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sentenza 29 luglio 2004; Pres. Rozakis; Scordino (Avv. Paoletti) c. Governo italiano

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sentenza 29 luglio 2004; Pres. Rozakis; Scordino (Avv. Paoletti) c. Governo italiano Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 1/2-15/16 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23200424 . Accessed: 24/06/2014 23:27 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.192 on Tue, 24 Jun 2014 23:27:00 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 29 luglio 2004; Pres. Rozakis; Scordino (Avv. Paoletti) c. Governo italianoSource: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 1/2-15/16Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200424 .

Accessed: 24/06/2014 23:27

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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Anno CXXX Roma, 2005 Volume CXXVIII

IL FORO

ITALIANO

PARTE QUARTA

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO; sentenza 29 luglio 2004; Pres. Rozakis; Scordino (Avv. Paoletti) c.

Governo italiano.

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO;

Diritti politici e civili — Diritto alla ragionevole durata del

processo — Indennità di espropriazione — Giudizio di de terminazione — Violazione aggravata della convenzione

(Cost., art. Ili; convenzione per la salvaguardia dei diritti

dell'uomo e delle libertà fondamentali, art. 6; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risanamento della finanza

pubblica, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in

legge, con modificazioni, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333). Diritti politici e civili — Diritto ad un processo equo — In

dennità di espropriazione — Giudizio di determinazione — Legge sopravvenuta

— Ingerenza del potere legislativo

— Violazione della convenzione (Convenzione per la salva

guardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, art.

6; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pub blica utilità, art. 39; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 5 bis; 1. 8

agosto 1992 n. 359). Diritti politici e civili — Diritto di proprietà — Espropria

zione per pubblico interesse — Indennità — Liquidazione

pari al cinquanta per cento del valore di mercato — Ulte

riore tassazione per il venti per cento — Lasso di tempo tra l'espropriazione e la determinazione dell'indennità —

Violazione della convenzione (Protocollo n. 1 alla conven

zione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà

fondamentali, art. 1; 1. 30 dicembre 1991 n. 413, disposizioni

per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e

potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la riva

lutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, non

ché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al presidente della re

pubblica per la concessione di amnistia per reati tributari;

istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale;

d.l. 11 luglio 1992 n. 333, art. 5 bis', 1. 8 agosto 1992 n. 359).

Sussiste violazione aggravata dell'art. 6, par. 1, della conven

zione europea dei diritti dell'uomo, riguardo ad un giudizio di determinazione dell'indennità di espropriazione, durato

oltre otto anni, in cui è ravvisabile ulteriore manifestazione di

una pratica, in Italia, contraria alla convenzione, già rilevata

Il Foro Italiano — 2005 — Parte IV-1.

in precedenti arresti, derivante da una serie di inadempienze

all'esigenza di durata ragionevole. (1) Sussiste violazione dell'art. 6, par. 1, della convenzione euro

pea dei diritti dell'uomo, riguardo ad un giudizio di determi

nazione dell 'indennità di espropriazione, in cui il legislatore, intervenendo in assenza di preponderanti motivi d'interesse

generale, ha influenzato l'esito della lite, di modo che il giu

dice, applicando retroattivamente la sopravvenuta l. n. 359

del 1992, ha modificato in danno degli interessati l'indenniz

zo che essi potevano legittimamente attendersi ai sensi della l.

(1) Si tratta dell'ennesima condanna dello Stato italiano per l'ecces

siva durata del processo civile (su cui v., da ultimo, Corte eur. diritti

dell'uomo 29 gennaio 2004, Sorrentino Prota, e 17 luglio 2003, Luor

do, in Foro it., 2004, IV, 109, con nota di P. Gallo e osservazioni di

M. Fabiani). In relazione alla fattispecie, in cui, come si rileva dalle di

fese del governo in giudizio, oltre alla modifica legislativa delle regole di determinazione indennitaria, si erano succeduti ben tre giudici istruttori, e vi era stata interruzione per la morte dell'attore, la Corte

europea dei diritti dell'uomo ravvisa una manifestazione di quella che considera ormai una «pratica» italiana contraria alla convenzione, ri

sultante «d'une accumulation de manquements à l'exigence du délai

raisonnable». La sentenza conclude la vicenda in relazione alla quale era stata resa

la sentenza 27 marzo 2003, Scordino, id., 2003, IV, 361, di ricevibilità

del ricorso, a prescindere dal previo esaurimento delle vie interne (ri corso per cassazione), in considerazione dell'inadeguatezza del risar

cimento assicurato dalla giurisprudenza italiana in attuazione della 1. 24

marzo 2001 n. 89. A quella sentenza sono seguiti gli arresti delle se

zioni unite, correttivi dei precedenti orientamenti sia in tema di rapporti tra la giurisprudenza di Strasburgo con l'applicazione della legge Pinto, sia in tema di prova del danno non patrimoniale (Cass. 26 gennaio 2004, nn. 1340 e 1338, id., 2004,1, 693, con nota di richiami di P. Gal

lo, cui sono seguite Cass. 5 maggio 2004, n. 8529, id., Mass., 646; 2

luglio 2004, n. 12116, ibid., 910; 5 agosto 2004, n. 15093, ibid., 1177; nonché Cass., ord. 7 aprile 2004, n. 6894, sent. 17 marzo 2004, n. 5386, 2 marzo 2004, n. 4207, 10 aprile 2003, n. 5664, App. Bari, decr. 9 lu

glio 2004 e App. Torino, decr. 3 marzo 2004, in questo fascicolo, parte

prima, con nota di richiami). È da rammentare che su altro ricorso Scordino, attinente alla lesione

dall'imposizione di vincoli urbanistici di durata illimitata, la Corte eu

ropea ha deciso con sentenza 15 luglio 2004, che sarà riportata su un

prossimo fascicolo.

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PARTE QUARTA

n. 2359 del 1865, vigente al momento dell'introduzione della

causa. (2) Sussiste violazione dell'art. 1 del protocollo n. 1 alla conven

zione europea dei diritti dell'uomo, riguardo alla determina

zione giudiziale dell'indennità di espropriazione, liquidata, in

base all'art. 5 bis l. n. 359 del 1992, in misura corrispon

(2) L'applicazione dello ius superveniens in causa, è ritenuto contra rio al diritto ad un processo equo, giacché il cambiamento delle regole in corsa è ritenuto legittimo solo in presenza di «impérieux motifs

d'intérét général»: in altre pronunce (che la corte peraltro cita in moti

vazione) si è ritenuta la violazione del diritto al processo equo, per la

sopravvenienza di leggi che abbiano indotto il giudice a decisioni su

base diversa da quella prospettabile al momento d'introduzione della lite (Corte eur. diritti dell'uomo 28 ottobre 1999, Zielinski e altri, ine

dita; 9 dicembre 1994, Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis, inedita; 22 ottobre 1997, Papageorgiou, inedita).

La retroattività dei nuovi criteri di determinazione dell'indennità di

esproprio di cui all'art. 5 bis 1. 8 agosto 1992, è stata ritenuta legittima, al pari del sistema indennitario, da Corte cost. 16 giugno 1993, n. 283, Foro it., 1993,1, 2089, che, fatta eccezione per la norma penale, rimet

tendo alla valutazione del legislatore la scelta tra retroattività e irretro attività in ordine ai fini che intende raggiungere, ammetteva una disci

plina a carattere retroattivo, incidente sfavorevolmente anche su posi zioni di diritto soggettivo perfetto: i parametri denunciati furono in

quell'occasione la parità di trattamento e la ragionevolezza, la cui vio lazione venne esclusa in ragione della carenza di una disciplina per l'indennità di espropriazione dopo la dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 16 1. 22 ottobre 1971 n. 865 (per effetto di Corte cost. 30 gen naio 1980, n. 5, id., 1980, I, 273) e della 1. 29 luglio 1980 n. 385 (per effetto di Corte cost. 19 luglio 1983, n. 223, id., 1983,1, 2057), per do versi considerare solo suppletiva l'applicazione del criterio, del valore di mercato, di cui all'art. 39 1. 25 giugno 1865 n. 2359, che la stessa Corte costituzionale aveva già considerato non integrare l'«indennizzo» di cui all'art. 42, 3° comma, Cost. Nell'evidenziato vuoto normativo,

dunque, la previsione di retroattività appariva integrare il giusto bilan ciamento degli interessi, facendo ovviamente salvi i casi in cui fosse intervenuto il giudicato.

Di diverso segno le valutazioni dei giudici di Strasburgo, che pur non escludendo che in materia civile il legislatore munisca di efficacia re troattiva le nuove norme, l'applicabilità dello ius superveniens ai giudi zi in corso è giustificabile solo alla luce di «impérieux motifs d'intérét

général», laddove l'attributo «impérieux», stante la non significatività di imperiosi, o di carattere imperativo, che è proprio di tutti i comandi

legislativi, va tradotto come preponderanti o anche impellenti, con rife rimento sia alla prevalenza con altri interessi in gioco, sia all'urgenza che non tollera la sopravvivenza applicativa della vecchia norma.

Non può escludersi che il giudizio della Consulta potrebbe essere

oggi diverso (anche per il profilo, trattato più avanti, inerente la con

gruità dell'indennizzo), ove venisse denunciata, non solo, come allora, la violazione dell'art. 3 Cost., ma dell'art. Ili, riscritto in periodo suc cessivo alla pronuncia 283/93 (la quale osservava che la questione non era fondata «nei termini così puntualizzati»), che negli ideali del giusto processo incarna la lealtà che alla parte in giudizio è dato attendersi dal

sistema, senza che le vengano mutate le regole in corso. Resta da chiedersi, e l'interrogativo non è di poco conto per la deci

sione delle cause pendenti che abbiano conosciuto durante il loro corso il mutamento delle regole indennitarie (e non sono poche, soprattutto in

grado di legittimità), se l'indicazione dei giudici di Strasburgo debba condizionare il giudice nazionale al punto di enucleare un principio di

prevalenza della regola indennitaria più favorevole per l'espropriato parte in causa, e alla fine disapplicare l'art. 5 bis 1. 359/92. Il riferi mento all'operato dei giudici, nella sentenza Scordino, è costante, e sembra censurato quasi a preferenza di quella che tra le righe è conside rata come scarsa lealtà legislativa: basti rileggere il passo in cui i giudi ci europei rilevano che «la Cour d'appel de Reggio Calabria e la Cour de cassation n'ont pas omis de faire référence aux dispositions de la loi

critiquée pour étayer leurs décisions». Ove la qualificazione dell'esito della vicenda come risultato di un'omissione degli organi chiamati a decidere la controversia, ne presuppone la convinzione in ordine ad un loro potere-dovere di disapplicare la regola indennitaria sopravvenuta, tanto più che —

prosegue la corte — «elles», ovvero gli organi giudi ziari rammentati (non il legislatore), «ont modifié au détriment des in

téressés, avec effet rétroactif. l'indemnisation à la quelle ceux-ci pou vaient légitimement s'attendre».

Non può revocarsi in dubbio l'autorità della corte europea di postula re regole più restrittive di quanto i principi dell'ordinamento nazionale

possano concepire in ordine alle scelte legislative per la retroattività, nella prospettiva di tutelare il diritto della parte in giudizio ad attender si un giudizio equo, e nell'ambito di esso, che la propria posizione di

Il Foro Italiano — 2005.

dente a circa il cinquanta per cento del valore di mercato, ri

dotta del venti per cento a titolo d'imposta, e in considera

zione del tempo trascorso tra l'espropriazione e la fissazione

definitiva dell'indennità, risultando in tal modo compromesso il giusto equilibrio tra l'interesse generale e la tutela dei di

ritti fondamentali dell'individuo. (3)

vantaggio, per la quale ha esercitato il diritto di azione, non gli venga cambiata in corsa. Non sembra tuttavia rientri tra i compiti di quel giu dice l'apprezzamento in ordine alla ricorrenza, nell'ordinamento nazio

nale. di quei motivi preponderanti che a suo parere pur in teoria giusti ficherebbero l'applicazione in giudizio della legge retroattiva, ed a

formulare un giudizio in modo difforme (e senza motivazione, ad onta che nella narrazione dello svolgimento processuale, la corte europea ri

ferisce la giustificazione addotta in giudizio dal governo italiano, del

l'inserimento dell'art. 5 bis in una manovra finanziaria) da quanto ope rato dal giudice interno, che altro non fa che applicare una legge dello

Stato, transitata indenne al vaglio di costituzionalità, per di più consa

pevole delle ragioni giuridiche, politiche, ed economiche che l'hanno

determinata (il carattere finanziario dell'intervento legislativo è pre sente in numerose pronunce applicative dell'art. 5 bis, particolarmente come giustificazione del primato dell'edificabilità legale: Cass. 11 di

cembre 1996, n. 11037, id., 1997. I, 814, in motivazione; 8 genna io 1998, n. 97. id., Rep. 1998, voce Espropriazione per p.i., n. 205, e, in extenso, Riv. giur. urbanistica, 1998, 410, con nota di A. Russo, per non parlare della costante definizione della norma come norma di ri

forma economico-sociale: tra le altre, Corte cost. 8 maggio 1995, n.

153, Foro it., 1996,1, 1934): con l'alternativa di applicare il criterio del

prezzo di mercato, che non è quello corrispondente al «giusto indenniz zo» garantito dall'art. 42, 3° comma, Cost. Basti dire che poco più di un mese prima che la corte di Strasburgo commisurasse la sopravve nienza dell'art. 5 bis ai principi convenzionali del giusto processo, la Corte di cassazione smentiva agevolmente analoghe censure, concer nenti la sopravvenienza della normativa del risarcimento regolamentato

dell'occupazione appropriativa (sent. 11 giugno 2004, n. 11096, id., Mass., 824, che sarà riportata in un prossimo fascicolo), osservando che la funzione giurisdizionale è necessariamente applicativa delle disposi zioni vigenti (che il giudice interpreta con incondizionata autonomia, accertando e dichiarando la volontà della legge in relazione al caso

concreto), per cui, se la legge muta o se, con un'ulteriore legge, viene attribuito a precedenti disposizioni un determinato significato, il giudi ce non può non essere vincolato dalla volontà del legislatore, e non è

concettualmente configurabile un conflitto di attribuzione, per cui si

debba investire la Corte costituzionale, fra potere giudiziario e potere legislativo, né è concepibile uno straripamento di quest'ultimo, per es sere intervenuto a regolare un istituto di origine giurisprudenziale.

(3) L'inadeguatezza del trattamento indennitario assicurato dall'art. 5 bis 1. 359/92, non affermata nella fattispecie in modo assoluto, ma in considerazione del trattamento fiscale che ne segue a norma dell'art. 11 1. 30 dicembre 1991 n. 413, e inoltre della complessiva attesa degli espropriati, dal provvedimento di ablazione alla sentenza che ha con cluso il giudizio di determinazione, è ricollegata all'esigenza che il di ritto al rispetto dei beni debba assicurare un giusto equilibrio tra le esi

genze di interesse generale, e gli imperativi di salvaguardia dei diritti dell'individuo (Corte eur. diritti dell'uomo 23 settembre 1982, Spor rong e Lonnroth, in Foro it., 1985, voce Diritti politici e civili, n. 21), il che — come la stessa sentenza Scordino ribadisce — non comporta che l'indennizzo debba necessariamente corrispondere al valore di mercato

(così la sentenza 21 febbraio 1986, James, inedita; 9 dicembre 1994, Le saints monastères, inedita), anche se di recente si è rettificato che solo un indennizzo pari al valore del bene può essere ragionevolmente rap portato al sacrificio imposto, ma «questa regola non è senza eccezioni», come nel caso in cui l'apprensione dei beni privati sia stata disposta al fine di attuare mutamenti del sistema costituzionale del paese, di tale rilevanza quale il passaggio, in Grecia, dalla monarchia alla repubblica (Corte eur. diritti dell'uomo 28 novembre 2002, Koumantos, id., Rep. 2003, voce cit., nn. 310, 316, e Riv. amm., 2002, 1094). Ma il tratta mento in concreto assicurato dalle corti italiane nel caso Scordino, non è parso integrare un giusto equilibrio.

Anche a proposito della congruità del trattamento indennitario del l'art. 5 bis, va ricordato come essa sia stata più volte avallata dalla Corte costituzionale (sentenze 16 giugno 1993, n. 283, Foro it., 1993,1, 2089; 16 dicembre 1993, n. 442, id., 1994,1, 4), essendosi osservato, in

particolare, che la ritenuta d'imposta del venti per cento sull'indenniz zo espropriativo, quale reddito diverso, è estranea alla vicenda espro priativa (Corte cost. 283/93), mentre riguardo al trattamento tributario

dell'indennità, Corte cost. 25 luglio 2002, n. 395, id.. Rep. 2002, voce Redditi (imposte), n. 828, ha ritenuto l'infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. Il 1.413/91.

Volendo riproporre la questione in ordine agli effetti della riscontrata

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

En droit

I. Sur I'exception préliminaire du Gouvernement

59. - Le Gouvernement soulève de nouveau l'exception tirée

du non épuisement des voies de recours internes, concernant le

violazione della convenzione europea sul diritto interno, il riferimento

all'art. 1 del protocollo n. 1 (in particolare alla seconda frase del primo

paragrafo), che dunque pone in discussione in radice il sistema inden

nitario per l'espropriazione (la violazione dell'art. 6 ineriva, in modo

più circoscritto, alle cause in corso in cui si sia avuta successione di

leggi), va sottolineato, in primo luogo, che il giudizio di inadeguatezza non riguarda in via generale l'indennizzo garantito dall'art. 5 bis, giac ché oggetto del giudizio era il trattamento riservato in una particolare

fattispecie, in cui il giudizio finale d'inadeguatezza dell'indennizzo è

stato formulato in relazione ad un complesso di componenti, che ac

canto all'ammontare assicurato dalla norma in discussione, ha tenuto

conto del successivo trattamento fiscale, nonché della durata della vi

cenda (amministrativa e giudiziaria: la corte non ha però risposto al

l'eccezione del governo secondo cui, pur risalendo il decreto di espro

prio al 1983, l'espropriato aveva iniziato la causa di determinazione

dell'indennità solo nel 1990). È anche vero, tuttavia, non solo che la

durata della vicenda di specie, limitatamente alla fase giudiziale (otto

anni) non rappresenta il limite massimo statisticamente rilevabile, giac ché si sono date (e si danno) vicende in cui la durata è superiore (si

pensi all'ipotesi in cui lo ius superveniens è stato applicato in Cassa

zione. il che ha comportato la cassazione e successivo giudizio di rin

vio, cui può esser seguito ulteriore giudizio di legittimità), ma che la

sentenza della Corte d'appello di Reggio Calabria non aveva praticato, non essendovene evidentemente i presupposti, la decurtazione del qua ranta per cento, che è parte integrante del trattamento indennitario (ri levando semmai la mancata decurtazione come premio per chi ha ac

cettato l'offerta provvisoria d'indennità): è da presumere che il giudizio della corte europea sarebbe stato addirittura più pesante per un caso di

durata superiore, o in cui non ricorreva il presupposto per non operare la decurtazione.

La più recente giurisprudenza, della corte di Strasburgo (particolar mente la precedente sentenza Scordino del 27 marzo 2003, id., 2003.

IV, 361) e della Cassazione (particolarmente Cass. 26 gennaio 2004, n.

1340, id., 2004, I, 693), tende ad assegnare alle pronunce della prima l'autorevolezza dell'interpretazione delle norme della convenzione. La

distanza tra tale affermazione e la conclusione che la norma interna

eventualmente in contrasto, deve essere disapplicata, è ancora tutta da

percorrere (anche se, almeno teoricamente, secondo Cass. 19 luglio 2002, n. 10542, id., 2002, I, 2606, con nota di R. Fuzio, spetterebbe al

giudice nazionale che ravvisi un contrasto con la disciplina nazionale, di dare prevalenza alla norma pattizia che sia dotata di immediata pre cettività rispetto al caso concreto, anche ove ciò comporti una disappli cazione della norma interna: per un'ampia ricognizione del rapporto tra

decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo e ordinamento na

zionale, v. l'ampia nota di L. Marzano a Cons. Stato, sez. I, 9 aprile 2003, n. 1926/02, id., 2004, III, 336; v. anche P. Pirrone, L'obbligo di

conformarsi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo,

Milano, 2004, spec. 115 ss.), e l'eventuale disapplicazione dell'art. 5

bis implicherebbe uno sforzo di creazione della regola indennitaria, che

oltre ad esulare, con tutta evidenza, dalla iuris dictio, neppure potrebbe correttamente riapprodare alla regola del valore venale di cui all'art. 39

1. n. 2359 del 1865, che, di certo, è meno conforme al dettato costitu

zionale di quanto possa dirsi inadeguato l'indennizzo dell'art. 5 bis

(anche se il risarcimento del danno materiale che la corte europea ac

corda ai ricorrenti Scordino, attribuisce loro, a conti fatti, il valore ve

nale e gli interessi). Non sembra dunque che il giudice chiamato alla

determinazione dell'indennità possa essere considerato destinatario

dell'obbligo di cui all'art. 46, § 1, della convenzione, di conformarsi

alla sentenza Scordino: sembra non restare altra scelta, nella poco pro babile rielaborazione legislativa delle regole indennitarie, da poco rin

novate, che rimettere la questione alla Corte costituzionale. Un rinno

vato esame della legittimità costituzionale dell'art. 5 bis, oltre a quanto

sopra osservato in relazione alle cause in corso, non potrà non tener

conto della tendenziale definitività di quella regola indennitaria: l'art.

37 d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327, t.u. delle disposizioni legislative e re

golamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, reitera i

criteri della semisomma per i suoli edificabili e del valore agricolo me

dio per i suoli non edificabili, ma non ripropone la clausola di provvi sorietà di cui all'art. 5 bis «fino all'emanazione di un'organica disci

plina in materia di espropriazione per pubblica utilità». [S. Benini]

* * *

Il Foro Italiano — 2005.

grief tiré de la durée excessive de la procédure, qu'il avait sou

levée avant l'examen sur la recevabilité de la requète. Le Gouvernement se réfère à une jurisprudence de la Cour de

cassation du 26 janvier 2004 (paragraphe 44 ci-dessus) et sou

tient que le recours en cassation dans le cadre des recours

«Pinto» est un recours à épuiser. De ce fait, il reproche aux re

Per la comprensione della decisione riportata della Corte europea dei

diritti dell'uomo del 29 luglio 2004, va ricordato che l'indennità da

corrispondersi in caso di espropriazione per pubblica utilità è stata og getto dall'unità d'Italia in poi di numerosi e contrastanti interventi legis lativi e conseguente giurisprudenza, e di un acceso dibattito in dottrina

(v., per tutti, Salvia-Teresi, Diritto urbanistico, 7a ed., Padova, 2002, 16 ss.).

La 1. 22 ottobre 1971 n. 865, come modificata dalla 1. 28 gennaio 1977 n. 10, onde superare la molteplicità dei criteri per la determina

zione dell'indennità contenuta nella precedente legislazione speciale, ha posto a base della determinazione dell'indennità stessa il «valore

agricolo» del bene, anche per le aree comprese nei centri edificati urba

ni.

Corte cost. 30 gennaio 1980, n. 5, Foro it., 1980, I, 273, ha ritenuto

la illegittimità costituzionale del 5°, 6° e 7° comma dell'art. 16 1.

865/71, come modificato dalla 1. 10/77, che aveva adottato il valore

agricolo medio dei terreni secondo i tipi di coltura praticati nella regio ne agraria quale criterio per la determinazione dell'indennità di espro

priazione, senza fare specifico riferimento al valore dei terreni mede

simi in relazione alle caratteristiche e alla destinazione economica degli stessi. Presupposto di questa impostazione — è stato osservato — era

che la 1. 10/77 aveva operato lo scorporo dello ius aedificandi dalla

proprietà, essendo sempre il proprietario il soggetto legittimato a chie

dere la concessione e a lucrare di fatto quelle rendite che ineriscono alla

proprietà dei suoli edificabili.

Dopo oltre un decennio di incertezze, anche giurisprudenziali, l'art. 5

bis 1. 359/92 ha stabilito che l'indennità di espropriazione delle «aree

edificabili» va determinata nella misura di circa il cinquanta per cento

del «valore venale», ulteriormente ridotta dall'applicazione della rite

nuta fiscale del venti per cento di cui all'art. 11 1. 413/91. Per le «aree

non edificabili», è stato invece confermato sostanzialmente il criterio

del «valore agricolo» introdotto dalla 1. 865/71, con le maggiorazioni ad personam (c.d. indennizzo personalizzato) per taluni soggetti: fitta

voli, mezzadri, coloni, compartecipanti, proprietari diretti coltivatori.

Il criterio espropriativo di cui all'art. 5 bis 1. 359/92, è stato ritenuto

legittimo da Corte cost. 16 giugno 1993, n. 283, id., 1993, I, 2089, con

nota di Gambaro. Tanto premesso a riguardo del tormentato iter nel nostro ordina

mento dell'indennizzabilità in caso di espropriazione per pubblica uti

lità, la corte di Strasburgo con la sentenza riportata ha annullato i criteri

indennitari di cui all'art. 5 bis 1. 359/92, con riferimento al caso sotto

posto al suo esame, affermando che la normativa italiana è contraria

alla convenzione europea dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950,

per violazione del diritto di proprietà tutelato dall'art. 1 del protocollo addizionale, e del principio dell'indennizzo ragionevolmente collegato con il «valore venale».

A nulla sono serviti i recenti interventi delle sezioni unite della Cas

sazione italiana, che hanno ritenuto che l'indennità di cui all'art. 5 bis

1. 359/92 era conforme all'art. 1 del protocollo addizionale della con

venzione europea dei diritti dell'uomo (v. Cass., sez. un., 14 aprile 2003, n. 5902, e 6 maggio 2003, n. 6853, id., Rep. 2003, voce Espro

priazione per p.i., n. 308, e id., 2003,1, 2368). La sentenza della corte di Strasburgo segna una rottura con i principi

sull'indennità a corrispondersi al proprietario, nel caso di espropriazio ne per pubblica utilità, come disciplinata nelle Costituzioni dei paesi dell'occidente.

La libertà di iniziativa economica e la libertà di contratto sono anche

menzionate, direttamente o indirettamente, in varie Costituzioni occi

dentali (Cost, italiana, art. 41; Cost, spagnola, art. 38), ma accompa

gnate da restrizioni che rendono problematica l'esistenza di un loro nu

cleo stabile intangibile da parte dello Stato. La proprietà privata, estesa

ai mezzi di produzione, figura ancora garantita in Costituzioni come

quella italiana (art. 42, 43), quella spagnola (art. 33), quella tedesca fe

derale (art. 14), quella americana (V emendamento), ecc. e, in parte, nella stessa convenzione dei diritti dell'uomo. Ma le formule costitu

zionali o le interpretazioni della giurisprudenza conferiscono allo Stato

vastissimi poteri di conformare l'istituto e di apporvi limiti per la rea

lizzazione di «fini sociali» (Bognetti, Diritti dell'uomo, voce del Dige sto civ., Torino, 1989, V, 383 ss.).

E non va dimenticato, che le Costituzioni innanzi richiamate preve dono che l'espropriazione per pubblica utilità è consentita con paga mento di indennizzi inferiori al prezzo del valore di mercato del bene

(Cost, italiana, art. 41).

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PARTE QUARTA

quérants de ne pas avoir formé de pourvoi en cassation contre la

décision de la Cour d'appel de Reggio Calabria du ler juillet 2002.

60. - Les requérants demandent le rejet de l'exception. 61. - La Cour note que l'exception du Gouvernement a déjà

été rejetée dans sa décision sur la recevabilité du 27 mars 2003

Ci si deve quindi chiedere, quale impatto e rilevanza possa avere nel sistema italiano dell'espropriazione per pubblica utilità la decisione ri

portata della corte di Strasburgo, sia pure limitata ad un caso singolo, e come tale applicabile a quel caso singolo, anche tenuto presente che in data 30 giugno 2003 è entrato in vigore il d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327, t.u. sulla espropriazione per pubblica utilità (sul quale, per tutti, cfr. Caringella-De Marzo-De Nictolis-Maruotti, L'espropriazione per pubblica utilità, Milano, 2003).

Al riguardo, va tenuto presente che quando si è posta la prospettiva di un'adesione della Comunità europea alla convenzione europea per la

salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, vi è stato un forte condizionamento per via del parere che la Corte di giustizia delle Comunità europee, su richiesta del consiglio dell'Unione europea, ha dato sulla compatibilità di un'adesione con il trattato istitutivo della stessa Comunità europea.

Rispondendo negativamente al quesito sottopostole, la Corte di giu stizia ha ritenuto che «allo stato attuale del diritto comunitario, la Co munità non ha la competenza per aderire alla convenzione» per due or dini di ragioni. In primo luogo, perché «nessuna disposizione del trat tato attribuisce alle istituzioni comunitarie, in termini generali, il potere di dettare norme in materia di diritti dell'uomo o di concludere accordi internazionali in tale settore». In secondo luogo, perché nemmeno l'ap plicazione dell'art. 308 lo consentirebbe dato che, anche, «se il rispetto dei diritti dell'uomo costituisce ... un requisito di legittimità degli atti

comunitari», l'adesione alla convenzione determinerebbe una modifi cazione sostanziale dell'attuale regime comunitario dei diritti dell'uo mo, in quanto comporterebbe l'inserimento della Comunità in un si stema istituzionale distinto, nonché l'integrazione del complesso delle

disposizioni della convenzione nell'ordinamento comunitario. E una tale modifica del regime comunitario della materia, «sia per la Comu nità che per gli Stati membri, rivestirebbe carattere costituzionale, ed esulerebbe per sua propria natura dai limiti dell'art. 235 (attuale 308)» (Mengozzi, Istituzioni di diritto comunitario e dell'Unione europea, Padova, 2003, 294).

E non vanno trascurate le elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali sulle sentenze della corte di Strasburgo, che accertano una violazione della convenzione.

Certamente tali sentenze hanno valore dichiarativo, nel senso che ad esse non è dato di incidere nell'ordinamento dello Stato convenuto, sul

quale, tuttavia, incombono precisi obblighi in vista dell'eliminazione delle conseguenze della violazione della convenzione; ma si è anche

posto il problema se una decisione della corte di Strasburgo possa inci dere sui valori previsti dalla Costituzione dello Stato convenuto (Con forti-Raimondi, Corte europea dei diritti dell'uomo, voce dell'Enci

clopedia del diritto. Milano, 2002, aggiornamento VI, 327 ss.). Si richiama la dottrina giusprivatista, che avverte l'esigenza di rileg

gere nella carta europea, nella quale si vuole inserire «tutto», un testo, quello della convenzione che, a distanza di cinquant'anni, appare ine vitabilmente — come ogni opera umana — alquanto invecchiato (P. Rescigno, Convenzione europea dei diritti dell'uomo e diritto privato (famiglia, proprietà, lavoro), in Riv. dir. civ., 2002, I, 325 ss.). [D. Bellantuono]

* * *

I. - La sentenza 29 luglio 2004 della Corte europea dei diritti del l'uomo (la si veda riportata anche in Corriere giur., 2004, 1584, con nota di Conti, Scordino c. Italia, (pen)ultimo atto: la scure — non defi nitiva — di Strasburgo sull'indennità espropriativa) che si riporta sol leva la questione — ormai non più eludibile a livello operativo — del

rapporto tra le decisioni dei giudici interni e le sentenze dei giudici so vranazionali che interpretano le previsioni della convenzione per la sal

vaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in dottrina, v., oltre alle riflessioni di Benini che precedono e ai contributi citati nelle sue osservazioni e nella nota di Marzano a Cons. Stato, sez. I, 9

aprile 2003, n. 1926/02, in Foro it., 2004, III, 336, le riflessioni di Conti nel commento appena citato e di Bultrini, Occupazione appro priala: l'intervento dirompente della Corte europea dei diritti del l'uomo, in Corriere giur.. 2001, 475).

Nel momento in cui queste brevi considerazioni vengono redatte la sentenza non risulta essere divenuta definitiva. Tuttavia, resta il nodo cruciale dell'incidenza che le indicazioni della corte europea sono de stinate ad avere nei percorsi argomentativi dei giudici italiani.

Il Foro Italiano — 2005.

(Foro it., 2003, IV, 361). Elle relève ensuite que la jurispruden ce de la Cour de cassation citée par le Gouvernement date du 26

janvier 2004, alors que la décision de la Cour d'appel de Reggio Calabria était devenue définitive à compter du 26 octobre 2003

(paragraphe 42 ci-dessus). 62. - La Cour considère que le Gouvernement fonde son

Il citato Cons. Stato 9 aprile 2003, ha rilevato che, a differenza di

quanto previsto nel trattato della Comunità europea (art. 244 e 256), nessuna norma della convenzione rende le sentenze della corte di Stra

sburgo direttamente eseguibili negli ordinamenti nazionali. In realtà, gli articoli richiamati riguardano l'efficacia esecutiva in relazione a prov vedimenti da cui discende un obbligo pecuniario.

In effetti, la regola generale, secondo la quale i principi enunciati nelle decisioni della Corte di giustizia s'inseriscono direttamente nel l'ordinamento interno, assumendo valore di fonte dei diritto e di i'us su

perveniens (la regola enunciata da Corte cost. 23 aprile 1985. n. 113, Foro it., 1985, I, 1600, è stata di recente ribadita da Corte cost. 20

aprile 2004, n. 125, e 14 marzo 2003, n. 62, id.. 2004, I, 2299 e 2300) trova il suo fondamento nell'esigenza di uniforme interpretazione del

diritto comunitario nell'ambito territoriale definito dal trattato, esigenza che si correla all'istituzione di una corte chiamata ad assicurare il ri

spetto del diritto, nell'interpretazione e nell'applicazione del trattato. Senza pertanto ipotizzare una totale sovrapposizione tra problemati

che legate all'applicazione del diritto comunitario e questioni poste dalle norme della convenzione, è difficile sottrarsi all'idea che la me desima esigenza di certezza ed uniforme applicazione delle regole operi anche con riferimento alla convenzione europea una volta che si consi derino l'obbligo delle alte parti contraenti di riconoscere ad ogni perso na soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti dal titolo I della convenzione stessa (art. 1 di quest'ultima), l'istituzione della corte europea, chiamata ad assicurare il rispetto degli impegni derivanti

per gli Stati (ossia per tutti gli organi dello Stato, ivi inclusi i giudici) dalla convenzione e dai suoi protocolli (art. 19 della convenzione), la

competenza assegnata alla corte, che si estende a tutte le questioni con cernenti l'interpretazione e l'applicazione della convenzione (art. 32 della convenzione).

A fronte di tali indicazioni, si comprende che, per quanto generali possano essere le indicazioni della convenzione, esse sono destinate a divenire di stringente precettività a seguito delle puntualizzazioni inter

pretative della corte europea (al riguardo, v. le riflessioni di Scoca

Tarullo, La Corte europea dei diritti dell'uomo e l'accessione inver tita: verso nuovi scenari, in Riv. amm., 2000, 464).

A tal proposito, Cass. 19 luglio 2002, n. 10542, Foro it., 2002, I, 2606, con nota di Fuzio, ha condivisibilmente puntualizzato che il

«giudice nazionale, ove ravvisi un contrasto della disciplina nazionale, è tenuto a dare prevalenza alla norma pattizia, che sia dotata di imme diata precettività rispetto al caso concreto, anche ove ciò comporti una

disapplicazione della norma interna». Nello stesso senso, v. Cass. 11

giugno 2004, n. 11096, id., Mass., 824. e, per esteso, Corriere giur., 2004, 1467, con nota di Conti, La Cassazione ritorna su occupazione appropriativa e rispetto della Cedu.

Peraltro, se è vero che la norma di fonte internazionale, anche se non

costituzionalizzata, gode pur sempre di una capacità di resistenza ri

spetto alla contraria previsione interna sopravvenuta (v., ad es., Corte cost. 19 gennaio 1993, n. 10, Foro it.. 1993,1, 1374, che ritiene trattarsi di norme derivanti da una fonte riconducibile a una competenza atipica e, come tali, insuscettibili di abrogazione o di modificazione da parte di

disposizioni di legge ordinaria. Agli stessi risultati, ma valorizzando il fatto che la norma internazionale è sorretta non solo e non tanto dalla volontà che certi rapporti siano regolati in un certo modo, quanto dalla volontà che gli obblighi internazionali siano rispettati, v. Conforti, Di ritto internazionale, Napoli, 2002, 301), diviene consequenziale rico noscere che le indicazioni interpretative della corte europea vincolano il giudice interno, senza che sussista alcuna necessità di sollecitare l'intervento della Consulta.

Tale percorso potrà anche essere seguito, valorizzando i parametri della legge fondamentale ed eventualmente sollecitandone una lettura conforme all'esegesi delle previsioni della convenzione offerta dalla corte. Tuttavia, esso rappresenta una mera eventualità che non elide in alcun modo il dovere del giudice di non dare applicazione alla norma nazionale che reputi (o che sia stata giudicata dalla corte europea) con trastante con i dettami della convenzione.

Va aggiunto che, in senso contrario, ossia nel senso della necessità di

provocare il sindacato della Corte costituzionale non depone il novel lato art. 117 Cost. Quest'ultimo oggi dispone che la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli ob

blighi internazionali. Tale norma, se per un verso, pare dissipare i dubbi sulla possibilità per il legislatore ordinario di sottrarsi ai vincoli inter

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

exception sur des arguments qui ne sont pas de nature à remettre

en cause sa décision sur la recevabilité. Par conséquent,

l'exception doit ètre rejetée.

II. Sur la violation alléguée de I'article 6, § 1, de la Convention

63. - Les requérants allèguent une double violation de l'arti

nazionali manifestando la specifica volontà di disattendere l'obbligo pattizio, per altro verso, non appare dotata, anche per la specifica sedes, di alcuna efficacia innovativa quanto ai meccanismi di controllo della

legittimità della norma interna. In particolare, l'accostamento delle

norme costituzionali con quelle internazionali non rende necessario, in

caso di ritenuto contrasto con queste ultime, lo scrutinio della Consulta.

Se tale ricostruzione fosse esatta, ne dovrebbe discendere che, anche in caso di contrasto della disciplina con le norme comunitarie, occorre rebbe passare attraverso il filtro del giudice delle leggi, il che appare assolutamente contrastante con le acquisizioni raggiunte sul punto dalla stessa Corte costituzionale (Corte cost. 8 giugno 1984, n. 170, Foro it.,

1984,1, 2062, con nota di Tizzano). II. - Una rapida disamina delle indicazioni fornite dalla sentenza in

rassegna impone, in primo luogo, di sottolineare che, con riferimento ai casi nei quali venga in discussione l'applicazione del criterio indennita rio introdotto dall'art. 5 bis 1. 359/92 ad espropriazioni disposte prima dell'entrata in vigore di quest'ultimo, il giudice interno dovrebbe pren dere atto che la prevista retroattività si pone in contrasto con il diritto

all'equo esame della causa e fare applicazione della normativa vigente al momento dell'emanazione del decreto d'esproprio.

Peraltro, se si ritiene che la norma internazionale di carattere gene rale assuma efficacia precettiva (si sarebbe tentati di precisare, vinco

lante) per effetto delle decisioni della corte di Strasburgo, dovrebbe di scenderne un'ulteriore conseguenza: l'assimilabilità del fenomeno allo ius superveniens. Pertanto, il giudice del rinvio cui la causa sia stata

rimessa dalla Suprema corte per la determinazione dell'indennità alla

stregua dei criteri indennitari di cui all'art. 5 bis 1. 359/92, dovrebbe

prendere atto della decisione della corte europea e fare applicazione della disciplina previgente, senza essere vincolato dal principio di di

ritto enunciato dalla Cassazione.

Con riferimento ai casi nei quali l'espropriazione è stata disposta successivamente all'entrata in vigore dell'art. 5 bis, inevitabilmente il

giudice interno dovrà confrontarsi con le critiche svolte nella sentenza in rassegna a partire dal par. 97.

Al riguardo, va sottolineato il carattere non sintetico, ma apparente della motivazione. La conclusione che il giusto equilibrio è venuto a

mancare nel caso di specie avrebbe imposto in positivo l'indicazione

dei criteri che consentono di garantire quantomeno una soglia minima

necessaria di protezione dell'interesse del proprietario destinatario della vicenda ablativa. La corte di Strasburgo, invece, si è limitata a indicare tutti i fattori che avevano comportato una riduzione, al di sotto

del valore venale, dell'indennizzo, per poi giungere alla conclusione

della quale s'è detto. Il lettore attento cercherà delle linee guida ricostruttive nei par. 108

ss., nei quali la corte determina l'ammontare del risarcimento per il

danno materiale e noterà che la somma liquidata a tale titolo (euro 410.000) ascende a poco più di quanto richiesto dai ricorrenti, facendo

riferimento alla differenza tra l'indennità a valore pieno e quella deter

minata ex art. 5 bis, maggiorata degli interessi legali (euro 405.891,89), sostanzialmente ignorando la richiesta di rivalutazione e di rimborso

dell'imposta. Tale constatazione sollecita peraltro un'ulteriore riflessione connessa

alla stessa pertinenza al caso di specie delle considerazioni legate alla

corrispondenza dei criteri di cui all'art. 5 bis (e oggi all'art. 37 d.p.r. 8

giugno 2001 n. 327), dal momento che, una volta constatata l'illegitti mità dell'applicazione retroattiva di più ridotti parametri di stima del

l'indennizzo, non restava che sostanzialmente applicare quelli previ

genti, commisurando il risarcimento del danno alla differenza rispetto

all'originario indennizzo (in tal modo attingendo lo stesso risultato

economico inutilmente perseguito dal ricorrente nella controversia de

cisa da Cass. 17 febbraio 2003, n. 2382, id., Rep. 2003, voce Diritti

politici e civili, n. 119). L'incidenza negli ordinamenti interni delle pronunce della corte di

Strasburgo dovrebbe imporre un vaglio attento della rilevanza delle

questioni e un particolare rigore motivazionale, che, nella specie, non

sembrano essere stati la principale cura dei giudici sovranazionali.

Ad ogni modo, per non eludere il problema posto dal giudizio di ina

deguatezza espresso in relazione all'art. 5 bis, può rilevarsi che qualora si condividessero le censure espresse dalla sentenza in rassegna, non

resterebbe all'interprete che applicare l'unico criterio non arbitrario in

assenza di un intervento riduttivo legittimo del legislatore, ossia quello

legato alla stima del valore del bene. Per vero Corte cost. 16 giugno

Il Foro Italiano — 2005.

eie 6, § 1, de la Convention qui, dans ses parties pertinentes, di

spose: « 1. Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue é

quitablement (...) et dans un délai raisonnable, par un tribunal

(...), qui décidera (...) des contestations sur ses droits et obli

gations de caractère civil (...)». 64. - Plus particulièrement, les requérants se plaignent, d'une

part, de ce que l'adoption et l'application de l'article 5 bis de la

loi n° 359 de 1992 constitue une ingérence législative incompa tible avec leur droit à un procès équitable. D'autre part, les re

quérants se plaignent de la durée excessive de la procédure en

gagée à fin d'obtenir l'indemnité d'expropriation.

A. Durée de la procédure

65. - Les requérants allèguent que la procédure engagée afin

d'obtenir l'indemnité d'expropriation a méconnu le principe du

«délai raisonnable» tei que prévu par l'article 6, § 1, de la Con

vention.

66. - Le Gouvernement s'oppose à cette thèse et souligne les

difficultés objectives survenues pendant le procès, par exemple la nouvelle loi sur l'indemnité d'expropriation, le décès de

A. Scordino, le manque de magistrats. A ce propos, le Gouver

nement indique que l'affaire a été suivie par trois juges de

struction qui se sont succédé.

67. - La Cour rappelle que dans sa décision sur la recevabilité

du 27 mars 2003, elle a estimé qu'en octroyant la somme de

2.450 EUR, à titre de réparation du dommage non patrimonial en application de la loi Pinto, la Cour d'appel de Reggio Cala

bria n'avait pas réparé de manière appropriée et suffisante l'in

fraction alléguée par les requérants. 68. - La Cour note que la période à considérer a débuté le 25

mai 1990 et s'est terminée le 7 décembre 1998. Elle a done duré

environ huit ans et demi, pour deux instances.

69. - La Cour rappelle avoir constaté dans quatre arrets du 28

juillet 1999 (par exemple, Bottazzi c. Italie [GC], n° 34884/97, CEDH 1999-V), l'existence, en Italie, d'une pratique contraire à

la Convention résultant d'une accumulation de manquements à

l'exigence du «délai raisonnable». Dans la mesure où la Cour

constate un tei manquement, cette accumulation constitue une

circonstance aggravante de la violation de l'article 6, § 1.

70. - Ayant examiné les faits de la cause à la lumière des ar

guments des parties et compte tenu de sa jurisprudence en la

matière, la Cour estime que la durée de la procédure litigieuse ne répond pas à l'exigence du «délai raisonnable» et qu'il y a là

encore une manifestation de la pratique précitée.

Partant, il y a eu violation de l'article 6, § 1.

1993, n. 283, id., 1993, I, 2089, ebbe ad affermare che «l'integrale ri

storo del sacrificio negherebbe ogni incidenza sotto tale profilo agli

scopi di pubblica utilità che persegue il procedimento espropriativo;

scopi la cui realizzazione non può risultare impedita dall'esigenza di

una piena ed integrale riparazione dell'interesse privato del proprieta rio». Tuttavia, non sembra che ciò implichi l'illegittimità costituzionale

di un criterio indennitario commisurato al valore venale del bene, posto che. in astratto (ed è su questo piano che occorre muoversi in assenza di

una scelta legislativa concreta da verificare), non è affatto detto che la

realizzazione degli scopi di pubblica utilità sia impedita da un inden

nizzo commisurato al valore venale del bene.

In sostanza, pare che il riferimento della corte mirasse soltanto a

sottolineare che, nell'attuale momento storico, appare ragionevole e

giustificato un intervento riduttivo in funzione dei fini pubblici realiz

zati attraverso l'intervento di pubblica utilità, senza predicare una ne

cessità costituzionale della riduzione. Del resto, questa è proprio la po sizione espressa dalla corte europea nella sentenza che si riporta.

III. - La ricostruzione appena operata dei rapporti tra corte di Stra

sburgo e giudici nazionali può creare disagio nella misura in cui, svi

luppando potenzialità sinora poco avvertite persino nel rapporto con

l'ordinamento comunitario, realizza un controllo polverizzato tra le

corti di merito della legittimità delle leggi in un sistema caratterizzato

dal sindacato centralizzato della Corte costituzionale. Tuttavia, essa ap

pare consequenziale alla giuridicità del diritto internazionale quale si

manifesta essenzialmente nella capacità degli operatori giuridici interni

di dare concreta e stabile attuazione alle regole pattizie concordate da

gli Stati (Conforti, op. cit., 8). [G. De Marzo]

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PARTE QUARTA

B. Procès équitable

71. - Les requérants dénoncent une immixtion du pouvoir

législatif dans le fonctionnement du pouvoir judiciaire, en rai

son de 1'adoption et de l'application à leur égard de Farticle 5

bis de la loi n° 359 de 1992. Ils se plaignent notamment de ne

pas avoir bénéficié d'un procès équitable lorsqu'il a été décidé

du montant de leur indemnité d'expropriation, la question sou

mise aux tribunaux nationaux ayant été tranchée par le législa teur et non pas par le pouvoir judiciaire.

72. - A cet égard, les requérants observent que la disposition

litigieuse introduisait des critères de calcul de 1 indemnité d'ex

propriation, de fa?on à réduire celle-ci d'au moins 50% par rap

port à la somme à laquelle ils avaient droit selon la loi en vi

gueur au moment de 1'introduction de la procédure en indemni

sation devant la Cour d'appel de Reggio Calabria.

73. - Les requérants soutiennent que la loi litigieuse ne

répondait pas à un intérèt public essentiel et qu'elle tendait uni

quement à déterminer Tissue des procédures pendantes de ma

nière à favoriser 1'administration défenderesse.

74. - Les requérants font ensuite remarquer que 1'article 5 bis

de la loi a été jugé conforme à la Constitution par la Cour con

stitutionnelle, parce qu'il s'agissait d'une mesure provisoire et

qu'elle répondait à une conjoncture particulière. Or, cette dispo sition serait toujours en vigueur.

75. - Le Gouvernement soutient que l'application de l'article

5 bis de la loi n° 359 de 1992 en l'espèce ne soulève aucun pro blème au regard de la Convention.

76. - Le Gouvernement reconnaìt que l'article 5 bis litigieux a

été inspiré par des raisons budgétaires; il fait toutefois observer

que, compte tenu de son caractère provisoire, cette disposition a

été jugée conforme à la Constitution par la Cour constitution

nelle.

77. - Le Gouvernement fait observer que, d'après la jurispru dence de la Convention et le droit italien, le principe de non ré

troactivité n'est pas absolu. En outre, la loi litigieuse s'expli

querait par le besoin de combler le vide législatif créé par les ar

rets de la Cour constitutionnelle, qui avait annulé les lois du

Parlement italien tendant à modifier les critères de fixation

d'indemnités d'expropriation, par rapport au critère de la valeur

marchande tei que prévu par la loi n° 2359 de 1865.

78. - La Cour réaffirme que si, en principe, il n'est pas inter

dit au pouvoir législatif de réglementer en matière civile, par de

nouvelles dispositions à portée rétroactive, des droits découlant

de lois en vigueur, le principe de la prééminence du droit et la

notion de procès équitable consacrés par l'article 6 de la Con

vention s'opposent, sauf pour d'impérieux motifs d'intérèt

général, à l'ingérence du pouvoir législatif dans 1'administration

de la justice dans le but d'influer sur le dénouement judiciaire du litige (Zielinski et Pradal & Gonzales c. France [GC], n°

24846/94 et 34165/96 à 34173/96, § 57, CEDH 1999-VII; Raf fineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce, arrét du 9

décembre 1994, sèrie A n° 301-B; Papageorgiou c. Grèce, arret

du 22 octobre 1997, Recueil des arrets et décisions 1997-VI). 79. - Dans le cas d'espèce, la Cour estime que, mème si les

procédures litigieuses n'ont pas été annulées en vertu de la loi

n° 359 de 1992, la loi en question a influencé le dénouement ju diciaire du litige (Anagnostopoulos et autres c. Grèce, n°

39374/98, §§ 20-21, CEDH 2000-XI), auquel l'Etat était partie. En effet, l'article 5 bis inclut expressément dans son champ

d'application les procédures pendantes et fixe définitivement les

termes du débat soumis aux juridictions de l'ordre judiciaire et

ce, de manière rétroactive (paragraphe 52 ci-dessus). La Cour

relève que la Cour d'appel de Reggio Calabria et la Cour de

cassation n'ont pas omis de faire référence aux dispositions de

la loi critiquée pour étayer leurs décisions. Ce faisant, elles ont

modifié au détriment des intéressés, avec effet rétroactif, l'in

demnisation à laquelle ceux-ci pouvaient légitimement s'atten

dre au sens de la loi n° 2359 de 1865 (voir paragraphes 17-18 ci

dessus), en vigueur au moment de 1'introduction du recours en

indemnisation devant les juridictions nationales. Par l'effet de

l'application de l'article 5 bis, les requérants ont été privés d'u

ne partie substantielle de l'indemnisation à laquelle ils pou vaient prétendre (paragraphes 29, 33 et 34 ci-dessus).

Il Foro Italiano — 2005.

80. - De l'avis de la Cour, le fait que les juridictions nationa

les se soient fondées sur la disposition critiquée pour décider de

la question de l'indemnité d'expropriation dont elles étaient sai

sies, se traduit en une immixtion du pouvoir législatif dans le

fonctionnement du pouvoir judiciaire en vue d'influer sur le

dénouement du litige.

Partant, il y a eu violation de 1'article 6, § 1, de la Conven

tion.

III. Sur la violation alléguée de I 'article 1 du Protocole n" 1

81. - Les requérants allèguent une double violation de l'arti

cle 1 du Protocole n° 1, ainsi libellé:

«Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses

biens. Nul ne peut ètre privé de sa propriété que pour cause

d'utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les

principes généraux du droit international.

Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit

que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu'ils ju

gent nécessaires pour réglementer 1'usage des biens conformé

ment à l'intérèt général ou pour assurer le paiement des impòts ou d'autres contributions ou des amendes».

82. - Les requérants allèguent d'une part avoir supporté une

charge disproportionnée en raison du montant inadéquat de

l'indemnité d'expropriation. 83. - D'autre part, les requérants se plaignent de l'application

rétroactive de l'article 5 bis de la loi n° 359 de 1992.

84. - Il n'est pas contesté que les intéressés ont été privés de

leur propriété conformément à la loi, et que 1'expropriation

poursuivait un but légitime d'utilité publique. Dès lors, c'est la

seconde phrase du premier paragraphe de l'article 1 du Proto

cole n° 1 qui s'applique en l'espèce (Mellacher et autres c. Au

triche, arrèt du 19 décembre 1989, sèrie A n° 169, § 42).

A. Sur le montant de l'indemnisation accordée aux requérants

85. - Les requérants font observer que l'indemnité qu'ils ont

refue correspond à 40% de la valeur de leur bien. Selon eux, cela ne saurait ètre considéré comme une indemnisation

présentant un rapport raisonnable avec la valeur du bien.

86. - A cet égard, les requérants observent que l'indemnité

d'expropriation qui leur a été accordée par les juridictions na

tionals correspond à la moitié de la valeur marchande du ter

rain. Ce montant a ensuite été encore diminué de 20%, en raison

de l'impòt à la source prévu par la loi n° 413 de 1991.

87. - Par ailleurs, les requérants soulignent que l'abattement

ultérieur de 40% prévu par l'article 5 bis, pour ceux qui s'oppo sent à l'offre d'indemnisation, n'a pas été appliqué dans leur

cas.

88. - Les requérants soutiennent qu'en l'espèce il n'y a aucu

ne raison d'utilité publique pouvant justifier une indemnisation

inférieure à la valeur marchande du terrain. A cet égard, les re

quérants allèguent que leur terrain a été exproprié pour permet tre à une société coopérative d'y construire des logements desti -

nés à des particuliers et que ces derniers, conformément au droit

interne (article 20 de la loi n° 179 de 1992), seront libres cinq ans plus tard de revendre le logement au prix du marché. Cela

signifie que 1'expropriation du terrain des requérants a en réalité

avantagé des particuliers. 89. - Les requérants font enfin observer qu'une longue pério

de s'est écoulée entre l'expropriation du terrain et la fixation

définitive de l'indemnité. Ils soulignent que la ville de Reggio Calabria n'a communiqué l'offre d'indemnisation qu'en 1989, soit six ans après le décret d'expropriation, et qu'à partir de

cette date seulement, il a été possible d'introduire un recours en

opposition devant la cour d'appel. 90. - A la lumière de ces considérations, les requérants esti

ment avoir supporté une charge excessive et demandent à la

Cour de constater la violation de l'article 1 du Protocole n° 1.

91. - Le Gouvernement soutient que la situation dénoncée est

compatible avec l'article 1 du Protocole n° 1. Il observe que, dans le calcul d'une indemnité d'expropriation, il faut recher

cher un équilibre entre l'intérèt privé et l'intérèt général. Par

conséquent, l'indemnité d'expropriation adéquate peut ètre infé

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

rieure à la valeur marchande d'un terrain comme la Cour con

stitutionnelle l'a du reste reconnu (arrets n° 283 du 16 juin

1993, Foro it., 1993, I, 2089; n° 80 du 19 mars 1996, id., 1996, I, 1933, et n° 148 du 30 avril 1999, id., 1999,1, 1715).

92. - Se référant aux arrets de la Cour dans les affaires Les

saints monastères c. Grece (arrèt du 9 décembre 1994, sèrie A

n° 301-A), Lithgow et autres c. Royaume-Uni (arrèt du 8 juillet

1986, sèrie A n° 102; Foro it.. Rep. 1987, voce Diritti politici e

civili, n. 55) et James et autres c. Royaume-Uni (arrèt du 21

février 1986, sèrie A n° 98), le Gouvernement soutient que la

requète en question doit ètre examinée à la lumière du principe selon lequel les causes d'utilité publique (telles qu'une réforme

économique ou une politique de justice sociale) peuvent militer

pour un remboursement inférieur à la pleine valeur marchande.

Cela s'inscrit, selon le Gouvernement, dans une volonté politi

que de mettre en oeuvre un système dépassant le libéralisme

classique du XIXe siècle. Tout se résumé à la question de savoir

si l'écart entre la valeur marchande et l'indemnité payée est rai

sonnable et justifié. 93. - Le Gouvernement soutient que, à compter de 1993, les

requérants auraient pu obtenir une indemnité de 40% plus éle

vée s'ils avaient accepté l'indemnité d'expropriation offerte par l'administration. Il soutient ensuite que la valeur marchande du

terrain a été prise en compte dans le calcul effectué par les juri dictions internes, au sens de l'article 5 bis de la loi n°359 de

1992. Le Gouvernement observe qu'aux termes de cette dispo

sition, la valeur marchande du terrain est tempérée par un autre

critère, à savoir la rente foncière calculée sur la valeur inserite

au cadastre.

94. - Le Gouvernement en conclut que le système de calcul de

l'indemnité d'expropriation appliqué en l'espèce n'est pas dé

raisonnable et n'a pas rompu le juste équilibre. 95. - Quant au temps écoulé entre 1'expropriation et la fixa

tion définitive de l'indemnité, le Gouvernement observe que la

procédure devant la Cour d'appel de Reggio Calabria n'a été

introduite qu'en 1990, et estime que les requérants auraient pu

engager l'action civile dès 1983. Cela équivaut à dire qu'ils ont

contribué eux-mèmes à retarder le versement de l'indemnité.

En outre, le Gouvernement fait observer que le préjudice causé

par l'écoulement du temps est réparé par le versement d'inté

rèts.

96. - En conclusion, le Gouvernement demande à la Cour de

constater 1'absence de violation de la disposition invoquée. 97. - La Cour rappelle qu'une mesure d'ingérence dans le

droit au respect des biens doit ménager un «juste équilibre» en

tre les exigences de l'intérèt général et les impératifs de la sau

vegarde des droits fondamentaux de l'individu (Sporrong et

Lónnroth c. Suède du 23 septembre 1982, sèrie A n° 52, § 69;

Foro it.. Rep. 1985, voce cit., n. 21). Afin d'apprécier si la

mesure litigieuse respecte le juste équilibre voulu et notamment

si elle ne fait pas peser sur les requérants une charge dispropor

tionnée, il y a lieu de prendre en considération les modalités

d'indemnisation prévues par la législation interne. A cet égard, sans le versement d'une somme raisonnablement en rapport avec la valeur du bien, une privation de propriété constitue

normalement une atteinte excessive qui ne saurait se justifier sur

le terrain de l'article 1. Ce dernier ne garantit pourtant pas dans

tous les cas le droit à une compensation intégrale, car des ob

jectifs légitimes «d'utilité publique» peuvent militer pour un

remboursement inférieur à la pleine valeur marchande (Les

saints monastères c. Grèce, arrèt du 9 décembre 1994, sèrie A

n° 301-A, §§ 70-71). 98. - La Cour relève que les requérants ont re?u en l'espèce

l'indemnité la plus favorable prévue par l'article 5 bis de la loi

n° 359 de 1992. En effet, l'abattement ultérieur de 40% n'a pas été appliqué dans ce cas (paragraphes 33 et 37 ci-dessus).

99. - La Cour note ensuite que le prix définitif d'indemnisa

tion fut fixé à 82.890 ITL par mètre carré alors que la valeur

marchande estimée du terrain était de 165.755 ITL par mètre

carré (paragraphes 29, 33, 34 et 37 ci-dessus).

100. - En outre, ce montant a été ultérieurement réduit de

20% à titre d'impót (paragraphe 38 ci-dessus). 101. - Enfin, la Cqur ne perd pas de vue le laps de temps s'é

tant écoulé entre 1'expropriation et la fixation définitive de l'in

demnité (paragraphes 14 et 37 ci-dessus).

Il Foro Italiano — 2005.

102. - Eu égard à la marge d'appréciation que 1'article 1 du

Protocole n° 1 laisse aux autorités nationales, la Cour considère

le prix perfu par les requérants comme non raisonnablement en

rapport avec la valeur de la propriété expropriée (Papaclielas c.

Grèce [GC], n° 31423/96, § 49, CEDH 1999-11; Platakou c. Grece, n° 38460/97, § 54, CEDH 2001-1; Foro it., Rep. 2002,

voce cit., n. 135). Il s'ensuit que le juste équilibre a été rompu. 103. - Partant, il y a eu violation de l'article 1 du Protocole

n° 1.

B. Sur l'application de l'article 5 bis de la loi n 359 de 1992

104. - Les requérants se plaignent ensuite de l'application à

leur cas de l'article 5 bis de la loi n° 359 de 1992, dont l'adop tion est intervenue longtemps après 1'expropriation du terrain.

En conséquence, l'indemnisation à laquelle ils pouvaient légi timement s'attendre, au sens de la loi n° 2359 de 1865, a été

réduite de 50%.

105. - Le Gouvernement soutient que l'application rétroactive

de la disposition litigieuse ne pose aucun problème sous l'angle de l'article 1 du Protocole n° 1. Il réitère les arguments invoqués aux paragraphes 75-77 ci-dessus.

106. - La Cour note que les griefs des requérants à cet égard se confondent avec ceux qu'ils soulèvent sous l'angle de l'arti

cle 6, § 1, de la Convention, pour ce qui est de l'équité de la

procédure. Eu égard à la conclusion formulée au paragraphe 80,

elle n'estime pas nécessaire de les examiner séparément sous

l'angle de l'article 1 du Protocole n° 1.

IV. Sur l'application de l'article 41 de la Convention

107. - Aux termes de l'article 41 de la Convention,

«Si la Cour déclare qu'il y a eu violation de la Convention ou

de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie con

tractante ne permet d'effacer qu'imparfaitement les conséquen ces de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s'il y a

lieu, une satisfaction équitable».

A. Dommage matériel

108. - Les requérants sollicitent une somme correspondant à

la différence entre l'indemnité qu'ils auraient pergue au sens de

la loi n° 2359 de 1865 et celle qui leur a été accordée en fonc

tion de l'article 5 bis de la loi n° 359 de 1992. Cette somme

s'élève à 123.815,56 EUR par rapport à 1983, l'année de Im

propriation. La méme somme assortie de l'intérèt légal jusqu'en 2003 s'élève à 405.891,89 EUR. En indexant le capital en plus de l'intérèt légal, cette somme s'élève à 585.717,09 EUR.

109. - Les requérants réclament en outre le remboursement de

l'impòt de 20% qui a été appliqué sur l'indemnité, indexé et as

sorti d'intérèts. Ce montant s'élève à 125.191,83 EUR.

110. - Le Gouvernement ne se prononce pas. 111. - La Cour vient de constater que 1'expropriation subie

par les requérants satisfaisait à la condition de légalité et n'était

pas arbitraire (paragraphe 84 ci-dessus). L'acte du gouverne ment italien que la Cour a tenu pour contraire à la Convention

est une expropriation qui eùt été légitime si une indemnisation

raisonnable avait été versée (paragraphe 102 ci-dessus). La Cour

n'a pas non plus conclu à l'illégalité de l'application de l'impòt de 20% en tant que telle (paragraphe 100 ci-dessus), mais a pris en compte cet élément dans l'appréciation de la cause. Enfin, la

Cour a constaté la violation du droit à un procès équitable des

requérants en raison de l'application à leur cas de l'article 5 bis.

112. - Compte tenu de ces éléments, statuant en équité, la

Cour estime raisonnable d'accorder aux requérants la somme de

410.000 EUR.

B. Dommage moral

113. - Les requérants estiment à 6.000 EUR la réparation du

préjudice moral subi par chacun d'eux en raison de la durée de

la procédure et à 6.500 EUR la réparation du préjudice moral

résultant de l'iniquité du procès et de l'atteinte à leur droit au

respect des biens. Au total, les requérants réclament done

50.000 EUR au titre du préjudice moral.

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PARTE QUARTA

114. - Le Gouvernement ne se prononce pas. 115. -

Compte tenu des circonstances de la cause, la Cour ne

s'estime pas suffisamment éclairée sur les critères à appliquer

pour évaluer le préjudice moral subi par les requérants et consi

dère dès lors que la question de l'application de l'article 41 ne

se trouve pas en état. Partant, il y a lieu de réserver la question et de fixer la procédure ultérieurement, en tenant compte de

l'éventualité d'un accord entre l'Etat défendeur et les requérants (article 75, § 1, du règlement).

C. Frais et dépens

116. - Factures à l'appui, les requérants réclament 17.905,99 EUR pour les frais et dépens encourus dans les procédures de

vant les juridictions nationales, dont 3.060 EUR pour la

procédure instituée dans le cadre de la loi «Pinto».

Pour ce qui est des frais encourus dans la procédure devant la

Cour, les requérants présentent une note d'honoraires et frais

rédigée sur la base du barème national et sollicitent le rembour

sement de 46.207,58 EUR, dont 2.207,58 pour frais, taxe sur la

valeur ajoutée (TVA) en sus.

117. - Le Gouvernement ne se prononce pas. 118. - La Cour estime qu'il y a lieu de réserver la question et

de fixer la procédure ultérieurement.

D. Intérèts moratoires

119. - La Cour juge approprié de baser le taux des intérèts

moratoires sur le taux d'intérét de la facilité de prèt marginai de

la Banque centrale européenne majoré de trois points de pour

centage.

Par ces motifs, la Cour:

1. Rejette, à Funanimité, l'exception préliminaire du Gouver

nement; 2. Dit, à Funanimité, qu'il y a eu violation de l'article 6, § 1,

de la Convention en raison de la durée de la procédure; 3. Dit, à Funanimité, qu'il y a eu violation de l'article 6, § 1,

de la Convention en raison de l'absence d'équité de la procédu re;

4. Dit, à Funanimité, qu'il y a eu violation de l'article 1 du

Protocole n° 1 ; 5. Dit, à Funanimité,

a) que l'Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les

trois mois à compter du jour où l'arrèt sera devenu définitif, conformément à l'article 44, § 2, de la Convention, les sommes

suivantes:

(') 410.000 EUR (quatre cent dix mille euros) pour dommage matériel;

ii) tout montant pouvant ètre du à titre d'impòt sur ladite

somme;

b) qu'à compter de Fexpiration dudit délai et jusqu'au ver

semene ces montants seront à majorer d'un intérét simple à un taux égal à celui de la facilité de prèt marginai de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage;

6. Dit, par 6 voix contre 1, que la question de l'article 41 ne se trouve pas en état pour le dommage moral relatif aux viola tions constatées ainsi que pour les frais et dépens supportés de vant les juridictions nationales pour remédier auxdites viola

tions et que pour les frais encourus dans la procédure devant la

Cour; 7. Rejette, à Funanimité, la demande de satisfaction équitable

pour le surplus.

Il Foro Italiano — 2005.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sezione II; sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02; Pres.

Timmermans, Avv. gen. Kokott (conci, conf.); Niselli.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE;

Unione europea — Nozione di rifiuto — Residui di produ zione o di consumo idonei alla riutilizzazione — Rottami

ferrosi — Domanda di pronunzia pregiudiziale (Trattato

Ce, art. 234; direttiva 15 luglio 1975 n. 75/442/Cee del consi

glio, relativa ai rifiuti, art. 12).

La definizione di rifiuto contenuta nell'art. 1, lett. a), 1° com

ma, della direttiva del consiglio 15 luglio 1975 n. 75/442/Cee,

relativa ai rifiuti, come modificata dalla direttiva del consi

glio 18 marzo 1991 n. 91/156/Cee e dalla decisione della

commissione 24 maggio 1996 n. 96/350/Ce, non può essere

interpretata nel senso che essa ricomprenderebbe tassativa

mente le sostanze o i materiali destinati o soggetti alle opera zioni di smaltimento o di recupero menzionati negli allega ti li A e IIB della detta direttiva, oppure in elenchi equiva lenti, o il cui detentore abbia l'intenzione o l'obbligo di de

stinarli a siffatte operazioni. ( 1 ) La nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), 1° comma,

della direttiva 75/442, come modificata dalla direttiva 91/156

e dalla decisione 96/350, non dev'essere interpretata nel sen

so che essa escluderebbe l'insieme dei residui di produzione o di consumo che possono essere o sono riutilizzati in un ci

clo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di tratta

mento preventivo e senza arrecare danni all'ambiente, vuoi

previo trattamento ma senza che occorra tuttavia un'opera zione di recupero ai sensi dell'allegato IIB di tale diretti

va. (2)

(1-2) La sentenza si può leggere in Foro it., 2004, IV, 588, con nota di richiami.

Se ne riproducono le massime per pubblicare le note di G. Amendola e V. Paone.

* * *

«Rifiuto»: non era autentica l'interpretazione italiana.

Premessa storico-normativa. L'ultimo tentativo del partito del non rifiuto si è servito del d.l. 8 luglio 2002 n. 138 (pubblicato in G.U. dello stesso giorno), convertito con 1. 8 agosto 2002 n. 178, ove, inopinata mente, compare una norma, l'art. 14, relativa alla «interpretazione au tentica della definizione di 'rifiuto' di cui all'art. 6, 1° comma, lett. a),

d.leg. 5 febbraio 1997 n. 22», la quale intende limitare tassativamente l'ambito dei rifiuti industriali attraverso un rigido riferimento alle ope razioni di smaltimento o recupero «codificate», da cui sarebbe escluso il «riutilizzo» (1).

La motivazione che aveva portato a questa innovazione legislativa ri sulta dalla relazione governativa al decreto, ove si legge che «nei pros simi giorni potrebbe prospettarsi il blocco dell'attività dell'industria si

derurgica, a causa del sequestro di intere partite di rottami ferrosi di

sposto dalla procura di Udine, in Friuli e nel porto di Marghera», dispo sto sulla base di una «interpretazione particolarmente restrittiva e con testabile della . . . definizione di 'rifiuto'», che potrebbe pregiudicare la

«competitività sul mercato» anche di altri settori (oltre la siderurgia, anche quelli della carta e del legno) in quanto se si applica la normativa sui rifiuti «il loro impiego diventa aleatorio a causa delle prescrizioni ambientali, tecniche e burocratiche che disciplinano il settore» (2).

Rinviando ad altre opere per un approfondimento (3), sembra suffi

(1) Per approfondimenti, citazioni e richiami a questa ed alle altre invenzioni del «partito del non rifiuto», cfr., da ultimo, Amendola, Ge stione dei rifiuti e normativa penale, Milano, 2003, cap. 3 e 4.

(2) Per maggiori dettagli circa i sequestri giudiziari di rottami ferrosi

operati ad Udine e a Trieste, confermati dal tribunale del riesame, cfr. Maglia-Santoloci, L'interpretazione autentica della definizione di ri

fiuto: un «amarcord» di legislazione ambientale, in RivistAmbiente, 2002, 1118 ss. Cfr. altresì Trib. Udine, ord. 14 giugno 2002, Foro it., 2002, II, 673, che, secondo la nota di Paone, ha «costituito il 'pretesto' che il partito del non rifiuto ha sfruttato per imporre, dopo vent'anni di tentativi non riusciti, una nozione restrittiva di rifiuto».

(3) Per approfondimenti, cfr. Amendola, L'interpretazione autentica della definizione comunitaria di rifiuto nel d.l. «omnibus», in Dir. pen.

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