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sentenza 3 febbraio 2004; Giud. Tona; imp. Sirignano e altro

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sentenza 3 febbraio 2004; Giud. Tona; imp. Sirignano e altro Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 5 (MAGGIO 2004), pp. 309/310-313/314 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199347 . Accessed: 28/06/2014 17:05 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 92.63.101.193 on Sat, 28 Jun 2014 17:05:08 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sentenza 3 febbraio 2004; Giud. Tona; imp. Sirignano e altro

sentenza 3 febbraio 2004; Giud. Tona; imp. Sirignano e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 5 (MAGGIO 2004), pp. 309/310-313/314Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199347 .

Accessed: 28/06/2014 17:05

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

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GIURISPRUDENZA PENALE

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA; sentenza 3 febbraio

2004; Giud. Tona; imp. Sirignano e altro.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA:

Ingiuria e diffamazione — Diffamazione a mezzo stampa —

Reato — Esclusione — Fattispecie in tema di critiche alla

magistratura (Cost., art. 21; cod. pen., art. 51, 595).

In tema di diffamazione a mezzo stampa, va esente da responsa bilità il giornalista che abbia stigmatizzato il merito di un

provvedimento emesso da un magistrato riferendo, tra i 'altro, che le scelte del predetto magistrato erano state giudicate non

convenienti o non condivisibili dagli altri giudici dello stesso

ufficio, considerato che la coloritura giornalistica di talune

espressioni contenute nell'articolo era volta soltanto a viva

cizzare la narrazione delle vicende (nella specie, è stato rite

nuto conforme al parametro della continenza riferire che un

magistrato avesse «caldeggiato» una proposta avanzata da

una delle parti in un procedimento pendente davanti alla pro

pria giurisdizione e che i magistrati appartenenti allo stesso

ufficio fossero rimasti «di stucco» dinanzi alle scelte del loro

collega). (1)

(1) Il riferimento giurisprudenziale più immediato in tema di di ritto di critica giornalistica esercitato in relazione alle scelte discrezio nali di un magistrato si rinviene, nella giurisprudenza di merito, in Trib. Milano 18 gennaio 2001, riportata per ampi stralci in Foro ambrosiano, 2001. 464, con nota di Palazzo, Sulla possibilità di esprimere libera mente le proprie opinioni in merito all'attività di un magistrato, nella

quale si afferma che non può essere esclusa la libertà di ogni cittadino di esprimere liberamente le proprie opinioni anche in merito all'attività del magistrato, «malgrado questa sia caratterizzata dall'impermeabilità — e dunque dall'indipendenza rispetto ai poteri esterni, quali i mass media — in quanto la corretta e puntuale attività giudiziaria rientra nel l'interesse della collettività nazionale». Dalla copertura costituzionale del diritto di critica — ritengono i giudici milanesi — esulano tutte

quelle ipotesi d'informazione pubblica che sfociano in una censura di retta contro la sfera individuale e privata del soggetto: il dissenso ri

spetto al fatto criticato deve essere espresso «in termini corretti e misu

rati e non attraverso gratuite contumelie, ingiustificate denigrazioni e

toni tanto aggressivi quanto immotivati che trovano le loro radici in re

azioni emotive o, ancora peggio, in rancori personali». In senso sostanzialmente conforme, cfr. Trib. Milano 7 marzo 2001,

ibid., 466, in cui si afferma che il diritto di critica nei confronti di chi ha istituzionalmente maggiori poteri è intrinsecamente consentito, e che l'uso di toni aspri e polemici è ammesso nel caso in cui tali accuse

«siano state rese in una situazione che comporta delicati risvolti umani

e costituiscano una reazione, pur eccessiva e frutto d'impeto, ad un

provvedimento giudiziario», ragion per cui non ha carattere diffamato

rio preannunciare una protesta alle più alte autorità dello Stato per un

provvedimento del giudice. Con riferimento ad affermazioni diffamatorie contenute in un libro,

volte a criticare l'operato complessivo di un gruppo di magistrati, v.

Trib. Trento-Cles 19 marzo 2001, Foro it., 2002, II, 5, con nota di Ni

cosia. L'orientamento emergente nella giurisprudenza di merito appare, del

resto, in linea con i principi elaborati dalla Cassazione. In tema di criti

che all'attività o, più in generale, al comportamento dei magistrati, v.

Cass. 23 gennaio 1984, Franchini, id., Rep. 1986, voce Ingiuria, n. 23; 23 aprile 1986, Emiliani, id., Rep. 1988, voce cit.. n. 9; 18 ottobre

1993, Ramenghi, id., Rep. 1994, voce cit., n. 8; 24 novembre 1994, Li

guori, id., Rep. 1995, voce cit., n. 22; 9 ottobre 1998, Montanelli, id.,

Rep. 1999, voce cit., n. 28; 4 dicembre 1998, Soluri. ibid., n. 45; 14 di cembre 1999, Sgarbi, id., Rep. 2000, voce cit., n. 21; 18 settembre

2000, Buffa, id.. Rep. 2001, voce cit., n. 12; 15 marzo 2002, Di Gio

vacchino, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 56; 4 giugno 2001, Feltri, ibid., n.

33; 20 settembre 2000, Rinaldi Tufi, ibid., n. 46; 14 dicembre 2000,

Pacini, ibid., n. 54, dalle quali emerge che anche nei confronti del ma

gistrato sono operanti i limiti della correttezza del linguaggio, della ve

rità della notizia e della rilevanza sociale dell'argomento; tuttavia tali

limiti sono meno stringenti se esercitati nei confronti di soggetti che ri

vestono un ruolo pubblico, dato il particolare interesse della collettività

al controllo del loro operato; in ogni caso, quando dai fatti giudiziari si

prende spunto per l'illazione o l'allusione gratuita, la cronaca giudizia ria passa in secondo piano per cedere il passo ai connotati denigratori, e

quindi diffamatori, dell'articolo. Sul tema specifico dell'allusione e dell'illazione denigratoria assai

esplicita è Cass. 27 gennaio 1999, Mennella, id., Rep. 1999, voce cit., n. 52, secondo cui l'accostamento tra notizie vere — anche se insi

nuante e suggestivo — non può ritenersi denigratorio se l'esito dell'ac

costamento è la mera sommatoria logica delle informazioni accertate e

cioè se l'effetto di tale accostamento non produca sostanzialmente una

notizia nuova, non rispondente al Vero. Nello stesso senso, 21 febbraio

1995, Scalfari, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 21. Più di recente, sempre

Il Foro Italiano — 2004.

Esposizione sommaria dei motivi della decisione. — I -

L'infondatezza dell'eccezione d'incompetenza. L'avv. Biondo

ha preliminarmente eccepito l'incompetenza territoriale del

g.u.p. nisseno in ragione dell'inapplicabilità dell'art. 11 c.p.p. al

caso di specie. Il difensore ha sostenuto che all'epoca della pubblicazione

dell'articolo di cui all'imputazione (11 agosto 2002) il dott.

Edoardo Corsini, magistrato già in servizio al Tribunale di Pa

lermo, era stato sospeso dalle funzioni con provvedimento della

sezione disciplinare del Csm.

A sostegno di questa eccezione ha prodotto copia del disposi tivo di sospensione dalle funzioni emesso dalla sezione discipli nare in data 27 giugno 2001; copia del provvedimento della

stessa autorità in data 21 dicembre 2001 che revocava la so

spensione solo per alcuni capi d'incolpazione e la manteneva

per altri; copia del dispositivo della stessa autorità in data 17

ottobre 2003 con il quale veniva definitivamente revocato ogni

provvedimento di sospensione a carico del dott. Corsini.

Tale eccezione è stata rigettata perché infondata.

11 difensore ha effettivamente dimostrato che all'epoca della

pubblicazione dell'articolo asseritamente diffamatorio il magi strato odierna persona offesa era stato oggetto di provvedimento

con riferimento a fattispecie in tema di critiche alla magistratura, v.

Cass. 4 febbraio 2002, Liguori, id., 2003, II, 197, secondo cui, se è vero

che l'accostamento di notizie vere può generare una notizia nuova, non

rispondente al vero, in grado di assumere una autonoma valenza lesiva, è anche vero che il diritto di critica si concretizza nell'espressione di un

giudizio o, più genericamente, di un'opinione che, come tale, non può

pretendersi essere rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua

natura, non può che essere fondata su un'interpretazione, necessaria mente soggettiva, di fatti e comportamenti. In argomento, v. anche Ce

rase, Cronaca giudiziaria, illazioni e allusioni, in Cass, pen., 2001, 3051, il quale dopo avere preliminarmente rilevato che le illazioni e le

allusioni sono diffamatorie e non scriminate quando sono false, e dun

que non perché appartenenti ad uno stile espositivo non consentito, conclude che la problematica della illazione e dell'allusione nel conte

sto del diritto di cronaca appartiene più al requisito della verità del fatto

e non a quello della correttezza della forma. In giurisprudenza, è stato osservato inoltre da Cass. 2 ottobre 1992,

Valentini, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 31, che il metro attraverso il

quale misurare l'intensità dei giudizi espressi non può che essere diver

so in relazione al destinatario nei confronti del quale essi si rivolgono — uomo politico, comune cittadino, o comunque altro personaggio

pubblico che non sia impegnato nel dibattito politico, come ad es., un

magistrato — poiché la valutazione della continenza delle espressioni

adoperate, non si fonda su parametri oggettivi, ma riflette il contesto

sociale e politico nel quale le espressioni vengono divulgate. Nello

stesso senso, nella giurisprudenza di merito, v. Trib. Milano 24 novem

bre 1995, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 10.

Per un'analisi più articolata del tema specifico delle critiche rivolte ai provvedimenti emessi dai magistrati, v. Cass. 4 dicembre 1998, Solu

ri, cit., secondo cui l'esimente del diritto di critica giornalistica avente

ad oggetto l'attività giudiziaria va riconosciuta o esclusa in presenza di

almeno due variabili: la prima risiede nella circostanza per cui le

espressioni usate, anche se eccessive o sovrabbondanti rispetto al con

cetto da esprimere, siano riferite rispettivamente all'atto (sotto i profili di legittimità, di merito, o anche di mera opportunità), ovvero puntino direttamente ad aggredire il magistrato autore dell'atto, nella sua inte

grità morale, personale o professionale; la seconda variabile imporreb be invece di considerare la categoria di «togati» cui si riferisce la criti ca: nel caso in cui quest'ultima consista nell'attribuzione di comporta menti asseritamente caratterizzati da parzialità, eccessiva discreziona

lità o arbitrio, tale attribuzione ha una diversa valenza a seconda che

essa riguardi un giudice (il quale, nell'esercizio della giurisdizione, de

ve essere necessariamente terzo ed ispirare il suo operato a rigorosi criteri di obiettività e serenità), o riguardi invece un magistrato del

pubblico ministero, il quale è istituzionalmente portatore dell'interesse

a veder confermata, in sede giurisdizionale, con uso largamente discre

zionale degli strumenti offertigli dall'ordinamento, la propria imposta zione accusatoria.

In particolare, la sentenza in epigrafe lascia intendere che riferire al

l'opinione pubblica l'avvio di una procedura disciplinare a carico di un

magistrato non possa essere considerata una condotta lesiva del diritto

all'onore del magistrato stesso. Per un precedente in proposito, cfr.

Cass. 28 novembre 1997, Curcio, id.. Rep. 1998, voce cit., n. 26, se

condo cui riportare in un comunicato stampa la notizia di una procedura

disciplinare a carico di un magistrato costituisce offesa alla reputazio ne, screditando detta persona pubblicamente in ordine alla mancanza di

doti professionali, se però non è vero il collegamento tra la persona

predetta e un atto del suo ufficio.

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PARTE SECONDA

di sospensione cautelare e provvisoria dalle funzioni nell'am

bito di un procedimento disciplinare a suo carico.

Non ha invece dato prova della concreta esecuzione di tale

provvedimento né dell'epoca di tale concreta esecuzione, che

per un verso è condizionata dalla rituale comunicazione al com

petente ufficio giudiziario e alla parte interessata e che per altro

verso è suscettibile di essere sospesa a seguito d'impugnazione

agli organi della giurisdizione amministrativa con procedimento cautelare.

Sicché non si ha alcuna certezza in ordine al fatto che il dott.

Corsini fosse effettivamente sospeso all'epoca della pubblica zione dell'articolo a firma della Sirignano.

In ogni caso, e anche a voler ritenere verosimile o probabile la circostanza dedotta dalla difesa, non appare condivisibile

l'interpretazione dell'art. 11 c.p.p., in base alla quale lo sposta mento di competenza sarebbe condizionato dal concreto eserci

zio delle funzioni del magistrato al momento del fatto.

La ratio dell'art. 11 c.p.p., come enucleata dal costante

orientamento giurisprudenziale, è correlata alla necessità di as

sicurare l'imparzialità del giudice procedente che potrebbe esse

re compromessa nei casi in cui giudicandi e giudicati fossero le

gati da particolari rapporti di comunanza professionale, territo

riale e di frequentazioni quotidiane (cfr., ad esempio, Cass. 5

ottobre 1998, Fimmanò, Foro it., Rep. 1999, voce Competenza

penale, n. 39; 13 dicembre 1999, La Torre, id.. Rep. 2000, voce

cit., n. 33). L'art. 11 c.p.p. non opera quando tale comunanza risulta oc

casionale o meramente temporanea (ad esempio in relazione a

soggetti appartenenti alla magistratura onoraria; cfr. le sentenze

già sopra citate). E non opera neanche nel caso in cui, al mo

mento del fatto, il magistrato sia andato ad esercitare le proprie funzioni in altro diverso ufficio giudiziario; ciò lo si ricava a

contrario dal 2° comma dell'art. 11 c.p.p. che prevede un ulte

riore spostamento di competenza solo quando il magistrato sia

stato trasferito nell'ufficio che dovrebbe occuparsi dei procedi menti a suo carico ai sensi dell'art. 11, 1° comma, c.p.p. per fatti avvenuti durante la sua permanenza nella sede precedente.

Appare allora del tutto evidente che a queste situazioni non

può essere assimilata la condizione del magistrato che sia stato

dichiarato sospeso dall'esercizio delle sue funzioni, con prov vedimento che esplicitamente dichiara la propria natura provvi soria e che, come tale, in qualsiasi momento può perdere effetti, consentendo al predetto magistrato di riprendere la propria atti

vità nell'ufficio giudiziario cui era assegnato. La tesi difensiva, dichiaratamente massimalista nell'interpre

tazione letterale della norma («... esercita le proprie funzioni o

le esercitava al momento del fatto ...»), non può essere condivi

sa perché comporterebbe la paradossale conseguenza di rendere

inoperante l'art. 11 c.p.p. nelle ipotesi di congedo ordinario o

straordinario del magistrato in servizio presso un determinato ufficio giudiziario.

Va infine evidenziato che non vi è in ogni caso prova né in ordine ad un eventuale trasferimento del dott. Corsini ad altra sede giudiziaria — anche in conseguenza di provvedimenti di

sciplinari né in ordine all'epoca di un tale eventuale trasferi mento.

2. - La sussistenza della scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca e di critica giornalistica. Va inoltre respinta la ri chiesta di attività istruttoria integrativa ai sensi dell'art. 422

c.p.p., avanzata dalle difese in sede di formulazione delle con

clusioni.

Rileva ai fini del presente procedimento il contenuto dei

provvedimenti e degli esposti a carico del dott. Corsini, che, come si vedrà, è ampiamente ricavabile già dagli atti al fasci colo.

Orbene, passando a valutare il problema della fondatezza del

l'imputazione e della sostenibilità delle relative accuse in dibat

timento, occorre previamente ripercorrere le tappe del presente procedimento.

Il dott. Edoardo Corsini, già presidente di sezione presso il

Tribunale di Palermo, assegnato al collegio per le misure di

prevenzione, ha avanzato querela in data 12 ottobre 2002 contro la giornalista Lara Sirignano ed il condirettore responsabile del Giornale di Sicilia Giovanni Pepi, lamentando di essere stato

vittima di diffamazione aggravata a mezzo stampa ad opera di

entrambi per la pubblicazione dell'articolo dal titolo «Buscemi,

Il Foro Italiano — 2004.

grandi appalti e misteri nei documenti in sequestro» sull'edizio

ne del predetto quotidiano dell' 11 agosto 2002.

Il dott. Corsini sosteneva che l'articolo conteneva afferma

zioni allusive ed insinuanti che pregiudicavano la sua onorabi

lità; il magistrato sosteneva altresì che l'imputata Sirignano si

muoveva in «un'ottica certamente persecutoria», visto che

«nelle edizioni del 15 febbraio e del 30 giugno 2001 del mede

simo quotidiano e nell'edizione n. 3/01 giugno-settembre della

rivista bimestrale Micromega - Le due Italie, gli ultimi due a

firma della medesima Lara Sirignano, tra l'altro si assumeva

falsamente che l'esponente, iscritto nel registro delle notizie di

reato della procura di Caltanissetta per il delitto di concorso

esterno in associazione mafiosa, veniva successivamente pro sciolto da tali accuse, circostanze, invero, queste mai verificate

si».

Quanto all'articolo dell'11 agosto 2002, il dott. Corsini la

mentava di essere stato «rappresentato come soggetto disponi bile a favorire Antonino Buscemi, definito l'uomo di Riina ne

gli appalti e personaggio cardine nella vicenda relativa all'im

mobiliare Raffaello».

La persona offesa citava quindi i passaggi ritenuti diffamatori

(che sono in parte riportati nell'imputazione) e ne confutava i

contenuti.

Orbene l'articolo oggetto della querela in realtà si occupava di nuovi scenari investigativi disvelati da un consulente infor

matico della procura a proposito delle società controllate da Bu

scemi, che stavano per essere sottoposte a misure di prevenzio ne.

Il «pezzo» narrava di un documento ritrovato su un floppy disk e nel quale era contenuto il piano di scissione dell'Immo

biliare Raffaello, una holding del gruppo Piazza.

All'epoca —

proseguiva l'articolo — le quote della società

appartenenti a Piazza erano sotto sequestro; quelle facenti capo a Buscemi e a Francesco Bonura non erano sottoposte a vincoli.

La Raffaello aveva un «patrimonio miliardario e un bilancio

in attivo».

A questo punto l'articolo continuava con le seguenti afferma

zioni: «per questo la proposta di liquidazione, avanzata dai soci

di maggioranza (cioè Bonura e Buscemi, n.d.r.) e caldeggiata dal giudice delegato Edoardo Corsini, lascia di stucco sia l'am

ministratore giudiziario che i magistrati della sezione misure di

prevenzione che, di questa ed altre vicende di cui il collega è

protagonista, informeranno poi il Consiglio superiore della ma

gistratura. Il no dell'amministratore non ferma l'iter di un pro cedimento che ha un solo effetto: 'sottrarre moltissimi beni im

mobili di pertinenza della Raffaello ad un prevedibile provve dimento di confisca da parte dell'autorità giudiziaria'».

La cronaca proseguiva, raccontando che nel 1998 i liquidatori avevano presentato alla camera di commercio il progetto di scis

sione dell'immobiliare, lo stesso che dalle recenti indagini ri

sultava nella disponibilità di Buscemi grazie al floppy poi can cellato.

La giornalista segnalava la singolarità del fatto che Buscemi

avesse conosciuto il piano molto prima che i liquidatori nomi nati dal giudice lo depositassero.

Occorre a questo punto verificare se sussistono gli estremi della diffamazione, come sostiene il dott. Corsini, facendo ri chiamo a diversi precedenti della giurisprudenza di legittimità ovvero se l'imputata Sirignano abbia esercitato il diritto di cro naca.

Questo giudice ritiene che preliminarmente va verificata la

corrispondenza a verità dei fatti indicati nell'articolo redatto

dall'imputata. Orbene è conforme al vero che il dott. Corsini, nell'esercizio

delle sue funzioni, disattese le valutazioni dell'amministratore

giudiziario dell'immobiliare Raffaello e dette prevalenza alla volontà dell'assemblea dei soci che spingeva per lo sciogli mento anticipato.

Dopo i provvedimenti adottati e reiterati dal dott. Corsini in

questo senso, l'ulteriore corso della procedura aveva indotto al tri magistrati a valutare come non conveniente la messa in liqui dazione della predetta società, tanto che ne fu deliberata la re voca.

Vero è pure, come ha dedotto la persona offesa, che la sezio ne disciplinare del Csm non ha ravvisato in proposito alcuna ri levanza disciplinare del comportamento del dott. Corsini; tutta via il provvedimento dell'organo di autogoverno della magi

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GIURISPRUDENZA PENALE

stratura (in data 25 gennaio 2002) dà atto delle differenti valuta

zioni formulate dai magistrati intervenuti nel procedimento do

po il dott. Corsini e afferma l'irrilevanza disciplinare delle deci

sioni di quest'ultimo, solo perché frutto di apprezzamento di

screzionale.

Per contro non appare conculcabile il diritto del giornalista di

riportare le eventuali differenti decisioni dei magistrati e di sot

toporle ad apprezzamento critico nei limiti della continenza.

Lara Sirignano altro non fa nell'articolo in questione che

stigmatizzare il merito del provvedimento, sottolineando in par ticolare come siano risultate non convenienti e non condivise le

scelte del dott. Corsini; e ciò fa in base all'apprezzamento di

screzionale di altri giudici che andarono di contrario avviso al

l'orientamento dell'odierna persona offesa.

La particolare coloritura giornalistica di talune espressioni è

volta solo a vivacizzare la narrazione delle vicende senza trava

licare i limiti di continenza: dire che il dott. Corsini abbia «cal

deggiato» la proposta di liquidazione dei soci, corrisponde di

fatto a descrivere un comportamento che obiettivamente sposò la decisione di questi ultimi, anche disattendendo le contrarie

valutazioni dell'amministratore giudiziario; dire che i magistrati della sezione misure di prevenzione e l'amministratore giudizia rio siano rimasti «di stucco» dinanzi alle decisioni del dott. Cor

sini comporta un'agevole deduzione sui sentimenti e le rifles

sioni che condussero tali soggetti a determinazioni ben diverse

da quelle dell'odierna persona offesa.

Che la vicenda fu poi segnalata al Csm, al pari di altre, dai

colleghi del dott. Corsini è un fatto che si ricava autonoma

mente proprio dal procedimento disciplinare a suo carico e che

ha avuto ben più ampia pubblicità. Va infine rilevato che l'articolo segnala due fatti considerati

inquietanti: il primo è appunto la possibilità che lo scioglimento della Raffaello finisse per sottrarre beni alla confisca; tale pos sibilità risulta dalle stesse successive decisioni dei magistrati che hanno proceduto dopo il dott. Corsini e non si può certo fare

colpa alla giornalista di averla ritenuta condivisibile. Il secondo

fatto segnalato è la disponibilità del piano di scissione da parte di Buscemi prima dell'effettiva pubblicizzazione; anch'esso ap

pare obiettivamente meritevole di sottolineatura (la sua corri

spondenza al vero non è smentita dagli atti) e la conoscenza di

una tale grave circostanza appare conforme al pubblico interes

se. L'articolo non stabilisce alcun esplicito legame tra questo fatto e il comportamento del dott. Corsini; essi sono riferiti nello

svolgimento della narrazione di tutte le vicende inerenti l'inda

gine sulla società Raffaello.

Quanto ai connotati insinuanti dello stile della rappresenta zione dei fatti, nonché all'ottica persecutoria che sarebbe dimo

strata dal precedente articolo della Sirignano pubblicato sulla

rivista Micromega, il g.u.p. osserva che mentre i contenuti di

quest'ultimo sin dal titolo («Edoardo Corsini da Montelepre») rivelano una chiara tesi degli autori, evidentemente volta a de

scrivere il magistrato come persona assai accomodante con una

certa categoria di imputati o di parti, lo stesso non può dirsi per l'articolo di cui all'odierna imputazione.

Il «pezzo» pubblicato dal Giornale di Sicilia si limita a se gnalare, come si è visto, fatti conformi al vero e di interesse ge nerale e a sottolinearne la singolarità; la correlazione instaurata

tra di essi — meramente tematica e cronologica — non appare

tendenziosa, ma lascia aperta ogni valutazione del lettore; non

sono stati taciuti altri fatti di analogo rilievo, tale non potendo essere il provvedimento della sezione disciplinare già sopra ci

tato, che peraltro non entrava nel merito della fondatezza delle

valutazioni e che in ogni caso aveva prosciolto il dott. Corsini

solo in relazione ad alcune contestazioni, mentre aveva inteso

irrogare provvedimenti a suo carico per altre condotte denun

ciate unitamente a quella di cui si occupava l'articolo in que stione.

Tutti questi argomenti, di immediata evidenza, conducono

questo g.u.p. a ritenere che la condotta della Sirignano sia ri

conducibile all'esercizio del diritto di cronaca e di critica gior nalistica.

Ne consegue che la stessa non è punibile ai sensi dell'art. 51

c.p.

Consegue altresì che non è sostenibile in dibattimento nean

che l'accusa di omesso controllo da parte del direttore respon sabile del Giornale di Sicilia, Giovanni Pepi, stante la liceità dei

contenuti dell'articolo pubblicato dal suddetto quotidiano.

Il Foro Italiano — 2004.

TRIBUNALE DI FORLÌ; sentenza 9 dicembre 2003; Giud.

Montagni; imp. Leonidou.

TRIBUNALE DI FORLÌ;

Omicidio e lesioni personali colpose — Omicidio colposo —

Responsabilità del medico-chirurgo per omesso impedi mento della morte di un paziente — Reato — Esclusione —

Fattispecie (Cod. pen., art. 40, 589; cod. proc. pen., art. 425).

Va pronunciata sentenza di non luogo a procedere perché il

fatto non sussiste, in relazione all'accusa di omicidio colpo so, nei confronti del medico che abbia omesso di prescrivere

tempestivamente ad una paziente, pur in presenza di sintomi

indicativi della possibile insorgenza di un tumore al seno, un

esame mammografico, con conseguente ritardo nella diagnosi e nell'inizio della terapia, allorché residui un insuperabile dubbio sulla efficacia condizionante della condotta omissiva

addebitata rispetto alla morte della paziente successivamente

verificatasi. (1)

( 1 ) La sentenza in epigrafe intende, per sua espressa ammissione, fa re concreta applicazione dei rigorosi principi fissati, in materia di ac certamento del nesso di causalità nei reati omissivi impropri e in parti colare nei casi di responsabilità medica, da Cass., sez. un., 10 luglio 2002, Franzese, Foro it., 2002, II, 601, con nota di Di Giovine, che co stituisce in atto il punto di arrivo di un lungo travaglio giurispruden ziale.

Al sanitario si imputava nel caso di specie di non avere tempestiva mente richiesto un controllo mammografico, unico strumento diagno stico idoneo a svelare l'insorgenza di un tumore al seno, fin dal mo mento in cui la paziente aveva lamentato un anomalo indurimento di

quest'ultimo, vale a dire un sintomo indicativo della possibile esistenza della suddetta patologia.

Accertato, sulla base delle indicazioni fornite dal collegio peritale: che l'effettuazione tempestiva di una mammografia difficilmente avrebbe consentito, già all'epoca dell'insorgenza dei primi sintomi, di individuare l'esistenza di un tumore; che il ritardo nell'avvio della cor retta terapia non aveva avuto influenza determinante sul decorso del

male; che la morte della paziente si era comunque verificata dopo un

periodo di tempo pari alla speranza di vita del 58,7 per cento dei pa zienti che si trovino nelle stesse condizioni, anche se tempestivamente sottoposti a intervento; e infine che il ritardo diagnostico aveva deter minato una perdita di probabilità di sopravvivenza oltre tale periodo solo del 15-20 per cento, il giudice conclude nel senso della sussistenza di un insuperabile dubbio sulla ipotesi che l'evento dannoso potesse es sere scongiurato o anche solo posticipato ponendo in essere la condotta doverosa omessa, la quale non potrebbe pertanto essere considerata condizione necessaria dell'evento.

Di conseguenza, all'esito dell'udienza preliminare, ritenendo assente

ogni margine per poter sostenere efficacemente l'accusa in giudizio, il

g.u.p. ha pronunciato nei confronti dell'imputato sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste, ai sensi dell'art. 425, 3° com

ma, c.p.p. Sembra alquanto evidente, in proposito, il riferimento impli cito a Cass., sez. un., 10 luglio 2002, cit., laddove si afferma che «l'in

sufficienza, la contraddittorietà e l'incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all'evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta omissiva del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella

produzione dell'evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell'i

potesi prospettata dall'accusa e l'esito assolutorio del giudizio». Nella giurisprudenza di merito, per un caso di assoluzione di un pri

mario ospedaliero dall'accusa di omicidio colposo — in relazione alla morte di due pazienti seguita ad alcune diagnosi errate — come conse

guenza dell'adozione di un modello rigoroso di accertamento del nesso causale che rifugge dal ricorso a giudizi genericamente probabilistici, v. già Pret. Roma 26 settembre 1997, id.. 1999, II, 268, con nota di ri

chiami, e ivi ulteriori riferimenti giurisprudenziali. Per un caso di erronea interpretazione dei risultati di un esame

mammografico incompleto e di omessa prescrizione di ulteriori accer tamenti ad opera di un medico radiologo ospedaliero — con conse

guente decesso di una paziente affetta da carcinoma duttale al seno —, deciso invece dal giudice di merito nel senso della sussistenza della re

sponsabilità penale per omicidio colposo, v. Pret. Ascoli Piceno-San Benedetto del Tronto 2 ottobre 1999, id., 2000, II, 511, con nota di

Fiandaca, il quale rilevava come nel caso di specie il giudice, pur avendo affermato in astratto di voler adottare un modello rigoroso di

spiegazione causale, non sembrasse però aver tenuto fede a tale propo sito e avesse finito in concreto per ricadere nell'utilizzo di schemi di ti

po probabilistico (aumento o mancata diminuzione del rischio). Per un caso di omessa diagnosi di carcinoma al seno e omessa pre

scrizione di ulteriori esami strumentali ancora da parte di un medico

radiologo ospedaliero, anch'esso deciso dal giudice di merito nel senso della sussistenza del reato di lesioni personali colpose in danno della

paziente, ma stavolta in conseguenza dell'adozione esplicita di un mo dello di accertamento del nesso causale meno rigoroso, v. infine Pret.

Modena-Carpi 7 giugno 1999, ibid., 202, con nota di Genovese, e ivi ulteriori richiami giurisprudenziali.

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