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sentenza 28 maggio 1999, n. 197 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 giugno 1999, n. 22); Pres....

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sentenza 28 maggio 1999, n. 197 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 giugno 1999, n. 22); Pres. Granata, Est. Guizzi; D'Amico e altri (Avv. Sgueglia) c. Inail (Avv. Pone) e Comune di Torino; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Cons. Stato, ad. plen., 21 aprile 1997 (quattro), sez. VI 20 giugno 1997, 30 novembre 1997, 28 aprile 1998, Tar Liguria 6 novembre 1997, Tar Piemonte 2 aprile 1998 (G.U ... Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3457/3458-3459/3460 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195222 . Accessed: 25/06/2014 10:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 10:31:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 28 maggio 1999, n. 197 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 2 giugno 1999, n. 22); Pres. Granata, Est. Guizzi; D'Amico e altri (Avv. Sgueglia) c. Inail (Avv. Pone) e Comune

sentenza 28 maggio 1999, n. 197 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 2 giugno 1999, n. 22);Pres. Granata, Est. Guizzi; D'Amico e altri (Avv. Sgueglia) c. Inail (Avv. Pone) e Comune diTorino; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Cons. Stato, ad. plen., 21aprile 1997 (quattro), sez. VI 20 giugno 1997, 30 novembre 1997, 28 aprile 1998, Tar Liguria 6novembre 1997, Tar Piemonte 2 aprile 1998 (G.U ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3457/3458-3459/3460Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195222 .

Accessed: 25/06/2014 10:31

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 maggio 1999, n. 197

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 giugno 1999, n. 22); Pres. Granata, Est. Guizzi; D'Amico e altri (Avv. Sgue

glia) c. Inail (Avv. Pone) e Comune di Torino; interv. Pres.

cons, ministri (Avv. dello Stato Stipo). Ord. Cons. Stato, ad. plen., 21 aprile 1997 (quattro), sez. VI 20 giugno 1997, 30 novembre 1997, 28 aprile 1998, Tar Liguria 6 novembre

1997, Tar Piemonte 2 aprile 1998 (G.U., la s.s., n. 49 del

1997, nn. 2, 4, 14, 27, 38 e 44 del 1998).

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Procedimento

disciplinare — Termine di novanta giorni — Questione infon

data di costituzionalità nei sensi di cui in motivazione (Cost., art. 3, 4, 24, 97; 1. 7 febbraio 1990 n. 19, modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destitu

zione dei pubblici dipendenti, art. 9).

È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 9, 2° comma, l. 7 febbraio 1990 n. 19, nella parte in cui dispone che il procedimento

disciplinare per la destituzione del pubblico dipendente a se

guito di condanna penale debba concludersi entro il termine, non derogabile, di novanta giorni, in riferimento agli art. 3,

4, 44 e 97 Cost. (1)

Diritto. — 1. - Il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, la VI sezione dello stesso consiglio e i Tribunali amministrativi

(1) Fra le ordinanze di rimessione, v. Cons. Stato, sez. VI, 14 set tembre 1998, n. 1244, Foro it., Rep. 1998, voce Impiegato dello Stato, n. 1052; 29 aprile 1998, n. 595, ibid., n. 1053; 17 ottobre 1997, n.

1498, id., Rep. 1997, voce cit., n. 999. La corte esprime il suo orienta mento sull'interpretazione della non chiara disciplina che impone tempi stretti e rigidi per l'inizio e la conclusione dei procedimenti disciplinari contro i pubblici dipendenti, in particolare sul termine di novanta gior ni previsto nel caso di condanna penale: in primo luogo, la corte ritiene di dover considerare, nella valutazione di congruità, il lasso di tempo complessivo concesso alla pubblica amministrazione in duecentosettan ta giorni, di cui centottanta per l'inizio (così, anche, Cons, giust. amm. sic. 8 luglio 1998, n. 436, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1050; 4 luglio 1997, n. 298, id., Rep. 1997, voce cit., n. 986; Tar Sicilia 13 marzo

1998, n. 354, id., Rep. 1998, voce cit., n. 1058); in secondo luogo, la corte rammenta che solo i termini posti a garanzia del contradditto rio sono perentori, mentre tutti gli altri semplicemente istruttori posso no essere ridotti, così da restare nei novanta giorni pur senza eliminare le varie fasi del procedimento previste dalla normativa in materia e sem

plificate dalla presenza di una sentenza (e, quindi, di una istruttoria) penale; la giurisprudenza si era divisa sulla natura ordinatoria o peren toria del termine di cui all'art. 9, 2° comma, 1. 19/90; secondo Cons.

Stato, sez. VI, 27 novembre 1996, n. 1655, id., Rep. 1997, voce cit., n. 981; sez. V 19 marzo 1996, n. 280, id., 1997, III, 93; Tar Sicilia 19 luglio 1996, n. 1107, id., Rep. 1997, voce cit., n. 994, il decorso del termine non comporta automaticamente nullità del provvedimento se non imputabile ad inerzia dell'amministrazione; alla giurisprudenza richiamata nella nota a Cons. Stato 280/96, cit., adde, nel senso della

perentorietà del termine, Cons, giust. amm. sic. 5 maggio 1999, n. 199 e n. 171 (con la precisazione che l'unica deroga è consentita nel caso di sussistenza di ulteriori fasi endoprocedimentali), in Cons. Stato, 1999, I, 1014 e 1006; Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 1999, n. 76, ibid., 44; 18 giugno 1998, n. 955, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 1048; ad. plen. 3 settembre 1997, n. 17, e ord. n. 16, id., Rep. 1997, voce

cit., nn. 1000, 1001; sez. IV 27 giugno 1996, n. 809, ibid., n. 982; nel senso dell'ordinarietà, Cons, giust. amm. sic. 436/98, cit., id., Rep. 1998, voce cit., n. 1054; Tar Lombardia 17 febbraio 1998, n. 366, ibid., n. 1055; Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 4 settembre 1997, n. 648, ibid., n. 1059; Tar Campania, sez. Ili, 11 novembre 1996, n. 672, id., Rep. 1997, voce cit., n. 985; Tar Umbria 7 marzo 1996, n. 88, ibid., n. 1038.

La corte affronta anche il problema dell'operatività del termine nel caso di condanna a seguito di patteggiamento ex art. 444 ss. c.p.p. e conclude per la sua inapplicabilità proprio per la carenza di adeguata istruttoria in quella sede (contra, per l'operatività, Cons. Stato, sez.

VI, ord. 17 ottobre 1997, n. 1498, ibid., n. 978); sul punto, si segnala — nel senso della inoperatività della disciplina della sospensione obbli

gatoria dal servizio nelle ipotesi di applicazione della pena su richiesta

ai sensi degli art. 444 ss. c.p.p. — Cons. Stato, comm. spec, pubblico

impiego, 13 luglio 1998, n. 413, id., 1999, III, 498, con nota di richia

mi, sul rapporto fra patteggiamento e disciplina sanzionatoria del rap porto di lavoro e sulla rilevanza dei fatti accertati in sede penale.

Per ulteriori riferimenti sul procedimento disciplinare come discipli nato dal d.leg. 29/93 e dai contratti collettivi, v. la nota a Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 1997, n. 1374, e Tar Campania 21 aprile 1997, n. 1021, id., 1998, III, 236.

Il Foro Italiano — 1999.

regionali per la Liguria e il Piemonte, dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 9, 2° comma, 1. 7 febbraio 1990 n. 19

(modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale del

la pena e destituzione dei pubblici dipendenti), nella parte in

cui prevede che il procedimento disciplinare per la destituzione

del pubblico dipendente a seguito di condanna penale debba

concludersi entro novanta giorni. Secondo i collegi rimettenti va disattesa la giurisprudenza che

ammetteva la deroga del termine in ragione di adeguati elemen

ti giustificativi; nelle ordinanze si osserva che la lettera dell'art.

9, 2° comma, dispone la conclusione del procedimento discipli nare entro novanta giorni, dovendosi intendere abrogata la nor

mativa precedente. Così interpretata, la norma contrasterebbe,

però, con gli art. 3, 24 e 97 (secondo il Tar Liguria anche con

l'art. 4 Cost.). Essa risulterebbe, alla prova dei fatti, irrazionale

e comprometterebbe le garanzie difensive dell'incolpato e il prin

cipio di buon andamento dell'amministrazione.

Le ordinanze di rimessione abbandonano dunque la lettura

«temperata» con la quale si mirava a conciliare l'innovazione

recata dalla 1. n. 19 del 1990 con l'articolazione del procedi mento disciplinare delineata dal testo unico degli impiegati civili

dello Stato.

Il Consiglio di Stato, sesta sezione, affronta poi il tema della

destituzione conseguente alla pronuncia di «patteggiamento», affermando la natura generale della disposizione introdotta dal

la 1. n. 19 del 1990, in modo da riferirla anche a tale fattispecie; e sottolineando, d'altronde, che l'art. 445, 1° comma, del codi

ce di rito equipara l'applicazione della pena su richiesta delle

parti alla pronuncia di condanna.

2. - Si può convenire con i collegi rimettenti che la deroga del termine in presenza di giustificati motivi consente, nella so

stanza, un bilanciamento caso per caso, che non trova espresso fondamento nella formulazione della disposizione: appare per ciò plausibile la revisione, che si è così intrapresa, del pregresso indirizzo giurisprudenziale. Ma è altrettanto evidente che non

può darsi una lettura parziale della norma che produrrebbe l'ef

fetto d'un irrimediabile contrasto con le disposizioni fin qui vi

genti in materia disciplinare, determinandone l'irrazionalità. Per

ché il giudice di merito è tenuto ad adottare, fra più significati normativi che si possono prospettare, quello che risulti costitu

zionalmente compatibile (sull'interpretazione conforme ai prin

cipi costituzionali quale obbligo del giudice a quo, v., fra le

varie, le sentenze n. 354 del 1997, Foro it., 1998, I, 13; n. 356

del 1996, id., 1997, I, 1306; n. 456 del 1989, id., 1990, I, 18, e, di recente, le ordinanze n. 147 del 1998, id., 1998, I, 2598; n. 7 del 1998, id., Rep. 1998, voce Misure di prevenzione, n. 32).

3. - Occorre dunque una considerazione attenta di tutti i fat

tori normativi presenti nell'art. 9, 2° comma.

Il disegno di legge del governo presentato il 19 ottobre 1987

(camera dei deputati, X legislatura, n. 1707) intendeva circo

scrivere la «destituzione di diritto», escludendone l'operatività

nell'ipotesi di sospensione condizionale della pena. Intervenuta,

però, la sentenza n. 971 del 1988 (id., 1989, I, 22), risultò chia

ro che il progetto governativo avrebbe reintrodotto, nei fatti, l'automatismo censurato da questa corte, sia pure con l'eccezio ne della sospensione condizionale della pena (v. il dibattito in

seno alla seconda commissione permanente del senato, giusti zia, seduta del 20 dicembre 1988). Le camere -mutarono così

la proposta governativa, alla luce della pronuncia ora ricordata, mettendo a punto il testo vigente.

In tale laborioso processo redazionale, la soppressione della

destituzione di diritto trovava un ragionevole svolgimento nella

previsione di un termine per la conclusione del procedimento, come mostra il margine di centottanta giorni dalla cognizione della sentenza irrevocabile di condanna che si accordò all'am

ministrazione per decidere, in via preliminare, sull'azione disci

plinare. E che vi siano due distinte scansioni temporali risulta

dai lavori parlamentari (v. l'esame degli emendamenti nella se

duta della seconda commissione del senato del 2 febbraio 1989) e dalla stessa formulazione dell'art. 9, che pone un primo ter

mine di centottanta giorni dalla notizia della sentenza di con

danna e ulteriori novanta giorni per la conclusione della proce dura (la legge parla, infatti, di «successivi novanta giorni»).

L'amministrazione ha dunque un congruo lasso di tempo per esaminare le risultanze processuali che hanno portato alla con

danna del dipendente, e ciò prima dell'atto con cui si promuove l'azione disciplinare; seguono poi i novanta giorni su cui si in

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3459 PARTE PRIMA 3460

centrano i dubbi di legittimità costituzionale. Ed è evidente che

quest'ultimo termine va considerato assieme al precedente, se

non si vuole stravolgere l'equilibrio interno della previsione nor

mativa.

4. - L'illegittimità della «destituzione automatica», dichiarata

da questa corte con la citata sentenza n. 971 del 1988 e più volte in seguito ribadita (v., da ultimo, le sentenze n. 240 del

1997, id., 1998, I, 3686; n. 363 del 1996, id., 1997, I, 706; n. 126 del 1995, id., 1996, I, 798; n. 134 del 1992, id., 1993, I, 65; n. 415 del 1991, ibid., 66; n. 104 del 1991, ibid.), trova la sua ragion d'essere nella necessità di ponderare, con le garan zie del contraddittorio, la rilevanza disciplinare dei fatti accer

tati nel corso del giudizio penale, tenendo conto, altresì, della

personalità dell'incolpato, del suo rendimento in servizio e di

ogni altro interesse pubblico che possa essere validamente con

siderato nell'ambito di detto procedimento. Sì che i termini «bre

vi» posti dallo stesso art. 9, 2° comma, trovano fondamento

nell'esigenza di definire sollecitamente il procedimento, evitan

do situazioni di incertezza dannose per il buon andamento del

l'amministrazione, e lesive della posizione personale del dipen dente condannato. La fase più delicata di tale valutazione con

siste nel riesame — ai fini che si sono prima illustrati — delle

risultanze processuali e dei fatti come risultano accertati dalla

sentenza di condanna. Questa preliminare attività seguirà, di

regola, alla cognizione della sentenza di condanna, avendo l'am

ministrazione a sua disposizione centottanta giorni per decidere

sul promovimento dell'azione disciplinare. Così ricostruita la valenza della disposizione, si rivelano in

fondati i sospetti di illegittimità costituzionale.

Considerando la disposizione nella sua compiutezza, ci si av

vede che essa non è affatto irragionevole: il previo svolgimento del processo penale giustifica i termini introdotti dalla normtiva

in esame, i quali mirano a garantire la posizione del dipendente e il buon andamento dell'amministrazione, che impone il solle

cito espletamento della procedura disciplinare (cfr., nella giuris

prudenza di questa corte, la sentenza n. 104 del 1991 e, prima della 1. n. 19 del 1990, la sentenza n. 1128 del 1988, id., 1989,

I, 2710). Ma vi è di più. Lo stesso Consiglio di Stato ha rilevato, in

numerose pronunce, che i termini posti dal testo unico del 1957

non hanno identica natura: solo quelli a garanzia della regolari tà del contraddittorio hanno carattere inderogabile, mentre gli altri (ad esempio quelli fissati per il funzionario istruttore) pos sono essere congruamente ridotti dall'amministrazione proce dente (fra le varie, sez. VI 30 ottobre 1979, n. 768, id., Rep.

1980, voce Impiegato dello Stato, nn. 1077, 1078; sez. IV 22

maggio 1968, n. 321, id., Rep. 1968, voce cit., nn. 492, 493,

495; comm. spec, pubblico impiego 11 novembre 1991, n. 275/91,

id., Rep. 1993, voce cit., n. 1028). Una corretta lettura dell'art. 9, 2° comma, esclude quindi

i pericoli di compressione temporale e di alterazione dell'assetto

procedurale paventati dai giudici a quibus. 5. - Non vi è violazione, poi, degli art. 4 e 24 Cost., perché

la norma denunciata non lede in alcun modo il diritto al lavoro

e alla difesa, dal momento che l'incolpato ha immediato inte

resse alla sollecita definizione del procedimento, e d'altra parte i termini stabiliti a garanzia del contraddittorio dal testo unico

del 1957 possono essere rispettati — come si è rilevato — senza

superare i novanta giorni previsti dal 2° comma dell'art. 9, po tendosi congruamente ridurre gli altri, a disposizione dell'am

ministrazione, dal momento che quest'ultima non è tenuta a

compiere autonomi accertamenti istruttori.

Tanto meno si realizza il temuto vulnus all'art. 97 Cost., giac ché non è dalla norma, di per sé considerata, che discendono

gli inconvenienti messi in luce dai collegi rimettenti, ma da com

portamenti omissivi delle singole amministrazioni che, essi sì,

potrebbero risultare in altra sede censurabili. Ciò induce a con

cludere che le doglianze su questo punto attengono non tanto

al meccanismo normativo introdotto dall'art. 9, 2° comma, ma

a sue abnormi modalità di applicazione (cfr. sentenza n. 11 del

1998, id., 1998, I, 996, e ordinanza n. 396 del 1997, ibid., 708). 6. - I rilievi sin qui svolti consentono, infine, di affrontare

la questione sollevata dalla sezione VI del Consiglio di Stato

sulla congruità del termine dei novanta giorni quando il proce dimento disciplinare sia instaurato a seguito di una sentenza

che applica la pena su richiesta delle parti (cosiddetto «patteg

giamento»: art. 444 c.p.p.).

Il Foro Italiano — 1999.

Se la contrazione dei termini a disposizione dell'amministra

zione per l'espletamento dell'attività istruttoria è giustificabile

quando i fatti risultino accertati all'esito del dibattimento, non

così può dirsi nel caso in esame. E invero l'applicazione della

pena su richiesta delle parti non presuppone quella compiutezza nella raccolta degli elementi di prova che è tipica del rito ordi

nario; le parti, infatti, possono chiedere il patteggiamento in

qualunque momento delle indagini preliminari e fino alla di

chiarazione di apertura del dibattimento di primo grado (art. 446 c.p.p.).

Non si può escludere, allora, che l'amministrazione debba ef

fettuare autonomi accertamenti, e che la pronuncia penale sia

richiamata soltanto per i fatti non controversi.

È quindi evidente che non vale per la conclusione del proce dimento disciplinare — che l'amministrazione potrà instaurare

dopo aver preso cognizione della sentenza di patteggiamento — il termine introdotto dall'art. 9, 2° comma, ma la disciplina

generale posta dal testo unico del 1957. Sì che va disattesa an

che la censura mossa dalla sezione VI.

Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la que stione di legittimità costituzionale dell'art. 9, 2° comma, 1. 7

febbraio 1990 n. 19 (modifiche in tema di circostanze, sospen sione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipen

denti), sollevata, in riferimento agli art. 3, 4, 24 e 97 Cost., dal Consiglio di Stato in adunanza plenaria e dalla sezione VI

dello stesso consiglio, nonché dai Tribunali amministrativi re

gionali per la Liguria e il Piemonte, con le ordinanze in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 maggio 1999, n. 195

(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 2 giugno 1999, n. 22); Pres. Granata, Est. Ruperto; Loviscek c. Soc. Ferrovie del

lo Stato (Avv. Prosperetti). Ord. Pret. Gorizia 27 novembre

1996 (G.U., la s.s., n. 12 del 1997).

Ferrovie, tramvie e filovie — Indennità di buonuscita — Ogget to di successione — Esclusione — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 36; 1. 14 dicembre 1973 n. 829, riforma dell'opera di

previdenza a favore del personale dell'Azienda autonoma del

le ferrovie dello Stato, art. 16).

È incostituzionale l'art. 16 l. 14 dicembre 1973 n. 829, nella

parte in cui esclude che, nell'assenza dei beneficiari ivi indica

ti, l'indennità di buonuscita formi oggetto di successione per testamento o, in mancanza, per legge. (1)

Diritto. — 1. - Il Pretore di Gorizia dubita della legittimità costituzionale dell'art. 16 1. 14 dicembre 1973 n. 829 (riforma

(1) Ancora una pronunzia della corte per ricondurre a legittimità la

disciplina successoria dell'indennità di buonuscita mediante la rivaluta zione della sua concorrente natura retributiva, rispetto a quella previ denziale erroneamente ritenuta prevalente in termini assoluti; per ogni riferimento si vedano le sentenze citate in motivazione, in particolare, Corte cost. 18 luglio 1997, n. 243, Foro it., 1997, I, 3493, con nota di richiami. Si segnala che con successiva ordinanza 3 giugno 1999, n. 223 (G.U., la s.s., n. 23 del 1999) la corte ha dichiarato manifesta mente infondata altra identica questione, richiamando la pronunzia in

epigrafe e le altre precedenti. Corte cost., ord. 23 novembre 1999, n. 434 (id., n. 48 del 1999),

richiamando, tra l'altro, Corte cost. 243/97 cit., ha dichiarato manife stamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1032, nella parte in cui non prevede che il dipendente dello Stato possa disporre per testamento dell'indennità di buonuscita, nel caso in cui il medesimo deceda in servizio lasciando i parenti che la legge indica come astratti beneficiari dell'indennità stes

sa, ma nei cui confronti non aveva al momento del decesso alcun obbli

go alimentare.

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