Sentenza 29 dicembre 1959, n. 67; Pres. Azzariti P., Rel. Papaldo; Comune di Ravenna (Avv.Dallari) c. Finanze (Avv. dello Stato Tavassi La Greca)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 1/2-3/4Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152028 .
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Anno LXXXV Roma, 1960 Volume LXXXIII
IL FORO ITALIANO
PARTE PRIMA
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE COSTITUZIONALE.
Sentenza 29 dicembre 1959, Bel. Papaldo ; Comune di
Finanze (Avv. dello Stato
n. 67 ; Pres. Azzariti P., Ravenna (Avv. Dallari) c.
Tavassi La Greca).
Protezione antiaerea — Opera permanente <|ià co
struita «lallo Stato — Espropriazione del snolo
occupato — Determinazione dell'indennità — In
costituzionalità della normativa (Costituzione della
Repubblica, art. 42, 3° comma ; d. legisl. 11 marzo 1948
n. 409, sistemazione delle opere permanenti di prote zione antiaerea già costruite dallo Stato, art. 2, 1° e
2° comma).
Contrasta con l'art. 42, 3° comma, della Costituzione e, per
tanto, vien dichiarato incostituzionale l'art. 2, 1° e 2°
comma, decreto legisl. 11 marzo 1948 n. 409 (ratificato con legge 22 aprile 1953 n. 342), per il quale l'indennità
d'espropriazione del suolo occupato per la costruzione,
da parte dello Stato o di enti locali, di ricoveri antiaerei
è determinata dall'Ufficio del genio civile sulla base del
valore venale dell'immobile al momento dell'avvenuta occu
pazione, e da questo momento decorrono gli interessi legali sulla somma dovuta come indennità. (1)
La Corte, ecc. — È da rilevare preliminarmente che
nell'attuale controversia non si discute se sia o no legittimo il sistema adottato dal decreto legisl. 11 marzo 1948 n. 409,
per definire le situazioni provvisorie che si erano determinate
nel periodo bellico con l'occupazione delle aree occorrenti
per la costruzione di rifugi antiaerei : l'attuale controversia
ha per oggetto esclusivamente la legittimità costituzionale
della norma contenuta nell'art. 2, 1° e 2° comma, di quel decreto legisl., riflettente l'indennità di espropriazione.
(1) Il testo dell'ordinanza 16 dicembre 1958, con la quale il Tribunale di Bologna ha rimesso alla cognizione della Corte
costituzionale la questione di costituzionalità, ora riconosciuta
fondata, è riprodotto su Le Leggi, 1959, 143.
Nel senso che l'indennità di espropriazione, di cui all'art.
2 ora dichiarato incostituzionale, si riferisce soltanto al suolo e
non anche alle opere, in precedenza costruite dallo Stato, Cass.
30 marzo 1951, Foro it., 1952, I, 677, con postilla di A. S.
Nel sonso che per effetto della destinazione a ricovero an
tiaereo, disposta in esecuzione del r. decreto legge 18 febbraio
1943 n. 39, i vani di proprietà esclusiva di un condomino non
divenissero parti comuni dell'edificio, Cass. 18 aprile 1953, id.,
1954, I, 483, con nota di richiami.
Sulla nozione di «indennizzo», cons., da ultimo, A. Pibas
e Motzo, in Giur. cost., 1959, 150.
E, pertanto, l'esame, che la Corte si accinge a fare, delle
deduzioni difensive in ordine al sistema adottato dal decreto
legisl. lia lo scopo non di accertare la legittimità dell'intero
sistema di detto decreto, bensì quello di indagare se, nel
quadro del sistema in cui è inserita, la particolare norma
denunziata sia o non sia in contrasto con la Costituzione.
In aderenza alla realtà dei fatti, le supreme magistra ture, ordinaria e amministrativa, hanno dichiarato che il
decreto del 1948 ha sostituito ope legis ad un preesistente stato di occupazione di fatto un rapporto di occupazione e di espropriazione per pubblica utilità, soggetto alla disci
plina della legge 25 giugno 1865 n. 2359, con riferimento
al momento dell'occupazione dell'area. In questa sede non
è necessario esaminare se la originaria situazione fu quella di una occupazione di fatto giustificata soltanto dall'ur
genza e dalle necessità del tempo di guerra, o se fu quella di una requisizione in uso. L'una o l'altra situazione sono
state, per così dire, travolte dalla nuova disciplina, che ex
tunc il decreto legisl. è venuto a stabilire : ecco perchè, ai fini che interessano in questa sede (legittimità della norma
relativa all'indennità di espropriazione) non si presenta rile
vante una indagine in ordir e alla qualificazione del rapporto
originario, in quanto, comunque esso si consideri, occupa zione di fatto o requisizione, il criterio stabilito dal decreto
resta sempre quello di sottoporre, fin dall'inizio, il rapporto stesso al regime dell'espropriazione per pubblica utilità.
Contro la logica del sistema, che avrebbe dovuto por tare a stabilire che la determinazione dell'indennità si
effettua in relazione al momento in cui si verifica il trapasso della proprietà, fu disposto, con la norma contenuta nel
1° e nel 2° comma dell'art. 2, che l'indennità di espropria zione del suolo, occupato nella costruzione dei ricoveri
antiaerei, fosse determinata dall'Ufficio del genio civile in
base al valore venale al momento dell'avvenuta occupazione, con l'aggiunta degli interessi legali sulla somma dovuta
come indennità, interessi decorrenti dalla data dell'oc
cupazione. Per dimostrare che la citata norma non sarebbe in
contrasto con il sistema della nostra legislazione sulle
espropriazioni per causa di pubblica utilità, l'Avvocatura
dello Stato ha sostenuto che il decreto legisl. avrebbe adot
tato il criterio, non nuovo nella legislazione, di considerare
le occupazioni dei suoli, fatte nel periodo bellico, come aventi
carattere definitivo ai fini dell'espropriazione. Il proprie tario del bene espropriato verrebbe a trovarsi nella stessa
situazione di chi avesse subito l'espropriazione dell'im
mobile al momento dell'occupazione, e avesse conseguito con ritardo la liquidazione dell'indennità, di modo che il
ritardo, anche se dovuto a colpa della pubblica Ammini
strazione, legittimerebbe soltanto il pagamento degli inte
ressi di mora, senza dar luogo, trattandosi di un debito
Il Foro Italiano — Volume LXXX1I1 — Parte I-1.
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PARTE PRIMA
di valuta, alla rivalutazione dell'indennità nel caso di
sopravvenuta svalutazione monetaria. Questa tesi riceve
rebbe conferma anche dal fatto che le opere permanenti di protezione antiaerea, appartenendo al pubblico demanio, sarebbero divenute oggetto di proprietà pubblica dello
Stato fin dal momento della occupazione ; e tale situazione
emergerebbe anche dal disposto dell'art. 2 dello stesso de
creto legisl., che, secondo l'Avvocatura dello Stato, farebbe
riferimento alle norme in materia di espropriazione per pub blica utilità soltanto per quanto concerne la liquidazione
dell'indennità, e dal disposto del successivo art. 5, che
dichiarerebbe, con effetto ex tunc, di pertinenza del demanio
statale le opere permanenti di protezione antiaerea,
i Sembra alla Corte che l'Avvocatura dello Stato, così
ragionando, abbia voluto sostenere che le opere di prote zione antiaerea sarebbero entrate a far parte del demanio
statale, con i suoli su cui erano costruite, fin dall'epoca
dell'occupazione. Ora, a parte se questa tesi sia esatta
rispetto ai principi del diritto (ed a prescindere dalla inda
gine, non necessaria ai fini della presente controversia, circa
la legittimità costituzionale di una norma che avesse espres samente statuito in tal senso), può dirsi sicuramente che,
ove la legge avesse, in ipotesi, dichiarato cessata la pro
prietà privata dei suoli al momento in cui era sorta la dema
nialità delle opere, la conseguenza non sarebbe stata quella che si dovesse procedere ad un trapasso del bene mediante
l'espropriazione, bensì quella che si dovesse dichiarare che
ope legis il suolo era divenuto di proprietà statale fin da
quando t'opera era entrata a far parte del pubblico demanio.
Ma un siffatto sistema, che, si ripete, è qui considerato solo
in via di ipotesi ed unicamente per compiutezza di esame
delle deduzioni difensive, avrebbe inevitabilmente ed irri
mediabilmente posto in risalto la illiceità del comportamento
dell'Amministrazione, la quale avrebbe proceduto ad in
corporare nel pubblico demanio, mediante una occupazione di fatto, beni privati senza che prima ne fosse stato operato un legittimo trasferimento. Non si vede, dunque, come,
se fosse stata esatta codesta costruzione giuridica, l'Am
ministrazione avrebbe potuto sottrarsi all'obbligo del risar
cimento dei danni : con l'ovvia conseguenza che il rela
tivo debito sarebbe stato di valore e non di valuta.
Ma la tesi in esame non è esatta, perchè, all'infuori
della disposizione sopra riferita del 1° comma dell'art. 2,
che ha ulna portata unicamente finanziaria, tutte le dispo sizioni del decreto legisl. ribadiscono il sistema della legge
del 1865, non lasciando possibilità di equivoci su questo
punto : che il trapasso di proprietà avviene con il decreto
prefettizio di espropriazione, e non prima. Nemmeno appare utile, ai fini che la difesa statale si
propone, l'altra affermazione dell'Avvocatura dello Stato, nel
senso che il sistema adottato dal decreto legisl. per la deter
minazione dell'indennità troverebbe riscontro in quelle
leggi, le quali stabiliscono che la data, sulla cui base devono
essere attuati i criteri di commisurazione dell'indennità, sia
quella dell'occupazione e non quella del trapasso della pro
prietà. Anzitutto bisogna scartare l'ipotesi che alla base
della disciplina data dal decreto legisl. si trovi in qualsiasi modo qualche presupposto relativo ad una colpa dell'Am
ministrazione, alla quale risalirebbe il ritardo nella liqui dazione della indennità. Tale presupposto è da escludere ;
ma se sussistesse, ci si troverebbe di fronte ad un caso di
responsabilità per colpa : il che escluderebbe recisamente la
possibilità che si parli di un debito di valuta.
Ad ogni modo, anche se, all'infuori di ogni elemento di
colpa, il fondamento del decreto legisl. fosse quello di far
risalire ogni effetto della procedura di espropriazione alla
data dell'occupazione, ciò non gioverebbe alla tesi dell'Am
ministrazione finanziaria dello Stato.
Ed è questo il momento per dire che non giova alla
stessa tesi l'invocazione del principio che il debito del
l'espropriante è debito di valuta.
Occorre tener presente che nel caso attuale non si tratta
di giudicare se, sopraggiunta la svalutazione monetaria
dopo che era sorto il debito dell'espropriante in base ad una
legge preesistente, l'espropriato abbia o no diritto alla
rivalutazione. Qui la svalutazione monetaria è già quasi
compietamente avvenuta quando nel 1948 interviene il
decreto legislativo. Al momenti) in cui questo entra in
vigore, non esiste ancora un debito per una espropriazione ; esistono soltanto situazioni di fatto che la nuova legge deve sistemare. Ora, ai fini dell'osservanza dell'art. 42, 3° comma, della Costituzione, non basta che il legislatore
congegni ex post una disciplina giuridica, la quale porti alla liquidazione di una indennità puramente simbolica.
In altri termini, non appare legittima una norma che, volta
alla sanatoria di una situazione preesistente, venga a creare, con effetto retroattivo, un'altra situazione valevole ad
esimere l'Amministrazione da un obbligo sancito dalla Costi
tuzione. Se si ammettesse ciò, si determinerebbe questa
grave conseguenza : che la legge, preordinando artificiosa
mente, con disposizioni di carattere retroattivo, determinate
situazioni, potrebbe eludere qualsiasi precetto costituzionale.
Che il sistema di tenere per base i valori dell'epoca
dell'occupazione conduca alla liquidazione di indennità
puramente simboliche, è dimostrato dal caso attuale, in cui, come sostanzialmente non è contestato, l'indennità liquidata è del tutto irrisoria rispetto ai valori del tempo dell'espro
priazione. E questo non è certo un caso sporadico, dato
che tra il periodo della guerra, durante il quale furono
effettuate le occupazioni dei suoli, ed il 1948, anno in cui
fu emanato il decreto legisl. in esame, avvenne la cata
strofe monetaria, della cui ben nota entità non occorre
certo dare prova in giudizio. Con questo, la Corte non vuol dire che il decreto legisl.
avrebbe dovuto stabilire il criterio che le indennità fossero
liquidate sulla base del valore venale degli immobili al
tempo dell'espropriazione. La Corte, con la sentenza n. 61
del 1957 (Foro it., 1957, I, 941), ha chiarito che l'espressione « indennizzo » dell'art. 42, 3° comma, non va interpretata nel senso letterale ed etimologico della parola, ma soltanto
come il massimo di contributo e di riparazione che, nell'am
bito degli scopi di interesse generale, la pubblica Ammini
strazione può garantire all'interesse privato, secondo una
valutazione che spetta al legislatore nell'esercizio dei suoi
poteri discrezionali. Evidentemente, anche in questo caso
sussistevano gravi ragioni per temperare il criterio generale fondato sulla base del valore venale ; ma occorreva che la
legge avesse preso in considerazione la possibilità di intro
durre, nei limiti consentiti dal precetto costituzionale, tali
temperamenti. Se ciò la legge avesse fatto, non si sarebbe
potuto in questa sede sindacare l'apprezzamento, attra
verso il quale la legge stessa fosse pervenuta ad un deter
minato risultato normativo. Ma nella specie è fuori dubbio
che il legislatore non fece alcuna valutazione nò alcun
apprezzamento, essendosi limitato a dettare un congegno in base al quale l'indennità da liquidare sarebbe stata sicu
ramente nient'altro che un'apparenza. La dichiarazione di illegittimità costituzionale della
norma denunziata non esclude, dunque, che una nuova
legge possa anche, eventualmente, adottare gli accennati
temperamenti. Per questi motivi, dichiara l'illegittimità costituzionale
dell'art. 2, 1° e 2° comma, decreto legisl. 11 marzo 1948 n. 409, sistemazione delle opere permanenti di protezione antiaerea già costruite direttamente dallo Stato o a mezzo
degli enti locali, ratificato con legge 22 aprile 1953 n. 342, in riferimento all'art. 42, 3° comma, della Costituzione.
CORTE GOSTITUZIONLE.
I
Sentenza 19 dicembre 1959, n. 63 ; Pres. Azzariti P., Rei. Cosatti ; Commissario dello Stato per la Regione siciliana (Avv. dello Stato Arias) c. Pres. Regione siciliana (Avv. Sorrentino).
Sicilia —- Istruzione elementare — Stato giuridico
degli insegnanti — Incostituzionalità della nor
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