sentenza 29 ottobre 1984; Giud. Settimj; Nicchiarelli c. NicchiarelliSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 1 (GENNAIO 1985), pp. 287/288-297/298Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177548 .
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PARTE PRIMA
I
PRETURA DI ROMA; sentenza 29 ottobre 1984; Giud. Setti
mi; Nicchiarelli c. Nicchiarelli.
PRETURA DI ROMA;
Provvedimenti di urgenza — Società per azioni — Amministrato
re revocato — Consegna dei documenti contabili agli ammini
stratori in carica — Ammissibilità (Cod. proc. civ., art. 700).
Può essere ordinato con provvedimento d'urgenza all'amministra
tore revocato di consegnare immediatamente agli amministratori
in carica i documenti contabili pertinenti all'attività sociale. (1)
II
PRETURA DI ROMA; ordinanza 25 ottobre 1984; Giud. Setti
mj; Nicchiarelli c. 'Nicchiarelli.
Provvedimenti di urgenza — Società per azioni — Sospensione dell'efficacia di deliberazione assembleare — Inammissibilità
(Cod. civ., art. 2378; cod. proc. civ., art. 700).
Non è consentito disporre con provvedimento d'urgenza la
sospensione dell'efficacia di una deliberazione assembleare di
società per azioni. (2)
III
PRETURA DI ROMA; ordinanza 26 marzo 1984; Giud. Fiore; Soc. I. M. e R.S. c. Urbano.
Provvedimenti di urgenza — Società per azioni — Inibizione del
compimento di atti di amministrazione all'amministratore revo
cato — Sospensione della convocazione dell'assemblea — Am
missibilità (Cod. proc. civ., art. 700).
Può essere disposta con provvedimento d'urgenza la sospensione della convocazione dell'assemblea qualora essa rientri tra gli atti in cui si esprime l'attività di gestione e di amministrazione
della società da parte di un amministratore revocato. (3)
IV
PRETURA DI ROMA; ordinanza 12 marzo 1984; Giud. Fiore; Urbano e aitai c. Soc. I.M. e R.S.
Provvedimenti di urgenza — Società per azioni — Sospensione della convocazione dell'assemblea — Inammissibilità — Emis
sione di certificati azionari — Inammissibilità (Cod. civ., art.
2367; cod. proc. civ., art. 670, 700).
Non è consentito disporre con provvedimento d'urgenza: a) la
sospensione di convocazione di assemblea di società per azioni;
b) l'emissione di certificati azionari secondo le risultanze del
libro dei soci in sostituzione di altri che si assumono illecitamente
emessi. (4)
V
PRETURA DI ROMA; ordinanza 28 febbraio 1984; Giud. Fiore; Soc. I.M. e R.S. c. Urbano.
Provvedimenti di urgenza — Società per azioni — Inibizione del
compimento di atti di amministrazione all'amministratore revo cato — Ammissibilità — Consegna delle scritture contabili agli amministratori in carica — Ammissibilità (Cod. civ., art. 2409; cod. proc. civ., art. 700).
Può essere inibito con provvedimento d'urgenza all'amministrato
re revocato il compimento di ulteriori atti di gestione ed essere
ordinato al medesimo di consegnare immediatamente agli am
ministratori in carica le scritture contabili e tutti gli altri
documenti contabili. (5)
(1-5) I. - In queste ordinanze si ha un interessante campionario di casi in cui il provvedimento d'urgenza può ovvero non può essere concesso in riferimento ad una società per azioni. Merita in particolare di essere sottolineata la differenziazione operata dal pretore tra provvedimento cautelare di sospensione della convocazione di as
semblea, che non può essere concesso per mancanza di pregiudizio imminente e irreparabile, e provvedimento con cui si inibisce la convocazione di assemblea non ex se bensì come uno degli atti in cui si esplica l'attività amministrativa dell'amministratore già revoca to, attività nella quale si ravvisa un pregiudizio imminente e irreparabi le per la società.
Nel secondo gruppo di ordinanze va invece sottolineata l'osservazio ne che la deliberazione adottata col concorso del voto determinante di
Il Foro Italiano — 1985.
I
Diritto. — (Omissis). Premesso, infatti che la deliberazione di
un'assemblea di società adottata con il concorso del voto deter
minante d'un socio in conflitto d'interessi con la società stessa
non è né inesistente né nulla bensì, in quanto in contrasto con
una specifica disposizione di legge, semplicemente annullabile, va
evidenziato come a quanto siano legittimati a far valere tale vizio
della delibera l'ordinamento appresti lo specifico mezzo d'impu
un socio in conflitto d'interessi con la società è da ritenersi annullabile e non inesistente e pertanto sino al suo eventuale annullamento merita tutela giuridica il consiglio di amministrazione con essa nominato.
II. - Nella giurisprudenza sono ormai parecchi i casi in cui si è ricorso alle misure cautelari atipiche in seno ad una società per azioni. In relazione alla revoca degli amministratori per sospettate irregolarità, il provvedimento d'urgenza è ritenuto concordemente i nammissibile per la presenza della misura cautelare tipica prevista dall'art. 2409 c.c. In questo senso v. Pret. Roma 17 ottobre 1977, Foro id., 1978, I, 777, con nota di V. Marini, e 30 aprile 1982, id., Rep. 1983, voce Provvedimenti di urgenza, n. 205, e in Dir. fall., 1982, II, 1266 e v. anche, pur se relativa ad una s.r.l., Pret. Milano 28 febbraio 1979, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 132, e in Giur. comm., 1980, II, 764. Si è ritenuta invece ammissibile la revoca dei liquidatori da Trib.
Napoli 25 marzo 1960, Foro it., 1960, I, 1830, e Pret. Torino 8 maggio 1950, id., Rep. 1950, voce Società, n. 301, e in Foro civ., 1950, 334, con nota critica di Bianco, che ritiene doversi applicare analogicamente l'art. 2409 c.c.
In relazione alla sospensione della convocazione dell'assemblea si ritiene altresì che non possa darsi provvedimento d'urgenza in quanto la semplice convocazione non può di per sé costituire causa di
pregiudizio, non potendo essere individuati a priori i contenuti delle deliberazioni di tale assemblea, così Pret. Milano 10 marzo 1955, Foro
it., 1955, I, 1448; Pret. Roma 17 ottobre 1977, cit.; Pret. Venezia 16 marzo 1973, id., 1973, I, 1991; Pret. Roma 2 febbraio 1978, id., 1978, I, 761. Sempre nel senso dell'inammissibilità sono anche Pret. Roma 10 febbraio 1952, id., 1952, I, 533, la quale però motiva dicendo che il
provvedimento d'urgenza deve anticipare gli effetti di un successivo
giudizio mentre il nostro ordinamento non prevede mezzi d'impugna zione dell'atto di convocazione, e Pret. Milano 10 marzo 1955, id., 1955, I, 1448, per cui l'irregolare convocazione porta all'annullabilità della delibera e non può impedirsi ex art. 700 c.p.c. che vengano ad esistenza atti che, fino alla loro impugnazione, sono produttivi di effetti. Vi è peraltro un caso in cui tale misura è stata concessa per una s.r.l., ed è Pret. Orvieto 19 dicembre 1978, id., 1979, I, 1592, ma ciò solo
per il tempo necessario per consentire al socio l'esame dei libri sociali. In relazione alla sospensione dell'esecuzione di delibera Pret.
Jesi 8 luglio 1974, id., Rep. 1976, voce Provvedimenti di urgenza, n. 70, e in Dir. e giur., 1975, 749, e Pret. Catania 9 novembre 1977, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 140, e in Giur. comm., 1979, II, 127 hanno
parlato di inammissibilità in presenza della misura cautelare tipica di cui all'art. 2378, 4° comma, c.c., va però detto che tale norma, riferendosi alle sole delibere annullabili, legittima solo i soggetti indicati dall'art. 2377 c.c., ma nulla esclude che il provvedimento d'urgenza possa essere invocato da un qualsiasi interessato in riferimen to a delibera nulla (cosi Majello, il procedimento ex art. 700 c.p.c. in materia di società, in Riv. soc., 1961, 245, spec. 249). Si veda inoltre Pret. Bergamo 13 maggio 1966, Foro it., Rep. 1966, voce cit., n. 29, e in Giust. civ., 1966, I, 1642, che ha concesso il provvedimento d'urgenza al liquidatore cessionario delle quote di s.r.l.
In relazione all'esercizio dei diritti sociali il provvedimento ex art. 700 c.p.c. è stato più volte concesso: per ordinare alla società di consentire al socio il deposito delle azioni al fine di partecipare ad una assemblea (Pret. Orvieto 4 dicembre 1980, Foro it., Rep. 1981, voce cit., n. 224, e in Vita not., 1981, 316; Pret. Perugia 25 giugno 1981, Foro it., 1981, I, 2576; Trib. Catania 23 aprile 1982, id., Rep. 1982, voce cit., n. 149, e in Dir. fall., 1982, II, 865), per nominare un custode delle azioni ereditate da minore (Pret. Roma 9 maggio 1977, Foro it., 1977, I, 2576), per inibire l'esercizio del diritto di voto all'usufruttuario (Pret. Trani 24 maggio 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 18, e in Corti Bari, Lecce e Potenza, 1968, 230) e al sequestratario (Trib. Lodi 21 ottobre 1942, riassunta da Carnelutti, in Riv. dir. proc., 1943, II, 185), per impedire la partecipazione all'as semblea di non soci (Pret. Genova 21 aprile 1975, Foro it., 1976, I, 253), per consentire la partecipazione all'assemblea del socio che aveva alienato le azioni con riserva di gradimento ad un terzo cui il gradimento era stato negato (Pret. Roma 21 luglio 1970, id., 1970, I, 298), per consentire l'esercizio dei diritti sociali in caso di acquisto di azioni da parte del socio con asserita violazione del diritto di
prelazione degli altri soci, attribuendole proporzionalmente al numero delle azioni possedute sia all'acquirente sia al socio che aveva inteso avvalersi della prelazione (Pret. Roma 25 febbraio 1981, id., 1981, I, 2599), per consentire l'esame dei libri sociali all'intestatario fiduciario di quote di s.ri. (Pret. Roma 10 maggio 1978, id., 1979, I, 1331, con nota di A. Lener).
Il provvedimento d'urgenza è stato anche concesso per ordinare ad un socio di consegnare i libri sociali in suo possesso all'amministratore nominato ex art. 2409 c.c. da Pret. Torino 20 novembre 1952, id.,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
gnazione previsto dagli art. 2377 e 2378 c.c., con ciò escludendo, stante la specialità della normativa ed il suo carattere derogatorio alla disciplina generale — cui fa, per contro, rinvio l'art. 2379
c.c. per le ipotesi di nullità — la deducibilità in via d'eccezione.
Ove cosi non fosse, infatti, verrebbero lesi, sul piano sostanzia
le, l'esigenza di rendere stabili nel più breve tempo possibile, nell'in
teresse della società e soprattutto dei terzi, gli atti direttivi della
vita della società stessa, esigenza tradotta dall'art. 2377 c.c. nel
termine trimestrale per l'impugnazione che è di decadenza e non
di prescrizione, e, sul piano processuale, le disposizioni relative
alla competenza cosi a conoscere della controversia come, in
particolare, ad adottare provvedimenti sospensivi dell'efficacia
della deliberazione (ammettendo, invero, la proponibilità dell'ec
cezione d'annullabilità della delibera in giudizi intesi all'esecu
zione od all'attuazione della delibera stessa, si verrebbe a rico
noscere al giudice di queste, in contrasto con la specifica attribu
zione di competenza operata dall'art. 2378 c.c., un potere formale
o sostanziale di sospensione dell'efficacia della delibera). Oltre che improponibile per gli esposti motivi, l'eccezione
sollevata dal resistente appare, d'altronde, anche infondata.
Sotto il profilo formale, infatti, la deliberazione di revoca
del consiglio di amministrazione in carica e di nomina d'un nuovo
consiglio di amministrazione adottata dai soci di maggioranza risulta pienamente valida: da un lato, perché al presidente dell'assemblea va riconosciuto il potere d'escludere dalla votazio
ne quanti, sulla base d'un giudizio obiettivo e formale, non
risultino legittimati a parteciparvi ma non quello d'adottare
analoga determinazione sulla base di valutazioni soggettive e
sostanziali, come è nell'ipotesi d'assunto conflitto d'interessi tra
socio e società; dall'altro, perché i soci di maggioranza, nonostan
te la dichiarazione d'esclusione dal voto effettuata nei loro
confronti dal presidente dell'assemblea, hanno egualmente espresso il loro voto e questo è stato regolarmente registrato nel verbale
d'assemblea (letto, approvato, sottoscritto dallo stesso presidente e dal segretario) onde, delle due dichiarazioni di voto dal verbale
stesso risultanti, è quella ritualmente espressa dalla maggioranza a costituire manifestazione valida della volontà assembleare.
Sotto il profilo sostanziale, poi, va rilevato come — anche a
prescindere dall'esame circa l'effettiva sussistenza del preteso conflitto di interessi, la cui deduzione cosi in sede assembleare
come in questo giudizio risulti inficiata dalla già rilevata confu
sione tra i rapporti facenti capo alla società e quelli facenti capo ai singoli soci ed in corso di regolazione tra loro — un conflitto
d'interessi tra i soci di maggioranza e la società potesse, se mai, delinearsi relativamente al terzo punto dell'ordine del giorno, concernente il regolamento dei rapporti di dare ed avere tra la
soc. NICER e la soc. NICIS, non certo relativamente alla decisione
sul primo punto all'ordine del giorno, concernente la composi zione del consiglio d'amministrazione.
L'eccezione sollevata dal resistente va, pertanto, respinta. Quanto alle istanze proposte dal ricorrente Luciano Nicchiarelli
e dagli intervenuti Riccardo Siragusa e Silvano Nocca, quali
componenti del nuovo consiglio d'amministrazione della NICER
s.p.a. eletti con l'esaminata deliberazione, appaiono meritevoli
d'integrale accoglimento. Esse trovano, infatti, fondamento nel diritto-dovere d'ammini
strare la società attribuito agli istanti dalla deliberazione stessa
che, come già evidenziato, risulta sostanzialmente e formalmente
legittima; è, d'altra parte, evidente come il mancato esercizio di
tale diritto-dovere esponga a pericoli d'imminente irreparabile
pregiudizio non solo la società, cui la situazione d'incertezza nella
gestione può provocare una paralisi dell'attività od un suo
svolgimento ad opera di soggetti non legittimati con conseguenze
giuridiche ed economiche insuscettibili di successiva idonea valu
tazione, ma gli stessi soggetti istanti, cui incombono, dal momen
to della loro nomina, tutte le responsabilità civili amministrative
e penali connesse alla carica.
1953, I, 1200. Ma lo stesso provvedimento è stato negato da Pret. Roma 28 giugno 1957, id., Rep. 1957, voce Società, n. 350, e in Dir. fall., 1957, II, 733, affermandosi che doveva esperirsi l'azione di
reintegra ex art. 1168 c.c. Pret. Roma 23 ottobre 1967, Foro it., 1967, I, 2624, ha poi affermato
che le azioni di società, delle quali non sono stati ancora emessi i
certificati, possono essere oggetto di sequestro giudiziario ma non di
provvedimento d'urgenza. Si è infine fatto ricorso al provvedimento ex art. 700 c.p.c. per
inibire ad una società l'attribuzione dei diritti di opzione, e l'emissione di nuove azioni, a chi abbia acquistato le azioni con un trasferimento
da ritenersi nullo (Pret. Perugia 18 marzo 1978, id., Rep. 1982, voce
cit., n. 151, e in Riv. dir. comm., 1979, II, 343).
Il Foro Italiano — 1985 — Parte I-19.
Il ricorso e l'intervento (sulla cui ammissibilità non sussistono dubbi per la giurisprudenza e la dottrina prevalenti) vanno
accolti, sussistendo i presupposti sostanziali e processuali per l'adozione del richiesto provvedimento cautelare.
Per questi motivi, visti gli art. 700 ss. c.p.c., ordina a Mario
Nicchiarelli, a Maria Grazia Mataloni e ad Antonio Lo Duca, quali membri del cassato consiglio d'amministrazione della NI CER costruzioni s.p.a., di asternersi con effetto immediato dall'e sercizio delle funzioni loro revocate e, nel contempo, di consenti re l'esercizio delle funzioni stesse da parte del nuovo consiglio d'amministrazione, nelle persone di Luciano Nicchiarelli, Riccardo
Siragusa e Silvano Nocca, mediante immissione di questi ultimi
nell'integrale disponibilità degli atti e documenti pertinenti all'at tività sociale, della sede degli uffici sociali nonché dei cantieri e dei beni strumentali attraverso i quali si svolge operativamente la stessa attività sociale. (Omissis)
II
Fatto. — Con ricorso depositato il 14 settembre 1984, Mario Nicchiarelli — premesso ch'esso deducente ed i suoi germani Luciano e Maria Luisa erano comproprietari d'un vasto patrimo nio del quale facevano parte varie società le cui azioni erano tra loro divise in misura pressoché equivalente; che con convenzione
privata del 24 dicembre 1982 avevano proceduto alla riparti zione del patrimonio familiare con assegnazione a ciascuno dei condividenti della proprietà esclusiva di singoli cespiti; ch'era insorta controversia sull'attuazione della detta convenzione e, rimessane la definizione al collegio arbitrale in essa previsto, anche sul luogo da quest'ultimo emesso il 16 giugno 1984; che tra la società oggetto della divisione era anche la NICER costruzioni s.p.a. a lui assegnata cosi nella convenzione come nel lodo arbitrale; che di detta società egli era il presidente del consiglio d'amministrazione; che dell'assemblea di detta socie
tà, ancor prima dell'emissione del lodo arbitrale, i germani Luciano e Maria Luisa avevano chiesto la convocazione al
presidente del collegio sindacale onde decidere su di un ordine del giorno comprendente 1) composizione del consiglio d'ammi
nistrazione, 2) composizione del collegio sindacale, 3) regolamento dei rapporti globali di dare e avere tra la NIGER s.p.a. e la NICIS costruzioni generali s.p.a. in relazione alle risultanze del lodo arbitrale; che l'assemblea si era svolta il 10 settembre 1984; che in tale sede i germani Luciano e Maria Luisa, nonostante
egli, come presidente dell'assemblea, li avesse esclusi dalla vota zione sui punti 1 e 3 dell'ordine del giorno per conflitto di interessi con la società, avevano preteso di votare e, costituendo
maggioranza, avevano revocato il consiglio d'amministrazione in carica ed eletto un nuovo consiglio d'amministrazione dal quale egli era rimasto escluso; che con comunicazione 13 settembre 1984 i nuovi amministratori cosi eletti gli avevano manifestato la loro intenzione di prendere possesso della carica pretendendo la
consegna di tutta la documentazione societaria; ch'egli riteneva la
predetta delibera inesistente; che lo stato di fatto determinato da detta delibera, adottata in violazione della convenzione e del successivo lodo arbitrale in base ai quali la NICER s.p.a. doveva essere a lui esclusivamente attribuita, costituiva grave lesione dei suoi diritti ed interessi; che dalla attività dei nuovi illegittimi amministratori poteva derivare, altresì, irreparabile pregiudizio all'attività della stessa NIGER s.p.a. — chiedeva che il pretore, ex art. 700 c.p.c., adottasse i provvedimenti più idonei ad assicura re provvisoriamente gli effetti della futura decisione di merito e, in particolare, a provocare la sospensione dell'efficacia delle delibere adottate dall'assemblea della NIGER s.p.a. il 10 settem bre 1984. (Omissis)
Diritto. — Quanto più volte rilevato dai difensori delle parti resistenti ed intervenute cosi nelle comparse di costituzione come nella discussione orale — che il ricorso non consenta d'individua re all'accertamento di quale diritto in sede di merito sia pro dromico il promosso procedimento d'urgenza — non sembra del tut to esatto; se, infatti, è vero che in tutto il contesto del ricorso non è effettivamente individuabile il diritto che il ricorrente intende far valere in sede di merito e che rimarrebbe irreparabilmente pregiudicato in difetto d'immediata cautela, devesi, tuttavia, con statare come la richiesta conclusiva — ove si prescinda dalla
prima parte della sua formulazione, del tutto generica ed irrile vante — fornisca un inequivocabile riferimento all'instaurando
giudizio di merito che, detta richiesta avendo ad oggetto la
sospensione dell'efficacia d'una delibera, ad altro non può essere diretto se non all'impugnativa della delibera stessa.
Che, poi, a seguito delle eccezioni dei resistenti, il ricorrente
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PARTE PRIMA
abbia cercato, nelle note autorizzate, di modificare il petitum e la
causa petendi cosi del presente procedimento come dell'instau
rando giudizio di merito — assumendo esser diretti l'uno « ad
ottenere un provvedimento atto ad impedire la turbativa, di fatto
posta in essere dai resistenti, alla vita della società » e l'altro « a
sentir accertare la validità della delibera assembleare assunta dal
solo socio avente diritto di voto » — è fatto del tutto inidoneo a
mutare i termini del thema decidendum e, comunque, a volgere la decisione in senso favorevole al ricorrente stesso.
Ove, infatti, con la generica richiesta di « provvedimenti d'ur
genza che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicu
rare provvisoriamente gli efletti della decisione di merito », con
tenuta nel ricorso, si fosse inteso in realtà « ottenere un provve dimento atto ad impedire la turbativa, di fatto posta in essere dai
ricorrenti, alla vita della società», come preteso nelle note,
l'azione dovrebbe ritenersi intèsa ad ottenere la tutela dalle
molestie di diritto poste in essere dai resistenti, con l'esercizio del
voto in assemblea e con l'intimazione all'esecuzione della delibe
ra, e, quindi, qualificarsi di manutenzione.
Tale trasposizione dell'originaria domanda ex art. 700 c.p.c. a
domanda ex art. 1170 c.c. e 703 ss. c.p.c. non è, tuttavia,
consentita al giudicante, ostandovi il principio della rispondenza tra il chiesto ed il pronunziato ed il divieto di sostituire d'ufficio
un'azione diversa a quella espressamente e formalmente proposta;
d'altronde, neppure può ritenersi, nonostante qualche isolata pro nunzia in tal senso, l'esperibilità del procedimento ex art. 700
c.p.c. in funzione sostitutiva della fase d'urgenza di un'azione
possessoria costituente l'oggetto del successivo giudizio di merito
(cfr. Pret. Roma ord. 25 maggio 1984 in causa R.G. 34958/84, Basili e Fanone c. Papi).
Quanto appena rilevato per pura completezza di motivazione,
trova, d'altronde, conferma nella precisazione effettuata di seguito dal ricorrente — per cui al chiesto provvedimento di urgenza « è
collegata la pretesa, da azionarsi in via ordinaria avanti il giudice funzionalmente competente, di sentir accertare la validità della
delibera assembleare assunta dal solo socio avente diritto di
voto » — con la quale vien ribadito nella sostanza il contenuto
della domanda di merito desumibile dallo specifico provvedimento
d'urgenza richiesto in ricorso.
È ben vero, al riguardo, che il ricorrente, nel tentativo di
neutralizzare l'ovvia eccezione sollevata dai resistenti, ha anche
sostenuto di voler promuovere azione intesa non all'impugnativa della delibera adottata dai soci di maggioranza ma all'accertamen
to della validità della delibera adottata dal socio di minoranza,
tuttavia tale precisazione, peraltro tardiva, non modifica i termini
della questione per quanto attiene al provvedimento d'urgenza
unico ipotizzabile ed esplicitamente richiesto, mentre porta ad
escludere il fumus boni iuris della proponenda azione di merito
già sotto il profilo dell'ammissibilità.
Poiché, infatti, la deliberazione adottata dai soci di maggioran
za della NICER s.p.a. nell'assemblea del 10 settembre 1984 è —
come evidenziato nell'ordinanza contemporaneamente in redazione
nel procedimento RG 41647/84 tra le stesse parti — formalmente
valida, l'unico rimedio riconosciuto dall'ordinamento al socio
dissenziente onde determinarne l'invalidazione è l'impugnativa pre
vista dall'art. 2377 c.c., mentre inammissibile s'appalesa un'azione
d'accertamento della validità come deliberazione d'una dichiara
zione di voto in senso contrario effettuata sullo stesso punto dell'ordine del giorno da esso socio dissenziente.
Tale dovendo, dunque, essere necessariamente l'azione da pro
porsi nel giudizio di merito ed apprestando l'ordinamento idonea
misura cautelare con la previsione della sospensione della delibe
ra impugnata anche con decreto in via di urgenza (cfr. Pret.
Roma ord. 10 novembre 1983 in causa FILTE-CONFI
SAL c/CRAL SIP) all'art. 2378 c.c., inammissibile deve ritenersi
il ricorso ex art. 700 c.p.c., stante il carattere residuale di tale
procedimento atipico, ove, come nella specie, inteso a conseguire
analogo risultato.
Ili
Fatto. ■— Con ricorso depositato in data 28 febbraio 1984, la
società Istituto medico e di ricerca scientifica — I.M. e R.S. —
per azioni chiedeva che, in via provvisoria ed urgente, ai sensi
dell'art. 700 c.p.c., s'inibisse ad Urbano Domenico di porre in
essere alcun atto di amministrazione e di gestione, interna ed
esterna di essa impresa, ivi inclusa l'assemblea ordinaria dei soci
dal medesimo indetta per i giorni 12 marzo 1984, con conseguen
te ordine poi di consegna agli amministratori in carica della
società delle scritture contabili e dell'ulteriore documentazione
societaria in suo possesso.
Il Foro Italiano — 1985.
Assumeva la società che l'Urbano, suo socio e componente del
consiglio di amministrazione, nonostante avesse rinunciato al
l'ufficio di amministratore delegato di essa impresa e fosse stato
revocato nella stessa data del 12 gennaio 1984 dal detto ufficio ad
opera del delegante consiglio di amministrazione, aveva arbitra
riamente continuato ad esercitare attività di amministrazione e di
gestione, convocando peraltro un'assemblea ordinaria dei soci ed
emettendo certificati azionari, in antitesi ad analoga e antecedente
attività degli amministratori in carica, a tanto legittimati, deter
minando in tal modo una intollerabile situazione di gestione
parallela e concorrente della società, esiziale per la stessa esisten
za dell'impresa e, quindi, produttiva di pregiudizi irreparabili.
Con decreto in pari data, l'adito Pretore di Roma concedeva i
provvedimenti d'urgenza richiesti e fissava al 20 marzo 1984
l'udienza di comparizione delle parti per la conferma, revoca o
modifica degli stessi. All'udienza del 20 marzo 1984, Urbano
Domenico si costituiva, chiedendo la revoca dei provvedimenti
d'urgenza e la declaratoria di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso e, in subordine, il rigetto delle domande cautelari.
Segnatamente, esponeva che, con ordinanza del 12 marzo 1984, lo stesso Pretore di Roma aveva respinto le domande di provve dimenti d'urgenza, da lui proposte unitamente ad altri nei con
fronti della società ricorrente ed aventi ad oggetto l'inibitoria
dell'assemblea ordinaria dei soci indetta dal presidente del consi
glio di amministrazione per i giorni 15-16 marzo 1984 nonché
l'ordine di emissione di nuovi certificati azionari sulla base delle
risultanze del libro dei soci. Lamentava che era stato adottato, nella specie, per di più inaudita altera parte un provvedimen to d'urgenza di inibitoria di assemblea quando, invece, nell'altro
procedimento s'era adottata soluzione contraria in ragione del
l'inidoneità dell'atto di convocazione d'assemblea, su cui dovrebbe
interagire il provvedimento, a ledere situazioni giuridiche sogget tive. Eccepiva l'invalidità, ai sensi dell'art. 2388 c.c., della delibe razione in data 12 gennaio 1984 del consiglio di amministrazione della società, con cui era stato revocato dall'ufficio di amministra tore delegato della stessa. Rilevava, poi, l'illegittimità dell'ordine di consegna delle scritture contabili e dell'ulteriore documentazio ne societaria agli amministratori in carica della società, volta che v'erano rimedi cautelari tipici e che, in sede cautelare, non
poteva svolgersi alcun accertamento in ordine ai predetti, agli amministratori in carica appunto. Osservava che l'esecuzione dei
provvedimenti d'urgenza concessi aveva determinato il soddisfa
cimento delle pretese avanzate in giudizio e, quindi, aveva fatto
venir meno l'interesse alla relativa azione. Svolgeva, infine, una
serie di considerazioni in ordine alla detta ordinanza del 12
marzo 1984.
La società ricorrente, dal canto suo, ribadiva le proprie tesi,
depositava note illustrative e concludeva per la conferma dei
provvedimenti immediati, di cui al decreto del 28 febbraio 1984.
Il pretore si riservava di decidere.
Diritto. — 1. - Vanno affrontate, in limine, per l'evidente loro
pregiudizialità rispetto alle altre attinenti al merito, le questioni d'inammissibilità e di improcedibilità della domanda, sollevate
dalla difesa del resistente in ragione precipua e dell'indirizzo
giurisprudenziale — cui s'è attenuto il giudicante in altro proce dimento cautelare tra le stesse odierne parti ed altre — che vuole
inammissibile l'inibitoria d'urgenza di una convocazione d'assem
blea per mancanza di situazione determinativa di danno, e della
presenza di rimedi cautelari tipici per la consegna in via urgente di libri e di altre scritture contabili sociali, e della sopravvenuta carenza d'interesse all'azione, giusta l'esecuzione dei provvedimen ti immediati concessi.
a) Sull'inammissibilità della domanda per difetto di situazione
pregiudizievole ovvero per presenza di rimedi cautelari tipici. La questione appare infondata. Improprio si palesa, infatti, il
richiamo operato dal resistente con riguardo alla giurisprudenza
espressa dal giudicante in altro procedimento cautelare, in quello vertente tra le stesse odierne parti ed altre, concluso alcuni giorni or sono con l'ordinanza del 12 marzo 1984.
In quella sede ebbe ad affermarsi che non può farsi luogo ad
un provvedimento d'urgenza di inibitoria di assemblea per l'ini
doneità dell'atto della sua convocazione, su cui dovrebbe interagi re il provvedimento, a ledere situazioni giuridiche soggettive.
Più speoificamente, in armonia con precedenti pronunce di
questa Pretura di Roma, s'osservò che la convocazione di assem
blea di società non pare costituisca « di per se » causa di
pregiudizio alle ragioni o ai diritti di alcuno siccome è l'atto
introduttivo del complesso procedimento diretto alla formazione
della volontà dell'ente, volontà cui soltanto potranno attribuirsi
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
incidenze lesive, denunciabili dagli interessati anche in via caute
lare.
Siffatta giurisprudenza, tuttora ferma nel giudicante, non risulta
applicabile nel caso che ora ci occupa.
Invero, nella specie, la convocazione di assemblea è denuncia
ta non già in quanto tale, come nel caso precedente, quale atto
introduttivo del complesso procedimento diretto alla formazione
della volontà dell'ente, quand'anche con pronostico d'illeciti, ben
sì quale uno degli atti in cui s'esprime l'attività di gestione e di
amministrazione della società da parte del resistente, attività che si
vuole illegittima per sopravvenuta carenza di potere ed esiziale
per la stessa vita dell'impresa.
'È questa diversità a rendere inapplicabile il principio innanzi
esposto ed è questa stessa diversità, accanto alla palese mancanza
di misure cautelari tipiche, mancanza significativamente contestata
dal resistente senza alcuna indicazione concreta di mezzi nomina
ti di tutela preventiva, è questa stessa diversità — si diceva — a
rendere ammissibile la domanda di provvedimento d'urgenza anche
per la parte relativa alla consegna dei libri e delle altre scritture
contabili della società in possesso del predetto, per quella parte,
appunto, che è in rapporto di necessaria strumentalità con
l'invocata tutela del diritto di amministrazione della società da
parte dei relativi organi e con la principale istanza d'inibitoria al
resistente di svolgere attività di amministrazione e di gestione
dell'impresa.
b) Sull'improcedibilità della domanda per sopravvenuta carenza
d'interesse.
La questione appare infondata. Nella specie, infatti, risulta
tuttora sussistente l'interesse della società ricorrente all'azione
cautelare esercitata, interesse che larga parte della dottrina e
questa stessa Pretura di Roma (ord. 10 aprile 1980, Foro it., 1980,
I, 1773) qualifica in relazione alla imminenza del pregiudizio, alla
necessità di un intervento del giudice per impedire che il tempo
occorrente per il giudizio ordinario si traduca in danno attuale.
Come è stato posto in luce dai favorevoli commenti alla
sopraindicata ordinanza del 10 aprile 1980, l'interesse alla misura
cautelare nasce e, perciò, è qualificato dallo stato di pericolo in
cui versa il diritto dell'agente, con la conseguenza che, nel caso
si siano realizzati ovvero vengano a realizzarsi fatti determinanti
la caduta di quello stato, non è possibile ottenere il provvedimen to cautelare, che, al pari di ogni altra pronuncia, anche di merito,
è condizionato dalla utilità personale, concreta ed attuale della
parte alla sua emissione, in cui si sostanzia l'interesse regolato dall'art. 100 c.p.c.
Invero, la dedotta esecuzione in corso di causa dei provvedi menti d'urgenza richiesti e concessi col decreto, che qui si è
chiamati a confermare, modificare o revocare, non può apprezzar si quale fatto indicativo della caduta dello stato di pericolo dedotto a ragione dell'azione cautelare esercitata dalla società
ricorrente, del pericolo, appunto, che il resistente continui ad
esercitare l'attività di amministrazione e di gestione dell'impresa che si vuole a lui preclusa per rinuncia ovvero per revoca
dell'ufficio di amministratore delegato della stessa.
Prova ne è, a tacer d'altro, il persistente disconoscimento da
parte del medesimo della sua cessazione dal detto ufficio, di
sconoscimento operato o in sede di esecuzione dei provvedimenti concessi in via immediata col decreto o in sede di costi
tuzione nel presente giudizio cautelare, all'udienza del 20 marzo
1984. 2. - Passando al merito, s'osserva che l'adito Pretore di Roma,
col decreto del 28 febbraio 1984, ebbe a concedere i richiesti
provvedimenti d'urgenza, in via immediata, inaudita altera parte,
e specificamente ebbe ad inibire al resistente di porre in essere
atti di amministrazione e di gestione interna ed esterna della
società ricorrente, ordinandogli peraltro di consegnare agli ammi
nistratori in carica della stessa i libri e le altre scritture sociali in
suo possesso e di sospendere l'assemblea ordinaria dei soci
indetta per i giorni l°-2 marzo 1984.
Le ragioni del decreto, già espresse con dovuta essenzialità al
momento della sua emissione, risiedevano segnatamente nel peri
colo di pregiudizio irreparabile ed imminente, cui era esposta
l'utile gestione della società ricorrente e, quindi, la sua stessa
esistenza causa l'arbitrario esercizio dell'attività di amministrazio
ne da parte del resistente per il tempo successivo alla sua
revoca del 12 gennaio 1984 dall'ufficio di amministratore delegato
dell'impresa, tempo nel quale aveva convocato — appunto — la
detta assemblea (in data 30 gennaio 1984), ed aveva emesso i
certificati azionari della società per l'intero suo capitale (in data
17 febbraio 1984), in antitesi ad analoghe precedenti attività del
Il Foro Italiano — 1985.
presidente del consiglio di amministrazione in carica della stessa
impresa (in data 26 gennaio 1984 e in data 3 febbraio 1984).
Orbene, riesaminato il quid disputandum in contraddittorio del
resistente, dovuta è la conferma dei provvedimenti immediati con
cessi.
Alcun dubbio appare rappresentabile, invero, in ordine alla
sussistenza di pregiudizio irreparabile per l'ipotesi di amministra
zione parallela e concorrente di società da parte di persona che
sino a poco prima abbia rivestito l'ufficio di amministratore
delegato dell'impresa: una situazione siffatta è destinata a genera re, sia all'interno che all'esterno della società, confusioni di ruoli
e di imputabilità di gravità tale da incidere, in misura irreversibi
le, sulla stessa immagine dell'impresa e, in ultima analisi, sulla
sua stessa esistenza.
Parimenti, in ragione delle esposte peculiarità del caso ed in
considerazione dei già cennati rapporti di specie a genere e di
strumentalità necessaria, non sembra dubitabile che gli organi di
consegna dei libri e delle altre scritture sociali e di sospensione della assemblea dovessero adeguatamente corredare il provvedi mento immediato di inibitoria dell'esercizio d'attività di ammini
strazione e di gestione della società.
Tale inibitoria, poi, sul piano del fumus boni iuris appariva ed appare giustificata dalla veridicità e legittimità della dedotta
revoca del resistente dall'ufficio di amministratore delegato della società con pieni poteri di gestione ordinaria e straordinaria.
Infatti, tenuto conto — s'intende — della sommarietà dell'ac
certamento propria del giudizio cautelare, non appare suscettibile di censure d'invalidità o d'inefficacia la deliberazione del consiglio di amministrazione della società, adottata in data 12 gennaio 1984 ed avente ad oggetto — tra l'altro — la revoca esposta. La deliberazione risulta presa alla presenza della maggioranza degli amministratori in carica della società ed a maggioranza assoluta
degli stessi, e — per l'appunto — dei componenti del consiglio di
amministrazione, sigg. Nervi e Passariello. Questo è il risultato attendibile, cui si perviene in forza della
documentazione prodotta in giudizio ed esaminata a mente delle
regole vigenti in materia degli art. 2385 e 2388 c.c., i quali rispettivamente prescrivono che la rinuncia all'ufficio di ammi nistratore di società per azioni ha effetto immediato se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione e, in caso
contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all'accettazione dei nuovi amministratori, e che per la validità delle deliberazioni del consiglio di amministra zione è necessaria la presenza della maggioranza degli ammini stratori in carica ed il voto a maggioranza assoluta degli stessi, salva diversa previsione dell'atto costitutivo.
Invero, l'atto costitutivo della società ricorrente del 6 agosto 1981 assegna l'amministrazione ad un consiglio di cinque membri, nominati nelle persone dei sigg. Nervi, Urbano, Arcangeli, Caval iere) e Monti, senz'altro prevedere in ordine a numero di presenze di votanti per la validità delle relative deliberazioni.
In data 17 settembre 1981, il consiglio di amministrazione conferisce tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministra
zione, di cui all'art. 12 dello statuto della società, al consigliere Urbano. Successivamente, avendo rinunciato alla carica di consiglie re la Cavallero e la Monti, l'assemblea ordinaria dei soci, in data 3
marzo 1982, con la presenza dell'intero capitale sociale, nomina in loro sostituzione i sigg. Passariello e Cappello.
Questa deliberazione dell'assemblea, al pari di quella contestua
le di aumento del capitale sociale, non viene impugnata da
alcuno, tanto meno dall'odierno resistente Urbano, che alla stessa
partecipò con voto favorevole. In data 16 marzo 1983, l'Arcangeli conferma le sue dimissioni
dalla carica di consigliere di amministrazione della società. In data 2 gennaio 1984, il Cappello e, in data 12 gennaio 1984,
l'Urbano rassegnano le proprie dimissioni dalle cariche di consi
glieri di amministrazione della società.
Fondato, quindi, si presenta il rilievo della ricorrente società
che, alla data del 12 gennaio 1984, quando venne deliberata la
revoca del resistente dall'ufficio di amministratore delegato, non
era venuta meno la maggioranza dei componenti il suo consiglio di amministrazione e che la deliberazione di revoca venne presa alla presenza ed a maggioranza assoluta dei suoi membri in carica:
là rinuncia dell'Arcangeli alla carica ebbe effetto immediato siccome
restavano in carica quattro consiglieri sui cinque previsti dall'atto
costitutivo; la rinuncia del Cappello alla carica ebbe lo stesso
effetto immediato perché realizzata in data 2 gennaio 1984,
quando erano in carica quattro consiglieri, prima che l'Urbano
prendesse uguale iniziativa; la rinuncia dell'Urbano alla carica
non poteva avere effetto immediato perché manifestata in data 12
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PARTE PRIMA
gennaio 1984, quando erano in carica soltanto tre consiglieri su
cinque, per l'appunto il predetto, il Nervi ed il Passariello.
3. - Alla conferma dei provvedimenti immediati concesse con
segue, ai sensi dell'art. 702 c.p.c., la fissazione del termine
perentorio per l'inizio del giudizio di merito innanzi alla magi stratura competente.
Per questi motivi, visti gli art. 700-702 c.p.c., conferma i
provvedimenti immediati, resi inaudita altera parte con decreto
del 28 febbraio 1984. (Omissis)
IV
Fatto. — Con ricorso depositato in data 5 marzo 1984, Urbano
Domenico, la società Holst Italia p.a. e Brizzi Giuliana hanno
chiesto che con provvedimento d'urgenza, ai sensi dell'art. 700
c.p.c., si inibisca l'assemblea della società Istituto medico e di
ricerca scientifica — I.M. e R.S. — s.p.a., indetta dal presidente del consiglio di amministrazione, Nervi Carlo, per il 15-16 marzo
1984 con all'ordine del giorno « deliberazioni in ordine all'azione
sociale di responsabilità nei confronti dell'ex amministratore dele
gato; dimissioni dalla carica di due consiglieri di amministrazione
e conseguenti provvedimenti ex art. 2386, 2° comma, c.c.; cambiamento dell'indirizzo della sede sociale da via Lisbona, n. 3, Roma, a via Santo Stefano Rotondo, n. 6, Roma; varie
ed eventuali », assumendo il pregiudizio irreparabile che altrimen
ti avrebbero a subirne la Brizzi quale sindaco ed i primi due
quali soci della detta impresa, cui non erano stati riconosciuti i
certificati azionari secondo le risultanze del relativo libro sociale
(libro dei soci), certificati che il presidente del consiglio di
amministrazione aveva invece illecitamente emesso, in data 3
febbraio 1984, cosi scompaginando l'effettivo assetto societario, sulla base degli originari conferimenti, di cui all'atto costitutivo
della società ed alla deliberazione assembleare d'aumento del
capitale sociale, senza tener conto delle variazioni e dei trasferi
menti dei titoli intervenuti nel frattempo. Hanno precisato che l'adito Pretore di Roma, con provvedi
mento d'urgenza del 28 febbraio 1984, inaudita altera parte, aveva sospeso la convocazione dell'assemblea della stessa società,
legittimamente indetta dall'Urbano per i giorni l°-2 marzo 1984
al fine di deliberare l'esercizio di azioni di responsabilità nei
confronti del presidente del consiglio di amministrazione e di
altri nonché di ricostituire lo stesso consiglio di amministrazione.
La società Istituto medico e di ricerca scientifica — I.M. e R.S. — p.a. s'è costituita, opponendosi alla domanda per ragioni di
rito e di merito, riassumibili nella carenza di legittimazione attiva
della Brizzi e della società Holst Italia, sedicenti sindaco e socio
di essa impresa, nell'inammissibilità del ricorso al provvedimento
d'urgenza siccome esperibili azioni cautelari tipiche, quella di
sequestro conservativo — appunto—, nella mancanza di pregiudi
zio imminente ed irreparabile in ipotesi di convocazione d'as
semblea di società, nella necessità della riunione del procedimento
ad altro, relativo a causa di natura cautelare promossa innanzi
allo stesso ufficio e fissata per la conferma, modifica o revoca del
concesso decreto inibitorio all'udienza del 20 marzo 1984, e nella
assoluta regolarità — secondo normativa di legge e di contratto
,— della contestata emissione dei certificati azionari, emissione
avvenuta soltanto in data 3 febbraio 1984, ad oltre due anni
dalla costituzione della società, per la colpevole e pervicace inerzia dell'Urbano, ex amministratore delegato della stessa.
Con autonomo ricorso depositato in data 6 marzo 1984, Gilka
Annette Belloni ha chiesto che, con provvedimento d'urgenza, ai
sensi dell'art. 700 c.p.c., s'ordini alla detta società I.M. e R.S. di
emettere i certificati azionari in favore suo e degli altri interessati
secondo le risultanze del libro dei soci e, in subordine, che si
inibisca l'assemblea indetta dal presidente del consiglio di ammi
nistrazione per il 15-16 marzo 1984, assumendo il pregiudizio
irreparabile che altrimenti avrebbe a subirne quale socio della
detta impresa, cui era riconosciuta una quota di partecipazione inferiore al dovuto a vantaggio di altri, non aventi diritto, con
insostenibile alterazione dei rapporti societari.
La società I.M. e R.S. s'è costituita, opponendosi alle domande
per motivi analoghi a quelli espressi con riguardo alla pretesa avanzata da Urbano Domenico, dalla società Holst Italia e da
Brizzi Giuliana.
Riuniti i procedimenti, sono intervenuti volontariamente in
giudizio Arcangeli Giorgio, la società RADEC a. s. e Cavallero
Rita Antonella: i primi due in adesione della società I.M. e R.S.
e la terza a sostegno dei ricorrenti e per ottenere la tutela, in via
immediata ed urgente, delle proprie ragioni di socio della detta
impresa mediante ordine di emissione a suo nome ovvero a nome
Il Foro Italiano — 1985.
della società Hoist Italia, cui le aveva vendute, delle azioni
acquistate dall'Arcangeli, e mediante inibitoria della sopraindicata assemblea del 15-16 marzo 1984.
All'udienza del 9 marzo 1984, l'adito Pretore di Roma si è
riservato di decidere, con termine per la presentazione di note
difensive e documenti sino al 10 marzo 1984. Diritto. — 1. - Le domande di provvedimento d'urgenza,
proposte dai ricorrenti e dall'intervenuta Cavaliere, non possono essere accolte per i motivi che si vanno ad esporre, motivi
preliminari ed assorbenti, tali comunque da esonerare il giudican te, anche in ragione della natura e delle finalità del procedimento cautelare, intese secondo il principio di economia processuale, da
esonerare — si diceva — dalla disamina delle altre questioni di
proponibilità e di merito prospettabili e prospettate in giudizio. a) Sulla domanda di inibizione dell'assemblea della società,
indetta per il 15-16 marzo 1984.
Ritiene il giudicante, in armonia con l'indirizzo espresso in
materia da questa Pretura di Roma (ord. 17 ottobre 1977, Foro
it., 1978, I, 777 e ord. 2 febbraio 1978, id., 1978, I, 761), che non
possa farsi luogo ad un provvedimento d'urgenza di inibitoria
d'assemblea per l'inidoneità dell'atto di sua convocazione, su cui dovrebbe interagire il provvedimento, a ledere situazioni
giuridiche soggettive.
Specificamente, come ebbe ad osservarsi nelle citate pronunce, non pare dubitabile che la convocazione di assemblea di società
non possa costituire di per sé causa di pregiudizio delle ragioni o
dei diritti di alcuno.
Invero, la convocazione d'assemblea è soltanto l'atto introdut
tivo del complesso procedimento diretto alla formazione delle
volontà dell'ente, alle deliberazioni dei soci riuniti in assemblea, e, in quanto tale, non ha autonoma, dirette ed apprezzabile incidenza lesiva sui diritti e le ragioni dei soci, ancorché di
minoranza, ovvero di altri, incidenza — questa — prospettabile invece con riguardo alle deliberazioni assembleari, contro cui gli interessati potranno agire giudizialmente, anche in via cautelare.
Del resto, inibire un'assemblea di società per azioni convocata nelle forme di legge, qual è incontestatamente quella in esame, è
atto della cui ortodossia giuridica sarebbe dato discutere, non
foss'altro che per contrasto col principio generale, vigente in
materia e di cui è espressione la norma dell'art. 2366 c.c., in
forza del quale all'assemblea dei soci deve essere sempre garanti to lo svolgimento delle funzioni ad essa spettanti.
Mancando quindi una situazione attuale determinativa di pre
giudizio imminente ed irreparabile, inaccoglibile si presenta un
provvedimento cautelare atipico di sospensione della convocazione
dell'assemblea in oggetto, convocazione che, peraltro, in merito al
secondo punto dell'ordine del giorno, quello riguardante la sosti
tuzione di due consiglieri di amministrazione dimissionari, si
presenta quale atto dovuto, ai sensi dell'art. 2386 c.c.
b) Sulla domanda di emissione dei certificati azionari secondo
le risultanze del libro dei soci.
La domanda in oggetto di provvedimento d'urgenza, con cui
s'ordini alla società resistente di emettere i certificati azionari
secondo le risultanze del libro dei soci, è domanda inammissibile,
per un verso, e, per un altro verso, infondata.
Posto infatti che per concorde ammissione delle parti i cer
tificati azionari della società resistente risultano emessi e circolan
ti, ed in misura pari all'intero capitale sociale, una richiesta di
emissione di nuovi certificati azionari si presenta di per sé
ingiustificata siccome in contrasto col principio di indefettibile
corrispondenza tra quote di partecipazione alla società e capitale sociale, che informa la vita delle società e di cui sono espressio ne, per le imprese collettive di capitali, quale è quella in parola, gli art. 2325, 2329 e 2346 c.c. Il risultato non muta, se si
consideri la domanda quale domanda di emissione di nuovi
certificati azionari in sostituzione di quelli che, secondo l'assunto, sono stati illecitamente ammessi a nome di altri sulla base degli originari conferimenti, senza tener conto dei trasferimenti dei
titoli realizzati nel frattempo ed annotati nel libro dei soci.
Invero, attesa l'incontestata circostanza dell'emissione e della
circolazione di titoli azionari della società per l'intero suo capita le, una domanda siffatta di provvedimento d'urgenza è domanda sostanzialmente diretta ad assicurare, in via provvisoria, gli effetti di un giudizio di merito risolutivo di contesa insorta sulla
spettanza, sulla titolarità dei certificati azionari e, in quanto tale, giusta la presenza nel nostro ordinamento di misura cautelare
tipica idonea allo scopo, il sequestro giudiziario — appunto —, e
giusta la nota funzione residuale dei provvedimenti d'urgenza, è domanda inaccoglibile.
Sostenere il contrario, e specificamente che il ricorso alle
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
misure cautelari atipiche, di cui all'art. 700 c.p.c., non sia
precluso dalla presenza di misure cautelari nominate o tipiche, idonee allo scopo, nel caso che venga richiesto un provvedimento di contenuto diverso da quello previsto per le altre procedure
cautelari, è assunto non condivisibile perché svilisce il significato sostanziale del concetto di « residualità », espresso dal legislatore con riguardo ai provvedimenti d'urgenza, attribuendo all'espres sione un significato formale ed insoddisfacente, prossimo a quello di « identità » (come dire che inammissibile è il ricorso all'art.
700 c.p.c. nelle sole ipotesi in cui sia richiesto un provvedimento di contenuto identico a quello di altra tipica misura cautelare), in
una visione parziale e soggettiva del problema, che non considera
appieno le ragioni e le finalità della cautela, che è mezzo previsto e riconosciuto dal legislatore per assicurare « in termini oggetti vi » le situazioni giuridiche degne di tutela e minacciate da
pregiudizio nel tempo occorrente per farle valere in via ordinaria.
Il rigetto della domanda s'impone, poi, anche per ragioni di
merito.
Invero, come evidenziato dalla difesa della società resistente e
delle parti intervenute a suo sostegno, il libro dei soci, alle cui
risultanze si vuole che venga conformata la richiesta emissione dei
certificati azionari, appare inattendibile.
L'inattendibilità traspare da un complesso di rilievi, segnata mente riassumibili: nella palese mancanza in esso, con riguardo alle diverse annotazioni, di sottoscrizione da parte dei soggetti che, quali amministratori della società, ne dovevano avere cura, ai sensi dell'art. 2421 c.c.; nella comprovata gravissima discordan
za tra le annotazioni in esso espresse e la realtà delle quote di
partecipazione dei soci, specificamente di quella del socio Michele
Di Giesi, deceduto nel frattempo, che nel libro in oggetto è
indicato come alienante di tutte le sue quote di partecipazione ad altro socio nello stesso giorno di costituzione delle società (6
agosto 1981) e che, poi, in data successiva, il 3 marzo 1982,
quando avrebbe dovuto considerarsi estraneo alla società, secondo le risultanze del libro dei soci, delega il socio, cui aveva alienato le quote, a rappresentarlo nell'assemblea della stessa
società, nell'essere stati annotati nel detto libro trasferimenti di azioni, realizzati in data 6 agosto 1981, 2 maggio 1983, 23 settembre 1982, 3 novembre 1983 e 3 ottobre 1983, quan do ancora — per ammissione delle parti in causa — non erano stati rilasciati i certificati azionari, e ciò in patente viola zione delle norme che regolano il trasferimento di titoli siffatti
(art. 2022 e 2023 c.c.); e nelle circostanze, presuntivamente deducibili dai fatti innanzi esposti, che i trasferimenti in parola furono realizzati in violazione della clausola statutaria, che,
incondizionatamente, senza distinzione tra tipi di trasferimento e
soggetti interessati agli stessi, riconosce ai soci il diritto di
prelazione nell'acquisto delle azioni, e tanto al non espresso ma
non meno evidente scopo di impedire l'alterazione inconsapevole
dell'originaria compagine sociale e dei preesistenti rapporti di
partecipazione societaria (v. art. 6 dello statuto della società: non
diritto di opzione, come materialmente ma erroneamente indicato
in clausola, in ragione delle superfluità di una previsione di
questo tipo, autoritativamente imposta dalla legge, art. 2441 c.c., e
dall'essere impropria un'opzione con riguardo ad ipotesi di trasfe
rimento di azioni). 2. - Versandosi in ipotesi di rigetto di domanda, non va fissato il
termine di cui all'art. 702 c.p.c. e va resa invece pronuncia sulle
spese processuali, come da costante indirizzo di questo ufficio, da
ultimo condiviso dal Supremo collegio, a sezioni unite, con sent,
n. 6066 del 17 ottobre 1983 (id., 1984, I, 159). Le cennate
peculiarità dei casi in esame si lasciano apprezzare quali giusti motiva di compensazione delle spese, ai sensi dell'art. 92, 2°
comma, c.p.c. Per questi motivi, visto l'art. 700 c.p.c., rigetta le domande di
provvedimento d'urgenza e compensa per intero tra le parti le
spese processuali.
V
Vista la documentazione allegata;
poiché il dott. Domenico Urbano, già amministratore delegato, è stato sollevato dalla carica sociale con deliberazione del consi
glio di amministrazione di cui è verbale del 12 gennaio 1984, che
non risulta essere stato impugnato; ritenuto che l'attività di gestione sociale protratta dal medesimo
in ispregio alla predetta deliberazione di revoca con la convoca zione dell'assemblea del l°-2 marzo 1984 e con la duplicazione dell'emissione delle azioni, che appare ad essa strumentale, si
pone come fonte di pregiudizio imminente ed irreparabile per la
Il Foro Italiano — 1985.
corretta gestione ed amministrazione della società ricorrente, onde
si impone un provvedimento immediato inaudita altera parte di
inibitoria di siffatta attività pregiudizievole, potendo ritenersi am
missibile il ricorso alla procedura d'urgenza ex art. 700 c.p.c. in
mancanza di altro rimedio cautelare tipico;
considerato, in particolare, che non appare applicabile alla
fattispecie, la procedura di cui all'art. 2409 c.c., trattandosi, nella
specie, di inibitoria di attività gestionale parallela e concorrente
rispetto a quella che, allo stato degli atti, appare come la
legittima attività svolta dagli organi preposti all'amministrazione
della società, e ciò da parte di un soggetto già revocato nei
poteri amministrativi a suo tempo delegatigli e per giunta già dimissionario dalla carica di consigliere di amministrazione;
ritenuta l'urgenza di provvedere in relazione alla imminenza
della data fissata dal dott. Urbano per la convocazione dell'as
semblea del l°-2 marzo 1984.
Per questi motivi, 1) inibisce a Domenico Urbano, in via
provvisoria, di porre in essere alcun atto di amministrazione e di
gestione inerna e/od esterna della ricorrente società Istituto
medico e di ricerca scientifica - I.M. e R.S. s.p.a.; ordina al
medesimo di consegnare immediatamente agli amministratori in
carica non dimissionari le scritture contabili e tutta la restante
documentazione amministrativa e fiscale dallo stesso detenuta
presso la sede sociale in Roma, via Lisbona n. 3; ordina la
sospensione dell'assemblea ordinaria dei soci dall'Urbano indetta
per i giorni l°-2 marzo 1984. (Omissis)
I
PRETURA DI VENEZIA; sentenza 3 luglio 1984; Giud. Sal
varani ; Amato e altri (Avv. Garofalo, Lizier) c. Soc. Adria
tica di navigazione (Avv. Marazza, Salvador!).
PRETURA DI VENEZIA;
Lavoro in materia di navigazione marittima, interna ed aerea —
Lavoro domenicale — Maggiorazione prevista dal contratto
collettivo — Ulteriore maggiorazione — Esclusione (Cost., art.
36; cod. civ., art. 2109; 1. 22 febbraio 1934 n. 370, riposo domenicale e settimanale, art. 1, 3).
Al personale navigante delle imprese di navigazione di preminen te interesse nazionale che non usufruisca del riposo settimanale
dopo sei giorni consecutivi di lavoro non compete, per il
lavoro prestato di domenica, alcun ulteriore compenso oltre a
quanto già stabilito dal c.c.n.l. del settore (quota di retribuzio
ne pari ad un trentesimo, riposo compensativo retribuito e
maggiorazione del 30 %). (1)
II
PRETURA DI GENOVA; sentenza 13 giugno 1984; Giud. Fa
zio; Fresia e altri (Aw. Paolillo) c. Soc. Sicula Oceanica e
altri i(Avv. Pugliese).
Lavoro in materia di navigazione marittima, interna ed aerea —
Lavoro domenicale — Maggiorazione — Esclusione (Cost., art.
36; cod. civ., art. 2109; 1. 22 febbraio 1934 n. 370, art. 1, 3).
Al personale navigante delle imprese di navigazione (nella specie aderenti alla Confederazione italiana degli armatori liberi) che
presti la propria attività di domenica e goda del riposo
compensativo non compete alcuna maggiorazione della retribu
zione per l'opera prestata in tale giorno. (2)
(1-2) Benché pervengano alla stessa conclusione — negando che il lavoro prestato di domenica debba essere retribuito con un compenso ulteriore rispetto a quanto previsto dalla contrattazione collettiva — le due sentenze si pongono in netto contrasto sul problema della retribuzione del lavoro domenicale prestato a bordo della nave con
godimento del riposo compensativo (o con pagamento della corrispon dente indennità se il riposo non viene goduto).
La sentenza del Pretore di Genova rifiuta infatti esplicitamente la tesi accolta da Cass., sez. un., 10 novembre 1982, n. 5923 (riportata, unicamente alla divergente, Pret. Firenze 13 novembre 1982, in Foro it., 1983, 1, 1967, con nota di richiami di dottrina e giurisprudenza di M. De Luca) secondo cui il lavoratore che presti la propria attività di domenica ha diritto (oltre alla normale retribuzione se non gode del
riposo compensativo) ad una maggiorazione per la maggior « penosità » del lavoro prestato in questo giorno, escludendo che la « qualità » del lavoro tutelata dall'art. 36 Cost, sia riferibile anche al « maggior costo
personale che esso comporta per il lavoratore ». In senso conforme a
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