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sentenza 30 aprile 1985; Giud. Persico; imp. Mucci e altro

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Page 1: sentenza 30 aprile 1985; Giud. Persico; imp. Mucci e altro

sentenza 30 aprile 1985; Giud. Persico; imp. Mucci e altroSource: Il Foro Italiano, Vol. 108, No. 9 (SETTEMBRE 1985), pp. 403/404-405/406Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178040 .

Accessed: 28/06/2014 18:29

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PARTE SECONDA

dal Di Giovanni non è stata sicuramente enorme sia pear la brevità dell'intero pezzo che per la forma quasi incidentale con la quale è stato fatto riferimento al Federici. Così l'ordinare la diffusione della notizia contraria con la risonanza enormemente

maggiore richiesta dal querelante non ristabilirebbe l'equilibrio violato ma produrrebbe una sproporzione ben più consistente in senso contrario. (Omissis)

PRETURA DI MODENA; PRETURA DI MODENA; sentenza 30 aprile 1985; Giud. Per

sico; imp. Mucoi e altro.

Animali (uccisione, danneggiamento, maltrattamenti, omessa cu stodia e malgoverno) — Maltrattamento di animali — Reato —

Fattispecie (Cod. pen., art. 727).

Integrano il reato di maltrattamento di animali i giuochi cosi detti della « cattura delle anatre » e del « maiale unto », consistenti il primo nella caccia ad alcune anatre chiuse dentro un recinto, ed il secondo nella cattura di un suino dal corpo spalmato di sostanza grassa, in quanto cagionano uno stato di collasso cardiocircolatorio nelle bestie e comunque comportano il pati mento di dolori fisici. (1)

Fatto e diritto. — In data 6 ottobre 1983 perveniva alla

procura della repubblica di Modena un esposto in data 29 agosto 1983 della sezione modenese dell'E.n.p.a. — Ente nazionale prote zione animali — che segnalava lo svolgimento in località « La Grande » di Nonantola della « sagra del maiale unto », nonché dell'annesso gioco della « cattura delle anatre », evidenziando che vari tutori dell'ordine avevano presenziato ai due giochi, senza sentire il dovere di intervenire, tra le proteste di taluni spettatori, indignati per il trattamento inflitto agli animali.

Gli atti pervenivano alla Pretura di Modena per competenza im data 10 ottobre 1983. Svolti gli opportuni accertamenti, per identificare gli organizzatori della manifestazione, in data 23

maggio 1984 veniva emesso decreto penale di condanna a lire 200 mila di ammenda ciascuno per il parroco don Emanuele Mucci e

per la religiosa suor Isabella, al secolo Chilese Maria, che

figuravano come firmatari del volantino-programma, diffuso dal comitato organizzatore della festa 1983 della chiesa di « La Grande » del 28 agosto 1983.

I due condannati proponevano rituale opposizione e, citati con decreto 7 febbraio 1985, comparivano all'udienza.

La Chilese respingeva qualunque consapevolezza ed organizza zione nel fatto, assumendo di occuparsi solo dei corsi catechistici

per i bimbi della parrocchia, e rilevando che il suo nome in calce al volantino era stato apposto a sua insaputa e senza il suo consenso.

Non essendo emersa alcuna valida prova di una effettiva

organizzazione, addebitabile a suor Isabella, e tenuto conto delle

sue mansioni, del suo incarico prettamente religioso e delle

discolpe, va accolta la sua tesi difensiva: va pertanto assolta per non aver commesso il fatto.

Diversa trattazione si impone per la posizione di don Mucci, il

quale, a riprova del suo asserito buon diritto, ha prodotto copia della sua istanza 25 agosto 1983 al sindaco di Nonantola, che in data 26 agosto 1983 gli rilasciava regolare autorizzazione per organizzare la « sagra del maiale unto ».

In fatto non è contestata la descrizione dei due giochi, che risulta nell'esposto dell'E.n.p.a. corredato di ampia descrizione,

(1) Più che per un effettivo contributo all'elaborazione giurispruden ziale in tema di maltrattamento di animali, la sentenza in epigrafe si segnala per la singolarità della fattispecie concreta che ne è oggetto.

In linea con l'orientamento dominante, il Pretore di Modena indivi dua l'oggetto della tutela dell'art. 727 c.p. nel sentimento di pietà e affetto verso gli animali nutrito dalla generalità dei consociati: cfr. Cass. 24 settembre 1982, Bordin, Foro it., Rep. 1983, voce Animali (ucci sione), n. 1; 23 maggio 1979, Carpanese, id., 1981, II, 380, con nota di Iacoboni (fattispecie di vivisezione in reparto chirurgico universitario, ove il reato è stato escluso in ragione del fatto che gli esperimenti, non svolgendosi in pubblico, non erano atti a suscitare alcun turbamento presso l'opinione pubblica). Nello stesso senso, in dottrina, Coppi, Maltrattamento o malgoverno di animali, voce dell' Enciclopedia del diritto, 1975, XXV, 266.

Circa la posizione degli enti protezionistici nel processo penale, cfr. Cass. 23 maggio 1979, Carpanese, cit., nonché Iacoboni, Costituzione di parte civile degli enti collettivi e postille in tema di lesione degli interessi superindividuali, alla luce di un decennio di giurisprudenza, in Foro it., 1982, II, 185 ss.

Il Foro Italiano — 1985.

nonché di fotografie per la parte riguardante il gioco del maiale. Nessun dubbio sussiste dunque sulla circostanza che le anatre

venissero rincorse dai bambini e afferrate, a scopo di gioco, per il

collo e le ali, determinando i loro disperati tentativi di sottrarsi alla presa dei vincitori. Detta condotta, nella materialità, integra senza dubbio la fattispecie della prima parte della norma dell'art. 727 c.p. e la relativa responsabilità non può non gravare sull'or

ganizzatore e promotore don Mucci.

Peraltro, assai più significatila e grave, per le conseguenze del

fatto, appare la seconda parte della festa, propriamente denomi nata « sagra del maiale unto ». Iti detto gioco, di cui si asserisce

l'origine addirittura medioevale nella tradizione della Padania, gli animali vengono spalmati di sostanza grassa e vengono inseguiti ed afferrati, prevalentemente nel ventre, in una sorta di rudimen tale rodeo emiliano.

Le tre fotografìe prodotte daM'E.n.p.a. dimostrano iti modo non

equivoco le condizioni finali di sfinimento degli animali utilizzati, i quali, dopo il lungo inseguimento e le energiche apprensioni,

gravati dal peso e dalla mole, giacciono a terra sfiniti, in preda a

vero e proprio collasso cardiocircolatorio, come ben evidenziato

nella originaria denunzia, tant'è che in loco si suggeriva... nien

temeno ohe di praticare loro dei cardiotonici per rianimarli.

La ragione incriminatrice: la tutela degli animali. — Secondo

la giurisprudenza consolidata, il bene tutelato dalla norma sareb

be soltanto il sentimento di pietà e di affetto verso gli animali, che la generalità dei consociati nutre nella nostra civiltà, sicché

in particolare assai diseducativo sarebbe il gioco delle anatre e

del maiale, in quanto praticato verso un pubblico di spettatori in gran parte bambini ed adolescenti.

Siffatta interpretazione delle norme va senza dubbio accolta, ma non appare del tutto esauriente. Ben può affermarsi che, nell'attuale sviluppo di una coscienza ecologica ed etologica dei

cittadini, gli animali in genere, ed in particolare quelli apparte nenti alle classi degli uccelli e dei mammiferi, sono considerati

non soltanto dei beni materiali ed economici, ma esseri viventi,

partecipi del grande mistero della creazione e della vita, e quindi meritevoli iti sé di tutela.

La coscienza individuale e collettiva riprova le sofferenze

cagionate agli animali senza una giustificazione necessaria, o per la vita di sostentamento dell'uomo o per lo sviluppo della

scienza. Tant'è che un complesso di norme legislative disciplina e

sottopone a formalità, tecniche di riduzione del dolore e procedu re autorizzative, le stesse modalità di macellazione, uccisione,

vivisezione, ed al riguardo, anzi, si deplora da gran parte una

carenza di più rigorosi interventi normativi.

È oramai patrimonio comune della cultura umana che anche

gli animali non solo soffrono fisicamente, ma anche hanno diretta

percezione del male fisico, attraverso il meccanismo del « dolo

re », che costituisce per la nostra civiltà una delle grandi tematiche della scienza e della psicologia.

Nel caso di specie è fuor di dubbio ohe le anatre prescelte per l'infantile gioco e ancor più i grassi maiali venissero sottoposti a

trattamento a loro percettibile, sotto specie di « dolore » nonché

di « terrore », per la quasi inevitabilità del male attraverso la

disperata, ma vaina fuga nel recinto organizzato.

Pertanto, in linea di fatto e di diritto, la fattispecie resta

provata, nella sua integrale consumazione, che, per i maiali, deve

ritenersi definita dal 3° comma, delle « sevizie », attese le finali

condizioni di stress a cui gli animali pervenivano, con perdita dei

riflessi neurologici e grave collasso cardiocircolatorio.

Peraltro l'imputato don Mucci invoca due cause di giustifica zione, che vanno separatamente esaminate.

Se l'autorizzazione comunale discrimini. — L'imputato non

soltanto non ha saputo esporre alcuna fonte esegetica o dottrinale

da cui egli, nella sua intima convinzione, potesse trarre la

soggettiva opinione della liceità della sua condotta, ma ha invoca

to il possesso di regolare licenza del sindaco. È appena il caso

di osservare che un provvedimento autorizzativo, dettato da

esigenze di sicurezza pubblica, in quanto la sagra era uno

spettacolo in luogo pubblico, non crea nessuna preclusione alla

indagine penalistica sulla liceità del fatto, né pretendeva certo di

crearla.

Le esigenze poste alla base del provvedimento di licenza

comunale attengono allo svolgimento in pubblico della sagra e

non concedono né potevano concedere alcuna deroga alla vigenza della legge penale. Pertanto detto provvedimento, sul punto delle

modalità tecniche di svolgimento dei due ricordati giochi, esorbita

dai confini normativi per violazione totale di legge e, pertanto, va

disapplicato e dichiarato di nessun ostacolo alla sanzione penale a carico del soggetto autorizzato.

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GIURISPRUDENZA PENALE

Se la consuetudine medioevale rende lecito il gioco. — Afferma

poi l'imputato ohe il suo buon diritto deriverebbe da prassi, in

atto da tempo immemorabile, e che dunque radicata consuetudine

locaile renderebbe lecito il suo ruolo di promotore ed organizzato re della sagra.

A parte la considerazione che, in fatto, nessuna valida prova è

stata fornita e documentata circa una effettiva consuetudine, risalente ai tempi in cui l'agro di Nonantola era feudo agricolo dell'abate benedettino (e sul (punto l'onere della prova della

disoriiminante gravava certamente su chi invocava la giustificazio

ne), si osserva che mai potrebbe operare con efficacia scriminante

una consuetudine invero tutta locale.

L'ammissibilità della consuetudo generalis come fonte di diritto

sussidiaria in diritto penale potrebbe costituire, sicuramente, un

dotto argomento per dissertazioni accademiche, ma, nella specie, la constatazione che la repubblica ora tutela gli animali finanche

nei trasporti internazionali (cfr. 1. 12 aprile 1973 n. 222, esecutiva

della convenzione di Parigi 13 dicembre 1968) permette di

escludere l'attuale derogabilità alla previsione sanzionatoria del

l'art. 727 c.p., in forza d'i asseriti usi locali riconducibili a

tradizioni popolari. La generale opinione che un maggior rispetto per l'ambiente

naturale e per la « qualità della vita » costituisce uno dei valori

fondamentali, sui cui si basa la civile convivenza nella repubbli

ca, sembra a questo giudicante insuperabile: ove pur la invocata

consuetudine nonantolana fosse stata provata, il che non è

avvenuto, essa dovrebbe essere dichiarata contrastante con norme

imperative e con i principi fondamentali dell'attuale ordinamento, in quanto lesiva dei valori educativi rispetto ai fanciulli e al bene

della protezione delta vita, in tutte le sue manifestazioni, anche

del mondo animale.

Nessuna ragione di sostentamento, nessuna esigenza di' compi mento di lavori agricoli, nessuna esigenza di ricerca scientifica è

stata dimostrata, a giustificazione e il fine di svago popolare dei

partecipanti ai due giochi non costituisce ragione sociale merite

vole di tutela.

I due giochi in cui si realizzò la sagra, ed in cui si articolò

l'esecuzione dell'attività promossa dall'imputato, appaiono dunque illeciti ed in contrasto con norma penale inderogabile. Come tali

dovranno in futuro essere vietati espressamente dalle competenti autorità amministrative e di polizia.

Sul piano della consapevolezza, del resto, l'esposto dell'imputa to don Mucci al sindaco fa espressa menzione delle proteste

dell'Eji.p.a., qualificata come una « associazione di volontari che

persegue scopi di impedimento di dette manifestazioni », con la

successiva protesta del « diritto » di organizzare divertimenti con

l'impiego di animali.

Tale maturata consapevolezza, che sfiora la pervicacia, dimostra

l'intensità dell'elemento psicologico contravvenzionale, cosicché, al

termine del dibattimento, appare adeguata sanzione l'ammenda in

misura di lire 400.000, con le relative spese.

I

PRETURA DI ALGHERO; PRETURA DI ALGHERO; sentenza 15 aprile 1985; Giud.

Minisola; imp. Locati ed altra.

Cause di non punibilità — Stato di necessità — Sussistenza —

Fattispecie di occupazione abusiva di edificio pubblico (Cod.

pen., art. 54, 61, 110, 633, 635).

Ricorre la scriminante dello stato di necessità, ai sensi dell'art. 54

c.p., nel caso di occupazione dei locali di una scuola pubblica,

preceduta da forzatura della serratura di ingresso, commessa da

chi, in condizioni di estrema indigenza e privo di una qualsiasi

dimora, non possa altrimenti provvedere al bisogno abitativo

proprio a dei familiari. (1)

(1-2) Le due decisioni confermano la tendenza, emersa soprattutto nella giurisprudenza di merito di questi ultimi anni, ad utilizzare la

scriminante dello stato di necessità per affermare la non punibilità di

comportamenti sollecitati dall'esigenza di soddisfare urgenti ed elemen

tari bisogni abitativi. In un paese dove la domanda di alloggi eccede

notoriamente l'offerta e dove l'edilizia popolare è assolutamente inade

guata ai bisogni sociali, non c'è da stupirsi se la magistratura riconosce sempre più spesso e con maggiore larghezza rispetto al

passato l'applicabilità della scriminante in questione, quasi a compen sare le carenze dello Stato nel settore dell'edilizia abitativa.

Il Foro Italiano — 1985.

II

PRETURA DI SALO; sentenza 1° febbraio 1985; Giud. Fuzio;

imp. Maccabiani.

Cause di non punibilità — Stato di necessità putativo — Sussi

stenza — Fattispecie di costruzione abusiva (Cod. pen., art. 54,

59; 1. 28 gennaio 1977 n. 10, norme per la edificabilità dei

suoli, art. 1, 17).

Ricorre la scriminante dello stato di necessità putativo, ai sensi

del combinato disposto degli art. 54 e 59 c.p. nel caso di chi

abbia realizzato una costruzione abusiva in zona agricola nella

convinzione di agire in presenza della scriminante stessa e

spinto dall'esigenza di assicurare ai propri familiari, e soprat tutto ad una figlia minore gravemente ammalata, una abitazione

meno precaria ed insalubre della precedente (consistente in una

baracca di legno con copertura in legno e lastre di fibrocemen

to). (2)

I

Fatto e diritto. — Con rapporto n. 67/83 del 20 maggio 1983 i

vigili urbani di Alghero riferivano che, durante la notte preceden te, i locali adibiti ad asilo nido, di proprietà comunale, all'interno

della ex caserma Umberto I, in largo S. Francesco, erano stati

abusivamente occupati, previa forzatura della porta d'ingresso, da

Locati Maria Chiara e Piras Antonia, in epigrafe generalizzate, con i rispettivi nuclei familiari costituiti da 4 e 3 figli minori. La

Piras ammetteva di aver essa stessa forzato la porta di ingresso. Tutto il materiale scolastico era stato accantonato nel pianerottolo d'accesso; altro materiale nuovo, imballato, del valore di decine

di milioni, era stato riposto in un locale adiacente. Alle contesta

zioni laro mosse, la Locati e la Piras riferivano di essere

sprovviste di qualsiasi ricovero e di essere entrambe disoccupate. Il commissario prefettizio di Alghero chiedeva in data

27 maggio 1983 a questo ufficio l'emissione di un provvedi mento di sgombero coatto.

Con successiva nota 8878 del 12 luglio 1983, il commissario

prefettizio chiedeva la sospensione temporanea del provvedimen to, nel frattempo accordato, essendosi constata la possibilità di riunire in uno stesso locale, al piano terra, tutte le attrezzature pre senti nella scuola, e tenuto conto dei gravi inconvenienti cui sareb bero andati incontro le occupanti con i rispettivi nuclei familiari, nella certa impossibilità di reperire altro alloggio con immediatezza. Consentiva quindi che continuassero ad occupare le due stanze ed il cucinino di proprietà dell'amministrazione.

Con riferimento all'ipotesi di occupazione di edifici pubblici cfr., in senso conforme, una recente decisione dello stesso Pretore di Alghero 18 maggio 1984, Foro it., 1985, II, 134, con nota di richiami.

Per quanto attiene all'applicabilità della scriminante di cui all'art. 54 c.p. alla fattispecie di costruzione abusiva la giurisprudenza non è uniforme. A rendere difficile il ricorso allo stato di necessità contri buirebbe, in tali ipotesi, la natura stessa dell'attività di costruzione senza autorizzazione che, richiedendo per l'esecuzione delle opere un congruo periodo di tempo nonché mia particolare organizzazione di mezzi, mal si concilierebbe con i requisiti della attualità del pericolo e della costante mancanza di una effettiva alternativa per evitarlo che sono richiesti dalla legge per esonerare l'agente da responsabilità penale. In questo senso, oltre a Pret. Foggia 16 giugno 1982 e Cass. 3 novembre 1980, Lartisano citate nella nota di richiami a Pret. Alghero sopra indicata, cfr. anche Cass. 7 giugno 1983, Martino, Resp. civ., 1985, 92. In senso contrario, Pret. Roma 21 febbraio 1979, Foro it., 1981, II, 351 e, più recentemente, Pret. Pizzo 19 gennaio 1982, id., 1982, II, 449, con nota di richiami, che ha ritenuto necessitata l'azione di chi abbia provveduto, in mancanza di autorizzazione da parte del sindaco, alla costruzione di una veranda al fine di prevenire gli effetti dannosi cagionati dall'umidità agli abitanti di un immobile. In senso analogo cfr. pure Cass. 7 ottobre 1981, Potenziani, id., Rep. 1982, voce Cause di non punibilità, n. 71, che, pur riconoscendo in via astratta la configurabilità della scriminante de qua in una ipotesi di costruzione senza licenza ha, però, ritenuto insufficiente la motivazione del giudice di merito sull'esistenza, nel caso concreto, del requisito della inevitabilità del pericolo attraverso azioni diverse da quella necessitata.

La decisione di Pret. Salò si colloca a metà strada fra le due posizioni giurisprudenziali ora indicate in quanto, per un verso, implicitamente riconosce come valide le ragioni che, in tema di violazioni edilizie, inducono a ritenere difficilmente confìgurabili, su un piano obiettivo, gli estremi dello stato di necessità e, per un altro verso, esclude la punibilità dell'agente attribuendo rilevanza alla esimente putativa, ai sensi del combinato disposto degli art. 54 e 59 c.p. In tema di stato di necessità putativo cfr. Cass. 7 gennaio 1975, Manieri, id., Rep. 1975, voce cit., n. 27; 11 dicembre 1969, De Filippo, id., Rep. 1970, voce Stato di necessità, n. 7.

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