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Sentenza 30 dicembre 1961, n. 73; Pres. Cappi P., Rel. Chiarelli; Pres. Giunta prov. di Bolzano...

Date post: 31-Jan-2017
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Sentenza 30 dicembre 1961, n. 73; Pres. Cappi P., Rel. Chiarelli; Pres. Giunta prov. di Bolzano (Avv. Tinzl) c. Pres. Regione Trentino-Alto Adige (Avv. dello Stato Guglielmi) Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 1 (1962), pp. 7/8-11/12 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151950 . Accessed: 28/06/2014 13:57 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.30 on Sat, 28 Jun 2014 13:57:16 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sentenza 30 dicembre 1961, n. 73; Pres. Cappi P., Rel. Chiarelli; Pres. Giunta prov. di Bolzano(Avv. Tinzl) c. Pres. Regione Trentino-Alto Adige (Avv. dello Stato Guglielmi)Source: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 1 (1962), pp. 7/8-11/12Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151950 .

Accessed: 28/06/2014 13:57

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PARTE PRIMA

«Se la sezione specializzata deve essere considerata, come

si desume dall'art. 102, non già un tertiwm genus fra la

giurisdizione speciale e quella ordinaria, bensì una species di quest'ultima, bisogna fare riferimento ai caratteri fun

zionali e strutturali che appaiono meglio indicati ad acco

starla ad essa. Per quanto attiene ai primi si deve ritenere

clie, nel silenzio della legge in ordine al procedimento da

seguire avanti le sezioni specializzate, siano da adottare

le norme del codice di rito civile, mentre le deroghe che

apparisse necessario apportare alle medesime, onde ren

derle più rapide o meno costose, oltre a non potere, com'è

ovvio, contraddire ai principi fondamentali, dovrebbero es

sere formulate in modo esplicito, rimanendo poi affidata

alle norme stesse senza uopo di alcun richiamo, la regola mentazione delle parti non derogate.

Dal punto di vista della struttura poi, le sezioni non

possono essere sottratte alla sorveglianza dei capi degli uffici giudiziari, ai quali sono collegate. Quanto alla loro

composizione deve considerarsi elemento distintivo la pre senza nel collegio di magistrati ordinari. Se anche è vero

che tale presenza può riscontrarsi pure in giurisdizioni spe ciali (come avviene per es. nel Tribunale superiore delle

acque pubbliche, allorché decide come unica istanza), essa

tuttavia rimane quale circostanza del tutto accidentale, mentre nelle sezioni specializzate non può mai mancare.

Inoltre l'autonomia che caratterizza la giurisdizione ordi

naria nei confronti di poteri diversi dall'ordine della magi stratura deve trovare espressione, per quanto riguarda i

cittadini idonei, nel farne dipendere la preposizione alla

carica da un atto proveniente da organi della medesima

(secondo dispone l'art. 10, n. 1, legge sul Consiglio superiore della magistratura, che l'affida, per delega da parte del

Consiglio stesso, ai presidenti delle corti di appello). Da quanto si è detto risulta la sussistenza di una serie

di caratteri sufficientemente precisi, idonei ad operare la

discriminazione che si ricerca, sicché non sarebbe esatto

ritenere che questa sia condizionata solo alla prevalenza numerica nel collegio dei giudici togati rispetto ai cittadini, così da stare o cadere con questa.

Si tratta ora di vedere se tale prevalenza, pur non co

stituendo elemento esclusivo ai fini della differenziazione

tra i due tipi di giurisdizione in discorso, sia da ritenere

imposta dalle disposizioni dell'art. 102 o dal sistema costi

tuzionale. È anzitutto da precisare al riguardo che elementi

di giudizio per la soluzione della questione non possono trarsi dall'ultimo comma di tale articolo, poiché, secondo

risulta dal confronto con il comma precedente ed è confer

mato dai lavori preparatori, si è inteso assicurare con esso

la partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della

giustizia, che può anche richiedere, affinchè il suo carattere

popolare non riesca alterato, la prevalenza numerica dei

componenti non togati. Si può aggiungere che, ove si pre scindesse dalla diversa funzione voluta assegnare nei due

casi all'intervento nei collegi giudicanti di personale estraneo

alla magistratura, si verrebbe a privare l'ultimo comma di

ogni significato, risolvendosi in ima pura e semplice ripeti zione del precedente. La finalità che invece giustifica la

« partecipazione » di cittadini alle sezioni specializzate non

è già quella di farvi risuonare la voce di una generica « co

scienza sociale », bensì l'altra di acquisire l'apporto di cono

scenze tecniche o di particolari esperienze di vita, quando ciò sia riconosciuto utile ad una migliore applicazione della

legge ai rapporti concreti. Che siffatta partecipazione sia

stata prevista come meramente eventuale (sicché può anche

mancare senza che ne riesca alterato il carattere proprio della sezione in parola), e che in ogni caso essa è mera

mente integrativa e complementare rispetto a quella dei

magistrati, si può argomentare dalla congiunzione « anche »

che precede il riferimento alla medesima.

Non ritiene però la Corte che da tale ammissione debba

farsi derivare come conseguenza che, nello stabilire la

proporzione fra i due gruppi di componenti, sia in ogni caso e necessariamente da dare maggior peso numerico

a quello costituito dai giudici togati. È vero che la fun

zione della interpretazione ed applicazione della legge ri

chiede il possesso della tecnica giuridica, qual'è patrimonio

appunto di questi ultimi, ma è vero altresì ohe, in con

fronto a determinati tipi di controversie, possa risultare

opportuno dare una qualche limitata prevalenza all'ele

mento non togato (sempre che ne siano, come si è detto, assicurati i requisiti di capacità e di indipendenza, e non

risulti altresì snaturata l'indole che il collegio deve sempre conservare di organo della giurisdizione ordinaria). Tale

esigenza potrebbe verificarsi allorché il giudizio deman

dato al collegio non sia vincolato a rigidi schemi normativi, o assuma caratteri che lo accostino al giudizio di equità,

oppure quando la natura dei rapporti sottoposti al giudice richieda in modo speciale apprezzamenti e valutazioni che

presuppongano, per potere riuscire esatti, non solo il pos sesso di certe conoscenze, bensì anche l'acquisizione di

una esperienza concreta e, per così dire, vissuta dei rap

porti medesimi, dell'ambiente in cui si svolgono, degli interessi alla cui soddisfazione sono rivolti. Invece, in

altre ipotesi, allorché il contributo che si richiede ai cit

tadini esperti rivesta indole prevalentemente tecnica, pari a quello che potrebbe essere fornito all'organo giudicante da un qualsiasi perito, allora sembra più conforme a Costi

tuzione che il voto di costoro di norma non prevalga su

quello del magistrato. Facendo ora applicazione dei criteri esposti alla que

stione in esame, ritiene la Corte che la lieve prevalenza stabilita, limitatamente ai giudizi di primo grado, a favore

degli esperti della vita agraria (a prescindere da ogni rilievo

in ordine alle modalità della loro scelta e del procedimento di nomina, dato che esse attengono ai requisiti di indipen

denza, esulanti, come si è detto, dal presente esame), trovi

giustificazione nella materia della proroga dei contratti

agrari parziari che ne è oggetto, perchè rispetto ad essi la

determinazione di im assetto equilibrato dei rapporti fra

le parti si giova della particolare conoscenza di usi, di

pratiche, di situazioni locali, quale può essere posseduta da chi rivesta la qualità richiesta per gli esperti dall'art. 7

della legge impugnata. La più larga partecipazione di

costoro nella prima fase del procedimento, suggerita dalla

esigenza che si è prospettata, trova poi un temperamento nella sede di gravame, nella quale la ricostituzione della

preminenza numerica del giudice togato può contribuire

alla eliminazione di qualche eventuale eccesso delle valu

tazioni compiute dal primo giudice, senza che tuttavia

venga meno il contributo delle conoscenze proprie degli

esperti. Per questi motivi, dichiara non fondata la questione

proposta con l'ordinanza del Tribunale di Sassari, in data

7 febbraio 1961, sulla legittimità costituzionale dell'art. 7

legge 4 agosto 1948 n. 1094, in riferimento all'art. 102

Costituzione.

CORTE CÓSTITDZIONALE.

Sentenza 30 dicembre 1961, n. 73 ; Pres. Cappi P., Rei.

Chiarelli ; Pres. Giunta prov. di Bolzano (Avv. Tinzl) c. Pres. Regione Trentino-Alto Adige (Avv. dello Stato

Guglielmi).

Trentino-Alto Adiye — Atti «li controllo della Giunta

provinciale -— Kicorso alla Giunta regionale —

Inammissibilità (Statuto speciale per il Trentino-Alto

Adige, appr. con legge cost. 26 febbraio 1948 n. 5, art. 48).

Alla Giunta regionale del Trentino-Alto Adige non compete

provvedere sui ricorsi contro gli atti di controllo, adottati

dalla Giunta provinciale (di Trento o di Bolzano), ai

sensi dell'art. 48 dello Statuto speciale. (1)

(1) Sull'argomento vedi, in giurisprudenza, Corte cost. 4

luglio 1956, n. 15 (Foro it., 1956, I, 1025, con nota di richiami) ; 5 maggio 1959, n. 23 (id., 1959, I, 718, con nota di richiami) ; 29 marzo 1960, n. 14 (id., 1960, X, 713, con nota di richiami) ; in

dottrina, Cesareo, L'autonomia della Regione Trentino-Alto Adige

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La Corte, eco. — Fatto. — L'Azienda elettrica consor ziale delle Città di Bolzano e Merano, eon deliberazione 10 maggio 1958 (n. 33/4), approvava una transazione, sti

pulata dal Commissario straordinario dell'Azienda col dott. Tullio Menestrina, per la definizione di diverse cause pen denti.

Con provvedimento 29 maggio 1958 (n. 14916/5015), la Giunta provinciale di Bolzano annullava detta delibera

zione, ai sensi dell'art. 17, ult. comma, t. u. 15 ottobre 1925 n. 2578, ritenendola lesiva degli interessi dell'Azienda. Contro il provvedimento della Giunta, il dott. Menestrina

propose ricorso al Ministero dell'interno, ma questo, con atto 11 aprile 1959, si dichiarò incompetente. Il dott. Me nestrina presentò allora nuovo ricorso alla Giunta regio nale del Trentino-Alto Adige, la quale, con deliberazione 28 luglio 1960, n. 1311, ritenuta la propria competenza, accolse il ricorso, e dichiarò valida ed operante la delibe razione con cui l'Azienda aveva approvato la transazione.

In riferimento a tale deliberazione della Giunta regio nale, la Provincia di Bolzano, rappresentata dall'avv. Tinzl, con atto notificato l'8 febbraio 1961 al Presidente della Giunta regionale e al Presidente del Consiglio dei ministri e depositato il 22 febbraio successivo, ha proposto ricorso

per regolamento di competenza, chiedendo che questa Corte dichiari l'incompetenza della Regione e della Giunta re

gionale. (Omissis) Diritto. — Il ricorso della Provincia di Bolzano pone la

questione se contro un atto della Giunta provinciale di Trento o di Bolzano, che neghi l'approvazione al provve dimento di un ente soggetto alla sua vigilanza e tutela ai sensi dell'art. 48, n. 5, Statuto, sia ammesso ricorso

gerarchico improprio alla Giunta regionale, in applicazione dell'art. 343, 2° comma, t. u. legge com. e prov. 3 marzo 1934 n. 383, successivamente modificato.

Osserva la Corte che l'ordinamento regionale, previsto dalla Costituzione e instaurato dagli Statuti per le Regioni a ordinamento speciale, ha dato luogo a un sistema di autonomia e di decentramento, che comprende la disci

plina dei controlli sugli atti delle provincie, dei comuni e

degli altri enti locali. Tale disciplina, basata sull'art. 130

Cost., è contenuta in norme dei singoli Statuti e, in maniera

organica, nella legge 10 febbraio 1953 n. 62, sulle Regioni a statuto ordinario. Un'applicazione del principio di auto

nomia, su cui si fonda il sistema, e del criterio di decentra

mento, secondo cui la Costituzione vuole sia esercitato il controllo sugli enti locali (art. 130 cit.), consiste nel carat tere definitivo delle pronunce degli organi a cui è affidato il detto controllo. La impugnabilità di esse in via ammini

strativa, infatti, implicherebbe una posizione di subordi nazione gerarchica di tali organi, quanto meno impropria, che contrasterebbe con l'autonomia dell'ente a cui essi

appartengono. È noto, del resto, che la definitività degli atti di con

trollo, nel campo dell'ordinamento regionale, è enunciata nell'art. 63 cit. legge n. 62 del 1953 ; e questa Corte ha già avuto occasione di affermare che, pur riferendosi tale legge alle Regioni a statuto ordinario, da essa possono desumersi i principi delle leggi dello Stato, a cui si richiamano gli Statuti delle Regioni a ordinamento speciale. È vero clic tali principi possono dedursi anche da altre norme statali sui controlli amministrativi, ma solo in quanto si inqua drino nel sistema dell'ordinamento regionale e nei suoi

principi fondamentali, costituzionalmente garantiti. Non è

questo il caso, a giudizio della Corte, della disposizione dell'art. 343, 2° comma, legge com. e prov. 1934, giacche detta disposizione introdurrebbe nell'ordinamento regionale una figura di ricorso gerarchico improprio, in antitesi coi

richiamati principi di autonomia. Può aggiungersi che, se si fosse voluto riprodurre in tale ordinamento quella ecce

zione al generale principio della definitività degli atti degli

e delle Provincie di Trento e di Bolzano, Milano, 1958, 19 e segg. ; Sepe, in Corriere amministrativo, 1952, 456.

Sul ricorso gerarchico improprio, cons. Benvenuti, in Ras

segna dir. pubblico, 1957, I, 1.

enti autarchici, che è rappresentata dal 2° comma del l'art. 343, lo si sarebbe detto esplicitamente nel ricordato art. 63 legge 10 febbraio 1953 n. 62 : avendo, invece, detto articolo stabilito indiscriminatamente la definitività degli atti di controllo per le Regioni a statuto ordinario, si è

portati a riconoscere a maggior ragione tale carattere negli atti di controllo compresi negli Statuti speciali, che attri

buiscono una più ampia e penetrante autonomia alle rispet tive Regioni.

Le esposte considerazioni vanno riferite al caso in

oggetto. Lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nell'art.

48, n. 5, ha assegnato alle giunte provinciali quei poteri di controllo sui comuni e gli enti locali, che gli altri Statuti

speciali hanno affidato ad organi della Regione (art. 46 Statuto sardo, art. 43 Statuto Valle d'Aosta). È questo un

aspetto della particolare autonomia che si è intesa attri

buire alle Provincie di Trento e di Bolzano. In applicazione dei principi innanzi esposti, deve ritenersi che gli atti di

controllo compiuti dalle dette Provincie abbiano quel ca

rattere di definitività, che è proprio, nell'ordinamento re

gionale, delle pronunce di controllo sugli atti degli enti

locali.

Nè lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige con

tiene elementi da cui possa desumersi una deroga all'enun

ciato principio. Secondo la tesi della Regione si dovrebbe configurare,

come si è detto, un ricorso gerarchico improprio alla Giunta

regionale contro i cosiddetti atti di controllo negativi emessi dalla Giunta provinciale. Se non che va osservato

in proposito che è ormai pacifico in giurisprudenza e in

dottrina che il ricorso gerarchico impròprio è un rimedio

eccezionale, che deve essere espressamente previsto dalla

legge. Nella specie, non solo non è contemplato dallo Sta

tuto, ma l'ammissibilità di esso non si può neanche desu

mere dai richiami in questo contenuti alle potestà e alle

leggi dello Stato, nò si inquadra nei rapporti tra Provincia

e Regione, quali sono garantiti dallo stesso Statuto. A dimo

strarlo è sufficiente una breve analisi delle norme su cui

si è imperniata la discussione tra le parti. L'art. 5 Statuto spec, attribuisce alla potestà legislativa

secondaria della Regione l'« ordinamento dei comuni e delle

Provincie ». Prescindendo dalla questione se tale indica

zione comprende la materia dei controlli e se la Regione, nell'esercizio della detta competenza, possa attribuire a se

stessa poteri in questa materia, è rilevante la conside

razione che la competenza legislativa regionale, di cui al

detto art. 5, trova un limite nei « principi stabiliti dalle

leggi dello Stato ». Ora se, come si è visto, la definitività

degli atti di controllo è un principio stabilito dalla legge dello Stato in relazione all'ordinamento regionale, e deriva,

per di più, dai principi costituzionali di autonomia e di

decentramento, ne consegue che in nessun caso la Regione

potrebbe derogare, con una propria legge, al detto principio. A parte il fatto che una tale legge non è stata, nella specie, emanata dalla Regione.

Ulteriore conseguenza è che non vale a dimostrare l'am

missibilità del ricorso in questione far riferimento all'art.

13 dello stesso Statuto. Tale articolo attribuisce, rispettiva

mente, alla Regione e alla Provincia le potestà amministra

tive già dello Stato, nelle materie e nei limiti in cui Regione e Provincia hanno competenza legislativa ; ma, se la com

petenza legislativa della Regione ha un limite nella inde

rogabilità del principio della definitività degli atti di con

trollo, manca il presupposto perchè la Regione possa essere

considerata titolare di una potestà amministrativa di cono

scere dell'impugnativa contro i detti atti.

Risulta invece chiaramente dallo Statuto che la potestà di controllo sugli atti dei comuni e degli altri enti locali,

già esercitata da organi statali, è stata interamente trasfe

rita alla Provincia, senza possibilità di ulteriori gravami. È vero che la disposizione dell'art. 48, n. 5, Statuto spe

ciale richiede l'integrazione di altre norme, relative ai casi, ai modi e ai procedimenti di vigilanza e di tutela, e che, in

mancanza di leggi regionali o provinciali, per l'art. 92

Statuto si applicano le leggi dello Stato ; ma tali leggi si

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11 PARTE PRIMA 12

applicano nell'ambito delle competenze attribuite alla Re

gione o alla Provincia e non si può, attraverso il riferimento

ad esse, riconoscere alla Regione una competenza che non

le sia stata già attribuita dallo Statuto.

Nè vale richiamarsi all'art. 38, n. 1, Statuto spec., cbe

attribuisce alla Giunta regionale l'« attività amministra

tiva per gli affari di interesse regionale » ; in primo luogo, è chiaro che la norma intende far riferimento all'ammini

strazione cosiddetta attiva ; in secondo luogo, la decisione

di ricorsi, anche in materia di pura legittimità, non può considerarsi affare di interesse regionale e, quando anche

la Regione potesse essere ritenuta titolare di un interesse

alla legittimità degli atti delle Provincie, da ciò non deri

verebbe un suo potere di decidere ricorsi contro tali atti.

Maggior pregio non ha la considerazione che la Regione ha una sfera di interessi più ampia di quella della Pro

vincia. A parte il fatto, per se stesso decisivo, che la mag

giore ampiezza di interessi non basta a determinare un

rapporto di gerarchia impropria, che, come si è visto, solo

la legge può, eccezionalmente ed esplicitamente, stabilire tra enti autonomi, va riconosciuto che lo Statuto del Tren

tino-Alto Adige ha compiuto ima precisa e del tutto parti colare distribuzione di competenze tra Regione e Provincie, che non può essere alterata dalla indubbia esigenza che

l'attività delle Provincie si svolga in armonia con gli inte

ressi della Regione, nel quadro dell'unitario ordinamento dello Stato.

Per questi motivi, dichiara che non spetta alla Regione Trentino-Alto Adige decidere ricorsi proposti avverso atti di controllo adottati dalla Giunta provinciale, ai sensi del l'art. 48 Statuto speciale Trentino-Alto Adige ; annulla per conseguenza la deliberazione della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige 28 luglio 1960, n. 1311.

CORTE COSTITUZIONALE.

Sentenza 22 dicembre 1961, n. 71 ; Pres. Cappi P., Rei. Gabrieli ; Del Zotto c. I.n.p.s. (Avv. Nakdone) ; interv. Pres. Cons, ministri (Avv. dello Stato Sihi)

Previdenza sociale —- Assicurazione superstiti — Ite

«filisi! i contributivi - Periodo di lavoro all'estero

Questione di incostiliizionalità — Infondatezza

(L. 4 aprile 1952 n. 218, riordinamento delle pensioni per l'assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e

superstiti, art. 37 ; d. pres. 26 aprile 1957 n. 818, norme di attuazione e di coordinamento della legge 4 aprile 1952 n. 218, art. 37).

È infondata la questione di legittimità costituzionale del l'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818, circa i periodi di lavoro subordinato all'estero non protetti da accordi internazionali, in relazione all'art. 37 della legge 4 aprile 1952 n. 218. (1)

La Corte, ecc. L'I.n.p.s. ha eccepito che l'ordi nanza del Tribunale di Udine viola il principio, secondo il

quale il giudizio incidentale di costituzionalità non può essere proposto se non quando sia accertata la necessità di

applicare la norma della cui costituzionalità si dubita ; necessità, nella specie, da escludere in quanto la norma dell'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957 n. 818 impu gnata non sarebbe retroattiva ; che pertanto la Corte deve

preliminarmente stabilire se l'accertamento, da parte del

giudice di merito, dell'applicabilità della surriferita dispo sizione debba precedere o meno la decisione relativa alla

sospensione del giudizio e alla remissione degli atti a questa Corte. Anche l'Avvocatura dello Stato lamenta che il Tri bunale di Udine non ha motivato sulla rilevanza.

L'eccezione va disattesa. Invero il Tribunale nel con

(1) L'ordinanza di rimessione, Trib. Udine 23 giugno I960, è riassunta in Foro it., 1960, I, 1868,

trasto tra la tesi dell'attrice che chiedeva la pensione super stiti in virtù dell'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957

n. 818 e la tesi dell'I.n.p.s., secondo la quale la norma

invocata non è applicabile, riteneva non potersi tale con

trasto risolvere senza che fosse preventivamente accertata

la legittimità costituzionale della surriportata norma ; la

quale, creando nuove condizioni per la concessione della

pensione, non sembrava in armonia con i criteri fissati

dalla legge 4 aprile 1952 n. 218. E soggiungeva che l'ipo tesi del computo ai fini della pensione dei periodi di lavoro

subordinato all'estero, non protetti da convenzioni interna

zionali (art. 37, lett. b, legge n. 818), non potesse ritenersi

implicitamente contemplata dalla legge del 1952 e dalle

leggi precedenti, le quali prevedono casi particolari di con

tribuzione figurativa, ma nulla dispongono per il caso in

esame. In tale modo il Tribunale con motivazione suffi

ciente ha compiuto un adeguato accertamento sulla ri

levanza.

Nel merito devesi dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata ex officio dal Tribu

nale di Udine.

Secondo l'art. 37, lett. b, decreto pres. 26 aprile 1957

n. 818, i periodi di lavoro subordinato all'estero, non pro tetti agli effetti delle assicurazioni interessate in base a

convenzioni od accordi internazionali, sono esclusi dal

computo del quinquennio ai fini dell'accertamento dei re

quisiti contributivi per il diritto alla pensione superstiti. È questa una norma di coordinamento che, formando

oggetto specifico di delega legislativa (art. 37, 1° comma,

legge 4 aprile 1952 n. 218), può comprendere, come più volte ha affermato questa Corte, la possibilità di eliminare eventuali lacune o discordanze nel particolare settore cui la legge si riferisce (Corte cost. sent. n. 24 del 5 maggio 1959, Foro it., 1959, I, 715, ecc.).

L'art. 37 legge 4 aprile 1952 n. 218 dà al Governo il potere di emanare norme in conformità dei principi e

criteri direttivi in detta legge contenuti, nonché norme intese a coordinare le vigenti disposizioni sulle assicura zioni sociali con quelle della stessa legge delegante.

Giova a tal punto ricordare che dal succedersi delle

leggi nel campo della previdenza sociale affiorano direttive

sempre più favorevoli al lavoratore soprattutto al fine di

garantire il diritto alla pensione (r. decreto 30 dicembre 1923 n. 3184 : art. 30 ; r. decreto 28 agosto 1924 n. 1422 : art. 71 ; legge 1928 n. 2900 ; r. decreto legge 4 ottobre 1935 n. 1827 : art. 56, convertito nella legge 6 gnigno 1936 n. 1155 ; r. decreto legge 14 giugno 1939 n. 636 : art. 9, convertito nella legge 6 luglio 1939 n. 1272, ecc.).

Inoltre, dal sistema previdenziale si desume che il le

gislatore ha voluto estendere la tutela assicurativa al mag gior numero di lavoratori, rendendola sempre più efficace, sia attuando il principio della continuità del rapporto assi curativo e della conservazione dei corrispondenti diritti

quesiti (passaggio dal sistema di assicurazione volontaria al sistema di assicurazione obbligatoria : t. u. 30 maggio 1907 n. 376 ; decreto legisl. 21 aprile 1919 n. 603; r. decreto 30 dicembre 1923 n. 3184) ; sia col fare rientrare nell'ambito della tutela situazioni d'impossibilità obiettiva da parte del lavoratore di versare i prescritti contributi o di prestare la sua opera (servizio militare, puerperio, disoccupazione, malattia, ecc.). Ed il principio della conservazione della tutela previdenziale è stato attuato, tra l'altro, con la neu tralizzazione dei periodi, prescritti per conseguire deter minati benefici inerenti al rapporto assicurativo (r. decreto

legge 4 ottobre 1935 n. 1827 : art. 56, 74, 2° comma ; legge 4 aprile 1952 n. 218 : art. 4, ecc.).

Ciò posto la disposizione dell'art. 37, lett. b, traduce in formula legislativa il principio che, quando situazioni obiettive determinano la sospensione del rapporto assicu

rativo, i diritti acquisiti dal lavoratore rimangono quali erano al momento della sospensione senza l'obbligo di ver sare i contributi durante il periodo della sospensione stessa

(neutralizzazione del periodo), realizzandosi così la conser vazione dei relativi diritti, indipendentemente dalle vicende del rapporto di lavoro, che può sospendersi o interrompersi.

Ora non v'ha dubbio che la legge 4 aprilet1952 n. 218

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