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sentenza 3 aprile 1997, n. 79 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres....

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sentenza 3 aprile 1997, n. 79 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres. Vassalli, Est. Ruperto; Mortarotti e altra c. Cantamessa; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib. Asti 16 gennaio 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 1996) Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1325/1326-1327/1328 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191180 . Accessed: 25/06/2014 02:31 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.34 on Wed, 25 Jun 2014 02:31:42 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 3 aprile 1997, n. 79 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres. Vassalli, Est. Ruperto; Mortarotti e altra c. Cantamessa; interv. Pres. cons. ministri.

sentenza 3 aprile 1997, n. 79 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres.Vassalli, Est. Ruperto; Mortarotti e altra c. Cantamessa; interv. Pres. cons. ministri. Ord. Trib.Asti 16 gennaio 1996 (G.U., 1 a s.s., n. 17 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 5 (MAGGIO 1997), pp. 1325/1326-1327/1328Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191180 .

Accessed: 25/06/2014 02:31

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tamento dei corsi già iniziati), di corsi definiti «integrativi teorico pratici», ma «finalizzati al conseguimento di un attestato di tec

nico di dialisi», riservati per di più a operatori con specifica

esperienza lavorativa nel settore, attestata da associazioni pro

fessionali, come previsto nell'art. 2 della legge impugnata. In

fatti, il rilascio di attestati (destinati verosimilmente ad essere

valutati, ai fini dell'equipollenza, in sede di eventuale futura

disciplina della relativa figura professionale, dettata dalla com

petente autorità statale) appare pur sempre preordinato a far

conseguire un titolo, nell'ambito di un ordinamento formativo

diverso da quello in vigore — in cui detta figura, come si è

detto, non è ancora contemplata — attraverso un'attività for

mativa diversa da quella unicamente oggi prevista a tale fine, cioè dai corsi di diploma universitario.

3. - La regione resta ovviamente libera di disciplinare e di

organizzare attività di aggiornamento, qualificazione e perfe

zionamento, nell'ambito della competenza ad essa spettante in

tema di formazione professionale (d.p.r. 16 febbraio 1979 n.

143, contenente le norme di attuazione dello statuto in mate

ria); e in questo ambito nulla vieterebbe di prevedere attività

di formazione o di aggiornamento, senza effetti abilitanti, per

gli operatori in atto impegnati nelle attività di assistenza ai ne

fropatici e di applicazione della dialisi: fermo restando però che

la regione non può né sostituire o anticipare l'ordinamento del

le figure professsionali e dei relativi titoli ed ordinamenti didat tici, né conferire ultrattività al preesistente ordinamento della

formazione professionale degli operatori sanitari, al di là dei

confini e dei termini previsti dalla legislazione statale.

Poiché gli art. 1 e 2 della legge impugnata sono volti invece

a disciplinare attività di formazione dirette al conseguimento di titoli abilitanti o di attestati inerenti ad una figura professio nale in atto non prevista, essi devono essere dichiarati costitu

zionalmente illegittimi; tale dichiarazione deve estendersi altresì

all'art. 3 della legge, che disciplina aspetti meramente procedu

rali, strumentali all'attuazione di quanto disposto negli articoli

precedenti. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara la illegitti

mità costituzionale degli art. 1, 2 e 3 1. reg. sic. recante «prov vedimenti urgenti per la formazione e la qualificazione dei tec

nici di dialisi. Norme collegate con il piano sanitario regionale. Norme per la tipizzazione tissutale e in materia di ammissione

alle scuole di specializzazione», approvata dall'assemblea regio nale siciliana in data 24 marzo 1996.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 aprile 1997, n. 79

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres. Vassalli, Est. Ruperto; Mortarotti e altra c. Canta

messa; interv. Pres. cons, ministri. Ord. Trib. Asti 16 gen naio 1996 (G.U., la s.s., n. 17 del 1996).

Contratti agrari — Affitto — Risoluzione per grave inadempi mento — Sanatoria giudiziale — Questione infondata di co

stituzionalità (Cost., art. 3, 24, 42; 1. 3 maggio 1982 n. 203,

norme sui contratti agrari, art. 46).

È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.

46, 6° comma, l. 3 maggio 1982 n. 203, nella parte in cui

consente all'affittuario del fondo rustico di sanare in giudizio la morosità mediante il semplice pagamento dei canoni sca

duti, rivalutati e con gli interessi legali, senza prevedere altre

sì il pagamento delle spese processuali, in riferimento agli art.

3, 1° comma, 24, 1° e 2° comma, e 42, 2° comma, Cost. (1)

(1) I dubbi sulla legittimità della norma impugnata, sorti anzitutto

dal suo raffronto con la disciplina dettata in tema di locazioni urbane

dall'art. 55 1. 392/78 (sulla quale cfr., da ultimo, Cass. 8 agosto 1996,

Il Foro Italiano — 1997.

Diritto. — 1. - La sezione specializzata agraria del Tribunale

di Asti, in sede di giudizio di risoluzione per inadempimento di un contratto di affittanza agraria e di rilascio del fondo, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 46, 6° comma, 1. 3 maggio 1982 n. 203, recante norme sui contratti agrari, nella parte in cui consente al conduttore di sanare la morosità

mediante il semplice pagamento dei canoni scaduti, rivalutati

e aumentati degli interessi legali, senza prevedere altresì il paga mento delle spese processuali.

Secondo il collegio rimettente, la norma censurata contraste

rebbe: a) con l'art. 3, 1° comma, Cost, per violazione del prin

cipio di uguaglianza, attesa la disparità di trattamento rispetto alla disciplina dettata, per le locazioni degli immobili urbani, dall'art. 55 1. n. 392 del 1978; b) con l'art. 24, 1° e 2° comma,

Cost., in quanto la norma stessa porrebbe una remora all'in

staurazione del giudizio da parte del proprietario, attribuendo

contestualmente un vantaggio eccessivo ed ingiustificato al con

duttore moroso, il quale, consapevole dell'inesistenza di ulterio

ri oneri a suo carico, può astenersi dal rispettare il contratto;

n. 7289, 7 agosto 1996, n. 7253 e Pret. Bologna, ord. 18 ottobre 1996, in questo fascicolo, parte prima), vengono fugati dalla Corte costituzio

nale, in base alla considerazione:

a) quanto alla prospettata violazione del principio di uguaglianza, che le fattispecie normative poste a confronto sono profondamente ete

rogenee, essendo diversamente strutturate e diversamente orientate sot to il profilo teleologico. A quest'ultimo riguardo si rammenta, in parti colare, la peculiare funzione economico-sociale (estranea alle locazioni di immobili urbani) che caraterizza il contratto agrario e la disciplina organica dettata dalla 1. 203/82, «intesa alla prioritaria salvaguardia della posizione dei coltivatori diretti, nella tendenziale valorizzazione

dell'impresa agricola ed a garanzia di un'equa remunerazione del lavo ro» (la sentenza 7 maggio 1984, n. 139, richiamata in motivazione, è

riportata in Foro it., 1984, I, 1153, con nota di D. Bellantuono). In ordine alla differenza tra la disciplina dei contratti agrari e quella in materia di locazioni urbane, va pure ricordata Cass. 21 ottobre 1994, n. 8659, id., Rep. 1995, voce Locazione, nn. 292, 293 (per esteso in

Giusi, civ., 1995, I, 976; Arch, locazioni, 1995, 375), che, considerata la diversità delle situazioni e delle finalità perseguite dalla prelazione agraria e da quella urbana, ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità dell'art. 38 1.

392/78, nella parte in cui non contiene disposizione analoga a quella dell'art. 8, 7° comma, 1. 590/65 (che prevede la sospensione del termine di pagamento del prezzo nel caso in cui il coltivatore diretto che eserciti il diritto di prelazione abbia presentato domanda, ammessa all'istrutto

ria, per la concessione di mutuo); b) quanto alla denunciata violazione degli art. 24 e 42, 2° comma,

Cost., la corte osserva, invece, che nella previsione della norma impu gnata la sanatoria giudiziale della morosità impedisce unicamente l'ac

coglimento della domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento, ma non esclude affatto che l'affittante possa ottenere, all'esito del giu dizio di risoluzione (che, verificata la sanatoria della morosità, dovreb

be essere definito con una pronunzia dichiarativa della cessazione della materia del contendere) e a norma dell'art. 91 c.p.c., la condanna del l'affittuario convenuto alla rifusione delle spese processuali sostenute.

Nel senso che la concessione del c.d. termine di grazia per il paga mento dei canoni scaduti (o di «conguagli» ad essi relativi: cfr. Cass. 18 marzo 1994, n. 2591, Foro it., Rep. 1994, voce Contratti agrari, n. 178), ai sensi dell'art. 46, 6° comma, 1. 203/82, costituisce un obbli

go — e non una facoltà — per il giudice, ma presuppone una richiesta

inequivoca (quindi, non subordinata alla mancata reiezione della do

manda risolutoria del concedente) da parte dell'affittuario moroso, v., da ultimo, Cass. 2 febbraio 1995, n. 1241, id., Rep. 1995, voce cit., n. 182, e 22 aprile 1995, n. 4585, ibid., n. 183; nonché Cass. 19 luglio 1995, n. 7866, ibid., n. 185; App. Palermo 8 aprile 1994, ibid., n. 187, annotata da A. Grasso, in Dir. e giur. agr. e ambiente, 1995, 654). Si ritiene, peraltro, che la norma in discorso non precluda la possibilità di pattuire una clausola risolutiva espressa ove il contratto di affitto

sia stipulato dalle parti con l'assistenza delle rispettive organizzazioni

professionali, ai sensi dell'art. 45 1. 203/82: v. Cass. 6 novembre 1991, n. 11810, Foro it., 1992, I, 2765, con nota di D. Bellantuono, e, da ultimo, Cass. 12 luglio 1996, n. 6328, id., Mass., 566.

Sulle condizioni di procedibilità e di proponibilità della domanda di

risoluzione per inadempimento del contratto di fondo rustico poste, ri

spettivamente, dall'art. 5, 3° comma (preventiva contestazione degli ad

debiti), e dall'art. 46, 1° comma (tentativo di conciliazione), della stes

sa 1. 203/82, cfr. Cass. 19 gennaio 1993, n. 633, 14 dicembre 1992, n. 13169, e Trib. Ascoli Piceno 9 luglio 1992, id., 1993, I, 381, con

nota di D. Bellantuono, Gli adempimenti preventivi per il giudizio di risoluzione dei contratti agrari all'esame delle sezioni unite della Cas

sazione, e, da ultimo, Cass. 30 ottobre 1995, n. 11343, id., Rep. 1995, voce cit., n. 184, e 28 novembre 1996, n. 10597, id., Mass., 933.

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Page 3: sentenza 3 aprile 1997, n. 79 (Gazzetta ufficiale, 1aserie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres. Vassalli, Est. Ruperto; Mortarotti e altra c. Cantamessa; interv. Pres. cons. ministri.

1327 PARTE PRIMA 1328

c) con l'art. 42, 2° comma, Cost., poiché la lesione del diritto di difesa comprimerebbe altresì la tutela costituzionale della pro

prietà. 2. - La questione non è fondata.

2.1. - La norma denunciata riproduce la previsione contenuta

nell'art. 4, ultimo comma, 1. 10 dicembre 1973 n. 814, che im

poneva al giudice, nella «prima udienza, prima di assumere ogni altro provvedimento», di concedere all'affittuario convenuto in

giudizio per morosità «un termine non inferiore a trenta giorni

per il pagamento dei canoni scaduti».

Peraltro, in una nuova prospettiva di maggiore tutela della

posizione del proprietario del fondo, la ora vigente norma san

cisce altresì che i canoni scaduti — il cui pagamento determina

la produzione dell'effetto sanante della morosità dedotta — ven

gano rivalutati fin dall'origine, in base alle variazioni della lira

secondo gli indici Istat, e maggiorati degli interessi di legge; ma tace ancora con riguardo alle spese processuali.

2.1.1. - Risulta d'immediata percezione la diversità struttura

le di questo meccanismo processuale rispetto a quello predispo sto dall'art. 55 1. n. 392 del 1978, relativamente alle locazioni

degli immobili urbani. Tale ultima norma, infatti, non solo sta

bilisce il numero massimo di possibilità per il conduttore di sa

nare la morosità nel corso di un quadriennio, ma prevede la

semplice facoltà, e non già l'obbligo, per il giudice di assegnare il termine di grazia, ponendo inoltre la condizione che esistano

«comprovate difficoltà del conduttore»; e non contempla la ri

valutazione delle somme, ma all'importo dovuto per tutti i ca noni scaduti e per gli oneri accessori aggiunge gli interessi legali e le spese giudiziali liquidate nella stessa sede.

Sotto il profilo teleologico, poi, è da osservare che il contrat

to agrario, organicamente disciplinato dalla 1. n. 203 del 1982, si connota per la sua peculiare funzione economico-sociale (del tutto estranea ai contratti di locazione degli immobili urbani), intesa alla prioritaria salvaguardia della posizione dei coltivato

ri diretti, nella tendenziale valorizzazione dell'impresa agricola ed a garanzia di un'equa remunerazione del lavoro (cfr. senten

za n. 139 del 1984, Foro it., 1984, I, 1153). Il genetico collega mento causale dello schema negoziale con lo svolgimento del

l'impresa agricola si presenta, dunque, come ulteriore elemento di eterogeneità delle fattispecie poste a confronto dal giudice a quo, le quali in modo evidente risentono del diverso grado di bilanciamento degli interessi contrapposti dei soggetti coin

volti nelle due vicende contrattuali.

La non simmetrica costruzione delle norme, lungi dal deter minare la prospettata disparità di trattamento, trova allora la

sua giustificazione nella diversità di ratio sottesa ai due stru menti procedimentali, che costituiscono sistemi in sé compiuti, affatto autonomi e diretti a regolare materie non omogenee. Il che spiega, del resto, perché nella legge sui contratti agrari non sia stata mutuata la pur preesistente disciplina di cui al

succitato art. 55 1. n. 392 del 1978. Donde l'inconfigurabilità dell'asserita violazione del princi

pio di uguaglianza. 2.1.2. - Quanto alla denunciata lesone del diritto di difesa

dell'affittante, con contestuale compressione del suo diritto di

proprietà (dovendosi ritenere tale ultima censura prospettata dal

giudice a quo, non già in modo autonomo, bensì quale mera ricaduta della dedotta violazione del diritto di azione), va rile vato come la norma in esame si limiti a ricollegare al pagamen to dei canoni scaduti, rivalutati e con gli interessi, la sanatoria

della morosità dedotta in giudizio. Tale sanatoria, che riveste natura spiccatamente sostanziale,

ha la sua incidenza nel processo, solo in quanto esclude che

possa essere accolta la domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento ex art. 5 1. n. 203 del 1982, facendo venir

meno la relativa causa petendi. Resta infatti fermo ogni altro effetto di carattere processuale della domanda stessa, in parti colare la responsabilità per le spese processuali sostenute dal

l'attore, il quale può comunque chiedere la condanna del con venuto ex art. 91 c.p.c. instando affinché venga emessa senten za per la declaratoria di cessazione della materia del contendere, attraverso la quale è dato appunto al giudice di provvedere al

regolamento delle spese processuali fra le parti. È appena il ca so di ricordare, al riguardo, che proprio in rag'ore dell'applica bilità delle generali norme previste dal codice < procedura civi le venne respinto, durante i lavori preparatori presso il senato, un puntuale emendamento diretto ad inserire nella norma de

Il Foro Italiano — 1997.

qua, dopo le parole «maggiorati degli interessi di legge», le al

tre: «Alla suddetta somma sono aggiunte anche tutte le spese

processuali e legali liquidate in tale sede dal giudice» (cfr. Atti

parlamentari del senato della repubblica, Vili legislatura, 427a

seduta). Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda

ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, 6° com

ma, 1. 3 maggio 1982 n. 203 (norme sui contratti agrari), solle

vata, in riferimento agli art. 3, 1° comma, 24, 1° e 2° comma, e 42, 2° comma, Cost., dal Tribunale di Asti, sezione specializ zata agraria, con l'ordinanza in epigrafe.

CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 aprile 1997, n. 78

(iGazzetta ufficiale, la serie speciale, 9 aprile 1997, n. 15); Pres. Granata, Est. Vassalli; imp. Tarditi ed altri. Ord. Pret.

Saluzzo 10 ottobre 1995 e Pret. Torino 18 aprile 1996 (G.U., la s.s., n. 17 del 1996); Cass. 24 settembre 1996 (G.U., la

s.s., n. 49 del 1996).

Pena — Sanzioni sostitutive — Reati in materia di salute pub blica — Inapplicabilità — Incostituzionalità (Cost., art. 3; cod. pen., art. 452; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale, art. 60).

È incostituzionale l'art. 60 l. 24 novembre 1981 n. 689, nella

parte in cui esclude l'applicabilità delle sanzioni sostitutive ai reati previsti dall'art. 452, 2° comma, c.p. (1)

(1) I. - Per fattispecie analoga, v. Corte cost. 23 giugno 1994, n.

254, Foro it., 1994, I, 2323, che ha dichiarato illegittimo lo stesso art. 60 1. n. 689 del 1981, nella parte in cui esclude l'applicabilità delle sanzioni sostitutive ai reati di cui agli art. 21 e 22 1. 10 maggio 1976 n. 319.

La sentenza non può che essere pienamente condivisa: in particolare merita consenso la parte finale in cui il giudice delle leggi mette in

guardia che la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 60 non è in grado di cancellare la distonia, già più volte stigmatizzata, dell'intero microsistema delle esclusioni oggettive dalle sanzioni sostitu tive: si rende perciò indifferibile un intervento del legislatore che ride termini l'ambito delle esclusioni oggettive, secondo criteri che precluda no il perpetuarsi delle disparità di trattamento inevitabilmente ricollega ta alle successioni normative tanto di natura sostanziale quanto di natura processuale.

II. - In argomento, ricordiamo che l'art. 452, in relazione all'art. 444 c.p., punisce a titolo di colpa le condotte che, avendo ad oggetto sostanze destinate all'alimentazione, siano pericolose per la salute pub blica: è principio consolidato quello per cui l'art. 5 1. 30 aprile 1962 n. 283, che ha carattere sussidiario rispetto al delitto, è assorbito quan do la sostanza alimentare abbia attitudine a recare effettivo nocumento alla salute pubblica (Cass. 25 settembre 1987, Crivello, id., Rep. 1988, voce Incolumità pubblica (reati e sanzioni), n. 19; 20 giugno 1983, Del

l'Angelo, id., Rep. 1984, voce cit., n. 41; 13 gennaio 1983, Sgreccia, ibid., n. 42).

Il delitto di cui all'art. 444 c.p. va inquadrato nella categoria dei reati di pericolo concreto nel senso che le sostanze alimentari devono esporre effettivamente a pericolo la salute pubblica (in tal senso, Cass. 13 maggio 1992, Turatta, id., Rep. 1993, voce cit., nn. 15, 16; 27 mag gio 1991, Minieri, id., Hep. 1992, voce cit., n. 25; 15 novembre 1988, San'ilippo, id., Rep. 1990, voce cit., n. 28; 17 ottobre 1987, Pagliariel lo, ic\, Rep. 1989, voce cit., n. 25; 21 gennaio 1987. Petronilla, id., Rep. 1988, voce r't., n. 21; 17 ottobre 1986, Russo, id., Rep 1987, voce cit., n. 3"; 7 ottobre 1985, Ramunno, ibid., n. 38).

La norma di :ui all'art. 444 c.p. contempla un reato di pericolo per f ui non è necessaria l'effettiva vendita delle sostanze alimentari nocive, ma è sufficiente la detenzione per il commercio di merce destinata all'a limentazione che sia nociva alla sa'ate pubblica, dovendosi intendere il termine di «commercio» in senso iato che ricomprende qualsiasi mes sa in circolazione di sostanze alimentari nocive (Cass 10 giugno 1986, Balducci, id., Rep. 1987, voce cit., n. 33; 27 maggio 1983, Toni, id., Rep. 1984, voce cit., n. 30).

Il reato previsto dall'art. 440 c.p. è di mero pericolo e pertanto alla

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