sentenza 30 dicembre 1986; Pres. Nicoletti, Est. Porreca; Min. finanze c. Fall. soc. f.lli Fedele(Avv. Conicella)Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2487/2488-2491/2492Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179018 .
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2487 PARTE PRIMA 2488
costituzionale ha già avuto modo di ritenere non configgente con
i principi della Costituzione) tutt'ora esistente in materia.
Senza contare, infine, le difficoltà che si incontrerebbero sul
momento in cui si tratta di conciliare il requisito della minaccia
di un pregiudizio imminente ed irreparabile al diritto (presuppo sto dall'art. 700 c.p.c.) ed una pronuncia di carattere meramente
dichiarativa (l'unica ammissibile, anche secondo la direttiva po sta dalla Suprema corte nella sentenza citata).
I
CORTE D'APPELLO DE L'AQUILA; sentenza 30 dicembre
1986; Pres. Nicoletti, Est. Porreca; Min. finanze c. Fall. soc.
f.lli Fedele (Avv. Conicella).
CORTE D'APPELLO DE L'AQUILA;
Fallimento — Accertamento de) passivo — Credito tributario con
testato dinanzi alle commissioni tributarie — Esecutorietà del
l'accertamento per un terzo dell'imposta — Ammissione con
riserva (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 95; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disciplina
dell'imposta sul valore aggiunto, art. 60).
Il credito tributario, di cui l'amministrazione finanziaria abbia
chiesto il pagamento di un terzo dell'imposta accertata in pen denza di ricorso del contribuente alla commissione tributaria
di primo grado, deve essere ammesso con riserva al passivo
fallimentare. (1)
II
TRIBUNALE DI LANCIANO; sentenza 2 luglio 1985; Pres. Va
lentina Est. Nappi; Min. finanze c. Fall, ditta Govita Stampi.
Fallimento — Accertamento del passivo — Credito di imposta — Pendenza di giudizio dinanzi alle commissioni tributarie —
Insinuazione tardiva — Ammissione con riserva — Esclusione — Sospensione del processo (Cod. proc. civ., art. 295; r.d.
16 marzo 1942 n. 267, art. 95, 101; d.p.r. 29 settembre 1973
n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 45).
Il credito di imposta per il quale penda controversia dinanzi alle
commissioni tributarie non può essere ammesso con riserva al
passivo fallimentare quando formi oggetto di dichiarazione tar
diva ex art. 101 l. fall., dovendo in tale ipotesi disporsi la so
spensione del processo a norma dell'art. 295 c.p.c. (2)
III
TRIBUNALE DI LANCIANO; sentenza 12 ottobre 1984; Pres.
Gennaro, Est. Nappi; Min. finanze c. soc. Fall. soc. f.lli Fedele.
Fallimento — Accertamento del passivo — Credito tributario con
testato dinanzi alle commissioni tributarie — Esecutorietà del
l'accertamento per un terzo dell'imposta — Ammissione con
riserva — Inammissibilità (R.d. 16 marzo 1942 n. 267, art. 95;
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 60).
Il credito tributario, di cui l'amministrazione finanziaria abbia
chiesto il pagamento di un terzo dell'imposta accertata in pen denza di ricorso del contribuente alla commissione tributaria
di primo grado, non può essere ammesso con riserva al passivo
fallimentare. (3)
(1-3) Non risultano precedenti editi. Sul potere dell'amministrazione finanziaria di ottenere il pagamento
di un terzo dell'imposta accertata in pendenza del ricorso del contribuen te alla commissione tributaria di primo grado, cfr. Corte cost. 25 maggio 1985, n. 176, Foro it., Rep. 1985, voce Valore aggiunto (imposta), n. 181, che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell'art. 60 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, in riferimento agli art. 3, 24 e 113 Cost.
L'art. 45, 2° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, che consente l'ammissione al passivo con riserva dei crediti d'imposta per il cui accer tamento penda ricorso dinanzi alle commissioni tributarie, è applicabile esclusivamente ai tributi diretti esigibili mediante ruoli: v. Trib. Catania
Il Foro Italiano — 1987.
I
Motivi della decisione. — Devesi, innanzitutto, precisare che
dal gravame, e dai relativi allegati, dell'appellante (non, però, dalla copia della sentenza di primo grado che è stata prodotta in atti nella sola prima facciata, di mera intestazione, e nelle ulti
me conclusive due pagine), nonché dalla comparsa di risposta
dell'appellata curatela, risulta che per una prima istanza per am
missione tardiva con riserva al passivo fallimentare di credito ac
certato dall'ufficio fiscale, per i.v.a. ed accessori per complessive lire 54.810.000, il giudice delegato ha sospeso il giudizio a norma
dell'art. 295 c.p.c., nel rilievo che per il predetto preteso credito
di imposta pende controversia avanti alla competente commissio
ne tributaria. Per altra diversa e seconda istanza dell'ufficio del
registro, pure di ammissione tardiva, ma senza riserva, quanto a lire 17.842.000, al passivo fallimentare del medesimo preteso credito di imposta, il giudice delegato ha di nuovo sospeso il giu dizio per la stessa ragione sopra riportata, per i due terzi del
credito di i.v.a. corrispondente a lire 35.233.000, mentre per il
residuo terzo corrispondente a lire 17.842.000, immediatamente
esigibile a norma dell'art. 60 d.p.r. n. 633/72, la decisione è stata
rimessa al tribunale che, però, con l'impugnata sentenza, emessa
in contumacia della curatela, ha dicharato l'istanza inammissibile
assumendo che l'esecutorietà del provvedimento di accertamento
del tributo limitatamente ad un terzo della complessiva pretesa, è irrilevante rispetto alla diversa questione dell'accertamento del
la effettiva esistenza e legittimità del vantato credito tributario, la cui decisione è di esclusiva competenza della commissione tri
butaria avanti a cui pende il relativo giudizio, con la conseguenza che la medesima questione non può essere in alcun modo delibata
dal giudice ordinario con il richiesto provvedimento giurisdizio nale di accertamento della fondatezza del credito, di ammissione
al passivo fallimentare.
In tal modo ricostruiti e precisati i fatti processuali e l'ambito
del giudizio, va ora, rilevato che l'appellante ha chiesto, in que sto grado, l'ammissione in via tardiva e con riserva, dell'intero
preteso credito erariale di lire 54.810.000, al passivo fallimentare, assumendo che i crediti tributari contestati o in via di definitivo
accertamento vanno equiparati ai crediti condizionali (art. 55, 3°
comma, r.d. 16 marzo 1942 n. 267) e possono, quindi, anch'essi
partecipare al concorso dei creditori sul patrimonio del fallito, a norma degli art. 95 e 113 1. fall.
L'appellata curatela ha, però, in proposito eccepito preliminar
mente, non solo l'inammissibilità della domanda ai sensi dell'art.
345 c.p.c., cosi come ex novo formulata in questo grado con
riferimento non più ad un terzo, ma all'intero del preteso credi
to tributario, e in relazione ad un'ammissione al passivo falli
mentare non più incondizionata per la quota di terzo, ma con
riserva per l'intero, da sciogliersi dopo la decisione della contro
versia tributaria e secondo l'esito della stessa, ma anche l'inam
missibilità della medesima domanda poiché l'istanza d'ammissione
al passivo del fallimento non è stata tempestiva, per cui la legge
24 luglio 1985, Fallimento, 1986, 891, secondo cui in caso di domanda di insinuazione di un credito per i.v.a. contestato dinanzi al giudice tribu
tario, il giudice deve sospendere il giudizio fino alla definizione della con troversia fiscale. Per una più ampia interpretazione dell'art. 45 d.p.r. n. 602 del 1973, cfr. Trib. Padova 10 gennaio 1986, id., 1987, 193, che ha ritenuto possibile l'ammissione con riserva di un credito per i.v.a. insinuato al passivo con le forme della dichiarazione tardiva ex art. 101 1. fall.
Sull'argomento v., in dottrina, A. Rossi, L'ammissione nel passivo fal limentare dei crediti per imposte e sanzioni pecuniarie dopo la riforma tributaria, in Giur. comm., 1984, I, 314, secondo cui la disciplina del l'art. 45 è applicabile anche in caso di ammissione tardiva; Lo Cascio, Le problematiche fiscali delle procedure concorsuali, 1980, 84 ss.; Pajar
di, Fallimento e fisco, 1980, 543 ss. e, da ultimo, Morellini, Crediti tributari in contestazione ed effetti della relativa domanda di ammissione al passivo fallimentare, in Giur. it., 1986, I, 2, 433, in nota adesiva alla sentenza sub II, riportata con la data del 27 settembre 1984.
Con sentenza 11 aprile 1987, Min. finanze c. Fall. soc. Govita Stampi, inedita, la Corte d'appello de L'Aquila ha parzialmente riformato la sen tenza sub III, statuendo, da un lato, che l'ammissione con riserva previ sta dall'art. 45 d.p.r. n. 602/73 non è applicabile nel procedimento di insinuazione tardiva e ribadendo, dall'altro, che il credito di imposta (nella specie, per i.v.a.) può essere ammesso con riserva limitatamente all'im
porto di un terzo ex art. 60 d.p.r. n. 633/72.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
fallimentare prevede l'ipotesi dell'ammissione del credito con ri
serva, ma tardiva, per cui, invece, non è affatto prevista l'ipotesi predetta.
Orbene, rileva, ora, la corte, che l'impugnata sentenza di pri mo grado ha deciso soltanto sulla domanda tardiva dell'ufficio di registro di ammissione incondizionata al passivo fallimentare del solo terzo del preteso credito tributario (lire 17.842.000) im mediatamente esigibile a norma del d.p.r. n. 633/72, mentre per i residui due terzi del credito predetto il giudice delegato non ha affatto rimesso la causa al tribunale per la decisione, ma ha, invece, adottato un provvedimento di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., identico a quello già in precedenza emesso in relazione alla prima istanza dell'ufficio del registro, pure tardiva, di ammissione con riserva dell'intera pretesa tributaria, proposta, però, senza alcun riferimento alla quota di terzo immediatamente
esigibile. Sicché la domanda dell'appellante, per quanto riferita alla quota eccedente il terzo del preteso credito tributario, è in
questo grado preclusa ed inammissibile non essendo stata su di essa ancora emessa da parte dei giudici di primo grado, aditi dal l'attore attuale appellante, alcuna sentenza.
Per quanto riguarda, invece, la parte della domanda dell'ap pellante relativa alla quota di terzo immediatamente esigibile del
preteso credito tributario, devesi, invece, rilevare che l'attore, che in primo grado ha richiesto con istanza tardiva l'ammissione in condizionata del predetto vantato credito al passivo fallimentare, ha in questo grado limitato la sua iniziale richiesta facendo riser va di definitivo accertamento della pretesa creditoria in sede di contenzioso tributario ed ha, quindi, insistito nella domanda, già disattesa dal tribunale, d'ammissione tardiva del detto credito tri butario al passivo fallimentare e però con la riserva sopra specifi cata. Ciò, se, per un verso, ha comportato la rinuncia all'iniziale domanda tardiva di ammissione incondizionata della quota di terzo della pretesa tributaria al passivo fallimentare, non ha, per altro
verso, comportato anche la novità della domanda, affatto modi ficata né nel petitum, né nella causa petendi, ma solo una sua
più ristretta e limitata prospettazione pienamente ammissibile an che in grado d'appello.
Ugualmente non fondata è, poi, pure l'altra eccezione, anch'essa sollevata dall'appellata, di inammissibilità della domanda tardiva del creditore d'ammissione con riserva, del credito al passivo fal
limentare. Invero, l'art. 101 1. fall., secondo cui i creditori posso no chiedere l'ammissione al passivo anche dopo il decreto previsto nell'art. 97, fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni del l'attivo fallimentare, non distingue affatto i creditori in relazione alla eventuale natura condizionale dei loro crediti, sicché deve
ritenersi che tutti i creditori e non alcuni soltanto, possono avva
lersi della possibilità di effettuare dichiarazioni tardive di crediti concorrendo, cosi, al riparto dell'attivo fallimentare con le limi
tazioni, anche evidentemente di accantonamento di quote, previ ste all'art. 112.
L'appello è, poi, fondato quanto alla richiesta di ammissione tardiva con riserva al passivo fallimentare del terzo del credito
tributario accertato dall'ufficio fiscale e totalmente contestato dalla
curatela davanti alla commissione tributaria. È ben vero, infatti, come assunto dal tribunale, che la circo
stanza dell'esecutorietà del provvedimento di accertamento del tri buto limitatamente ad un terzo della complessiva pretesa, è irrilevante in sede di delibazione della domanda dell'amministra zione delle finanze di ammissione tardiva del credito, con riserva
perché contestato davanti alla commissione tributara, al passivo del fallimento. Ciò, però, al contrario di quanto ritenuto dai pri mi giudici, non significa che il giudice fallimentare non possa
neppure delibare provvisoriamente l'istanza predetta come richie sto dal creditore, riservando la decisione definitiva all'esito del
giudizio tributario. Il credito accertato dal fisco (per violazioni di leggi finanziarie da parte del fallito, anteriori alla dichiarazio ne di fallimento: cfr. Cass. 30 novembre 1985, n. 5980, Foro
it., Rep. 1985, voce Fallimento, n. 446; 29 maggio 1984, n. 3273,
id., Rep. 1984, voce cit., n. 381; 13 settembre 1983, n. 5552,
id, Rep. 1983, voce cit., n. 431), contestato davanti alle commis
sioni tributarie, è, invero, analogo e, quindi, assimilabile al credi to condizionale siccome, in sostanza, sottoposto alla condizione
dell'esito favorevole o sfavorevole della controversia tributaria, e va, pertanto, come richiesto, ammesso con riserva al passivo fallimentare a norma degli art. 55, 95 e 113 1. fall. (cfr. Cass.
15 dicembre 1983, n. 7400, id., Rep. 1984, voce cit., n. 380; 19 giu
II Foro Italiano — 1987.
gno 1974, n. 1806, id., 1975, I, 404; 24 novembre 1970, n. 2483
e n. 2478, id., 1971, I, 1981 e id., Rep. 1971, voce cit., n. 371).
II
Motivi della decisione. — Rileva il collegio che, a sostegno del la sua istanza l'avvocatura dello Stato, espone le seguenti ragio ni: a) da tempo la giurisprudenza riconosce l'ammissibilità con
riserva, in quanto condizionali, dei crediti tributari contestati ed
in corso di definitivo accertamento. Tale indirizzo giurispruden ziale è stato recepito con la riforma tributaria del d.p.r. 29 set tembre 1973 n. 602, il cui art. 45, 2° comma, stabilisce
espressamente che, in caso di contestazioni dei tributi iscritti, il
ruolo costituisce titolo per l'ammissione con riserva al passivo del fallimento; b) solo l'ammissione con riserva garantisce l'am
ministrazione con la possibilità di accantonamenti a norma del l'art. 113 1. fall., mentre nulla garantisce la sospensione del
procedimento a norma dell'art. 295 c.p.c.; c) del resto è pacifico in dottrina ed in giurisprudenza che, nell'ipotesi consimile previ sta dall'art. 95, 3° comma, 1. fall, (credito risultante da sentenza non passata in giudicato al momento della dichiarazione di falli
mento), il g.d. deve ammettere il credito con riserva, in quanto condizionale.
Orbene, delle tre affermazioni poste a fondamento dell'istanza
dell'avvocatura dello Stato, la prima è vera, ma si riferisce a fat
tispecie diversa da quella che qui rileva. Le altre due sono decisa mente errate, benché, secondo quanto sostiene l'istante, siano a fondamento della giurisprudenza di tutti gli altri tribunali di
Abruzzo.
Ed invero, non v'è dubbio che un'ormai risalente tradizione
interpretativa definisce come credito condizionale, da ammettersi con riserva ai sensi degli art. 95, 2° comma, e 55, ultimo comma, 1. fall., il credito tributario contestato. Ed altrettanto certo è che tale indirizzo interpretativo è stato recepito nel citato art. 45, 2°
comma, d.p.r. n. 602 del 1973.
Ma tutto ciò riguarda soltanto le istanze di insinuazione tempe stive, cioè le istanze presentate prima della dichiarazione di ese cutività dello stato passivo con il decreto previsto dall'art. 97 1. fall.
Ben diversa è la disciplina che la legge fallimentare prevede per le istanze di insinuazione tardiva. Tali istanze, invero, sono
disciplinate dall'art. 101 1. fall., il quale non solo non prevede ipotesi di ammissione con riserva (e di ciò non pare che l'avvoca tura istante sia consapevole), ma espressamente prevede al 3° com ma due ipotesi: a) il curatore non contesta l'ammissione del nuovo credito ed il giudice delegato lo ritiene fondato; b) il curatore contesta il credito ovvero il giudice delegato lo ritenga infondato.
Nella prima ipotesi il credito deve essere ammesso con decreto. Nella seconda il giudice deve provvedere all'istruzione della causa
a norma degli art. 175 ss. c.p.c.
Orbene, nessuno dubita che, quando si verifica la seconda ipo tesi, il tribunale debba decidere con sentenza sull'ammissione del
credito e che, per giungere a tale tipo di decisione, occorra osser
vare la disciplina del codice di procedura civile richiamata dal l'art. 101, 3° comma, 1. fall., con il rinvio agli art. 175 ss. di
quel codice. Da tali incontestabili premesse consegue necessariamente che,
quando il credito vantato dal creditore con insinuazione tardiva
risulti contestato innanzi ad altra autorità giudiziaria, non può trovare applicazione la disciplina della legge fallimentare relativa alle istanze di insinuazione tempestiva, ma occorre applicare le
norme del codice di procedura civile, il quale impone di sospen dere, a norma dell'art. 295, il processo avente ad oggetto una
controversia la cui definizione dipende dalla decisione di altra
causa civile, penale o amministrativa, pregiudiziale. Solo la man
canza di contestazione da parte del curatore o del g.d. consente,
infatti, di provvedere con decreto (come avviene in ogni caso per le istanze di insinuazione tempestiva), mentre nel caso contrario
occorre provvedere con sentenza: e non risulta che siano previste sentenze di ammissione al passivo «con riserva». Del resto questa è la giurisprudenza già espressa da molti anni dalla Suprema cor
te con una sentenza delle sezioni unite (Cass., sez. un., 20 gen naio 1970, n. 117, Foro it., Rep. 1970, voce Competenza civile, n. 274), sicché è indiscutibile che la tesi dell'avvocatura istante
è infondata.
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2491 PARTE PRIMA 2492
Ciò posto, per completezza va detto qualcosa in ordine alle
altre due affermazioni contenute nell'istanza di riassunzione.
Innanzitutto non è esatto che solo l'ammissione con riserva
consente l'accantonamento delle quote nei piani di riparto par
ziale, perché tale accantonamento è previsto anche per altre ipo tesi ed è, comunque, sempre possibile, secondo la prevalente
giurisprudenza, competendo al g.d. di valutare discrezionalmente
e prudenzialmente l'entità delle ripartizioni cui procedere (Cass. 7 giugno 1978, n. 2851, id., Rep. 1978, voce Fallimento, n. 376).
Non è poi esatto che l'ipotesi prevista dall'art. 95, 3° comma, 1. fall, sia senza dubbio riconducibile alla figura del credito con
dizionale ammissibile con riserva, perché pure recentemente si è
sostenuto che anche in tali ipotesi occorre applicare l'art. 295
c.p.c. (Cass. 26 giugno 1969, n. 2292, id., 1970, I, 581; Trib. Roma 17 marzo 1982, id., Rep. 1983, voce cit., n. 450).
Corretta, pertanto, fu l'ordinanza di sospensione del processo del g.d.
Sorge ora un'ulteriore problema, perché l'avvocatura istante
ha esplicitamente richiesto una decisione con sentenza impugna
bile, mentre la Suprema corte è orientata costantemente nel senso
che il provvedimento di sospensione ha sempre natura di ordi
nanza, non impugnabile neppure con ricorso per cassazione (cfr.,
da ultima, Cass. 23 gennaio 1984, n. 543, id., Rep. 1984, voce
Procedimento civile, n. 153). Il problema può trovare soluzione considerando che l'avvoca
tura istante ha in effetti sollevato una questione pregiudiziale re
lativa alla configurabilità di un'ammissione con riserva del credito
insinuato tardivamente nel passivo fallimentare, ed ha espressa mente richiesto di decidere con efficacia di giudicato tale questione.
È possibile, allora, pronunciare con sentenza non definitiva sulla
questione pregiudiziale, ribadendo, poi, con ordinanza la sospen
sione del processo in ordine alla controversia principale.
Ili
Motivi della decisione. — Rileva il collegio che l'art. 60 d.p.r. n. 633 del 1972 stabilisce che il ricorrente, il quale proponga ri
corso avverso l'accertamento e la rettifica, è egualmente tenuto
al pagamento di una somma pari ad un terzo del tributo indicato
dall'ufficio. Tale norma, lungi dal costituire una riproduzione del solve et
repete, come sostenuto in alcune ordinanze di rimessione alla Corte
costituzionale della relativa questione di costituzionalità, ha inve
ce la funzione di limitare l'esecutorietà del provvedimento, nel
senso che solo per una parte del tributo la p.a. potrà agire esecu
tivamente nei confronti del contribuente in pendenza del ricorso
di primo grado.
Appare dunque manifestamente infondata la questione di co
stituzionalità della norma sollevata da qualche commissione tri
butaria.
Infondata, peraltro, è anche l'istanza di insinuazione tardiva
del credito pari ad un terzo del tributo in contestazione.
Mentre, infatti, la provvisoria esecutività attiene al momento
della soddisfazione del credito della p.a., l'ammissione al passivo del fallimento è un provvedimento giurisdizionale di accertamen
to della fondatezza del credito, il quale presuppone necessaria
mente la definizione del processo nell'ambito del quale dovrà essere
conosciuta la controversia tra contribuente e fisco.
Ciò significa che l'amministrazione finanziaria potrà sempre
agire esecutivamente in virtù della disposizione di cui al citato
art. 60, ma non potrà certo ottrenere da un'autorità giurisdizio nale ordinaria l'accertamento come esistente del credito pari ad
una parte del tributo sulla cui legittimità è chiamata a decidere
una commissione tributaria.
Tale essendo la situazione, due sono le alternative che si pro
spettano al tribunale: la sospensione del processo ai sensi dell'art.
295 c.p.c., ovvero la dichiarazione d'inammissibilità dell'istanza.
Ritiene il collegio che la seconda alternativa sia la più corretta,
perché l'amministrazione finanziaria propone la sua domanda pro
prio in ragione della parziale esecutorietà del provvedimento di
accertamento tributario ed è, quindi, la questione della rilevanza
di tale esecutorietà che deve essere decisa, non quella della legitti mità dell'accertamento.
Del resto una pronuncia di sospensione del procedimento po
li. Foro Italiano — 1987.
trebbe condurre alla necessità per la p.a. di integrare eventual
mente le sue richieste ove si avesse un esito del giudizio tributario
ad essa favorevole, con la possibilità di duplicazioni o di deca
denze. Mentre la dichiarazione di inammissibilità non pregiudica
le future pretese della p.a.
Il tribunale deve, pertanto, pronunciare con sentenza l'inam
missibilità dell'istanza.
CORTE D'APPELLO DI ROMA; sentenza 10 novembre 1986;
Pres. Ruperto, Est. Marchese; Pantò (Avv. Gallo) c. Min.
finanze.
CORTE D'APPELLO DI ROMA;
Tributi in genere — Commissioni tributarie — Impugnazioni —
Termine annuale — Inapplicabilità (Cod. proc. civ., art. 327;
1. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della disciplina del conten
zioso tributario, art. 38, 39).
È ammissibile l'appello avverso la decisione della commissione
tributaria di primo grado che sia stato proposto entro il termi
ne di sessanta giorni dalla comunicazione del dispositivo, an
corché oltre l'anno dal deposito della sentenza, stante
l'inapplicabilità al contenzioso tributario dell'art. 327 c.p.c. (1)
Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 15 febbraio
1985 Rosario Pantò propose impugnazione avverso la decisione
n. 17382 resa dalla commissione tributaria di II grado di Roma
il 12 luglio 1984, con la quale era stato dichiarato inammissibile
l'appello del contribuente avverso la pronunzia di primo grado
perché proposto oltre il termine di un anno dal deposito in segre
teria della decisione impugnata.
(1) La corte d'appello si pone consapevolmente in contrasto con la
giurisprudenza consolidata sia della Commissione tributaria centrale (in termini per l'appello avverso le decisioni di primo e secondo grado) sia
della Corte di cassazione (in riferimento alle impugnazioni avverso le de
cisioni della Commissione tributaria centrale ma con affermazioni di ca
rattere generale valide per tutto il contenzioso tributario); quanto alla
giurisprudenza tributaria, v. Comm. trib. centr. 17 gennaio 1987, n. 443, Comm. trib. centr., 1987, I, 28; 15 ottobre 1986, n. 7771, id., 1986,
I, 584; 1° marzo 1986, n. 1872, Foro it., Rep. 1986, voce Tributi in
genere, n. 911; 1° febbraio 1986, n. 986, ibid., 914; Comm. trib. II grado Roma 19 aprile 1985, id., 1986, III, 438, con nota di richiami (anche
per la non univoca posizione delle commissioni di primo e secondo gra do, su cui adde, in termini, Comm. trib. II grado Catania 28 maggio 1983, id., Rep. 1984, voce cit., n. 716; contra, Comm. trib. I grado Pisa 24 maggio 1984, ibid., n. 717); quanto alla giurisprudenza ordinaria, v.
(in assenza di recenti sentenze edite delle corti d'appello) Cass. 27 giugno 1986, n. 4265, id., Mass., 747; 4 giugno 1986, n. 3735, ibid., 659; 18
marzo 1986, n. 1837, ibid., 326; 23 gennaio 1985, n. 272, id.. Rep. 1985, voce cit., n. 996; 21 dicembre 1984, n. 6657, id., 1986, I, 223 (nella motivazione); 5 novembre 1984, n. 5590, id., Rep, 1985, voce cit., n.
994; 16 luglio 1984, n. 4166, ibid., n. 993; 5 giugno 1984, n. 3364, ibid., n. 992; 24 maggio 1984, n. 3180, ibid., n. 991; 16 aprile 1984, n. 2440, id., 1984, I, 2232, con nota di richiami, cui adde, in dottrina: Gallo, Ancora sull'applicabilità dell'art. 327 c.p.c. al processo tributario: profili di incostituzionalità, in Bollettino trib., 1985, 277; Glendi, Sui termini
per impugnare le decisioni delle commissioni tributarie, in Giur. it., 1985, III, 2, 17; Bernardo, I termini del processo tributario, in Tributi, 1984, fase. 9, 83; Consolo, Opera davvero il termine «lungo» per la impugna zione delle decisioni tributarie (diverse dal ricorso per cassazione)?, in Rass. trib., 1984, II, 106; Glendi, Sui termini per impugnare le decisioni delle commissioni tributarie, in Dir. e pratica trib., 1984, II, 852.
In materia è intervenuto il ministero delle finanze con due circolari
(dir. contenzioso 19 settembre 1986, n. 3/5/1984 e 12 febbraio 1987, n.
1/5/237, entrambe in Rass. trib., 1987, III, 217 e 219) che hanno espres so la posizione dell'amministrazione in termini con la sentenza in epigra fe, cioè nel senso dell'applicabilità del termine ex art. 327 c.p.c. al solo ricorso per cassazione avverso le decisioni della Commissione tributaria centrale.
Per altri utili riferimenti sul momento rilevante per la verifica della
tempestività della proposizione dell'appello (deposito presso la segreteria della commissione), v. Comm. trib. centrale 14 luglio 1984, n. 7554, Foro
it., 1985, III, 82, con nota di richiami.
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