Date post: | 30-Jan-2017 |
Category: |
Documents |
Upload: | mario-esposito |
View: | 212 times |
Download: | 0 times |
sentenza 28 ottobre 2003, n. 315 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 5 novembre 2003, n. 44);Pres. Chieppa, Est. Marini; Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Favara) c. Regione Campania(Avv. Cocozza)Author(s): Mario EspositoSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2323/2324-2329/2330Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199373 .
Accessed: 25/06/2014 08:22
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 195.78.108.107 on Wed, 25 Jun 2014 08:22:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2323 PARTE PRIMA 2324
abusiva o di violenza psicologica che si realizza in forma sistematica nei confronti di una persona nell'ambito lavorativo, che si manifesta in
particolare attraverso reiterati comportamenti, parole o atti lesivi della
dignità e integrità psichica del lavoratore mettendo in pericolo o degra dando le sue condizioni di lavoro».
3. - Inquadramento giuridico delta responsabilità: l'onere della pro va e il nesso causale. A favore della ricostruzione in termini contrat tuali della responsabilità del datore di lavoro si è espressa la maggio ranza della dottrina (15) in quanto il principio contenuto nella disposi zione dell'art. 2087 c.c. «è sufficiente a reggere tutto (16)». La giuris prudenza, peraltro, ha, in più occasioni, ritenuto possibile il cumulo della responsabilità contrattuale con quella extracontrattuale (17) «sul
presupposto implicito che soltanto tale duplice considerazione possa coprire ogni interstizio di tutela (18)».
Dalla natura contrattuale della responsabilità discende che il lavora tore deve dimostrare: a) l'inadempimento contrattuale; b) il danno in concreto ricevuto; c) il nesso di causalità tra inadempimento e danno.
L'assolvimento dell'onere della prova, peraltro, è tutt'altro che sem
plice. Si pensi al caso delle dimissioni annullabili perché rassegnate in
stato d'incapacità naturale. Ricorrente è l'affermazione secondo cui perché sia ravvisabile una
situazione d'incapacità di intendere e volere non è necessaria la totale esclusione della capacità psichica e volitiva del soggetto agente, essendo sufficiente invece che questi, al compimento dell'atto, si trovi in uno stato di turbamento psichico tale da impedirgli di apprezzare l'importan za dell'atto medesimo e di liberamente determinarsi al suo compimento.
Ma è sul terreno della prova della situazione d'incapacità naturale che la giurisprudenza ha mostrato grande sensibilità ammettendo che la stessa possa essere indiziaria (fornita con presunzioni semplici).
Si è, infatti, sostenuto che la prova dell'incapacità può essere data con ogni mezzo o in base a indizi e presunzioni, che anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della configurabilità; e il giudi ce è libero di utilizzare, ai fini del proprio convincimento, anche le
prove raccolte in un giudizio tra le stesse parti o tra altre. Quindi lo stato d'incapacità d'intendere e di volere può essere provato in modo indiretto in base ad indizi e presunzioni, che anche da soli possono es sere decisivi ai fini della sua configurabilità (19).
Ma forse è il tempo di fare un passo avanti. In Spagna è stato, infatti, proposto di prevedere l'inversione dell'o
nere della prova a favore della vittima di mobbing la quale, pertanto, sarà tenuta soltanto a fornire indizi dell'esistenza dell'acoro moral mentre rimarrà a carico del convenuto l'onere di dimostrare la legitti mità dei comportamenti adottati e, nel caso del datore di lavoro, l'ade
guatezza delle misure di prevenzione e/o repressione adottate. In ordine al nesso causale non occorre dimenticare, infine, che si è in
presenza di danno alla persona. In questo ambito, la dottrina ha, da tempo, evidenziato la necessità di
operare una distinzione in tema di onere della prova relativo al nesso che unisce condotta ed evento dannoso.
«Il nesso eziologico tra la condotta ed il danno evento ha carattere materiale, deve essere considerato alla stregua degli art. 2043 c.c. e 40 41 c.p., e va accertato utilizzando la teoria della condicio sine qua non o
dell'equivalenza causale, secondo cui tutti gli antecedenti in mancanza dei quali un evento non si sarebbe realizzato debbono considerarsi causa di esso, senza distinguere fra quelli che hanno operato in via diretta o
prossima e quelli che hanno avuto influenza soltanto indiretta o remota, salvo che l'antecedente prossimo sia stato di rilievo tale da essere suffi ciente da solo a determinare l'evento (. ..). Il nesso causale tra il danno evento ed il danno conseguenza ha, invece, carattere giuridico ed è re
golato dall'art. 1223 c.c., per il quale il danno emergente o il lucro ces sante devono essere conseguenza immediata e diretta dell'illecito (20)».
La giurisprudenza, sul tema, si presenta ondivaga ritenendo, a volte, necessario un collegamento diretto tra gli abusi del datore di lavoro e le
conseguenze subite dal lavoratore sul piano dei rapporti interpersona li (21) o, viceversa, attribuendo rilievo primario alla condotta antigiuri dica (22) «riconoscendo il comportamento umano come causa dell'e vento dannoso, pur in presenza di ulteriori fattori, o concause (23)».
Roberto Cosio
(15) Sul tema, v. Lanotte, Profili evolutivi dell'obbligo di sicurezza nell'elaborazione giurisprudenziale, in Dir. relazioni ind., 2002, 125.
(16) Pera, Angherie e inurbanità negli ambienti di lavoro, in Riv. it. dir. lav., 2001,1, 291.
(17) Cass. 17 luglio 1995, n. 7768, Foro it., Rep. 1995, voce Lavoro (rapporto), n. 1104, e, per esteso, Giur. it., 1996,1, 1, 1110.
(18) Cfr. Amato-Casciano-Lazzeroni-Loffredo, Il «mobbing», cit., 104.
(19) Per una compiuta ricostruzione della giurisprudenza citata, v. Cass. 15 gennaio 2004, n. 515, Foro it., Mass., 31.
(20) Cataldi, Il danno psichico tra medicina legale e diritto, in Giur. merito, 1997, 644.
(21 ) Cass. 2 maggio 2000, n. 5491, Foro it., Rep. 2000, voce Lavoro (rapporto), n. 1756, e, per esteso, Riv. critica dir. lav., 2000, 778.
(22) Cass. 5 febbraio 2000, n. 1307, Foro it., 2000,1, 1554. (23) Cfr. Amato-Casciano-Lazzeroni-Loffredo, Il «mobbing», cit.,
153.
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 28 ottobre 2003, n.
315 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 5 novembre 2003, n.
44); Pres. Chieppa, Est. Marini; Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Favara) c. Regione Campania (Avv. Cocozza).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Campania
— Registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati —
Tecnico incaricato — Compiti
— Sanzioni e regolamento attuativo — Incostituzionalità (Cost., art. 3, 42, 97, 117; 1. reg. Campania 22 ottobre 2002 n. 27, istituzione del registro storico-tecnico-urbanistico dei fabbricati ai fini della tutela
della pubblica e privata incolumità, art. 4, 5, 8). Corte costituzionale — Giudizio sulle leggi in via principale
— Ricorso governativo — Disposizioni non indicate nella determinazione governativa — Questione inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 42, 97, 117; 1. 11 marzo 1953
n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento della
Corte costituzionale, art. 31; 1. reg. Campania 22 ottobre 2002
n. 27, art. 2, 7).
Sono incostituzionali gli art. 4, 5, 2° e 3° comma, e 8 l. reg.
Campania 22 ottobre 2002 n. 27, nella parte in cui elencano
in maniera dettagliata i compiti del tecnico incaricato (inge
gnere, architetto, geologo, geometra, perito edile, nel rispetto delle competenze proprie di categoria) per la tenuta e l'ag
giornamento periodico del registro storico-tecnico-urbanisti
co di ogni fabbricato pubblico o privato, ubicato sul territorio
regionale, nel quale deve essere dichiarato lo stato di conser
vazione e di manutenzione del fabbricato stesso e delle aree e
manufatti di pertinenza, determinano le sanzioni per la viola
zione dei suddetti obblighi e demandano ad un regolamento attuativo la normativa di dettaglio. (1)
E inammissibile, in quanto avente ad oggetto disposizioni non
ricomprese nella delibera di impugnazione adottata dal con
siglio dei ministri su proposta del ministro per gli affari re
gionali, la questione di legittimità costituzionale degli art. 2 e
7 l. reg. Campania 22 ottobre 2002 n. 27, nella parte in cui
prevedono la nomina obbligatoria di un tecnico incaricato
per la tenuta e l'aggiornamento periodico del registro stori
co-tecnico-urbanistico e l'obbligo a carico dell'ufficiale ro
gante di verificare, in caso di trasferimento di diritto reale sul
fabbricato o parte di esso, l'esistenza del registro e la nomi
na del tecnico, dando comunicazione al comune interessato se
la verifica è negativa, in riferimento agli art. 3, 1° comma,
42, 2° comma, 97, 1° comma, e 117, 2° comma, lett. \), e 3°
comma, Cost. (2)
(1-2) La sentenza si può leggere in Foro it., 2004, I, 1388, con nota di richiami.
Se ne riproducono le massime per pubblicare la nota di M. Esposito.
* * *
Il «governo del territorio» al crocevia tra riparto di competenze e «dominio eminente».
1. - Gravi fatti di cronaca — la rovina di interi edifici e il conse
guente drammatico sacrificio di vite umane — hanno indotto alcuni le
gislatori regionali ad adottare misure normative intese alla costituzione di un c.d. fascicolo o registro di fabbricato, sorta di memoriale di ogni stabile, pubblico e privato, recante la storia della sua costruzione e l'annotazione degli interventi di manutenzione straordinaria e di ri strutturazione.
La regione Lazio, la regione Campania e la regione Emilia-Romagna, nello stesso torno di tempo, si sono quindi dotate di leggi di contenuto comune, quanto ai caratteri generali, ma sensibilmente differenti nel l'articolazione della disciplina.
Più dettagliata delle altre, la legge regionale campana è stata in gran parte caducata dalla sentenza in rassegna, che ne ha tuttavia lasciato in
vigore, molto significativamente, la determinazione di scopo, atteso che «nessun dubbio può sussistere riguardo alla doverosità 'della tutela della pubblica e privata incolumità, che rappresenta lo scopo dichiarato della legge, ed al conseguente obbligo di collaborazione che per la rea lizzazione di tale finalità può essere imposto ai proprietari degli edifi ci [. - -]'»
La Corte costituzionale ha infatti dato ingresso e decisivo rilievo alle sole censure d'irragionevolezza, prospettate da parte statale in relazione
agli art. 3 e 97 Cost.
This content downloaded from 195.78.108.107 on Wed, 25 Jun 2014 08:22:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
2. - Il sindacato di costituzionalità concernente la 1. reg. Campania n. 27 del 2002 è intessuto di valutazioni di coerenza interna e di propor zionalità delle disposizioni rispetto al fine dichiarato dal legislatore medesimo (1).
La Corte costituzionale ha cioè adottato un canone di sindacato im
prontato al metro della proporzionalità, incentrato, però, non già su un
bilanciamento puramente assiologico, ma sulla concreta ricerca di un
punto di equilibrio, guidata soprattutto dal dato giuridico positivo. Non nucleo essenziale ma ricerca di equilibrio sulla scorta del dato
positivo. L'analisi in dettaglio della legge campana ha condotto, comprensi
bilmente, la Consulta a ritenere che la concreta conformazione dell'ob
bligo di collaborazione imposto ai proprietari di immobili in vista della formazione del fascicolo di fabbricato assumesse aspetti di eccessiva onerosità e, in parte, si configurasse come illegittima sostituzione di
specifici doveri funzionali della pubblica amministrazione con presta zioni imposte ai titolari di diritti dominicali.
Donde la declaratoria d'incostituzionalità della disposizione in base alla quale ai proprietari sarebbe spettato di nominare non già un solo tecnico incaricato, ma «una pluralità di professionisti abilitati, secondo i rispettivi ordinamenti professionali», ognuno per una tranche delle
indagini e degli accertamenti destinati ad essere raccolti nel suddetto fascicolo di fabbricato, così come richiesto dagli art. 3 e 4 della legge impugnata.
E merita, in proposito, sottolineare che la Corte costituzionale non si è punto soffermata sulla censura in base alla quale un primo, radicale
profilo d'incostituzionalità si sarebbe dovuto ravvisare nella stessa im
posizione della conclusione di un contratto (o, meglio, di più contratti) di prestazione d'opera professionale ai fini del soddisfacimento di
quanto contemplato dai citati art. 3 e 4: imposizione che avrebbe confi
gurato, a parere dell'avvocatura erariale, uno sconfinamento della re
gione nella materia del diritto privato, ad essa sottratta per le note ra
gioni — consolidatesi, non senza incertezze, nella giurisprudenza co stituzionale e in dottrina — dell'«esigenza, connessa al principio co stituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformità nel territorio na zionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati» (2), nonché dell'«uniformità di disciplina e di trattamento
riguardo ai rapporti intercorrenti tra i soggetti privati, trattandosi di
rapporti legati allo svolgimento delle libertà giuridicamente garantite ai
predetti soggetti ed al correlativo requisito costituzionale del godimento di tale libertà in condizioni di formale eguaglianza (art. 2 e 3
Cost.)» (3). La posizione di estrema «sobrietà» assunta dal giudice delle leggi
rappresenta l'aspetto più interessante della pronunzia in epigrafe. L'«onere reale» così configurato, irragionevole in sé, espone, però,
un ulteriore profilo d'illegittimità costituzionale, in apparenza soltanto additato dalla Consulta, ma di quasi sicuro rilievo nella logica deciso ria: il conferimento di tali e tanti incarichi finirebbe infatti per aggrava re intollerabilmente e indiscriminatamente tutti i proprietari d'immobi li.
Un riferimento solo incidentale, da cui si evince che la regione avrebbe dovuto farsi carico di considerare lo specifico rilievo costitu zionale della proprietà dell'abitazione, in quanto presupposto materiale
(e giuridico) di esercizio della libertà di domicilio (4).
3. - Sotto altro aspetto, la Corte costituzionale ha individuato nella 1.
reg. Campania un'illegittima, surrettizia sostituzione dei proprietari alla
(1) Potrebbe dirsi uno scrutinio incentrato sulla motivazione della
legge. L'atto legislativo tradizionalmente non richiede e forse esclude una motivazione: tuttavia, sia pure in forma definita spuria, si ha un
principio di motivazione in quelle disposizioni che si preoccupano di fissare le determinazioni di scopo dell'atto medesimo e tali norme ben si adattano al vaglio di ragionevolezza del giudice delle leggi. V. le pe netranti considerazioni di G.U. Rescigno, L'atto normativo, Bologna, 1998, 20 s., al quale si deve la definizione di motivazione spuria in or dine agli articoli di legge che circoscrivono i fini della medesima.
(2) Corte cost., ord. 23 giugno 2000, n. 243, Foro it., 2000,1, 3391. In dottrina, cfr. M. Luciani, Regioni e diritto del lavoro. Note prelimi nari, in Argomenti dir. lav., 2002, 70.
(3) Corte cost. 24 luglio 1996, n. 307, Foro it., 1996,1, 3596.
(4) Un riferimento, dunque, che pur non avallando la tesi — molto autorevolmente sostenuta: cfr., ad es., T. Martines, Diritto costituzio nale, 6a ed., Milano, 1990, 644 — secondo cui alla titolarità del diritto costituzionale «classico» (VAbwehrrecht) si accompagnerebbe altresì una pretesa, anch'essa di rango costituzionale, all'ottenimento dei mez zi per l'esercizio del diritto stesso (in caso, ovviamente, d'incapacità in concreto di provvedersi autonomamente dei mezzi medesimi), ribadisce il vincolo teleologico di tutte le funzioni pubbliche alla promozione delle migliori condizioni di effettivo godimento dei diritti costituziona li. sia in positivo, sia, come nel caso che ne occupa, al grado minimo come divieto di difficultare tale godimento.
In argomento, cfr. M. Nigro, L'edilizia popolare come servizio pub blico, in Riv. trim. dir. pubbl., 1957, 150 ss.; R. Esposito, Il progetto di
«equo canone» nel modello costituzionale di «strategia perequativa», in Foro it., 1978, V, 1 ss.
Il Foro Italiano — 2004.
pubblica amministrazione, allorquando l'art. 3 fa obbligo ai primi di fornire alla seconda dati che essa già possiede e dovrebbe possede re (5).
4. - Per conseguenza, sono state dichiarate incostituzionali le dispo sizioni sanzionatone — particolarmente gravose — ed è altresì caduta la previsione del negoziato tra regioni e collegi e ordini professionali, cassata, ancor prima che per irragionevolezza, per «difetto di legittima zione» rappresentativa della regione.
Anche a questa statuizione la Corte costituzionale è giunta «schivan do» la censura dell'avvocatura dello Stato, che aveva addotto lo sconfi namento della regione nel diritto privato, materiato non soltanto dall'a vere imposto la conclusione di contratti di prestazione d'opera profes sionale, ma altresì dall'averne confidato la determinazione di contenuto all'ente pubblico territoriale, sia pure per mezzo di accordi con ordini e
collegi professionali. Con tale argomentazione si è pertanto evitato il rischio di impegnare
la Consulta in affermazioni di principio eccedenti rispetto al fine della concreta decisione, sebbene proprio ad affermazioni del genere sem brasse mirare lo Stato nell'evocare non soltanto la violazione della «di
sciplina codicistica in tema di rapporti contrattuali e diritti reali, inci
dendo, altresì, sulle disposizioni statali in materia di beni pubblici» (dunque l'ordinamento civile ex art. 117, 2° comma, lett. /, Cost.), ma anche lo «sconfinamento» rispetto alla competenza regionale con cernente il governo del territorio, di cui all'art. 117, 3° comma, Cost., trattandosi invece — sempre alla stregua delle argomentazioni dell'av vocatura statale — di misure afferenti all'ordine pubblico e alla sicu
rezza, di esclusiva competenza dello Stato, giusta il disposto dell'art.
117, 2° comma, lett. h), Cost.
5. - Il giudice delle leggi avrebbe potuto «vestire» la propria decisio
ne, declinando il sindacato di proporzionalità e di ragionevolezza se condo due direttrici tra loro alternative.
Seguendo la prima, la Corte costituzionale avrebbe potuto ritenere che la 1. reg. campana sconfinasse nella materia dell'ordine pubblico e della sicurezza, di cui all'art. 117, 2° comma, lett. h), Cost.
Su tale presupposto, essa avrebbe dovuto però dichiarare l'illegitti mità costituzionale dell'intero atto normativo, anche ai sensi dell'art. 27 1. n. 87 del 1953 (6).
Seguendo l'altra, più plausibile opzione, avrebbe potuto ritenere che la normativa regionale — pur rientrando nell'ambito del governo del
territorio, di competenza concorrente — assumesse però carattere di eccessiva onerosità e pertanto di eccedenza rispetto allo scopo perse guito.
Di tale secondo percorso, si trova, nella sentenza in rassegna, sol tanto la seconda parte, la premessa minore.
E si capisce: la qualificazione in apicibus del thema disputandum, la sua riconduzione ad una o ad altra materia pare sottendere un interro
gativo di particolare difficoltà, del quale in questa sede possono solo censirsi taluni aspetti. Un interrogativo che traspare dalla censura d'il
legittimità costituzionale riguardante l'art. 42 Cost, non considerata dalla Corte costituzionale.
Dal canto loro, le regioni che hanno adottato una disciplina del gene re hanno mostrato di volerla considerare articolazione del genus edili zia (7) e, dunque, parte del più generale settore del governo del territo
rio (8). Ma l'avvocatura erariale, allorquando ha prospettato l'interferenza
dell'imposizione di «obblighi di collaborazione» a carico dei proprieta ri con il c.d. limite del diritto privato, ha probabilmente guardato più lontano e ha intravisto una questione di portata ben più grave.
6. - Il particolare spessore del problema appare soltanto qualora si dia adeguato rilievo al fatto che in questo caso si tratta di assetti pro prietari immobiliari e, pertanto, di un tipo di titolo dominicale dotato
per sua natura di una peculiare colorazione pubblicistica: la proprietà immobiliare è, infatti, come ben si sa, proprietà residente, proprietà cioè che insiste sul territorio e la cui conformazione giuridica si lega inevitabilmente a quella del territorio medesimo.
Ma il territorio — «corpo morto e immortale dello Stato» (9) — ca
(5) Quanto poi all'obbligo di comunicazione dell'esistenza di vin coli alla soprintendenza (art. 4) la Corte costituzionale ha giustamente ritenuto trattarsi di disposizione estranea allo «scopo di tutela della
pubblica e privata incolumità».
(6) Mutuando il lessico amministrativistico, si sarebbe trattato di ca renza di potere in astratto.
(7) Significativo in tal senso il titolo della 1. reg. Emilia-Romagna 25 novembre 2002 n. 31: «disciplina generale dell'edilizia», il cui art. 20 disciplina il fascicolo di fabbricato.
(8) Cfr., sulla nozione di «governo del territorio», P.L. Portaluri, «Nomina et rosae»: i livelli essenziali nel governo del territorio, in Fe
deralismi.it, n. 15/2003, 1 (sito web: <www.federalismi.it>), e ivi ampi riferimenti.
(9) G. Jellinek, Allgemeine Staatslehre, rist. anast. 3a ed. del 1913, Bad Homburg v. d. H., 1966, 78: «Das Gebiet ist zugleich das tote und
This content downloaded from 195.78.108.107 on Wed, 25 Jun 2014 08:22:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2327 PARTE PRIMA 2328
ratterizza alcuni e soltanto alcuni enti pubblici, dei quali è assunto co me indefettibile elemento, che circoscrive la sfera spaziale del potere di
governo dell'ente medesimo (10) e, secondo una classica opinione —
che potrebbe trovare nuovo fondamento e rinnovata ragione in quelle disposizioni costituzionali che conferiscono più incisivo rilievo alle collettività popolari — è oggetto di un diritto della personalità dell'ente
pubblico, appunto, territoriale (11). E probabile che proprio l'esistenza di questo legame abbia indotto la
Corte costituzionale a non dare ingresso alle censure riferite all'auto nomia privata e al diritto di proprietà: qualsiasi statuizione di principio in subiecta materia è destinata a impingere nel tema della soggettività costituzionale degli enti pubblici territoriali.
La giurisdizione dell'ente pubblico sul suo territorio — in più ampia prospettiva, i modi di esercizio, da parte della collettività, dei diritti che le spettano sul territorio ove essa è stanziata (12) — si manifesta al
principio (e continua poi) anche come potere di disciplina degli assetti
proprietari immobiliari; potere, questo, che esprime e — nei momenti di crisi — riproduce il momento primario della formazione di un unico
potere pubblico riconosciuto, fondato sull'appropriazione collettiva del bene fondamentale per l'uomo, ossia «la terra, questa terra su cui cam
mina, su cui poggia le sue case e le sue tombe, su cui poggia si può dire la sua storia» (13).
Reciprocamente, la conformazione normativa della proprietà immo biliare trova il suo fondamento nel dominio eminente (14) del principe sul territorio, il quale esprime la propria superiorità attraverso la posi
das unsterbliche Element des Staates» e, subito di seguito, la suggestiva esplicazione: «Se non affonda nel mare, esso sopravvive ad ogni Stato che vi si costituisce al di sopra, per servire subito da base ad uno nuo vo» («Es uberlebt — wenn es nicht ins Meer sinkt — jeden Staat, der sich auf ihm bildet, um sofort als Grundlage eines neuen zu dienen»). Le versioni dal tedesco sono di chi scrive, n.d.r.
Sul territorio come categoria centrale delle organizzazioni politiche occidentali, cfr. I. Ciolli, Il territorio dello Stato e la rappresentanza territoriale, in corso di pubblicazione in Riv. dir. cost., 2003, che ho
potuto leggere in bozze per la cortesia dell'autrice.
(10) R. Carré de Malberg, Contribution à la Theorie générale de l'État (1920-1922), rist. anast.. Paris, 2003, 3 ss.
(11) S. Romano, Principi di diritto costituzionale generale, rist. 2a ed., Milano, 1947, 113.
(12) Per la qual cosa una collettività si caratterizza come gruppo ter ritoriale e dunque come frame group statale, nel senso della stabilità di assetto. E proprio tale tensione alla stabilità passa fatalmente per la re
golamentazione della proprietà immobiliare, che esprime la tensione tra unificazione e parcellizzazione del gruppo maggiore: il fenomeno si ri
produce sul piano della coesistenza, sul medesimo territorio, di diversi
gruppi etnici o comunque tra loro differenziati per una qualche ragione idonea a catalizzare intorno ad un comune denominatore le diverse for ze del gruppo medesimo: illuminante l'esperienza giuridica romana e la ricostruzione che ne ha dato F. De Martino, Storia della Costituzione romana, 2a ed., Napoli, 1972, 1 ss.
(13) G. Capograssi, Agricoltura, diritto, proprietà, in Riv. dir. agr., 1952, II, 26 ss., ora anche in Opere, Milano, 1959, V, 271. Cfr. P. Bon fante, Corso di diritto romano. II. La proprietà, sez. I, Roma, 1926, 208 ss., il quale scrive: «Ogni diritto, come abbiamo visto, presenta una distinzione fondamentale di cose, le une di carattere sociale e più ade renti ai gruppi sociali, le altre di carattere personale e più aderenti al l'individuo, secondo le varie fasi dell'economia dei popoli. Abbiamo visto altresì, come queste distinzioni di cose, ove si può risalire alle
origini, si convertono in distinzioni profonde tra due forme di proprietà, collettiva e individuale, il che si può arguire anche dall'evoluzione stessa delle due categorie, risalendo indietro nel tempo. Abbiamo visto come questa distinzione fondamentale, e, si potrebbe dire, universale di cose, sia rappresentata nel diritto romano dalle res mancipi e nec man
cipi, e come in ordine a questa categoria, se non si può pervenire alle
origini direttamente, tuttavia, risalendo indietro, si osserva una cre scente ed ìntima connessione delle res mancipi col gruppo familiare più vasto degli agnati e dei gentili. Noi sappiamo d'altra parte che la gens ha nelle origini una costituzione compatta, che essa è un organismo po litico autonomo ed anteriore allo Stato. L'analisi delle istituzioni quindi ci porta a credere che le res mancipi sono costituite in alcuni oggetti, cioè il fondo e gli annessi del fondo, inerenti ai bisogni di una società
agricola; ma poiché la gens è un organismo politico, il fondo adempie anche la funzione di territorio sovrano della gens».
Fondamentale, al riguardo, l'indagine di S. De Fina, Stato e istitu zione, Milano, 1967, passim.
Cfr., anche, B. Lomonaco, Demanio e beni demaniali, Milano, 1901, 6 s.
(14) Sulla categoria del dominio eminente, cfr. A.M. Sandulli, Do minio eminente, voce dell 'Enciclopedia del diritto. Milano, 1964, XIII, 928 ss., il quale riporta, tra gli impieghi meno recenti della categoria medesima, «aventi carattere a prima vista approssimativo, e rimasti del tutto senza risonanza», la suggestiva tesi di G. Fragola, Teoria delle limitazioni al diritto di proprietà con speciale riferimento ai regola menti comunali, Roma-Mìlano-Napoli, 1910, 43 s., secondo la quale «la determinazione che il sovrano fa della sfera d'influenza del diritto
Il Foro Italiano -— 2004.
zione del nomos della terra (15), che configura l'ordine spaziale interno
e, sotto questo aspetto, anche una delle modalità caratterizzanti la citta
dinanza, che ha necessità — almeno sino ad oggi — di un luogo di sta bilimento e di esercizio, quale suo presupposto materiale primario.
Ecco dunque il punto critico implicato dalla domanda cui sopra si fa ceva cenno: esiste una giurisdizione territoriale delle regioni, che si
esprima anche attraverso un simile potere?
7. - Stando alla logica di sistema che si apprende dal complesso della riforma costituzionale del 2001, la risposta dovrebbe essere in principio positiva. Se la regione è uno degli enti che, a pari titolo con i comuni, le città metropolitane, le province e lo Stato costituiscono la repubblica — peraltro differenziandosi da tutti gli altri per essere titolare della
potestà legislativa generale (16) — essa, per poter governare il proprio territorio, deve potere in pari tempo dettare, se non altro, la disciplina dei limiti alla proprietà privata «allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti» (art. 42, 2° comma, Cost.), sen za di che ha ben poco senso parlare di ente territoriale: il territorio non
può infatti esprimere unicamente la circoscrizione spaziale di efficacia delle norme, ma deve altresì esprimere — si ripete: affinché si abbia ente pubblico territoriale — l'assetto di base (giuridico, in primo luo
go) della collettività nel proprio «domicilio» (17). Non può valere in contrario il limite del diritto e dell'autonomia pri
vati: può concordarsi con l'opinione secondo cui esso è oggi ancora vi
gente (18), essendo posto a salvaguardia dell'uniformità degli istituti che sostanziano la base della unità giuridica del popolo italiano.
Ma l'istituto della proprietà immobiliare non può andare scisso dal
rapporto tra l'ente pubblico e il suo territorio, sicché, se devono pren dersi sul serio le linee di sistema del nuovo titolo V della Costituzione, su tale presupposto deve trovarsi una soluzione conciliativa tra le diver se potestà territoriali e, in particolare, tra quella regionale e quella sta
tale, anche in ordine alla conformazione del dominio privato. Può allora pensarsi che l'art. 42 Cost, metta capo a due distinte com
petenze: a quella esclusiva statale, per quel che attiene ai modi di ac
quisto e di godimento; a quella regionale, in concorso con quella stata le, per quel che concerne i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
L'una, quella statale, volta a garantire uniformità nazionale, affinché alla locuzione proprietà privata corrisponda uno ed un solo istituto giu ridico (19); la seconda, quella concorrente, tesa a consentire, pur nella comune base di principio, un'articolazione giuridica degli oneri domi nicali, che sia manifestazione del domaine regionale (20).
8. - Così parrebbero stare le cose, pur avvolte, come sono, in un in deciso disegno che oscilla tra uno sbiadito e contraddittorio concetto di federalismo (21) e un regionalismo (apparentemente) rinforzato.
Ma, venenum in cauda, proprio in relazione al rapporto tra regione e
territorio, le garanzie di autonomia costituzionale sembrano essere si
gnificativamente diminuite, quasi a rivelare un tortuoso compromesso tra attribuzioni (anche simboliche) di soggettività costituzionale prima ria ed effettiva articolazione della medesima (22).
dominicale, all'effetto di assicurare alla collettività il maggiore benes sere» andrebbe qualificata, appunto, come dominio eminente.
Cfr., altresì, C.G. Mor, Dominio eminente, voce del Novissimo dige sto, Torino. 1960, VI, 210 ss.
(15) C. Schmitt, II «nomos» della terra (1950), trad, it., Milano, 1991, 19 ss.
(16) Cfr. P. Cavaleri, Diritto regionale, Padova, 2003, 129 ss.
(17) Cfr. M. Manetti, Territorio. I. Territorio dello Stato, voce del
VEnciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1994, XXXI, 2. Un profilo interessante del rapporto tra territorio — inteso come en
tità di stabilimento e di radicamento — e organizzazione politica si tro va nella tutela del domicilio dei rappresentanti della nazione, di cui al l'art. 68, 2° comma. Cost.: profilo affrontato nella recentissima sen tenza 30 gennaio 2004, n. 58 della Corte costituzionale (Foro it., 2004, I, 977).
(18) M. Luciani, op. cit., passim. (19) Cfr., ancora una volta, M. Luciani, op. cit.
(20) ... e dunque del demanio, categoria che addita un profilo atti vo del rapporto (altrimenti inerte e di mera difesa) tra l'ente pubblico e il territorio, nonché, in progresso di tempo, tra il primo e i beni immo bili insistenti sul territorio, fino a comprendere quelle utilità tanto rile vanti e stabili da essere equiparate ai beni immobili per natura. Ed è si
gnificativo che l'incremento della categoria in questione, quanto ai ge neri che essa comprende, sia legato —- così pare — allo stagliarsi del suddetto profilo attivo e, pertanto — in vari modi e forme — alla sog gettivizzazione della posizione attiva: S. Romano, La teorìa dei diritti
pubblici subbiettivi, in Primo trattato completo di diritto amministrati vo a cura di V.E. Orlando, Milano, 1900, e ora in Gli scrìtti del Trat tato Orlando, Milano, 2003, 126.
(21) Cfr. G. Ferrara, Federalismo ed eguaglianza (ovvero del fede ralismo virtuoso e di quello perverso), in Id., L'altra riforma nella Co stituzione, Roma, 2002, 149 ss.
(22) Compromesso incerto che, come tale, pare riflettersi nella giuris prudenza costituzionale: cfr. A. Anzon, Il difficile avvio della giuris
This content downloaded from 195.78.108.107 on Wed, 25 Jun 2014 08:22:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2329 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2330
Il richiamo, da parte dell'avvocatura erariale alla disciplina statale dei beni pubblici, suggerisce, forse al di là delle intenzioni di parte ri
corrente, una riflessione intorno ad un aspetto della riforma del titolo
V, che non sembra aver suscitato un dibattito particolarmente vivace. A fronte delle numerose attribuzioni di potestà normativa, alle regio
ni è stata sottratta la garanzia costituzionale di un loro demanio.
Recitava, infatti, l'art. 119 Cost, nel precedente testo: «La regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con leg
ge della repubblica». In altre parole, il demanio regionale diveniva elemento indefettibile
dell'organizzazione costituzionale della repubblica, di tal che le regioni
potevano vantare una pretesa affinché si prevedesse una speciale disci
plina per quei beni immobili sui quali il dominio eminente della regio ne si manifestava in forma più puntuale, tale da circoscrivere una cate
goria di beni necessari «ad una funzione esclusiva dell'ente stesso, che
ad essa lo abbia destinato» (23).
Oggi, viceversa, la medesima disposizione, frutto forse più di una di
strazione che di una reale volontà innovativa, prevede che «I comuni, le
province, le città metropolitane e le regioni hanno un proprio patrimo nio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello
Stato». Non è questa la sede per un sia pur breve commento a questa norma:
essa dimostra però almeno due tendenze dell'attuale assetto costituzio
nale, che si pongono in contrasto con la cornice «assiologica» della ri
forma (24). Per un verso, ai beni pubblici regionali si appresta una garanzia che,
già nella formulazione, si approssima a quella ilio tempore prevista
dall'abrogato art. 129 per l'autonomia comunale e provinciale: il pa trimonio regionale viene infatti parificato a quello degli altri enti, di
versi dallo Stato, che compongono la repubblica. In sostanza, una equi
parazione che — sebbene coerente con il dettato dell'art. 114 Cost. —
contraddice però la «supremazia legislativa» riconosciuta (rectius: che
si vorrebbe riconoscere) alle regioni. Sotto altro, concorrente aspetto viene attenuata la base materiale del
potere di governo regionale, ossia quella dotazione strumentale che ca
ratterizzala) l'evoluzione delle organizzazioni pubbliche, nel passag
gio dalla «causa mista» di governo, privata prima ancora che pubblica, alla funzione di governo: la riforma costituzionale del 2001 colpisce, infatti, quella provvista di beni che, per la sua pregnante caratterizza
zione teleologica, distingue una funzione pubblica, lato sensu, gover nante {ergo, se democratica, autogovernante) da un'attività pubblica meramente regolatoria (25), con la preoccupante conseguenza che il
profilo della proprietà pubblica, che può anche essere, come si sa, im
mediatamente destinata all'uso della collettività (26), viene confusa
nella disciplina dell'approvvigionamento finanziario.
Ma ciò fa parte di una più generale operazione di scomposizione delle «persone di diritto pubblico», con conseguente — invero massic
cia e incredibilmente solerte — restituzione dei conferimenti ai soci,
quasi per una forma di vorticosa liquidazione delle compagini sociali
con causa pubblica.
Mario Esposito
prudenza costituzionale sul nuovo titolo V della Costituzione, in Giur.
costit., 2003, 1149 ss., e ivi ampi riferimenti.
(23) E. Guicciardi, Il demanio (1934), rist., Padova, 1989, 74.
(24) Cfr., in proposito, l'acuta osservazione di P. Cavaleri, Diritto
regionale, cit., 227 s.: «Difficilmente spiegabile, se non come lacuna da
colmare in via interpretativa, è poi il fatto che dalla formulazione del
nuovo art. 119 Cost, sia scomparso ogni richiamo al demanio regionale
(preso invece in considerazione nella versione precedente): il testo di
recente introdotto, infatti, si limita a riconoscere alle regioni (oltre che
agli altri enti territoriali) un proprio patrimonio 'secondo i principi ge nerali determinati dalla legge dello Stato'. Da quest'ultima formula
(che circoscrive la competenza dello Stato ai soli 'principi generali') si
desume, in dottrina (Martines-Ruggeri-Salazar), che la materia non è
più esclusivamente riservata alla legge statale, come accadeva durante la vigenza della precedente versione dell'art. 119 Cost., secondo la
quale il demanio e il patrimonio delle regioni era determinato 'secondo le modalità stabilite con legge della repubblica'».
Cfr., inoltre, T. Martines-A. Ruggeri-C. Salazar, Lineamenti di di ritto regionale, 6a ed., Milano, 2002, 273, i quali, tuttavia, non paiono dare particolare peso al venir meno del termine demanio.
(25) Incisivamente, R. Resta, Dei beni pubblici (art. 822-831), in
Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Li
bro terzo - Della proprietà, 3J ed., Bologna-Roma, 1962, 72, scriveva:
«Non basta, infatti, che un bene sia destinato a soddisfare un interesse
pubblico per avere natura demaniale, ma occorre che quel bene non
possa avere altra destinazione e che quell'interesse pubblico non possa essere soddisfatto se non con quel bene: è un rapporto di necessità fi
nale, dunque, quello che caratterizza la demanialità».
(26) Cfr. A.M. Sandulli, Beni pubblici, voce dell' Enciclopedia de!
diritto, Milano, 1959, V, 286 s.
Il Foro Italiano — 2004.
I
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 15 luglio 2003, n. 239 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 23 luglio 2003, n.
29); Pres. Chieppa, Est. Zagrebelsky; Major c. Min. interno e
altro; Savaresi c. Prefetto di Brescia; interv. Pres. cons, mini
stri. Orci. Trga Trentino-Alto Adige, sede Trento, 19 febbraio 2002 e Tar Lombardia, sez■ Brescia, 24 giugno 2002 (G.U., la
s.s., nn. 15 e 36 del 2002).
Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Per
sone condannate a pena detentiva non inferiore a tre anni — Incostituzionalità (Cost., art. 4, 76; 1. 13 giugno 1991 n.
190, delega al governo per la revisione delle norme concer
nenti la disciplina della circolazione stradale, art. 2; d.leg. 30
aprile 1992 n. 285, nuovo codice della strada, art. 120, 130).
Sono incostituzionali gli art. 120, 2° comma, e 130, 1° comma,
lett. bj, d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui preve dono la revoca della patente nei confronti delle persone con
dannate a pena detentiva non inferiore a tre anni, quando l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la
commissione di reati della stessa natura. (1)
II
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 17 luglio 2001, n. 251 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 25 luglio 2001, n.
29); Pres. Ruperto, Est. Zagrebelsky; interv. Pres. cons, mi
nistri. Ord. Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 26 gennaio 2000 e Tar Lombardia, sez. Brescia, 14 e 28 luglio e 22 set
tembre 2000 (G.U., la s.s., nn. 43 e 48 del 2000 e n. 4 del
2001).
Circolazione stradale — Patente di guida — Revoca — Per
sone sottoposte a misure di prevenzione — Incostituziona
lità (Cost., art. 76; 1. 27 dicembre 1956 n. 1423, misure di
prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicu
rezza e per la pubblica moralità; 1. 31 maggio 1965 n. 575, di
sposizioni contro la mafia; 1. 3 agosto 1988 n. 327, norme in
materia di misure di prevenzione personali; 1. 13 giugno 1991
n. 190, art. 2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 120, 130). Circolazione stradale — Patente di guida
— Revoca — Per
sone sottoposte a foglio di via obbligatorio — Norma già dichiarata incostituzionale — Questione manifestamente
inammissibile di costituzionalità (Cost., art. 3, 4, 35, 76; 1. 27 dicembre 1956 n. 1423, art. 2; 1. 13 giugno 1991 n. 190, art. 2; d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, art. 120, 130).
Sono incostituzionali gli art. 120, 1° comma, e 130, 1° comma,
lett. b), d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in cui preve dono la revoca della patente nei confronti di coloro che sono
stati sottoposti ad una misura di prevenzione prevista dalla l.
27 dicembre 1956 n. 1423, come sostituita dalla l. 3 agosto 1988 n. 327, nonché dalla l. 31 maggio 1965 n. 575, come
successivamente modificata ed integrata. (2) E manifestamente inammissibile, in quanto avente ad oggetto
una norma già dichiarata incostituzionale, la questione di le
gittimità costituzionale degli art. 120, 1° comma, e 130, 1°
comma, lett. b), d.leg. 30 aprile 1992 n. 285, nella parte in
cui prevedono la revoca della patente nei confronti di coloro
che fossero sottoposti alla misura del foglio di via obbligato
rio ai sensi dell'art. 2 l. 27 dicembre 1956 n. 1423, in rela
zione all'art. 2, 1° comma, lett. t), /. 13 giugno 1991 n. 190,
in riferimento agli art. 3, 4, 35 e 76 Cost. (3)
(1-3) La Corte costituzionale affronta l'esame della conformità a Co
stituzione degli art. 120 e 130 d.leg. 285/92 nonostante che gli stessi
siano stati «delegificati» e quindi abbiano ormai valore regolamentare. La corte infatti ha ritenuto che l'aver disposto fuori dall'ambito con
sentito dalla delega rende inoperante la clausola abrogativa delle norme
legislative anteriori e che è di spettanza del giudice di merito la valuta
zione circa il rapporto tra le norme aventi forza di legge e le disposi zioni regolamentari che le riproducono in atti di «delegificazione», ammettendo quindi il controllo quando il giudice ha motivatamente
considerato inoperante l'effetto di sostituzione della norma primaria ad
opera di quella secondaria (in tal senso, v. Corte cost., ord. 28 dicembre
This content downloaded from 195.78.108.107 on Wed, 25 Jun 2014 08:22:44 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions