Sentenza 3 giugno 1965; Pres. Giurazza P., Est. Fernicola; Asborno (Avv. Morace) c. Soc. HotelMiramare (Avv. Coppa)Source: Il Foro Italiano, Vol. 89, No. 2 (FEBBRAIO 1966), pp. 375/376-379/380Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155491 .
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PARTE PRIMA
provvedimenti contemplati dall'art. 2409 possono essere
adottati anche su richiesta del p. m., non è dissimulato
che, si aggiunge, in tema di società per azioni, « l'interesse
pubblico coincide di regola con l'interesse sociale e l'inte
resse del socio in tanto costituisce oggetto di tutela giuridica in quanto trovasi sullo stesso piano dell'interesse sociale ».
Senonchè è agevole rilevare che in tali asserzioni non si
riscontra affatto, anzi rimane elusa, la dimostrazione d'una
obiettiva diversità di interesse, che rimane postulata solo in funzione dei soggetti, cui compete di denunziare
il fondato sospetto di gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri degli amministratori e dei sindaci.
Appare invece chiaro che il rimedio di cui all'articolo
in esame, così come apprestato, nelle sue caratteristiche
sostanziali e formali di attuazione, è dato ai soci di mino
ranza non a salvaguardia di interessi enunciati in una loro
individualità, ma soltanto quali portatori dell'interesse so
ciale. Quello particolare del socio è presidiato, nell'organico e poliedrico ordinamento della società, dall'azione di respon sabilità contro gli amministratori (art. 2395) e i sindaci
(art. 2409, ult. comma) ; mentre la denunzia dei soci, al
pari della richiesta del p. m., accordata dall'art. 2409, sta a rappresentare solo il meccanismo inteso ad assicurare, in ogni modo, anche in via sostitutiva, un'ordinata ammini
strazione. Epperò la minoranza persegue e realizza tutto
il proprio interesse legittimo solo in quanto espressione del
l'interesse generale prevalente, reputato dalla norma degno di speciale protezione.
Nelle note autorizzate, il Carbone facendosi carico di
sopperire alla sopra rilevata lacuna di motivazione del
provvedimento, pone poi in evidenza, attraverso la disa
mina degli art. 32 e 35 della legge n. 141 del 1938, che alla
Banca d'Italia « spetta di vigilare sul buon governo tecnico »
e non sulle infrazioni di legge e di statuto, che non si ri
solvono in irregolarità tecniche.
Anche questa obiezione però non regge, ove si consideri
che la costante e penetrante ingerenza nell'amministra
zione, che si attua, in materia di raccolta del risparmio e
di esercizio del credito, secondo le norme contenute nei
titoli V e VI della citata legge, non può non essere assor
bente rispetto alle « gravi irregolarità dei doveri degli am
ministratori e dei sindaci », contemplate dall'art. 2409 ; mentre ogni diversa violazione di legge e di statuto che non
assurga al malgoverno, può, se mai, costituire fonte auto
noma di responsabilità, allorché abbia leso il diritto sog
gettivo del socio (art. 2395 e 2407 cod. civile). Il resistente deduce ancora che avendo il codice civile
introdotto, con il disposto dell'art. 246, espressa deroga nei riguardi delle sole società azionarie d'interesse nazio
nale, resterebbe per ciò stesso esclusa ogni altra eccezione.
L'equivoco è però evidente : l'art. 2461 si riferisce a
tutte le società per azioni d'interesse nazionale, indipen dentemente dall'attività esercitata : coordina quindi le di
sposizioni del capo VI, titolo II, libro V del codice civile con
le leggi speciali « che stabiliscono per le società per azioni
di interesse nazionale una particolare disciplina circa la
gestione sociale, la trasferibilità delle azioni, il diritto di voto
e la nomina degli amministratori, dei sindaci e dei dirigenti ».
Nell'ipotesi in esame, invece, al di là della deroga es
pressa, bisogna far luogo all'ordinario procedimento inter
pretativo per coordinare la legge posteriore generale, con
la legge speciale in vigore nel particolare settore della rac
colta del risparmio ed esercizio del credito, considerate
«funzioni di interesse pubblico» (art. 1 della cit. legge). Non può quindi che competere all'interprete di provve dervi (art. 15 preleggi), nell'osservanza, bene inteso, del
l'art. 251 delle disposizioni di attuazione e transitorie del
codice civile, secondo cui « quando nel codice o in queste
disposizioni si fa riferimento a istituto di credito in detta
espressione s'intendono comprese, oltre l'istituto di emis
sione, le imprese autorizzate e controllate, a norma delle
leggi vigenti, dall'ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito ». Peraltro la Corte di cassazione
ha di recente ritenuto, anche nei confronti di un'impresa
bancaria, priva della prescritta autorizzazione, il difetto
di giurisdizione del giudice ordinario, in relazione alla na tura di attività, elevata a funzione d'interesse pubblico e come tale soggetta « per lo speciale meccanismo di ricono sciuta delicatezza e le ripercussioni sulla economia nazio
nale, a rigorosa disciplina » e soprattutto « a controllo pre ventivo e repressivo dell'amministrazione », indispensabile per assicurare il perseguimento dei fini d'interesse generale (Sez. un. 13 marzo 1965, n. 425, Foro it., 1965, I, 618).
Ulteriore argomento di conferma proviene dalla infon datezza della tesi, affermata dal tribunale, del regime ecce zionale cui risultano sottoposte le banche popolari, deno minazione questa riservata « soltanto alle società coopera tive a responsabilità limitata, autorizzate alla raccolta del
risparmio o all'esercizio del credito » (art. 1 decreto legisl. 10 febbraio 1948 n. 105).
Il codice civile, con il disposto dell'art. 2516 rinvia, quanto alle società cooperative, alla disciplina delle so cietà per azioni « in quanto compatibili con le disposizioni seguenti e con quelle delle leggi speciali ». Per talune cate
gorie di cooperative, tra cui quelle che esercitano il cre
dito, il successivo articolo testualmente coordina le norme
comprese nel titolo VI del libro V con le leggi speciali, ren dendole applicabili « in quanto compatibili ».
E apertamente l'art. 2542 pone le cooperative sotto il
controllo dell'autorità governativa, da attuarsi secondo 11 decreto legisl. 14 dicembre 1947 n. 1577. Se non che questo speciale regime riceve ulteriore deroga per le sopra menzio nate « banche popolari », le quali vengono esentate per es sere appunto assoggettate alle disposizioni del r. decreto
legge 12 marzo 1936 n. 375 e successive modificazioni (art. 3 decreto legisl 10 febbraio 1948 n. 105). Sicché, per le so cietà cooperative « autorizzate alla raccolta del risparmio e all'esercizio del credito », pur in presenza di apposita normativa elaborata per tutelare, in deroga alla legge co
mune, adeguatamente la cooperazione, è data preferenza al più minuzioso e penetrante controllo tecnico contem
plato dalla legge bancaria. Resta in tal modo dimostrato
che, nell'ordinamento vigente, quest'ultima legge si gradua come del tutto eccezionale e tale da prevalere sulla stessa
deroga esplicitamente sancita dal codice in via generale
per le cooperative. In merito, infine, alla concreta incompatibilità tra il
controllo di merito previsto per le imprese bancarie e quello
giudiziario ex art. 2409 cod. civ., basta profilare l'inevi
tabile convergenza degli insindacabili poteri spettanti alla
Banca d'Italia, con quelli cautelari che dovrebbe esercitare
l'autorità giudiziaria durante o in esito dell'ispezione, e, ancor più, l'insanabile contrasto, che si verificherebbe nel
l'evenienza di nomina contemporanea di un commissario
straordinario da parte dell'autorità amministrativa e di
un amministratore giudiziario da parte del tribunale.
Affermata quindi la inapplicabilità dell'art. 2409 alle
imprese bancarie, va revocato il decreto emesso dal tri
bunale.
Per questi motivi, ecc.
TRIBUNALE DI NAPOLI.
Sentenza 3 giugno 1965 ; Pres. Ciurazza P., Est. Ferni
cola ; Asborno (Aw. Mobace) c. Soc. Hotel Miramare
(Aw. Coppa).
Società — Società a responsabilità limitata — Impu
gnazione di deliberazione assembleare — Onere
di depositare il certificato di quota — Insussi
stenza (Cod. civ., art. 2378, 2486). Società — Società a responsabilità limitata — Eredi
del socio — Trasierimento della quota —■ Omessa
iscrizione nel libro dei soci — Legittimazione al
voto — Insussistenza (Cod. civ., art. 2479, 2485).
L'impugnazione di una deliberazione assembleare di società
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
a responsabilità limitata non deve essere preceduta dal
deposito in cancelleria del certificato di quota. (1) Oli eredi del socio di società a responsabilità limitata, che non
abbiano provveduto all'iscrizione nel libro dei soci del l'avvenuto trasferimento della quota del loro dante causa, non sono legittimati all'esercizio del diritto di voto. (2)
Il Tribunale, ecc. — Preliminare è l'indagine sull'ecce
zione di improcedibilità della domanda per non aver l'at
tore depositato, a norma del combinato disposto degli art. 2378 e 2486 cod. civ., un estratto del libro dei soci o
un certificato attinente la sua titolarità di una quota so
ciale.
L'eccezione è infondata. Per vero, la disposizione di
cui al 2° comma dell'art. 2378 cod. civ., che prescrive il deposito in cancelleria di almeno un'azione da parte del
socio opponente nel procedimento di impugnazione di deli
berazioni assembleari, è inapplicabile, nel caso in cui trat
tasi di società a responsabilità limitata (Cass. 1° dicembre
1959, n. 3486, Foro it., 1960, I, 1357). Infatti la disciplina citata è applicabile soltanto alle
società per azioni atteso che la finalità essenziale della
norma è quella di evitare contestazioni e discussioni pre liminari sulla legittimazione dell'impugnante e di rendere
il giudizio d'impugnazione il più spedito possibile. L'azione
è titolo di credito, in cui è incorporato lo status di socio, laddove nella società a r. 1. le quote di partecipazione dei
soci non possono essere rappresentate da azioni, ossia da
titoli di credito.
Questa strutturale differenza spiega la ragione della
inapplicabilità della norma di cui al 2° comma dell'art.
2378 alla società a r. 1. Al riguardo è stato giustamente os
servato che la necessità del preventivo deposito di almeno
un'azione è richiesta non solo allo scopo di provare la le
gittimazione del socio all'impugnazione, ma altresì per as
sicurare che la qualità di socio permanga nel corso del giu dizio.
Ora, siffatto scopo può conseguirsi col deposito, soltanto
nel caso di società per azioni, ove la vendita del titolo de
termina il trasferimento alla qualità del socio, laddove
(1-2) Conforme alla prima massima la più recente giuri sprudenza : Trib. Roma 14 gennaio 1960, Foro it., 1960, I, 1423
(con nota di richiami) ; Cass. .1° dicembre 1959, n. 3486, ibid., 1357 ; Trib. Roma 16 novembre 1959, id., Rep. 1961, voce So
cietà,i n. 315. Sulla necessità del preventivo deposito in cancelleria di al
meno una azione, nell'ipotesi di impugnativa di deliberazioni assembleari di società per azioni, fra le altre : Trib. Roma 23
marzo 1962, id., 1962, I, 799, e App. Milano 16 aprile 1960, id., i960, I, 1019.
Ha ritenuto che l'obbligo del deposito di un'azione sussista anche nel caso di opposizione a deliberazioni assembleari di so
cietà cooperative Trib. Catania 17 giugno 1960, id., Rep. 1961, voce Impresa cooperativa, n. 23. Contra App. Roma 26 aprile 1960, id., Rep. 1960, voce cit., n. 20.
In dottrina, Santini, Società a responsabilità limitata, in
Commentario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, 1964, pag. 162 (ove ampi richiami di dottrina e di giurisprudenza).
Mancano, sulla seconda massima, precedenti in termini.
Per qualche riferimento, possono vedersi : Trib. Genova 15
giugno 1959, Foro it., 1960, I, 1758 (che ha ritenuto non legitti mati all'esercizio dell'azione ex art. 2377 cod. civ. gli eredi del
socio di società a responsabilità limitata, che non abbiano fatto
iscrivere il trasferimento della quota sul libro dei soci) e Trib.
La Spezia 22 maggio 1956, id., Rep. 1956, voce Società, nn.
304, 305 (che ugualmente ha ritenuto la mancanza di legittima zione dell'erede del socio defunto, sempre nell'ipotesi di non
iscrizione dell'avvenuto trasferimento della quota, a proporre l'azione ex art. 2409 cod. civile).
Sul valore dell'iscrizione del trasferimento di quote nel
libro dei soci —• ai fini di rendere il trasferimento stesso efficace
nei confronti della società —• Trib. Roma 15 novembre 1962,
id., 1963, I, 602 ; App. Roma 18 luglio 1962, id., Rep. 1963, voce cit., nn. 238, 239 ; Trib. Genova 15 giugno 1959, cit.
In dottrina : Santini, op. cit., pag. 104 e seg. ; B. Biondi,
Trasferimento di quote e funzione del libro dei soci nella società
a responsabilità limitata, in Banca, borsa, ecc., 1959, II, 226
(che non considerano però l'ipotesi del trasferimento mortis causa).
Il Foro Italiano — Volume LXXXIX — Parte 1-25.
nella società a r. 1., mancando un titolo in cui sia incorpo rata la qualità di socio, il preventivo deposito del certifi cato di quota non garantirebbe la permanenza nel corso del
giudizio della qualità stessa.
Nella società a r. 1. essendo socio solo chi è iscritto nel libro dei soci, la società è sempre in grado di conoscere i soci. Ne consegue che, ai fini della prova della legittima zione, è necessario far riferimento al libro dei soci nel caso di impugnazione di delibera di assemblea di società a r. 1.
Nella specie, dalla copia del verbale di assemblea 8
luglio 1961 della società a r. 1. Hotel Miramare e dal libro dei soci, si evince che l'attore era ed è socio della società convenuta.
Ciò posto, osservasi che la domanda è fondata. La norma di cui all'art. 2479, 2° comma, dispone che il trasferimento delle quote ha effetto di fronte alla società dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci. La norma riguarda sia il
trasferimento per atto tra vivi che per successione a causa di morte.
Invero l'iscrizione del socio nel relativo libro rientra nello schema della pubblicità costitutiva interna, attesa la struttura della società a r. 1. In questa, infatti, le quote di partecipazione dei soci non possono mai essere « anonime »
pur essendo trasferibili per atto tra vivi e per la succes sione mortis causa.
Siffatta specificazione nominativa o soggettiva rileva
inanzitutto ai fini dell'osservanza delle condizioni per la
costituzione della società (art. 2475, nn. 1 e 5) e della pro cedura per l'iscrizione della società costituita nel registro delle imprese (art. 2475, ult. comma, in relazione agli art. 2330 e 2343).
L'iscrizione nel libro dei soci è operativa di effetti anche
nell'ambito dei rapporti tra i soci. Si considerano ad es.
le disposizioni degli art. 2342 e 2343, che, dettate per la
società per azioni, si applicano anche alla società a r. 1., relativamente all'obbligo, salvo patto contrario, di confe
rire in denaro e alla valutazione dei conferimenti in natura, eventualmente ammessi. Al riguardo è, pure, utile fare
riferimento agli art. 2254 e 2295 relativi alla garanzia degli
oggetti conferiti.
La rilevanza dell'iscrizione nel libro dei soci può essere de
sunta, altresì, dall'esame della norma di cui all'art. 2477, che riguarda il mancato pagamento delle quote e la non
legittimazione del diritto di voto.
Si consideri ancora la norma di cui all'art. 2481 secondo cui in caso di cessione della quota l'alienante è obbligato solidalmente con l'acquirente per il periodo di tre anni dal
trasferimento per i versamenti ancora dovuti.
Ora, sulla base di un'interpretazione teleologica delle
richiamate disposizioni, si può agevolmente concludere che
ad una complessa funzione d'individuazione soggettiva
adempie l'iscrizione dei soci nel relativo libro, cioè in quel libro obbligatorio (art. 2490, n. 1) nel quale debbono essere
indicati il nome dei soci, e i versamenti fatti sulle quote, nonché le variazioni delle persone dei soci.
Infine è da rilevare che la società a r. 1. costituisce un
quid medium fra la società per azioni e le società personali.
Invero, l'atto costitutivo può vietare la alienazione delle
quote. Inoltre, in caso di espropriazione della quota, la
vendita della stessa può restare senza effetto per l'aggiudi
catario, se, entro dieci giorni, la società presenti un altro
acquirente a parità di prezzo. Questi elementi evidenziano
in modo particolare l'intuitus personae tra i soci, richia
mano ancora una volta la natura di atto di pubblicità costi
tutiva relativa e non assoluta, nel senso che gli effetti del
l'iscrizione operano solo nei confronti della società. Ben vero, anche in caso di intrasferibilità il trasferimento della quota non può mai essere impedito in relazione agli effetti tra
alienante ed acquirente, ma il suo effetto non opera verso
la società, laddove, in caso di trasferibilità, il trasferimento
ha effetto, di fronte alla società, soltanto mediante l'iscri
zione di esso nel libro dei soci.
Le argomentazioni svolte inducono a ritenere, per quanto attiene alla titolarità del diritto di voto e alla legittima zione al suo esercizio, che la legittimazione richiede sol
tanto la prova della titolarità del diritto, il problema della
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PARTE PRIMA
legittimazione rispetto alla quota risolvendosi esclusiva
mente nella prova della normatività o titolarità soggettiva. Per vero la sola forma di legittimazione è quella deri
vante dal libro dei soci.
Ne consegue che alle assemblee possono partecipare sol
tanto i soci, che risultino iscritti nel relativo libro al mo
mento della adunanza (art. 2484, 1° comma, e 2486) pur
non operando le limitazioni poste al diritto d'intervento
dei soci dall'art. 2370, che non risulta richiamato nel 2°
comma dell'art. 2486.
Alla stregua delle svolte considerazioni, deve ritenersi
che gli eredi del socio Fontana Gaetano erano privi di le
gittimazione nell'esercizio del diritto di voto, per il motivo
che non era stato, all'epoca dell'8 luglio 1961, iscritto nel
libro dei soci il trasferimento mortis causa delle quote.
Non essendo stato seguito il regolare procedimento di
votazione, la deliberazione 8 luglio 1961 deve considerarsi
nulla ; infine deve rilevarsi che la deliberazione non si
salva alla « prova di resistenza ».
Deve, di conseguenza, dichiararsi la nullità della deli
berazione impugnata, nel punto riguardante la nomina di
Bianca Russo ved. Fontana a componente il consiglio di
amministrazione della società convenuta.
Non può, per contro, accogliersi la domanda diretta
ad ottenere che gli amministratori siano tenuti a prendere,
in un termine da fissare, i provvedimenti conseguenti al
l'annullamento. Trattasi, invero, di obbligo che agli am
ministratori incombe ope legis, (art. 2377, 3° comma), per
il che la richiesta declaratoria sarebbe inutiliter data.
Per questi motivi, ecc.
Rivista di Giurisprudenza [ostiniate e Ovile
Tribunale «lei minorenni — Goimpulati mafjcjiori
«li diciotto anni Incompetenza del tribunale —
Questione infondata di costituzionalità (Costi
tuzione, art. 3 ; r. d. 1. 20 luglio 1934 n. 1404, istitu
zione e funzionamento del tribunale per i minorenni,
art. 9, 2° comma).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art. 9,
2° comma, la parte, r. decreto legge 20 luglio 1934 n. 1404,
che esclude dalla competenza del tribunale per i minorenni
i procedimenti penali per i reati commessi dai minori di
diciotto anni quando vi siano coimputati maggiori, in rife
rimento all'art. 3 della Costituzione. (1)
Corte costituzionale ; sentenza 8 febbraio 1966. n. 10
(Gazzetta ufficiale 12 febbraio 1966, n. 38) ; Pres. Ambro
sini P., Rei. Fragali ; ini]). Ferrari e Donati.
(1) L'ordinanza 12 gennaio 1965 del Pretore di Iseo è massi
inata in Foro it., 1965, II, 230, con nota di richiami, cui adde
Floridia, in Riv. it. dir. proci pen., 1965, 578, in nota alla ordi
nanza. La sentenza 13 luglio 1963, n. 130 della Corte costituzionale,
richiamata nella motivazione della presente, leggesi in Foro
it., 1963, I, 1602, con nota di richiami, cui adde Pizzorusso, in
Giur. it., 1963, I, 1, 1309 ; Somma, in Riv. it. dir. proc. pen.,
1963, 975 ; Ranieri, in Scuola positiva, 1964, 262.
***
La sentenza è così motivata : « La sentenza di questa corte
del 13 luglio 1963, n. 130 (Foro it., 1963, I, 1602) ha deciso che
non contrasta con l'art. 25 della Costituzione la deroga alla
competenza generale del tribunale dei minorenni, quando siano
coimputati maggiori e minori dei diciotto anni ; e ciò sotto il
riflesso che essa è ispirata alla necessità del simultaneas processus
per ogni caso di connessione, che è alla base di uno dei criteri
fondamentali di attribuzione della competenza giurisdizionale. « Questa deroga non contraddice nemmeno alla norma del
l'art. 3 della Costituzione, come ora invece dubita il Pretore di
Iseo. « Non vi contraddice perchè la circostanza che il minore
degli anni diciotto sia imputato in concorso con persone di età
maggiore, causa una situazione diversa da quella in cui imputati siano soltanto minori, e rende inevitabile una normativa parti colare. L'unicità del procedimento è, in questo caso, giustificata dalla esigenza di uniformità nel giudizio sull'accertamento del
fatto e sulla sua valutazione ; che è una regola razionale di scelta
legislativa, a preferenza dell'altra implicante la separazione dei
procedimenti, la quale crea rischio di incoerenze o di contrasti
d-i decisioni, oppure soltanto di incompletezza nell'esame dei
fatti. Presupposta la necessità di precostituire la competenza di
uno solo di quegli organi giurisdizionali che ne avrebbero po tuto avere l'attribuzione, la legge ha ritenuto opportuno attrarre
il minore nella competenza del giudice precostituito per il maggiore
degli anni diciotto, anziché portare quest'ultimo innanzi al giu dice dei minorenni, sulla base di una valutazione della concreta
idoneità dei due organi all'esplicazione della rispettiva funzione
nel procedimento unico. Questa corte, nella citata sentenza del
13 luglio 1963, n. 130, ha avvertito che la scelta compiuta dalla
legge non può formare oggetto di sindacato di legittimità costi
tuzionale ; e il giudizio così espresso deve ora essere confermato,
sia perchè il simultaneus processus potrebbe talora essere imposto
proprio da una esigenza di uguaglianza fra i coimxmtati ove si
consideri il pericolo già accennato di difformità di giudizio sulle
medesime ipotesi di fatto, sia perchè la legge istitutiva del tribu
nale dei minorenni dà la possibilità della separazione dei processi
ove l'unico processo non fosse ritenuto indispensabile. La norma
che permette tale divisione fu dichiarata illegittima con la sud
detta sentenza 13 luglio 1963, soltanto nella parte in cui affidava
al procuratore generale della corte d'appello ogni decisione sulla
opportunità dello spostamento di competenza, e gli dava po
teri espressamente qualificati come esenti da qualsiasi sindacato.
La stessa sentenza faceva « salva una nuova disciplina della
materia » ; ma la mancanza attuale di questa nuova normativa
nè include l'illegittimità costituzionale del principio di separa
bilità dei procedimenti, nè travolge nell'illegittimità costituzio
nale la regola che unifica il processo innanzi all'organo ordinario,
ove debba essere ritenuto inscindibile. Potrebbe, se mai, imporre
di intendere il sistema nella sua completezza, per decidere se esso,
quando, nella singola fattispecie, l'unione non si giustifichi,
solleciti l'ordinaria competenza del giudice a pronunciare sulla
necessità della scissione, per meglio realizzare la volontà della
legge istitutiva del tribunale dei minorenni.
« Non si vede pertanto come il principio di uguaglianza resti
compromesso dalla norma denunciata, che contiene in sè un tem
peramento al rigore della regola di connessione. Quando questo
temperamento non risulta attuabile, la diversità di trattamento
che il minore riceve rispetto ad altri minori dipende, sia quanto
alla competenza sia quanto al procedimento e quindi alla spe
cializzazione della difesa (sulla quale particolarmente si sof
ferma l'ordinanza di rimessione), da una diversità sostanziale
della situazione che si determina quando sono coimputati mag
giori e minori di diciotto anni rispetto a quella che si concreta
quando gli imputati hanno tutti una età minore dei diciotto anni.
Questa diversità va considerata anche se implica il sottrarre
competenza ad un giudice specializzato, perchè i principi della
connessione non concernono soltanto problemi di ripartizione
di competenza tra giudici ordinari, come invece ritiene il Pretore
di Iseo (arg. 49 cod. proc. penale). « Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non
fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9
2° comma, la parte, del r. decreto legge 20 luglio 1934 n. 1404,
concernente l'istituzione e il funzionamento del tribunale dei
minorenni, proposta dal Pretore di Iseo con ordinanza del X2
gennaio 1965, in riferimento all'art. 3 della Costituzione».
Iteato continuato — Concorso formale omogeneo —
Incostituzionalità della normativa — Questione
infondata (Costituzione, art. 3 ; cod. pen., art. 81,
2° e 3° comma).
È infondata la questione di costituzionalità dell'art.
81, 2° e 3° comma, cod. pen., che esclude dal trattamento
più favorevole il caso della pluralità di violazioni commesse
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