+ All Categories
Home > Documents > Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c....

Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c....

Date post: 31-Jan-2017
Category:
Upload: nguyenthien
View: 213 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
5
Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 565/566-571/572 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151020 . Accessed: 25/06/2014 05:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.141 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti)

Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino)c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 4 (1961), pp. 565/566-571/572Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151020 .

Accessed: 25/06/2014 05:14

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.2.32.141 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:08 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti)

565 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 566

relative al fatto che, attraverso la legge impugnata, la ma teria delle concessioni idriche di competenza della Regione viene ad essere disciplinata, senza che esista alcun effettivo

strumento di coordinamento degli interessi locali con quelli della rimanente parte del territorio nazionale, e che, nel l'intento di realizzare qualcosa che possa tener luogo del necessario coordinamento, la legge stessa detti norme

(art. 4 e 7) destinate a regolare la partecipazione di uffici

statali, quali il magistrato delle acque e il genio civile, a

procedure culminanti in provvedimenti regionali, in tal

modo invadendo il campo delle norme di attuazione dello Statuto regionale, riservate allo Stato dall'art. 95 Statuto.

La prima di tali doglianze attiene indubbiamente alla

legittimità e non al merito : essa infatti non denuncia la

lesione di interessi nazionali, ma semplicemente la mancata

predisposizione dei meccanismi giuridici occorrenti per la

coordinazione dei molteplici interessi, locali e non locali,

concorrenti in ordine alla utilizzazione delle acque pubbliche che scorrono nel territorio del Trentino-Alto Adige. Si è

quindi fuori dell'ipotesi di ricorso per motivi di merito, pre vista dall'art. 127, ult. comma, Cost, e dall'art. 49, 2° comma.

Statuto ; e la competenza a giudicare della questione spetta indubbiamente a questa Corte.

Passando alla sostanza dell'impugnativa, la Corte ri

tiene unitario il fondamento e il carattere delle doglianze qui esaminate.

In ordine alla esigenza inderogabile che in materia ven

gano emanate norme volte al coordinamento dei vari inte

ressi affidati alla cura della Eegione e a quella dello Stato, interessi da realizzare attraverso adeguate procedure, con

la partecipazione degli organi a essi preposti in base ai

rispettivi ordinamenti, non può sussistere alcun dubbio ; 10 stesso legislatore regionale mostra, nella legge impugnata, di darsi carico di tale esigenza, dato che la legge contempla, nelle procedure preordinate alle concessioni di competenza

regionale, la partecipazione di certi organi dello Stato. I

corsi d'acqua che scorrono nel Trentino-Alto Adige, a dif

ferenza da quelli delle Regioni isolane, generalmente attra

versano anche altri territori dello Stato, o si versano in corsi

d'acqua che a loro volta attraversano altri territori ; le loro

acque, in relazione all'ulteriore percorso, sono dunque sog

gette al potere di autorità diverse da quelle della Regione. E.

siccome è di immediata evidenza e di comune nozione l'esi

genza di considerare e trattare con visione unitaria i vari

problemi inerenti ad un unico corso di acqua e al relativo

bacino, è chiaro che, per soddisfare tale esigenza allorché

11 corso d'acqua sia soggetto, nei suoi vari tratti, a poteri di autorità diverse, è indispensabile la coordinazione del

l'esercizio di tali poteri. È del pari chiaro però che, quando, come nella specie, trattisi di coordinare poteri statali coi

poteri riconosciuti statutariamente a una Regione, la coor

dinazione non può esser realizzata se non attraverso norme

di attuazione delle disposizioni statutarie (v., tra le altre, le

sentenze di questa Corte 26 gennaio 1957, n. 15, Foro it.,

1958, I, 1062, e 4 aprile 1960, n. 19, id., 1960, I, 1278). E per regola inderogabile la competenza ad emanare sif

fatte norme di attuazione spetta allo Stato (v. al riguardo, oltre la sent. n. 19 del 1960, già citata, la sent. 26 gennaio 1957, n. 23, cit.), non diversamente da quanto avviene per tutte le altre norme di attuazione. Per la Regione Trentino

Alto Adige, ciò è disposto espressamente nell'art. 95 dello

Statuto.

Per quanto riguarda le concessioni di acque pubbliche, come col 2° comma dell'art. 8 decreto pres. 30 giugno 1951 n. 574 le disposizioni di attuazione dello Statuto si sono

occupate della coordinazione dei poteri statali con quelli

regionali nel caso di pendenza di domande concorrenti di

competenza rispettivamente dello Stato e della Regione,

riguardanti concessioni da accordare nel territorio della Re

gione. così dovranno occuparsi della coordinazione dei po teri statali riguardanti il territorio extraregionale con i

poteri regionali riguardanti i territorio della Regione. In

fatti, fin quando a tale indispensabile coordinazione non si

sarà provveduto con norme di completamento delle disposi zioni di attuazione finora emanate (le quali, mentre con

tengono, nel 2° comma dell'art. 8 e negli art. 9-16, una disci

plina completa dei rapporti tra lo Stato e la Regione in ordine alle concessioni di competenza statale nel territorio della Regione, si limitano, nel 1° comma dell'art. 8, in ordine alle concessioni di compentenza della Regione, ad una mera enunciazione di tale competenza, e sono perciò, al riguardo, insufficienti), la Regione non sarà in condizione di eserci tare i poteri normativi e amministrativi statutariamente rico -

nosciutile in materia (vedasi ancora la sent. n. 19 del I960,

già citata). Se ciò comporta il dovere dello Stato di integrare sol

lecitamente, sotto il profilo in questione, le disposizioni di attnazione dello Statuto, comporta, a un tempo, che la

legge regionale, che forma oggetto della controversia in

esame, è da considerare illegittima. E l'illegittimità in

veste non soltanto gli art. 4 e 7, ma l'intera legge, in quanto con essa, anticipando i tempi, e prescindendo dalle indi

spensabili norme statali di coordinamento, la Regione ha

ritenuto di poter regolare in modo autonomo la materia delle concessioni idriche di sua spettanza, e di potere essa

stessa disciplinare le modalità del coordinamento con i po teri statali e della partecipazione di organi statali alle

procedure destinate a concludersi coi provvedimenti di con

cessione di propria competenza. Per questi motivi, in parziale accoglimento del ricorso

del Presidente del Consiglio dei ministri indicato in epi

grafe, dichiara, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione,

l'illegittimità costituzionale della legge approvata dal Con

siglio regionale del Trentino-Alto Adige il 24 novembre

1959. e nuovamente approvata il 14 luglio 1960, concernente

l'esercizio da parte della Regione delle funzioni amministra

tive in materia di utilizzazione di acque pubbliche.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rei. Pa

paldo ; Pirovano (Avv. Bovio, Gr. Guarino) c. Ferro ; interv. Pres. Cons', ministri (Avv. dello Stato Chiarotti).

Valle d'Aosta Esercizio «Ielle professioni alpine Ordinamento Poteri della Regione —

Legjje rey. 28 settembre 1951 11. 2 Incostituzionalità Limiti (Costituzione della Repubblica, Art. 4, 41, 120 ; d. 1.1 aprile 1947 n. 218, ordinamento delle professioni di guida alpina, di portatore alpino e di maestro di sci, nella circoscrizione della Valle d'Aosta, art. 1, 3 ; Sta

tuto speciale per la Valle d'Aosta, art. 2 ; 1. reg. 28 set tembre 1951 n. 2, ordinamento delle guide, dei porta tori alpini, dei maestri di sci, degli aiuto maestri di sci, e delle scuole di sci in Valle d'Aosta, art. 2, 4, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14).

Non sussiste contrasto tra l'art. 2, lettera u, dello Statuto spe ciale per la Valle d'Aosta, che conferisce alla Regione

potestà legislativa nell'ordinamento delle guide, scuole di sci e portatori alpini e gli art. 1 e 3 del decreto legist. 1 aprile 1947 n. 218, che ha semplicemente conferito al

Consiglio della Valle la competenza spettante al questore secondo la vigente legge di P. s., ed applicato ai trasgres sori le stesse pene previste nel territorio nazionale. (1)

Non sussiste contrasto tra l'art. 2. lettera u, dello Statuto spe ciale per la Valle d'Aosta e l'art. 4 della legge regionale 28 settembre 1951 n. 2, che disciplina non solo l'ordinamento, ma anche l'esercizio della professione di maestro di sci. (2)

È legittimo il 1° comma dell'art. 4 legge regionale 28 settembre 1951 n. 2. nella parte in cui sottopone, nel territorio della Valle d'Aosta, l'esercizio delle professioni di guida, por tatore, maestro ed aiutomaestro di sci all'autorizzazione del competente assessore ; e nella parte in cui prevede la,

formazione di un ruolo regionale per gli esercenti le pro fessioni alpine nella Valle. (3)

Sono incostituzionali le disposizioni contenute nella seconda

parte del 1° comma e nel 2° comma dell'art. 4 e nella let tera g dell'art. 10 legge regionale 28 settembre 1951 n. 2, secondo cui l'iscrizione nel ruolo regionale degli eser

This content downloaded from 185.2.32.141 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:08 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti)

567 PARTE PRIMA

centi le professioni alpine in Val d'Aosta deve avvenire tramite una società locale riconosciuta e l'Unione valdo stana guide e maestri di sci e obbligano gli iscritti a ver sare alla società una quota fissa o una percentuale delle

proprie entrate professionali. (4) Sono illegittime le disposizioni contenute nell'art. 10, lettere li

ed e, della legge regionale 28 settembre 1951 n. 2, che su bordinano l'autorizzazione all'esercizio stabile della pro fessione di guida, portatore, maestro ed aiuto maestro di sci in Valle d'Aosta, alla residenza per almeno un triennio in un comune valdostano e alla buona conoscenza della lingua francese. (5)

È illegittimo l'art. 14, 1° comma, della legge regionale 28 settembre 1951 n. 2, il quale dispone che l'esercizio non autorizzate delle professioni alpine nella Valle d'Aosta è

punito a termini dell'art. 3 decreto legist. 1 aprile 1947 n. 218 ; nonché il 2° comma che riconosce poteri disciplinari sui propri iscritti all'Unione valdostana ed alle so cietà locali. (6)

Della legge regionale valdostana 28 settembre 1951 n. 2, sono

illegittimi il 4° ed il 5° comma dell' art. 2, a norma dei quali l'Unione valdostana tiene aggiornato il ruolo regionale, istruisce le domande di autorizzazione, cura la disciplina c

provvede, in genere, a quant'altro necessario per la

migliore organizzazione professionale e per l'attuazione dei compiti affidatile dall'Assessorato che presiede al tu rismo ; il 1° comma dell'art. 3 nella parte in cui richiama, a proposito delle società locali, le disposizioni illegittime dell'art. 2 ; l'art. 8 che stabilisce l'inderogabilità delle

tariffe ; il 2° comma dell'art. 9, che affida all'Unione valdostana il compito di impartire l'approvazione a norme valevoli per tutti i professionisti alpini e per i loro clienti ; il 3° comma dell'art. 11, il quale stabilisce che per la « promozione a guida » occorre un effettivo ser vizio triennale nella Valle ; l'art. 12, in quanto subor dina la presentazione delle domande al necessario tra mite dell' Unione o delle società locali, alle quali affida la istruttoria ; l'art. 13 nella parte in cui richiama l'art. 8. (7)

La Corte, ecc. — Secondo l'ordinanza di rinvio, esiste rebbe un contrasto fra gli art. 1 e 3 decreto legisl. pres. 1°

aprile 1947 n. 218, e l'art. 2, lett. u, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, in quanto le disposizioni del decreto

delegherebbero alla Valle l'emanazione delle norme rela tive all'esercizio della professione di guida alpina, portatore alpino e maestro di sci, mentre l'art. 2, lett. u, dello Statuto

regolerebbe esclusivamente l'ordinamento delle guide e delle scuole di sci, senza alcun riferimento all'esercizio delle

professioni predette. La Corte osserva che, anche se l'interpretazione del

l'art. 2, lett. u, dello Statuto della Valle d'Aosta, adottata dal Tribunale, fosse giusta (e non è), la questione proposta sarebbe ugualmente infondata.

Non è esatto che il decreto legisl. pres. 1° aprile 1947 abbia delegato alla Valle l'emanazione delle norme relative all'esercizio delle suindicate professioni. Il decreto ha sem

plicemente attribuito al Consiglio della Valle il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di quelle professioni. Questa interpretazione è fondata, anzitutto, sulla lettera della di

sposizione dell'art. 1, la quale, riferendosi alle vigenti norme della legge di Pubblica sicurezza, richiamate nel 2° comma dello stesso art. 1. ha conferito alla Valle la compe tenza spettante al questore, senza alterare la disciplina della materia e senza attribuire alla Valle poteri maggiori o diversi da quelli degli organi dello Stato in base alle leggi statali.

È, poi, da considerare che nel periodo in cui fu emanato il decreto legislativo in esame il sistema vigente era quello regolato dal decreto legisl. luog. 7 settembre 1945 n. 545, il quale attribuiva alla Valle soltanto funzioni ammini strative. Vero è che l'art. 13, 2° comma, di quel decreto

prevedeva che con successivi provvedimenti legislativi

(1-7) L'ordinanza di l'invio, Trib. Aosta 28 aprile 1960, è riassunta in questa rivista, I960, II, 167, con nota di richiami, alla quale si rinvia.

sarebbero state « precisate le materie ohe potranno essere

disciplinate dal Consiglio della Valle con norme giuridiche

proprie, anche in deroga alle leggi vigenti ». Ma, a prescin dere da ogni indagine sulla portata di tale disposizione, è

certo che se con il decreto legislativo del 1947 si fosse inteso

conferire alla Valle una potestà del genere, la formula sa

rebbe stata diversa.

Posto che con l'art. 1 di quel decreto non si era fatto

altro ohe trasferire alla Valle una competenza che era

propria del questore, l'art. 3 dello stesso decreto non è che

la conseguenza logica di tale trasferimento : fosse o non

necessario, l'art. 3 dichiarò espressamente che colui, il

quale nella Valle avesse esercitato senza licenza le profes sioni indicate nell'art. 1, veniva punito con la stessa pena cui vanno incontro quelli che, nella restante parte del ter

ritorio nazionale, esercitano le stesse professioni senza la

licenza del questore. Questa essendo l'esatta interpretazione delle due di

sposizioni denunciate, cade la base su cui il Tribunale ha

posto la questione di legittimità costituzionale : il trasfe

rimento di funzioni amministrative agli organi della Valle

fatto nel 1947 non risulta in contrasto con le norme dello

Statuto speciale, successivamente emanate, norme che, senza alcun dubbio, hanno, quanto meno, confermato la

competenza degli organi regionali al rilascio della licenza.

Queste conclusioni mostrano anche l'infondatezza della

tesi esposta negli scritti della difesa del Pirovano, secondo cui

il decreto del 1947 sarebbe illegittimo, perchè emanato in

materia costituzionale e quindi fuori del campo attribuito

in quel tempo alle attribuzioni legislative del Governo.

Senza che occorra, nel caso attuale, precisare l'estensione

ed i limiti di quella sfera di attribuzioni, è chiaro che, trasferendo alla Valle la competenza amministrativa di un

organo statale, non si toccava la materia costituzionale.

La Corte non ritiene di poter prendere in esame le con

siderazioni fatte in sede di discussione orale dalla stessa

difesa del Pirovano, circa l'art. 2 decreto legisl. del 1947 e

circa la legittimità dell'art. 238 del regolamento approvato con r. decreto 6 maggio 1940 n. 635, in quanto la legittimità di dette disposizioni non forma oggetto di questione, a

parte che la questione relativa alla legittimità della norma

regolamentare non sarebbe proponibile in questa sede.

Passando all'esame della legge regionale 28 settembre

1951 n. 2, la Corte deve esaminare anzitutto le disposizioni di essa che sono state denunziate con l'ordinanza di rinvio :

precisamente gli art. 4, 10, 13 e 14.

L'esame delle disposizioni si deve riferire a tutte le pro fsssioni regolate dalla legge, giacché, per quanto la questione sia sorta in un giudizio riguardante i maestri di sci, le suin

dicate disposizioni della legge regionale sono state dal Tri

bunale denunziate nella loro interezza, e tali la Corte deve

esaminarle. Secondo il Tribunale, l'art. 4, disciplinando anche

l'esercizio della professione di maestri di sci, sarebbe in

contrasto con l'art. 2, lett. w, dello Statuto speciale, il quale si riferirebbe all'ordinamento delle guide e delle scuole di sci e non all'esercizio di dette professioni.

La Corte ritiene che questa contrapposizione tra ordina

mento ed esercizio della professione non abbia ragion d'essere.

Sotto l'aspetto letterale, quando nelle leggi e nel lin

guaggio legislativo si parla di ordinamento, normalmente

ci si riferisce sia all'organizzazione di un ente, di un uf

ficio. di un servizio pubblico, di una professione, sia al fun

zionamento di tali enti, uffici e servizi, oltre che ai poteri ed

ai diritti e doveri che ne derivano.

Per fare un esempio illustre, basterà richiamare la Co

stituzione, la cui parte seconda, intitolata « Ordinamento

della Repubblica », disciplina non soltanto la struttura

ma anche il funzionamento degli organi. E molte altre

leggi usano nel loro testo la parola ordinamento nel senso

più ampio, e lo stesso è a dirsi del titolo di varie leggi. Per

quanto il titolo della legge non faccia parte della legge stessa, l'uso costante di certe espressioni nella intitola

zione delle leggi è un indice importante del significato che

a tali espressioni viene attribuito nel linguaggio legislativo.

This content downloaded from 185.2.32.141 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:08 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti)

569 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 570

Anche dal punto di vista sistematico, la formula usata

nell'art. 2, lett. u, dello Statuto valdostano appare com

prensiva di tutta la materia riguardante l'organizzazione ed il funzionamento di questo settore di attività, così con

naturato alle tradizioni ed agli interessi della Valle. In conclusione, è da ritenere clie la Regione abbia il

potere di regolare con sua legge tutto l'ordinamento delle

professioni di guida, portatore e maestro di sci, compresa la disciplina del relativo esercizio.

Le disposizioni denunziate devono quindi essere vagliate alla stregua non dell'art. 2, lett. u, dello Statuto, ma in

rapporto all'osservanza dei limiti posti dalla prima parte di detto articolo, nonché in rapporto alle altre norme ed

agli altri principi costituzionali, richiamati nell'ordinanza

dì rinvio, e precisamente agli art. 4, 41 e 120 Cost., ed al

principio, secondo il quale il magistero penale è di esclusiva

attribuzione statale.

Il 1° comma dell'art, 4 della legge regionale, nella

parte in cui sottopone, nel territorio della Valle, l'esercizio

delle professioni di guida, portatore e maestro ed aiuto

maestro di sci ad una autorizzazione del competente As

sessore non merita censura.

La legge regionale, intervenendo in un campo in cui lo

Statuto speciale attribuisce alla Valle poteri legislativi (art. 2, lett. w) e quindi anche competenza amministrativa

(art. 4), ben poteva attribuire ad un proprio organo una

competenza, che, del resto, già era stata deferita alla Valle

con l'art. 1 decreto legisl. 1° aprile 1947 n. 218.

Più delicata è l'indagine circa la legittimità dello stesso

1° comma dell'art. 4, nella parte in cui si stabilisce la iscri

zione degli esercenti le professioni alpi ne in un ruolo regionale. Vero è che con sentenza del 26 giugno 1956, n. 6 (Foro it.,

1956, I, 1058) fu dichiarata illegittima, per contrasto con

l'art. 120 Cost, e par violazione dei principi dell'ordinamento

giuridico dello Stato, la disposizione di una legge della Pro

vincia di Bolzano che imponeva la iscrizione delle imprese

artigiane in apposito registro. Nel caso attuale, però, la si

tuazione è diversa. L'artigiano non è tenuto a conoscere la

zona in cui deve svolgere la sua attività. Egli può spostarsi da una regione all'altra, e può impiantare dovunque la sua

bottega, mentre gli esercenti le professioni alpine, ed in par ticolare le guide ed i portatori possono esercitare la loro

delicata e rischiosa attività solo in zone da essi ben cono

sciute. Si vedrà a momenti fino a ohe punto questa esigenza

possa giustificare limitazioni territoriali imposte con leggi

regionali ; ma si può, intanto, affermare che le professioni

alpine consentono una mobilità assai minore di quella che

è possibile per altre attività.

Per giudicare se sia legittima la disposizione che impone la formazione di un ruolo regionale, giova prendere le mosse

dall'indagine se sia o no legittimo stabilire che per l'eser

cizio, non saltuario, delle professioni alpine nella Valle, oc

corra sempre l'autorizzazione degli organi della Valle, anche

per coloro che sono muniti della licenza di un questore. L'art. 2 decreto legisl. 1° aprile 1947 n. 218 dispone

che gli esercenti professioni alpine possono svolgere sal tuariamente' nella Valle d'Aosta la loro attività sènza au

torizzazione degli organi della Valle, quando provengano con

i loro clienti da altre regioni italiane (o dall'estero) ; il che

significa che per l'esercizio non saltuario nella Valle occorre

sempre l'autorizzazione degli organi della Valle. La legit timità di questa disposizione statale non è contrastata nella

presente controversia. Resta fermo, quindi, il principio

posto da quella legge dello Stato secondo cui le licenze

rilasciate dai questori non hanno efficacia per la Valle

d'Aosta. E la Corte crede che ciò basti a far ritenere le

gittimo il principio su cui si basa la legge valdostana, se

condo cui l'esercizio non saltuario delle professioni alpine nel territorio della Valle può svolgersi soltanto a seguito di

autorizzazione regionale. Ora, se è legittima questa limitazione, non si vedono

sufficienti ragioni per contestare la legittimità della norma

regionale che prevede la formazione di un ruolo regionale, salvo a vedere se le disposizioni relative alla tenuta di questo ruolo siano legittime. Nel caso attuale il ruolo altro non è

che un elenco dei professionisti alpini autorizzati dalla Re

gione. Non è un albo vero e proprio ; non è, in altri termini, un elenco di professionisti qualificati, la cui tenuta è af fidata ad ordini o collegi costituiti dagli stessi iscritti, alla

disciplina dei quali gli ordini o collegi presiedono. Che la Regione si avvalga dell'Unione valdostana e

delle società locali non è, in linea di principio, censurabile. Come si è accennato più volte, le attività contemplate dalla legge regionale sono strettamente condizionate dalle

particolarità del terreno. Il sistema di affidare ad organiz zazioni locali il compito di coadiuvare l'Amministrazione

regionale nell'esercizio di delicate funzioni di controllo, di

coordinamento e di soccorso è legittimo purché codesti

compiti siano circoscritti nell'ambito dei poteri spettanti alla Regione ed entro i limiti che tali poteri incontrano nei

rapporti con lo Stato.

Non è, invece, legittimo il disporre che l'iscrizione nel

ruolo regionale sia fatta per il tramite dell'Unione o delle

associazioni locali, e non è legittimo il disporre che l'iscri

zione alle società locali sia necessaria per l'esercizio nella

Valle, come non è legittimo che ciascun iscritto sia tenuto al versamento alla società di una quota fissa e di una quota

percentuale delle proprie entrate professionali. Le disposizioni della legge regionale che dispongono in

tal senso (seconda parte del 1° comma e 2° comma dell'art. 4 e lett. g dell'art. 10) sono in contrasto con le norme della

Costituzione richiamate nell'ordinanza di rinvio. Sono in

contrasto con gli art. 4 e 41 Cost., in quanto chiudono gli esercenti professioni alpine in una ristretta cerchia co

munale, che ha tutte le caratteristiche di antiche e tramon

tate corporazioni locali, a favore delle quali si impongono contribuzioni coattive ; sono in contrasto con l'art. 120

Cost., in quanto questa iscrizione obbligatoria è un mezzo

palese per impedire che i cittadini residenti in altre regioni esercitino nella Valle le professioni alpine.

La Corte giudica che sia in contrasto con l'art. 120

Cost, l'art. 10, lett. b, legge regionale. Con lo stabilire il requisito della residenza per almeno

un triennio nel rispettivo comune valdostano, si è imposta una grave limitazione al diritto dei cittadini residenti in

altre parti del territorio nazionale. È giustificato richiedere

ohe la guida ed il portatore conoscano la zona di esercizio, ma non è affatto giustificato pretendere la residenza. Una

guida e un portatore possono conoscere bene una zona,

pur risiedendo in un comune fuori della Valle, e possono anche conoscere bene più zone del territorio nazionale

e svolgervi il loro lavoro in diversi ed anche non consecu

tivi periodi. Richiedere, poi, per i maestri di sci la conoscenza

della zona è un chiaro segno del proposito di escludere le

persone non residenti nella Valle, essendo notorio che al

maestro di sci, per insegnare la tecnica, basta la conoscenza

del campo in cui il suo insegnamento si esplica. Che sia

così, è confermato dal fatto che nei più rinomati centri, in

cui si svolge questa attività sportiva, vengono anche chia

mati insegnanti stranieri, i quali portano il contributo di

nuovi o di più progrediti metodi : le disposizioni in esame

impediscono o per lo meno ostacolano enormemente questo scambio di insegnanti. Con ciò la Corte non esprime un

giudizio sotto il riflesso della convenienza della legge e nei

riguardi della sua influenza, positiva o negativa, sullo

sviluppo delle attività sportive e turistiche della Regione, ma pone in rilievo una circostanza notoria che, insieme con

le altre, mostra come alcune disposizioni di questa legge valdostana abbiano l'effetto di inibire l'esercizio di alcune

attività ai non residenti nella Valle.

Uguale effetto hanno le disposizioni contenute nella

lett. c dello stesso art. 10. Imponendo la conoscenza del

francese, si stabilisce una causa di esclusione di tutti i cit

tadini italiani che non conoscono tale lingua e con ciò si

determina una ingiustificata discriminazione, che cade sotto

il divieto posto dallo stesso art. 120 Costituzione.

Si passa ora all'esame dell'art. 13.

Si è già visto che la disposizione, secondo la quale l'eser

cizio abituale delle professioni alpine non può svolgersi nella Valle senza l'autorizzazione regionale, non può essere

dichiarata illegittima. Di conseguenza non meritano cen

sura le disposizioni contenute nell'art. 13. Non quella del

This content downloaded from 185.2.32.141 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:08 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 5: Sentenza 29 marzo 1961, n. 13; Pres. Cappi P., Rel. Papaldo; Pirovano (Avv. Bovio, G. Guarino) c. Ferro; interv. Pres. Cons. ministri (Avv. dello Stato Chiarotti)

571 PARTE PRIMA 572

n. 2, sull'ordinamento delle guide, dei portatori alpini, dei

maestri di sci, degli aiuti maestri di sci e delle scuole di

sci in Valle d'Aosta : art. 4. 1° comma, nella parte in cui

si dispone che l'iscrizione nel ruolo regionale si effettua per il tramite delle società locali e dell'Unione valdostana

guida e maestri di sci ; art. 4, 2° comma ; art. 10, lett. b, lett.

e, nella parte in cui si richiede la buona conoscenza della

lingua francese, e lett. g ; art. 14 ;

c) dichiara, a norma dell'art. 27 legge 11 marzo 1953

n. 87, l'illegittimità costituzionale delle seguenti disposi zioni della stessa legge regionale : art. 2, 4° e 5° comma ; art. 3, nella parte in cui richiama le disposizioni illegittime dell'art. 2 ; art. 8 ; art. 9, 2° comma ; art. 11, 3° comma ; art. 12, in quanto impone la presentazione delle domande

di autorizzazione per il tramite delle società locali o del

l'Unione valdostana ; art. 13. nella parte in cui richiama

l'art. 8.

1° comma, giacché questo si limita a dichiarare che non

occorre l'autorizzazione della Valle per l'esercizio saltuario,

imponendo soltanto l'osservanza delle norme di sicurezza

dettate nell'interesse dell'incolumità di tutti. Occorre sol

tanto avvertire che dovrà essere eliminato il richiamo al

l'art. 8, che, come si dirà, viene dichiarato illegittimo con

la presente sentenza.

Per le stesse ragioni ora esposte nessun rilievo può muoversi al 2° comma dell'art. 13, il quale chiarisce quando

l'apertura di corsi e di scuole di sci o di alpinismo dehba

considerarsi come esercizio stabile di professioni alpine,

sottoposte ad autorizzazione regionale. Manifestamente illegittimo è l'art. 14, 1° comma, della

legge regionale, il quale dispone che l'esercizio non auto

rizzato a norma delle disposizioni della legge stessa è punito a termini dell'art. 3 decreto legisl. pres. 1° aprile 1947 n. 218.

La giurisprudenza della Corte è costante nel senso che

la materia penale è riservata alla competenza esclusiva

dello Stato, ed è precluso alle Regioni non soltanto stabilire

nuove figure di reati, ma anche richiamare, per violazione

di norme regionali, sanzioni già comminate dalle leggi dello Stato.

Se, poi, per l'esercizio delle professioni di guida, portatore e maestro di sci senza licenza della Yalle sia applicabile la sanzione penale comminata con l'art. 3 del richiamato

decreto legislativo, è questione che deve essere risoluta

dal giudice penale, ma non può essere definita, con norma

imperativa, dal legislatore regionale. È anche illegittimo il 2° comma dell'art. 14. Tale il

legittimità deriva dal fatto che il potere disciplinare ricono

sciuto all'Unione valdostana ed alle società locali non è

quello spettante ad ogni sodalizio sopra i propri iscritti ma è

quello che, in relazione alla non legittima ampiezza delle

attribuzioni conferite dalla legge regionale alle predette

organizzazioni, presidia e sanziona l'attività delle organiz zazioni stesse volta al conseguimento di fini in contrasto

con le norme costituzionali, come si è chiarito esaminando

le precedenti disposizioni della legge regionale ed in par ticolare l'art. 4.

In conseguenza della dichiarazione di illegittimità adot tata con la presente decisione nei riguardi di alcune di

sposizioni della legge regionale, sono da dichiarare altresì

illegittime, per le ragioni esposte in sede di esame delle

disposizioni predette, le seguenti altre norme della legge stessa :

а) il 4° ed il 5° comma dell'art. 2, a norma dei quali l'Unione valdostana tiene aggiornato il ruolo regionale, istruisce le domande di autorizzazione, cura la disciplina e

provvede, in genere, a quant'altro necessario per la migliore

organizzazione professionale e per l'attuazione dei compiti affidatile dall'Assessorato che presiede al turismo ; nonché il 1° comma dell'art. 3, nella parte in cui richiama, a pro posito delle società locali, le disposizioni illegittime del

l'art. 2 ;

б) l'art. 8, che stabilisce l'inderogabilità delle tariffe ;

c) il 2° comma dell'art. 9, che affida all'Unione valdo

stana il compito di impartire l'approvazione a norme va levoli per tutti i professionisti alpini e per i loro clienti ;

d) il 3° comma dell'art. 11, il quale stabilisce che per la « promozione a guida » occorre un effettivo servizio triennale nella Valle ;

e) l'art. 12, in quanto subordina la presentazione delle

domande al necessario tramite dell'Unione o delle società

locali alle quali, in sostanza, affida interamente l'istruttoria ;

/) l'art. 13, nella parte in cui richiama l'art. 8.

Per questi motivi, a) dichiara non fondata la questione

proposta con l'ordinanza del Tribunale di Aosta del 28

aprile 1960 sulla legittimità costituzionale degli art. 1 e 3

decreto legisl. pres. 1° aprile 1947 n. 218 : « Ordinamento delle professioni di guida alpina, di portatore alpino, di

maestro di sci nella circoscrizione della Valle d'Aosta », in riferimento all'art. 2, lett. u, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta ;

6) dichiara, in riferimento^agli art. 4, 41 e 120 Cost.,

l'illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della

legge della Regione della Valle d'Aosta 28 settembre 1951

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili; sentenza 18 aprile 1961, n. 853 ; Pres.

Lorizio P., Est. Giannattasio, P. M. Pepe (conci,

conf.) ; Società Istituto naz. medico farmacologico Se

rono (Avv. Biamonti, Boitani) c. Treves, Momigliano, Talamini, De Benedetti (Avv. Bernardini, Otto

LEKGHI).

(Gass. App. Boma 22 settembre 1958)

Società — Società per azioni — Impugnazioni di

deliberazioni assembleari — Deposito di azione — Iscrizione a ruolo della causa (Cod. civ., art. 2378).

Società —• Società per azioni — Deliberazioni as

sembleari — Votazione — Soci in conflitto di in

teressi Impugnabili! à — Danno potenziale Sufficienza (Cod. civ., art. 2377).

Società — Società per azioni Deliberazioni ordi

narie e straordinarie — Unica assemblea — Ap

provazioni — Regime separato (Cod. civ., art. 2364,

2365).

Per la procedibilità del giudizio di opposizione a delibera

zione assembleare è sufficiente che il deposito nella cancel

leria del giudice adito di almeno un'azione avvenga al

momento della iscrizione della causa a ruolo. (1) La deliberazione di una società per azioni è impugnabile

se alla votazione abbiano partecipato soci in conflitto di

interessi, ancorché il danno arrecato dalla deliberazione

■medesima alla società, sia non effettivo ma potenziale. (2) Convocata Vassemblea di società per azioni, con unico ordine

del giorno comprendente materie di competenza dell'as

semblea ordinaria e straordinaria, per l'approvazione delle

materie riservate all'assemblea, ordinaria è sufficiente la

maggioranza prescritta per tale assemblea. (3)

(1) Come si precisa nella motivazione, le Sezioni unite

vanno in contrario avviso rispetto a quanto sin qui ritenuto dalle

Sezioni semplici : per i precedenti si veda la nota di richiami alla

sentenza App. Roma 22 settembre 1958, confermata su tal

punto, Foro it., 1959, I, 1555 ; successivamente App. Milano 12

aprile 1960, id., 1960, I, 1019, con nota di richiami, e, per qualche riferimento, Cass. 1° aprile 1960, n. 2535, retro, 298, con nota di

richiami. Richiami anche in Frè, nel Commentario, a cura di

A. Scialoja e G. Branca, 3a ed., 1961, pag. 342.

(2) In senso conforme, Oraziani, Diritto delle societàNa

poli, 1960, pag. 328. Vedi pure : Frè, op. cit., pag. 307 ; Mignoli, L'interesse sociale, in Hiv. società, 1958, 725 ; Minervini, Delibe

razione assunta da tutti i soci in conflitto di interessi con la società?, in Giur. it., 1960, I, 1, 585 ; Guerra, Le società di partecipazione, Milano, 1957, pag. 140 e segg., cui si rinvia per ulteriori richiami.

(3) Cass. 9 luglio 1958, n. 2466, Foro it., Rep. 1958, voce

Società, n. 374, ricordata nella motivazione di quella che si

annota, ha ritenuto che, ove in una stessa seduta assembleare

This content downloaded from 185.2.32.141 on Wed, 25 Jun 2014 05:14:08 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended