sentenza 3 giugno 1998, n. 211 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 10 giugno 1998, n. 23);Pres. Granata, Est. Vari; Paladini (Avv. Hofer) c. Ute Firenze; Banca di Piacenza (Avv. Luciani)c. Ufficio registro di Piacenza; interv. Pres. cons. ministri (Avv. dello Stato Bafile). Ord.Comm. trib. I grado Firenze 1° giugno 1995 (G.U., 1 a s.s., n. 19 del 1996); Comm. trib. prov.Piacenza 15 ottobre 1996 (G.U., 1 a s.s., n ...Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1998), pp. 2049/2050-2053/2054Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193096 .
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2049 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 2050
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 giugno 1998, n. 211
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 10 giugno 1998, n. 23); Pres. Granata, Est. Vari; Paladini (Aw. Hofer) c. Ute Fi
renze; Banca di Piacenza (Avv. Luciani) c. Ufficio registro di Piacenza; interv. Pres. cons, ministri (Avv. dello Stato Ba
file). Ord. Comm. trib. I grado Firenze 1° giugno 1995 (G.U., la s.s., n. 19 del 1996); Comm. trib. prov. Piacenza 15 otto
bre 1996 (G.U., la s.s., n. 9 del 1997).
CORTE COSTITUZIONALE;
Catasto — Revisione degli estimi — Annullamento giurisdizio nale delle tariffe — Ripristino da parte del legislatore — Que stione infondata di costituzionalità nei sensi di cui in motiva
zione (Cost., art. 3, 24, 53, 113; d.l. 23 gennaio 1993 n. 16,
disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimen
ti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizio ne agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la sop
pressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti
derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché al
tre disposizioni tributarie, art. 2; 1. 24 marzo 1993 n. 75, con
versione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 gennaio 1993
n. 16, art. 1). Catasto — Revisione degli estimi — Annullamento giurisdizio
nale delle tariffe — Ripristino da parte del legislatore — Que stioni infondate di costituzionalità (Cost., art. 3, 53, 24, 101, 102, 103, 104; d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, art. 2; 1. 24 marzo
1993 n. 75, art. 1; d.l. 28 giugno 1995 n. 250, differimento di taluni termini ed altre disposizioni in materia tributaria, art. 1; 1. 8 agosto 1995 n. 349, conversione in legge, con mo
dificazioni, del d.l. 28 giugno 1995 n. 250, art. 1).
È infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n.
16, convertito, con modificazioni, nella l. 24 marzo 1993 n.
75, nella parte in cui prevede la permanenza in vigore delle
tariffe di estimo e delle rendite già determinate in esecuzione del decreto ministeriale 20 gennaio 1990, in riferimento agli art. 3, 24, 53 e 113 Cost. (1)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, nella I. 24 marzo 1993 n. 75, nella parte in cui prevede la
permanenza in vigore delle tariffe di estimo e delle rendite
già determinate in esecuzione del decreto ministeriale 20 gen naio 1990, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost. (2)
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
2, 1° comma, d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con
modificazioni, nella I. 24 marzo 1993 n. 75, e dell'art. 1,5° comma, d.l. 28 giugno 1995 n. 250, convertito, con modifica zioni, nella l. 8 agosto 1995 n. 349, nella parte in cui operano una dilatazione del regime transitorio di applicazione dei cri
teri di determinazione delle tariffe d'estimo dichiarati illegitti mi dal Tar Lazio e legificati in modo asseritamente tempora neo dalla l. n. 75 del 1993, in riferimento agli art. 24, 101,
102, 103 e 104 Cost. (3)
(1-3) Le ordinanze di rimessione, Comm. trib. I grado Firenze 1° giugno 1995, e Comm. trib. prov. Piacenza 15 ottobre 1996, sono mas simale, rispettivamente, in Foro it., Rep. 1995, voce Catasto, n. 29, e id., Rep. 1996, voce cit., n. 29.
In precedenza, la Corte costituzionale aveva (sent. 24 giugno 1994, n. 263, id., 1994, I, 2312, con nota di richiami; Bollettino trib., 1994, 1131, con nota di Righi; Riv. giur. trib., 1994, 837, con nota di Baliel
lo; Corriere trib., 1994, 1907, con nota di Trimeloni; Arch, locazioni, 1994, 485, con nota di D'Amico) già affrontato — e respinto come infondato od inammissibile — il dubbio di costituzionalità dell'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito nella 1. 24 marzo 1993 n. 75, nella parte in cui ripristina gli estimi contenuti nei d.m. 20 gennaio 1990 e 27 settembre 1991 annullati da Tar Lazio, sez. II, 6 maggio 1992, n. 1184, Foro it., 1992, III, 273, con nota di richiami.
Con sentenza 16 luglio 1996, n. 251, id., 1997, I, 1665 (m), con nota di richiami, la corte aveva sancito la legittimità costituzionale dell'art.
1, 8° comma, d.l. 13 settembre 1991 n. 299, nella parte in cui, nell'in trodurre una Invim straordinaria per decorso del tempo di possesso, dispone che il valore finale al 31 ottobre 1991 dei fabbricati iscritti in catasto soggetti al tributo non è sottoposto a rettifica se à dichiarato in misura non inferiore a quella che risulta applicando le rendite cata stali determinate a seguito del d.m. 20 gennaio 1990 e del d.m. 27 set tembre 1991, in riferimento agli art. 3 e 53 Cost.
Con l'odierna pronuncia, la corte, nel respingere nuovamente (questa volta però, «nei sensi di cui in motivazione») il dubbio di costituzionali
II Foro Italiano — 1998 — Parte 1-39.
Diritto. — 1. - Le questioni sollevate con le ordinanze in epi grafe investono, sotto vari profili, l'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993
n. 16 (disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferi menti di immobili di civile abitazione, di termini per la defini zione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la sop
pressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti deri
vanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre
disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella 1. 24 marzo 1993 n. 75, e l'art. 1, 5° comma, d.l. 28 giugno 1995
n. 250 (differimento di taluni termini ed altre disposizioni in materia tributaria), convertito, con modificazioni, nella 1. 8 ago sto 1995 n. 349.
2. -1 giudizi, avendo ad oggetto questioni tra loro connesse, vanno riuniti per essere decisi con un'unica sentenza.
3. - La Commissione tributaria di primo grado di Firenze
dubita della legittimità costituzionale della prima delle sopra men
zionate disposizioni e cioè dell'art. 2 d.l. 23 gennaio 1993 n.
16, «nella parte in cui prevede la permanenza in vigore delle
tariffe di estimo e delle rendite già determinate in esecuzione del d.m. 20 gennaio 1990».
Come è noto, tale disposizione è intervenuta dopo che il giu dice amministrativo aveva annullato quest'ultimo decreto, co
me pure quello successivo del 27 settembre 1991, contenente i prospetti delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane per l'intero territorio nazionale, avendo ritenuto che il criterio del valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile, alla stre
gua del quale il primo dei cennati decreti aveva autorizzato la revisione di tali tariffe, fosse in contrasto con le norme sul catasto.
3.1. - Ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata colliderebbe con:
— gli art. 3 e 53 Cost., posto che il riferimento al «criterio del valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile» espone gli uffici tecnici erariali nel periodo transitorio, che doveva du rare fino al 1994, ma che è stato poi prorogato fino al 1° gen naio 1998, al rischio di attribuire rendite catastali superiori a quelle effettive, determinando così, nella liquidazione delle sin
gole imposte, una ingiusta erosione del patrimonio e dando luo
go a situazioni di disparità di trattamento, con palese violazio ne del principio di uguaglianza e di quello di capacità contri butiva;
— l'art. 3 Cost., per avere il legislatore attuato, attraverso la «legificazione» delle tariffe, l'attribuzione di fatto, in linea diretta ed immediata, delle rendite catastali alle unità immobi
liari, sostituendosi alla pubblica amministrazione, nell'esercizio di una potestà tipicamente amministrativa e ponendo in essere «un comportamento viziato da eccesso di potere ed irragione volezza»;
— gli art. 24 e 113 Cost., per avere precluso al cittadino
qualsiasi possibilità di difesa giurisdizionale, di fronte ad una disciplina normativa che assorbe concretamente la funzione am ministrativa e che è atta ad incidere sulle posizioni soggettive dei privati, con riguardo ai parametri di individuazione in con creto degli elementi di fatto da cui origina la potenzialità reddi tuale del contribuente.
tà dell'art. 2 d.l. 16/93, esprime l'avviso secondo cui il legislatore ha inteso salvaguardare le tariffe e le rendite solo in quanto applicative del criterio ritenuto illegittimo dal giudice, senza ricomprendere nella sanatoria eventuali vizi sostanziali o procedimentali diversi da quelli derivanti dall'illegittimità del criterio medesimo.
In sostanza, per la Corte costituzionale, il contribuente può contesta re le tariffe d'estimo di cui al d.m. del 1990 qualora le stesse siano in qualche modo viziate, senza che possa essere opposta (se non per quanto attiene alla legittimità del ricorso al criterio della determinazio ne delle rendite in base al valore di mercato in luogo di quello, contem
plato dal d.p.r. 1° dicembre 1949 n. 1142, fondato sul valore locativo) la sanatoria operata dal d.l. 16/93.
Dietro la pronuncia in epigrafe si agita il problema della costituzio nalità delle leggi a contenuto sostanzialmente prowedimentale, ora (ripro posto sotto il profilo della violazione dell'art. 3 («per l'irragionevole assorbimento della funzione amministrativa in quella legislativa») e sot to quello della vanificazione delle garanzie di difesa apprestate dagli art. 24 e 113 Cost.
Su tale problematica, v. Corte cost. 21 luglio 1995, n. 347, id., 1996, I, 803, con nota di richiami, che ha escluso la configurabilità di un divieto di adozione di «leggi-provvedimento», fermo il sindacato della corte stessa sulla palese irragionevolezza delle scelte compiute dal legis latore.
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2051 PARTE PRIMA 2052
3.2. - Va esaminata, in via pregiudiziale, l'eccezione sollevata
dall'avvocatura generale dello Stato, la quale sostiene l'irrile
vanza della questione, essendo il giudizio principale rivolto al
l'impugnazione dell'avviso di classamento, sì da poter eventual
mente mettere capo soltanto ad una modifica della categoria e della classe di appartenenza dell'immobile; mentre tutt'altro
problema sarebbe quello relativo alla tariffa, dalla quale discen
de come mera conseguenza aritmetica la rendita delle singole unità immobiliari e «che può essere affrontato innanzi alle com
missioni solo in connessione con un atto che concerne la deter
minazione di una delle imposte». L'eccezione è da disattendere, giacché, contrariamente a quanto
sostenuto dall'avvocatura, risulta chiaramente dal testo dell'or
dinanza di rimessione che il giudizio promosso dal contribuente
innanzi alla commissione tributaria concerne la «determinazio
ne della rendita catastale», nell'ambito di un procedimento nel
quale il ricorrente lamenta «violazione di legge ed eccesso di
potere» da parte del d.m. 20 gennaio 1990, concernente la revi
sione delle tariffe di estimo. D'altro canto, ai fini della rilevanza della questione, è suffi
ciente rammentare il consolidato orientamento di questa corte
secondo cui il controllo sull'ammissibilità della questione stessa
potrebbe far disattendere la premessa dalla quale muove il ri
mettente, nel ritenere applicabile nel giudizio a quo la norma
denunciata, solo allorché tale premessa dovesse risultare palese
mente arbitraria, ovvero quando l'interpretazione accolta si pa lesasse del tutto non plausibile (cfr., ex plurimis, sentenze n.
386 del 1996, Foro it., 1997, I, 994; n. 362 del 1996, id., 19%, I, 3266; n. 103 del 1993, id., 1993, I, 2410). Presupposti, que
sti, che non è dato assolutamente ravvisare nel caso di specie, ove si tenga conto di quel filone giurisprudenziale (già ricordato
anche nella sentenza n. 9 del 1993, ibid., 666), che ha afferma
to, in casi analoghi a quello pendente innanzi al rimettente, la
competenza del giudice tributario a conoscere della controversia
e a sindacare, sia pure incidenter tantum, la legittimità dei pro
spetti delle tariffe derivanti dalla revisione degli estimi, argo mentando dall'attribuzione di rendita che in concreto derivereb
be dall'adozione delle nuove tariffe ovvero, alternativamente, dalla modifica del classamento che ad esse conseguirebbe.
3.3. - Nel merito, la questione non è fondata nei sensi di
cui si dirà. Il rimettente denuncia, in primo luogo, violazione degli art.
3 e 53 Cost., senza in realtà addurre alcun elemento nuovo ri
spetto a quelli già esaminati nella precedente sentenza n. 263
del 1994 (id., 1994, I, 2312), ma limitandosi a richiamare un rilievo svolto che viene isolato dal contesto della motivazione
di cui fa parte.
Invero, quello dei rischi, insiti nella determinazione delle ren
dite catastali sulla base dei valori di mercato del bene, è argo mento già valutato da questa corte in detta precedente circo
stanza, ma non ritenuto tale da influire sulla ratio decidendi allora accolta, che fa leva su una pluralità di motivi tra cui
principalmente la connessione che, comunque, è dato stabilire
fra il valore venale del bene e la sua redditività, come pure la mancata evidenziazione di ragioni atte a dimostrare l'incon
gruità del criterio di determinazione delle rendite accolto dal
legislatore. Le conclusioni di infondatezza cui è pervenuta detta pronun
cia vanno, dunque, mantenute ferme, anche perché l'esito di
cui, sul piano normativo, sembra precipuamente dolersi il ri
mettente — sì da denunciare l'incongruità dei criteri adottati
nella norma rispetto alla fine dell'equa e ragionevole tariffazio
ne che essa si prefigge — parrebbe essere quello di una violazio
ne del principio di capacità contributiva discendente non tanto
dal criterio di tipo patrimoniale accolto dal legislatore per per venire alla rendita e quindi alla tassazione, quanto piuttosto da una tassazione che, sia pure nell'ambito dei contestati criteri
di determinazione della rendita, non terrebbe conto della de
nunciata «notevole difformità tra il valore catastale e il valore
reale di mercato degli immobili». Il che pone un problema non
coincidente con quello esaminato nella già menzionata sentenza
n. 263 del 1994: quest'ultima affrontava la questione della legit timità costituzionale in sé del criterio accolto dal legislatore nel
passare, attraverso l'applicazione del tasso di redditività, dal
valore di mercato alla rendita catastale; la censura qui formula
ta, come si desume dall'ordinanza, solleva, fondamentalmente, un problema di significatività, a fini di una equa ripartizione
Il Foro Italiano — 1998.
del carico tributario, di valori del bene non suscettibili di conte
stazione, anche se non rispondenti a quelli reali, proprio perché desumibili, con un mero calcolo aritmetico, dalle tariffe e dalle
rendite legiflcate dalla disposizione denunciata.
3.4. - In questo senso, meritevoli di maggiore attenzione, an
che perché più pertinenti, appaiono le ulteriori due censure con
le quali viene riproposta all'esame della corte la tematica delle
leggi a contenuto sostanzialmente prowedimentale; in primo luo
go, sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost., per l'irra
gionevole assorbimento della funzione amministrativa in quella
legislativa che, ad avviso del rimettente, deriverebbe dall'art.
2 d.l. n. 16 del 1993 il quale, nel conferire base legislativa alle
tariffe d'estimo fissate dai menzionati decreti ministeriali, com
porterebbe «l'attribuzione di fatto in via diretta ed immediata, delle rendite catastali alle unità immobiliari»; e, in secondo luo
go, sotto quello della vanificazione delle garanzie di difesa ap
prestate dagli art. 24 e 113 Cost.
Occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza costitu
zionale, le leggi in questione esigono un controllo stretto di non
arbitrarietà e di non irraginevolezza restando, in definitiva, sog
gette a quello scrutinio che l'ordinanza di rimessione invoca nel
richiamare l'art. 3 Cost.
Di quanto testé considerato non può non tenersi conto ovvia
mente anche nell'interpretazione della contestata disposizione, in relazione all'esigenza di una lettura della medesima che non
la ponga in contrasto con la Costituzione.
Il denunciato atto legislativo, annoverabile più esattamente
nella categoria delle leggi di sanatoria, nel disporre la perma nenza in vigore delle tariffe d'estimo e delle rendite «già deter
minate in esecuzione del decreto del ministro delle finanze 20
gennaio 1990» ha avuto il fine, come già posto in risalto dalla
precedente sentenza n. 263 del 1994, di conferire base legislati va a quel criterio di revisione delle tariffe d'estimo «sulla base
del valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile», che
era stato recepito in detto decreto, annullato dal giudice ammi
nistrativo, perché il criterio stesso non era conforme ai principi
ispiratori della disciplina all'epoca vigente in materia.
Si deve perciò ritenere che il legislatore abbia inteso salva
guardare le tariffe e le rendite solo in quanto applicative del
criterio ritenuto illegittimo dal giudice, validando le stesse in
stretta correlazione con il criterio legificato, senza ricomprende re nella sanatoria eventuali vizi sostanziali o procedimentali di
versi da quelli derivanti dall'illegittimità del criterio medesimo. Conclusione questa che va mantenuta ferma anche a fronte
della disciplina contenuta nei commi 1 bis, 1 ter e 1 quater del
denunciato articolo. Questi ultimi, aggiunti dalla legge di con
versione, hanno contemplato la possibilità, a seguito di ricorso
alle commissioni censuarie, di eventuali modifiche delle tariffe
d'estimo già stabilite, da recepire in un decreto legislativo (art. 2 1. 24 marzo 1993 n. 75), come in effetti è poi avvenuto, intro
ducendosi così una disciplina che, però, rimane, estranea alla
presente questione di costituzionalità.
Al tempo stesso, contrariamente a quanto assume il rimetten
te, è da escludere che la disposizione denunciata, trasmodando
in una ingiustificata disciplina delle modalità applicative, abbia
inteso ricomprendere nell'effetto di legificazione anche «l'attri
buzione di fatto in via diretta ed immediata della rendita cata
stale» ai singoli immobili. Ciò sta allora a significare che, se
si sono determinati altri vizi in sede di rilevazione dei valori
degli immobili ovvero di determinazione delle rendite diversi da
quelli discendenti dal criterio ora legificato, i vizi stessi non pos sono reputarsi sanati. Oltretutto, sarebbe palesemente contrad
dittorio, nel momento in cui si riconduce a legittimità il crite
rio, consentire la violazione dello stesso, come, in via pratica,
potrebbe accadere se gli atti applicativi, beneficiando della di
sposta sanatoria, venissero sottratti al sindacato del giudice. In tal modo viene altresì meno il presupposto della censura
di violazione delle garanzie giurisdizionali di cui agli art. 24 e 113 Cost. Mentre infatti la sanatoria per via legislativa del
vizio afferente al criterio stabilito nel decreto 20 gennaio 1990
opera sul piano sostanziale, attribuendo ex post al criterio ac
colto nel decreto il fondamento legislativo prima mancante, gli altri eventuali vizi degli atti che hanno portato alla determina
zione di tariffe di estimo e di rendite restano interamente sog
getti al controllo giurisdizionale. 4. - Con la seconda delle ordinanze in epigrafe, la Commis
sione tributaria provinciale di Piacenza sottopone all'esame del
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
la corte due questioni di legittimità, concernenti, la prima, l'art.
2 d.I. 23 gennaio 1993 n. 16, convertito, con modificazioni, nella 1. 24 marzo 1995 n. 75 (recte: 24 marzo 1993 n. 75); la
seconda, l'art. 2, 1° comma, 1. n. 75 del 1993 (da intendersi
più esattamente come art. 2, 1° comma, d.I. 23 gennaio 1993
n. 16, convertito, con modificazioni, nella 1. 24 marzo 1993
n. 75) e l'art. 1, 5° comma, d.I. 28 giugno 1995 n. 250, conver
tito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1995 n. 344 (recte: n. 349).
4.1. - Le questioni di cui sopra sono state sollevate nel corso
di un giudizio avente ad oggetto la ripetizione, da parte del
contribuente, di somme a suo tempo corrisposte, a titolo di In
vim straordinaria, sul valore finale degli immobili di sua pro prietà, alla data del 31 ottobre 1991; Invim, calcolata utilizzan
do i criteri dell'art. 1, 8° comma, d.I. 13 settembre 1991 n.
299, convertito, con modificazioni, nella 1. 18 novembre 1991
n. 363, il quale stabilisce che detto valore non è sottoposto a
rettifica ove dichiarato in misura non inferiore a quella che ri
sulta applicando i moltiplicatori, previsti dalla disposizione stessa, all'ammontare delle rendite catastali determinate a seguito della
revisione generale disposta con il più volte menzionato decreto
del 20 gennaio 1990.
Intervenuto, nelle more del giudizio, l'annullamento di que st'ultimo decreto da parte del giudice amministrativo, il rimet
tente muove dalla premessa che il rinvio dell'art. 1, 8° comma, d.I. 13 settembre 1991 n. 299 sia da intendere oggi effettuato
alla disposizione dell'art. 2 d.I. 23 gennaio 1993 n. 16.
Chiede, pertanto, alla corte di stabilire: — se il predetto art. 2 violi gli art. 3 e 53 Cost., «nella parte
in cui prevede la permanenza in vigore delle tariffe di estimo
e delle rendite già determinate in esecuzione del d.m. 20 gen naio 1990», posto che il medesimo «appare irragionevole e po trebbe dar luogo alla determinazione e all'applicazione dei red
diti superiori e comunque diversi da quelli voluti dal legislatore, con situazioni di disparità di trattamento, in violazione del prin
cipio di uguaglianza e di quello della capacità contributiva»; — se il 1° comma del medesimo articolo e l'art. 1,5° com
ma, d.I. 28 giugno 1995 n. 250, convertito, con modificazioni, nella 1. 8 agosto 1995 n. 349, si pongano in contrasto con gli art. 24, 101, 102, 103 e 104 Cost., nella parte in cui operano una «dilatazione del regime transitorio di applicazione dei crite
ri dichiarati illegittimi dal Tar Lazio (e legificati in modo asseri tamente temporaneo dalla predetta 1. n. 75 del 1993)», per esse
re il fine delle citate norme quello di vanificare gli effetti della
pronunzia del Tar, con conseguente straripamento del potere
legislativo in quello giudiziario. 4.2. - Pur a voler condividere la premessa dalla quale muove
il rimettente, è comunque da escludere che l'una e l'altra censu
ra siano fondate.
A ben vedere, la prima non si discosta sostanzialmente da
quella analogamente proposta dal giudice tributario di Firenze
con l'altra ordinanza qui in esame, sicché non possono che re
putarsi valide le considerazioni già svolte a proposito di que
st'ultima, alle quali è sufficiente rinviare. Quanto poi alla seconda censura, anch'essa risulta già scruti
nata dalla corte con la sentenza n. 263 del 1994, la quale —
dopo aver ricordato il consolidato orientamento della giurispru
denza, secondo cui le leggi di sanatoria, ove non siano preordi nate a vanificare i giudicati, non possono di per sé essere consi
derate lesive delle attribuzioni degli organi giurisdizionali — ha
escluso, comunque, l'illegittimità della disposizione denunciata
per la «decisiva» circostanza che, nella specie, «il legislatore,
più che a vanificare pronunzie giudiziali, ha provveduto a dare
fondamento legislativo a criteri che il giudice amministrativo
aveva considerato illegittimi proprio perché enunciati in un de
creto ministeriale» (sentenza n. 263 del 1994). Conclusione, que
sta, che non può non restare ferma anche a fronte della protrat ta transitorietà della disciplina, il cui termine, come rammenta
10 stesso rimettente, originariamente fissato al 1° gennaio 1995, è stato prorogato, dall'art. 1, 5° comma, d.I. n. 250 del 1995,
al 1° gennaio 1997 e ulteriormente rinviato all'esito della revi
sione delle zone censuarie e delle tariffe di estimo che dovrà
avvenire sulla base dei regolamenti previsti dall'art. 3, comma
155, 1. 23 dicembre 1996 n. 662. 4.3. - A parte dette considerazioni, non meno risolutivo ap
pare, anche, l'argomento che è dato trarre dal carattere facolta
tivo del ricorso al particolare meccanismo impositivo previsto
11 Foro Italiano — 1998.
per l'Invim straordinaria, tale di per sé da escludere qualsiasi attentato alla capacità contributiva del soggetto tassato, consi
derata la non cogenza del criterio di determinazione del valore
finale in base agli estimi catastali. Criterio suscettibile, infatti, di essere invocato dal contribuente a sua assoluta discrezione, sulla base delle sue personali valutazioni di convenienza econo
mica, per escludere l'accertamento del reale valore venale del
bene da parte dell'ufficio tributario, senza, però, impedire, a chi voglia svincolarsi dal riferimento alla tariffa di estimo, di dichiarare un valore inferiore a quello tabellare.
Per questi motivi, la Corte costituzionale, riuniti i giudizi, dichiara:
a) non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 d.I. 23 gennaio 1993 n. 16 (disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferi menti di immobili di civile abitazione, di termini per la defini zione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la sop
pressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti deri
vanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre
disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella 1. 24 marzo 1993 n. 75, sollevata, in riferimento agli art. 3, 24, 53 e 113 Cost., dalla Commissione tributaria di primo grado di Firenze, con la prima delle ordinanze in epigrafe;
b) non fondate le questioni di legittimità costituzionale del
l'art. 2 del predetto d.I. 23 gennaio 1993 n, 16, convertito, con
modificazioni, nella 1. 24 marzo 1993 n. 75, sollevata, in riferi mento agli art. 3 e 53 Cost., dalla Commissione tributaria pro vinciale di Piacenza, con la seconda delle ordinanze in epigrafe nonché del medesimo art. 2, 1° comma, e dell'art. 1, 5° com
ma, d.I. 28 giugno 1995 n. 250 (differimento di taluni termini ed altre disposizioni in materia tributaria), convertito, con mo dificazioni, nella 1. 8 agosto 1995 n. 349, sollevata, in riferi
mento agli art. 24, 101, 102, 103 e 104 Cost., dalla stessa com
missione tributaria, con la già menzionata ordinanza.
I
CORTE COSTITUZIONALE; ordinanza 20 maggio 1998, n.
179 (Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 maggio 1998, n. 21); Pres. Granata, Est. Neppi Modona; Sgarbi c. Corte
d'appello Brescia. Conflitto di attribuzione.
Corte costituzionale — Conflitto tra poteri dello Stato — Par
lamentare — Immunità per voti dati e opinioni espresse —
Assenza di materia di conflitto — Inammissibilità (Cost., art. 68, 134; 1. 11 marzo 1953 n. 87, norme sulla costituzione e
sul funzionamento della Corte costituzionale, art. 37).
È inammissibile, per assenza attuale della materia di un conflit
to, il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato proposto da un parlamentare nei confronti del provvedimento con cui
il giudice penale ha disposto nei suoi confronti un decreto
di citazione a giudizio, in mancanza di una deliberazione del
la camera di appartenenza che abbia dichiarato che il com
portamento per cui si procede deve ritenersi coperto dall'im
munità stabilita dall'art. 68 Cost, per i voti dati e le opinioni espresse. (1)
(1) Nello stesso senso la corte si è espressa con ord. di pari data
(20 maggio 1998, n. 178, G.U., 1* s.s., n. 21 del 1998), pronunciata sempre su ricorso dell'on. Sgarbi e precedentemente con sent. 23 luglio 1997, n. 265, Foro it., 1997, I, 2361, con nota di richiami e osservazio ni di Romboli, Immunità parlamentare: un difficile bilanciamento (con
qualche contraddizione) tra autonomia delle camere, tutela della sfera di attribuzioni dell'autorità giudiziaria e ruolo della Corte costituziona
le, commentata da Maitatti, in Oiur. costit., 1997, 2444. Adesso la corte ribadisce l'affermazione secondo cui, sino a che la camera di ap partenenza non abbia deliberato in merito, il giudice può procedere,
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