sentenza 29 febbraio 1984; Giud. Nisticò; Petri e altri (Avv. Cerrai, Cavalca) c. Soc. WhiteheadMotofides (Avv. Rainaldi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 5 (MAGGIO 1984), pp. 1401/1402-1405/1406Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175715 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
come sostiene invece l'attrice) dagli ultimi due paragrafi delle
istruzioni. Nel penultimo paragrafo è fissato il termine del 31
luglio 1979 per l'esercizio da parte dell'azionista del diritto di
esercitare d'opzione a pagamento e nell'ultimo paragrafo è stabilito
uguale termine per la utilizzazione de « i diritti di opzione a
pagamento»: dove è evidente il riferimento non alle cedole (che, di per sé, non attribuiscono tale diritto), bensì ai buoni di cui al
terzultimo paragrafo. Infine, la natura dei buoni quali titoli di
credito è confermata nelle « avvertenze importanti » contenute nelle istruzioni, laddove è disposto che le casse autorizzate
dovranno trasmettere giornalmente alla società, fra gli altri, i
buoni originali per diritti di opzione ritirati ed annullati, dunque buoni presentati da chi, non azionista, li ha acquistati da un
azionista.
D'altra parte, né lo stampato del modello per il rapporto giornaliero, né quello del modello per la scheda di sottoscrizione
possono indurre in contrario avviso (come sostiene l'attrice). Ivi, infatti, coerentemente con quanto oggetto degli atti sociali sopra esaminati, la contrapposizione tra « cedole 17 » e « diritti di
opzione » va intesa quale contrapposizione tra « diritti di opzione inerenti a certificati azionari corredati dalle cedole 17 » e «diritti di opzione inerenti a buoni per diritti di opzione ». Parimenti
l'espressione «e/o le relative cedole 17 » che segue alla previsione di presentazione dei certificati azionari di cui alla lettera racco mandata della società l.l.s.s.a. Viola datata 16 luglio 1979 va intesa nel senso di presentazione dei detti certificati corredati dalle relative cedole n. 17.
Acclarato, per le considerazioni esposte, che i buoni per i diritti di opzione rilasciati all'attrice in esecuzione di aumento del
capitale deliberato dalla intervenuta con delibera 30 aprile 1979
hanno natura di titoli di credito al portatore, come tali non
assoggettabili al procedimento di ammortamento ex art. 2006 c.c., e che detti buoni, com'è pacifico, rappresentano n. 1500 diritti di
opzione relativi ai certificati azionari nn. 161 e 162 per i quali è stato dalla attrice pagato l'importo a liberazione delle nuove
azioni, va dichiarato l'obbligo dell'intervenuta l.l.s.s.a. Viola, nei confronti dell'attrice Banca Steinhauslin, di emettere le nuove azioni corrispondenti ai predetti diritti (pronuncia, questa, alla
quale non è di ostacolo la dichiarazione fatta dal procuratore dell'intervenuta nella memoria di replica, secondo la quale il rifiuto di emettere le nuove azioni chieste non è assoluto, ma è
solo allo stato, cioè in pendenza del processo di ammortamento:
è evidente che trattasi di dichiarazione non vincolante sul piano
negoziale e constrastante con le definitive conclusioni assunte).
Conseguentemente la intervenuta va condannata al risarcimento
dei danni derivanti dal ritardo nell'adempimento, da liquidarsi, (come chiesto e senza opposizione dell'intervenuta) in separato
giudizio. Va invece respinta ogni domanda dell'attrice nei confronti della
intervenuta relativamente ai diritti di opzione derivanti dalle
cedole azionarie, non avendo queste, nella specie, come si è
detto, natura di titoli di credito.
Vanno ora esaminate le domande dell'attrice nei confronti dei
convenuti Magnani e Credito romagnolo. Preliminarmente va
disattesa l'istanza di sospensione necessaria del processo ex art.
295 c.p.c. per quanto già osservato sub § 4. (Omissis) Ciò premesso e passando al merito della domanda dell'attrice
di condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per inadem
pimento mediante consegna di azioni l.l.s.s.a. Viola in numero
pari ai diritti di opzione acquistati, si deve rilevare che l'attrice
ha ricevuto dalla convenuta s.p.a Credito romagnolo un buono
per n. 1500 diritti di opzione e cedole n. 17 per n. 450 diritti; ha
ricevuto dal convenuto Magnani soltanto cedole n. 17 per n.
78.200 diritti.
Orbene, per quanto attiene al buono dei diritti di opzione si è
già accertato che esso ha natura di titolo di credito al portatore, e che la società emittente, l'intervenuta l.l.s.s.a. Viola, è obbligata nei confronti dell'attrice ad emettere le nuove azioni promesse relativamente ai buoni per diritti di opzione.
La domanda in esame dell'attrice ed ogni altra domanda
conseguente nei confronti del Credito romagnolo è pertanto infondata e (avendo questi venduto titolo inidoneo a consentire la
corrispondente sottoscrizione dell'aumento di capitale) va respinta
per quanto attiene ai danni conseguenti alla consegna del buono
predetto.
Appaiono, invece, fondate entrambe le domande di risarcimento
dei danni (in forma specifica per la mancata consegna dei titoli
idonei all'esercizio dei diritti di opzione acquistati e per equiva lente per il ritardo nella consegna predetta — sulla cumulabilità
delle due azioni v. Cass. 20 agosto 1981, n. 4958, Foro it., Rep.
1982, voce Danni civili, n. 66) nei confronti dei convenuti
Magnani e Credito romagnolo relativamente alle cedole n. 17.
È pacifico in causa, non essendo contestato, che il contratto
stipulato tra le parti aveva per oggetto il trasferimento dai
convenuti all'attrice della titolarità dei diritti di opzione (nelle
quantità rispettivamente sopra dette) relativi al più volte citato aumento di capitale I.l.s.s.a. Viola.
Quale che sia la configurazione giuridica di tale contratto, certa ne è la causa (traslativa) e l'oggetto (i diritti di opzione). Pertanto obbligazione principale degli alienanti era quella di trasferire la titolarità dei diritti di opzione e obbligazione acces soria era quella di consegnare i documenti necessari per l'eserci zio dei diritti ceduti.
Considerato quanto sopra osservato sulla inidoneità delle cedole n. 17 a consentire l'esercizio del diritto di opzione da parte di chi non fosse stato anche socio (e limitatamente alle cedole annesse ai certificati azionari) e sulla idoneità alla circolazione cartolare dei buoni per diritto di opzione, è evidente che i convenuti, che hanno ricevuto il prezzo pattuito e che hanno consegnato all'at trice le cedole n. 17 e non i buoni, sono totalmente inadempienti.
Da ciò consegue l'obbligazione di risarcimento del danno, in forma specifica come chiesto e come è ammesso anche in materia contrattuale dalla costante giurisprudenza della Suprema corte (da ultimo v. Cass. 3 ottobre 1972, n. 2843, id., Rep. 1973, voce cit., n. 93) e dalla prevalente dottrina.
Indubbiamente la consegna di azioni I.l.s.s.a. Viola in numero
pari ai diritti acquistati è specifico risarcimento nella specie, avendo l'attrice acquistato — come è pacifico — i diritti di
opzione suddetti appunto allo scopo di sottoscrivere le nuove azioni. Il convenuto Magnani va, pertanto, condannato a conse
gnare all'attrice n. 78.200 nuove azioni I.l.s.s.a. Viola corrispon denti ai 78.200 diritti di opzione acquistati. Parimenti la convenu ta banca Credito romagnolo va condannata a consegnare all'attri ce n. 450 nuove azioni della stessa società corrispondenti ai 450 diritti acquistati.
I predetti convenuti vanno, inoltre, condannati al risarcimento del danno conseguente al ritardo nella consegna delle menzionate
azioni, da determinarsi necessariamente genericamente, con ri
guardo al periodo di tempo intercorrente dal 1° gennaio 1979
(data di inizio del godimento delle nuove azioni) al momento della consegna e con riguardo, nel periodo predetto, all'ammonta re dei dividendi distribuiti e da distribuire, rivalutati secondo l'indice ISTAT del costo della vita e con gli interessi legali 5 %
sull'importo rivalutato dalle singole date di pagamento dei divi dendi al saldo, per ciascun convenuto, in relazione alle azioni da esso dovute. (Omissis)
PRETURA DI PISA; sentenza 29 febbraio 1984; Giud. Nisticò; Petri e altri (Avv. Cerrai, Cavalca) c. Soc. Whitehead Moto
fides (Avv. Rainaldi).
PRETURA DI PISA;
Lavoro (rapporto) — Permessi sindacali — Attività inerenti al mandato — Controllo sulla corretta esecuzione dello sciopero —
Atti di persuasione verso terzi per ottenerne l'adesione —
Esclusione (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della
libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e del
l'attività sindacale sui luoghi di lavoro e norme sul colloca
mento, art. 23).
Non rientra fra le attività inerenti all'espletamento del mandato
dei dirigenti della r.s.a. l'attività di supporto allo sciopero delle maestranze e consistente nel verificare la corretta attuazione
dell'astensione collettiva nonché nel promuovere l'adesione di
terzi mediante atti di persuasione; pertanto, legittimamente il
datore di lavoro può operare la trattenuta sulla paga in
proporzione alle ore richieste come permessi ex art. 23 l. n.
300/70 ed impiegate dai dirigenti sindacali nelle attività sud
dette. (1)
(1) Sulla nozione legale di mandato ex art. 23 1. 300/70 v. Pret. Belluno 8 aprile 1972, Foro it., 1973, I, 1320, che ha ritenuto ricom
prese nel mandato le attività connesse alle funzioni interne aziendali che sono proprie delle r.s.a.; v. anche Pret. Bergamo 3 febbraio 1971, id., Rep. 1972, voce Sindacati, n. 137, secondo cui rientra fra le atti vità in questione anche quella diretta ad accertare se le apparecchia ture e gli impianti audiovisivi già installati dall'azienda possano anche
permettere il controllo a distanza dell'attività del lavoratore. In argomento v. anche Pret. Milano 22 aprile 1982, id., Rep. 1982,
voce cit., n. 140, che ha ritenuto realizzare condotta antisindacale il
negare sistematicamente la concessione di permessi sindacali a rappre sentanti anche di associazioni non maggiormente rappresentative ove il diritto ai permessi sia attribuito per regolamento aziendale a tutte le
r.s.a.; per la legittimità dell'esclusione dei permessi sindacali aggiuntivi
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1403 PARTE PRIMA 1404
Motivi della decisione. — La materia dei permessi sindacali
retribuiti, nel caso che ci occupa, oltre che dall'art. 23 dello
statuto dei lavoratori, è regolato, fra le parti in causa, dall'accor
do 26 aprile 1982 il quale, per quanto qui interessi, stabilisce che
il numero di ore di permessi in eccedenza al massimo consentito
per trimestre, senza possibilità di deroga, è da ritenersi come
permesso sindacale non retribuito (par. 2); lo stesso accordo
prevede poi (sempre al par. 2) che la trattenuta per l'eccedenza
di ore deve essere effettuata « a partire dall'ultimo mese del
trimestre di riferimento ».
Pacifico che le ore richieste (e per de quali nel ricorso si chiede
il pagamento) siano in eccedenza al monte ore trimestrali (perché dimostrate per tabulas dalla società convenuta ed ammesso dai
ricorrenti in sede di interrogatorio libero) e pacifico, ancora, che
l'azienda ha operato la trattenuta nel gennaio 1983 e non, come
avrebbe dovuto in base all'accordo, nel marzo successivo, la
prima circostanza rende sicuramente priva di interesse la do
manda relativa al pagamento delle ore di permesso, mentre Ja
seconda conferisce (al contrario) sicura attualità alla domanda
accessoria di interessi e rivalutazione monetaria sulle somme
originariamente reclamate, avendo la società convenuta operato la
trattenuta con due mesi di anticipo. In sede di conclusioni finali, peraltro, i ricorrenti hanno « ri
dotto » la loro domanda alla sola rivalutazione monetaria ed
interessi, cosi rinunciando alla domanda principale e la convenuta
ha accettato, senza nulla opporre, il contraddittorio sul punto. Il
tempestivo escamotage dei ricorrenti in ordine al mantenimento
della domanda su interessi e rivalutazione ripropone l'indagine di
merito poiché occorrerà verificare se l'attività posta in essere dai
ricorrenti possa qualificarsi come attività sindacale ex art. 23
statuto (nel qual caso diverrebbe operativo l'accordo aziendale 26
aprile 1984 con il conseguente obbligo dell'azienda di operare la
trattenuta al terzo mese e quindi con l'inevitabile accoglimento della domanda dei ricorrenti) o come attività non riconducibile a
quella in ordine alla quale la legge (art. 23 e 24 statuto) prevede
permessi retribuiti o meno.
Posta in questi termini, la questione non investe la liceità o
meno dell'attività dei ricorrenti (apparendo, peraltro, doveroso
segnalare che la istruttoria espletata non ha consentito di indivi
duare alcun tipo di comportamento non lecitamente riconducibile
all'esercizio del diritto di sciopero mediante attività di supporto), ma la natura sindacale o meno di tale attività nel significato
proprio delle norme statutarie (art. 23 e 24) nonché la sussistenza
o meno del diritto del datore di lavoro a valutare (anche successivamente e salva la verifica giudiziale) la natura sindacale
dell'attività che il richiedente il permesso allega a sostegno del
diritto al permesso. Va preliminarmente affermato il principio del diritto del datore
di lavoro a valutare la natura sindacale (nel senso proprio dell'art. 23 statuto) dell'attività allegata a sostegno del permesso; ammettere il contrario, come si vuole da parte dei ricorrenti,
significherebbe attribuire al monte-ore pattiziamente stabilito la
natura di permessi immotivati salva la sola verifica della qualità
soggettiva del richiedente (sicché nell'ambito del monte ore il
.titolare del diritto ai permessi ne potrebbe fruire al fine di
portare a termine quelle che a suo incontestabile giudizio ritiene attività sindacale, od al limite attività di natura assolutamente
diversa). Deve, al contrario, ritenersi che il datore di lavoro —
sul quale ricade il costo economico del permesso retribuito come
di quello non retribuito — abbia il diritto di verificare (anche a
posteriori) la natura dell'attività allegata a sostegno della richiesta
e salva la verifica giudiziale che, come subito si vedrà, coincide
con l'esatta e doverosa interpretazione della norma giuridica.
Basterà, a sostegno della tesi ora accennata, riflettere sulla
circostanza che lo stesso sciopero è attività sindacale {trattan dosi della attività sindacale massima), cosi come lato sensu
sindacale è ogni attività di lotta o pressione per indurre la
controparte all'accettazione di una pretesa; ma, se pur ciò è
vero, in nessun modo potrà sostenersi che (salva l'immunità del
rispetto alla disciplina legale nei confronti di associazioni meno
rappresentative, v. Cass. 5 giugno 1981, n. 3535, ibid., n. 152. V. anche Pret. Reggio Emilia 14 ottobre 1981, ibid., n. 154, che ha
ritenuto che il datore di lavoro può legittimamente negare i permessi per particolari ed oggettive situazioni contingenti e qualora accordarli
comporterebbe un alterarsi del normale ritmo produttivo; cosi anche Pret. Tortona 12 maggio 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 106, con riferimento ad un eventuale impedimento di ordine tecnico-aziendale.
Cfr. infine Pret. Roma 19 aprile 1980, id., 1981, I, 1774, secondo cui il mancato rispetto del termine di cui all'art. 23 statuto per la comunicazione della richiesta di permessi legittima la irrogazione di una sanzione disciplinare in mancanza di particolari situazioni di
urgenza che consentissero di derogare all'obbligo della comunicazione.
contratto di lavoro ex art. 40 Cost.) l'onere economico di tale
attività possa ricadere sul datore di lavoro; e tanto più assume
rilievo quest'ultima riflessione quanto più si consideri che i
permessi retribuiti devono essere concessi ex art. 23 statuto ai
rappresentanti sindacali aziendali (art. 19 statuto) per l'espleta mento del loro mandato. Non, dunque, per il compimento di
qualsivoglia attività sindacale, ma solo per quelle attività sindaca
li inerenti al mandato delle r.s.a.
Il contenuto letterale della norma non consente, a parere di
questo giudice, alcuna interpretazione analogica in ordine alla
legittimazione attiva al permesso od alcuna interpretazione esten
siva sul contenuto dell'attività legittimante che deve identificar
si con l'espletamento del mandato ai dirigenti della rappresentan za sindacale aziendale; nessun permesso retribuito può, di conse
guenza, essere concesso al dirigente sindacale se non strettamente
ricollegato al mandato. Tale criterio interpretativo trova ancora
un suo valido supporto logico nella ulteriore riflessione sull'onere
economico sopportato dal datore di lavoro che non può che
indirizzare verso una interpretazione quanto più fedele al testo
letterale e restrittivo e che comunque dia rilievo a quelle attività « connesse alle funzioni interne aziendali che sono proprie delle
rappresentanze sindacali aziendali » (Pret. Belluno 8 aprile 1972, Foro it., 1973, I, 1320), fra le quali, a mò d'esempio può essere
ricompresa l'attività di verifica da parte delle r.s.a., diretta ad
accertare se le apparecchiature e gli impianti audiovisivi già installati nell'azienda possano anche permettere il controllo a
distanza dell'attività dei lavoratori -(Pret. Bergamo 3 febbraio
1971, id., Rep. 1972, voce Sindacati, n. 137), e comunque tutte
quelle attività connesse alle funzioni che la legge (art. 4, 6, 20, 21, 25 e 27 statuto), ed eventualmente la contrattazione collettiva, attribuisca alle rappresentanze sindacali aziendali. Come è, dun
que, di immediata intuizione i permessi in questione (similmente a quelli per legge non retribuiti previsti per attività tassativamen te elencate) non sono preordinate allo svoglimento di attività
sindacale in senso lato, ma solo allo svolgimento di quella attività
(sicuramente sindacale) strettamente dipendente dalle funzioni tipi che della r.s.a. all'interno della vita aziendale per l'espletamento dei poteri e delle funzioni demandate alle rappresentanze {cosi anche Pret. Milano 8 novembre 1983, giud. Salmeri, Confolonieri
c. Telettra s.p.a., inedita), sicché, ancora una volta a mò d'esem
pio, il datore di lavoro potrebbe negare il permesso al dirigente che se ne intendesse avvalere per partecipare ad uno sciopero o
per organizzarlo in concreto o per controllarne le concrete
modalità.
In buona sostanza e concludendo la prevsione normativa spe cifica sui permessi (art. 23 e 24 statuto) restringe per definizione
la finalità dei medesimi limitandola od alle attività strettamente
inerenti al mandato delle r.s.a (nel senso sopra indicato) od a
quelle tassativamente previste all'art. 24 statuto per i permessi non retribuiti; l'attività legittimante non coincide, dunque, con
ogni attività lato sensu sindacale, ed anzi è sicuramente da
escludere che alla normativa dei permessi possa ricondursi l'attivi
tà di sciopero o quella di supporto alla astensione collettiva, in
ordine alla quale non può applicarsi altra regola se non quella derivante dalla salvezza del contratto di lavoro comune a tutti gli
scioperanti e con la perdita della retribuzione.
L'esatta applicazione delle regole enunciate deve, ora, essere
confrontata con la fattispecie concreta dedotta in giudizio.
L'istruttoria ha consentito di accertare sulla base della acquisi zione di elementi sostanzialmente non contestati fra le parti che
gli attuali ricorrenti, nella loro rispettiva qualità, richiesero i
permessi utilizzandoli per svolgere attività collaterale allo sciopero indetto dalle maestranze, ponendo in essere opera di persuasione nei confronti dei fornitori dell'azienda (attività questa da ritenersi
sicuramente lecita perché svolta senza intimidazioni o violenza
alcuna) e quindi svolgendo attività di coordinamento e controllo
fra gli scioperanti (su tale ultimo punto, peraltro, qualche dubbio
potrebbe nutrirsi sulla base delle dichiarazioni testimoniali rese dal teste Innocenzi all'udienza del 29 febbraio 1984). Si dice ancora
da parte dei ricorrenti che la necessità di richiedere i permessi derivasse dall'opportunità della presenza dei dirigenti della r.s.a. e
degli altri sindacalisti su ogni turno di sciopero, articolato per linee di produzione (v. comunicato sindacale in atti dal quale si
ricavano le modalità di attuazione dello sciopero), sicché fosse
agevole un controllo sugli scioperanti posto che la società avreb be ritenuto « responsabile » il consiglio di fabbrica degli eventuali
comportamenti illeciti degli scioperanti. Tali argomentazioni (so stenute solo in seconda battuta nel corso del libero interrogato rio) non mutano i termini del problema che, in definitiva, si risolve nel valutare se i permessi in questione siano stati richiesti
per espletare alcuna delle attività derivanti dal mandato o, diversamente, attività di sciopero vero e proprio o attività di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
supporto e coordinamento dell'astensione collettiva. Che queste ultime siano state le attività poste in essere dai ricorrenti appare fuori di dubbio, per la loro stessa ammissione, sicché a tutto
voler concedere e pur esclusa ogni illiceità di comportamento, sicuramente le ore di permesso non sono state utilizzate per
svolgere alcuna attività derivante dal mandato ex art. 23 o 24
statuto dei lavoratori, non rientrando (per le ragioni già esposte) in tale nozione né il sovraintendere all'attuazione concreta dello
sciopero da parte delle maestranze né lo svolgere opera di
persuasione nei confronti di terzi al fine di una migliore riuscita
dell'astensione collettiva.
Pertanto le ore non lavorate in relazione alle quali la convenu
ta ha operato le trattenute sulla retribuzione esulano dalla nozio
ne di permesso sindacale ex art. 23 statuto e come tali non sono
soggette alla regolamentazione pattizia invocata dai ricorrenti,
conseguendone che la società bene ha operato le decurtazioni
salariali immediatamente e comunque prescindendo dal termine
iniziale previsto nell'accordo aziendale che trova applicazione solo
nel caso di permessi riconducibili alla nozione legale (art. 23 cit.).
(Omissis)
I
PRETURA DI FIRENZE; sentenza 14 febbraio 1984; Giud.
Soresina; Soc. Elitos (Avv. Pilli, Pinto, Bechi) c. Associa
zione nazionale piloti elicottero e Associazione sindacale auto
noma tecnici elicotteristi (Avv. Bacci).
PRETURA DI FIRENZE;
Lavoro e previdenza (controversie in materia di — Competenza — Costituzione di r.s.a. — Fattispecie (Cod. proc. civ., art.
409; 1. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà
e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sin
dacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, art. 19,
28; 1. 8 novembre 1977 n. 847, norme di coordinamento tra
la 1. 11 agosto 1973 n. 533 e la procedura di cui all'art. 28 1. 20
maggio 1970 n. 300, art. 1).
Rientra nella competenza del pretore del lavoro la controversia
avente ad oggetto la verifica, in capo alle associazioni sindacali
convenute, dei requisiti prescritti dall'art. 19 l. 300/70 per la
costituzione nel proprio ambito di rappresentanze sindacali
aziendali. (1)
II
PRETURA DI ROMA; sentenza 16 aprile 1983; Giud. Piccinin
no; Proia ed altri (Avv. Costa) c. Consiglio di fabbrica soc.
Autovox (Avv. Cossu).
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sindacati —
Consiglio di fabbrica — Delibera di esclusione — Competenza del pretore del lavoro — Esclusione (Cod. civ., art. 36; cod.
proc. civ., art. 409).
Non appartiene alla competenza del pretore in funzione di
giudice del lavoro in quanto non è relativa ad un rapporto di
lavoro ma ad un rapporto di associazione la controversia tra il
consiglio di fabbrica ed appartenenti al consiglio stesso (nella
specie, gli attori, appartenenti ad un sindacato di base, chiede
vano l'annullamento della delibera con la quale la commissione
elettorale del consiglio di fabbrica non aveva riconosciuto la
loro qualità di delegati eletti). (2)
(1-2) In senso esplicitamente contrario alla decisione della Pretura di Firenze v. Cass. 24 gennaio 1983, n. 674, Foro it., Mass., 128, la quale, su conclusioni difformi del pubblico ministero, ha affermato che la
competenza del pretore, in funzione di giudice del lavoro, stabilità dalla 1. n. 847 del 1977 in ordine alle cause promosse dagli organismi sindacali (ex art. 28 1. n. 300 del 1970) per la repressione di
comportamenti antisindacali del datore di lavoro, non può essere
riferita, in via di interpretazione analogica, alle cause, ad iniziativa del
datore di lavoro, di accertamenteo della legittimità della richiesta (fatta dai sindacati allo stesso datore di lavoro) avente ad oggetto l'esercizio di un diritto collettivo, attesa la diversità, sia per petitum che per causa petendi, delle controversie del primo e del secondo tipo, con la
conseguenza che queste ultime sono devolute alla competenza del tribunale.
Sulla decisione della Pretura di Roma non si rivengono, invece, precedenti specifici.
I. - Sull'applicabilità del rito speciale del lavoro anche alle contro
versie collettive, promosse da o contro le associazioni sindacali, in merito alla legittimazione del sindacato a far valere anche in via ordinaria diritti che si possono dedurre nel procedimento speciale ex art. 28 1. n. 300/70 e per la competenza del pretore in funzione di
I
Fatto e diritto. — Con ricorso del 19 dicembre 1983 la s.p.a. Elitos chiedeva a questo pretore di accertare e dichiarare che le
associazioni A.n.p.e. (Associazione nazionale piloti elicottero) e
A^.a.t.e. (Associazione sindacale autonoma tecnici elicotteristi) « difettano dei requisiti posti dall'art. 19 1. 20 maggio 1970 n. 300
per poter fruire delle norme a tutela delle rappresentanze sinda cali e della attività sindacale di cui al titolo ILI della richiamata
legge »; le convenute, costituitesi ritualmente, sostenevano l'ecce
giudice del lavoro, v. Pret. Roma 26 aprile 1983, id., 1983, I, 2402, con nota di richiami; Cass. 26 gennaio 1982, n. 515, id., 1982, I, 1043, con nota di richiami di A. Proto Pisani, in cui la legittimazione in via ordinaria delle associazioni sindacali a tutela degli interessi collettivi di cui all'art. 28 1. n. 300/70 si fa discendere dal riconoscimento della natura di diritti soggettivi a tali interessi; Pret. Parma 29 settembre 1979, id., Rep. 1981, voce Sindacati, n. 79, secondo il quale « la tutela di interessi collettivi, attinenti all'esercizio della libertà e dell'attività sindacale può essere promossa, oltre che con lo speciale procedimento previsto dall'art. 28 statuto dei lavoratori, anche con un ordinario procedimento di cognizione nel quale tuttavia legittimati all'azione di repressione della condotta antisindacale sono, come nel procedimento speciale, gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali »; Pret. Pisa 22 luglio 1978, id., 1980, I, 1503, favorevole all'esperibilità, anche in via ordinaria, dei diritti azionabili tramite il procedimento di repressione della condotta antisindacale, purché davanti allo stesso giudice che sarebbe competente a conoscere dell'opposizione al decreto; Pret. Pisa 13 giugno 1978, id., Rep. 1979, voce cit-, n. 114; Pret. Pisa 28 settembre 1978, id., Rep. 1980, voce cit., n. 80; Pret. Avellino 7 novembre 1975, id., Rep. 1977, voce cit., n. 200 (e in Riv. giur. lav., 1976, II, 1236, con nota di G. Vardaro). Sulla competenza del pretore del lavoro in ordine alle controversie instaurate da organismi sindacali a tutela di situazioni soggettive, anche fuori delle previsioni dell'art. 28 1. n. 300, v. Cass. 27 maggio 1982, n. 3263, Foro it., 1983, I, 141, con nota di richiami, secondo la quale « appartiene alla competenza per materia del giudice del lavoro la domanda proposta dai membri di una r.s.a. per l'attuazione del diritto della r.s.a. a ricevere informazioni, anche quando tale contro versia esula dalle previsioni dell'art. 28 dello statuto dei lavoratori». In relazione alla competenza funzionale del pretore del lavoro quando oggetto della controversia è il diritto di sciopero, v. Cass. 5 aprile 1982, n. 2093, id., 1982, I, 2521, con osservazioni di A. Proto Pisani, la quale, se per un verso esclude la competenza del pretore del lavoro sulla controversia avente ad oggetto una domanda di responsabilità extracontratttuale proposta dal datore di lavoro contro uno o più lavoratori per fatti solo occasionalmente connessi col diritto di sciope ro, per altro verso riconosce espressamente la competenza funzionale del pretore quando sia in questione la liceità o meno dello sciopero e le sue modalità di attuazione; la decisione è criticata da Proto Pisani, in considerazione della difficoltà oggettiva di individuare, nelle singole fattispecie, l'oggetto della controversia secondo il criterio elaborato dalla Cassazione, posto che la discussione sull'attività in cui lo sciopero si estrinseca finisce per identificarsi con la discussione sulla leicità o meno della modalità del diritto di sciopero (né alcun aiuto può venire dalla distinzione tra diritti che hanno « causa » nel rapporto di lavoro e diritti a questo solo occasionalmente collegati); Cass. 25 marzo 1976, n. 1071, id., 1976, I, 867, con nota di richiami, secondo cui rientra nella competenza per materia del pretore del lavoro la controversia fra lavoratori e datore di lavoro sulla legittimità di alcune forme di sciopero; Cass. 30 luglio 1982, n. 4332, id., Rep. 1982, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 55, ha accolto la soluzione già sostenuta da Pret. Prato 9 e 10 febbraio 1976, id., 1976, I, 2283, con nota di richiami, secondo cui rientra nella cognizione del pretore in funzione di giudice del lavoro la controversia con la quale le associazioni sindacali, fanno valere il diritto a percepire i contributi sindacali, riscossi dal datore del lavoro mediante ritenute sul salario del lavoratore.
In dottrina, sull'applicabilità del processo del lavoro alle controversie collettive, alla luce della 1. 8 novembre 1977 n. 847 (che ha risolto a favore della competenza funzionale del pretore e del rito del lavoro la questione circa il giudice competente a conoscere dell'opposizione al decreto ex art. 28 I. n. 300 e circa il rito applicabile), e per una panoramica della giurisprudenza prima e dopo tale intervento legislati vo v. S. Menchini, Considerazioni sugli orientamenti giurisprudenziali in tema di art. 409 c.p.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1983, 505. Ancora sulla 1. 847 del 1977 v. Tarzia, id., 1978, 638; Borghesi, in Riv. giur. lav., 1977, I, 761 ss.; Vaccarella, in Nuove leggi civ., 1978, 1492 ss.; Di Filippo, in Lav. e prev. oggi, 1980, 1986 ss.
Sulla legittimazione delle associazioni sindacali a far valere anche in via ordinaria i diritti che si possono dedurre nel procedimento speciale ex art. 28 1. 300/70 v. Silvetti, Sulla proponibilità in via ordinaria dell'azione per la repressione della condotta antisindacale, in Mass. giur. lav., 1982, 437; Borghesi, Contratto collettivo e legittimazione del sindacato, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 247 ss. (e Contratto collettivo e processo, 1980, 93 ss.); A. Proto Pisani (C. M. Barone, G. Pezzano, Andrioli), Le controversie individuali di lavoro, 1974, 253-254, nota 40.
II. - Per quanto riguarda la questione di competenza, non è la prima volta che la giurisprudenza si è trovata a precisare i confini
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