Sentenza 29 gennaio 1964; Pres. Secco P., Est. Boselli; Petrolifera Muntenia (Avv. Tarello,Paone) c. Child (Avv. De Franchi) e altriSource: Il Foro Italiano, Vol. 87, No. 5 (1964), pp. 1053/1054-1057/1058Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155094 .
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1053 GIURISPRUDENZA HOSTITUZIONAl E F CIVIl E 1054
che l'U.m.a. fin dall'atto introduttivo del giudizio 21
gennaio 1958 lia dichiarato di aver versato per la totalità in ottemperanza dell'obbligo del solve et repete. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI GENOVA.
Sentenza 29 gennaio 1964 ; Pres. Secco P., Est. Boselli ; Petrolifera Muntenia (Avv. Tarello, Paone) c. Child
(Avv. De Franchi) e altri.
Legge, regolamento e decreto — Legge straniera
<li nazionalizzazione — Contrasto eon l'ordine pub l>lieo — Nazionalizzazione come fatto esauritosi
all'estero — Inapplicabilità del limite dell'ordine
pubblico — Fattispecie (Disposizioni sulla legge in
generale, art. 31).
Legge, regolamento e decreto — Legge straniera
di nazionalizzazione di imprese con previsione «li indennità — Gontormità all'ordine pubblico
(Costituzione, art. 10, 42, 43 ; disposizioni sulla legge in generale, art. 31).
Il giudice italiano non deve esaminare la conformità all'or
dine pubblico della legge straniera di nazionalizzazione,
quando la nazionalizzazione costituisce un fatto già esau
ritosi all'estero, funzionante da mero presupposto del
diverso fatto giuridico di cui si intendono far valere gli
effetti in Italia (nella specie, in Italia si controverte
sulla successione di un ente di Stato ad un'impresa nazio
nalizzata, disposta con legge successiva a quella di na
zionalizzazione). (1) Non è contraria all'ordine pubblico internazionale italiano
la legge straniera nazionalizzatrice di determinate im
prese (nella specie, la legge romena di nazionalizzazione
delle im,prese industriali), se la legge stessa prevede un'in
dennità a favore dei titolari delle imprese espropriate. (2)
(1-2) Conformi Trib. Roma 13 settembre 1054, Foro it., 1955, I, 256, con osservazioni di A. Lener, e Trib. Venezia 11 marzo 1!)53, id., 1953, I, 719, con nota di richiami.
Conformi sostanziatone! .te, per la sola seconda massima, Cass. 19 febbraio 1960, n. 286, id., 1960, I, 985, con nota di
richiami, secondo cui « i provvedimenti di nazionalizzazione e di confisca disposti senza indennizzo in Stati stranieri, in quanto contrastanti con l'ordine pubblico italiano, non hanno effetto nel nostro ordinamento giuridico » ; e App. Milano 10 agosto 1956, id., Rep. 1958, voce Legge, n. 40, pubblicata in extenso in Foro pad., 1958, I, 896, con nota di Ruini, per cui « non pos sono trovare riconoscimento in Italia, come contrarie agli art. 42 e 43 Cost., norme che dispongono la nazionalizzazione senza
corrispettivo di imprese private straniere ». Secondo Cass. 24 aprile 1962, n. 818, Foro it., Rep. 1962,
voce cit., n. 29, «il concetto di ordine pubblico, al quale occorre riferire il precetto dell'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale, non va inteso in senso internazionale, astratto e univer
sale, ma trova il suo limite nell'ordinamento giuridico nazionale e mira ad assicurare, in ogni caso, il rispetto dei più elevati ed essenziali interessi del predetto ordinamento » ; conforme, Cass. 21 ottobre 1955, n. 3399, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 41-43, che aggiunge che i concetti di ordine pubblico e di buon costume hanno carattere di relatività storica, e che ai fini dell'art. 31 delle preleggi non è sufficiente un rapporto tra la norma straniera in senso astratto e l'ordine pubblico, ma occorre valutare il fatto giuridico che dalla norma stessa deriva e gli effetti di quel fatto che vorrebbero farsi valere in Italia.
Cass. 30 settembre 1955, n. 2728, id., 1956, I, 552, con nota adesiva di D. M. Bartolomei, Ancora sull'ordine pubblico nel diritto internazionale privato, afferma che « l'art. 31 delle
disp. prelim, contiene una duplice nozione dell'ordine pubblico, distinguendo le norme di ordine pubblico interno da quelle di ordine pubblico internazionale, le quali ultime soltanto preclu dono l'applicazione di contrarie leggi straniere » ; la distinzione è accettata dalla presente sentenza.
Nella rubrica Gli occhiali del giurista, in Rio. dir. civ., 1964, II, 90 segg., A. C. Jemolo si propone il problema di riesaminare sotto più aspetti il fondamento dell'orientamento giurispruden
La Corte, ecc. — (Omissis). Nel merito è importante precisare che i convenuti, senza contestare affatto la spet tanza alla Steaua romana della quota di riparto dell'attivo sociale corrispondente, secondo il bilancio finale di liquida zione della S.i.i.o., alle n. 7500 azioni di proprietà della
medesima, si limitano a contestare la legittimazione attiva, della Petrolifera Muntenia, vale a dire la qualità di suc cessore od avente causa della Steaua romana nella quale essa si è presentata a pretendere tale quota, per la ragione che detta qualità avrebbe titolo in una legge, quella romena di nazionalizzazione delle imprese industriali, che non
potrebbe ottenere riconoscimento ed applicazione in Italia
per la sua contrarietà ai principi dell'ordine pubblico di cui all'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale che sono premesse al nostro codice civile.
Il difetto di legittimazione ad causarti della Petroli fera Muntenia era stato rilevato, a dire il vero, anche sotto un altro profilo : quello della sopravvivenza della
Steaua romana alle disposizioni di unificazione delle varie
imprese statali e nazionalizzate nelle cosiddette centrali industriali ; ma la documentazione ultimamente prodotta dalla difesa della appellante (dalla quale risulta l'adempi mento delle condizioni a tale fine prescritte dalla legge romena) è sufficiente ad eliminare un tale dubbio.
D'altro canto, non è dato comprendere, e questo è
sufficiente a denotare la inconsistenza dell'esaminato profilo della eccezione, come mai, per il solo fatto della sopravvi venza (posto che fosse dimostrato), la Steaua romana
potrebbe continuare ad esercitare un diritto di cui, in
ipotesi, fosse stata validamente privata. Tornando perciò all'esame di detta eccezione secondo la
sua formulazione principale, fa d'uopo premettere che il
giudizio sulla stessa involge la soluzione di un duplice
quesito :
a) se, innanzitutto, sorga nella specie una questione di applicazione della legge straniera (quella romena di
nazionalizzazione) e venga perciò in considerazione il li
mite derivante dall'ordine pubblico ;
b) e se in effetti la legge in parola possa ritenersi
contraria all'ordine pubblico italiano.
Il primo di tali quesiti si pone in via preliminare in
quanto è principio largamente affermato della dottrina
internazionalistica, e pacifico nella nostra giurisprudenza
(cfr. Trib. Venezia 11 marzo 1953, Foro it., 1953, I, 719 ; Trib. Roma 13 settembre 1954, id., 1955, I, 256), che,
rispetto ai fatti giuridici che si sono esauriti all'estero, non sorge questione di applicazione della legge straniera
relativa ed è perciò inoperante il limite che deriva dall'or
dine pubblico della lex fori. Veramente, ben più che di un principio autonomo,
inteso a restringere, sia pure per casi eccezionali, il normale
àmbito di applicazione dell'ordine pubblico, si tratta qui di un corollario dello stesso sistema onde è congegnata la
inserzione nell'ordinamento giuridico interno della legge straniera individuata dalla norma di collegamento, ovvio
essendo che, se l'ordine pubblico deve funzionare da limite di questa inserzione, esso non possa entrare in azione se
non quando entri in azione la stessa norma di collegamento.
Comunque sia, ciò che interessa qui rilevare si è che, se vi è unanimità di consensi intorno a questo principio, non regna invece eguale concordia di opinioni intorno al
preciso significato in cui deve intendersi la nozione di
« fatto esaurito all'estero », dal momento che :
a) secondo l'insegnamento della dottrina italo-francese
di diritto internazionale (insegnamento cui risulta essersi
uniformato il Trib. Venezia, nella citata ordinanza dell'11
marzo 1953), sarebbe da considerare « fatto esaurito al
l'estero » quello in ordine al quale non si richiede già al
giudice di cooperare direttamente sulla base della legge straniera per la realizzazione dei suoi effetti giuridici nello
ziale secondo cui non possono avere efficacia in Italia leggi straniere di nazionalizzazione senza indennizzo, esprimendo dubbi sull'esattezza di questa tendenza, con cui viene posta sostanzial mente una limitazione alla sovranità straniera.
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1055 PARTE PRIMA 1056
Stato, ma solo di lasciare sussistere o di riconoscere, al
l'interno dello Stato, delle conseguenze che lo stesso abbia
già prodotto all'estero e che risultino inoffensive per l'or
dine pubblico locale;
b) secondo una più recente ed acuta formulazione
di questa stessa dottrina, fondata sulla distinzione fra
efficacia e mera applicazione della legge, dovrebbe più
precisamente considerarsi fatto estraneo all'ordinamento
nazionale quello rispetto al quale il giudice sia chiamato
non già ad attribuirvi un effetto (secondo la legge stra
niera contrario all'ordine pubblico) destinato ad aver luogo in Italia, ma unicamente ad accertare in Italia l'effetto
già prodottosi all'estero : in questo caso il giudice sarebbe
autorizzato ad applicare la legge straniera anche se con
traria all'ordine pubblico italiano ;
c) e, secondo una recente formulazione di giurispru denza (cfr. Trib. Roma 13 settembre 1954, cit.), per fatto
esaurito all'estero sarebbe invece da intendere quello che
funge da semplice presupposto del rapporto giuridico con
troverso in Italia e sugli effetti del quale il giudice ita
liano non debba statuire neppure nel senso (li riconoscerli
come già prodottisi all'estero.
Ciò premesso, la corte non ritiene peraltro di dover
procedere ad una, scelta fra i criteri ora enunciati, per la
ragione che, quale di essi si adotti in concreto, il risultato
non muta : dovendosi in ogni caso escludere ohe nella
fattispecie possa venire in considerazione il limite derivante
dall'ordine pubblico italiano. E questo perchè la legge romeni, di nazionalizzazione delle imprese industriali (che si assume contraria all'ordine pubblico italiano per le ragioni che saranno fra poco esposte) non solo non viene in conside
razione al fine di giudicare della domanda di attribuzione della quota di riparto già spettante alla Ste ua romana sulle
attività residue della S.i.i.o. (essendo pacifico che questa attribuzione viene domandata in base alle norme del codice civile italiano sulla liquidazione delle società per azioni), ma non può venire in considerazione neppure al fine di giu dicare su quello che è il punto veramente controverso fra le parti, e cioè sulla legittimità del titolo in base al quale la Petrolifera Muntenia assume di essere succeduta alla Steaua romana.
Sembra infatti essere sfuggito alla attenzione della pur diligente difesa dei convenuti che la Petrolifera Muntenia non è succeduta alla Steaua romana in forza della legge di nazionalizzazione delle imprese industriali (legge 11 giu gno 1948 n. 119), bensì in forza della diversa legge (n. 126 del 12 luglio 1948) che, a nazionalizzazione già avvenuta delle varie imprese industriali, dispose la unificazione delle
imprese di Stato e di quelle nazionalizzate in organismi uni
tari muniti di personalità giuridica (le c. d. centrali indu
striali) per ciascun ramo della produzione. Esaminando infatti la documentazione qui prodotta dalla
Muntenia si rileva :
1) che con la legge n. 119 dell'll giugno 1948 vennero
nazionalizzate con effetto immediato, ossia mediante tra
passo in proprietà dello Stato romeno del relativo patri monio alla data di pubblicazione della legge medesima, tutte le imprese industriali, bancarie, minerarie, assicura
trici, ecc., che, alla medesima data, non fossero già di pro prietà dello Stato romeno ;
2) che con decreto n. 126 dell'8 luglio 1948 (avente forza di legge) fu attribuito ai vari ministeri interessati il
potere di istituire, per la direzione, il coordinamento ed il
controllo della attività delle imprese di Stato, delle centrali
industriali, aventi personalità giuridica e destinate ad incor
porare, per ciascun ramo della produzione, le imprese suddette ;
3) e che finalmente, con suo decreto del 9 luglio 1948, il ministero delle miniere e del petrolio, valendosi della sud
detta facoltà provvide alla costituzione della Centrale pe trolifera Muntenia, disponendo, fra l'altro, che il patrimonio della Centrale predetta avrebbe dovuto essere « costituito
dai beni appartenenti a tutte le imprese petrolifere dello
Stato, come pure da quelli appartenenti alle imprese'nazio nalizzate in virtù della legge n. 119 dell'll giugno 1948
(art. 4), ed aggiungendo che di detta Centrale entrava, fra
le altre, a far parte anche la Steaua rom na (art. 5) ».
Se così stanno le cose, sembra evidente che, anche a voler
adottare nella specie il più rigoroso fra i criteri risolutivi
dianzi enunciati, e precisamente quello ili cui alla lettera c), il fatto disciplinato dalla legge straniera (di cui si assume la
contrarietà all'ordine pubblico italiano), e precisamente il
passaggio dei beni e del patrimonio delle imprese petroli fere in proprietà dello Stato romeno, dovrebbe pur sempre considerarsi come « fatto estraneo » all'ordinamento giu ridico italiano : per la ragione che esso costituisce un mero
presupposto di quell'altro e diverso fatto (la successione per
incorporazione della Petrolifera Muntenia alla Steaua ro
mana) di cui propriamente si intendono far valere gli ef
fetti in Italia.
I rilievi che precedono, per il loro carattere assorbente e decisivo, renderebbero certamente superfluo l'esame del
secondo aspetto del problema. Tuttavia, l'interesse che esso riveste e l'attenzione che
vi hanno dedicato le parti nei loro scritti difensivi è tale
da indurre la corte ad affrontarlo ugualmente, al fine
di dimostrare, sia pure in abbondanza, che, quand'anche fosse superabile l'ostacolo preliminare che si è ora indicato, non sarebbe nondimeno lecito affermare che la legge di
nazionalizzazione romena è contraria all'ordine pubblico italiano.
A questo fine si deve premettere, sebbene non ve ne
sia bisogno, che « l'ordine pubblico » al quale fa riferimento
l'art. 31 delle disposizioni sulla legge in generale è il cosid
detto ordine pubblico internazionale, vale a dire l'insieme
di quei concetti di ordine morale e politico che, per es
sersi particolarmente affermati nella società nazionale
o per costituire patrimonio comune della civiltà di cui essa
è partecipe, possono dirsi assunti dal legislatore a principi direttivi ed informatori del nostro ordinamento giuridico.
Ha invece importanza il puntualizzare che nel novero
di tali principi entrano, in forza dell'art. 10 della nostra
Costituzione, anche le norme del diritto internazionale
generalmente riconosciuto e che, a cagione della natura
stessa dei principi cui s'informa e della peculiare fun
zione cui assolve (che è quella di impedire l'accesso nell'or
dinamento a norme che ne turberebbero l'armonia), la nozione dell'ordine pubblico qui esaminata si caratterizza,
rispetto al c.d. « ordine pubblico interno » (vale a dire
rispetto a quelle norme del nostro ordinamento cui l'au
tonomia privata non può derogare) per l'ambito logica mente più limitato della sua applicazione, per la indeter
minatezza delle sue disposizioni, e soprattutto per la sua
relatività, essendo i principi che lo costituiscono suscet
tibili di mutamento, via via che si modifichi nel tempo
l'apprezzamento che la società nazionale, e più ancora la società internazionale, facciano di determinati interessi di ordine etico, sociale, religioso, ecc.
Ora, proprio in relazione al fenomeno della naziona lizzazione. l'ampia messe di decisioni giudiziarie, di con tributi di dottrina e di risoluzioni congressuali che è dato
raccogliere in argomento, testimonia come, di fronte ad
esso, l'atteggiamento della comunità internazionale sia
passato da una iniziale intransigenza (si possono citare le decisioni dei tribunali e della Cassazione francese sopra le prime rivendiche proposte da cittadini russi espropriati a seguito della rivoluzione sovietica) a forme e valutazioni
di maggiore elasticità e discriminazione, via via che tale
attività è assurta, anche presso paesi di opposte conce zioni etico-sociali, a strumento per la realizzazione di
profonde modifiche di struttura nel campo economico
(e qui, oltre alle sentenze, già note, dei tribunali e delle corti italiane in ordine alla legge iraniana di nazionalizza
zione dei petroli, potrebbe essere citata la deliberazione, assunta sullo stesso argomento della assemblea dell'O.N.U. nella sua seduta del 21 dicembre 1952).
Orbene, per l'influenza di tutti questi precedenti, può dirsi che costituisca ormai una norma di diritto interna zionale generalmente riconosciuta (e perciò un principio del nostro ordine pubblico) quella per cui debbono ritenersi vietate quelle nazionalizzazioni che, quantunque ispirate
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1057 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 1058
a motivi di pubblica utilità o di politica generale, assu mono tuttavia carattere di confisca, essendo la efficacia di codesti provvedimenti, al pari di quella di ogni altra
misura di carattere penale o politica, rigorosamente limi
tata al territorio dello Stato che le adotta.
E siccome, anche per nostro diritto interno (art. 42
e 43 Cost.) la differenza più saliente fra confisca ed espro
priazione consiste in ciò che, nel primo caso, avendo il
provvedimento carattere eminentemente penale o politico, non è concesso al soggetto colpito alcun « indennizzo », se ne deve inferire che la previsione, da parte della legge straniera di nazionalizzazione, di un simile « indennizzo »,
valga ad escluderne la incompatibilità con i principi infor
matori del nostro sistema e quindi la contrarietà al nostro
ordine pubblico. Nonostante la isolata contraria opinione di qualche
scrittore e di qualche decisione di giurisprudenza (si cita, in questo senso, la sentenza della Corte d'appello di Torino
del 21 settembre 1953 sempre a proposito della nazionaliz
zazione dei petroli iraniani), è convincimento di questa corte che non siano richieste, come condizioni ulteriori
della conformità della legge straniera di nazionalizzazione
al nostro ordine pubblico, nè la adeguatezza del compenso, nò la previsione di modalità atte a garantirne un paga mento immediato, se non addirittura anticipato.
Il controllo che in questi casi si richiede al giudice è pur sempre un controllo di legittimità, che si attua e si
esaurisce ponendo a raffronto la norma superiore (vale a
dire quella nella quale si sostanzia il principio d'ordine
pubblico dedotto a limite) con le disposizioni della legge straniera ; ed è pertanto ovvio che, una volta verificata la
esistenza della previsione relativa alla indennità, la inda
gine non potrebbe volgersi ad accertare se e come e quando una tale indennità sia stata in concreto corrisposta, così come
non potrebbe volgersi a porre in luce le più o meno remote
finalità dell'atto legislativo, senza trasmodare con ciò stesso, in un inammissibile sindacato politico ; salvo, beninteso, che le eventuali limitazioni ed eccezioni poste dalla stessa
siano tali da rendere praticamente illusoria e priva di
contenuto la promessa della indennità.
Ciò premesso, occorre dire subito che non è questo il
caso della legge romena di nazionalizzazione delle imprese
industriali, la quale, oltre a prevedere la corresponsione di
un « risarcimento » a favore dei proprietari od azionisti
delle imprese espropriate (art. 11), ed oltre ad istituire,
per la raccolta dei mezzi di pagamento di una tale inden
nità, un apposito «fondo» (art. 11, 3° comma), ha defe
rito la liquidazione delle indennità medesime, così come
la risoluzione di ogni controversia relativa, ad apposite commissioni costituite presso le corti di giustizia e com
poste da magistrati (art. 13). È vero che la stessa legge (art. 15) esclude dal risar
cimento « coloro che, essendo al servizio dello Stato, delle
province e dei comuni, si sono arricchiti nel periodo in
cui si trovavano in servizio per azioni illecite constatate
in sede giurisdizionale » nonché « coloro che siano usciti
dal paese clandestinamente o per frode, o che non vi ab
biano fatto ritorno dopo la scadenza del termine di vali
dità degli atti di viaggio loro rilasciati dalle autorità ru
mene » ; ed è pure vero che in questi casi la espropriazione assume il carattere di una vera e propria confisca per mo
tivi politici o penali. Ma tali disposizioni, di loro natura accessorie e mar
ginali, non inducono a modificare minimamente il giudizio di conformità della legge romena all'ordine pubblico ita
liano, sia perchè non è di esse che si chiede l'applicazione in concreto, sia perchè il giudizio anzidetto investe ne
cessariamente la legge nel suo complesso e le disposizioni
citate non appaiono tali da caratterizzare la legge di na
zionalizzazione romena considerata appunto nel suo com
plesso come una legge indiscriminatamente persecutoria e
confiscatoria.
Non merita infine di essere secondato neppure il ten
tativo di quella dottrina che intende pervenire alla di
mostrazione della necessità di indennizzo «giusto e pre
ventivo » con un sistema ancora più sbrigativo : quello
li Poro Italiano — Volume LXXXVII — Parte I 87.
di tradurre de plano in altrettanti principi del nostro or
dine pubblico alcune norme della nostra legge sulle espro
priazioni per pubblica utilità.
Si è già avvertito come alla naturale genericità di co
desti principi ed alla loro mutevolezza repugni quella de
terminatezza e specificità di contenuto che, in tale modo, si vorrebbe far loro assumere.
E si deve ora aggiungere che, se è vero che i principi in questione vanno desunti in primo luogo dal sistema
della nostra legge, è anche vero che quello della « con
gruità » ed « immediatezza » della indennità espropriativa costituisce tanto poco un principio direttivo del nostro
ordinamento che, proprio di recente, con la legge 6 di
cembre 1962 n. 1643 di nazionalizzazione delle imprese elettriche (e la indicazione non poteva essere più appro
priata e sintomatica), il nostro legislatore non solo non ha
ritenuto di dover attribuire alle imprese espropriate (salvo casi eccezionali) un indennizzo corrispondente al valore
effettivo (di stima) del loro patrimonio, ma ne ha perfino rateizzato il pagamento in un numero tale di annualità
da conseguire per questa via una ulteriore riduzione della,
indennità concessa (qui tardius solvit minus solvit). Stabilito così che, in forza delle leggi rumene, di cui
si è fatto ripetutamente cenno nel corso di questa moti
vazione, la Petrolifera Muntenia è divenuta titolare esclu
siva del patrimonio della estinta società per azioni Steaua
romena e che, conseguentemente, è pienamente legitti mata all'esercizio dei diritti che alla Steaua romena com
petevano, si può scendere all'esame delle domande che
la stessa ha concretamente proposto nei confronti di cia
scuna delle parti convenute. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI MILANO.
Sentenza 28 gennaio 1964 ; Pres. Benedicenti P., Est.
Della Valle ; Varini (Avv. Bilotta) c. Vecchi ecl
altri (Avv. Sciaraffia).
Sequestro — Cauzione — Prestazione mediante
assegno eireolare — Validità (Cod. proc. civ. art. 119, 674 ; disp. att. cod. proc. civ., art. 86).
Sequestro — Cauzione del sequestrante ■— Termine — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 119, 675).
È valida la prestazione di una cauzione in denaro, eseguita mediante assegno circolare da colui a favore del quale è
stato autorizzato il sequestro. (1) Anche se il giudice non ha fissato termine per la prestazione
della cauzione, questa deve essere dal sequestrante prestata
prima dell'esecuzione del sequestro, la quale deve essere,
a sua volta, effettuata entro trenta giorni dalla data del
provvedimento autorizzativo. (2)
La Corte, ecc. — Muovendo dal duplice rilievo clie il
versamento della cauzione effettuato dal Varini il 30 dicem
bre 1961 in esecuzione del decreto presidenziale di conces
sione del 30 novembre 1961 era da ritenere «giuridica mente inefficiente » in quanto eseguito a mezzo di assegno circolare bancario invece che nella forma prescritta dal
l'art. 86 disp. att. cod. proc. civ., e che, d'altra parte, essendo stato il sequestro eseguito in data 2 gennaio 1962
quando cioè era già trascorso il termine di « trenta giorni
(1) Non risultano precisi precedenti editi.
Secondo Trib. Biella 29 gennaio 1955 (Foro it., Rep. 1050, voce Ingiunzione, n. 144) il deposito della cauzione può essere
sostituito dalla garanzia personale offerta dal difensore della
parte mediante la sottoscrizione del ricorso, diretto a conseguire l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo.
(2) Non risultano precedenti editi all'infuori di Cass. 29
gennaio 1964, n. 224 (retro, 493, con nota di richiami), che ha
ritenuto perentorio il termine fissato dal giudice per la presta zione della cauzione.
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