sentenza 28 maggio 1985; Giud. Mascagni; Alessandrini (Avv. Ermini) c. Burgassi (Avv.Martelli), Quercia e altro (Avv. Altamura)Source: Il Foro Italiano, Vol. 109, No. 5 (MAGGIO 1986), pp. 1469/1470-1475/1476Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23187293 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
situazione (donde la prospettazione, da parte dei ricorrenti, di
una tutela anche di natura possessoria della servitù di passaggio nella zona esterna al fabbricato). Un pregiudizio, quindi, che può essere evitato solo con il mantenimento dello status quo, ai sensi dell'art. 700, perché presenta certamente aspetti non riducibili a
termini meramente economici. Va in proposito affermato che in
una visione moderna ed attuale del concetto di abitazione (che è
l'oggetto del c.d. diritto alla casa) non si prescinde dalla dotazio
ne del posto macchina, che non può considerarsi come un
optional lasciato alle vicende del libero mercato, ma come un
servizio accessorio ed indispensabile della stessa unità abitativa
(restando poi a vedere a quale titolo, se di proprietà, di pertinen za, di servitù o di onere reale). Nell'eventuale carenza di tale
servizio non può rimediarsi con il ricorso ad altre soluzioni, vuoi
per l'intralcio che deriverebbe dall'occupazione di suolo pubblico, vuoi per la scarsezza, l'esosità e l'assoluta insufficienza dei par
cheggi pubblici e privati, esistenti, specie in un quartiere tor
mentato come la Magliana. Concludendo, alla luce delle precedenti considerazioni — ne
cessariamente succinte data l'urgenza di provvedere — sono
ravvisabili tutti gli elementi per la concessione dell'invocato
provvedimento.
I
PRETURA DI FIRENZE; sentenza 28 maggio 1985; Giud.
Mascagni; Alessandrini (Avv. Ermini) c. Burgassi (Avv. Mar
telli), Quercia e altro (Avv. Altamura).
PRETURA DI FIRENZE;
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Disciplina transitoria — Recesso del locatore — Destinazione
dell'immobile all'uso dichiarato — Impossibilità sopravvenuta
prima del rilascio — Inefficacia del provvedimento di rilascio
(L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immo
bili urbani, art. 60).
L'art. 60 l. n. 392/78, nella parte in cui prevede la perdita di
efficacia del provvedimento di rilascio dell'immobile locato (per uso abitativo) conseguente all'esercizio del recesso da parte del
locatore, è applicabile anche prima del rilascio dell'immobile,
qualora sia certo che questo non verrà adibito all'uso per il
quale il locatore aveva agito. (1)
II
PRETURA DI VERONA; sentenza 22 maggio 1985; Giud.
D'Ascola; Zanfretta e altro (Avv. Bragantini) c. Bosi (Aw.
Deanni).
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Disciplina transitoria — Recesso del locatore — Mancata
destinazione dell'immobile all'uso dichiarato — Domanda di
risarcimento danni del conduttore — Competenza per materia
del pretore (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 45, 60, 74). Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad abitazione —
Disciplina transitoria — Recesso del locatore — Mancata
destinazione dell'immobile all'uso dichiarato — Sanzioni a carico del locatore — Mancanza di colpa o dolo — Inapplica bilità (L. 27 luglio 1978 n. 392, art. 60).
La domanda proposta dal conduttore, ai sensi dell'art. 60 l. n.
392/78, per il risarcimento dei danni nel caso in cui il locatore
non abbia adibito l'immobile rilasciato all'uso prospettato a mo
tivo del recesso, rientra nella competenza funzionale del pretore, ai sensi dell'art. 45 stessa legge. (2)
(1-3) I. - Le sentenze che si riportano si occupano di alcuni
problemi (di ordine sostanziale e processuale) attinenti all'applicazione dell'art. 60 della legge c.d. dell'equo canone, che, in tema di recesso del locatore dai contratti concernenti immobili ad uso abitativo, sanziona con l'inefficacia del provvedimento di sfratto la mancata utilizzazione dell'immobile, nel termine di sei mesi dal riacquisto della
disciplina dello stesso, all'uso per il quale il locatore aveva agito, e riconosce al conduttore sfrattato il diritto al ripristino della locazione ovvero (a sua scelta) al risarcimento del danno e al giudice adito per il ripristino o il risarcimento il potere di irrogare al locatore una sanzione monetaria il cui importo va devoluto al comune nel quale è sito l'immobile (per integrare il fondo sociale previsto dagli art. 75 ss. 1. n. 392/78).
Primo presupposto per l'applicabilità delle disposizioni dell'art. 60 in
argomento è, per opinione univoca della giurisprudenza, fondata sulla formulazione della norma, che il rilascio sia stato disposto con un
Il Foro Italiano — 1986.
Non è assoggettabile alle sanzioni previste dall'art. 60 l. n. 392/78 il locatore che non ne osservi le prescrizioni per un fatto
indipendente dalla sua volontà, e che si sia adeguatamente
adoperato per rendere possibile l'uso in relazione al quale aveva ottenuto il rilascio dell'immobile locato. (3)
provvedimento del giudice; cfr. Pret. Milano 5 aprile 1982, Foro it., Rep. 1983, voce Locazione, n. 922; e, con più specifico riferimento
all'ipotesi in cui il titolo esecutivo di rilascio, sia costituito da un verbale di conciliazione giudiziale: Pret. Mantova 27 dicembre 1982, ibid., n. 1058; e Pret. Bassano del Grappa 17 maggio 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 813 (annotata da C. Caianiello, Perché il rilascio
spontaneo non è tutelato?, in Rass. equo canone, 1980, 150). Con riferimento alla corrispondente normativa prevista nel previgente regime vincolistico dall'art. 8 1. n. 253/50, Corte cost. 14 aprile 1980, n. 48, Foro it., 1980, I, 1561, con osservazioni di A. Jannarelli, ha ritenuto
legittima, in riferimento all'art. 3 Cost., l'omessa previsione del ripri stino della locazione e del risarcimento danni nel caso di rilascio non
conseguente a provvedimento giudiziale. Le sanzioni che, analogamente al cit. art. 60, l'art. 31 1. n. 392/78
prevede, con riguardo alle locazioni di immobili ad uso diverso
dall'abitazione, nel caso di mancata destinazione del bene all'uso dichiarato dal locatore che abbia esercitato il recesso o negato la rinnovazione del contratto ex art. 29, sono state invece ritenute
applicabili, atteso il diverso tenore letterale della norma, anche in assenza di un provvedimento giudiziale di rilascio, da Trib. Monza 26 febbraio 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 536.
In dottrina, v. Potenza-Chirico-Annunziata, L'equo canone, Milano, 1978, 500 ss.; G. Sforza, in Equo canone, Padova, 1980, 353
ss.; Tamponi, ibid., 664 ss.; P. Ferrone-S. Ponticiello, Il reces so nella disciplina transitoria della l. 27 luglio 1978 n. 392, Milano, 1982, 179 ss.; S. Zazzera, L'immobile rilasciato a segui to di atto diverso dal provvedimento del giudice e mancata de stinazione all'uso dichiarato, in Arch, locazioni, 1981, 333, e {con titolo diverso) in Dir. e giur., 1982, 54; P. Giuggioli, Appunti in tema di responsabilità del locatore per mancata occupazione dell'im mobile locato dopo il rilascio dello stesso motivato da necessità abitativa ovvero comunque per esigenze personali del locatore medesi
mo, in Locazioni urbane, 1985, 343. II. - Circa la possibilità di far dichiarare, ai sensi dell'art. 60 1. n.
392/78, la sopravvenuta inefficacia del provvedimento di sfratto anche
prima che il locatore abbia conseguito la disponibilità dell'immobile, la sentenza del Pretore di Firenze, che dà al quesito risposta affermativa, si discosta consapevolmente dall'orientamento prevalente di giurispru denza e dottrina. V. in proposito; Pret. Monza, ord. 29 aprile 1983, Foro it., 1983, I, 2310, con nota di richiami, e Pret. Firenze, ord. 25
maggio 1983 e 29 novembre 1982, id., Rep. 1984, voce cit., nn. 734, 735, che hanno sollevato la questione di costituzionalità del 1° comma dell'art. 60, nella parte in cui non prevede la tutela preventiva al rilascio ove il conduttore deduca il definitivo venire meno della
possibilità di utilizzazione dell'immobile all'uso prospettato dal locatore a motivo del recesso.
Peraltro, circa le conseguenze del comportamento tenuto in tale
ipotesi dal locatore, Trib. Milano 29 marzo 1984, Arch, locazioni, 1984, 630, ha affermato la responsabilità agli effetti dell'art. 60 cit. del locatore che abbia ugualmente eseguito il provvedimento di rilascio
conseguente a recesso per necessità, nonostante nel periodo intercorso tra tale provvedimento e il suo rientro nella disponibilità dell'immobile fosse intervenuta una causa impeditiva della destinazione di questo all'uso dichiarato.
III. - Sui criteri di competenza (ed il rito) da seguire per le controversie concernenti l'applicazione delle sanzioni previste dall'art. 60 1. n. 392/78, nel medesimo senso di Pret. Verona, v. Trib. Verona 6 dicembre 1982, Arch, locazioni, 1985, 310; e Pret. Salerno 2 maggio 1980, Foro it., Rep. 1980, voce cit., nn. 820, 838. Per l'applicabilità dei criteri ordinari di competenza per valore v., invece, Pret. Pavia 29 marzo 1979, id., 1980, I, 271.
L'adesione a questo secondo indirizzo è implicita nelle pronunzie di Pret. Piacenza 4 marzo 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 535, e Pret. Eboli 20 febbraio 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 732, secondo le
quali ai fini del calcolo del valore della domanda non deve tenersi conto della sanzione pecuniaria in favore del comune che il giudice irroghi al locatore (e sulla cui natura v., oltre a Pret. Eboli, ora
richiamata, Trib. Verona 6 dicembre 1982, cit.). L'operatività dei criteri di competenza di cui all'art. 45 1. n. 392/78
è stata altresì esclusa, con riguardo alle controversie sull'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 31 (corrispondente, per le locazioni non
abitative, dell'art. 60, come si è già precisato), da Cass. 14 giugno 1983, n. 4083, id., 1984, I, 794, con nota di richiami. Nello stesso senso v., da ultimo, Cass. 14 febbraio 1986, n. 892, inedita.
Secondo Pret. Rapallo 5 novembre 1981, id., Rep. 1982, voce Provvedimenti di urgenza, n. 158, e Pret. Firenze 18 gennaio 1980, id., 1980, 1, 2613, con nota di richiami, per ottenere il ripristino della locazione ai sensi dell'art. 60 1. n. 392 il conduttore può avvalersi del
procedimento ex art. 700 c.p.c. A proposito del carattere alternativo delle sanzioni (ripristino del
contratto/risarcimento del danno) previste dal 2° comma del predetto articolo, v. Trib. Salerno 24 aprile 1984, id., Rep. 1984, voce
Locazione, n. 739, secondo cui il conduttore sfrattato può agire per entrambe alternativamente, ma in corso di causa deve optare per una delle due; e Trib. Matera 4 giugno 1985, Rass. equo canone, 1985,
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1471 PARTE PRIMA 1472
I
Motivi della decisione. — I fatti sono pacifici. Quercia Pietro e Sassi Annunziata, proprietari di un apparta
mento posto in Firenze via B. Cristofori n. 20, esercitarono
azione di recesso nei confronti di Alessandrini Virginia conduttri
ce di detto appartamento. Il giudice conciliatore di Firenze con
sentenza del 27-30 giugno 1981 dichiarò l'illegittimità del recesso
attesa la necessità abitativa dei Quercia, condannando l'Alessan
drini al rilascio dell'appartamento e fissando per l'esecuzione la
data del 15 giugno 1982. Successivamente, in data 16 maggio 1984, i Quercia hanno venduto a Burgassi Luciana l'appartamento de quo ancora occupato dalla Alessandrini in quanto nonostante l'esecuzione fosse stata iniziata la stessa non era stata portata a
termine. L'acquirente Burgassi ha proseguito l'esecuzione in corso dandovi ulteriore impulso.
Con la presente opposizione l'esecutata Alessandrini deduce l'inesistenza del diritto della Burgassi di procedere a esecuzione forzata in forza del suddetto titolo, sostenendo la sopravvenuta inefficacia del provvedimento di rilascio ai sensi dell'art. 60 1.
392/78. Giova premettere che ipotizzando la persistente efficacia del
titolo esecutivo correttamente dovrebbe ritenersi proseguita l'ese
cuzione da parte della Burgassi in quanto successore a titolo
particolare dei Quercia, non apparendo fondati i rilievi della
opponente attinenti alla mancata spedizione del titolo in forma ese
cutiva a favore della Burgassi ed alla mancata notificazione del pre cetto da parte di quest'ultima, rilievi che peraltro integrano una
opposizione agli atti esecutivi tardiva in quanto proposta oltre il
241, per la quale il rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati spettano soltanto nel caso di accoglimento della domanda di
ripristino della locazione e le relative somme, una volta disattesa la domanda di ripristino, non possono liquidarsi a titolo di risarcimento danni.
Circa il termine di prescrizione del diritto del conduttore al
ripristino del contratto e al risarcimento, v., in tema di applicazione del previgente art. 8 1. n. 253/50, Cass. 16 giugno 1984, n. 3603, Foro
it., Rep. 1984, voce cit., n. 736. Sui problemi inerenti alla successione a quest'ultima norma del
vigente art. 60 1. n. 392/78, v., su tre posizioni differenti: Trib. Napoli 26 novembre 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 921 (riportata in Arch,
locazioni, 1982, 705), nella motivazione ha ritenuto applicabile la normativa anteriore nell'ipotesi di rilascio disposto non ai sensi dell'art. 59 1. n. 392, ma per cessazione della proroga legale ex art.
4, n. 1, 1. n. 253/50; Pret. Salerno 2 maggio 1980, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 731, che ha al contrario affermato l'applicabilità della nuova legge anche nel caso di provvedimenti di sfratto emessi prima della sua entrata in vigore, ove ne permangano le conseguenze; e Pret. Roma 3 aprile 1979, id., Rep. 1979, voce Provvedimenti di urgenza, n. 110 (e in Rass. equo canone, 1979, 157, con nota di F. T. e in Giur.
it., 1980, I, 2, 495, con nota di F. Tommaso), nella cui motivazione si assume la data di emissione del provvedimento di rilascio come elemento determinante per l'applicabilità dell'art. 8 1. n. 253/50 ovvero dell'art. 60 1. n. 392/78.
IV. - La pronunzia qui riprodotta del Pretore di Verona fa
applicazione del principio costantemente affermato (sia in riferimento alla vigente disciplina, sia sotto il vigore del regime vincolistico) secondo cui la responsabilità del locatore deve escludersi qualora la
mancata destinazione dell'immobile all'uso per il quale ha esercitato il
recesso (o si è opposto alla proroga legale del contratto) non sia
imputabile al locatore stesso a titolo di colpa o dolo. V., in tema di
applicazione dell'art. 60 1. n. 392/78: Trib. Imperia 20 febbraio 1984, Foro it., Rep. 1984, voce Locazione, n. 740; Trib. Biella 8 giugno 1981, id., Rep. 1982, voce cit., n. 539 (annotata da R. Rosso in Rass.
equo canone, 1982, 189); e Pret. Roma 2 febbraio 1981, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n. 540 (in ipotesi di caso fortuito verificatosi dopo l'esecu zione dello sfratto); e, con riguardo all'art. 31 della stessa legge, App. Lecce 9 febbraio 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 738.
Per quanto concerne, invece, la normativa anteriore, v., nel medesi mo senso: Cass. 21 luglio 1979, n. 4387, id., Rep. 1979, voce cit., n.
463; 27 febbraio 1969, n. 657 e 6 marzo 1969, n. 736, id., Rep. 1969, voce cit., nn. 82, 83; 14 giugno 1968, n. 1916, id., Rep. 1968, voce
cit., n. 113; 17 maggio 1966, n. 1258, id., Rep. 1966, voce cit., n.
109; 22 ottobre 1965, n. 2207, ibid., n. 108; 26 gennaio 1962, n. 134,
id., Rep. 1962, voce cit., n. 236.
Per fattispecie concrete v. anche, oltre a Trib. Milano 29 marzo
1984, citata sub II: Pret. Foligno 10 aprile 1982, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 534 (che ha escluso l'applicazione della sanzione di inefficacia
ex art. 60 1. n. 392, nonostante la mancata utilizzazione dell'immobile
da parte del locatore, qualora penda ricorso per cassazione avverso il
provvedimento dispositivo del rilascio); e, con riferimento al previgen te art. 8 1. n. 253/50, Trib. Napoli 26 novembre 1982, cit. sub III
(circa l'imputabilità o meno al locatore del protrarsi, oltre il termine
prescritto dalla legge per l'utilizzazione dell'immobile, dei lavori di
ripristino di questo). In dottrina, cfr. Potenza-Chirico-Annunziata,
op. loc. cit.; Tamponi, op. cit., 668 ss.; Ferrone-Ponticiel
lo, op. loc. cit.
Il Foro Italiano — 1986.
termine di cui all'art. 617, 2° comma, c.p.c. decorrente nella
fattispecie del 24 settembre 1984, data in cui venne fatto l'accesso
ad istanza della Burgassi. Solo per inciso si rileva quindi che ove
la successione a titolo particolare intervenga dopo la spedizione del titolo in forma esecutiva a favore della parte beneficiaria del
provvedimento, il successore ben può avvalersi della copia in
forma esecutiva rilasciata al proprio dante causa. Deve poi escludersi la necessità di una notificazione del precetto in quanto non è stata iniziata una nuova esecuzione.
Ciò premesso e venendo al problema centrale della perdita o
meno d'efficacia del titolo ovverossia dell'applicabilità alla fatti
specie dell'art. 60 1. 392/78, giova premettere una breve rassegna della normativa succedutasi nel tempo in materia.
L'art. 30 d.l.lgt. 12 ottobre 1945 n. 669 testualmente recitava: « la sentenza, o l'ordinanza che disponga il rilascio dell'immobile
per la necessità del locatore, perde la sua efficacia se l'immobile stesso è locato ad altro conduttore, o se il locatore si procura altro immobile, sempre che il conduttore sia ancora nel possesso della cosa locata ». Profondamente diverso era il tenore dell'art. 8 1. 23 maggio 1950 n. 253 ai sensi del quale: « il provvedimento di rilascio dell'immobile in conseguenza dell'esercizio da parte del locatore della facoltà preveduta dall'art. 4, 1° comma, nn. 1 e 2, e dall'art. 6, 3" e 4° comma, perde la sua efficacia se l'immobile stesso è dato in locazione ad altro conduttore o comunque il locatore non lo adibisca all'uso in relazione al quale aveva
agito ».
Le ricordate previgenti norme si differenziano per la diversa tutela accordata all'occupante dell'immobile nell'ipotesi di necessi tà abitativa del locatore venuta meno successivamente alla pro nunzia del provvedimento di rilascio. Infatti mentre l'art. 30
d.l.lgt n. 669/45 riconosceva una tutela sostanziale, espressamente anche in via preventiva, che diventava operativa per il fatto che il locatore si fosse procurato altro alloggio, l'art. 8 1. n. 253/50 ridefmendo la disciplina della materia limitava invece detta tutela ancorandola alla mancata utilizzazione dell'immobile per l'uso per il quale era stato richiesto, prescindendo cosi dalla persistenza della situazione di necessità dedotta e riconosciuta nel giudizio svoltosi.
Le ricordate norme sembrano differenziarsi sotto il profilo temporale della tutela accordata, operando la prima anche a favore del soggetto tutt'ora occupante l'appartamento ed essendo
apparentemente invocabile la seconda solo dal soggetto che già ha provveduto al rilascio. La verità è che la diversa intensità di tutela non era dovuta alla maggiore o minore tempestività della tutela accordata al soggetto destinatario del provvedimento di
rilascio, bensì all'abolizione della condizione rebus sic stantibus
che si accompagnava ai provvedimenti di rilascio. Abolizione
deliberata dal più recente legislatore che ha ritenuto di dover
contemperare il principio di intangibilità del giudicato con le
esigenze dell'obbligato al rilascio, impermiando la tutela di questi non sulla persistenza della necessità bensì' sulla mancata utilizza
zione dell'immobile da parte del proprietario per l'uso dichiarato. Essendo in linea di massima l'avverarsi della condizione risolutiva
degli effetti del provvedimento verificabile ex post, cioè dopo il
rilascio, la lettera dell'art. 8 1. n. 253/50 era naturalmente posta nell'ottica dell'avvenuta riacquisizione della disponibilità dell'im
mobile da parte del locatore, senza che venisse prestata attenzio
ne ai casi, marginali ma esistenti, in cui, per motivi anche
contingenti, fin prima del rilascio fosse in via assoluta esclusa la
possibilità di destinazione del bene all'uso prospettato.
Il vigente art. 60 1. n. 392/78, quanto all'ambito della concreta
tutela accordata al conduttore, si è mantenuto sostanzialmente
sulle orme del previgente art. 8 1. n. 253/50. Per l'art. 60 1. n.
392/78 possono quindi ripetersi le osservazioni di cui sopra, attinenti alla mancata utilizzazione dell'immobile per l'uso dichia
rato quale condizione di operatività della tutela del conduttore a
prescindere dalla persistenza della situazione di necessità del
locatore, ed alla ininfluenza del dato temporale rispetto al giudi zio di incisività della tutela stessa.
Giova in sede di decisione della causa riproporre le argomenta zioni sulla base delle quali con l'ordinanza in data 5 febbraio
1985, con cui è stata disposta la sospensione dell'esecuzione,
l'opposizione non solo non è stata ritenuta palesemente infondata
ma anzi assistita da fumus boni iuris. In quella sede è stato
osservato che la perdita di efficacia del provvedimento viene ricondotta esclusivamente alla mancata utilizzazione preannunzia ta in sede di recesso, e che il riacquisto della disponibilità materiale ed il decorso inutile di sei mesi assumono secondo la
previsione legislativa rilievo esclusivo agli effetti della prova del fatto (mancata utilizzazione) cui è ricondotta l'inefficacia del
provvedimento (chiarissimo in tal senso era l'ultimo comma dell'art. 8 1. n. 253/50 che recitava: «...si ritiene che il locatore
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
abbia adibito l'immobile all'uso in relazione al quale aveva agito,
quando lo destini ad abitazione effettiva... entro il termine di sei
mesi dal giorno in cui ha riacquistato la disponibilità dell'immo
bile stesso, salvo comprovate ragioni di forza maggiore »). È stato
altresì rilevato che non è decisiva la circostanza che l'art. 60
contempli espressamente solo l'ipotesi dell'avvenuto rilascio non
seguito dall'utilizzazione per l'uso di cui al recesso in quanto, come evidenziato anche dalla rubrica, il nucleo della norma è
costituito dalla previsione del diritto del conduttore estromesso al
ripristino del rapporto od al risarcimento del danno, con il
rimborso ad equo indennizzo in entrambi i casi per le spese di
trasloco, owerossia da una previsione che si giustifica solo con
l'avvenuto rilascio.
Decisiva appare poi la considerazione che se il riacquisto della
disponibilità non seguito dall'uso costituisce un illecito cui conse
gue il diritto al risarcimento del danno, non si vede proprio come possa aderirsi ad una interpretazione restrittiva per la quale l'ordinamento viene a consentire un illecito — riconoscendo la
persistente efficacia del provvedimento giudiziale — per poi sanzionarlo.
Argomentazioni in contrario alla tesi dell'opponente non posso
no trarsi dalla circostanza che l'art. 60, 2° comma, 1. n. 392/78
usi l'espressione « ripristino del contratto di locazione » e ciò in
quanto comunque, intervenga la tutela prima o dopo il rilascio,
trattasi di ripristino di un rapporto di locazione dichiarato risolto
dal provvedimento giudiziale con riferimento alla scadenza del
periodo di preavviso. Il conduttore invero ai sensi della citata
norma non è facoltizzato a richiedere solo il ripristino di una
situazione di fatto con la cosa, bensì di un preciso rapporto
contrattuale la cui cessazione non è inficiata dalla persistente
occupazione dell'immobile da parte dell'ex conduttore.
Parimenti argomentazioni in contrario non possono desumersi
dall'intento sanzionatorio della norma, come sostenuto in compar
sa conclusionale dall'opposta Burgassi. È innegabile che l'art.
60 1. n. 392/78 presenti un aspetto sanzionatorio sotto un duplice
profilo civile ed amministrativo (pagamento di una somma da lire
500.000 a lire 2.000.000 da devolvere al comune), ma non vi è
una relazione di necessaria concomitanza fra il ripristino del
rapporto di locazione e l'applicazione delle sanzioni. Ciò nel
senso che è da escludere la irrilevanza dei motivi per i quali la
destinazione indicata dal locatore non ha avuto seguito, dovendo
si applicare in pieno i principi in tema di responsabilità contrat
tuale. La Suprema corte al riguardo ha stabilito che le sanzioni
civili previste dall'art. 8 1. n. 253/50 sono applicabili solo quando
la mancata destinazione dell'immobile all'uso in relazione al quale
il locatore aveva agito per far cessare la proroga del contratto sia
imputabile al locatore stesso a titolo di dolo o colpa (Cass. 17
maggio 1966, n. 1258, Foro it., Rep. 1966, voce Locazione, n.
109). Pertanto dall'inapplicabilità nella fattispecie in esame di
sanzioni di qualsiasi natura a carico della parte convenuta per
non essere ancora avvenuto il rilascio non può dedursi l'infonda
tezza della pretesa dell'opponente attinente alla sopravvenuta
inefficacia del provvedimento.
L'opposta Burgassi Luciana ha altresì' rilevato che l'Alessandrini
dovrebbe ritenersi comunque priva di ogni tutela essendo la
stessa inadempiente all'obbligo di rilasciare l'immobile nella di
sponibilità del proprietario. Il rilievo non pare fondato in quanto
l'art. 60 non pone la tempestività del rilascio quale condizione della
tutela del conduttore.
Accogliendo la tesi dell'opponente non si viene certo ad
estendere la previsione del ripristino del contratto di locazione,
sicuramente eccezionale in quanto influente sulla efficacia di un
giudicato, oltre i casi determinati dalla legge in quanto l'interpre
tazione data dall'art. 60 non aggiunge a quelle espressamente
previste dalla legge ulteriori ipotesi legittimanti il ripristino.
Identico è il presupposto di fatto della tutela ed identici sono gli
effetti della stessa in quanto, come già detto, trattasi pur sempre
del ripristino di un pregresso rapporto di locazione.
Essendo quindi certo che l'appartamento de quo non potrà
essere adibito ad abitazione dei Quercia, deve ritenersi aver perso
efficacia la ricordata sentenza del giudice conciliatore. (Omissis)
II
Motivi della decisione. — Preliminarmente va esaminata, e
respinta, l'eccezione di incompetenza del giudice adito.
La domanda è stata proposta ai sensi degli art. 31 e 60 1. n.
392/78, facendo comunque riferimento alla prevalente destinazio
ne abitativa dell'immobile rilasciato dai conduttori. Come già
rilevato in altre decisioni di questa pretura (cfr. sent. 20 aprile
1982, n. 2890), l'applicabilità dell'art. 60 comporta la competenza
funzionale del pretore. Infatti l'art. 74 dispone che alle locazioni
Il Foro Italiano — 1986.
previste ai capi I e II (e l'art. 60 è incluso nel capo II) sono
applicabili le disposizioni degli art. 43 a 57; pertanto anche l'art.
45, che attribuisce alla competenza funzionale del pretore tutte le
controversie in materia di equo canone, è richiamato per regolare i giudizi insorti ex art. 60.
Dall'altra parte sia l'art. 74 che l'art. 60 si riferiscono alla
disciplina transitoria della legge; sicché il richiamo normativo
contenuto nel primo non può ritenersi frutto di mera svista o
mancato coordinamento da parte del legislatore. Né si dimentichi
che, importando le sanzioni di cui all'art. 60 l'accertamento sulla
misura del canone, quantomeno nei casi in cui essa sia incerta,
una diversa distribuzione della competenza avrebbe creato non
poche lungaggini processuali e rilevanti difficoltà di coordinamento.
Venendo all'esame del merito della vicenda, converrà prelimi narmente delineare il quadro giuridico di riferimento, su cui si
sono appuntate le opposte deduzioni dei contendenti.
I ricorrenti hanno sostenuto infatti che la norma in parola, a
differenza della passata legislazione, non prevede che dolo e
colpa connotino l'agire del locatore, perché « solo il fatto di non
aver occupato l'immobile nei sei mesi successivi, fa scattare la
sanzione ».
Controparte ha richiamato invece la dottrina più recente e la
giurisprudenza formatasi sotto l'imperio del regime vincolistico, asserendo che le sanzioni di cui all'art. 60 non possono raggiun
gere il locatore involontariamente o incolpevolmente ritardatario
nell'occupare l'immobile rilasciato.
Quest'ultima tesi appare senz'altro preferibile. I primi commen
tatori della 1. 392/78 hanno evidenziato come sia di dubbio
fondamento la costruzione di una ipotesi di responsabilità ogget tiva, sempre più ripugnante, in ogni ramo del diritto, al comune
senso giuridico. Intento manifesto del legislatore è infatti solo
quello di punire il comportamento fraudolento di chi con prete stuose ragioni domanda e ottiene la disponibilità di un immobile
locato. Ne consegue che non sarebbe coerente sanzionare un
inadempimento all'obbligo di sollecita utilizzazione dipendente non da quell'artificio che la norma mira a prevenire, ma da un
evento nuovo estraneo o addirittura contrario alla volontà del
locatore recedente.
Mette conto richiamare a questo punto l'art. 8 1. n. 253/50, che
sanciva la perdita di efficacia del provvedimento di rilascio moti
vato dal recesso del locatore, non seguito dall'utilizzazione del
l'immobile al fine indicato dal locatore. Detta norma fu, nono
stante il silenzio sul punto, interpretata unanimemente nel senso
dell'applicabilità delle sanzioni civilistiche ivi previste solo ove la
mancata destinazione fosse stata imputabile al locatore a titolo di
dolo o colpa (Cass. 17 maggio 1966, n. 1258, Foro it., Rep. 1966,
voce Locazione, n. 109; 6 marzo 1969, n. 736, id., Rep. 1969, voce cit., n. 83).
Successivamente l'art. 2 quinquies 1. 351/74 precisò i termini
del presupposto di fatto della irrogabilità delle sanzioni, subordi
nandone l'applicabilità all'omessa dimostrazione da parte del
locatore di « comprovate ragioni di forza maggiore », che ne
avessero ostacolato l'ossequio al dettato legislativo. Si rilevò in giurisprudenza che esigenze meritevoli di tutela
sorte dopo l'esecuzione della sentenza di rilascio operavano quali circostanze esimenti della responsabilità (Cass. 21 luglio 1979, n.
4387, id., Rep. 1979, voce cit., n. 463). L'attuale normativa ha
tralasciato l'inciso voluto dal legislatore del '74, ma ciò, lungi dal
far immaginare un'ipotesi di responsabilità oggettiva, dovrebbe
indurre a un ritorno alla interpretazione già formulata per la 1.
253/50, per molti versi simile, sul punto, alla regolamentazione della 1. 392/78.
Se cosi è, e si omettono qui per brevità ulteriori considerazioni
ugualmente militanti in tal senso, occorre doverosamente esamina
re gli argomenti indotti dalla Bosi per giustificare il proprio
operato. La resistente ha spiegato il proprio comportamento, addebitandolo alla indispensabilità degli interventi edilizi da ese
guire e alla lentezza dell'amministrazione comunale nell'evadere
la relativa domanda di concessione.
Tali circostanze sono state pienamente confermate dall'istrutto
ria svolta. La ricorrente Tebaldi ha ammesso che al momento del
rilascio l'appartamento era privo di impianto di riscaldamento,
sprovvisto di vasca da bagno o doccia e dotato di serramenti
tanto antichi che « dovevano essere rifatti ». Specificamente inter
rogata, la Tebaldi ha dichiarato di non sapere se il pavimento e
il tetto dell'ultimo piano fossero crollati, ma, poiché la circostanza
è stata confermata dal teste Rudi, l'evasività della Tebaldi celava
senza dubbio la precisa nozione della fatiscenza strutturale
dell'edificio e della sua precaria staticità.
Orbene, tenuto conto che da tutto lo stabile, secondo il
progetto approvato, si è ricavato un solo appartamento di normali
dimensioni, destinato ad abitazione della famiglia Bosi Ierimonte,
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1475 PARTE PRIMA 1476
può ben dirsi che la preventiva esecuzione di opere di riattamen
to dello stabile non era solo un'esigenza meritevole di tutela, ma
un'ineluttabile scelta della locatrice. Imporle infatti il trasferimen
to immediato in una casa ai limiti dell'abitabilità umana costituiva una inammissibile pretesa del tutto estranea allo spirito della
norma invocata.
Con pertinente osservazione parte ricorrente ha osservato che
l'intervallo di tempo accordato dalla legge al recedente ha pro prio lo scopo di consentire il superamento di difficoltà di questo tipo, già prontamente ravvisato dalla dottrina, giunta a segnalare però l'opportunità di tutelare il locatore computando la decorren za dei sei mesi a partire dalla data del rilascio della indispensabi le concessione edilizia.
Su tale ceppo argomentativo si sono innestate le ulteriori
deduzioni di parte resistente, che ha indotto quale teste l'architet
to che si occupò della pratica. Costui, in una dettagliata deposizione, ha riferito che i rilievi
sullo stabile e i contatti con l'amministrazione competente inizia
rono nel 1981; che il progetto e la domanda di concessione vennero inoltrati il 22 marzo 1982; che il 19 luglio 1983 (cioè
quasi quattro mesi dopo il rilascio dell'immobile) il comune di Verona comunicò il diniego di concessione; che egli riprese immediatamente i difficili contatti con i pubblici uffici onde
rimuovere le cause ostative all'approvazione; che il nuovo proget to venne presentato il 7 dicembre 1983; che la concessione edilizia venne rilasciata il 6 luglio 1984; che dal settembre i
lavori vennero iniziati.
Le date soprariportate offrono un quadro già da sé significativo della responsabilità del comune nella odierna vicenda; risulta
infatti che il progetto venne diligentemente presentato un anno
prima della data prevista per l'inizio dei lavori. Trattasi di un
tempo che dovrebbe consentire, in un paese civile, non solo una
congrua risposta, ma anche la possibilità di ovviare a eventuali
inconvenienti quali quelli effettivamente presentatisi. A rendere più clamorosa la fattispecie e massimamente credibi
le l'affermazione del teste Rudi circa la difficoltà di conoscere le
stesse prescrizioni urbanistiche comunali, relative a immobili
antichi da ripristinare, cui adeguarsi nella redazione del progetto, vi è poi il fatto che l'esame da parte della commissione edilizia
risaliva al dicembre 1982, mentre il provvedimento di diniego era
stato comunicato quasi sette mesi dopo. Quanto sin qui esposto non solo costituisce una mortificante
prova del noto e deprecato dissesto della p.a., ma certamente
comprova che non vi fu alcuna significativa inerzia o responsabi lità da parte della Bosi, ma anzi che costei si adoperò in tutti i
modi possibili per rimanere nell'alveo del dettato normativo.
Il caso esaminato, pur nella sua indiscutibile peculiarità (l'im
pianto medioevale dell'edificio, le condizioni disastrose di esso, la
conseguente difficoltà di progettazione e restauro) induce tuttavia
a enucleare il generale principio secondo cui non è assoggettabile alle sanzioni previste dall'art. 60 1. 392/78 il recedente che non
ne osservi le prescrizioni per un fatto indipendente dalla sua
volontà e che si sia adeguatamente adoperato per rendere possibi le l'uso in relazione al quale aveva ottenuto il rilascio dell'immo
bile locato. Le argomentazioni sopraesposte rendono inevitabile il rigetto
della domanda. (Omissis)
Rivista di giurisprudenza costituzionale e civile I
Riscossione delle imposte — Pignoramento di mobili nella casa
di abitazione del debitore d'imposta — Opposizione di terzo —
Esclusione del coniuge, dei parenti e affini fino al terzo grado —
Questione manifestamente infondata di costituzionalità anche
in relazione al nuovo diritto di famiglia (Cost., art. 24; cod.
proc. civ., art. 619; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 52).
Anche alla luce della riforma del diritto di famiglia realizzata
dalla 1. 151/75 è manifestamente infondata la questione di legit timità costituzionale dell'art. 52, 2° comma, lett. b, d.p.r. 29
settembre 1973 n. 602, in riferimento all'art. 24 Cost., nella parte in cui non consente al coniuge (e ai parenti e affini fino al terzo
grado) del contribuente o dei coobbligati di proporre opposizio ne di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c., per quanto riguarda i
mobili pignorati nella casa di abitazione del debitore. (1)
Il Foro Italiano — 1986.
Corte costituzionale; ordinanza 30 aprile 1986, n. 123 (Gaz zetta ufficiale, 1" serie speciale, 14 maggio 1986, n. 21); Pres. Pa
ladin, Rei. La Pergola; Mancuso c. Esattoria imposte dirette di
Cosenza; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Cosenza 14 no
vembre 1984 (G.U. n. 179 bis del 1985).
II
Riscossione delle imposte — Pignoramento di mobili nella casa
di abitazione del debitore d'imposta — Opposizione di terzo —
Esclusione del coniuge, dei parenti e affini fino al terzo grado del contribuente ancorché abbiano rinunciato all'eredità e sia
no solo succeduti nel contratto di locazione — Questione mani
festamente infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod.
civ., art. 529, 527; cod. proc. civ., art. 619; d.p.r. 29 settembre
1973 n. 602, art. 52).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 52, 2° comma, lett. b, d.p.r. 29 settembre 1973 n.
602, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non
consente al coniuge, ai parenti e affini fino al terzo grado del
contribuente o dei coobbligati di proporre opposizione di terzo
all'esecuzione ex art. 619 c.p.c., per quanto riguarda i mobili
pignorati nella casa di abitazione del debitore, anche nel caso in
cui l'opponente sia succeduto, al contribuente deceduto, nel contratto di locazione in base alla legislazione vincolistica, ma
abbia rinunciato alla eredità del de cuius e non sia nel possesso dei beni ereditari. (2)
Corte costituzionale; ordinanza 30 aprile 1986, n. 121 (Gaz zetta ufficiale, 1" serie speciale, 14 maggio 1986, n. 21); Pres.
Paladin, Rei. La Pergola; Pallante c. Esattoria comunale di Fog gia; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Pret. Foggia 14 settembre 1978 (G.U. n. 52 del 1979).
Ili
Riscossione delle imposte — Pignoramento di mobili nella casa
di abitazione del debitore d'imposta — Opposizione di terzo —
Esclusione del coniuge, dei parenti e affini fino al terzo grado — Questione manifestamente infondata di costituzionalità —
Opposizione di terzo — Limiti alla prova testimoniale — Que
stione manifestamente inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 24; cod. proc. civ., art. 619, 621; d.p.r. 29 settembre
1973 n. 602, art. 52).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu
zionale dell'art. 52, 2° comma, lett. b, d.p.r. 29 settembre 1973 n.
602, in riferimento agli art. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non
consente al coniuge, ai parenti e agli affini fino al terzo grado del
contribuente o dei coobbligati di proporre opposizione di terzo
all'esecuzione ex art. 619 c.p.c. per quanto riguarda i mobili
pignorati nella casa di abitazione del debitore. (3) Di conseguenza è inammissibile per irrilevanza la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 621 c.p.c., in riferimento agli art.
3 e 24 Cost., nella parte in cui non consente al terzo opponente di provare con testimoni il suo diritto sui beni mobili pignorati nella casa del debitore, quando tale diritto sia reso verosimile dalla qualità, posseduta dall'opponente, di genitore convivente col debitore. (4)
Corte costituzionale; ordinanza 12 dicembre 1984, n. 283 (Gaz zetta ufficiale 19 dicembre 1984, n. 348); Pres. e rei. Elia; Parisi c. Esattoria imposte dirette di Caltagirone; interv. Pres. cons, mi nistri. Ord. Pret. Caltagirone 28 ottobre 1982 (G.U. n. 149 del
1983).
IV
Riscossione delle imposte — Pignoramento di mobili nella casa
di abitazione del debitore d'imposta — Opposizione di terzo —
Esclusione del coniuge e dei parenti e affini fino al terzo grado — Questione non manifestamente infondata di costituzionalità
(Cost., art. 24; cod. proc. civ., art. 619; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, art. 52).
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 52, 2° comma, lett. b), d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, nella parte in cui non consente al coniuge e ai
parenti e affini fino al terzo grado del contribuente o dei
coobbligati di proporre opposizione ex art. 619 c.p.c., per quanto riguarda i mobili pignorati nella casa di abitazione del debitore, in riferimento all'art. 24 Cost. (5)
Tribunale di Cosenza; ordinanza 14 novembre 1984 (Gazzetta ufficiala 31 luglio 1985, n. 179 bis); Pres. Copani; Mancuso c. Esattoria imposte dirette Cosenza.
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