sentenza 3 luglio 1997, n. 216 (Gazzetta ufficiale, 1 a serie speciale, 16 luglio 1997, n. 29); Pres.Granata, Est. Contri; Candelmo c. Petito. Ord. Trib. min. Napoli 14 novembre 1995 (G.U., 1 as.s., n. 16 del 1996)Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 1 (GENNAIO 1998), pp. 37/38-39/40Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192192 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
quando sia opportuno, di altri modelli di svolgimento dei servi
zi, quali le gestioni comuni (art. 15 e 16), le convenzioni (art.
17) e le società per azioni (art. 18). 8. - Quanto al problema della non coincidenza territoriale
dell'area metropolitana con l'ente provincia, i cui organi sono
chiamati a svolgerne le funzioni, può considerarsi fatto del tut
to fisiologico l'esercizio, da parte dell'ente rappresentativo della
collettività, di funzioni che riguardino eventualmente solo una
determinata parte della collettività stessa.
Anche se il carattere rappresentativo ed elettivo degli organi
di governo degli enti territoriali è, come la corte h a già avuto
occasione di affermare (sentenza n. 96 del 1968, id., 198, I,
2397), tratto essenziale e caratterizzante dell'autonomia cui hanno
riguardo gli art. 5 e 128 Cost., sarebbe palesemente eccessivo
inferire da ciò l'esistenza di un principio costituzionale tale da
esigere che l'ente esponenziale della comunità locale abbia fun
zioni uniformi per tutto il territorio, senza la possibilità di dif
ferenziazione per quella parte di esso che evidenzia specifiche
necessità, e cioè quando siano le caratteristiche naturali, socio
logiche e geografiche a ragionevolmente suggerire un'articola
zione differenziata.
Si giustifica dunque che, alle decisioni riguardanti le funzioni
che la provincia esercita nell'area metropolitana, concorrano tutti
i componenti dell'organo collegiale provinciale e non solo quelli
eletti da parte di cittadini aventi residenza nei comuni apparte
nenti all'area medesima.
9. - Resta l'ultimo profilo, prospettato in riferimento all'art.
97 Cost., per la mancanza di norme che disciplinino il trasferi
mento dai comuni alla provincia delle funzioni amministrative
e del personale addetto, come pure la separazione patrimoniale
e il riparto delle attività e delle passività. Pure detta censura va disattesa.
Intanto, non può convenirsi sull'assunto che appare implici
tamente sorreggere tale prospettazione, e cioè che una legge che
disegni un nuovo assetto organizzativo debba necessariamente
contenere, a pena di incostituzionalità, anche ogni disposizione
di dettaglio operativo o attuativo. Comunque, quanto alle com
petenze che vengono trasferite alla provincia regionale, è dato
riscontrare la loro compiuta disciplina nell'art. 21 1. reg. n. 9
del 1986, attraverso la puntuale elencazione delle funzioni atti
nenti alla pianificazione del territorio e dell'attività commercia
le, nonché alla gestione dei servizi, di cui ai nn. 3, 4 e 5 dello
stesso articolo, non senza indicare per questi ultimi anche i pos
sibili moduli di gestione, che consentono di avvalersi, tra l'al
tro, delle aziende municipalizzate esistenti ovvero di promuove
re la costituzione di gestioni comuni ai sensi dell'art. 15 o la
stipula di convenzioni ai sensi dell'art. 17, 2° comma, della me
desima legge regionale. Alla definizione dei rapporti finanziari tra i comuni compresi
nell'area metropolitana e le province regionali che la includono
provvede, infine, l'art. 1, 1° comma, lett. d), 1. reg. 11 dicem
bre 1991 n. 48, attraverso il rinvio all'art. 19, 2° comma, 1.
n. 142 del 1990, il quale contempla il trasferimento, dai comuni
alla città metropolitana, delle entrate riguardanti i servizi attri
buiti a quest'ultima. Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
te le questioni di legittimità costituzionale degli art. 19, 20 e
21 1. reg. sic. 6 marzo 1986 n. 9 (istituzione della provincia
regionale), sollevate, in riferimento all'art. 15 dello statuto spe
ciale e agli art. 5, 97 e 128 Cost., dal Tar per la Sicilia, sezione
staccata di Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Il Foro Italiano — 1998.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 3 luglio 1997, n. 216
(<Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 16 luglio 1997, n. 29); Pres. Granata, Est. Contri; Candelmo c. Petito. Ord. Trib.
min. Napoli 14 novembre 1995 (G.U., 1" s.s., n. 16 del 1996).
Filiazione — Dichiarazione giudiziale di paternità — Giudizio di ammissibilità — Valutazione dell'interesse del minore —
Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 3, 30, 31; cod. civ., art. 274).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
274 c.c., nella parte in cui non limita il giudizio di ammissibi lità dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o
maternità naturale alla valutazione dell'interesse del minore,
in riferimento agli art. 3, 30 e 31 Cost. (1)
(1) 1. - La sentenza 20 luglio 1990, n. 341, richiamata in motivazio
ne, può leggersi in Foro it., 1992, I, 25, con nota di Formica, e di
Sassani, in Giust. civ., 1990, I, 2485. La sentenza è stata ritenuta im
mediatamente applicabile, anche in difetto di intervento del legislatore da Cass. 15 giugno 1994, n. 5814, Foro it., 1996, I, 2505, con nota
di M. Passaro. Con la sentenza 22 aprile 1997, n. 112, G.U., la s.s., n. 18 del 1997,
anch'essa richiamata in motivazione, la Corte costituzionale ha dichia
rato non fondata la questione di costituzionalità dell'art. 263 c.c., nella
parte in cui non prevede che il giudice adito con l'impugnazione del
riconoscimento per difetto di veridicità debba valutare se l'accoglimen to della domanda corrisponda all'interesse del minore.
II. - È affermazione pacifica che in tema di accertamento giudiziale di paternità o maternità, ancor dopo le modifiche introdotte dalla legge di riforma del diritto di famiglia che ha richiesto la sussistenza di circo
stanze specifiche, la peculiare funzione della fase preliminare delineata
dall'art. 274 c.c. non è divenuta quella di accertare la paternità o la
maternità, ma è rimasta quella di riscontrare, con riferimento alle cir
costanze che la parte deduca ed alle presunzioni ed elementi che faccia
no apparire verosimile il rapporto, l'eventuale fumus boni iuris circa
la sua esistenza: così, espressamente, Cass. 27 gennaio 1997, n. 802, Foro it., Mass., 74. Sostanzialmente nello stesso senso, sulla base della
distinzione tra valutazione della fondatezza dell'azione, da condurre sulla
base delle prove acquisite, riservata al giudizio di merito, e accertamen
to della verosimiglianza o non manifesta infondatezza del rapporto di
paternità o maternità naturale, da effettuare sulla base di elementi seri
e concreti, ancorché privi di efficacia probatoria, riservata alla fase del
giudizio di ammissibilità: Cass. 25 agosto 1997, n. 7946, ibid., 791; 22 ottobre 1997, n. 10384, ibid., 1034; 17 febbraio 1996, n. 1235, id.,
Rep. 1996, voce Filiazione, n. 53; 27 febbraio 1996, n. 1517, ibid., n. 57; 24 maggio 1995, n. 5663, id., Rep. 1995, voce cit., n. 58; 10
marzo 1994, n. 2346, id., 1995, I, 2976, con nota di CrviNiNi.
Sull'inesistenza di un obbligo, per il giudice di merito, di acquisire informazioni e di svolgere attività istruttoria, restando rimesso alla sua
valutazione discrezionale il giudizio sull'opportunità di svolgere, dopo aver sentito le parti, un'inchiesta la cui natura resta integrativa ed even
tuale: Cass. 2 marzo 1993, n. 2579, id., Rep. 1993, voce cit., n. 60; 21 marzo 1990, n. 2350, id., Rep. 1990, voce cit., n. 78; 6 agosto 1990, n. 7915, ibid., n. 82; 11 febbraio 1987, n. 1476, id., Rep. 1987, voce
cit., n. 75. Sulla sufficienza delle sole dichiarazioni della madre ai fini del giudi
zio favorevole all'ammissibilità dell'azione, Cass. 8 novembre 1997, n.
11032, id., Mass., 1089; 24 maggio 1995, n. 5663, cit.; 10 marzo 1994, n. 2346, cit.
Cass. 13 agosto 1997, n. 7557, ibid., 749, ha esplicitamente afferma
to che l'accertamento della sussistenza dell'interesse del minore da par te dell'autorità giudiziaria adita non può ritenersi subordinato alla pro
posizione di una richiesta, esplicitamente od implicitamente formulata
in tal senso, da parte del genitore che agisca ex art. 274 c.p.c., essendo
del tutto evidente l'esistenza, in materia, di poteri di ufficio del giudi
cante, attesa la natura indisponibile dell'interesse del minore, la cui tu
tela non può in alcun modo ritenersi subordinata all'iniziativa delle parti ed all'esercizio dei relativi poteri dispositivi (come in tutti quei casi in
cui, al contrario, il legislatore abbia previsto, all'uopo, la nomina di
un curatore speciale). In senso conforme: Cass. 25 agosto 1997, n. 7946,
cit., la quale ha inoltre ritenuto che l'accertamento dell'interesse del
minore deve essere condotto con riguardo all'angolo visuale del minore
e con criteri del tutto diversi dall'esame delle specifiche circostanze giu stificative dell'azione di dichiarazione giudiziale di paternità naturale
(benché la verdicità del rapporto di procreazione possa anch'essa entra
re in gioco quale elemento di tale interesse) e che può ritenersi sussi
stente in assenza di condotta pregiudizievole del genitore della cui pa ternità si tratta e di fondati rischi sugli equilibri affettivi del minore.
Nello stesso senso, Cass. 8 novembre 1997, n. 11032, cit., secondo
la quale al fine dell'ammissibilità dell'azione naturale, l'interesse del
minore deve essere accertato con prevalente riferimento alle esigenze
globali — presenti e future — di formazione e di arricchimento della
personalità del minore, nel contesto familiare e socio-economico di ap
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PARTE PRIMA
Diritto. — 1. - Il Tribunale per i minorenni di Napoli denun
cia l'illegittimità costituzionale dell'art. 274, 1° e 2° comma,
c.c., nella parte in cui non limita il giudizio di ammissibilità dell'azione per la dichiarazione di paternità o di maternità na
turale all'esame dell'interesse del minore.
Ad avviso del giudice a quo la suddetta norma sarebbe in
contrasto con gli art. 3, 30 e 31 Cost., poiché, oltre a mancare
di razionalità, non esssendo più rispondente alla funzione cui
è preordinata, limita il diritto dei minori ad ottenere il ricono
scimento, subordinandolo ad un preventivo giudizio basato su
valutazione di prove che non sempre le parti sono in grado di
offrire, anziché esclusivamente sull'esame dell'interesse dei mi
nori medesimi.
2. - La questione non è fondata.
Il tribunale rimettente solleva il dubbio che la previsione di
una fase preliminare di ammissibilità, così come oggi configura
ta, determini una limitazione del diritto del minore al riconosci
mento, ritenendo che nel giudizio in esame debbano necessaria
mente acquisirsi prove testimoniali o documentali di particolare consistenza da porre a sostegno della declaratoria di ammissibi
lità, tali da provocare grave pregiudizio nel caso di mancato
assolvimento al predetto onere.
La premessa interpretativa da cui muove il rimettente non
sembra però tener conto del consolidato orientamento della giu
risprudenza di legittimità, pur citato nell'ordinanza di rimessio
ne, secondo il quale, ai fini della pronuncia di ammissibilità
dell'azione in oggetto, non si richiede l'esistenza di prove aventi
efficacia piena e assoluta, ma è ritenuto sufficiente il concorso
di elementi anche di tipo presuntivo, che siano potenzialmente idonei «a far apparire l'azione verosimile e non priva di fonda
mento» (Cass. 3 febbraio 1990, n. 737, Foro it., Rep. 1990, voce Filiazione, n. 72); tanto che, secondo la situazione concre
ta, la pronuncia di ammissibilità può essere fondata anche sulle
affermazioni della parte ricorrente. Ancora, si è affermato in
giurisprudenza che non vi è alcun obbligo per il giudice di assu
mere le informazioni del caso, ove egli ritenga di pervenire ad
una declaratoria di ammissibilità in forza delle sole circostanze
dedotte.
L'applicazione giurisprudenziale della norma censurata esclu
de quindi che da essa possa derivare il pregiudizio lamentato
e di conseguenza esclude ogni censura di incostituzionalità.
3. - In riferimento, poi, al profilo della pretesa irragionevo lezza della norma, che, ad avviso del rimettente, non sarebbe
più rispondente allo scopo cui è preordinata, onde il procedi mento in esame dovrebbe essere limitato alla mera valutazione
dell'interesse del minore al riconoscimento, questa corte ha già avuto modo di affermare che l'esame di tale interesse costitui
sce una componente essenziale dell'oggetto del giudizio di am
missibilità, non incompatibile con le ragioni di tutela del conve
nuto, cui è ispirata la norma stessa, in quanto «la veridicità
del preteso rapporto di filiazione col convenuto, del quale il
giudice deve in questa prima fase controllare l'esistenza di seri
indizi, è pure un elemento dell'interesse del minore» (sentenza n. 341 del 1990, id., 1992, I, 25).
È quindi compito precipuo del tribunale per i minorenni, cui
del resto è stata attribuita la relativa specifica competenza, veri
ficare se la modifica dello status del minore risponda al suo interesse e non sia per lui di pregiudizio; così come contempo raneamente occorre anche verificare, sia pure con sommaria de
libazione, la verosimiglianza del preteso rapporto di filiazione, dovendosi garantire il diritto del minore alla propria identità
(sentenza n. 112 del 1997). Il procedimento in esame è ispirato pertanto a due finalità
concorrenti e non in contrasto tra loro, essendo posto a tutela
partenenza, e deve essere ancorato a fatti concreti, quali il benefico
ampliamento della sfera affettiva, sociale ed economica del minore, che
può essere escluso dall'accertata condotta del presunto padre gravemen te pregiudizievole al figlio e tale da motivare la decadenza dalla potestà sullo stesso, ovvero dalla provata esistenza di gravi e fondati rischi per l'equilibrio affettivo e psicologico del minore, per la sua educazione e per il suo inserimento nel contesto lavorativo e sociale (in senso con forme, tra le più recenti: Cass. 23 febbraio 1996, n. 1444, id., Rep. 1996, voce cit., n. 54, con nota di Mechelli, in Dir. famiglia, 1996, 965; 24 settembre 1996, n. 8413, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 55; 11 dicembre 1995, n. 12642, id., Rep. 1995, voce cit., n. 53; 24 maggio 1995, n. 5663, ibid., n. 61).
Il Foro Italiano — 1998.
non solo del convenuto contro il pencolo di azioni temerarie
e ricattatorie, ma anche e soprattutto del minore, il cui interesse
sta nell'affermazioen di un rapporto di filiazione veridico, che
non pregiudichi la formazione e lo sviluppo della propria perso nalità.
I profili di incostituzionalità dedotti dal giudice a quo sono,
per le indicate ragioni, insussistenti.
Per questi motivi, la Corte costituzionale dichiara non fonda
ta la questione di legittimità costituzionale dell'art. 274, 1° e
2° comma, c.c., soillevata, in riferimento agli art. 3, 30 e 31
Cost., dal Tribunale per i minorenni di Napoli con l'ordinanza
in epigrafe.
CORTE COSTITUZIONALE; sentenza 21 marzo 1997, n. 67
(Gazzetta ufficiale, la serie speciale, 27 marzo 1997, n. 13); Pres. Granata, Est. Santosuosso; Vellutini. Ord. Pret. Gros
seto 18 settembre 1995 (G.U., la s.s., n. 13 del 1996).
Regione in genere e regioni a statuto ordinario — Toscana —
Parchi regionali — Interventi in zone sottoposte a vincolo
paesaggistico — Nulla osta dell'ente parco — Autorizzazione
paesaggistica — Unificazione dei due atti — Questione infon
data di costituzionalità (Cost., art. 117; 1. 6 dicembre 1991
n. 394, legge quadro sulle aree protette, art. 13; 1. reg. Tosca
na 16 marzo 1994 n. 24, istituzione degli enti parco per la
gestione dei parchi regionali della Maremma e di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. Soppressione dei relativi consor
zi, art. 20).
È infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.
20, 2° comma, I. reg. Toscana 16 marzo 1994 n. 24, nella
parte in cui consente che nei parchi regionali il nulla osta
dell'ente parco tiene luogo anche dell'autorizzazione prevista dalla normativa statale per gli interventi in zone soggette a
vincolo idrogeologico o a vincolo paesaggistico, in riferimen to all'art. 117 Cost. (1)
(1) La questione aveva già costituito oggetto di altra decisione della Corte costituzionale di natura processuale: v. Corte cost., ord. 24 luglio 1995, n. 372, Foro it., 1996, I, 772, con nota di Romboli.
In giurisprudenza, in tema di nulla osta, ai sensi dell'art. 13 1. 6 dicembre 1991 n. 394, della sua rilevanza penale e dei suoi rapporti con l'autorizzazione paesaggistica v. Pret. Mantova-Castiglione dello Stiviere 11 dicembre 1992, id., Rep. 1994, voce Parchi nazionali, n.
17, secondo cui, in ipotesi di mancanza di preventivo nulla osta dell'en te parco, sussiste il reato di cui agli art. 13 e 30 1. 394/91 che non sosituisce quello dell'art. 1 sexies, essendo diversi i beni giuridici tutela ti e le procedure da seguire.
Contrasto giurisprudenziale è sorto in tema di applicabilità delle san zioni della nuova legge sui parchi in assenza della approvazione del
piano e del regolamento del parco. In una fattispecie, in tema di attivi tà edilizia in zona vincolata paesaggisticamente ed inserita in un area
protetta, Cass. 27 giugno 1995, Di Felice, id., Rep. 1996, voce cit., n. 10, ha ritenuto che, fino all'approvazione del regolamento e del pia no del parco, non sono applicabili le sanzioni relative alla mancanza del nulla osta derivandone l'irrilevanza penale sia della condotta del
sindaco, per avere rilasciato una concessione edilizia in assenza del nul la osta, sia del titolare del manufatto. In senso conforme Pret. Sulmona Castel di Sangro 1° febbraio 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 16, che evidenzia come il reato di cui al combinato disposto degli art. 13 e 30 1. 349/91 non può sussistere in quanto l'assenza del regolamento e del piano non consente la verifica di conformità dell'intervento edili zio agli indicati strumenti di disciplina dell'attività del parco.
Di parere contrario, Cass. 2 giugno 1995, Carlino, id., Rep. 1996, voce cit., nn. 13, 14, che ha affermato, invece, che nei parchi nazionali la 1. 394/91, all'art. 11, 3° comma, prescrive la necessità della pre ventiva autorizzazione dell'ente parco per il sorvolo di veicoli, ossia una attività che per legge si presume potenzialmente pericolosa per gli equilibri naturali, e conseguentemente prevede la immediata applicabili tà della sanzione dell'art. 30, 1° comma in relazione all'art. 11, 3° com
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