale la rappresentanza italiana nei con
fronti dell'Unione europea deve necessariamente essere caratte
rizzata da una posizione unitaria, come ha riconosciuto la giuris
prudenza di questa corte (cfr. sentenze n. 317 del 2001, Foro it.,
2002, I, 1305, e n. 425 del 1999, id., Rep. 1999, voce Regione, n. 163), nonché della stessa disposizione oggetto del presente
giudizio, ai sensi della quale il concorso delle autonomie territo
riali alla formazione degli atti comunitari deve avvenire «ga rantendo l'unitarietà della posizione italiana da parte del capo
delegazione designato dal governo». Al tempo stesso, sembra
evidente che la titolarità di particolari materie (non riconducibili
all'art. 117, 4° comma, Cost.) da parte di una regione ad auto
nomia speciale o provincia autonoma non può legittimare una
pretesa ad assumere la presidenza della delegazione italiana, dal
momento che in questi casi nelle altre aree territoriali le funzio ni corrispondenti spettano agli organi dello Stato.
Le considerazioni appena svolte, inoltre, consentono di rite
nere non fondata anche la censura rivolta nei confronti della
medesima disposizione in quanto «illegittimamente discrimina
toria delle autonomie territoriali speciali rispetto a quelle ordi
narie»: dunque per violazione dell'art. 3 Cost.
Come si è mostrato più sopra, infatti, la disposizione impu
gnata accomuna le regioni — ordinarie e speciali
— nonché le
province autonome, in relazione ad una posizione che le con
traddistingue tutte, ossia la potestà legislativa più ampia (sia es
sa residuale ai sensi dell'art. 117, 4° comma, Cost., o primaria ai sensi degli statuti speciali); d'altra parte, legittimamente non dà rilievo alla posizione specifica di ciascuna regione speciale o
provincia autonoma, connessa alle competenze «primarie» a ciascuna di esse statutariamente riconosciute, dal momento che ciò trova giustificazione nella necessità di garantire l'unitarietà della posizione della delegazione italiana nei confronti della Comunità europea.
7. - Anche l'ultimo profilo di censura, concernente il 2° comma dell'art. 5 1. n. 131 del 2003, non è fondato. -
Secondo la ricorrente tale disposizione sarebbe costituzio nalmente illegittima in quanto posta in violazione della prero gativa costituzionale delle regioni speciali e delle province au tonome consistente nella «possibilità di far valere eventuali ille
gittimità» degli atti normativi comunitari «davanti agli organi competenti».
Al riguardo, deve invece essere evidenziato come nel sistema costituzionale non esista una simile prerogativa. Di talché, deve ritenersi che la scelta di prevedere l'obbligo, per il governo, di
proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità
europee avverso gli atti normativi comunitari «qualora esso sia richiesto dalla conferenza Stato-regioni a maggioranza assoluta delle regioni e delle province autonome» (art. 5, 2° comma, 1. n. 131 del 2003), sia riferibile alla discrezionalità del legislatore statale. Né del resto è possibile considerare tale scelta irragio nevole, dal momento che la circostanza secondo la quale la ri chiesta di impugnazione provenga dalla conferenza Stato
regioni, per di più con la prescritta maggioranza assoluta, con
II Foro Italiano — 2004.
sente di ritenere tale richiesta espressiva di una posizione suffi
cientemente condivisa dal sistema delle autonomie regionali. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, ri
servata a separate pronunzie la decisione delle restanti questioni di legittimità costituzionale della 1. 5 giugno 2003 n. 131, solle
vate con i ricorsi indicati in epigrafe, dichiara non fondate le
questioni di legittimità costituzionale dell'art. 5, 1° e 2° comma, 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adeguamento del
l'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n.
3), sollevate, in riferimento all'art. 117, 3° e 5° comma, Cost.,
agli art. 8, 9, 10 e 16 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670 (approvazione del t.u.
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige) e agli art. 3, 4 e 6 1. cost. 26 febbraio 1948
n. 3 (statuto speciale per la Sardegna), sollevate dalla provincia autonoma di Bolzano e dalla regione Sardegna con i ricorsi in
dicati in epigrafe.
Ili
Diritto. — 1. -1 ricorsi, proposti rispettivamente dalla provin cia autonoma di Bolzano (reg. ric. n. 59 del 2003) e dalla regio ne Sardegna (reg. ric. n. 61 del 2003), sollevano, fra le altre,
questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, 1°, 2°, 3° e 5°
comma, 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adegua mento dell'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre
2001 n. 3). Tale articolo (rubricato «attuazione dell'art. 117, 5° e 9°
comma, Cost, sull'attività internazionale delle regioni») statui
sce nel 1° comma che «le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legis lativa, provvedono direttamente all'attuazione e all'esecuzione
degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva co
municazione al ministero degli affari esteri e alla presidenza del
consiglio dei ministri - dipartimento per gli affari regionali, i
quali, nei successivi trenta giorni dal relativo ricevimento, pos sono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la responsabilità delle regioni verso lo Stato, si
applicano le disposizioni di cui all'art. 8, 1°, 4° e 5° comma»
(vale a dire le disposizioni in tema di esercizio da parte del go verno del potere sostitutivo di cui all'art. 120 Cost.), «in quanto
compatibili». Il successivo 2° comma disciplina le intese delle regioni e
delle province autonome con enti territoriali sub-statali di altri
paesi. Esso prevede che «le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legis lativa, possono concludere, con enti territoriali interni ad altro
Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, so
ciale e culturale, nonché a realizzare attività di mero rilievo in
ternazionale, dandone comunicazione prima della firma» al di
partimento per gli affari regionali e al ministero degli affari
esteri, «ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei ministeri competenti, da far pervenire a cura del dipartimento medesimo entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali le re
gioni e le province autonome possono sottoscrivere l'intesa». E
aggiunge che «con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non pos sono esprimere valutazioni relative alla politica estera dello
Stato, né possono assumere impegni dai quali derivino obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi» di
comuni, province, città metropolitane o di altre regioni. Il 3° comma disciplina gli accordi delle regioni (cui sempre
sono accomunate le province autonome di Trento e di Bolzano) con altri Stati, conclusi «nelle materie di propria competenza le
gislativa». Si può trattare di «accordi esecutivi ed applicativi di
accordi internazionali regolarmente entrati in vigore»; di «ac cordi di natura tecnico-amministrativa»; di «accordi di natura
programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale», che possono essere conclusi «nel rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall'ordinamento co
munitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli in dirizzi di politica estera italiana», nonché, nelle materie di com
petenza legislativa concorrente, nel rispetto «dei principi fon
damentali dettati dalle leggi dello Stato» (primo periodo). In tema di procedura il 3° comma stabilisce che la regione dà tem
pestiva comunicazione delle trattative al ministero degli affari
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
esteri e al dipartimento per gli affari regionali, che ne informano
a loro volta gli altri ministeri competenti (secondo periodo). Il
ministero degli affari esteri «può indicare principi e criteri da
seguire nella conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si
svolgano all'estero, le competenti rappresentanze diplomatiche e i competenti uffici consolari italiani, previa intesa con la re
gione o con la provincia autonoma, collaborano alla conduzione delle trattative» (terzo periodo). Infine si prevede che la regione, prima di sottoscrivere l'accordo, comunica il relativo progetto al ministero degli affari esteri, il quale, sentito il dipartimento
per gli affari regionali, ed «accertata l'opportunità politica e la
legittimità dell'accordo, ai sensi del presente comma, conferisce
i pieni poteri di firma previsti dalle norme del diritto internazio
nale generale e dalla convenzione di Vienna sul diritto dei trat
tati del 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della 1. 12 febbraio
1974 n. 112» (quarto periodo). E stabilito infine che «gli accordi
sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nul
li» (quinto periodo). A sua volta il 5° comma dello stesso art. 6 prevede che il mi
nistro degli affari esteri «può, in qualsiasi momento, rappresen tare alla regione o alla provincia autonoma interessata questioni di opportunità inerenti alle attività di cui ai commi da 1 a 3 e de
rivanti dalle scelte e dagli indirizzi di politica estera dello Stato»
e, in caso di dissenso, sentito il dipartimento per gli affari re
gionali, «chiedere che la questione sia portata in consiglio dei
ministri che, con l'intervento del presidente della giunta regio nale o provinciale interessato, delibera sulla questione».
Le ricorrenti, con argomentazioni identiche, sostengono, in
primo luogo, che dette disposizioni sono lesive della competen za delle regioni e delle province autonome in quanto detterebbe
ro una disciplina «specifica, compiuta ed analitica», invece di
limitarsi a dettare norme di principio, come avrebbero dovuto
fare, attenendo esse alla materia, di competenza concorrente, dei
«rapporti internazionali delle regioni», limite questo che riguar derebbe anche le leggi statali chiamate, ai sensi del 9° comma
dell'art. 117 Cost., a disciplinare i «casi» e le «forme» degli ac
cordi delle regioni con altri Stati e delle loro intese con enti ter
ritoriali interni ad essi.
In secondo luogo le ricorrenti sostengono che, anche a voler
accedere alla diversa interpretazione secondo cui tali ultime
leggi statali costituiscano esercizio di una competenza integral mente riservata allo Stato, la disciplina statale non potrebbe ri
guardare altro che i «casi» e le «forme» degli accordi e delle
intese, mentre l'impugnato art. 6 andrebbe oltre, non limitandosi
ad individuare i tipi di accordi che le regioni possono conclude
re con altri Stati e a fissare regole procedurali, ma prevedendo
poteri di ingerenza nel merito da parte dello Stato suscettibili di
eliminare sostanzialmente il potere di decisione regionale. In
particolare, realizzerebbero tale ingerenza la previsione del po tere ministeriale di dettare principi e criteri direttivi da seguire nella conduzione dei negoziati; l'imposizione della collabora
zione con le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari
quando le trattative si svolgano all'estero; la previsione di un
accertamento preventivo dell'opportunità politica e della legit timità dell'accordo (3° comma); la previsione del potere mini
steriale di rappresentare «in qualsiasi momento» alla regione o
alla provincia autonoma interessata questioni di opportunità e di
devolvere in caso di dissenso la decisione al consiglio dei mini
stri (5° comma); nonché la previsione del necessario conferi
mento di pieni poteri da parte del ministro degli esteri, a pena di
nullità dell'accordo (3° comma), poiché si tratterebbe di un
istituto riguardante i soli trattati fra Stati, mentre gli accordi
delle regioni non sarebbero tali, non vincolerebbero lo Stato ma
solo la regione stipulante, e non costituirebbero limite alla legis lazione interna ai sensi dell'art. 117, 1° comma, Cost.
2. - La presente pronunzia riguarda il solo art. 6 1. n. 131 del
2003, impugnato dalle ricorrenti insieme ad altre disposizioni della stessa legge, il cui esame resta riservato a separate deci
sioni. 3. -1 due giudizi, avendo lo stesso oggetto, devono essere ri
uniti, limitatamente a ciò che concerne l'oggetto della presente
decisione, per essere decisi con unica pronunzia. 4. - La questione sollevata dalla regione Sardegna è inammis
sibile. Infatti la delibera della giunta regionale di impugnazione
della 1. n. 131 del 2003 riguarda genericamente, nel dispositivo, le «parti» di essa «che comprimono illegittimamente l'autono
II Foro Italiano — 2004.
mia concessa alla regione dallo statuto, dalle relative norme di
attuazione, nonché dall'art. 10 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3»; e
le premesse della delibera, atte ad integrarne e precisarne la
portata, dopo avere genericamente affermato che la legge «con
tiene norme lesive dell'autonomia attribuita alla regione», af
fermano che «tra le altre norme, vengono in particolare conside
razione» l'art. 1, 4° comma; l'art. 5, 1° comma; l'art. 8, 1°
comma, riguardo ai quali si specificano le relative censure, mentre non si fa alcuna menzione dell'art. 6.
Manca pertanto una valida delibera di impugnazione che ri
guardi l'art. 6 della legge, non potendosi, per altro verso, dare
ingresso ad un'impugnativa, priva di oggetto sufficientemente
specificato, che investa l'intera legge o disposizioni di essa non
indicate espressamente (cfr. sentenza n. 43 del 2004, Foro it., 2004, I, 1338), quando tale legge rechi disposizioni plurime e
non omogenee. 5. - La questione sollevata dalla provincia autonoma di Bol
zano è infondata nei termini di seguito precisati. Questa corte, già prima della riforma del titolo V della parte
seconda della Costituzione recata dalla 1. cost. n. 3 del 2001, si
era pronunciata in ordine all'ammissibilità e ai limiti di un'atti
vità regionale avente rilievo internazionale. In particolare, nella
sentenza n. 179 del 1987 {id., 1988, I, 45), essa aveva ribadito
l'esclusiva competenza statale in ordine ai rapporti internazio
nali, ammettendo però deroghe introdotte dal legislatore ordina
rio, quali quella derivante dalla previsione delle «attività pro mozionali» all'estero delle regioni legate da nesso strumentale
con le materie di competenza regionale, e precedute da intesa
con lo Stato, e quelle connesse alla previsione di accordi di co
operazione transfrontaliera; aveva altresì ammesso la legittimità delle c.d. «attività di mero rilievo internazionale delle regioni», attraverso le quali esse non sottoscrivono veri e propri accordi, ma si limitano a prevedere scambi di informazioni, approfondi mento di conoscenze in materie di comune interesse, o l'enun
ciazione di analoghi intenti di armonizzazione unilaterale delle
condotte rispettive di regioni e di enti afferenti ad altri Stati, senza incidere sulla politica estera dello Stato; aveva affermato
la necessità, in ogni caso, del previo assenso del governo in
modo che lo Stato potesse controllare la conformità delle atti
vità regionali agli indirizzi di politica internazionale.
Sulla base di questi principi, dichiarati applicabili anche alle
regioni a statuto speciale, là dove i rispettivi statuti nulla di
spongano (cfr. sentenze n. 179 del 1987, cit.; n. 564 e n. 924 del
1988, id., Rep. 1988, voce Regione, n. 227, e id., 1990, I, 412; n. 343 del 1996, id, 1996,1, 3283; n. 428 del 1997, id., 1998,1, 705), la corte ha ripetutamente statuito in ordine alla legittimità, ai limiti e alle modalità delle attività di rilievo internazionale
delle regioni, anche in relazione al principio di leale coopera zione, in particolare affermando la sindacabilità degli atti statali
di diniego dell'assenso ad attività regionali (cfr. sentenze n. 737
del 1988, id, 1990,1, 1153; n. 472 del 1992, id., 1993,1, 3003; n. 204 del 1993, ibid, 3002).
6. - Il nuovo art. 117 Cost, detta un'espressa disciplina delle
attività internazionali delle regioni. Da un lato esso riserva alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della
«politica estera e rapporti internazionali dello Stato» (2° com
ma, lett. a), e attribuisce alla competenza concorrente quella dei
«rapporti internazionali [...] delle regioni» (3° comma); dal
l'altro lato, esplicitamente prevede che «nelle materie di sua
competenza la regione può concludere accordi con Stati e intese
con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da leggi dello Stato» (9° comma). Inoltre prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
nelle materie di loro competenza, «provvedono all'attuazione e
all'esecuzione degli accordi internazionali [...], nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che di
sciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di
inadempienza» (5° comma). È da notare che quest'ultima disposizione si applica anche
alle regioni speciali (come è fatto chiaro dal riferimento testuale
alle province autonome): più in generale, nel silenzio degli sta
tuti, e tenendo conto che l'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001 impone di riconoscere alle regioni speciali ogni forma di maggiore au
tonomia che il nuovo titolo V attribuisca alle regioni ordinarie,
deve ritenersi che valgano anche nei confronti delle autonomie
speciali i principi e le regole, che esplicitamente consentono at
tività internazionali delle regioni, risultanti dal nuovo art. 117,
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2939 PARTE PRIMA 2940
confermandosi, per questo aspetto, la soluzione già seguita nella
ricordata giurisprudenza anteriore alla riforma.
Quanto al merito del problema, le nuove disposizioni costitu
zionali non si discostano dalle linee fondamentali già enunciate
in passato da questa corte: riserva allo Stato della competenza sulla politica estera; ammissione di un'attività internazionale
delle regioni; subordinazione di questa alla possibilità effettiva
di un controllo statale sulle iniziative regionali, al fine di evitare
contrasti con le linee della politica estera nazionale.
La novità che discende dal mutato quadro normativo è essen
zialmente il riconoscimento a livello costituzionale di un «pote re estero» delle regioni, cioè della potestà, nell'ambito delle
proprie competenze, di stipulare, oltre ad intese con enti omolo
ghi di altri Stati, anche veri e propri accordi con altri Stati, sia
pure nei casi e nelle forme determinati da leggi statali (art. 117, 9° comma). Tale potere estero deve peraltro essere coordinato
con l'esclusiva competenza statale in tema di politica estera,
donde la competenza statale a determinare i «casi» e a discipli nare «le forme» di questa attività regionale, così da salvaguarda re gli interessi unitari che trovano espressione nella politica estera na2 'Duale. Le regi mi, nell'esercizio della potestà loro ri
conosciuta ron operar o dunque come «delegate» dello Stato, bensì come soggetti autonomi che interloquiscono direttamente
con gli Stati esteri, ma sempre nel quadro di garanzia e di coor
dinamento apprestato dai poteri dello Stato.
7. - Alla luce dei principi ora enunciati, le disposizioni impu
gnate della 1. n. 131 del 2003 si rivelano immuni dalle censure
mosse dalla ricorrente.
Non può essere condivisa, in primo luogo, la tesi secondo cui
esse conterrebbero una normativa di dettaglio, mentre lo Stato
dovrebbe limitarsi, in questa materia, a stabilire principi fonda
mentali, nell'esercizio della competenza concorrente in tema di
rapporti internazionali delle regioni. In realtà il nuovo art. 117 demanda allo Stato il compito di
stabilire le «norme di procedura» che le regioni debbono ri
spettare nel provvedere all'attuazione e all'esecuzione degli ac
cordi internazionali, e di disciplinare le modalità di esercizio del
potere sostitutivo in caso di inadempienza (5° comma); nonché
il compito di disciplinare i «casi» e le «forme» della conclusio
ne di accordi delle regioni con altri Stati e di intese con enti ter
ritoriali di altri Stati (9° comma). Le disposizioni dell'art. 6, 1°, 2° e 3° comma, 1. n. 131 del 2003 sono dettate in attuazione di
questi compiti. Il 1° comma, invero, dando corpo alla disciplina testualmente
prevista dall'art. 117, 5° comma, stabilisce la procedura d'in
formazione preventiva da parte delle regioni e di formulazione
da parte del governo nazionale di criteri e osservazioni, ai fini
dell'attività regionale di attuazione ed esecuzione degli accordi
internazionali in vigore, e prevede, con rinvio all'art. 8, le mo
dalità di esercizio del potere sostitutivo.
Il 2° comma disciplina, ai sensi dell'art. 117, 9° comma,
Cost., i casi in cui le regioni possono concludere intese con enti
territoriali interni di altri Stati, e le procedure (le forme) intese a
consentire la necessaria preventiva verifica statale. Anche i vin
coli di contenuto enunciati nel periodo finale del comma — di
vieto per le regioni di esprimere valutazioni relative alla politica estera dello Stato e di assumere impegni da cui derivino obbli
ghi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi di
altri enti territoriali — costituiscono in definitiva una specifica zione in negativo dei limiti in cui è consentito alle regioni con
cludere intese con omologhi enti stranieri.
A sua volta il 3° comma disciplina «casi» e «forme» della
conclusione di accordi fra le regioni e altri Stati, secondo la
previsione dell'art. 117, 9° comma.
Infine il 5C comma non fa che riprendere con una sorta di
clausola generale il contenuto fondamentale del principio per cui lo Stato deve poter intervenire a salvaguardia degli interessi
della politica estera, prevedendo anzi la garanzia, in caso di dis
senso, dell'intervento del massimo organo del governo, il con
siglio dei ministri, con la partecipazione del presidente della
giunta regionale o provinciale interessato.
Si tratta dunque di disposizioni che, in ogni caso, non ecce
dono l'ambito dei compiti attribuiti allo Stato in questa materia
dall'art. 117 Cost.
8. - Nemmeno è fondata la tesi subordinata della ricorrente, secondo cui le disposizioni impugnate introdurrebbero regole e
istituti suscettibili di dar luogo ad indebite ingerenze di merito
Il Foro Italiano — 2004.
dello Stato nelle decisioni delle regioni in questa materia, così
ledendone l'autonomia.
Le norme in questione devono essere intese in relazione ai
principi sopra ricordati, emergenti dall'art. 117 Cost., e in con
formità ad essi. Ciò vale, anzitutto, per le procedure disciplinate dall'art. 6, 1° e 2° comma. I «criteri» e le «osservazioni» che
l'organo governativo è abilitato a formulare rispetto alle inizia
tive e alle attività regionali ai fini dell'esecuzione degli accordi
internazionali e alla stipulazione di intese con enti territoriali
interni ad altri Stati sono sempre e soltanto relativi alle esigenze di salvaguardia delle linee della politica estera nazionale e di
corretta esecuzione degli obblighi di cui lo Stato è responsabile nell'ordinamento internazionale; né potrebbero travalicare in
strumenti d'ingerenza immotivata nelle autonome scelte delle
regioni (cfr. sentenze n. 179 del 1987 e n. 737 del 1988, citate).
Analoghe considerazioni valgono anche quanto alla disciplina contenuta nel 3° comma dell'impugnato art. 6, in tema di accor
di delle regioni con altri Stati. La stessa ricorrente non contesta
né le limitazioni che la disposizione apporta alle tipologie di ac
cordi stipulabili e dunque ai «casi» in cui tali accordi possono essere conclusi, né le regole relative all'obbligo di tempestiva comunicazione al governo delle trattative, e alla pubblicità degli accordi stipulati (prevista, quest'ultima, dal 4° comma dell'art.
6, non impugnato). Sostiene invece che rappresentino strumenti
di indebita ingerenza statale, anzitutto, la possibilità per il mini
stero degli affari esteri di «indicare principi e criteri da seguire nella conduzione dei negoziati», l'imposizione della collabora
zione delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari
per i negoziati all'estero, e la necessità di un accertamento pre ventivo da parte del ministero degli affari esteri dell'«opportu nità politica» e della «legittimità» dell'accordo.
Ma, in primo luogo, i «principi e criteri» da seguire nella
conduzione dei negoziati, di cui è parola nel terzo periodo del
3° comma, al pari dei «criteri e osservazioni» cui si riferisce il
1° comma, non vanno intesi come direttive vincolanti in positi vo quanto al contenuto degli accordi, bensì solo come espres sione delle esigenze di salvaguardia degli indirizzi della politica
estera, e dunque come specificazione del vincolo generale na
scente a carico della regione dalla riserva allo Stato della com
petenza a formulare e sviluppare tali indirizzi, e dal conseguente divieto di pregiudicarli con attività e atti di essi lesivi.
Quanto alla collaborazione degli uffici diplomatici e consola
ri, si tratta in realtà di una possibilità di supporto tecnico, il cui
utilizzo resta subordinato, come precisa la norma, alla previa intesa con la regione o con la provincia autonoma, e dunque non
comporta alcuna lesione all'autonomia di questa.
Quanto infine all'accertamento preventivo di legittimità e di
opportunità dell'accordo, mentre il riferimento alla legittimità attiene principalmente alla verifica del rispetto dei limiti posti al
«potere estero» delle regioni, nonché delle procedure e degli
obblighi d'informazione, il riferimento all'opportunità va letto
alla luce di quanto previsto in via generale dal 5° comma, ove si
precisa che le «questioni di opportunità» che il governo può sollevare sono quelle «derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di
politica estera dello Stato».
Tale potere di accertamento del governo non legittima dunque alcuna ingerenza nelle scelte di opportunità e di merito attinenti
all'esplicazione dell'autonomia della regione. Il governo può
legittimamente opporsi alla conclusione di un accordo da parte di una regione, contenuto nei limiti stabiliti dall'art. 117, 9°
comma. Cost., solo quando ritenga che esso pregiudichi gli indi
rizzi e gli interessi attinenti alla politica estera dello Stato; sul
piano procedurale le regioni godono della garanzia derivante
dalla competenza del massimo organo del governo, il consiglio dei ministri, a decidere in via definitiva, mentre l'eventuale uso
arbitrario di tale potere resta pur sempre suscettibile di sinda
cato nella sede dell'eventuale conflitto di attribuzioni.
9. - Analoghe considerazioni valgono a consentire ed imporre
una lettura costituzionalmente conforme della previsione secon
do cui la stipulazione degli accordi deve essere preceduta, a pe na di nullità degli accordi medesimi, dal conferimento da parte del ministero degli affari esteri dei «pieni poteri di firma». Si tratta di un istituto derivante dal diritto internazionale, in parti colare disciplinato dall'art. 7 della convenzione sul diritto dei
trattati adottata a Vienna il 23 maggio 1969, resa esecutiva in
Italia con la 1. 12 febbraio 1974 n. 112 (ratifica ed esecuzione
della convenzione sul diritto dei trattati, adottata a Vienna il 23
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
maggio 1969), ai cui sensi «un individuo viene considerato il
rappresentante di uno Stato per l'adozione o l'autenticazione
del testo di un trattato o per esprimere il consenso dello Stato ad
essere vincolato da un trattato» vuoi «quando presenti i pieni
poteri del caso», vuoi «quando risulti dalla pratica degli Stati
interessati o da altre circostanze che detti Stati avevano l'inten
zione di considerare tale individuo come rappresentante dello
Stato a tali fini»; sono poi considerati rappresentanti dello Stato
a cui appartengono, in virtù delle loro funzioni, e senza dover
presentare i pieni poteri, i titolari di cariche nominate nel 2°
comma del medesimo art. 7 della convenzione (capi di Stato e
di governo, ministri degli esteri, rappresentanti accreditati ad
una conferenza internazionale, ecc.). L'istituto ha il fine di dare certezza riguardo al fatto che il
consenso prestato o la firma apposta al trattato siano realmente
idonei a impegnare lo Stato nell'ordinamento internazionale,
provenendo da chi ha i poteri rappresentativi a ciò necessari.
La ricorrente sostiene che gli accordi stipulati dalle regioni con altri Stati non sono «trattati» frrf Stati, e come tali non vin
colano lo Stato ma solo l'ente stipulante. Tale tesi non può esse
re condivisa. L'autonomia di diritto interno (costituzionale) in
base alla quale le regioni possono concludere gli accordi si eser
cita pur sempre nel quadro di un ordinamento in cui lo Stato
centrale, titolare esclusivo della politica estera, è responsabile sul piano del diritto internazionale degli accordi e delle relative
conseguenze, e quindi ha il potere-dovere di controllare la con
formità di detti accordi agli indirizzi della politica estera nazio
nale. Ciò comporta l'esigenza di adottare formalità intese a dare
certezza, sul piano internazionale, circa la legittimazione di chi
esprime la volontà di stipulare l'accordo e circa l'esistenza, se
condo il diritto interno, del «potere estero» di cui l'accordo è
espressione. Poiché però, come si è detto, secondo il diritto interno la re
gione opera in base a poteri propri, e non come «delegata» dello
Stato, una volta che sia attuato il procedimento di verifica pre ventiva circa il rispetto dei limiti e delle procedure prescritte il
ministero degli affari esteri è tenuto a conferire i pieni poteri al
l'organo regionale competente per la stipulazione, e non potreb
be discrezionalmente negarli. Si tratta dunque, in sostanza, di un
adempimento formale vincolato in relazione all'esito della pre
detta verifica.
10. - È pure infondata, infine, la censura che la ricorrente
muove in relazione alla possibilità, riconosciuta al governo dal
5° comma dell'impugnato art. 6, di rappresentare in qualunque
momento (dunque, arguisce la ricorrente, anche dopo la stipula
zione dell'accordo) «questioni di opportunità» e, in caso di dis
senso, di provocare una delibera del consiglio dei ministri.
Tale clausola non fa che ribadire in termini generali ciò che
già risulta dai principi e dalle procedure di cui al 1°, 2° e 3°
comma in ordine alla stipulazione di intese e accordi e all'ese
cuzione e attuazione di obblighi internazionali. Le «questioni di
opportunità» attengono, come è espressamente previsto, alle
esigenze di rispetto degli indirizzi della politica estera; ed esse
potranno essere sollevate, volta a volta, in relazione ad accordi
o intese ancora da sottoscrivere, ai sensi del 2° e 3° comma, ov
vero successivamente in relazione a problemi di attuazione, ai
sensi del 1° comma. È escluso comunque che tale possibilità
consenta al governo di esercitare un indebito controllo di merito
sulle autonome scelte regionali. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, ri
servata a separate pronunzie la decisione delle restanti questioni
di legittimità costituzionale della 1. 5 giugno 2003 n. 131, solle
vate con i ricorsi in epigrafe:
a) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 6, 1°, 2°, 3° e 5° comma, 1. 5 giugno 2003 n.
131 (disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della re
pubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3) sollevata, in riferi
mento all'art. 117 Cost., in relazione all'art. 10 1. cost. 18 otto
bre 2001 n. 3, ed in riferimento agli art. 3, 4, 5 e 6 statuto spe
ciale per la Sardegna di cui alla 1. cost. 26 febbraio 1948 n. 3, e
alle relative norme di attuazione, dalla regione Sardegna con il
ricorso in epigrafe (r. ric. n. 61 del 2003); b) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, 1°, 2°, 3° e 5°
comma, predetta 1. n. 131 del 2003 sollevata, in riferimento al
l'art. 117 Cost., all'art. 10 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, agli art.
8, 9, 10 e 16 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al
Il Foro Italiano — 2004.
d.p.r. 31 agosto 1972 n. 670, e alle relative norme di attuazione,
dalla provincia autonoma di Bolzano con il ricorso in epigrafe
(r. ric. n. 59 del 2003).
IV
Diritto. — 1. - Le province autonome di Trento e di Bolzano
e le regioni Sicilia, Sardegna e Valle d'Aosta hanno proposto
questione di legittimità costituzionale di numerose disposizioni della 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n.
3). 2. - Le questioni relative agli art. 7, 1° comma, 8, commi da 1
a 4; 10, 5° e 6° comma, vengono qui trattate distintamente ri
spetto alle altre proposte con gli stessi ricorsi e riservate a sepa rate decisioni. Per omogeneità di materia, i relativi giudizi pos sono essere riuniti e decisi con la medesima sentenza.
3. - L'art. 7, 1° comma, è impugnato dalla provincia di Bol
zano e dalla regione Sardegna in riferimento all'art. 117, 3°
comma, Cost., all'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001, agli art. 8, 9, 10,
16 e 18 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige nonché agli art. 3, 4, 5 e 6 dello statuto speciale per la Sardegna.
La disposizione censurata, nella parte che qui si denuncia
come illegittima, prevede che «lo Stato e le regioni, secondo le
rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni am
ministrative da loro esercitate alla data di entrata in vigore della
presente legge, sulla base dei principi di sussidiarietà, differen
ziazione e adeguatezza, attribuendo a province, città metropoli
tane, regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare
l'unitarietà di esercizio, per motivi di buon andamento, efficien
za o efficacia dell'azione amministrativa ovvero per motivi fun
zionali o economici o per esigenze di programmazione o di
omogeneità territoriale, nel rispetto, anche ai fini dell'assegna
zione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli enti di auto
nomia funzionale, anche nei settori della promozione dello svi
luppo economico e della gestione dei servizi».
Le ricorrenti sostengono in via preliminare che il principio di
sussidiarietà non sarebbe operante nei loro confronti. La clau
sola di maggior favore di cui all'art. 10 1. cost. 18 ottobre 2001
n. 3, si argomenta, impone di applicare le disposizioni del titolo
V anche alle regioni speciali, ma solo «per le parti in cui preve
dono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attri
buite». L'art. 118 Cost., che individua nella sussidiarietà il cri
terio di. allocazione delle funzioni amministrative, risulterebbe
tuttavia penalizzante rispetto alla regola, sancita nei rispettivi statuti (art. 16 statuto per il Trentino-Alto Adige, art. 6 dello
statuto sardo), secondo la quale la regione e la provincia auto
noma esercitano le funzioni amministrative nelle materie nelle
quali hanno potestà legislativa (c.d. «parallelismo» delle fun
zioni). Da ciò l'inapplicabilità dell'anzidetto articolo della Co
stituzione agli enti ad autonomia differenziata.
Si lamenta inoltre nei ricorsi che la disposizione impugnata
autorizza lo Stato a conferire a province e comuni funzioni eser
citate alla data di entrata in vigore della 1. n. 131 del 2003, an
che se ormai alcune di queste funzioni, a seguito della revisione
del titolo V della parte seconda della Costituzione e segnata
mente dell'art. 118, sarebbero divenute di competenza regiona
le.
3.1. - La questione è inammissibile.
È errato il presupposto interpretativo dal quale muovono le
ricorrenti, e cioè che l'art. 7 1. n. 131 del 2003 trovi applicazio
ne nei confronti delle regioni a statuto speciale. Decisivo è in
proposito il rilievo che l'art. 11 medesima legge, rubricato «at
tuazione dell'art. 10 1. cost. 18 ottobre 2001 n. 3», dopo aver
stabilito che «per le regioni a statuto speciale e le province au
tonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai
rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione,
nonché dall'art. 10» testé citato, affida alle commissioni parite
tiche previste dagli statuti delle regioni ad autonomia differen
ziata, in relazione alle ulteriori competenze loro spettanti in for
za del riformato titolo V, la proposta di adozione delle norme di
attuazione «per il trasferimento dei beni e delle risorse stru
mentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti all'eser
cizio delle ulteriori funzioni amministrative». La lettura della
disposizione risulta agevole: per tutte le competenze legislative
aventi un fondamento nello statuto speciale, il principio del pa
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2943 PARTE PRIMA 2944
rallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative conserva la sua validità. Per le ulteriori, più ampie competenze che le regioni speciali e le province autonome traggano dalla
Costituzione, in virtù della clausola di maggior favore, troverà invece applicazione l'art. 11 1. n. 131 del 2003 e quindi il trasfe rimento delle funzioni avrà luogo secondo le modalità previste dalle norme di attuazione e con l'indefettibile partecipazione della commissione paritetica.
In definitiva, il censurato art. 7, come le stesse parti hanno ri conosciuto nella discussione orale, riguarda solo le regioni a statuto ordinario e non anche le regioni speciali e le province autonome. Non si applica pertanto alle ricorrenti regione Sarde
gna e provincia di Bolzano, con conseguente inammissibilità della questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 7, 10 comma.
4. - L'art. 8, nei commi da 1 a 4, è impugnato dalla provincia di Bolzano e dalla regione Sardegna per violazione delle com
petenze di cui al combinato disposto degli art. 117, 3° comma, Cost.; 10 1. cost. n. 3 del 2001; 8, 9, 10, 52, ultimo comma, e 107 statuto per il Trentino-Alto Adige e 3, 4, 5, 56 dello statuto sardo e delle relative norme di attuazione, nonché in relazione
agli art. 70 e 77 Cost.
La disposizione in oggetto, nel dare attuazione all'art. 120, 2°
comma, Cost., in tema di potere sostitutivo, stabilisce che «nei casi e per le finalità previsti» da tale articolo «il presidente del
consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente per materia, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, as
segna all'ente interessato un congruo termine per adottare i
provvedimenti dovuti o necessari» e prosegue disponendo che,
quando sia decorso inutilmente tale termine, «il consiglio dei
ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del ministro
competente o del presidente del consiglio dei ministri, adotta i
provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un
apposito commissario». Alla riunione del consiglio dei ministri — così si chiude il 1° comma dell'articolo impugnato
— «par
tecipa il presidente della giunta regionale della regione interes sata al provvedimento».
Nei successivi commi sono disciplinate puntualmente le mo dalità procedimentali di esercizio del potere sostitutivo diretto a
porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria (2° comma), di quello riguardante comuni, province e città metro
politane (3° comma) e di quello di natura preventiva, da dispor re «nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tu telate dall'art. 120 Cost.».
Le ricorrenti sostengono in via preliminare che l'art. 120
Cost., e l'art. 8 che lo attua, non sarebbero applicabili alle re
gioni speciali, in quanto regolano l'intervento sostitutivo secon do modalità peggiorative rispetto alle tipologie previste nei ri
spettivi statuti, con conseguente inoperatività della più volte ri cordata clausola di favore dell'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001.
Sempre da parte di entrambe le ricorrenti si denuncia inoltre la previsione, nel 1° comma dell'art. 8, di un potere sostitutivo di natura normativa, osservando, da un lato, che con legge for male ordinaria si sarebbe configurato un decreto legge atipico, discosto dal modello definito dall'art. 77 Cost.; lamentando, dall'altro, che la sostituzione normativa consentirebbe al gover no, in via preventiva e d'urgenza, di derogare al riparto costitu zionale della potestà legislativa e regolamentare delineato nel l'art. 117 Cost, e quindi autorizzerebbe a porre, con atto secon dario statale, un vincolo di validità-efficacia alle fonti regionali di rango legislativo.
Il medesimo art. 8, si prosegue in entrambi i ricorsi, sarebbe
incompatibile pure con la disciplina dell'intervento sostitutivo derivante da inadempienza comunitaria, che è posta, per la re
gione Sardegna, dall'art. 6, 3° comma, d.p.r. 19 giugno 1979 n. 348 (norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla 1. 22 luglio 1975 n. 382 e al d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616) e, per la provincia di Bolzano, dall'art. 8 d.p.r. 19 novembre 1987 n. 526 (estensione alla regione Trentino-Alto
Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle di
sposizioni del d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616). Disposizioni, que ste, che sarebbero derogabili o abrogabili solo mediante la spe ciale procedura collaborativa di cui all'art. 56 statuto della
Sardegna e all'art. 107 statuto per il Trentino-Alto Adige e non da parte di una legge formale ordinaria qual è l'atto normativo di cui fa parte la disposizione impugnata.
Il Foro Italiano — 2004.
Una censura più specifica sul medesimo art. 8 è infine propo sta dalla provincia di Bolzano, la quale ritiene che la mancata
previsione, nel 1° comma, che alla seduta del consiglio dei mi nistri in cui si adottano i provvedimenti sostitutivi partecipi il
presidente della provincia interessata sia in contrasto con l'art.
52, ultimo comma, statuto per il Trentino-Alto Adige, che tale
partecipazione imporrebbe come obbligatoria. 4.1. - Tutte le questioni proposte sono inammissibili. L'art. 120, 2° comma, Cost., attribuisce al governo il potere
di sostituirsi a organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni «nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria
oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubbli ca, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o
dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essen ziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, pre scindendo dai confini territoriali dei governi locali».
La disposizione è posta a presidio di fondamentali esigenze di
eguaglianza, sicurezza, legalità che il mancato o l'illegittimo esercizio delle competenze attribuite, nei precedenti art. 117 e
118, agli enti sub-statali, potrebbe lasciare insoddisfatte o pre giudicare gravemente. Si evidenzia insomma, con tratti di asso luta chiarezza — si pensi alla tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che forma og getto della competenza legislativa di cui all'art. 117, 2° comma, lett. m) —, un legame indissolubile fra il conferimento di una attribuzione e la previsione di un intervento sostitutivo diretto a
garantire che la finalità cui essa è preordinata non sacrifichi l'u nità e la coerenza dell'ordinamento. La previsione del potere sostitutivo fa dunque sistema con le norme costituzionali di al locazione delle competenze, assicurando comunque, nelle ipote si patologiche, un intervento di organi centrali a tutela di inte ressi unitari. E tale sistema non potrebbe essere disarticolato, in
applicazione della «clausola di favore», nei confronti delle re
gioni ad autonomia differenziata, dissociando il titolo di com
petenza dai meccanismi di garanzia ad esso immanenti. E quindi da respingere la tesi secondo la quale i principi dell'art. 120 Cost, non sarebbero in astratto applicabili alle regioni speciali. Al contrario deve concludersi che un potere sostitutivo potrà trovare applicazione anche nei loro confronti, e che, riguardo alle competenze già disciplinate dai rispettivi statuti, continue ranno nel frattempo ad operare le specifiche tipologie di potere sostitutivo in essi (o nelle norme di attuazione) disciplinate.
Ai fini della presente questione, tuttavia, deve osservarsi che il concreto trasferimento alle regioni ad autonomia speciale delle funzioni ulteriori attratte dal nuovo titolo V deve essere ef fettuato con le procedure previste dall'art. 11 1. n. 131 del 2003, ossia con norme di attuazione degli statuti adottate su proposta delle commissioni paritetiche. Ne segue che fino a quando tali norme di attuazione non saranno state approvate, la disciplina del potere sostitutivo di cui si contesta la legittimità resta nei lo ro confronti priva di efficacia e non è idonea a produrre alcuna violazione delle loro attribuzioni costituzionali. Da ciò l'inam missibilità di tutte le censure proposte avverso l'art. 8, commi da 1 a 4.
5. - L'art. 10, 5° comma, è impugnato dalla provincia di Trento e dalle regioni Sicilia, Sardegna e Valle d'Aosta, in rife rimento all'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001, all'art. 20 statuto spe ciale della regione siciliana, all'art. 44 statuto speciale di auto nomia della regione Valle d'Aosta e all'art. 4, 1° comma,
d.leg.lgt. 7 settembre 1945 n. 545 (ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta).
La disposizione censurata stabilisce che all'esecuzione dei
provvedimenti del consiglio dei ministri di esercizio del potere sostitutivo provvedono, per le regioni speciali, «gli organi sta tali a competenza regionale previsti dai rispettivi statuti, con le modalità definite da apposite norme di attuazione».
Con una prima doglianza tutte le ricorrenti lamentano che l'art. 10, 5° comma, avrebbe illegittimamente esteso alle regioni ad autonomia differenziata la disciplina costituzionale del pote re sostitutivo di cui all'art. 120, 2° comma. Cost.
La regione siciliana, inoltre, sostiene che esso violerebbe il
principio di sussidiarietà e, insieme, l'art. 20 dello statuto, il
quale affida al presidente e agli assessori le funzioni ammini strative anche nelle materie in cui la regione non ha potestà le
gislativa (piena o concorrente), vincolandoli in tal caso ad eser citarle secondo le direttive del governo. Secondo la difesa re
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
gionale, le funzioni relative al potere sostitutivo dovrebbero es
sere affidate al presidente o agli assessori regionali e non all'or
gano statale a competenza regionale previsto dallo statuto.
Una censura non dissimile nei confronti del medesimo art. 10,
5° comma, svolge la regione Valle d'Aosta, la quale afferma
che la funzione relativa ai poteri sostitutivi dovrebbe essere af
fidata non già all'organo statale a competenza regionale previ sto dall'art. 45 dello statuto, ossia al presidente della commis
sione di coordinamento, che è un rappresentante del ministero
dell'interno, bensì al presidente della giunta regionale, al quale l'art. 4, 1° comma, d.leg.lgt. n. 545 del 1945 e l'art. 44 dello
statuto di autonomia attribuiscono le funzioni prefettizie. La provincia di Trento si duole infine, sempre rispetto all'art.
10, 5° comma, che l'individuazione dell'organo competente ad
eseguire i provvedimenti sostitutivi dovrebbe spettare alle nor
me di attuazione, attenendo ai rapporti fra Stato e provincia, e
non potrebbe dunque essere disposta da una legge formale ordi
naria.
5.1. - Le questioni sono inammissibili.
Valgono al riguardo le considerazioni già svolte in preceden za al punto 4.1 circa l'inattualità della lesione lamentata dalle
ricorrenti. Il potere sostitutivo di cui si denuncia l'incostituzio
nalità, dunque quello relativo alle competenze aventi fonda
mento non statutario, ma costituzionale, sarà infatti esercitabile
solo nel momento in cui avrà luogo il concreto trasferimento
delle ulteriori funzioni ai sensi dell'art. 11 1. n. 131 del 2003.
6. - La provincia autonoma di Bolzano impugna infine l'art.
10, 6° comma, per violazione degli art. 87 e 107 statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige e delle relative norme di attuazione.
La disposizione in oggetto prevede che «ai commissariati del
governo di Trento e di Bolzano si applicano le disposizioni del
d.p.r. 17 maggio 2001 n. 287, compatibilmente con lo statuto
speciale di autonomia e con le relative norme di attuazione».
Lo Stato — si argomenta nel ricorso provinciale - avrebbe in
tal modo disciplinato le funzioni del commissario di governo unilateralmente e per di più facendo rinvio ad una fonte secon
daria, mentre sarebbe stato necessario, nel rispetto dell'autono
mia costituzionale della provincia ricorrente, fare ricorso alle
norme di attuazione approvate secondo la procedura collabora
tiva di cui all'art. 107 statuto speciale per il Trentino-Alto Adi
ge 6.1. - La questione è fondata.
Giova premettere, per una corretta comprensione della Censu
ra, che con il d.leg. 30 luglio 1999 n. 300 (riforma dell'organiz zazione del governo, a norma dell'art. 11 1. 15 marzo 1997 n.
59), le preesistenti prefetture sono state trasformate in uffici ter
ritoriali del governo e che, in sede di attuazione del predetto de
creto legislativo, il regolamento di cui al d.p.r. 17 maggio 2001
n. 287 (disposizioni in materia di ordinamento degli uffici ter
ritoriali del governo, ai sensi dell'art. 11 d.leg. 30 luglio 1999 n.
300), all'art. 15, ha stabilito che le norme in esso contenute si
applichino alle regioni a statuto speciale tranne che alle regioni Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta e alle province autonome
di Trento e di Bolzano, proprio in ragione della loro peculiare e
differenziata disciplina statutaria del commissario del governo. La disposizione impugnata sancisce invece l'applicabilità del
menzionato regolamento anche alle province di Bolzano e di
Trento e quindi estende ad esse le disposizioni sull'ufficio ter
ritoriale del governo. Non vale a rimuovere la lesione lamentata
dalla provincia ricorrente neppure la previsione dell'applicabi lità dell'anzidetto art. 10, 6° comma, «compatibilmente con lo
statuto speciale di autonomia e con le relative norme di attua
zione». La clausola di salvezza vale infatti a rendere inoperanti le disposizioni del d.p.r. n. 287 che si pongano in aperto contra
sto con la disciplina statutaria, ma non sana il vizio consistente
nell'aver disciplinato le funzioni del commissario del governo
unilateralmente e per di più facendo rinvio a un regolamento
governativo anziché attraverso le norme di attuazione approvate
secondo la procedura collaborativa di cui all'art. 107 dello sta
tuto speciale. L'incostituzionalità della disposizione emerge an
cor più evidente se si considera che, in base al 5° comma del
medesimo art. 10, nelle altre regioni ad autonomia differenziata
la disciplina degli organi statali corrispondenti al commissario
del governo di Bolzano è demandata alle «apposite norme di
attuazione» dei relativi statuti speciali. Per questi motivi, la Corte costituzionale, riservate a separate
decisioni le restanti questioni di legittimità costituzionale della
Il Foro Italiano — 2004.
1. 5 giugno 2003 n. 131, sollevate dalle province autonome di
Trento e di Bolzano e dalle regioni Sicilia, Sardegna e Valle
d'Aosta con i ricorsi indicati in epigrafe, riuniti i giudizi:
1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, 6° com
ma, 1. 5 giugno 2003 n. 131 (disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della repubblica alla 1. cost. 18 ottobre 2001 n.
3);
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu zionale dell'art. 7, 1° comma, 1. 5 giugno 2003 n. 131, sollevata
dalla provincia autonoma di Bolzano e dalla regione Sardegna in riferimento all'art. 117, 3° comma, Cost., all'art. 10 1. cost.
18 ottobre 2001 n. 3, agli art. 8, 9, 10, 16 e 18 statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige nonché agli art. 3, 4, 5 e 6 statuto
speciale per la Sardegna, con i ricorsi indicati in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 8, commi da 1 a 4, medesima legge, sollevata
dalla provincia autonoma di Bolzano e dalla regione Sardegna in riferimento agli art. 70, 77, 117, 3° comma, Cost., all'art. 10
1. cost. n. 3 del 2001, e agli art. 8, 9, 10, 52, ultimo comir , e
107 statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e 3, 4, 5, 56 ta
tuto speciale per la Sardegna, con i ricorsi indicati in epigrafe;
4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 10, 5° comma, medesima legge, sollevata dalla
provincia autonoma di Trento e dalle regioni Sicilia, Sardegna e
Valle d'Aosta, in riferimento all'art. 10 1. cost. n. 3 del 2001,
all'art. 20 statuto speciale della regione siciliana, all'art. 44
statuto speciale di autonomia della regione Valle d'Aosta e al
l'art. 4, 1° comma, d.leg.lgt. 7 settembre 1945 n. 545, con i ri
corsi indicati in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 27 luglio 2004, n. 273 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 4 agosto 2004, n.
30); Pres. Zagrebelsky, Est. Marini; Provincia autonoma di
Trento (Avv. Falcon) c. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato
Favara). Conflitto di attribuzione.
Sanità pubblica — Portatori di handicap — Cure all'estero
— Rimborso spese — Determinazione dei criteri — Con
flitto tra enti — Inammissibilità (Statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige, art. 9; 1. 5 febbraio 1992 n. 104, legge
quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate, art. 11; d.leg. 16 marzo 1992 n. 266,
norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi
regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e
coordinamento, art. 3).
E inammissibile, in quanto proposto avverso un atto privo di le
sività, il conflitto di attribuzione tra enti sollevato dalla pro vincia autonoma di Trento nei confronti dell'art. 3 d.p.c.m. 1°
dicembre 2000 che fissa, in maniera dettagliata, i criteri cui
debbono attenersi le regioni e le province autonome nel rim
borsare le spese di soggiorno per cure dei soggetti portatori
di handicap in centri all'estero di elevata specializzazio
ne. (1)
(1) La Corte costituzionale dichiara inammissibile il conflitto rile
vando che l'atto impugnato deve ritenersi riferito alle province auto
nome solo per quanto concerne l'obiettivo in esso stabilito, rappresen tato dalla partecipazione alle spese di soggiorno per cure affrontate al
l'estero dai portatori di handicap, mentre deve escludersi l'applicazione alla stessa della disciplina analitica contenuta nella disposizione impu
gnata. Tale interpretazione risulta avvalorata dal fatto che nell'accordo
tra governo, regioni e province autonome del 6 febbraio 2003 circa le
modalità applicative del d.p.c.m. impugnato, è stata soppressa la men
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