Sentenza 29 maggio 1963; Pres. Stile P., Est. Schiano; Capaldo (Avv. Rossi) c. Ministero delladifesaSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 9 (1963), pp. 2013/2014-2015/2016Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152886 .
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2013 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2014
La Corte, ecc. — L'appello, fondato, va accolto.
L'Avvocatura dello Stato sostiene, esattamente, che
l'art. 11 legge 16 febbraio 1942 n. 426 non contiene una
equiparazione del C.o.n.i. allo Stato «in tutto » e «ad ogni effetto fiscale » come richiede l'art. 3 della legge istitutiva
dell'i.g.e. ai fini della esenzione da tale imposta relativa
mente alle locazioni passive. Infatti il cit. art. 11 nel 1°
comma dispone : «Agli effetti tributari il C.o.n.i. è parifi cato alle Amministrazioni dello Stato » ; ma col 2° comma
aggiunge : « Tale equiparazione non si estende alle imposte dirette ».
Ad avviso dell'appellata, e dei primi Giudici, l'equipa razione sarebbe totale perchè, quanto alle imposte dirette, lo Stato non fruisce di alcuna esenzione e quindi il suindi
cato 2° comma, praticamente pleonastico, non limita in
alcun modo quella equiparazione : è estesa del tutto ad esso
C.o.n.i. la situazione assegnata allo Stato in materia di
tasse ed imposte diverse da quelle dirette ; è soggetto il
C.o.n.i. alle imposte dirette, così come vi è soggetto lo Stato.
Queste argomentazioni sono giustamente censurate dal
l'appellante. La citata norma sull'i.g.e. pone un criterio formale per
l'individuazione dei beneficiari della esenzione : equipara zione allo Stato «in tutto » e «ad ogni effetto fiscale ». Non
si richiede, con ciò, che siano riprodotte, come sacramen
tali, queste locuzioni, nelle leggi relative all'equiparazione, ma si esige, evidentemente, che l'equiparazione sia totale
ed illimitata. Ciò non si può e non si deve stabilire aliunde, ma dal solo esame della legge.
Non si deve, pertanto, indagare se in concreto le espres sioni limitative dell'equiparazione abbiano davvero degli effetti restrittivi, ma soltanto se la legge disponga in modo
astratto e definitivo la totale equiparazione od invece con
tenga norme limitative, che, sia pure in astratto, stabili
scano un trattamento fiscale diverso (non necessariamente
deteriore), potenzialmente concretizzabile anche in un tempo diverso. Frustranea, perciò, oltre che arbitraria, l'indagine
compiuta dai primi Giudici circa la ritenuta inesistenza in
concreto di qualsiasi esenzione dello Stato da imposte di
rette (peraltro esattamente confutata anch'essa dall'ap
pellante). Potrebbe sempre, infatti, se già non sussistesse, essere
concessa in seguito un'esenzione allo Stato da imposte di
rette, rendendosi cosi effettiva la differenziazione prevista dal ripetuto 2° comma.
Senza dire che il criterio stabilito dalla norma sull'i.g.e. non è quello di ricercare se altri soggetti godano delle stesse
esenzioni dello Stato, ma viceversa di condizionare la pro
pria esenzione al fatto che non vi sia alcuna diversità, di
qualsiasi genere (e non solo in tema d'esenzioni), nel
rispettivo regime fiscale. Basta, perciò, ad escludere l'equi
parazione totale anche una sola differenziazione nei sistemi, nelle aliquote o in qualsiasi particolarità di una qualsiasi
imposizione cui siano pur soggetti (come, nel caso, le im
poste dirette) tanto lo Stato quanto gli altri soggetti. È, dunque, evidente che il ridetto 2° comma dell'art. 11
della legge sul C.o.n.i. impedisce assolutamente la realiz zazione del criterio di piena equiparazione, al quale è condi zionata l'esenzione in esame.
Quanto, poi, alla postuma eccezione, con la quale, solo in fase di discussione della causa in primo grado, l'appel lata ha richiamato l'art. 5 della legge 22 dicembre 1951 n.
1379, relativa all'imposta unica sui giuochi d'abilità e sui
concorsi pronostici, che assorbe l'i.g.e., nei confronti degli enti indicati nell'art. 6 decreto legisl. 14 aprile 1948 n. 496, eccezione validamente risollevata in questa sede in virtù dell'art. 345 cod. proc. civ., anch'essa va disattesa, poiché tale norma è applicabile per le locazioni degli immobili nei
quali il C.o.n.i. gestisce il servizio inerente al concorso pro nostici, ivi contemplato, mentre non risulta che tale sia la destinazione del locale in questione e la Casa dei Mercanti
gennaio 1940 n. 2 riguarda esclusivamente le pure e semplici locazioni passive delle Amministrazioni dello Stato e non già gli altri contratti analoghi o misti.
non ha curato di fornire la relativa prova, posta a suo carico dall'art. 2697 cod. civile.
Peraltro, dal regolamento dei concorsi pronostici perio dici connessi con le partite di calcio, approvato con decreto min. 31 agosto 1948, la gestione di un tal servizio risulta istituita solo nelle sedi di zona : nella specie Bari, da cui Lecce dipende.
In riforma, pertanto, dell'impugnata sentenza la domanda
proposta dalla Soc. Case dei Mercanti con l'atto 18 marzo 1961 va respinta e la soccombente Società condannata al
pagamento, in favore dell'Amministrazione finanze dello
Stato, delle spese dell'intero giudizio. Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI NAPOLI.
Sentenza 29 maggio 1963 ; Pres. Stile^P., Est. Schiano ;
Capaldo (Avv. Rossi) o. Ministero della difesa.
Competenza e giurisdizione in materia civile — Ri
sarcimento danni prodotti da dipendenti della
IV.A.T.O. per causa di Lservizio — Preventivo ri
corso in via amministrativa -— Necessità — In
sussist enza.
Secondo la convenzione firmata a Londra il 19 giugno 1951
(ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955 n. 1335), nel caso di danni provocati, per cause di
servizio, da forze militari e civili dipendenti dalla N.A.T.O. in uno degli Stati aderenti alla convenzione stessa, il dan
neggiato deve proporre la domanda di risarcimento dinanzi
l'autorità giudiziaria dello Stato di soggiorno secondo la
lex loci, ma non è necessario il preventivo ricorso in via
amministrativa. ( 1)
Il Tribunale, eoo. — L'eccezione di difetto temporaneo di giurisdizione sollevata dalla convenuta Amministrazione
è destituita di fondamento giuridico. Secondo l'Ammini
strazione, poiché il veicolo investitore apparteneva alla
N.A.T.O. ed era guidato da, un ufficiale francese, dipendente dal comando delle forze alleate del Sud Europa, è applicabile, nella specie, la convenzione tra gli Stati partecipanti al
Trattato Nord Atlantico, firmata a Londra il 19 giugno 1951 e ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 30
novembre 1955 n. 1335, in forza della quale l'azione da
vanti all'autorità giudiziaria diretta ad ottenere il risarci mento dei danni causati dalle forze armate o dal personale civile degli Stati partecipanti alla convenzione deve essere
preceduta, a pena di inammissibilità, dallo speciale proce dimento amministrativo previsto da detta convenzione per la liquidazione dell'indennizzo. Il fatto che l'attore non ha
preventivamente esperito tale procedimento renderebbe
improponibile, allo stato, la domanda.
Osserva in contrario il Collegio che nella convenzione internazionale sopra menzionata non vi è traccia del prin
cipio enunciato dalla difesa dell'Amministrazione. Ben
vero non forma oggetto di contestazione tra le parti che il
danno fu causato dall'ufficiale francese nella esecuzione del
servizio. È quindi applicabile nel caso in esame il § 5
dell'art. 8 del Trattato, il quale disciplina « les demandes
d'indemnité (autres que celles resultant de l'application d'un contrat et que celles aux-quelles les paragraphes 6
ou 7 du présent article sont applicables) du chef d'actes
ou négligences dont un membre d'une force ou un élément
civil est responsable dans l'éxecution du service ou du chef
de tout autre acte, négligence ou incident dont une force
ou un élément civil est légalment responsable et qui ont
causé sur le territoire de l'Etat de séjour des dommages à
un tiers autre que l'une des Parties Contractantes. . . ».
(1) Non risultano precedenti specifici sulla competenza giu risdizionale del giudice italiano in base agli art. VI e Vili della
legge 30 novembre 1955 n. 1335. Su detta questione in generale, v. Trib. Firenze 20 novembre 1962, retro, 639, con nota di richiami.
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2015 PARTE PRIMA 2016
..jLe lettere a) e 6) di tale paragrafo, rispettivamente, pon gono il principio dell'applicazione della lex loci (« les deman des d'indemnités sont introduites, instruites et les décisions
prises, conformément aux lois et règlementes de l'Etat de séjour applicables en la matière à ses propres forces armées ») e demandano la cognizione delle domande d'inden nizzo allo Stato di soggiorno, il quale è tenuto al pagamento dell'indennizzo stesso (« l'Etat de séjour peut statuer sur ces dommages ; il procède au paiement des indemnités allouées dans sa propre monnaie »).
La lettera c) stabilisce che il pagamento quale risulta « du réglement direct de l'affaire » (ossia da una composi zione transattiva della vertenza) o da « une décision de la
juridiction competente de l'Etat de séjour » vincola defini tivamente « les Parties Contractantes » (cioè lo Stato di sog giorno e gli Stati di origine eventualmente responsabili). Le successive lettere del paragrafo disciplinano i rapporti interni tra i vari Stati partecipanti alla convenzione, con
riguardo alle rispettive responsabilità ed al pagamento del risarcimento.
Come si vede, nelle norme citate riguardanti l'ipotesi, che qui interessa, di danni causati a terzi nella esecuzione del servizio, non soltanto non vi è cenno della necessità del
previo esperimento del procedimento amministrativo, ma t-ile necessità è implicitamente esclusa dall'applicazione della lex loci (nella specie, quella italiana), la quale non con diziona la proponibilità dell'azione giudiziaria per danni causati dalle sue forze armate al preventivo esperimento di un ricorso all'autorità amministrativa.
Il procedimento amministrativo, viceversa, è regolato dal successivo § 6, cui l'Amministrazione si richiama. Ma detto paragrafo concerne l'ipotesi, diversa da quella di
specie, delle « demandes d'indemnité contre les membres d'une force armóe ou d'un élément civil fondées sur des actes dommageables ou des negligences qui n'ont pas óté
accomplis dans l'exécution du service ». In tal caso, quando cioè si tratti di atti non compiuti nell'esecuzione del ser
vizio, lo Stato di soggiorno istruisce la domanda di risar cimento e determina l'indennizzo in misura giusta ed equa (lett. a). Lo Stato di origine (quello cioè, da cui dipende il danneggiante), può, discrezionalmente, offrire una in dennità a titolo grazioso (lett. b).
Tali disposizioni non escludono che il danneggiato possa adire la giurisdizione dello Stato di soggiorno, e chie dere il risarcimento all'autore materiale del danno, quando non sia stato effettuato un pagamento interamente soddi sfacente (lett. d). Non occorre qui indagare compiuta mente se le norme del § 6 subordinano o meno la propo nibilità dell'azione giudiziaria al preventivo esperimento del procedimento di liquidazione dell'indennizzo in via amministrativa. Invero la soluzione affermativa del que sito sembra discendere dalla circostanza che per gli atti non compiuti nell'esecuzione del servizio il risarcimento in via giudiziaria può essere chiesto all'autore materiale del danno (anziché allo Stato di soggiorno come nelle ipotesi precedentemente esaminate) solo nel caso in cui, a seguito di domanda inoltrata dal danneggiato per il tramite delle autorità dello Stato di soggiorno (e da questi istruita), un
pagamento « entièrement satisfaisant » (§ 6, lett. d) non sia stato effettuato dallo Stato di origine. In ogni modo, ai fini della controversia, è sufficiente rilevare che il citato § 6 non si applica alla ipotesi che qui interessa di danni causati a terzi nella esecuzione del servizio, per la quale la legge non prevede, come si è già detto, il preventivo ri corso amministrativo.
L'eccezione di difetto temporaneo di giurisdizione del Tribunale adito, sollevata preliminarmente dall'Ammini strazione convenuta, deve essere pertanto rigettata.
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI BRESCIA.
Sentenza 11 maggio 1963 ; Pres. Barzellotti P., Est. Schizzerotto ; Caceiamali (Avv. Bruno, Ferrara) c. Finanze.
Registro— Donazione ciiettuata all'estero — Mancata
legalizzazione della copia dell'atto — Valore di sem
plice scrittura privata — Inammissibilità della
registrazione (Legge 15 agosto 1858 n. 2984, legge consolare, art. 57 ; r. d. 30 dicembre 1923 n. k3269, legge del registro, art. 75, 78 ; cod. civ., art. 782).
Non è soggetto ad imposta di registro l'atto di donazione sti lato all'estero, ove non rechi, oltre alla legalizzazione con solare della firma del notaio, anche la legalizzazione del l'atto stesso. (1)
Il Tribunale, ecc. —• Ad avviso del Collegio, la vertenza in corso tra le attuali parti in causa trova il suo punto di soluzione proprio in quell'art. 57 della legge consolare 15
agosto 1858 n. 2984, che fa obbligo ai consoli di legalizzare « gli atti e i documenti spediti nello Stato ove risiedono
quando sono destinati a far fede avanti le autorità nazionali ». Nella specie, infatti, si verte proprio nell'ipotesi legislativa di atti destinati a far fede presso le autorità italiane ; di un atto notarile di donazione, in definitiva, redatto nello Stato di Vermont e destinato ad esplicare i suoi effetti in Italia.
La norma ricordata significa, infatti, che, ove il console non esaurisca per intero l'attività demandatagli, l'atto
spedito in uno Stato straniero non può far fede in Italia e non può quivi produrre gli effetti che gli son propri.
Nella specie è avvenuto che l'atto 23 febbraio 1956, rogato dal notaio Frattini, reca la legalizzazione consolare della sola firma del notaio, com'è pacifico, ma non la le
galizzazione dell'atto ; non, cioè, l'attestazione che l'atto in questione sia stato rogato con l'osservanza delle formalità
previste dalla legge del luogo, sicché sia tale, per quella legge, da assurgere alla natura di atto pubblico. Tale difetto è
cosiffatto, allora, da togliere all'atto medesimo la qualifica di atto di donazione, posto che per il nostro diritto un atto di donazione non è valido se non riveste la forma dell'atto
pubblico (art. 782 cod. civ.). Nè contro siffatta conclusione
può essere obiettato che la conformità dell'atto alla legge del luogo può essere presunta per il solo fatto d'essere stato
rogato da notaio, come vuole l'Amministrazione. Se fosse ammissibile tale presunzione, invero, non avrebbe signifi cato l'obbligo legislativamente posto ai consoli di legaliz zare gli atti e documenti destinati a far fede avanti le auto rità nazionali.
La mancanza dell'attestazione consolare ha come effetto di ridurre l'atto 23 febbraio 1956 ad una mera scrittura
privata, carente, come tale, in relazione al suo contenuto, di
ogni e qualsiasi rilievo secondo i principi vigenti nel nostro ordinamento giuridico.
Ma la scrittura, inoltre, non avrebbe potuto essere regi strata anche in relazione all'art. 78 legge registro. Ai sensi di tale norma, infatti, è bensì vero che la copia pervenuta dall'estero vale come originale, ma ciò in quanto sia munita, tale copia, di tutti i crismi voluti dalla legge per produrre i suoi effetti, perchè assurdo appare voler procedere alla regi
(1) Mancano precedenti specifici in materia. Sull'efficacia in Italia degli atti redatti all'estero e sulla necessità della lega lizzazione consolare, oltre che della firma dell'ufficiale che ha re datto l'atto, anche dell'atto stesso, cfr. Cass. 7 dicembre 1962, n. 3293, Foro it., Rep. 1962, voce Scrittura, n. 16. Sulla possibilità di ricorrere alla forma prevista dalla legge straniera per la reda zione di un atto destinato ad avere efficacia in Italia, vedi App. Palermo 14 marzo 1961, id., Rep. 1961, voce cit., n. 17.
In dottrina Biscottini, La legalizzazione degli atti stranieri, in Dir, internaz., 1960, I, 88 e [{avelli, In tema di atti esteri, in Rolandino, 1957, 27.
Per il profilo fiscale, qualche spunto in Uckmar, La legge del registro, 1958, III, pag. 22.
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