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sentenza 29 maggio 1996; Pres. Parnisari, Est. F. Rossi; Azienda municipale igiene ambientale Torino...

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sentenza 29 maggio 1996; Pres. Parnisari, Est. F. Rossi; Azienda municipale igiene ambientale Torino (Avv. Pacchiodo, Gallo) c. Falia-Salp (Avv. Brigandi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2905/2906-2913/2914 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191612 . Accessed: 25/06/2014 02:35 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.96 on Wed, 25 Jun 2014 02:35:30 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sentenza 29 maggio 1996; Pres. Parnisari, Est. F. Rossi; Azienda municipale igiene ambientaleTorino (Avv. Pacchiodo, Gallo) c. Falia-Salp (Avv. Brigandi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 9 (SETTEMBRE 1996), pp. 2905/2906-2913/2914Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191612 .

Accessed: 25/06/2014 02:35

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione che offre, e voglia por termine ad una mora creditoris.

In questo caso, l'offerta serve a porre la cosa direttamente a

disposizione del creditore.

Tanto precisato in diritto, è rimasto incontestato in causa che

la Toro assicurazioni potesse fare legittimamente ricorso alla

misura cautelare del sequestro liberatorio in quanto, pur essen

do certo il suo obbligo di risarcire i danni cagionati dal Di Roc

co Luigi, del quale era stata definitivamente accertata la re

sponsabilità penale, rimaneva incerta la quantificazione definitiva.

Il giudice penale, infatti, aveva determinato solo l'ammon

tanre della provvisionale per ognuna delle costituite parti civili, non già la liquidazione definitiva dei danni. L'importo fissato

in sentenza, comunque, sommato alla richiesta dell'Inail, supe rava il massimale assicurato, sicché i diritti delle persone dan

neggiate nei confronti dell'assicuratore, ex art. 27 1. 990/69, dovevano essere proporzionalmente ridotti sino alla concorren

za delle somme assicurate.

L'appellante, dunque, per liberarsi dalla mora non poteva fa

re ricorso alle forme previste dagli art. 1208 ss. c.c., non essen

do in grado di soddisfare tutti i requisiti di validità di una even

tuale offerta che l'art. 1207, 3° comma, pone come condizione

perché, in caso di rifiuto di accettare l'offerta fatta, si verifichi

no gli effetti della mora del creditore. Di qui l'astratta possibili tà di fare legittimo ricorso allo speciale istituto processuale pre visto dall'art. 687 c.p.c.

Passando all'esame dei motivi di gravame, deve rilevarsi che

i primi giudici hanno errato nell'affermare che la richiesta del

sequestro liberatorio può essere avanzata soltanto dopo che il

soggetto passivo abbia offerto il suo adempimento e che tale

pagamento sia stato rifiutato dal creditore. In tal modo, il tri

bunale ha identificato il sequestro speciale con l'istituto dell'of

ferta reale e non ha considerato che il debitore, a motivo della

contestazione esistente con il creditore, non vuole (o non può, come nella specie), offrire il pagamento incondizionato per evi

tare, appunto, che l'altro l'accetti. Il giudizio di merito, che

va instaurato dopo la concessione del provvedimento cautelare, ha la funzione di dirimere il contrasto e di accertare in maniera

definitiva l'obbligo del debitore e la spettanza della somma di

cui questo è sequestrante e sequestrato. Pienamente conforme al precetto fissato dall'art. 687 c.p.c.

è poi il deposito da parte della Toro assicurazioni, della somma

di lire 100.000.000 in un libretto bancario intestato agli aventi

diritto al risarcimento del danno provocato dal Colella, e la

messa a disposizione dello stesso titolo di credito a favore dei

danneggiati indicati nel ricorso, così come dichiarato nel ricorso

e messo a loro conoscenza per effetto della notifica. Infatti,

l'insegnamento giurisprudenziale prevalente, in perfetta aderen

za al dato testuale di tale norma (. . . il giudice può ordinare

il sequestro delle somme o delle cose che il debitore ha offerto

o messo comunque a disposizione del creditore . . .), è nel sen

so che il requisito di legge viene soddisfatto con la preventiva

offerta, sia pure non formale (messa a di sposizione), diretta

al creditore o a tutti i creditori (Cass. 1879/65, id., 1966, I,

316; 1340/70, id., Rep. 1970, voce cit., n. 61; Trib. Milano

13 dicembre 1990, id., 1991, I, 3436; Trib. Catania, decr. 9 marzo 1989, id., 1989, I, 2297).

Pur in presenza di tali considerazioni, l'impugnata decisione

va confermata.

Come rettamente ritenuto dai primi giudici, invero, la Toro

assicurazioni è colpevole di ingiustificato ritardo per non avere

posto tempestivamente l'importo del massimale assicurato a di

sposizione dei danneggiati e familiari delle vittime.

Risulta dalle sentenze penali prodotte in giudizio che il Di

Rocco Luigi, conducente l'autoarticolato assicurato, alle ore quat tro circa del 14 febbraio 1980, procedeva a velocità molto ele

vata pur essendo in atto una fitta nebbia e che, di fronte all'o

stacolo improvviso costituito dai veicoli fermi sulla carreggiata

per un precedente incidente, non riuscì in alcun modo a rallen

tare la corsa del pesante automezzo, sicché tamponò violente

mente l'autovettura Mercedes, distruggendola completamente e

cagionando la morte dei suoi quattro occupanti. Di fronte a

tali risultanze, emergenti anche dal rapporto della Polstrada e

da cui si evinceva con assoluta chiarezza la colpa del Di Rocco,

la Toro assicurazioni non aveva necessità alcuna di attendere,

così come sostiene, la decisione dei giudici di appello per ren

dersi conto della sicura responsabilità dell'assicurato e che l'en

tità dei danni, era superiore al massimale; pertanto, decorso

Il Foro Italiano — 1996.

lo spatium deliberandi necessario per gli accertamenti del caso, avrebbe dovuto porre l'ammontare corrispondente a disposizio ne delle vittime. Risulta in proposito che Guidi William e Ver

nocchi Maria Luisa, eredi del defunto Guidi Alfredo, misero

in mora l'appellante con lettera raccomandata del 10 marzo 1980; e l'Inail vi provvide il 18 aprile dello stesso anno.

La somma di cui è stato chiesto il sequestro liberatorio, dun

que, non era conforme all'obbligo della Toro assicurazioni es

sendo questa tenuta al pagamento, oltre al massimale, della sva

lutazione monetaria e degli interessi per tutto il periodo di mora.

I

TRIBUNALE DI TORINO; sentenza 29 maggio 1996; Pres. Par

nisari, Est. F. Rossi; Azienda municipale igiene ambientale

Torino (Avv. Pacchiodo, Gallo) c. Falia-Salp (Avv.

Brigandi).

TRIBUNALE DI TORINO;

Sindacati, libertà e attività sindacale — Condotta antisindacale — Procedimento — Legittimazione attiva — Sindacato auto

nomo lombardo — Esclusione (L. 20 maggio 1970 n. 300, norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della

libertà e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme

sul collocamento, art. 28).

Non avendo, a termini di statuto confederale, carattere nazio

nale, il sindacato Falia Salp difetta di legittimazione ad agire ex art. 28 l. 20 maggio 1970 n. 300. (1)

II

TRIBUNALE DI MILANO; sentenza 18 maggio 1996; Pres.

ed est. Mannacio; Soc. Mondialpol (Avv. Paganuzzi) c. Plu

deri e altri (Aw. Bollati) e Sai-Sindacato autonomista lom

bardo (Avv. Bollati).

Sindacati, libertà e attività sindacale — Diritto alle trattenute

sindacali — Sindacato autonomo lombardo — Esclusione (L. 20 maggio 1970 n. 300, art. 26).

Al Sindacato autonomista lombardo non compete il diritto alle

trattenute sindacali di cui all'art. 26 I. n. 300 del 1970 (fatti

specie precedente l'abrogazione a seguito del referendum). (2)

(1-2) Trib. Torino nega la legittimazione ad agire ex art. 28 1. 20

maggio 1970 n. 300 del sindacato leghista piemontese, dopo che nel corso del medesimo giudizio la Corte costituzionale (sent. 17 marzo

1995, n. 89, Foro it., 1995, I, 1735, con nota di richiami e nota di A. Cerri, Una risposta disattenta della corte sul requisito del carattere

nazionale del sindacato per la legittimazione al ricorso ai sensi dell'art. 28 del c.d. «statuto dei lavoratori»?, e id., 1996, I, 477, con nota di L. de Angelis, L'art. 28 dello statuto dei lavoratori dopo l'esito refe rendario), ha dichiarato manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza nel giudizio a quo, la questione di costituzionalità dell'art. 271 c.p., sollevata, in riferimento agli art. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39

Cost., infondata la questione di costituzionalità dell'art. 28 1. 300/70,

sollevata, sempre in riferimento agli art. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39 Cost., nella parte in cui preclude il diritto di difesa di gruppi sindacali (nella

specie, il sindacato leghista piemontese organizzati con connotazione non nazionale da Trib. Torino, ord. 11 gennaio 1994, id., 1994, I, 596, con annotazioni di P. Bellocchi e G. Fiandaca; anche in Riv. critica

dir. lav., 1994, 497, con nota di G. Cipriani, Nazionalità e antinazio nalità di un 'associazione sindacale: problemi di costituzionalità; in Riv.

it. dir. lav., 1994, II, 627, con note di P. Lambertucci, Alcune que stioni in tema di legittimazione attiva del sindacato nel procedimento ex art. 28 statuto lavoratori, e di L. Nogler, Considerazioni sui sinda cati autonomisti, sui sindacati delle minoranze etniche e sul concetto di nazione. In tema di legittimazione attiva del Sal, Salp, o Sav (Sinda cato autonomista veneto) ex art. 28 1. 300/70, cfr., in senso conforme

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2907 PARTE PRIMA 2908

I

Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato in data

16 marzo 1992, promosso ex art. 28 1. 300/70, il sindacato Falia

Salp chiedeva che il Pretore di Torino, sentite le parti ed assun

te sommarie informazioni:

a) ordinasse all'Amiat il pagamento delle trattenute illegali ai lavoratori o, in subordine, provvedesse al pagamento in fa

vore dell'attrice pro quota-,

b) ordinasse all'azienda di tollerare che il Bellini, o altri rap

presentanti sindacali dell'esponente, al di fuori dell'orario e senza

pregiudizio del normale svolgimento dell'attività aziendale po tessero svolgere attività di proselitismo in tutte le sedi di lavoro

concretizzantesi nel parlare con i propri compagni di lavoro e

nel distribuire volantini sindacali;

c) prendesse qualsiasi altro provvedimento idoneo al raggiun

gimento dello scopo. All'udienza del 26 giugno 1992 si costituiva in giudizio l'A

miat depositando comparsa con la quale veniva contestato quanto affermato e dedotto da parte ricorrente nel ricorso introduttivo.

Il pretore autorizzava quindi parte convenuta a precisare con

memoria quali aspetti delle contestazioni allegate al fascicolo

della ricorrente potessero implicare inadempienza sotto il profi lo disciplinare, rinviando la causa all'udienza del 10 aprile 1992.

Il pretore decideva quindi la controversia col seguente decre

to del 24 aprile 1992, comunicato alle parti in data 27 aprile 1992:

«P.Q.M. Il pretore, visto l'art. 28 1. 300/70:

1) dichiarava che parte ricorrente ha legittimazione attiva con

riferimento alla procedura ex art. 28 citato;

2) dichiara nulla la clausola del ccnl sottoscritto dall'azienda, nella parte in cui prevede che l'inattività di un dipendente non

iscritto ad un'organizzazione stipulante il contratto nazionale, debba considerarsi accettazione tacita dell'impegno e versare una

determinata somma una tantum per le spese incontrate dai sin

dacati stipulanti tale contratto;

3) dichiara tenuta parte convenuta a consentire attività di pro selitismo e di distribuzione di volantini al sindacato ricorrente, in analogia con le modalità consentite agli altri sindacati ope ranti in azienda;

4) dichiara legittima la modifica dell'orario di intervallo la

vorativo disposta dall'azienda nei confronti di Gianni Bellini;

5) compensa le spese di lite fra le parti». Con ricorso depositato presso la cancelleria della sezione la

voro della Pretura di Torino il 12 maggio 1992, si costituiva

in giudizio l'Amiat opponendosi al decreto pronunciato dal pre tore il 24 aprile 1992 relativamente ai punti 1-2-3. L'azienda

ribadiva in primo luogo la sussistenza della legittimazione attiva

del Falia-Salp poiché aderente ad una associazione sindacale priva dei requisiti di diffusione nazionale richiesti per poter esperire la procedura ex art. 28 1. 300/70.

In via subordinata chiedeva dare atto che agli aderenti alla

a Trib.Torino in epigrafe, Pret. Milano 23 novembre 1993, Foro it., Rep. 1994, vóce Sindacati, nn. 102, 103, e Pret. Vicenza, decr. 12 otto bre 1993, id., 1994, i, 594, con la citata nota di Bellocchi, entambe con rationes decidendi più o meno diverse; contra, Pret. Torino 30 aprile 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 101. Va segnalato come Trib. Torino in epigrafe, abbia risolto la questione tenendo conto anche dell'esito referendario sull'art. 19 1. 300/70; per rilievi di costituzionalità, proprio a seguito dell'esito referendario, cfr. de Angelis, cit.

Trib. Milano 18 maggio 1996, in epigrafe, riforma, con motivazione incentrata sulla negazione che un'organizzazione statutariamente «mi sta» (nel senso di comprendere i lavoratori ed i piccoli imprenditori) possa usufruire del sostegno attribuito dallo statuto dei lavoratori ai

sindacati, Pret. Milano 2 febbraio 1995, Riv. critica dir. lav., 1995, 566, con nota di L. Franceschinis, Sindacati misti e fattispecie sinda cale. Nella medesima direzione Pret. Milano, decr. 16 giugno 1993, Fo ro it., Rep. 1994, voce cit., n. 45, e Riv. it. dir. lav., 1994, II, 49, con nota di V. Ferrante, Il Pretore di Milano nega natura sindacale al «.Sindacato autonomista lombardo», ha escluso la natura antisinda cale dell'omessa ritenuta da parte del datore di lavoro sul rilievo del carattere politico e non sindacale del Sai.

Sull'art. 26 1. 300/70, dopo il referendum abrogativo del 2° e 3° comma (la sentenza in epigrafe ed i provvedimenti sopra riportati ri

guardano fattispecie soggette al regime precedente), cfr. Pret. Nola

Pomigliano d'Arco, decr. 14 marzo 1996, e Pret. Milano 13 febbraio

1996, Foro it., 1996, I, 2264, con nota di richiami anche sul problema della individuazione del requisito della «nazionalità» del sindacato.

Il Foro Italiano — 1996.

Falia-Salp non compete il diritto di cui all'art. 23 statuto e che

pertanto gli stessi possono svolgere attività di proselitismo e vo

lantinaggio durante le pause lavorative, senza pregiudizio del

normale svolgimento dell'attività aziendale o, durante l'orario

lavorativo, previa autorizzazione aziendale.

Chiedeva inoltre di revocare la dichiarazione di nullità della

clausola del ccnl relativa alla trattenuta di lire 13.000 effettuata

a carico dei lavoratori, con vittoria di spese e onorari di pa trocinio.

Si costituiva in giudizio il sindacato Falia-Salp chiedendo che

il decreto pronunciato dal giudice ex art. 28 trovasse conferma

nel giudizio di opposizione. Seguivano alcune udienze per l'istruzione e la discussione del

la causa.

Il pretore, in data 5 novembre 1992, definiva il giudizio di

opposizione pronunciando in udienza il seguente dispositivo:

«P.Q.M. Il Pretore di Torino, sezione lavoro, visto l'art. 429

c.p.c., rigetta l'opposizione confermando integralmente il de

creto ex art. 28 1. 300/70, emesso il 24 aprile 1992; compensa

per metà le spese del giudizio di opposizione addebitando all'A

miat la residua metà che si liquida in lire 900.000 +Iva e Cpa». Contro tale sentenza, depositata in data 5 gennaio 1993, pro

poneva appello l'Amiat, con ricorso depositato in data 4 marzo

1993, chiedendone la riforma, in base a motivi variamente arti

colati.

Parte appellante si costituiva chiedendo respingersi l'impu

gnazione, col favore delle spese. In corso di causa, con ordinanza dell'11 gennaio 1994 (Foro

it., 1994, I, 594), comunicata alle parti mediante lettura nella

stessa udienza, il Tribunale di Torino dichiarava rilevante e non

manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio

nale degli art. 271 c.p. e 28 1. 20 maggio 1970 n. 300, in rappor to agli art. 2, 3, 18, 21, 24, 35, 39, 1° comma, Cost. — nella

parte in cui precludono il diritto alla difesa di gruppi sindacali

organizzati con connotazione non nazionale — e disponeva, do

po le notifiche di rito, la trasmissione degli atti alla Corte costi

tuzionale e la sospensione del giudizio di appello. La Corte costituzionale, con sentenza depositata il 17 marzo

1995 (id., 1995, I, 1735), comunicata alla cancelleria del Tribu

nale di Torino in data 3 ottobre 1995, dichiarava la manifesta

inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del

l'art. 271 c.p. in riferimento agli art. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e

39, 1° comma, Cost, e dichiarava non fondata la questione di

legittimità costituzionale dell'art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300

sollevata in riferimento alle medesime norme.

Con ricorso depositato in data 8 novembre 1995 l'Amiat chie

deva fissarsi udienza di discussione per la prosecuzione del

giudizio. Motivi della decisione. — Nel rito, deve essere respinta l'ec

cezione di nullità dell'appello per asserita inesatta indicazione

della parte ed irritualità della notifica, in quanto l'appello è

stato notificato alla parte qualificatasi nell'atto introduttivo co

me legittimata ad agire e l'atto ha perseguito lo scopo cui era

mirato, essendosi costituito in giudizio Bellini Gianni, quale rap

presentante legale della Falia-Salp.

1) Tanto premesso, va accolto, nei sensi di cui in motivazio

ne, il primo motivo di appello, con il quale l'Amiat, censuran

do la gravata sentenza, ha chiesto dichiararsi la carenza di legit timazione attiva dell'associazione sindacale Falia-Salp a promuo vere il ricorso ai sensi dell'art. 28 1. 300/70, con conseguente

rigetto di tutte le domande proposte in giudizio nei suoi confronti.

la) Con tale motivo di impugnazione della sentenza, che ha

dichiarato antisindacale il comportamento tenuto dall'azienda,

l'appellante denunzia violazione e falsa applicazione di legge,

eccependo che non può essere considerata nazionale l'associa

zione sindacale Confedersal (Confederazione sindacati autono

misti lavoratori) alla quale aderisce la Falia-Salp, che conse

guentemente non sarebbe legittimata ad esprire la procedura ex

art. 28 statuto lavoratori.

Al riguardo l'appellante ribadisce che l'art. 28 1. 300/70 è

esplicito nell'evidenziare che la particolare procedura repressiva della condotta antisindacale può essere promossa esclusivamen

te dagli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali

che vi abbiano interesse. Ora, secondo l'appellante, mentre il

sindacato Falia-Salp può considerarsi «orgnismo locale», la Con

federsal, alla quale la Falia-Salp aderisce, non può invece rite

nersi un'associazione sindacale «nazionale», perché comprende

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

solamente i sindacati autonomisti di sei regioni (Piemonte, Lom

bardia, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana).

Conseguentemente, secondo l'appellante, deve essere esclusa

la legittimazione attiva di forme di autotutela collettiva non or

ganizzata su base nazionale.

lb) Il primo giudice, premesso che la procedura ex art. 28

statuto lavoratori, legittima attivamente gli organismi locali del

le associazioni sindacali nazionali, a prescindere dalla «maggior

rappresentatività» che la stessa 1. 300/70 prevedeva solo a de

terminati fini (ex art. 19), ha ritenuto che una confederazione

operante su una parte del territorio nazionale comprendente le

sei regioni dell'Italia del nord di cui sopra, non può non consi

derarsi, sia pur tendenzialmente, diffusa a livello «nazionale», ancorché risultino escluse le altre regioni dello Stato italiano.

Dopo aver esaminato lo statuto confederale della Confeder

sal, alla quale aderisce il sindacato Falia-Salp, statuto dal quale si ricava che la confederazione si prospetta come insieme di fe

derazioni, suddivise nell'ottica dell'auspicata «federalizzazione»

dello Stato italiano, e che vengono distinte in Federazione nord, Federazione centro e Federazione sud (ex art. 5 dello statuto

in atti), il pretore ha osservato che, mentre in presenza di una

volontaria ed esplicitata limitazione del proprio ambito territo

riale da parte di una confederazione, ci si troverebbe di fronte

alla evidente e preventivata insussistenza del necessario caratte

re di diffusione sul territorio nazionale (carenza determinata dalla

esplicita scelta della stessa confederazione), viceversa nel caso

di specie la volontà della Confedersal risulta statutariamente mi

rata a realizzare la diffusione su tutto il territorio nazionale

dello Stato italiano, irrilevante essendo che questa sia prevista dall'art. 2 nell'interesse delle collettività dei «popoli italiani e

di tutte le risorse delle rispettive nazioni».

2) Con l'ordinanza in atti dell'I 1 gennaio 1994, cit., il tribu

nale ha ritenuto di dubbia costituzionalità il requisito del carat

tere «nazionale» del sindacato ai fini dell'esperibilità della spe ciale e diretta tutela di cui all'art. 28 dello statuto dei lavorato

ri, di fronte all'ipotesi di sindacato per sua natura non nazionale

ma previsto come federazione di diversi sindacati nazionali.

Questo giudice remittente ha osservato che l'art. 28 dello sta

tuto dei lavoratori non consente di estendere la tutela diretta

ad un sindacato così concepito e strutturato.

Né sarebbe possibile una interpretazione estensivo-adeguatrice,

per la presenza nel nostro ordinamento di una norma penale che prevede e punisce come reato la formazione di associazioni

a carattere antisindacale (art. 271 c.p.).

2a) Ha osservato in primo luogo il collegio che la sommato

ria di nazioni distinte prevista dallo statuto della Confedersal

non può considerarsi equivalente al concetto di nazione unitaria

previsto dall'art. 28 1. 20 maggio 1970 n. 300.

Il concetto di nazione non può essere poi ridotto a significato

puramente territoriale, ma ha una valenza più ampia, essendo

il territorio una componente della nazione che in esso tuttavia

non si esaurisce.

La nazione è invero una consapevole unità sociale (ancorché

plurietnica: su ciò v. infra) costituita da soggetti che sono stretti

da vincoli comuni, come la tradizione storica storica ed i costumi.

Taluni fattori della nazionalità elaborati dalla dottrina deb

bono considerarsi privi del carattere di indici rilevatori indefet

tibili di essa (ad es., l'elemento religioso, l'identità di lingua ed il fattore etnico). L'ordinamento vigente contempla anzi la

possibile compresenza e lo sviluppo di comunità differenziate

nell'ambito della comunità statale, assicurando ad esse parità di trattamento (art. 3, 1° comma, Cost.).

3) L'ordinamento giuridico fa diretto richiamo al concetto

di nazione, di cui parlano, limitando l'indagine ai dati offerti

dalla Costituzione, gli art. 9, 2° comma («patrimonio storico

e artistico della nazione»), 11 («un ordinamento che assicuri

la pace e la giustizia tra le nazioni»), 16, 1° comma («ogni

cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi

parte del territorio nazionale»), 49 («tutti i cittadini hanno di

ritto di associarsi ... per concorrere con metodo democratico

a determinare la politica nazionale»), 67 («ogni membro del

parlamento rappresenta la nazione»), 87, 1° comma (il presi

dente della repubblica ... rappresenta l'unità nazionale»), 98,

10 comma («i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della

nazione»), 99, 1° comma («il consiglio nazionale dell'economia

e del lavoro è composto ... di esperti e rappresentanti delle

categorie produttive . . .»), 117, 1° comma («la regione ema

il Foro Italiano — 1996.

na . . . norme legislative . . . sempreché . . . non siano in con

trasto con l'interesse nazionale»), 120, 3° comma («la regio ne .. . non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in

qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, im

piego o lavoro»), 126, 3° comma («il consiglio regionale . . .

può essere sciolto per ragioni di sicurezza nazionale»), 127, 3°

comma («quando una legge . . . regionale . . . contrasti . . . con

gli interessi nazionali»); cfr., altresì, l'art. 5 Cost, («la repub

blica, una ed indivisibile»). Al concetto di nazione fanno riferimento anche altre espres

sioni, e locuzioni derivate, quali «Italia, italiano», art. 1, 1°

comma («l'Italia è una repubblica democratica, fondata sul la

voro»); 11 («l'Italia ripudia la guerra . . .»); 12 («La bandiera

della repubblica è il tricolore italiano»); 51, 2° comma («la leg

ge può per l'ammissione alle cariche elettive parificare ai citta

dini italiani gli italiani non appartenenti alla repubblica»), «Pa tria» (art. 52, 1° comma: «La difesa della patria è sacro dovere

del cittadino»; e 59, 2° comma), «paese» (art. 3, 2° comma, e 47).

Significativamente, anche le norme che, nell'impianto costi

tuzionale, sono dirette a non tutelare la mera conservazione del

l'assetto istituzionale esistente ma a consentirne l'evoluzione, fanno esplicito richiamo al concetto di nazione. In particolare, l'art. 49 Cost., che è mirato ad assicurare il processo di trasfor

mazione delle istituzioni democratiche, precisa peraltro che il

diritto dei cittadini ad associarsi in partiti è riconosciuto in quanto diretto a determinare la politica nazionale.

Parimenti, la rappresentanza della nazione, attribuita ai mem

bri del supremo organo costituzionale cui è demandato di deli

neare le linee politiche direttive, deve essere esercitata senza al

cun vincolo di mandato riferibile all'area geografica degli elet

tori che hanno espresso ciascun parlamentare. Anche il divieto fatto alle regioni di limitare il diritto dei cit

tadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale

la loro attività lavorativa è espressione del principio di unità

ed indivisibilità della repubblica e nel contempo comporta l'i

nammissibilità di differenziazione di discipline in materia di la voro fondate esclusivamente sulla relazione tra il cittadino e

l'area territoriale di appartenenza, nel senso che questa non può essere assunta — in difetto di ragionevoli motivi correlati alla

peculiarità di specifiche mansioni — a base di trattamenti diffe

renziati, dovendo assicurarsi a tutti i lavoratori parità di tratta

mento e di opportunità rispetto all'attività lavorativa, a prescin dere dalla relazione degli stessi con la regione considerata o con

altre regioni (cfr. Corte cost. 29 marzo 1961, n. 13, id., 1961,

I, 566). Ultimo, ma non l'ultimo, è insito nel riconoscimento dei di

ritti inviolabili dell'uomo nelle formazioni sociali all'imperativo funzionale dell'adempimento dei doveri inderogabili di solida

rietà politica, economica e sociale (ex art. 2 Cost.), solidarietà

che si sostanzia, in particolare, nella volontà di vivere insieme

per assicurare ai membri della comunità le condizioni essenziali

del reciproco benessere.

Atteso che il requisito nazionale non è contemplato nell'art.

39, 1° comma, Cost., secondo cui «l'organizzazione sindacale

è libera», il tribunale ha posto il dubbio che l'art. 28 statuto

lavoratori, nella parte in cui, ai fini della individuazione dei

soggetti legittimati ad agire in giudizio richiede che le associa

zioni sindacali abbiano carattere nazionale, con l'evidente esclu

sione della legittimazione delle associazioni sindacali che nazio

nali non siano, ancorché esistenti come sindacati di fatto, si

ponga in contrasto con l'art. 39, 1° comma, Cost., che non

pone alcun requisito all'organizzazione sindacale di cui afferma

la libertà.

Con sentenza 17 maggio 1995, n. 89, cit., la Corte costituzio

nale ha respinto ogni soluzione ampliativa delle ipotesi di legit timazione ad agire ex art. 28 1. 300/70 con riferimento al requi sito della dimensione nazionale, dichiarando non fondata la que stione di legittimità costituzionale della citata norma nella parte in cui consente la legittimazione attiva esclusivamente agli orga nismi locali delle associazioni sindacali nazionali.

Ha in proposito osservato la corte che: «il procedimento di

repressione della condotta antisindacale si aggiunge alle tutele

già assicurate alle associazioni sindacali, e rappresenta un mez

zo ulteriore per garantire in modo particolarmente rapido ed

efficace i diritti del sindacato. Il fatto che il legislatore abbia

riservato la relativa azione a determinati soggetti collettivi, ri

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PARTE PRIMA 2912

sulta coerente con la razionalità delle scelte posta a base di cri

teri per individuare la maggiore rappresentatività degli stessi,

più volte scrutinate positivamente da questa corte. In particola

re, la concezione che assume la dimensione organizzativa nazio

nale come indice di adeguato livello di rappresentatività (cfr.

la sentenza n. 54 del 1974, id., 1974, I, 963, e, soprattutto, la sentenza n. 334 del 1988, id., 1988, I, 1774) è apparsa idonea

a «consentire la selezione, tra i tanti possibili, dell'interesse col

lettivo rilevante da porre a base del conflitto con la parte im

prenditoriale». Più in generale e con riferimento all'unica norma costituzio

nale sulla quale si sofferma in proposito il giudice a quo, la

corte ha osservato come l'opzione nel senso di un livello rap

presentativo nazionale, oltre a corrispondere al ruolo tradizio

nalmente svolto dal movimento sindacale italiano, si uniformi

al principio solidaristico nel quale va inserito anche l'invocato

art. 39 Cost.

Ciò, naturalmente, non esclude che lo stesso legislatore possa in futuro dettare nuove regole idonee a realizzare diversamente

«i principi di libertà e pluralismo sindacale additati dal 10 com

ma dell'art. 39 Cost.» anche prevedendo strumenti di verifica

dell'effettiva rappresentatività delle associazioni (sentenza n. 30

del 1990, id., Rep. 1990, voce Sindacati, n. 68). Ma il controllo

di compatibilità tra l'indice della dimensione organizzativa na

zionale e la realtà sociale esistente non può concludersi, allo

stato, che con la conferma della «non contrarietà del modello

statutario al disegno del costituente».

4) Tanto premesso, ai fini della verifica della qualificabilità come nazionale dell'associazione cui aderisce l'organismo sin

dacale ricorrente ex art. 28 statuto lavoratori va rilevato: che

in data 27 aprile 1991, in Torino, è stata costituita da alcuni

lavoratori dell'Amiat la Falia (Federazione autonomista lavora

tori igiene ambientale), aderente al Salp (Sindacato autonomi

sta lavoratori piemontesi); che la «costituzione» del Salp, avve

nuta in Torino il 22 giugno 1991, prevede, all'art. 2, la tutela

degli interessi dei «popoli» che costituiscono lo Stato italiano; che la «costituzione» della Confedersal, avvenuta in Milano il

4 novembre 1991 mira a realizzare la tutela di interessi dei «po

poli» italiani al fine di assicurare la partecipazione attiva delle

rispettive organizzazioni alla politica economica e sociale dello

Stato italiano (art. 2); che lo statuto della Confedersal contem

pla il perseguimento, da parte della Confederazione, degli inte

ressi nazionali dei «popoli» italiani; in particolare l'art. 4 pre vede che fanno parte della Confedersal la Federazione nord, la Federazione centro e la Federazione sud dei sindacati auto

nomisti dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e delle casalin

ghe; l'art. 5 prevede poi che la Federazione nord, la Federazio

ne centro e la Federazione sud possono articolarsi sul piano territoriale in sindacati autonomisti «nazionali», in rappresen tanza dei rispettivi «popoli» italiani; l'art. 6 prevede inoltre l'ob

bligo, per le organizzazioni sindacali di categoria, di uniforma

re allo statuto confederale la propria azione e di adeguare allo

stesso il proprio statuto.

Difettano pertanto i requisiti di legge per l'ammissibilità alla

tutela prevista dall'art. 28 1. 300/70 per essere l'associazione

de qua non nazionale a termini di statuto confederale.

Né rileva a favore della tesi dell'associazione sindacale l'a

brogazione, a partire dal 28 settembre 1995 (ex art. 1, 2° com

ma, d.p.r. 28 luglio 1995 n. 312, in G.U. 29 luglio 1995, n.

176) dell'art. 19, lett. a), 1. 20 maggio 1970 n. 300.

Come noto, a seguito della risposta positiva dell'elettorato

al quesito referendario c.d. minimalista dell'art. 19 cit. sono

stati soppressi da tale disposizione la lett. a) «delle associazioni

aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul

piano nazionale» e l'inciso «non affiliate alle confederazioni»

nonché le parole «nazionali e provinciali» contenute nella lett. b). Come rilevato dalla più attenta dottrina, la abrogazione par

ziale dell'art. 19 ha trasformato il titolo III dello statuto dei

lavoratori in una legislazione servente al sistema contrattuale, che opera nei limiti dell'applicazione volontaria di quello, in

quanto il requisito per costituire rappresentanze sindacali azien

dali risiede, secondo il nuovo testo dell'art. 19, nella qualità di sindacato firmatario di contratti collettivi (ora anche azien

dali) «applicati nell'unità produttiva», circostanza che la Falia

Salp non ha neanche allegato, onde non può neppure essere

oggetto di indagine e verifica. Detta qualità di sindacato firma

tario di contratto collettivo applicato nell'unità produttiva è de

terminante sotto il nuovo parametro legale, ispirato ad un crite

Ii Foro Italiano — 1996.

rio di oggettività della capacità di rappresentanza degli interessi

sindacali, con la conseguente esclusione dalla sfera di diritti e

funzioni sindacali previste dal titolo III 1. 300/70 per quei sin

dacati che non risultano rispondere agli indici di rappresentati vità previsti dalla norma.

Per le suesposte, assorbenti argomentazioni, deve essere di

chiarato il difetto di legittimazione attiva del Falia-Salp a pro muovere il ricorso ai sensi dell'art. 28 1. 300/70, rigettandosi le domande proposte contro l'Amiat nel giudizio oggetto di gra vame e revocandosi il decreto in data 24 aprile 1992 del Pretore

di Torino.

II

Svolgimento del processo. — Walter Pluderi e gli altri sog

getti indicati nell'epigrafe della sentenza del Pretore di Milano

2 febbraio 1995, n. 310 nonché il Sai (Sindacato autonomista

lombardo) hanno fatto ricorso al Pretore del lavoro di Milano

convenendo davanti a tale giudice la s.p.a. Mondialpol. I ricorrenti hanno esposto di aver chiesto alla Mondialpol

— società della quale sono dipiendenti — di effettuare a loro

carico le trattenute per contributi sindacali dovuti al Sai, sinda

cato cui erano iscritti. La Mondialpol si era rifiutata. I ricor

renti assumevano l'illegittimità di tale comportamento e conclu

devano perché il pretore ordinasse alla Mondialpol di effettuare

le trattenute dei contributi e li versasse al Sai.

La Mondialpol si è costituita ed ha resistito per vari motivi

tra i quali acquisiva carattere decisivo ed assorbente l'afferma

zione che il Sai, essendo sindacato rappresentante congiunta mente dei dipendenti e dei datori, non poteva essere qualificato «sindacato» ai sensi delle leggi attributive di diritti connessi a

tale qualificazione. II pretore — con la sentenza sopra ricordata — ha accolto

la domanda del Sai respingendo le argomentazioni della resistente.

La s.p.a. Mondialpol ha fatto appello e il Sai e gli altri sog

getti indicati nella sentenza resistono.

Motivi della decisione. — Le parti concordano sull'afferma

zione di principio secondo cui il diritto riconosciuto dal pretore

(applicazione dell'art. 26 statuto lavoratori) presuppone la «qua lità sindacale» dell'associazione a favore della quale il contribu

to è versato. Questo presupposto emerge del resto con chiarezza

dal tenore letterale della norma invocata ed è sotteso a tutte

le norme dello statuto lavoratori attributive di facoltà alle orga nizzazioni dei lavoratori.

La qualità sindacale del Sai è negata da Mondialpol con ar

gomentazioni molto più complesse di quelle che la sentenza im

pugnata mostra di avere colto e considerato.

Mondialpol non nega affatto (di fronte allo statuto del Sai

che richiama, poi, ad altri effetti) che tale sindacato «rappre senti» gli interessi dei lavoratori.

Mondialpol — pur prendendo atto di ciò — rileva, traendo

il relativo dato di fatto dallo statuto del Sai, che il sindacato

in questione rappresenta anche gli interessi dei «piccoli impren ditori» e cioè di una categoria non proprio marginale di datori

di lavoro.

Mondialpol, dunque, ha rilevato il carattere «misto» del sin

dacato Sai ed ha affermato, in diritto, che il sindacato misto

non è — nel nostro attuale ordinamento — centro di imputa zione delle norme che attribuiscono «al sindacato» determinati

diritti. Rispetto a tale specifica ed articolata prospettiva di indagine

le risposte date dalla sentenza impugnata sono approssimative nel metodo e non corrette nel merito. La sentenza impugnata — sulla base di una definizione astratta di «organizzazione sin

dacale» (che nella propria ampiezza e genericità comprende an

che le associazioni che abbiano come scopo la tutela di interessi

collettivi di categorie di datori) non si è posto affatto il proble ma — specificamente prospettato dalla Mondialpol — di quale sia la «qualità sindacale» specificamente tutelata dall'ordina

mento del lavoro italiano e in particolare dalle norme statutarie

e dall'art. 26 statuto lavoratori.

Se il Sai «non è una bocciofila o un circolo del cinema» (se condo la irrilevante boutade della sentenza) esso non è neppure una organizzazione di soli lavoratori ma è certamente un'asso

ciazione che tutela anche determinate categorie di datori.

Costretta a fare i conti con questa realtà abbastanza singola re nel panorama sindacale italiano, la sentenza impugnata se

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

la cava con un espediente terminologico di nessun valore. La

sentenza rileva che lo stesso statuto del Sai prevede che i datori

di lavoro (piccoli imprenditori) facciano parte del Sai «separa tamente» dai lavoratori.

L'ossimoro «letterario» dello statuto del Sai — a parte le

facili ironie cui si presta — non ha senso giuridico. Nonostante l'affermata separatezza è il Sai unitariamente a

rappresentare gli interessi degli uni (dipendenti) e degli altri (da

tori). Non esiste un Sai dei dipendenti e un Sai dei piccoli im prenditori ma un solo Sai che è quello di cui allo statuto ricor

dato. Esso rappresenta unitariamente gli interessi dei dipendenti e dei datori.

È dunque confermato il carattere «misto» del Sai e quindi diventa necessario affrontare il problema centrale della causa

e cioè se un sindacato di tale tipo sia — per il nostro ordina

mento — un soggetto cui si possano riconoscere quei diritti che

tal ordinamento attribuisce al «sindacato».

La risposta a tale domanda è certamente negativa. La qualità sindacale — nel nostro ordinamento — è nozione

determinata da una serie di elementi: esperienze storiche, assetti

costituzionali, considerazioni teleologiche, interpretazione di nor

me costituzionali e ordinarie.

Sul piano storico è sufficiente rilevare che il sindacalismo ita

liano (al pari di quello degli altri Stati dell'Europa occidentale

di più antica tradizione operaia) è nato come associazione dei

lavoratori dipendenti (in particolare: operai) e che solo successi

vamente ebbe a svilupparsi un associazionismo datoriale. In Italia — come nel resto di Europa — il sindacalismo (dei dipendenti) nasce e resta conflittuale rispetto all'associazionismo datoriale.

Il nostro ordinamento attraversa l'esperienza del sistema cor

porativo. In questo, le corporazioni (nelle quali confluivano sin

dacati datoriali e sindacati di dipendenti) realizzarono una sorta

di incontro (in funzione di una «organizzazione unitaria delle

forze di produzione»: v. dichiarazione VI carta del lavoro) tra

le parti in conflitto e si ebbe un modello che — con tutte le

riserve e cautele dettate dalla diversità strutturale delle rispettive

organizzazioni — possiamo definire di «sindacato misto».

Tale esperienza — e la necessaria struttura normativa connes

sa — è stata cancellata con l'abrogazione delle corporazioni,

prima (1. 9 agosto 1943 n. 721) e dei sindacati corporativi, poi

(1. 23 novembre 1944 n. 369). L'ordinamento attuale ripropone, dunque, in via fattuale e

storica la separatezza tra i due associazionismi ed è dunque ab

bastanza evidente la conclusione che da ciò si deve trarre.

Se nel passato la separatezza esprimeva la «conflittualità» an

che la separatezza attuale esprime — a livello storico, politico e sindacale — una eguale situazione di conflittualità.

Un secondo elemento a favore dell'opinione accolta si ricava

da considerazioni teleologiche e strutturali.

È vero che l'interesse colletivo che assume rilevanza nell'azio

ne dell'associazione di categoria può essere tanto quello del da

tore quanto quello dei dipendenti. Su tale rilievo si basano la già rilevata possibilità e la concre

ta esistenza di un associazionismo datoriale.

Ma non è vero che vi sia simmetria tra interessi dei datori

e interessi dei dipendenti. Autorevole dottrina ha osservato —

ineccepibilmente — che l'interesse dei datori (e quindi delle loro

associazioni «sindacali») può essere sinteticamente descritto co

me «interesse al profitto» quale effetto dell'esercizio della libe

ra iniziativa economica che si struttura nell'impresa. Gli interes

si dei lavoratori sono, invece, molteplici. Sinteticamente essi si possono raggruppare in due grandi ca

tegorie: à) interesse alle «condizioni materiali e morali» nelle

quali si svolge il lavoro subordinato («alle dipendenze e sotto

la direzione dell'imprenditore»: art. 2094 c.c.); b) interesse al

trattamento economico che è — per il dipendente — l'unico

mezzo di sostentamento. Gli interessi dei dipendenti si sviluppa no quindi in una dimensione che è anche direttamente e stretta

mente soggettiva (l'implicazione della persona come dipenden

te). Queste considerazioni non sono astratte ma prendono cor

po in valutazioni oggettive dell'ordinamento giuridico. Se si

pongono a confronto due norme di rilevanza costituzionale —

connesse quanto alla materia — e cioè l'art. 36 Cost, e l'art.

41 Cost, è facile scorgere la differenza degli interessi ad esse

sottesi. Mentre la seconda si limita a garantire l'esercizio della

libera iniziativa economica, il primo — che come è noto è im

mediatamente precettivo — incide direttamente sulla quantità

Il Foro Italiano — 1996.

e qualità del salario e quindi si inserisce direttamente nel «meri

to» dell'interesse del lavoratore. Altro dato normativo rilevante

è l'art. 39 Cost. Si è detto, a ragione, che il 1° comma di esso

è compatibile con la esistenza di sindacati misti ma si è osserva

to — altrettanto correttamente — che l'ultimo comma di esso

presuppone necessariamente la qualità conflittuale del sindacato.

In linea formale esso presuppone la «separatezza» degli agen ti contrattuali. Ma tale separatezza non può che essere conflit

tuale se si riflette al contenuto obbligatorio del contratto collet

tivo quale è descritto dall'art. 2071 c.c.

Gli interessi — che il contratto assume come contenuto del

regolamento — sono oggettivamente contrapposti e dunque l'art.

39, ultimo comma, Cost, conferma il carattere conflittuale del

sindacato.

Sono poi imponenti in tal senso i dati ricavabili dallo statuto

lavoratori.

La 1. 20 maggio 1970 n. 300 è — in positivo — una legislazio ne di sostegno dei sindacati dei (soli) dipendenti e dà quindi per scontato il carattere conflittuale delle relazioni industriali

e dei loro protagonisti. Entro tale corpus di disposizioni acquistano rilievo decisivo

gli art. 28 e 17 statuto lavoratori.

Quanto al primo si ricorda che la Cassazione ha definito il

comportamento antisindacale come quello che nega il conflitto

(v. Cass. 17 gennaio 1990, n. 207, Foro it., 1990, I, 2591), af

fermazione che presuppone la natura conflittuale del sindacato

e la legittimità istituzionale del conflitto stesso.

Chiude definitivamente il cerchio la norma sui c.d. sindacati

di comodo (art. 17 statuto lavoratori). La norma — che riprende ed attua principi di diritto sovra

nazionale (sempre interpretati nel senso della non configurabili tà di sindacati misti) — è di un tenore letterale inequivocabile. Essa dice: «È fatto divieto ai datori di lavoro e alle associazioni

di datori di lavoro di costituire o sostenere — con mezzi finan

ziari o altrimenti — associazioni sindacali di lavoratori».

È evidente che se è vietata la costituzione da parte dei datori

di associazioni di lavoratori, è vietata anche la costituzione con

giunta di associazioni di carattere misto. Il senso dell'art. 17

come del resto quello della convenzione Oil n. 87 del 9 luglio 1948 (dalla quale deriva) è quello di vietare ogni ingerenza del

l'una parte nei confronti dell'altra.

Il divieto di cui all'art. 17 ha — per quanto riguarda il caso

di specie — nessun'altra valenza se non quella di confermare

che nel nostro ordinamento la qualità sindacale non esiste se

non «nella conflittualità». Un sindacato misto — non conflit

tuale per le esposte ragioni — non può essere destinatario dei

diritti che il nostro ordinamento attribuisce al «sindacato».

TRIBUNALE DI BARI; ordinanza 29 febbraio 1996; Pres. Ra

gni, Rei. Noviello; Caprio (Avv. Ferrara) c. Pappapicco

(Avv. Amorese).

TRIBUNALE DI BARI;

Procedimenti cautelari — Procedimento possessorio — Ricorso

per l'attuazione del provvedimento — Dichiarazione di inam

missibilità — Reclamo — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 669 duodecies, 669 terdecies, 703).

È ammissibile il reclamo avverso il provvedimento con cui il

pretore dichiara inammissibile il ricorso per la determinazio

ne della modalità di attuazione di provvedimento possessorio,

già confermato in sede di reclamo. (1)

(1) Non risultano precedenti editi in termini. Da ultimo, circa la inammissibilità del regolamento avverso l'ordi

nanza declinatoria della competenza resa in procedimento cautelare, v.

Corte cost. 26 maggio 1995, n. 197, e Cass. 29 luglio 1995, n. 8373,

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